Sei sulla pagina 1di 17

VIAGGIO NELLA GRAMMATICA

Maria G. Lo Duca

Presentazione

Vari obiettivi di questo libro:


-occasione di formazione e/o aggiornamento disciplinare per i docenti che nella scuola primaria insegnano
la grammatica dell’italiano senza aver incontrato nel loro iter universitario la disciplina.
-raccogliere info su ricerche e sperimentazioni che hanno riguardato la scuola primaria per documentare le
novità nel campo della riflessione sulla lingua.
-documentare un metodo e familiarizzare ad esso i docenti e i futuri docenti di lingua italiana, suggerendo
come guidare i bambini ad adottare un sano atteggiamento di curiosità per la lingua, a fare e farsi le giuste
domande, a cercare insieme le risposte. Far comprendere che i bambini sono naturalmente curiosi, perciò
occorre incentivare e incanalare questa loro naturale attitudine→obiettivo trasversale e tutte le discipline.

Riferimento per questo libro: “la vita scolastica”: rivista dedicata ai docenti di scuola primaria, fonte di
aggiornamento.

PARTE PRIMA
RAGIONAMENTI PRELIMINARI

1
SULLA OPPORTUNITà DI “FARE GRAMMATICA” NELLA SCUOLA PRIMARIA

Occorre chiedersi se una riflessione esplicita sulle forme e sulla struttura della lingua sia utile alla
formazione del bambino. Il bambino che non ha ancora l’età per andare a scuola ha già acquisito il
linguaggio verbale.

1.1. LINGUISTICA ACQUISIZIONALE ED ERRORI “CREATIVI” DEI BAMBINI

LINGUISTICA ACQUISIZIONALE: campo che studia l’acquisizione della lingua materna da parte dei bambini,
che si ispira alle correnti mentaliste della psicologia e della linguistica contemporanee.

L’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO da parte del bambino avviene per imitazione del modello adulto, dopo
un processo di osservazione, selezione ed elaborazione dei dati linguistici che il bambino compie
autonomamente. L’imitazione riguarda però certi settori della lingua come ad es i suoni o le parole.
L’imitazione della lingua è diversa dall’acquisizione grammaticale. Per la prima l’esposizione del bambino
alla lingua è fondamentale, come anche l’input che riceve dall’ambiente sociale e familiare. È importante
anche la sua capacità innata di trarre dall’input tutte le info necessarie a ricostruire il sistema della lingua. A
3 anni il bambino normodotato è in grado di usare la lingua cui è stato esposto per soddisfare i suoi bisogni
di comunicazione. Si concorda nel dire che il processo di acquisizione del linguaggio è creativo e mette in
gioco le abilità intellettuali del bambino, ovvero le se capacità di osservare la realtà che lo circonda. Molti
bambini sono in grado di riprodurre forme irregolari di alcuni verbi molto frequenti perché dopo averle
sentite le hanno memorizzate. Ad un certo punto però intorno ai 3 anni cominciano a sbagliarle,
producendo forme inesistenti, ma formalmente abbastanza regolari. I bambini faticano a ricostruire il
paradigma dei verbi italiani, molto complesso, perché si compone di decine di forme diverse tra loro che
hanno spesso il difetto di essere fonicamente poco salienti. L’errore deve diventare per i docenti una prova
del lavoro mentale del bambino e della sua maturazione linguistica.

1.2. I BAMBINI “CONOSCONO” LA GRAMMATICA

Es di una b di 4 anni che interpreta l’aggettivo gelosa come “di ghiaccio”. Serena “sa” distinguere i nomi da
altre categorie lessicali, sa che nel processo di derivazione intervengono alcuni aggiustamenti fonologici, sa
che le parole in oso sono generalmente aggettivi ovvero parole che indicano un modo di essere. I bambini
quindi ricostruiscono il significato delle parole sconosciute dimostrando di avere già individuato le regole di
formazione. Nel momento del loro ingresso a scuola nella prima classe primaria, i bambini “sanno”
moltissime cose sulla grammatica della loro lingua materna. È da qui che bisogna partire per ragionare di
riflessione grammaticale scolastica. La “CONOSCENZA GRAMMATICALE” attribuita ai bambini è una
conoscenza inconsapevole, irriflessa, non verbalizzabile.

BIALYSTOK e KARMILOFF SMITH hanno indagato la mente umana affermando che elabora le informazioni
sul linguaggio attraverso un processo ciclico di tre fasi:
1→forme linguistiche apprese solo per imitazione
2→frammenti di lingua vengono scomposti, riconosciuti nei loro elementi costitutivi
3→la maturazione cognitiva e linguistica dei bambini consente l’accesso a una forma consapevole di
conoscenza, articolata ed esplicita, verbalizzata e verbalizzabile.
Da qui la scuola deve intervenire per fare grammatica e guidare nella presa di coscienza sulle strutture
formali della lingua materna→aiutare il bambini a prendere coscienza di qualcosa che egli sa fare, di
aiutarlo a passare da un “saper fare” ad un “sapere intorno a” a un “sapere concettuale”. Obiettivo dei
docenti di lingua: aiutare i bambini a ritrovare questa “conoscenza grammaticale” per sollevarla a livello di
consapevolezza sollecitando con opportune domande e proposte di ricerca e sistematizzazione quest’opera
di scavo. Obiettivo della riflessione sulla lingua: ripercorrere insieme i percorsi mentali già fatti andando dal
facile al difficile, aiutando i discenti ad accedere a un livello più maturo di conoscenza consapevole e
riflessa. Già nei programmi del 1985: la grammatica va concepita come sollevamento a livello consapevole
di fenomeni che l’alunno è in grado di produrre e percepire. I più nelle indicazioni nazionali del 2012: ogni
persona fin dall’infanzia possiede una grammatica implicita che le permette di formulare frasi ben formate
pur senza conoscere concetti come il vero, il soggetto,.. i bambini hanno una naturale predisposizione a
riflettere sulla lingua. Il docente deve condurre gradualmente l’allievo verso forme di “grammatica
esplicita”.

1.3 QUANDO INIZIARE A FARE GRAMMATICA?

Ferreiro e Teberosky affermano che gli insegnanti a causa delle loro pretese fanno sparire la coerenza
logica dei bambini che abbandonano la capacità di pensare. Ma i docenti devono essere consapevoli che a 6
anni i bambini entrando nella scuola non cominciano da zero, ma conosce già molte cose sulla scrittura. Il
soggetto a cui si rivolge la scuola è un soggetto passivo che costruisce anche spontaneamente i meccanismi
per risolverli.

È necessario assecondare la naturale curiosità dei bambini alla lingua che si manifesta attraverso domande
e osservazioni, momento della crescita cognitiva e linguistica di cui il docente deve approfittare. Gli studiosi
della prima alfabetizzazione vedono nell’apprendimento della lettura e della scrittura l’innesco dell’attività
metalinguistica vera e propria, ovvero l’inizio di un’attività di riflessione mirata, scoperta e consapevole
della propria lingua materna. In pochi mesi il bambini scoprirà il principio fondamentale su cui si basano le
scritture alfabetiche→ corrispondenza suono-grafema. Nel momento della scrittura il bambini
indipendentemente dalle sollecitazioni che riceve, fa ipotesi su come si scrivono le parole (errore
frequente: segmentazione delle parole). Gli studi affermano che l’acquisizione del linguaggio è frutto di
un’intensa e inconsapevole attività di analisi per questo la scuola dovrebbe riconoscere, agganciare e
valorizzare questo incessante lavoro mentale per farne un momento di crescita collettiva e condivisa→ I.N.
2012: nei primi anni di scuola primaria l’uso della lingua e la riflessione su di essa vanno curate insieme.
Nella pratica vanno curate insieme: apprendimento della lettura e della scrittura devono essere considerate
attività linguistiche e metalinguistiche al tempo stesso.

