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MASTER ITALS

“SOCIOLINGUISTICA
DELL’ITALIANO CONTEMPORANEO”
di Matteo Santipolo

rielaborazione e integrazioni a cura di Sandra Gracci

MODULO TUTORATO – II QUADRIMESTRE

LABORATORIO ITALS
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL LINGUAGGIO
UNIVERSITA’ “CA’ FOSCARI” - VENEZIA

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MASTER ITALS “Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo” Matteo Santipolo

INDICE

0. Introduzione al modulo ...............................................................................................................2


1. Inquadramento della disciplina..................................................................................................2
1.1 Il ruolo della sociolinguistica ......................................................................................................2
1.2 Dalla linguistica teorica alla sociolinguistica.............................................................................3
1.3 Lingua, società, comunicazione...................................................................................................4
1.4 Comunicazione e competenze ......................................................................................................7
2. La variazione in sociolinguistica.................................................................................................8
2.1 Tipi di variazione .........................................................................................................................8
2.2 Il concetto di continuum ............................................................................................................10
2.3 Il prestigio, la pressione del gruppo di pari e l’ipercorrettismo ...............................................10
2.4 La teoria dell’accomodamento ..................................................................................................11
2.4.1 Le conseguenze dell’accomodamento ....................................................................................12
3. Panoramica sociolinguistica dell’Italia ...................................................................................13
3.1 Il rapporto italiano-dialetto.......................................................................................................13
3.2 Quale italiano? ..........................................................................................................................14
3.2.1 Alcuni tratti dell’italiano semistandard ..................................................................................15
3.3 Le minoranze linguistiche in Italia ............................................................................................16
3.3.1 Immigrazione e nuove minoranze linguistiche ......................................................................17
4. La socioglottodidattica .............................................................................................................19
4.1 Dalla Language Awareness alla Variation Awareness .............................................................19
4.2 L’UD campione..........................................................................................................................20
4.3 L’UD “Consigli per gli acquisti … del caffè!” ........................................................................24
4.4 L’UD “Parole sospese: voce ai giovani”..................................................................................31
Bibliografia ....................................................................................................................................40
Sitografia ........................................................................................................................................45

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I parte
0. Introduzione al modulo
Questo modulo è strutturato in due parti. La prima, che si compone dei capitoli 1-
3, si pone l'obiettivo di fornire un inquadramento della disciplina ed una
panoramica dei suoi più importanti concetti e princìpi. Il capitolo 3 è
specificamente dedicato ad una panoramica generale della situazione
sociolinguistica dell'Italia di oggi. Vengono presentati alcuni dati numerici e
alcuni dei tratti che caratterizzano la lingua nazionale.
La seconda parte, costituita dal capitolo 4, mira a fornire qualche spunto per una
applicazione in termini di didassi di quanto esposto nelle due parti precedenti,
anche mediante tre esempi concreti di unità didattica.

Per approfondimenti si rimanda al volume:


SANTIPOLO, M. (2002), Dalla sociolinguistica alla glottodidattica, Torino, UTET
LIBRERIA

1. Inquadramento della disciplina

1.1 Il ruolo della sociolinguistica

Che la lingua, qualsiasi lingua, sia un prodotto della società in cui viene parlata e
che a sua volta essa sia in grado di influenzare la società che la produce pare oggi
un dato di fatto, universalmente riconosciuto ed accettato. Questa affermazione,
apparentemente banale, nasconde in realtà in sé una vasta gamma di implicazioni
che riguardano un numero consistente di discipline quali l'antropologia,
l'etnologia e l'etnografia, la psicologia sociale, la sociologia, ecc. Ma ognuna di
queste discipline considera il fenomeno della lingua come secondario rispetto alle
proprie finalità descrittive, ossia come funzionale alla spiegazione di fenomeni
altri della complessa società umana, quali il rapporto tra le diverse generazioni, le
relazioni fra i sessi, gli usi ed i costumi, le tradizioni, ecc. Persino la letteratura,
per certi aspetti parente stretta della linguistica, considera la lingua in relazione ai
contenuti che essa esprime e, in questa prospettiva soltanto, come strumento di
valutazione del contesto sociale che la genera.
Speculare a questi atteggiamenti verso la relazione tra lingua e società è invece
quello che assume la sociolinguistica: essa, infatti, studia le relazioni e i rapporti
che intercorrono tra la lingua e il contesto situazionale, ossia la società in senso
lato, in cui essa viene parlata, ponendo l'accento sul fenomeno lingua.
Scopo della sociolinguistica è dunque sviluppare modelli, teorie, metodologie,
insomma, rigorosi, ma non fossilizzati strumenti di indagine, che consentano al
ricercatore di descrivere la realtà di cui si sta occupando nella maniera più
verosimile possibile, in modo che tenga conto delle dinamica della lingua e dando
altresì spiegazione dei fenomeni descritti, in una logica di causa-effetto, o quanto
meno formulando ipotesi a tale proposito. Lo studio dei fenomeni linguistici, nel
senso più ampio del termine, potrà così costituire una chiave di accesso e di

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lettura della società e viceversa l'analisi di quest'ultima porterà alla maggiore


comprensione dei fenomeni stessi (Santipolo, 2000c).

1.2 Dalla linguistica teorica alla sociolinguistica

Sviluppatasi in termini scientifici a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso
negli Stati Uniti, soprattutto grazie agli studi di William Labov sulla variazione
nell'inglese di New York, la sociolinguistica (il termine fu impiegato per la prima
volta nel 1952 da H. C. Currie) ha avuto il grosso merito di mettere in evidenza
come la lingua non sia assolutamente un fenomeno astratto (come talvolta
considerato da certa linguistica di matrice generativistica), bensì come invece essa
rappresenti una sorta di cartina di Tornasole, uno specchio della società che la
produce e la impiega.
Lo spostamento da una linguistica teorica ad una che tenga conto del contesto in
cui la lingua viene effettivamente impiegata, può approssimativamente essere
fatto coincidere con il passaggio da una focalizzazione sulla struttura ad una sulla
funzione, dalla forma linguistica in isolamento alla forma linguistica nel contesto
umano (Hymes, 1980: 65). Questo passaggio è stato descritto in modo dettagliato
da Dell Hymes attraverso la tavola che, con qualche modifica, riportiamo qui di
seguito nella tabella 1.

LINGUISTICA TEORICA LINGUISTICA FUNZIONALE

1. Struttura della lingua (codice) in 1. Struttura dell'attività linguistica, in quanto


quanto grammatica modi di parlare

2. L'analisi del codice è prioritaria


2. L'analisi dell'uso è prioritaria rispetto
rispetto all'uso che realmente se ne
all'analisi del codice
fa

3. Equivalenza funzionale: tutte le


3. Differenziazione funzionale delle lingue,
lingue essenzialmente
varietà, stili, ecc.
(potenzialmente) uguali

4. La comunità linguistica come matrice dei


4. Codice e comunità singoli ed
repertori di codici, ovvero degli stili di
omogenei
produzione linguistica

Tabella 1: comparazione delle focalizzazioni nella linguistica "teorica" e in quella


"funzionale" (adattata da Hymes, 1980: 67)

In altre parole, la lingua viene considerata e conseguentemente studiata ed


analizzata per quello che è, ossia un fenomeno sociale, non più, o meglio, non
solo, come pura astrazione concettuale. In termini suassariani, potremmo
affermare che lo spostamento è avvenuto dall'ambito della langue a quello della
parole, pur senza trascurare le implicazioni psicologiche (legate quindi alla prima)
che determinano (e sono comunque a loro volta determinate da) la seconda.

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I due poli, lingua e società, riemergono, dunque, in questa nuova prospettiva,


come più equilibrati e reciprocamente dipendenti, senza che per questo le loro
specifiche peculiarità ne siano compromesse, ma piuttosto subendo una
integrazione biunivoca in un rapporto degerarchizzato.
Nel complesso quindi, possiamo riassumere affermando che, dato che ogni
interazione verbale è un processo sociale in cui gli enunciati vengono selezionati
in accordo a norme e aspettative socialmente riconosciute, i fenomeni linguistici
possono essere analizzati sia all'interno del contesto linguistico (linguistica
teorica), sia all'interno di un più vasto contesto del comportamento sociale
(linguistica funzionale, sociolinguistica).

1.3 Lingua, società, comunicazione

Una comunità linguistica può essere definita come l'insieme degli individui che
condivide la conoscenza di regole per produrre ed interpretare il parlato. Una
comunità linguistica è dunque un aggregato umano caratterizzato da
un'interazione regolare che si attua per mezzo di un insieme condiviso di segni
verbali e distinto da altri aggregati simili grazie a differenze significative nell'uso
del linguaggio (Gumperz in Giglioli, P. P. & Fele, G., 2000: 171).
L'insieme condiviso dei segni verbali viene detto repertorio verbale (o
linguistico) e rappresenta la totalità delle varietà linguistiche disponibili alla
comunità, includendo quindi anche differenti stili, dialetti, o addirittura lingue, nel
caso di comunità plurilingui.
Qualsiasi attività sociale ha sempre luogo all'interno di un preciso contesto
situazionale. Quando questo si caratterizza per la presenza di attività verbali può
essere definito situazione linguistica. Possono essere considerate situazioni
linguistiche: cerimonie, litigi, cacce, corteggiamento, un esame all'università, ecc.,
ma solo a patto che al loro interno abbiano luogo eventi verbali.
Restringendo ulteriormente il campo, arriviamo all'evento linguistico che si
caratterizza come un'attività governata esclusivamente da regole o norme relative
all'uso della lingua. Un evento linguistico potrà essere costituito da uno o più atti
linguistici, che rappresenteranno quindi le unità intermedie tra l'evento linguistico
e i singoli enunciati. A scopo esemplificativo riportiamo il caso citato da Hymes
(1980: 42): un ricevimento (situazione linguistica), una conversazione che ha
luogo durante il ricevimento (evento linguistico), una battuta nel corso della
conversazione (atto linguistico).
Ritorniamo al contesto situazionale dal quale eravamo partiti. A prescindere dalla
comunicazione strettamente verbale, molti altri possono essere gli elementi para-
ed extralinguistici che determinano lo svilupparsi di un evento comunicativo.
Esattamente come l'evento linguistico anche quello comunicativo ha luogo
nell'ambito di un setting o situazione. L'evento linguistico si caratterizza come un
sottoiniseme dell'evento comunicativo, in quanto quest'ultimo, oltre al testo
(componente linguistica) contiene elementi appunto para- ed extralinguistici (ad
esempio la velocità di eloquio e il tono della voce tra i primi; la prossemica e la
cinesica tra i secondi) che contribuiscono a far sì che al termine dell'evento
comunicativo la situazione di arrivo sia diversa da quella di partenza.

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I poli che partecipano alla realizzazione di un evento comunicativo, così come


individuati da Roman Jakobson (19893) attraverso il suo noto schema della
comunicazione, sono rappresentati come nella figura 1.

Figura 1: schema della comunicazione di Roman Jakobson

In tale modello, i cardini dell'evento comunicativo sono il mittente, il


destinatario ed il messaggio che il primo intende far pervenire al secondo. Per
poter essere pienamente operante, poi, il messaggio necessita di un contesto
condiviso dai partecipanti all'evento e di un codice attraverso il quale il messaggio
viene convogliato e che pure deve essere, quanto meno parzialmente, condiviso.
La comunicazione deve infine avere luogo mediante un contatto, di natura fisica
o psicologica tra mittente e destinatario che, una volta stabilito, deve perdurare per
tutto il tempo dell'evento.
L'uso della lingua all'interno di un contesto sociale implica che essa venga
impiegata per assolvere a degli scopi pragmatici, che possono produrre risultati di
natura psicologica (quali, ad esempio, stati d'animo, ira, gioia, ecc.) o fisica (ad
esempio, far fare qualcosa a qualcuno).
Jakobson interpreta questi scopi come delle funzioni. Queste vengono definite a
seconda del polo su cui si focalizza l'evento comunicativo. In particolare parliamo
di:

- Funzione emotiva: quando il focus è sul mittente. Consente una trasmissione


diretta dell'atteggiamento del soggetto. Si realizza mediante l'impiego di strategie
che interessano, oltre al livello semantico, anche i livelli fonologico (soprattutto
per quanto riguarda i tratti sovrasegmentali, vale a dire l'intonazione), lessicale (in
termini di scelta sull'asse sintagmatico), morfosintattico, ecc.

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- Funzione conativa: quando il focus è sul destinatario. Si espleta attraverso l'uso


del vocativo e dell'imperativo. Nell'ambito della teoria delle comunicazioni di
massa, questa funzione è tipica dei messaggi pubblicitari.
- Funzione referenziale: quando il focus è sul contesto. Mittente e destinatario,
che alternano i loro ruoli a seconda di chi prende la parola, interagiscono
linguisticamente riguardo ad una situazione esterna ad entrambi.
- Funzione fàtica: quando il focus è sul contatto. Ha lo scopo di stabilire,
prolungare o interrompere la comunicazione, verificare se il contatto, il canale
funziona. Spesso si espleta attraverso formule stereotipate (ad esempio, in una
conversazione al telefono portatile con trasmissione disturbata: "Pronto, mi senti?
Pronto, puoi ripetere?" ecc.). A livello di acquisizione di L1 è la prima funzione
che il bambino, ancora prima d'essere in grado di comunicare, impara ad
utilizzare.
- Funzione poetica: quando il focus è sul messaggio.
- Funzione metalinguistica: quando il focus è sul codice. Consiste nel verificare
se mittente e destinatario stanno utilizzando lo stesso codice, anche
disambiguando, se necessario, la polisemia propria del segno linguistico. Questa
funzione è tipica del bambino nelle prime fasi di acquisizione della propria lingua
madre.

Più di recente, M. A. K. Halliday (1978 e 1985), in una prospettiva più pragmatica


che formale, e quindi più vicina al nostro attuale ambito d'indagine, ha individuato
tre macrofunzioni principali assolte dal linguaggio:

- Funzione ideativa: che veicola l'informazione.


- Funzione interpersonale: che esprime e sottolinea le interazioni tra i
partecipanti dell'evento comunicativo.
- Funzione testuale: che rappresenta la struttura del discorso in relazione al
contesto.

Dalla fusione delle funzioni individuate da Jakobson con quelle di Halliday, come
indicato da Balboni (1999: 45), sono state ricavate, a fini glottodidattici, sei
funzioni che si realizzano con un numero ridotto (e pertanto controllabile e
programmabile) di atti comunicativi, che sono:

- Funzione personale: dire il proprio nome, esprimere lo stato fisico…


- Funzione interpersonale: salutare, ringraziare…
- Funzione regolativo-strumentale: chiedere per avere, ordinare…
- Funzione referenziale: chiedere e dare informazioni…
- Funzione poetico-immaginativa: usare la lingua per creare mondi alternativi
("c'era una volta…") e con rima, similitudini, ecc.
- Funzione metalinguistica: chiedere e dare il significato di una parola, spiegare
una regola, ecc.
Nella Tabella 2 sottostante vengono riportate schematicamente le funzioni coi
rispettivi atti comunicativi e i generi correlati.