1.4 QUATTRO BUONI MOTIVI PER FARE GRAMMATICA NELLA SCUOLA PRIMARIA

1. Di carattere storico-istituzionale:
lo prevedono gli ordinamenti scolastici nazionali perciò i libri di scuola hanno sempre una sezione
dedicata alla riflessione sulla lingua. Già nei Programmi del 1986 si affermava che attraverso
un’esposizione sistematica alle regole della lingua si potesse indurre una discreta padronanza della
lingua stessa fornendo una grande massa di nozioni grammaticali e i primi rudimenti di sintassi. Si
facevano esercitare gli alunni soprattutto sulla coniugazione orale per questo la grammatica veniva
denunciata come una materia tormentatrice. La grammatica da quel momento ha avuto sempre un
posto nei programmi scolastici, 11 nuovi programmi per la scuola dell’obbligo e 3 indicazioni
nazionali.
2. Sviluppo delle abilità:
abituare i bambini a riflettere sulla lingua serve a migliorare le loro prestazioni linguistiche. Dieci
tesi (1975) del GISCEL, bussola nell’educazione linguistica: si sostiene che non sia vero che lo studio
irriflesso di una regola grammaticale ne agevoli il rispetto effettivo. Nell’apprendimento della lingua
seconda la considerazione esplicita dei fatti più formali aiuta l’apprendente a fissare e riutilizzare gli
elementi e le regole della lingua oggetto di insegnamento.
3. Compito formativo per la scuola aiutare il bambino a ritrovare/portare alla luce il cammino già
percorso→notare e osservare i dati linguistici, confrontare i dati e ritrovare differenze e
somiglianze sulla base di proprietà riconosciute. Così l’attenzione alla grammatica addestra alle
abilità cognitive di base, abitua al metodo scientifico ed educa gradualmente al pensiero astratto.
Abitudine all’osservazione e all’analisi degli elementi linguistici della lingua materna fornisce al b un
bagaglio concettuale e una terminologia utili nello studio della seconda lingua.
4. Correzione degli errori: il dilemma del docente è: intervenire? Non si deve intervenire su tutto e
non con la medesima modalità e intensità secondo la Lo Duca. Ci sono situa in cui bloccare con
continui interventi correttivi il flusso della comunicazione risulta penalizzante, perciò a volte è
giusto soprassedere prendendo nota dell’errore per una futura migliore occasione. Nel caso della
produzione scritta l’intervento correttivo è obbligatorio. Necessario spiegare in cosa consiste
l’errore con una riflessione esplicita sul caso. Nel caso di errori ripetuti e comuni si possono
innescare percorsi di riflessione collettiva ed esercitazioni mirate che coinvolgano l’intera classe.

1.5 PER STANARE LA COMPETENZA, IL METODO DELLE DOMANDE

Nel caso della lingua materna l’acquisizione della sua grammatica avviene prima e fuori della scuola. I
bambini infatti sono in grado di fare operazioni linguistiche complesse che prevedono l’applicazione di
regole complesse (denominare, affermare, interrogare, rispondere, negare). Tecnica delle domande affini:
partendo da ogni domanda sarebbe possibile innescare interessanti discussioni coinvolgendo l’intera classe
permettendo a ciascuno di aggiungere, modificare, correggere, integrare la risposta dell’altro. Il docente
deve limitarsi a stimolare e coordinare il lavoro del bambino astenendosi dal dare a risposta giusta. Il
docente deve fare altre domande per orientare la ricerca, aggiungere altri esempi, argomentare con altri
dati, aiutarli a scrivere le risposte e guidarli a giungere a una risposta condivisa e condivisibile che soddisfi
tutti. In questo modo i bambini scopriranno di conoscere già molte cose. Ma per parlare di questi concetti
necessario dotarli di parole tecniche indispensabili, introducendole quando necessario, mai in astratto, ma
collegandole a oggetti concreti e identificati. Per far scoprire agli studenti cose che già sanno è necessario
presentare loro sequenze agrammaticali, nessun bambino avrà problemi a discriminare le sequenze
scorrette.
La metodologia delle domande e della scoperta in chiave didattica va perseguita in modo coerente,
attivando le curiosità linguistiche e la voglia di manipolare proprie dell’essere umano. (valore formativo del
gioco). Per la riflessione sulla lingua è necessario partire da oggetti concreti o immagini e disegni, per
abbinare oggetti e immagini con parole, frasi, testi secondo criteri riconoscibili, o si possono evidenziare
con colori certe parole, o si possono ritagliare da un giornale, o si possono scrivere su cartoncini per poi
suddividerle in gruppi e sottogruppi in apposite scatole. La classe può essere coinvolta o nella sua interezza
o suddivisa in coppie o gruppi. La ricerca della soluzione sarà il frutto di un percorso collettivo a cui ci
giungerà gradualmente con il concorso di tutti attraverso la discussione e il confronto delle idee in classe.
La naturale curiosità sulla lingua nei bambini si scatena attraverso una miriade di domande. Secondo le I.N.
2012 occorre favorire l’esplorazione e la scoperta per promuovere il gusto per la ricerca di nuove
conoscenze.

1.6 CHE COSA SIGNIFICA FARE LA GRAMMATICA NELLA CLASSE MULTILINGUE?

La classe è investita dall’ondata migratoria, diventando sempre di più luogo di incontro e di scambio tra
lingue e culture diverse. La situazione sociolinguistica della comunità classe è più complessa che nel
passato. Tutti gli idiomi che caratterizzano una classe hanno status e collocazioni diverse e questa
compresenza offre una straordinaria opportunità di riflessione collettiva e vengono suggeriti confronti tra
l’italiano e i dialetti, l’italiano e l’inglese, italiano e latino, italiano inglese e latino. L’abitudine a riflettere
consapevolmente sulla grammatica della propria lingua materna può fornire l’abito mentale, lo
strumentario concettuale, la terminologia tecnica indispensabile per riflettere adeguatamente anche su
altre lingue. La presenza nella classe di alunni stranieri a diverso livello di competenza in ita viene vista
come un ostacolo al normale svolgimento del lavoro. Ma c’è chi è riuscito a trasformare queste situa
oggettivamente difficili in opportunità per tutti. Whittle e Nuzzo hanno sperimentato percorsi grammaticali
mirati sugli alunni più deboli, ma coinvolgenti e motivanti per tutti. Dopo aver isolato piccoli frammenti
grammaticali rivelatisi per una qualche ragione ardui da acquisire creavano attività mirate che
coinvolgevano l’intera classe. È l’interazione con i compagni di classe che svolge un ruolo centrale
nell’acquisizione della lingua perciò nella classe le differenze di competenze linguistiche diventano una
risorsa per lo sviluppo dell’interlingua dei meno competenti. Il bilinguismo comporta vantaggi dimostrati da
numerose ricerche e sviluppa una consapevolezza morfologica e conseguente capacità di identificare,
analizzare e manipolare le strutture della parola. In questo modo lo studente bilingue può compensare le
minori abilità di esecuzione con le maggiori competenze e potenzialità metalinguistiche. L’intervento
correttivo può diventare occasione di esplorazione collettiva nelle regole della lingua italiana. La linguistica
acquisizionale si occupa di acquisizione della lingua materna e della lingua seconda in contesto spontaneo.
È possibile e auspicabile fare grammatica nelle classi multilingui dell’Itala di oggi a condizione però di
adottare la metodologia della domanda e della scoperta puntando al coinvolgimento attivo degli allievi e
facendo dell’ora di grammatica un momento piacevole e appassionante partecipazione a un gioco collettivo
di raccolta, catalogazione e manipolazione dei dati, avente come sbocco naturale la scoperta delle regole.

2
QUALE SILLABO GRAMMATICALE NELLA SCUOLA PRIMARIA?

SILLABO: parte dell’attività curricolare che si riferisce specificatamente ai contenuti di insegnamento, i quali
vanno messi in sequenza secondo una progressione ragionevole. Per la costruzione di un sillabo le due
operazioni fondamentali sono: “selezione dei contenuti” e la loro “sequenziazione”. Le I.N. fissano le
finalità generali della scuola e gli strumenti culturali di base. È il documento imprescindibile che ogni
docente deve conoscere per fondare la programmazione di base.

2.1 PROGRAMMAZIONE DIDATTICA E INDICAZIONI NAZIONALI

-Nella disciplina dell’italiano i contenuti grammaticali si ritrovano nel paragrafo intitolato “elementi di
grammatica esplicita e riflessione sugli usi della lingua, le indicazioni nazionali”. Questi contenuti espressi in
modo sintetico per il primo ciclo di istruzione sono: strutture sintattiche e frasi semplici e complesse, parti
del discorso, categorie lessicali, lessico e sua organizzazione, varietà dell’italiano più diffuse.
-Questi contenuti vengono frazionati nei successivi 8 anni seguendo i “traguardi per lo sviluppo delle
competenze al termine della scuola primaria”;
-se si scende più nel dettaglio si hanno elencati gli “obiettivi di apprendimento” (quelli che si riferiscono alla
terza primaria e poi alla quinta) a loro volta suddivisi in diverse sezioni: ascolto e parlato, lettura, scrittura,
acquisizione ed espansione del lessico ricettivo e produttivo, elementi di grammatica esplicita e riflessione
sugli usi della lingua→ la lista di questi ultimi comprende tre indici, ovvero tre diversi obiettivi da
raggiungere terminata la 3 e la 5 primaria→confrontare, riconoscere, prestare attenzione, applicare,
comprendere, conoscere esercitandosi quindi sui seguenti ambiti: testualità, ortografia, analisi della frase,
categorie lessicali e lessico. Estrema vaghezza degli indici, essenzialità e laconicità della scrittura in quanto
le I.N. vogliono indirizzare senza troppi vincoli le scelte didattiche. I docenti quindi hanno la possibilità di
programmare la materia grammaticale secondo le proprie convinzioni e possibilità tendendo conto del
contesto di riferimento. Scopo di questo libro: suggerire una determinata lettura del documento
ministeriale aperta a tutte le modifiche.

2.2 ERRORI DI PROGRAMMAZIONE E NON SOLO

La Lo Duca afferma che ad esempio per quanto riguarda la morfosintassi i doc ministeriali di oggi
riprendono le formulazioni e le scansioni dei documenti ministeriali passati con minime variazioni e
incredibile uniformità. Si è creato perciò nei decenni un complesso di pratiche di classe assodato e
condiviso che organizza la riflessione degli studenti italiani sulla loro lingua materna in questo modo:
-scuola primaria: morfologia e parti del discorso, inizio della sintassi delle frasi semplici
-secondaria di primo grado: analisi della frase semplice, anticipazione sintassi del periodo
-secondaria di secondo grado: sintassi della frase complessa
La Lo Duca è contraria all’attuale programmazione della grammatica→ non è opportuno cominciare a fare
grammatica dagli elementi più piccoli della lingua (parole) per poi passare all’analisi delle frasi semplici e
poi di quelle complesse, si ha la convinzione che più piccolo è più semplice e più grande è più difficile.
Mentre ragionare sulla frase è più naturale e immediatamente intuitivo e interessante per un bambino. Le
parole sono astratte. La complessità della materia è tale da suggerire un’attenta selezione degli obiettivi e
una messa in sequenza degli stessi. Occorre disarticolare la materia individuando le categorie centrali e
quelle periferiche. Una grande lacuna delle I.N. per la Lo Duca è l’assenza di una vera scansione dei
contenuti. Di ciascuna categoria lessicale si deve dire l’essenziale, una breve definizione, semplice per
essere capita dagli alunni, pochi esempi sui tipi centrali di ogni categoria e le conseguenti classificazioni,
spesso accompagnati da immagini e scenette colorate, nella speranza di catturare attenzione e interesse.
L’ordine dell’intera sequenza può cambiare.
Troppo spesso l’insegnamento della grammatica si riduce a far memorizzare definizioni, liste e paradigmi.
Attraverso le definizioni si fissano le caratteristiche e le proprietà dell’oggetto grammaticale, attraverso le
liste si elencano i componenti di categoria o le sottocategorie, si elencano le diverse forme del paradigma e
le denominazioni. Definire gli oggetti grammaticali è un esercizio complesso. Perciò bisogna chiedersi se sia
necessario introdurre i bambini a un tema grammaticale attraverso una definizione→per la Lo Duca la
risposta è no: l’esperienza concreta della riflessione sulla lingua, l’incontro ripetuto con nomi e pronomi,
con tempi presenti, passati o futuri, con parole di base e suffissi o prefissi ecc.. che metterà i bambini in
grado di riconoscere e denominare correttamente gli oggetti grammaticali sui quali saranno chiamati a
interrogarsi. L’esercizio di etichettatura è poco intelligente e poco produttivo. Ai fini della riflessione
linguistica la memorizzazione dei termini della grammatica si trasformano in una enorme zavorra. Ferreiro e
Teberosky ricordano che ciò che la scuola pretende di insegnare non sempre coincide con quello che il
bambino riesce ad imparare→ se si vuole far emergere la grammatica implicita non si deve avere fretta, ma
dare ai bambini il tempo per pensare e spostare più avanti la sistematizzazione dei concetti grammaticali.

2.3 COMPETENZA E SILLABO GRAMMATICALE

Problema del sillabo.


Secondo lo stadio dello sviluppo che hanno raggiunto i bambini tra i 6 e i 10 anni ci si deve chiedere se sono
in grado di apprendere i contenuti previsti dalle I.N.. infatti ci si è interrogati sul livello di maturità cognitiva
necessario per poter accedere con successo e senza sforzo alla lingua scritta. La connessione tra
acquisizione spontanea del linguaggio, sviluppo della capacità metalinguistica e insegnamento scolastico
non è mai stata assunta in modo serio dalla ricerca. Grazie agli studi di linguistica acquisizionale e di
psicolinguistica evolutiva si è indagato lo sviluppo del linguaggio nelle sue diverse componenti. Quello che
colpisce è la precoce acquisizione di molte forme, documentata già nei primissimi anni di vita e che
consente al bambini di usare in modo efficace il linguaggio verbale attraverso una graduale scoperta di altre
possibilità e funzioni che quegli stesi elementi hanno nel linguaggio adulto. Il processo di acquisizione di
alcune forme e strutture è molto lungo. È evidente anche che proporre troppo presto certi contenuti
grammaticali potrebbe rivelarsi inutile e dannoso. Alcuni errori di programmazione possono produrre un
atteggiamento passivo e acritico nei confronti della grammatica. La Lo duca è convinta che l’organizzazione
di un sillabo grammaticale è sempre lingua-specifico→poiché i tempi di acquisizione, le modalità di
processazione di forme e costrutti possono variare da lingua a lingua sulla base delle caratteristiche
morfosintattiche delle lingue stesse. Ad esempio trovare il soggetto in una frase è più facile per un bambini
inglese che per un bambini italiano perché in inglese è in prima posizione nella frase mentre in italiano
assume diverse posizioni e può essere anche sottointeso. La strategia morfosintattica di ritrovamento del
soggetto comporta un maggior carico cognitivo per il bambini italiano e quindi una maggiore difficoltà
nell’impostare un percorso didattico di riflessione sulla lingua.

2.4 LA RICERCA SPERIMENTALE

La Lo Duca ha condotto diversi sondaggi nelle classi per capire se certi temi grammaticali sono plausibili a
quell’età e per impostare e condurre un colloquio in grado di stanare la competenza implicita per sollevarla
a livello di consapevolezza. Scopo: provare a ipotizzare un percorso di ricerca con l’obiettivo di definire un
sillabo grammaticale basato sulle oggettive difficoltà e sull’accessibilità dei temi trattati. La ricerca
sperimentale ha due fasi:

1. Dopo aver scelto il tema grammaticale di qualche rilevanza viene approfondito svolgendo su di esso
una ricerca mirata, leggendo e confrontando studi si chiarisce il quadro teorico di riferimento.
Ruolo fondamentale svolto dalle grammatiche dell’italiano. Per un utile confronto tra le
sistemazioni moderne e la prassi scolastica. Questo studio preliminare ha lo scopo di fissare e
aggiornare la conoscenza specifica sul tema, stendere uno o più capitoli di stampo grammaticale in
cui il tema viene presentato nelle sue diverse articolazioni ed eventuali problematicità.
2. Intervistare direttamente gli studenti attraverso colloqui individuali attentamente preparati e
condotti secondo il metodo esposto e esemplificato da Bombi, Cannoni e Di Norcia che fanno una
imperfetta imitazione del colloquio clinico di Piaget. Lo scopo di questa fase è misurare in modo
oggettivo la capacità di condurre una riflessione intenzionale e analitica su specifici segni e contesti
linguistici diversamente selezionati per le varie fasce di età. Lo scopo nella progettazione di questi
colloqui non è mai stato misuratorio. È persino possibile che un b cambi la sua risposta nel corso
del colloquio. Un colloquio ben guidato può rivelarsi un percorso di scoperta per il bambino,
consentendogli di accedere a conoscenze presenti solo in forma “tacita”. Scopo
Scopo del colloquio: capire fino a dove si può arrivare a una certa età nell’esplorazione di un certo
tema grammaticale, indipendentemente dal fatto che sia o non sia previsto dalle pratiche usuali e
dagli ordinamenti scolastici, e prendendo dalla letteratura specialistica gli spunti e i suggerimenti
del caso.
Fasi del colloquio:
a. “questionario”→traccia scritta seguita dagli intervistatori. Deve essere una guida per il
pensiero del bambino e va usata in modo flessibile adattandola al flusso dei suoi pensieri.
b. Agli intervistati vengono mostrati i dati su cui si chiede la loro riflessione. L’uso di esempi
anomali è stato utile a sollecitare una riflessione non convenzionale sui dati e favorisce la
messa a fuoco del fenomeno e l’individuazione della regola, sempre che il bambino sia
maturo sul piano cognitivo e linguistico, e pronto a operare questo tipo di confronti e
generalizzazioni. Infatti ci sono alcuni bambini che non vedono alcuni fatti apparentemente
banali, altri che vedono più in profondità delle scarne categorizzazioni scolastiche. È anche
possibile che alcuni quesiti non vengano capiti e non suscitino risposte. Può capitare di
ricevere risposte che non è possibile incanalare perché può accadere di aver formulato in
maniera scorretta la domanda->occorre riformularla. Se tutti i nostri tentativi non hanno
successo significa che si è andati oltre le capacità del bambino.

Il colloquio (20/40 min) è costruito in modo che ogni domanda indirizzi l’attenzione su un aspetto
che riguarda un certo tema in modo da avere info attendibili e mirate. La perizia dell’intervistatore
è necessaria: tranquillizzare l’intervistato sullo scopo del colloquio e accettare con curiosità e
interesse tutte le risposte. Non tutti sono adatti a ricoprire il ruolo dell’intervistatore→ in assenza
di uno specifico addestramento al colloquio alcuni intervistatori si sono rivelati troppo timidi,
impacciati o dall’altra parte troppo direttivi fino a suggerire la risposta attesa.
I colloqui sono individuali, ma coinvolgono gruppi di 10 studenti di una stessa classe, scelti dal doc
di ita secondo indicazioni precise (2 più bravi, 2 meno bravi, 6 medi, con ita come lingua materna).
In ogni protocollo di ricerca i gruppi sono solitamente 2 per un tot di 20 studenti. Solitamente classi
coinvolte sono la 3 e la 5 primaria. Sono svolti nell’orario scolastico in un’aula vuota, registrati e
trascritti. I risultati ottenuti sono parziali e andrebbero verificati su numeri più ampi, mentre le
metodologia potrebbe essere assunta in futuro da chiunque volesse continuare su questa strada.
Notando le risposte avrò la possibilità di cogliere le tendenze o di intravedere e piste di lavoro
interessanti su cui si potrebbe indagare. Da questi colloqui emerge la naturale capacità riflessiva dei
bambini fortissima e preesistente all’istruzione scolastica, che la scuola non dovrebbe mai
sottovalutare.

2.5 PROPOSTE DAL MONDO DELLA SCUOLA: ALLA RICERCA DI UN CURRICOLO GRAMMATICALE

Esistono molte proposte che suggeriscono un possibile percorso di riflessione sulla lingua. Molti
autori sono spesso docenti di scuola primaria che fanno del loro lavoro quotidiano nelle classi
un’occasione per sperimentare. Queste proposte sono concordi dal punto di vista metodologico
nell’uso di un metodo attivo di riflessione sulla lingua.

1. Una proposta sul tema del curricolo grammaticale viene da Adriano Colombo che denuncia
il modello tradizionale in quanto enorme spreco di energie di insegnamento e di studio a
causa della ripetizione ciclica degli stessi contenuti ogni ciclo scolastico.
Non tutto va affrontato fin dal ciclo elementare. nei primi tre anni terminologia di base
minima senza definizioni; ultimi due anni morfologia. Triennio successivo: sintassi e analisi
sistematica della struttura della frase.
2. A partire dalla frase…: Libretto frutto di un lavoro collegiale e di una programmazione e
sperimentazione condotte per anni nelle scuole della provincia di Bolzano. Il tentativo è
mettere a punto un curricolo grammaticale che scandisca anno dopo anno tutta la
morfosintassi ritenuta meritevole di insegnamento esplicito nei primi otto anni di scuola. La
riflessione sulla lingua procede parallelamente su varie direttive: la frase, le categorie
lessicali, la punteggiatura, il dizionario. Tutto il percorso nelle categorie lessicali è lento e
graduale. Nell’introdurre i diversi temi non si danno definizioni ma esempi così che il
bambino impari a riconoscere e denominare i diversi oggetti grammaticali in modo
naturale.
3. Morgese: messa in sequenza dei contenuti grammaticali attraverso esempi di giochi e
attività.
4. Ujcich e Sabrina Cannavò: modello teorico di rif valenziale.
5. Spadotto: si muove con libertà affrontando solo alcuni temi previsti dalle I.N.. ascolta le
domande dei bambini e li esorta a cercare da soli le risposte indirizzandoli e senza
prevaricarli.
6. Cristiana De Santis: infinite curiosità dei bambini cui la scuola dovrebbe sapersi adattare e
saper rispondere.
PARTE SECONDA
DENTRO LA DISCIPLINA

Nei seguenti capitoli vengono presi in considerazione i temi della grammatica ritenuti alla portata dei
bambini. La Lo Duca afferma che le prime osservazioni in classe devono riguardare le parole nell’ambito
della morfologia e i testi nell’ambito della testualità. Il docente deve muoversi agilmente tra i diversi livelli
della lingua senza rigide ripartizioni secondo un piano ragionato e ragionevole→ il curricolo d’istituto. Si va
dal più facile al più difficile e il docente dovrebbe sentirsi libero di seguire le curiosità che nascono in classe.
Sillabo ciclico: è importante che i bambini abbiano chiara la mappa che si costruisce nel tempo su un
singolo argomento aggiungendo un tassello alla volta per evitare ripetizioni e dimenticanze.

3
ALLA SCOPERTA DELLA SINTASSI

La sintassi è quella parte della grammatica che si occupa della struttura della frase con una costante
attenzione nella scuola attraverso l’analisi logica e del periodo. Nel suo ragionamento la Lo Duca adotta
confini classici della sintassi muovendosi all’interno della frase definita da Prisciano: combinazione coerente
di parole che esprime un senso compiuto.

3.1 LA FRASE, TRA LINGUA COMUNE E GRAMMATICA

Frase: nell’uso comune: espressione linguistica, sequenza di parole con un qualche significato riconoscibile.
Questa definizione è conosciuta dai bambini nel loro ingresso a scuola e spesso i docenti e gli autori dei libri
fanno affidamento a questa conoscenza pregressa. Ma gli insegnanti devono conoscere il senso preciso
delle parole che si usano per questo ci si deve accordare sul senso che si da alla parola “frase” diversa da
enunciato→frammento di lingua reale che si colloca in una determinata situazione comunicativa, perciò
per interpretarlo è necessario conoscere il contesto, avulso dal contesto non significa nulla. La frase invece
è un modello astratto una sorta di rappresentazione ideale dell’enunciato.