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FUNZIONI ATTI GENERI

Presentarsi, esprimere il
Confidenza informale e
proprio stato fisico,
1. Personale formale, intervista, lettera,
psichico, i propri gusti,
diario, ecc.
dire l'età, ecc.

Salutare, congedarsi,
offrire, accettare, rifiutare, Interazione viso a viso e
2. Interpersonale attrarre l'attenzione, per telefono, per
aprire/chiudere lettere, corrispondenza, ecc.
ecc.

Istruzioni per l'uso,


Dare e ricevere istruzioni,
3. Regolativo-Strumentale avviso, legge, ricetta,
ordini, ecc.
consiglio, ecc.

Chiedere e dare Descrizione, cronaca,


4. Referenziale informazioni, spiegare, relazione, teorema,
descrivere, ecc. specifica tecnica, ecc.

Capire e produrre 'scarti', Narrazione, poesia,


5. Poetico-Immaginativa descrivere mondi canzone, film, pubblicità,
immaginari, ecc. barzelletta, ecc.

Definire una parola, della


Definizione, perifrasi,
grammatica, della
6. Meta-linguistica spiegazione grammaticale,
comunicazione, di altre
ecc.
scienze, ecc.
Tabella 2: funzioni, atti, generi (da Balboni, 1994: 44)

Ogni interazione che avviene mediante l'uso del linguaggio, sia essa scritta, orale
o di altro genere, costituisce pertanto un atto comunicativo e serve ad assolvere
delle funzioni precise. Come già per l'evento, l'ambiente in cui l'atto
comunicativo si svolge ne costituisce il contesto fisico e socio-culturale.

1.4 Comunicazione e competenze

Imparare a comunicare significa:

a. imparare a interpretare
b. imparare a negoziare
c. imparare a risolvere problemi, sia concettuali che comunicativi

Il possesso di tutte le competenze necessarie a svolgere queste attività costituisce


la competenza comunicativa.

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L’evento comunicativo ha luogo all’interno di una determinata situazione sociale


che Hymes descrive attraverso gli elementi dell’acronimo S.P.E.A.K.I.N.G., vale
a dire:

S(peaking): parlare
P(articipants): partecipanti
E(nds): scopi dei partecipanti
A(ct sequences): le sequenze degli atti all’interno dell’evento, in altre parole la
forma del messaggio
K(eys): le chiavi interpretative
I(nstrumentalities): ad esempio i canali e le forme del discorso
N(orms): norme di interazione e interpretazione
G(enres): generi

Sulla base di questo modello possiamo ora ridefinire la competenza


comunicativa come la capacità di utilizzare tutti i codici, verbali e non, per
raggiungere i propri scopi nell’ambito di un evento comunicativo.
Semplificando molto possiamo affermare che la competenza comunicativa è
dunque costituita dalle seguenti sottocompetenze:

a. competenza linguistica: è la dimensione specificamente linguistica della


competenza comunicativa e comprende le sotto-competenze: fonologica,
morfosintattica, grafemica e lessicale.
b. competenza socio-pragmatica: si identifica con la capacità di perseguire i
propri fini attraverso la comunicazione; alcuni autori ne isolano una componente
detta "competenza relazionale" che si riferisce alla capacità del parlante di
relazionarsi con l'interlocutore ai fini del perseguimento dei propri fini. Si
compone dei seguenti aspetti: pragmatico, sociolinguistico, culturale.
c. competenza extralinguistica: è la dimensione che include i codici non verbali
che si accompagnano a quello verbale sottolineandolo o modificandolo e
comprende la competenza cinesica, cioè la capacità di usare il linguaggio dei
gesti (eseguiti dalle mani e dalle braccia), il linguaggio del viso (smorfie,
ammiccamenti, ecc.) e degli atteggiamenti del corpo, la competenza prossemica,
cioè la capacità di usare appropriatamente la distanza interpersonale, la
competenza oggettuale, cioè la capacità di indossare ed usare appropriatamente
vestiti e oggetti, e la competenza cronemica, che si riferisce all’interpretazione,
alla percezione e al valore attribuiti al tempo.

2. La variazione in sociolinguistica

2.1 Tipi di variazione

Nessuna lingua è mai completamente stabile. La variazione linguistica è tale, che


è possibile arrivare a parlare di idioletto, intendendo con questo termine la varietà

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personale di un codice linguistico propria di un singolo individuo, determinata


dalla somma delle sue caratteristiche linguistiche.
Ma ad un livello di analisi più ampio del singolo individuo la lingua subisce
variazioni che, a seconda delle loro tipologie, possono essere raggruppate come
segue:

- variazione diacronica: si riferisce al mutamento cui è soggetta una lingua


attraverso il tempo (dal greco diá + chrónos). La variazione diacronica può, in
certi casi e a lungo andare, essere tale da determinare la nascita di lingue anche
molto diverse da quella che le produce, come ad esempio è accaduto tra latino e
lingue romanze.
- variazione sincronica: considera la lingua in un preciso momento del suo
sviluppo (dal greco: sýn + chrónos: "assieme temporalmente, simultaneo"), a
prescindere dai mutamenti che in esso possono averla interessata; la sincronia
dunque vede la lingua come un sistema e si focalizza pertanto sul funzionamento
dei fenomeni linguistici considerandoli come tutti contemporanei.
Per ciascuno di questi due tipi di variazione è possibile individuare altre quattro
sottocategorie variazionali:
- variazione diafasica: dipende dal cambiamento del contesto situazionale in cui
la lingua viene impiegata, dai partecipanti all'evento comunicativo e dalla
funzione del messaggio. In altre parole e semplificando molto, con variazione
diafasica ci si riferisce alla variazione di registro, alle varietà funzionali-
contestuali e ai sottocodici. Rientra a pieno titolo nell'ambito della variazione
diafasica ad esempio l'uso del “tu” e del “Lei”.
- variazione diamesica: si riferisce alla variazione della lingua in relazione al
mezzo impiegato per la comunicazione. Una prima distinzione tradizionale sarà
quindi tra scritto e parlato, a cui va aggiunto il "trasmesso". Ulteriori
sottodistinzioni sono ovviamente possibili: si pensi, ad esempio, alla differenza fra
trasmesso "radiofonico" e trasmesso "televisivo" (la lingua della radiocronaca di
una partita di calcio sarà ben diversa da quella del medesimo evento sportivo
trasmesso in televisione).
- variazione diatopica: riguarda il mutamento che la lingua subisce attraverso lo
spazio fisico, geografico. Si tratta probabilmente della categoria variazionale più
tipica, quella su cui si fonda il concetto di dialetto. Le varietà che dipendono dalla
distribuzione nello spazio sono talvolta definite geoletti. Uno dei fenomeni più
noti e studiati riguardo alla variazione diatopica è la cosiddetta geosinonimia,
definibile come l'uso di significanti diversi in differenti aree geografiche per
indicare il medesimo significato. Ad esempio, "babbo" e "papà" sono a tutti gli
effetti geosinonimi col primo diffuso quasi esclusivamente in una certa zona della
Toscana ed il secondo praticamente panitaliano.
- variazione diastratica: è determinata da variabili legate alla stratificazione in
classi e/o in gruppi sociali. La variazione diastratica si riferisce quindi ai
mutamenti che la lingua subisce attraverso le classi sociali, ma anche da uomini a
donne, da giovani ad anziani, ecc. Fattori che possono determinare la variazione
in questo senso, possono essere il livello di istruzione, la professione, il senso si
appartenenza ad un cosiddetto gruppo di pari. Le varietà che dipendono dalla

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stratificazione per gruppi sociali sono talvolta definite socioletti. Rientrano


pertanto in questa categoria forme considerate "alte" o "basse" di lingua in
relazione allo status economico, culturale, professionale dei parlanti, ma anche
sottocodici quali i gerghi giovanili, le microlingue della medicina o della
meccanica, ecc. ossia proprie di gruppi piuttosto che di classi sociali e che
possono quindi anche essere trasversali rispetto alla tradizionale architettura
classista della società.

2.2 Il concetto di continuum

Le variazioni linguistiche non avvengono mai attraverso fratture, bensì mediante


transizioni progressive. Si parla pertanto di un continuum linguistico
rappresentabile come una linea orizzontale sulla quale si dispongono le diverse
varietà di una lingua o diverse lingue, accostando quelle più strutturalmente vicine
tra loro ed allontanandosi progressivamente a mano a mano che condividono
meno caratteristiche (figura 2).

Figura 2: rappresentazione grafica del continuum linguistico

Le lettere maiuscole (A, B, C, D, E, F, G) stanno ad indicare i codici linguistici


principali (lingue o varietà), mentre le lettere minuscole indicano sottocodici
(dialetti o varietà) con l'esponente a segnalare il numero di essi individuabile tra
un codice e un altro. I codici A e B saranno simili tra loro e probabilmente
reciprocamente comprensibili, condividendo un buon numero di caratteristiche
(lessicali, morfosintattiche, fonologiche, ecc.), con i sottocodici a1 e a2 a fare da
"ponte" tra l'uno e l'altro. Il numero dei sottocodici varierà a seconda della
distanza strutturale tra i codici principali. Stesso discorso tra B e C, C e D, E ed F,
e così via. Ma se confrontiamo, ad esempio A con F o G è molto probabile che i
codici siano poco o per nulla reciprocamente comprensibili e condividano una
quantità assai esigua di caratteristiche.
Il concetto di continuum non si riferisce esclusivamente alla variazione diatopica
(associando quindi ad ogni lettera uno specifico geoletto), ma anche agli altri tipi
di variazione.

2.3 Il prestigio, la pressione del gruppo di pari e l’ipercorrettismo

A determinare quale varietà debba essere impiegata in un determinato contesto


situazionale o in un certo evento comunicativo sono diversi fattori, perlopiù di
natura extralinguistica. Uno dei più importanti tra questi fattori è senz'altro il
prestigio di cui può godere una varietà, vale a dire il valore che viene attribuito,

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per ragioni sociali, economiche, politiche, ecc, comunque sempre


extralinguistiche, dalla comunità dei parlanti ad una lingua, varietà o dialetto.
Esistono due tipi di prestigio: 1) prestigio palese; 2) prestigio celato. Mentre il
significato del primo è trasparente, per il secondo è forse necessario dare qualche
chiarimento. La definizione di prestigio celato fu per la prima volta impiegata nel
1972 da William Labov che lo definì come l'insieme delle connotazioni favorevoli
che forme linguistiche (intendendo quindi non solo lingua, varietà o dialetto, ma
anche talune loro manifestazioni) non o substandard, apparentemente di basso
status o incorrette possono avere. Le strutture standard (pronunce, forme
grammaticali, lessico, ecc.) godono, invece, di un prestigio palese in quanto esse
sono pubblicamente riconosciute come "corrette" ed in grado quindi di attribuire a
chi le impiega l'immagine di appartenenza ad un certo status sociale elevato. Ma
anche le forme non e substandard devono necessariamente godere d'un qualche
tipo di prestigio, seppur non evidente e universale, in quanto altrimenti
cesserebbero di venire utilizzate. Il prestigio celato delle forme non o substandard
è quindi legato a contesti più ristretti, locali, riferibili a specifiche reti sociali o
gruppi di pari. Un esempio di questo tipo può essere l'uso a tutt'oggi estremamente
diffuso del dialetto in Veneto.
Il termine rete sociale è mutuato dall'antropologia e si riferisce al complesso
intreccio di relazioni cui ogni individuo, come membro di una comunità, è
sottoposto, in altre parole l'insieme dei legami che contrae in varie direzioni nel
contesto sociale in cui vive.
Si definisce gruppo di pari un gruppo di persone che condividono determinati
principi, valori, caratteristiche (fisiche, intellettuali, economiche, religiose, di
sesso, di età, di interessi, ecc.). Sono proprio le pressioni esercitate dalla rete
sociale e dal gruppo di pari che possono determinare l'emergere del prestigio
celato di una determinata forma linguistica. Se poi il ruolo della rete o del gruppo
nel contesto generale della società cui appartiene è rilevante, può anche accadere
che il prestigio celato si trasformi, con l'andare del tempo, in prestigio palese.
Può accadere che la coscienza del proprio modo di parlare, specie quando questo è
sentito come privo di prestigio, produca fenomeni di ipercorrettismo. Questo
viene definito come un errore generato da scarsa competenza nel codice target
(cioè solitamente quello dotato di una qualche forma di prestigio) o da
interferenze linguistiche e si manifesta con l'ipergeneralizzazione di
comportamenti linguistici, solo parzialmente posseduti, in contesti ove non sono
appropriati. In altre parole, si parla di ipercorrettismo allorché una forma corretta
viene erroneamente sostituita con una scorretta nella convinzione che la prima sia
errata. Il fenomeno dell'ipercorrettismo può riguardare tutti i livelli strutturali
della lingua, dal lessico alla pronuncia, dalla morfosintassi alla semantica, ecc.
Esempi di ipercorrettismo in italiano sono ad esempio: *oglio per olio; *ignezione
per iniezione; *vadi (di fantozziana memoria…) per vada; ecc.

2.4 La teoria dell’accomodamento

Quando due lingue o varietà vengono a contatto tra loro per i motivi più disparati
(nelle zone di confine, quando un individuo o un'intera comunità emigra dove il

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codice linguistico prevalente è diverso da quello materno, quando si apprende una


lingua straniera, ecc.) può accadere che abbia luogo un avvicinamento tra i codici
definito accomodamento. L'accomodamento ha luogo quando una persona
modifica il proprio modo di parlare allo scopo di avvicinarlo a (o allontanarlo da)
quello dell'interlocutore. Nel caso che l'accomodamento sia nella direzione del
modo di parlare dell'interlocutore si parla di convergenza o accomodamento
convergente; nel caso contrario di divergenza, o accomodamento divergente.
Le cause del fenomeno sono complesse e variegate, ma possono essere
raggruppate in due categorie principali: interne alla lingua in senso stretto o
esterne, o, per meglio dire, che riguardano l'evento comunicativo in senso lato. Al
primo tipo di cause appartiene certamente il problema della intelligibilità.
Quando due persone non riescono a comunicare per problemi di incomprensione
linguistica, ma anche quando questa comunicazione risulta disturbata, rallentata o
comunque resa difficile dalla mancanza di un ampio e solido common ground
linguistico, gli interlocutori cercano di sviluppare strategie atte a ridurre questi
fattori di disturbo, soprattutto attraverso processi di semplificazione. E'
comunque importante osservare che, affinché ciò avvenga, è condizione
assolutamente necessaria che vi sia la volontà di comunicare da parte dei
partecipanti all'evento. In mancanza di tale volontà nessun meccanismo di
accomodamento convergente può avere luogo, mentre può accadere, al contrario,
che l'accomodamento sia di tipo divergente. Ciò può ad esempio succedere
quando due specialisti (ad esempio due medici o due avvocati) facciano ricorso
alla microlingua scientifica del loro campo allo scopo, esplicito, seppur non
dichiarato, di risultare incomprensibili ai non appartenenti allo stesso gruppo
professionale.
Tra le cause esterne che portano all'accomodamento, possiamo includere ragioni
economiche, politiche, sociali. In particolare, per quanto riguarda queste ultime, il
riferimento è chiaramente al prestigio delle varietà o lingue in gioco.
L'intero processo di accommodation si manifesta concretamente attraverso quello
che viene definito code-switching, ossia commutazione di codice (linguistico).
Ciò significa che gli interlocutori, o almeno uno di essi, modificano in qualche
misura il loro modus loquendi.