3.2 MODELLI TEORICI E INSEGNAMENTO DELLA GRAMMATICA

In grammatica esistono molteplici proposte teoriche. La scuola è rimasta però al modello tradizionale che
ha subito nel tempo rivisitazioni e risistematizzazioni anche per questo caratterizzato da incoerenze e
omissioni. La scelta migliore secondo la lo duca per un docente di lingua è l’adozione di un atteggiamento
eclettico ovvero aperto al confronto con tutti i modelli e tutte le scuole, ma attento alla specificità del
proprio pubblico quindi alle possibilità linguistiche e cognitive dei bambini della scuola primaria.

3.3 PAROLE CHE VANNO D’ACCORDO

Richiamo al fatto che le parole di una lingua devono concordare o accordarsi tra loro secondo regole
precise. Una riflessione esplicita su questo tema potrebbe scaturire naturalmente fin dai primi esercizi di
scrittura proposti ai bambini. già in età prescolare i bambini mostrano di avere introiettato le regole
dell’accordo.

3.4 IL SINTAGMA, QUESTO SCONOSCIUTO

Le frasi non sono semplici successioni di singole parole, ma costituite da gruppi di parole gerarchicamente
ordinati. In qualche modo la tradizionale analisi logica tentava di descrivere la frase semplice
scomponendola nei suoi diversi costituenti, costituiti da sintagmi: soggetto, predicato, complementi.
Questo libro propone un tipo di analisi della frase differente in sintagmi. Il sintagma non può essere
interrotto da altre parole che non ne fanno parte.

3.5 LA FRASE? È UN PICCOLO DRAMMA


Siamo abituati a considerare la frase come l’unione di un soggetto e di un predicato. Nel modello valenziale
elaborato dal linguista francese Lucien Tesniere il punto di partenza nell’analisi e nella costruzione di una
frase è il verbo→motore della frase. Diventa predicato considerato nella sua relazione con gli altri elementi
della frase. Ogni verbo/predicato ha una proprietà peculiare: attivare un “processo” il cui assetto varia sulla
base delle proprietà logico-semantiche del verbo.

3.5.1 RAPPRESENTAZIONI

Anche i modelli grammaticali rappresentano i loro oggetti di studio per rendere più chiari e disponibili i
concetti elaborati. La frase ha molte rappresentazioni diverse, sia grafiche che a parole.

1. Ad albero rovesciato→frase costituita da SN e SV (sintagma nominale e verbale)


2. A ellissi→ruolo centrale del verbo.

3.5.2 VERBI PREDICATIVI E VERBI COPULATIVI

❖ VERBI PREDICATIVI: hanno un contenuto semantico pieno e uniti ai loro argomenti predicano
qualcosa -> nell’analisi logica danno luogo ai predicati verbali.
❖ VERBI COPULATIVI: essere è il membro prototipico, ne fanno parte anche stare, sembrare,
diventare, farsi. Alla luce dell’analisi valenziale sono monovalenti.

3.5.3 RIFLETTORI SUL VERBO ESSERE

o VERBO AUSILIARE: forma i tempi composti del paradigma verbale italiano, forma il passivo dei verbi
transitivi.
o Verbo principale della frase
o Inteso come verbo predicativo ha come significato: avere vita/esistere

3.5.4 VERBI TRANSITIVI E VERBI INTRANSITIVI

Possono essere transitivi o intransitivi tutti e solo i verbi predicativi.

❖ TRANSITIVI: quelli che nella forma attiva sono seguiti dall’oggetto diretto, possono assumere la
forma passiva in cui l’o.d. della frase attiva diventa soggetto della frase passiva e il soggetto della
frase attiva diventa complemento d’agente nella frase passiva. La prova della passivizzazione è utile
a discriminare i verbi transitivi.
❖ INTRANSITIVI: non possono avere il c.o. e neppure la forma passiva.

In un quadro valenziale i verbi transitivi possono essere bivalenti, trivalenti o tetravalenti, quelli intransitivi
invece monovalenti, bivalenti o trivalenti. Non tutti i verbi transitivi sono seguiti dall’oggetto diretto, tutti i
verbi transitivi formano i tempi composti con l’ausiliare avere.

3.5.5 VERBI PRONOMINALI

Inseriti tra i verbi predicativi, sono tutti quei verbi in –arsi, -ersi, -irsi, che si coniugano con l’ausilio di un
pronome atono. La scuola primaria dedica un’attenzione distratta a questo sottogruppo di verbi; quello che
non funziona è che la scuola suddivide i verbi pronominali in sottogruppi di cui poi non si preoccupa di
verificare il riconoscimento. Occorre per la Lo Duca dare il giusto rilievo a questa categoria chiamandola con
un termine unico e chiedersi come per il resto dei verbi quanti argomenti hanno.

3.5.6 VERBI CHE ACCOMPAGNANO ALTRI VERBI

VERBI ACCOMPAGNATORI→ non tutti servono a formare frasi, in questo caso hanno una funzione vicaria:

❖ VERBI AUSILIARI: essere e avere


❖ VERBI MODALI: dovere, potere, volere, sempre seguiti dall’infinito del verbo principale, con il quale
formano un complesso verbale unico.
❖ VERBI FRASEOLOGICI: seguiti per lo più dall’infinito introdotto da preposizione o dal gerundio,
danno info su un particolare aspetto del processo verbale espresso dal verbo principale.

3.5.7 VERBI MULTILESSICALI

Costituiti da più parole, distinti in due sottogruppi:

• VERBI SUPPORTO: ristretto numero di verbi che, oltre al loro uso e significato autonomo, se usati
con un nome d’azione, svolgono una funzione prevalentemente di appoggio nei confronti di
quest’ultimo.
• VERBI POLIREMATICI: costituiti da una testa verbale seguita indissolubilmente da diversi tipi di
espressioni nominali o avverbiali. Anche questi vanno considerati nella valenziale un unico nesso
verbale.

3.6 NUCLEO, MODIFICATORI ED ESPANSIONI

È possibile arricchire con info aggiuntive i diversi elementi del nucleo e costruire frasi meno asciutte-
>modificatori→frase nucleare arricchita. I modificatori non possono essere separati dalla testa del
sintagma più ampio che li contiene.
Espansioni: elementi aggiunti alla frase nel suo complesso e per questo la loro posizione è libera.

Percorso possibile di analisi:

1. Individuare verbo/predicato
2. Risalire agli argomenti e identificare la frase nucleare
3. Individuare le eventuali espansioni

Con questo percorso comprendiamo che la frase ha una struttura gerarchica. Il modello valenziale è diverso
da quello tradizionale perché non considera più importante la distinzione dei vari complementi.

❖ Soggetto→primo argomento
❖ Predicato→verbo accompagnato da altri elementi nucleari
❖ Oggetto diretto→arg retto da verbo con una preposizione
❖ Espansioni→elem extranucleari
❖ Modificatori→elem aggiuntivi che descrivono gli elem nucleari ed extranucleari.

Introduzione graduale e attentamente pianificata dei diversi elementi qui presentati in rapida successione.

3.7 FRASE NUCLEARE, SEMPLICE, COMPLESSA

❖ Frase nucleare/minima: verbo e arg


❖ Frase nucleare arricchita: verbo, arg e modificatori
❖ Frase semplice: verbo, arg, modificatori ed espansioni
❖ Frase complessa: agglomerato di più frasi, costituita da una reggente e frasi subordinate.

Diversi tipi di subordinate: argomentali, relative, extranucleari.

3.8 IL MODELLO VALENZIALE NEI DOCUMENTI UFFICIALI

❖ I.N. 2012: tra gli obiettivi di apprendimento al termine della classe III: riconoscere gli elementi
essenziali (soggetto, verbo, complementi necessari) rimanda al modello valenziale che distingue tra
complementi necessari e facoltativi. Tra gli obiettivi della classe V: struttura del nucleo.
❖ Quadro di riferimento della prova d’italiano INVALSI: sotto alla voce della sintassi riferita alla frase
minima.
3.9 E NELLA SCUOLA?
La scuola secondaria ha dimostrato interesse per il modello valenziale con Francesco Sabatini →la frase è
analizzata secondo il modello valenziale. Ma l’interesse per la grammatica valenziale è attestato già nella
scuola a partire dagli anni 70 del secolo scorso, quando però qualcosa non ha funzionato nella divulgazione
del modello e nella sua trasmissione dalle opere scientifiche al mondo della scuola.