2.4.1 Le conseguenze dell’accomodamento

Una delle conseguenze dell'accommodamento convergente è lo sviluppo di nuovi


sottocodici linguistici, in particolare: il motherese, il pidgin (creolo), e
l'interlingua.
Con la denominazione motherese (detto anche baby talk, linguaggio infantile) ci
si riferisce alla varietà di lingua generalmente impiegata dagli adulti quando si
rivolgono ai bambini. Essa si caratterizza per una serie di semplificazioni che
coinvolgono tutti i livelli strutturali: fonologico (sequenze fonologiche semplici),
morfosintattico (ampio uso di diminutivi, frasi brevi, prevalenza della paratassi),
lessicale (lessemi tipici, di fatto o per convenzione, del linguaggio infantile).

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Con il termine pidgin1 ci si riferisce ad una lingua di contatto che si sviluppa


quando parlanti lingue diverse, tra loro non socialmente paritarie, tentano di
comunicare regolarmente, anche se in ristretti (per numero ed estensione) settori
della vita quotidiana. La lingua che ne deriva presenterà una struttura
morfosintattica, fonetica, lessicale, ecc. ridotta e semplificata e formata da
elementi provenienti dalle lingue naturali che l'hanno prodotta, seppure sbilanciata
nella direzione della lingua gerarchicamente (ossia, politicamente,
economicamente, socialmente, ecc.) più forte. Un caso tipico sono i pidgin
sviluppatisi all'epoca d'oro delle colonie (XIX secolo): pidgin a base inglese,
francese, spagnola, portoghese. Quando un pidgin diventa lingua madre di un
gruppo di parlanti e viene da questi impiegato in tutte o in molte delle interazioni
comunicative quotidiane assume, per convenzione, il nome di creolo. Un creolo
presenta generalmente una struttura linguistica più complessa (ricomplessizzata)
di un pidgin ed atta a convogliare messaggi semanticamente e funzionalmente
assai più ricchi.
L'interlingua "è un continuum di sistemi linguistici provvisori, personali, parziali
che si creano nella mente di chi apprende una lingua. Si tratta di competenze
caratterizzate dall'interferenza della lingua materna, che tuttavia si riduce
progressivamente" (Balboni, 1999: 55). In pratica, consiste in un tipo di
accommodamento che ha come fine ultimo il cosiddetto comunicomunque, ossia
la creazione di una competenza linguistica che per quanto appunto provvisoria
consenta ad ogni modo di perseguire obiettivi pragmatici minimi.

3. Panoramica sociolinguistica dell’Italia

In questo capitolo tenteremo di tracciare una breve panoramica della realtà


sociolinguistica dell'Italia di oggi anche fornendo alcune indicazioni riguardo alla
direzione verso la quale si sta muovendo l'italiano.

3.1 Il rapporto italiano-dialetto

Una panoramica della situazione sociolinguistica dell'Italia di oggi, per quanto


breve, non poteva che aprirsi con una presentazione dell'affascinante quanto
intricato rapporto tra italiano e dialetto. Non scenderemo nello specifico dei
numerosissimi dialetti presenti nel territorio, ma ci limiteremo a presentare alcuni
dati statistici commentandoli ove necessario.
Un recente sondaggio Doxa mostra come sia cambiato il rapporto tra italiano e
dialetto dal 1861 ad oggi (De Mauro, in De Mauro, T. e Vedovelli, M., 1999: 9)
con un forte incremento del primo. Se un tempo, dunque, il repertorio linguistico
degli italiani, si caratterizzava quasi esclusivamente per un monolinguismo

1 Diverse sono le ipotesi riguardo all'etimologia di pidgin. Di seguito riportiamo, in ordine decrescente di
probabilità, le più comunemente accettate: 1) dalla corruzione fonetica cinese della voce inglese business; 2)
dalla corruzione fonetica del portoghese ocupação; 3) dalla parola ebraica pidjom "baratto"; 4) dal portoghese
pequeno "piccolo, bambino"; 5) dall'inglese pigeon "piccione", nel senso di piccione viaggiatore, impiegato
per trasportare brevi messaggi.

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dialettale, oggi la situazione appare assai più complessa, con una sempre più
notevole diffusione dell'italiano, ma una vitalità ancora considerevole del dialetto.
Va comunque sottolineato che l'uso dell'uno o dell'altro codice linguistico è
strettamente condizionato dal contesto e dai partecipanti all'evento comunicativo,
e a dimostrarlo sono i dati della tabella 3.

Con Con Con Con


bambini persone coetanei persone
piccoli giovani più
anziane
Sempre o più spesso in
12, 0 18, 8 30, 7 36, 3
dialetto
Sia in dialetto che in italiano 8, 4 19, 5 24, 4 20, 5
Sempre o più spesso in
79, 6 61, 7 44, 9 43, 2
italiano
Tabella 3: Parlare dialetto fuori casa (%) (Villarini in De Mauro e Vedovelli 1999: 148)

Il fatto che si parli sempre o più spesso in italiano con i bambini piccoli avrà
sicuramente delle ripercussioni a livello di repertorio linguistico delle generazioni
più giovani. E' presumibile che il numero dei dialettofoni nei prossimi anni vada
ulteriormente riducendosi e che anche il bilinguismo italiano-dialetto, ancora
molto diffuso (per lo meno a livello di competenza passiva), sia sostituito da una
qualche forma di italofonia.

3.2 Quale italiano?

Il problema, a questo punto, è stabilire quale tipo di italiano venga di fatto parlato.
E' noto che esiste una forma standard della lingua nazionale, intendendo per
standard "(…) una varietà che gode di una posizione di prestigio tale da
sovrapporsi alle altre varietà che convergono verso questa” (Coveri et alii 1998:
235). Possiamo quindi affermare che l'italiano, sviluppatosi in passato soprattutto
sulla norma scritta, costituisce tutt'oggi una sorta di modello di standard che però
quasi nessuno possiede in senso assoluto se non per averlo appreso tramite studi
formali, quanto meno di dizione e pronuncia, nel caso ci si trovi ad un estremo
"alto" del continuum linguistico, addirittura di grammatica e lessico nel caso
dell'estremo "basso" (come nel caso di parlanti dialettofoni).
La seconda varietà presente in questo continuum è l’italiano semistandard. Si
tratta di una varietà i cui confini sono difficilmente delimitabili ma che pare
comprendere aspetti dello standard assieme ad altri propri delle diverse varietà,
soprattutto diafasiche. La variazione diatopica è evidente a livello fonetico con
effetti di sostrato che riguardano soprattutto la realizzazione delle vocali (ad
esempio la perdita dell’opposizione tra pèsca (frutto) e pésca (attività sportiva), in
alcune varietà settentrionali), relitti linguistici dei diversi dialetti italoromanzi
locali. Non si tratta quindi d’una varietà compatta ed unitaria, seppure presenti
tratti comuni a tutto il territorio nazionale, e tanto meno, di un vero e proprio

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dialetto. Questa varietà corrisponde all’italiano neostandard di Berruto (1987a:


62) e all’italiano dell’uso medio di Sabatini (1985 e 1990). Tuttavia, mentre la
denominazione di Berruto sembra evidenziare il significato di novità della varietà,
sottintendendo che potrebbe anche soppiantare in toto la forma standard; e la
denominazione di Sabatini sottolinea il valore sociale della varietà, senza,
peraltro, indicare il suo rapporto con la forma standard; riteniamo che la
denominazione di semistandard, oltre ad essere sufficientemente neutra in
relazione alle possibilità di sviluppi passati e futuri, spieghi in maniera più chiara
il rapporto che esiste tra questa varietà e quella standard, cioè di solo parziale
condivisione delle strutture.
Proseguendo in questa panoramica del repertorio linguistico degli italiani ci si
imbatte nel cosiddetto italiano regionale, col quale ci si riferisce alla vasta "(…)
gamma di fenomeni compresa fra l'italiano della tradizione letteraria e il dialetto"
(Berruto, 1987a: 13-27). Ciò significa, in concreto, che sull'italiano standard
vengono innestati qua e là tratti di chiara provenienza dialettale che varieranno,
appunto da regione a regione. Senza andare oltre nel merito della questione si può
facilmente notare come, dal quadro appena delineato, emerga che il fattore di
variazione diatopica nel caso dell'italiano sia il più importante elemento di
differenziazione linguistica, sia a livello di dialetto che di varietà regionale. Ma
ciò non significa che la variazione diastratica sia completamente assente. Se
immaginiamo di disporre in un continuum diastratico le varietà di italiano
illustrate fino a questo punto, con qualche ovvia semplificazione, possiamo porre
all'estremo più alto l'italiano standard con, a seguire, l'italiano neostandard e
l'italiano regionale. All'estremo più basso troviamo invece l'italiano popolare
proprio degli strati sociali bassi, incolti e semicolti, ossia con basso livello di
scolarizzazione, e caratterizzato da numerosi tratti di derivazione dialettale (assai
più numerosi che nell'italiano regionale) e da fenomeni di ipercorrettismo (cfr.
2.3), entrambi diffusi a tutti i livelli strutturali.

3.2.1 Alcuni tratti dell’italiano semistandard

A titolo esemplificativo presentiamo di seguito alcune delle caratteristiche della


varietà semistandard.
• Frasi topicalizzate e segmentate:
— dislocazioni a sinistra (Quel libro non l’ho letto)
— dislocazioni a destra (Non l’ho letto quel libro)
— “Nominativus pendens” (Gianni, non gli ho detto nulla)
— c’è presentativo (C’è un signore che bussa alla porta)
• Tempo, modo, aspetto del verbo:
— imperfetto di cortesia (Volevo un litro di latte, per favore)
— imperfetto creatore di mondi possibili (imperfetto “ludico”: io facevo il ladro e
tu il poliziotto; nelle ipotetiche dell’irrealtà: se ti sbrigavi, non perdevi il treno)
— imperfetto per indicare il futuro nel passato (Mi ha detto che veniva)
— indicativo per congiuntivo in proposizioni dipendenti da verbi di opinione o da
verbi di sapere e dire al negativo (Penso che oggi non piove)
• Pronomi:

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— uso di lui, lei, loro come soggetti


— uso di gli (pronome dativo) per tutti i generi e numeri
— preferenza di cosa nelle interrogative invece di che cosa e di che
• Congiunzioni:
— che temporale invece di in cui (Dal giorno che ti ho vista non ti più
dimenticata)
— che con valore consecutivo, finale o causale (Aspetta che te lo spiego; non
uscire che ti bagni; tu vai avanti, che conosci la strada)

3.3 Le minoranze linguistiche in Italia

Si definisce lingua minoritaria un codice linguistico impiegato da una comunità


linguistica che possiede tale codice come lingua materna all'interno di uno stato o
di una regione ove la maggioranza della popolazione ha un'altra lingua madre. Da
questa definizione si comprende chiaramente come il concetto di "minoritario" sia
di fatto solo relativo. I parlanti tedesco in Alto Adige rappresentano una
minoranza rispetto agli italofoni, su un piano nazionale. Ma se prendiamo in
esame solo la regione, le posizioni sono invertite, in quanto qui sono i tedescofoni
ad essere numericamente più consistenti.
Di fatto lingue diverse da quella ufficiale possono essere fattivamente promosse,
passivamente tollerate, deliberatamente ignorate, vivamente scoraggiate o
addirittura bandite (Crystal, 1987: 366). A determinare quale di questi
atteggiamenti prevalga sono, come al solito, ragioni extralinguistiche, legate al
ruolo e alle aspirazioni politiche della comunità linguistica minoritaria, alla
volontà politica di chi governa, a questioni economiche, sociali in senso lato e,
talvolta, addirittura religiose.
Ci limiteremo adesso a presentare un elenco schematico delle principali
minoranze linguistiche presenti in Italia indicando altresì la macroarea principale
ove sono diffuse2.

• Minoranze linguistiche neolatine:


- Francoprovenzale: provincia di Torino, Valle d'Aosta, provincia di Foggia
- Occitano: valli piemontesi a sud di Susa, provincia di Cosenza
- Francese: Valle d'Aosta, Alta Valle di Susa, valli valdesi
- Ladino: valli dolomitiche delle province di Bolzano, Trento e Belluno,
provincia di Udine
- Friulano: Friuli
- Ligure: Sardegna e Liguria
- Catalano: Alghero
- Sardo: Sardegna

• Minoranze linguistiche germaniche:


- Tedesco: Alto Adige

2 Per approfondimenti si vedano Beccaria (cur.), 1994: 482-483 e Francescato in Sobrero, 19973:
311-340, dai quali le notizie qui riportate sono state tratte.

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- Mòcheno: Val Fersina (Trentino)


- Walser: province di Vercelli e Novara, Valle d'Aosta
- Carinziano: Sappada (Belluno)
- Cimbrico: Altopiano di Asiago (Vicenza), provincia di Verona

• Minoranze linguistiche slave:


- Sloveno: fascia di confine di Stato delle province di Udine, Gorizia e Trieste
- Croato: provincia di Campobasso

• Altre minoranze:
- Albanese: vari paesi del centro-sud, in particolare, Calabria
- Grico (sic!): Calabria e Puglia

Tutte le minoranze linguistiche qui elencate rimandano ad insediamenti di vecchia


data, talvolta addirittura anteriori allo stanziamento delle popolazioni italiche.

3.3.1 Immigrazione e nuove minoranze linguistiche

Storicamente l'Italia è sempre stato un paese di emigranti. Tuttavia, il forte


sviluppo economico degli ultimi anni ha portato ad una totale inversione della
tendenza fino a trasformare il paese in una meta prediletta dell'immigrazione.
Esaminando il rapporto dell'Istat relativo alla composizione etnica della presenza
straniera, in base al dato sui permessi di soggiorno al 1° gennaio 1997, si può
verificare che emergono alcune aree geografiche dalle quali hanno origine flussi
migratori che privilegiano il nostro come paese di destinazione. Ci si riferisce, in
particolare, all’Europa centro-orientale che, nel corso della prima metà degli anni
‘90, ha superato l’Africa settentrionale, tradizionale area di provenienza degli
immigrati nel nostro paese. Il Marocco resta comunque il primo paese di
provenienza mentre al secondo e terzo posto figurano due paesi dell’Europa
dell’Est, rispettivamente la ex Jugoslavia e l’Albania. L’Asia orientale, con le
Filippine e la Cina, e l’America centro-meridionale, con il Perù e il Brasile, sono
altre due aree che caratterizzano la presenza straniera nel nostro paese. Se si
prendono in considerazione i più importanti paesi di cittadinanza, e si escludono i
cittadini dei paesi economicamente più sviluppati, si può verificare che quasi tutte
le maggiori comunità di immigrati appartengono alle quattro aree prima
menzionate. Fanno eccezione solo il Senegal e lo Sri Lanka, i quali fanno parte di
due aree "minori" di provenienza dei flussi migratori e cioè l’Africa occidentale e
l’Asia meridionale. L'Italia si conferma dunque come meta privilegiata di flussi
migratori dall’insieme dei paesi "a forte pressione migratoria" che, nella
terminologia adottata dall’Istat comprende i paesi dell’Europa centro-orientale,
dell’Africa, dell’Asia (ad eccezione di Israele e Giappone) e dell’America centro-
meridionale.
Sembra dunque che anche nel nostro paese vada gradualmente affermandosi il
modello migratorio dei paesi europei di più antica immigrazione, nei quali si
assiste ad una forte concentrazione degli stranieri in base al loro paese di
provenienza: basti citare il caso limite della Germania, dove la comunità turca, la