Il sillabo grammaticale per il primo ciclo di scuola messo a punto a Bolzano adotta il modello valenziale
proposto da Sabatini.

ALLA RICERCA DEL SOGGETTO

Definito o “colui che compie l’azione” o “ciò di cui si parla”→ entrambe errate. Tuttavia ancora presenti i
molte grammatiche. Nel modello tradizionale il soggetto viene presentato già nella II classe, raramente si
accenna che può essere altro oltre che un nome o un pronome e che non è sempre in prima posizione. La
Lo Duca già con i più piccoli comincerebbe a ragionare sul soggetto senza definizioni, ma attraverso la
presentazione di brevi frasi in cui il soggetto sia il più facile e intuitivo possibile per poi procedere con frasi
sempre più complesse. Ogni passaggio deve avvenire gradualmente e ha bisogno di tempo per essere
acquisito in modo stabile. Bisogna partire dal verbo e riflettere sulla persona. Il tema del ritrovamento del
soggetto è ricco di articolazioni tanto da rimanere abbastanza per impegnare tutto il ciclo primario.

4
CATEGORIE LESSICALI: NOMI, VERBI E POCO Più

Nei libri in uso attualmente nella scuola primaria la morfologia è intesa come presentazione e
riconoscimento delle categorie lessicali e occupa gran parte dello spazio riservato alla riflessine sulla lingua.
Nonostante le critiche le modalità di presentazione di questa materia restano irragionevoli→ “tutto e
subito” che non ha alcuna possibilità di trasformarsi in apprendimento duraturo, sembra fatta apposta per
mortificare l’intelligenza linguistica dei b esponendoli precocemente ad assetti precostituiti da
memorizzare.

4.1 CRITERI DI RICONOSCIMENTO DELLE CATEGORIE LESSICALI

Sono 9: nome, articolo, verbo, aggettivo, avverbio, pronome, preposizione, congiunzione, interiezione. La
preoccupazione degli autori è fornire una panoramica completa delle diverse categorie. È una filosofia che
la Lo Duca non condivide e a cui addebita gran parte del fallimento del programma di riflessione sulla lingua
adottato nella nostra scuola.
Nelle I.N. l’indice non fa nessun riferimento particolare a una delle categorie lessicali. Nella seconda parte
invita a curare il riconoscimento delle congiunzioni di uso più frequente e scompare qualsiasi riferimento
esplicito al verbo. È importante che la riflessione si innesti naturalmente senza forzature e tecnicismi inutili
e con gradualità.

4.3 NOME E DINTORNI

Nome e verbo→classi basiche;


nome: ha il compito di designare le entità in senso lato che popolano il mondo reale, immaginario o
mentale
verbo: designa i processi in cui tali entità sono coinvolte.

Il nome è l’elemento grammaticale che risulta di più facile comprensione da part dei bambini di tutte le età
della scuola primaria. Per parlare del nome e indurre su di esso una riflessione esplicita non servono
definizioni né spiegazioni.

Nella scuola primaria si presentano le diverse sottoclassi di nomi. L’esercizio preferito dei manuali è quello
di invitare i bambini al riconoscimento delle diverse sottoclassi→l’uso didattico di questa come di altre liste
è pessimo. Il caso del nome che a seconda del contesto assume proprietà diverse e opposte non è
contemplato. Il confine non è sempre così netto. L’auspicio è che anche sui nomi e sulle loro proprietà si
lavori con il metodo già presentato: facendo domande, cercando risposte, senza bisogno di incasellare
tutto. Può essere anche che i bambini scoprano l’esistenza di gruppi o sottogruppi non necessariamente
quelli definiti dalla tradizione.

Tutte le grammatiche moderne introducono una distinzione di cui non c’è traccia nelle liste
tradizionalmente presentate a scuola: quella tra nomi numerabili e non numerabili. La Lo Duca non ne
farebbe oggetto di riflessione con i bambini.

4.4.1 I MAESTRI E RICERCATORI

I percorsi didattici puntano al riconoscimento del verbo come unica classe di parole che possa descrivere un
evento, darne una rappresentazione linguistica e quindi dare vita a una frase.
Nei manuali scolastici compare l’identificazione di verbo e azione. Il termine azione viene usato molto
spesso al posto di verbo con una totale assimilazione dei due concetti.

4.4.2 CATEGORIE DEL VERBO: TEMPO, PERSONA, NUMERO, ASPETTO, MODO, FORMA O DIATESI

Per rendere anche visivamente lo scorrere del tempo si potrebbero seguire le indicazioni dei teorici,
raccolte da alcuni maestri che usano collocare gli eventi sulla linea del tempo→ una sua versione
semplificata include avverbiali di tempo che dovrebbero contribuire a rendere più chiaro il quadro.

4.5 FORME DEL PARADIGMA: TRA FORMA E FUNZIONE

Il verbo in ita esprime molti valori attraverso un paradigma molto articolato, tutta questa materia è
particolarmente complessa in base a tre fattori:

1. Il primo riguarda la molteplicità delle forme: tre classi di coniugazione, sette modi, una miriade di
tempi e forme irregolari.
2. Riguarda le sfera del significato o della funzione, infatti non esiste una corrispondenza biunivoca tra
forma e funzione.
3. Terminologia tradizionale talvolta trasparente, ma fuorviante.

Alcuni maestri decidono di semplificare la materia per adattarla allo sviluppo linguistico e cognitivo degli
allievi. I più illuminati presentano un tempo o più spesso un modo attraverso pochi esempi ben selezionati
cui segue una definizione→il tutto nella convinzione che nelle classi successive questi argomenti verranno
ripresi, cosa che in realtà avviene di rado. Infatti i segmenti di scuola successivi alla primaria credono di
dover approfondire altri settori della grammatica come ad esempio l’analisi logica. In questo modo nelle
menti dei bambini restano convinzioni errate riguardo il mondo dei verbi: indicativo→modo della realtà,
congiuntivo→modo dell’incertezza. Per evitare queste semplificazioni errate bisognerebbe studiare una
progressione più lenta, che tenga conto da una parte delle moderne descrizioni del verbo, dall’altra delle
possibilità dei bambini.

4.5.1 CONOSCENZE SCOLASTICHE E NON: IL PRESENTE DELL’INDICATIVO

Normalmente il presente viene descritto come un tempo deittico che rappresenta un evento nel momento
stesso in cui esso ha luogo. Questo tempo risulta l’unica voce del paradigma riconosciuta senza incertezze
da tutti gli intervistati.
La Lo Duca afferma che i diversi valori temporali del presente sono accessibili ai bambini della primaria e
possono diventare oggetto di riflessione esplicita gradualmente. La costruzione collettiva di una scheda sul
presente si arricchisce e si amplia di nuovi valori via via che vengono individuati e fatto oggetto di specifica
attenzione.
4.5.2. CONOSCENZE SCOLASTICHE E NON: I TEMPI DEL PASSATO DELL’INDICATIVO

Si consigliano poche e semplici considerazioni. Si mette a fuoco un tempo alla volta, si impara a
riconoscerlo nei testi, se ne apprende il nome, se ne esplora la morfologia, si confronta con gli altri tempi
del passato, se ne analizza la funzione, o le funzioni, nei testi prodotti da altri e si impara a usarli a ragion
veduta nei propri. Questo lavoro di successiva scoperta, focalizzazione e consolidamento potrà impegnare
l’intero ciclo della primaria.

4.5.3 CONOSCENZE SCOLASTICHE E NON: I TEMPI DEL FUTURO DELL’INDICATIVO

Tutti gli usi dei due tempi del futuro possono essere fatti oggetto di riflessione esplicita nella scuola
primaria, presentando però prima il futuro semplice, poi il futuro anteriore, e prima il valore temporale poi
il valore modale dei due tempi.