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più consistente d’Europa, quella della ex Jugoslavia e quella italiana,


rappresentano più della metà degli immigrati.
I dati ai quali facciamo qui riferimento non sono aggiornatissimi, ma è molto
probabile che la percentuale di stranieri residenti in Italia negli ultimi quattro anni
sia ulteriormente aumentata. Al dato, vanno, in ogni caso, aggiunti tutti gli
immigrati clandestini, stimati, approssimativamente, intorno al milione.
Senza addentrarci nell'analisi strettamente sociologica degli effetti che questo
notevole mutamento della struttura della società comporta, ci limitiamo ad
evidenziare come, a livello sociolinguistico, il fenomeno dell'immigrazione abbia
come primo risultato lo sviluppo di minoranze linguistiche talvolta anche assai
consistenti numericamente e molto coese e, conseguentemente, poco propense ad
apprendere l'italiano. E' il caso, ad esempio, della comunità cinese: a livello di
aneddoto, basta osservare quanto pochi siano in un ristorante cinese i cinesi in
grado di parlare italiano.
Ogni comunità andrà comunque studiata singolarmente e non andrà neppure
trascurato il dato relativo alla percentuale di stranieri residente nelle singole
regioni.

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II parte
4. La socioglottodidattica
Altrove (Santipolo, 2000b) abbiamo già presentato le ragioni, la natura e le
finalità della creazione di una nuova sottodisciplina che abbiamo proposto di
denominare socio-glottodidattica e abbiamo definito come "(…) quella particolare
branca della didattica che si occupa dell'insegnamento delle lingue in una
prospettiva che tenga conto in maniera non secondaria della competenza
sociolinguistica propria di ciascuna di esse. Sarà pertanto più di un semplice
approccio sociolinguistico alla glottodidattica, ma ne costituirà invece una sua
struttura portante (…)" (p. 83).
In questa sede ci limiteremo ad illustrare in modo schematico alcuni concetti
fondamentali della socioglottodidattica e a sviluppare una unità didattica (UD)
campione.

4.1 Dalla Language Awareness alla Variation Awareness

In glottodidattica con l'espressione Language Awareness, ci si riferisce alla presa


di coscienza dell'esistenza di lingue diverse dalla propria e la capacità di saper
riflettere sul fenomeno linguistico.
Possiamo considerare la Variation Awareness come il passo successivo di questo
processo e definirla pertanto come la presa di coscienza dell'esistenza delle
diverse varietà (diatopiche, diastratiche, diafasiche e diamesiche) in una data
lingua (Santipolo, 1998).
Obiettivo primario di una UD di socioglottodidattica sarà quindi quello di far
emergere nei discenti la Variation Awareness. Se per quanto riguarda la
variazione diafasica e diamesica sarà possibile perseguire la Variation Awareness
già a livelli bassi di conoscenza della lingua; per quanto riguarda la variazione
diatopica e diastratica, pare opportuno rivolgersi a discenti che già siano in
possesso di una buona competenza generale nella lingua target. Inoltre, mentre coi
primi due tipi di variazione si mirerà all'acquisizione di una competenza completa
(produttiva e ricettiva); coi secondi la competenza auspicabile sarà
prevalentemente ricettiva e, casomai, discernitiva (vale a dire, essere in grado di
comprendere ed eventualmente identificare le varietà diatopiche e diastratiche).
Un'ulteriore aspetto da tenere presente è se i destinatari stiano studiando la lingua
come straniera (LS, ad esempio un inglese che studi l'italiano in Inghilterra),
seconda (L2, ad esempio un italiano che studi l'inglese in Inghilterra) o come
lingua etnica (LE, ad esempio i figli di emigrati italiani in Sud America che
studino l'italiano per riscoprire le loro origini).

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4.2 L’UD campione3

DESTINATARI: studenti adulti di italiano come L2 di livello medio-alto

OBIETTIVI:
- LINGUISTICO: percezione passiva delle varietà regionali e dialettali della L2
- CULTURALE: percezione e presa di coscienza della disomogeneità / non
monoliticità della realtà italiana

DURATA: variabile da 5 a 7 ore

MATERIALI: materiale autentico audio e cartaceo (eventualmente video), la


canzone Ninna nanna nanna ninna di Claudio Baglioni il cui testo è qui di
seguito riportato.

Ninna nanna nanna ninna


Er pupetto vo' la zinna
Fa' la ninna dormi pija sonno
Che si dormi nun vedrai
Tant'infamie e tanti guai
Che succedono ner monno
Tra le bombe e li fucili
De li popoli che so' civili
Ninna nanna tu nun senti
Li sospiri e li lamenti
De la pora ggente che se
scanna
Che se scanna e che
s'ammazza
A vantaggio de la razza
De la ggente che se scanna
Per un matto che comanna
E a vantaggio pure d'una fede
Per un Dio che nun se vede
Ma che sserve da riparo
Ar re macellaro
Che sa bbene
Che la guera è un gran giro de
quatrini
Che prepara le risorse
Pe' li ladri delle borse
Ninna nanna ninna nanna
Ninna nanna ninna nanna
Ninna nanna ninna nanna
Ninna nanna ninna nanna
Fa' la ninna fa' la nanna

3 L'UD che presentiamo è basata sulla canzone "Ninna nanna nanna ninna" di Claudio Baglioni ed
è stata sviluppata da un gruppo di studenti nell'ambito della Scuola Estiva ITALS tenutasi presso
la Venice International University di Venezia dal 17 al 28 luglio 2000.

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Fa' la ninna che ddomani


Rivedremo ancora li sovrani
Che se scambieno la stima
Bboni amici come prima
Sso' cugini e fra parenti
Nun se fanno i complimenti
Torneranno proprio tutti uguali
Li rapporti personali
Senza l'ombra d'un rimorso
Sai che ber discorso
Ce faranno tutti insieme
Su la pace e sul lavoro
Pe' quer popolo cojone
Risparmiato dar cannone
Ninna nanna ninna nanna
Ninna nanna ninna nanna
Ninna nanna ninna nanna
Ninna nanna ninna nanna

MOTIVAZIONE
In fase preliminare (alla fine dell’unità didattica precedente): invito a raccogliere
documenti linguistici orali (espressioni, lessico) o scritti (di natura popolare, come
incisioni sui muri, graffiti, ecc.) rappresentativi di varietà linguistiche regionali (o
almeno percepite come tali dagli studenti).
In classe: brainstorming della variazione: confronto incrociato del materiale
reperito; gli studenti espongono i loro documenti, l’insegnante provvede a
raggruppare ed organizzare i documenti, fornendo le informazioni minime
necessarie per la loro contestualizzazione geografica e culturale.
In questa fase preliminare, l’insegnante esplicita anche i contenuti e le finalità
dell’UD.