4.5.4 CHE COSA NE FACCIAMO DEL MODO CONGIUNTIVO?

Graduale scomparsa di questo modo verbale nelle varietà più colloquiali di italiano, il che viene preso a
simbolo del degrado e dell’impoverimento della nostra lingua. Gli autori dei libri di testo della scuola
prevedono la presentazione del congiuntivo già in IV primaria riprendendolo poi in V. tutti i manuali
presentano il congiuntivo come il modo che esprime la possibilità, il dubbio, la speranza, a differenza
dell’indicativo, che esprime il certo e il reale. In questo modo si pensa di semplificare una materia
complessa, rendendola disponibile ai bambini. secondo la Lo Duca il congiuntivo non deve essere affrontato
nelle ultime due classi della primaria, ma questo non significa che i bambini non devono essere esposti al
congiuntivo nei testi scritti o nel parlato di classe. L’uso della lingua e la pratica del congiuntivo in tutti i casi
e i contesti che lo prevedono è la conditio sine qua non su cui innescare al momento opportuno la
riflessione esplicita. La competenza linguistica e la maturità cognitiva preparano il terreno e rendono
possibile ai ragazzi vedere i fatti formali e ragionare per davvero su di essi.

4.5.5 ALTRI MODI DEL PARADIGMA

Limitarsi a due usi del condizionale: presente per esprimere una richiesta cortese e passato per esprimere il
futuro nel passato.

L’imperativo è uno dei modi a cui i bambini sono più frequentemente esposti.

4.6 ALTRE CATEGORIE LESSICALI

Secondo le I.N. la riflessone esplicita nella scuola primaria dovrebbe riguardare tutte le categorie. Aggettivi
qualificativi come accompagnatori e modificatori del nome; pronomi personali; preposizioni con la funzione
di mettere in relazione fra di loro altri elementi lessicali; congiunzioni; avverbi nella loro funzione di
modificatori del verbo. Introducendo il termine di avverbio solo in riferimento ai singoli elementi
casualmente emersi nel lavoro di classe e sulla cui forma e funzione si potrà riflettere in maniera leggera.
L’incontro ripetuto con il mondo narrato può far emergere la centralità, nei testi narrativi, di una
particolare sottocategoria di avverbi che assieme ad altri indicatori temporali scandiscono la successione
degli eventi.

5
OLTRE LA FRASE

Da sempre siamo abituati a pensare alla grammatica in termini di frasi: le analisi, gli esempi. Dagli anni 80 si
è imposta una nuova prospettiva→ LIGUISTICA TESTUALE che va oltre la frase e guarda particolari
meccanismi linguistici che interessano sequenze più lunghe e anche interi testi.

5.1 TESTI E TEMPI VERBALI


Ogni testo seleziona una serie di tempi verbali. L’analisi testuale dei tempi verbali consente di ragionare
non solo sulla loro forma ma anche sulla loro funzione. Così si supera la presentazione atomistica del
paradigma verbale, propria dell’approccio morfologico tradizionale, in cui i tempi e i modi vengono
presentati con le relative etichette uno dopo l’altro e nell’ordine previsto da una lunga tradizione mai
messa in discussione.

5.1.1. TEMPI VERBAI NEI TESTI DESCRITTIVI E REGOLATIVI

Nel testo descrittivo: presente indicativo. Un primo esercizio può essere quello di sottolineare tutti i verbi
utilizzati nel brano e imparare e chiamare questo tempo con il suo nome, presente. Un esercizio di scrittura
può essere quello di descrivere qualcuno o qualcosa che poniamo di fronte a tutti e che proveremo tutti
assieme a descrivere.

I testi regolativi regolano una sequenza di azioni, hanno un diverso assetto temporale: i più semplici si
rivolgono direttamente al lettore con l’imperativo. Le cose di complicano invece con il testo narrativo, dove
l’assetto temporale è più complesso. Tuttavia i bambini sono esposti continuamente a favole e fiabe fin
dalla più tenera infanzia. L’uso esclusivo del presente in esse è mediamente sfruttato. È come se il
narratore fosse in realtà un “descrittore di eventi”. Di solito però per raccontare storie si usano tempi al
passato, ciascuno avente una propria funzione. Es passato remoto e imperfetto: non è necessario introdurli
prima, i bambini impareranno a riconoscerli direttamente dai testi. Per far avere ai bambini un quadro
complessivo di questa materia si può esporre loro un cartellone con l’intero paradigma di un verbo e si
potranno cerchiare via via i tempi verbali sui quali si concentrerà la nostra attenzione. Quindi abituare i
bambini a riflettere sui diversi tempi presenti in un testo narrativo pone di fronte molte sfide: ci si potrebbe
chiedere se i bambini sono pronti a questo tipo di riflessione, se abbiano maturato i prerequisiti cognitivi e
linguistici necessari a cogliere la complessa trama temporale di questo come di qualsiasi altro testo
narrativo.

5.1.3 ORDINE CRONOLOGICO E ORDINE LINEARE

Una riflessione da fare con i bambini è relativa all’ordine degli eventi che si succedono in una storia,
cominciando ovviamente dai testi più facili, ovvero testi narrativi tutti al presente, che hanno di solito un
assetto temporale molto trasparente.
ordine lineare: in cui i fatti sono riportati nella scrittura
ordine cronologico: in cui i fatti sono avvenuti o si immaginano avvenuti i diversi eventi.

I bambini tendono ad interpretare gli eventi come accaduti nello stesso ordine in cui sono stati narrati.
Assetti temporali diversi vengono riconosciuti a fatica.

5.2 L’ANAFORA

In campo testuale designa quel fenomeno per cui per interpretare un certo sintagma del testo bisogna
risalire a un qualche elemento che compare nella porzione precedente del testo stesso, e che prende il
nome di antecedente. Il meccanismo anaforico è frequentissimo in tutti i tipi di testi, scritti e orali. Spesso
in un testo ci troviamo di fronte non già a singole riprese, ma a catene anaforiche.

Nelle prove invalsi ci sono diverse domande che riguardano la capacità degli studenti di vedere e
interpretare correttamente il meccanismo anaforico perché la corretta individuazione dell’antecedente di
una qualunque ripresa anaforica è essenziale alla comprensione dell’intero testo. Imparare a rintracciare
l’antecedente permette ai b fornisce loro i mezzi per controllare la continuità o discontinuità referenziale
importante nella costruzione dei testi e al tempo stesso fornisce ai docenti i mezzi per spiegare certi errori
frequenti negli elaborati degli studenti come ad esempio ellissi indebite del soggetto, quando non è
possibile un facile e univoco recupero dell’antecedente.
5.3 PRIMA DIVAGAZIONE: I PRONOMI

Sono una categoria composita che comprende molti sottogruppi diversissimi fra loro per forma e funzione.
Come afferma Adorno i pronomi hanno valore referenziale in quanto hanno la funzione di riferirsi alle
entità del mondo, ma a differenza dei nomi non hanno la capacità di referenza fuori contesto. Per la Lo
Duca bisogna limitare la riflessione esplicita ai pronomi personali, ricordando che forse la prima occasione
di incontro con alcuni membri di questa sottoclasse è offerta dal paradigma verbale, ambito nel quale è
opportuno parlare abbastanza presto della “persona” del verbo che dà conto del grande variare delle forme
del verbo.

5.4 SECONDA DIVAGAZIONE: LE CONGIUNZIONI E E MA

Le I.N. suggeriscono di condurre i al riconoscimento delle congiunzioni più frequenti entro la classe V. La Lo
Duca si sofferma sulla E e sul MA.

1. E: occorre guidare in prima battuta i bambini al riconoscimento e alla evidenziazione di questo


elemento linguistico nelle frasi e nei testi che ci capiti leggere. Esercitandosi i bambini arrivano a
capire che la “e” congiunge sempre due elementi contigui. Si può chiedere ai bambini anche se gli
elementi posti in relazione dalla e possano scambiarsi di posto per poter gettare le basi al capitolo
della coordinazione affrontato nei cicli superiori.
2. MA: riflessione più impegnativa. Svolge una funzione correttiva quando neghi un elemento in
favore di un altro. È possibile la prova del cambio posto. I b non avranno difficoltà per la lo duca a
concludere che a differenza di quanto accade con la e i due elementi messi in relazione dal ma non
sono interscambiabili.

5.5 LA PUNTEGGIATURA

Nelle I.N. la punteggiatura trova spazio nel paragrafo sulla Scrittura, dove si invita i bambini a far produrre
brevi testi che rispettino le convenzioni ortografiche e di interpunzione. Il risultato dell’attuale modello
didattico è la casualità interpuntiva, a causa di una mancata riflessione esplicita su di essi. È importante
inquadrare il tema nella giusta cornice. Gli studenti devono scoprire da soli tutte le possibilità del sistema
interpuntivo, e imparare per prove ed errori ad adoperarle. Invece la scuola se ne è disinteressata salvo poi
intervenire con la correzione di fronte ai casi più eclatanti di violazione delle norme interpuntive. Lo studio
della punteggiatura deve avvenire in tutte e cinque le classi della primaria. La materia deve essere scandita
per punti, sviluppati attorno a una serie di domande che fanno da titoli dei due paragrafi che seguono e che
potrebbero, con gli opportuni accorgimenti ed eventuali semplificazioni di linguaggio, essere rivolte
direttamente ai bambini.

5.5.1 CHE COS’è LA PUNTEGGIATURA? E QUALI SONO I SINGOLI SEGNI DI PUNTEGGIATURA?

Per molti b in fase iniziale i segni di interpunzione soni quasi invisibili, alcuni li confondono con accento e
apostrofo. Occorre:

1. Aiutare i bambini a mettere a fuoco i segni interpuntivi, a distinguerli dai grafemi e da altri segni
grafici.
2. Modo della “seconda lettura”: dopo la prima lettura di una qualsiasi sequenza che individua
grafemi parole e frasi e ricostruisce il senso del testo, si passa a una seconda lettura che individua i
segni interpuntivi presenti, li sottolinea o li evidenzia, impara a chiamarli con il loro nome.

Il primo esercizio è la messa a fuoco di questi segni che non dovrebbero mai passare inosservati.
Inizialmente saranno sufficienti la loro individuazione e denominazione, esercizio propedeutico a qualsiasi
discorso successivo. Poi via via che i bambini si familiarizzano con la lettura ad alta voce, nascerà spontanea
l’esigenza di scandire il ritmo, segnalare cioè il susseguirsi delle frasi e delle pause, e scegliere l’intonazione
con cui pronunciare ogni singola frase o costituente presente nel testo. Esigenza che si ripresenterà nel
momento della scrittura quando i bambini si imbatteranno nel problema di dover scandire i loro testi con
segnali adeguati. Sarà questo il momento giusto per guidare i bambini a una nuova e impegnativa
riflessione.

La punteggiatura assolve contemporaneamente a tre funzioni:

❖ Prosodico-intonazionale
❖ Logico-sintattica
❖ Stilistica

Il principio della gradualità e della progressione dovrà guidare le nostre scelte anche nel campo della
punteggiatura. Di pari passo dovrebbe procedere la presa di coscienza del valore funzionale dei diversi
segni interpuntivi, il tutto diluito nei 5 anni della primaria. Inoltre anche secondo Fornara il curricolo sulla
punteggiatura non va disgiunto da un curricolo sui tipi testuali. Crescendo i ragazzi incontreranno testi più
complessi scanditi da una punteggiatura codificata e più libera ed espressiva. La riflessione sulla
punteggiatura quindi dovrà seguire di pari passo questa evoluzione. Ma solo se la scuola primaria avrà
costruito solide basi allora questo sarà possibile.

6
DENTRO LE PAROLE

La Lo Duca ragiona su come sia possibile incoraggiare e guidare i b a una riflessione sugli aspetti più regolari
e produttivi del lessico o più codificati per mostrare che anche il lessico si presta all’attività riflessiva, la
quale a sua volta può avere ricadute davvero importanti nello sviluppo delle abilità di lettura/comprensione
e di scrittura.

6.1 LESSICO E RIFLESSIONE SUL LESSICO NELLA SCUOLA DI OGGI

Per Colombo la scuola di oggi è ben lontana dal comprende l’importanza del lessico. Infatti i manuali
scolastici danno poco spazio al lessico. Nelle I.N. del 2012 compare un nuovo paragrafo dal titolo
Acquisizione ed espansione del lessico ricettivo e produttivo, in cui il lessico riceve un’attenzione mirata. Ci
si deve concentrare di più sulle parole, puntando all’espansione del lessico ricettivo e produttivo degli
allievi. Contemporaneamente l’esperienza attiva sui testi e la ricchezza delle esperienze di vita dovrebbero
fornire continuamente nuovi spunti e dati disponibili all’interrogazione e all’analisi. Le prove invalsi
dimostrano che i bambini già nella II primaria sono pronti a riflessioni semantiche sul lessico.

6.2 LA FORMAZIONE DELLE PAROLE

❖ PROCEDIMENTI DERIVATIVI→ grazie all’aggiunta di suffissi e prefissi formano:


-nuovi nomi a partire da basi nominali, verbali o aggettivali
-nuovi aggettivi “ “ “ “
-nuovi verbi “ “ “ “
❖ PROCEDIMENTI COMPOSITIVI→riguardano parole intere, no prefissi o suffissi:
-nomi, formati dalla combinazione di nomi, preposizioni, verbi e/o aggettivi
-aggettivi formati da due aggettivi
-verbi, formati da un nome e un verbo

Questi procedimenti sono ricorsivi per cui esistono nel lessico delle vere e proprie catene derivative.
Nell’acquisizione del lessico la scoperta dei procedimenti derivativi avviene in modo spontaneo e senza
alcun aiuto esterno fin dai primissimi anni di vita. Data la numerosità dei procedimenti di formazione delle
parole dell’italiano, il lavoro di ricostruzione di regole è lunghissimo, dura anni, e si deve supporre che le
regole più rare e meno produttive siano individuate e acquisite in età più tarda parallelamente all’ampliarsi
del bagaglio lessicale. La scuola dovrebbe approfittare di questa naturale e inconsapevole propensione a
riflettere sulla struttura delle parole complesse, innestando su questa una riflessione esplicita guidata, che
dia voce e terminologie a questo silenzioso quanto imponente lavoro mentale. Data la varietà dei
procedimenti di formazione delle parole e la numerosità delle parole cui tali procedimenti hanno dato
luogo non sarà difficile imbastire dei piccoli percorsi di scoperta, munendosi di strumenti come ad esempio
dizionari o cd-rom per raccogliere materiale lessicale adatto all’età dei b, sollecitando con le opportune
domande, ascoltando le loro risposte, incoraggiando la formulazione di ipotesi e verificarle. È bene che i
docenti siano consapevoli delle parole che presentano anomalie, ma non c’è bisogno di affrontarle con i
bambini, si può fare più avanti, quando e se l’età dei bambini li renderà disponibili a queste investigazioni.
Per formare una sensibilità morfologica nei bambini della scuola primaria basterà scegliere i procedimenti
di formazione più semplici e le parole formalmente e semanticamente più trasparenti.

6.3 E IL DIZIONARIO?

La sua voce è posta nel 2007 tra gli obiettivi della V primaria. Questo strumento è considerato fonte
inesauribile di info di varia natura relative alla struttura fonologica e sillabica di una parola, le sue proprietà
morfologiche, le proprietà semantiche, pragmatiche. Il dizionario per lo più è stato concepito come lo
strumento per la soluzione di problemi ortografici o di significato, mai come uno strumento per
l’esplorazione del lessico e delle relazioni che lo strutturano. Le domande da poter rivolgere al dizionario
potrebbero essere infinite e saranno calibrate sull’età e sugli interessi della classe. Le esplorazioni del
lessico dovrebbero interessare tutte le classi della primaria con possibili ricadute positive nel lessico attivo e
passivo degli allievi. Le prove dell’invalsi prevedono da qualche anno domande sull’uso del dizionario in
tutti i segmenti scolastici. L’operazione di ritrovamento delle parole nel dizionario è propedeutica a
qualsiasi altra ricerca si voglia fare, non è semplicissima e non va data per immediatamente acquisita alla
prima occasione di utilizzo. È un’operazione che migliora e si velocizza nell’uso. Gli esiti delle invalsi
testimoniano però che i bambini della primaria hanno troppa poca dimistichezza con questo strumento.

Potrebbero piacerti anche