GLOBALITÀ
L’insegnante mette a disposizione materiale documentario (mappe tratte da atlanti
linguistici, dizionari dialettali, testi in dialetto, storie della lingua, ecc., con
equilibrio fra approccio visuale e scritto). La presenza di oggetti fisicamente
tangibili serve ad introdurre gli studenti alle tematiche dell’UD con un approccio
soft che eviti una discesa dall’alto di materiale imposto.
Parallelamente l’insegnante fornisce alcune informazioni di base sull’autore,
preliminari all’ascolto (chi è, quanti anni ha, quando è stata scritta la canzone,
ecc.).
Distribuzione di fotocopia del testo della canzone e spiegazione succinta del
contenuto, senza entrare nel dettaglio e senza offrire una traduzione parola per
parola.
Ascolto della canzone Ninna nanna nanna ninna.

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ANALISI
Brainstorming lessicale: si chiede agli studenti di identificare le parole di loro
conoscenza e condividere il significato con la classe ai fini di parificare il livello
di comprensione.
Si chiede poi agli studenti di identificare quelle che loro considerano varianti
ortografiche, lessicali e sintattiche dall’italiano standard e successivamente di
elicitare delle regole o tendenze generali del dialetto attraverso la proposizione di
griglie, esercizi a scelta multipla che consentano di comprendere la terminologia
più difficile senza ricorrere ad una traduzione riga per riga.

SINTESI - RIFLESSIONE
In questa fase si attua anche un rilancio della motivazione degli studenti attraverso
la proposizione di nuovo materiale che approfondisca le tematiche individuate
fino a questo punto: brani in dialetto romanesco (Trilussa; possibilmente
l’originale testo da cui è stata tratta la canzone) e di un esperimento di un poeta
dialettale romano (Giuseppe Gioacchino Belli) di traduzione di sonetti scritti
originariamente in milanese da Carlo Porta. In questo modo gli studenti sono
esposti ad un confronto non gerarchico fra due diverse versioni regionali evitando
il testo a fronte con una traduzione imposta in italiano standard.
L’insegnante si fa in questa fase anche veicolo di informazioni contestualizzanti
che, partendo dal materiale portato in classe fin dall’inizio, strutturino
organicamente le informazioni sul tema.
In questa sede è anche da sottolineare il fatto che la lingua dialettale usata in sede
letteraria mantiene un livello di astrazione e di artificialità rispetto all’utilizzo
parlato popolare.

VERIFICA
Tenendo conto che l’UD si basa soprattutto su una competenza passiva e si pone
come obiettivo l’acquisizione di una coscienza sociolinguistica, maggior enfasi
acquisterà il testing diffuso che ricoprirà indicativamente il 40% della valutazione
totale.
Si prevedono comunque altre tre modalità di valutazione:
- transcodificazione in italiano standard di brevi porzioni della canzone di
Baglioni (20%)
- domande teoriche relative al contesto sociolinguistico italiano (massimo cinque
righe) (20%)
- identificazione degli elementi non linguisticamente standard presenti in testi
scritti proposti agli studenti (preferibilmente materiale autentico, nel caso
manipolato) (20%)

RECUPERO - RINFORZO
Si può ampliare lo spettro della documentazione proposta in fase di rinforzo
finale, con la proposizione di spezzoni preventivamente introdotti:
- di film stranieri doppiati in italiano, generalmente con spiccate caratteristiche
della variante regionale romana (“L’italiano è una lingua parlata dai doppiatori”
afferma Ennio Flaiano)

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- di film italiani con contenuto linguistico aderente all’ambiente romano (ad


esempio Accattone e Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, La commare secca di
Bernardo Bertolucci, ecc.).

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4.3 L’UD “Consigli per gli acquisti … del caffè!”4

DESTINATARI: studenti di italiano LS, livello C1. Classe di 12 studenti.

OBIETTIVI:
- LINGUISTICO: percezione passiva delle caratteristiche della lingua pubblicitaria:
grammatica, uso di neologismi, proverbi, dialetto, uso del linguaggio poetico
(rime, metafore, ecc.), e delle sue variazioni nel tempo.
- CULTURALE: avere un primo approccio con la cultura pubblicitaria italiana
attraverso annunci e spot di caffè, ottenendo anche una conoscenza più
approfondita del ruolo del caffè nella cultura italiana.

DURATA: 9 ore

MATERIALE: materiale autentico (immagini, articoli, spot pubblicitari, poesia).

UdA 1: Presentazione UD e Motivazione (60 min.)


Si presenta brevemente l’UD, introducendo l’argomento. Si distribuiscono le
seguenti immagini pubblicitarie sul caffè, appartenenti ad epoche diverse.

Brainstorming guidato:
1) Che cosa sono queste immagini?
2) Cosa vogliono comunicare?
3) Provate ad ordinarle in ordine cronologico: quali sono le più antiche?

4L’unità didattica presentata in questo paragrafo è stata sviluppata da Annalisa Fusco, Barbara
Massoli e Olga Perez nell’ambito del forum di Sociolinguistica del Master ITALS VII ciclo.

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4) In televisione siamo continuamente bombardati dalla pubblicità. Quali altri


canali di distribuzione conoscete? Quale pensate sia il più efficace e
perché? Evidenziatene differenze e somiglianze.
5) La pubblicità commerciale è persuasiva: spinge all’acquisto. Quale delle
immagini trovi più efficace in questo senso?
6) “Pubblicità” viene da “pubblico”. In italiano abbiamo anche “consigli per
gli acquisti”, “messaggio promozionale”, “annuncio pubblicitario”: a cosa
ti fanno pensare queste parole? a cosa serve la pubblicità?

UdA 2 (90 min.)


Distribuzione del seguente manifesto pubblicitario e di schede con i nomi
corrispondenti alle singole parti. L’insegnante chiede agli studenti di lavorare a
coppie, cercando di abbinare i nomi con le parti relative nell’immagine. Segue lo
scambio delle coppie, la discussione, la distribuzione delle definizioni, la lettura e
il commento guidato dall’insegnante (“Conoscevi alcune delle parole?”; “Avevi
mai osservato le singole parti di un annuncio?”; “Non tutti gli annunci contengono
tutte queste parti: quali parti si possono lasciar fuori? Quali sono essenziali?”; In
coppie, scegliete uno degli annunci di prima e cercate di individuarne le parti”).

pagina tratta da Mondoerre, inserto n. 56

PARTI DI UN ANNUNCIO:
1. Headline. Il titolo inserisce un'informazione ("personal") nell'argomento di cui si
sta parlando e, ovviamente, la promessa del successo.

2. Visual. E' la foto di una giovane donna che guarda il lettore, ammiccando; chiaro
invito all'acquisto, caldeggiato dall'headline.

3. Informazione tecnica. Questa pagina, oltre che ad essere pubblicitaria, vuole


comunicare l'informazione che la ditta sarà presente ad una manifestazione. E'
scritta in piccolo e in un angolo per non disturbare la bellezza della pagina.

4. Sottotitolo. Ha la funzione di sintetizzare il testo che segue.

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5. Testo (body copy). E' abbastanza lungo perché, chi ha tempo e interesse, possa
leggere ulteriori informazioni.

6. Pack shot. E' la foto che illustra il prodotto di cui si parla. E' posta in un angolo e in
piccolo perché ormai è uno strumento di lavoro conosciuto e, probabilmente, in
grande e da sola, non avrebbe avuto lo stesso impatto pubblicitario della donna.

7. Marchio. Il marchio dell'azienda molte volte è scritto in caratteri e stili originali,


inconfondibili.

8. Logotipo. E' un simbolo che caratterizza il marchio.

9. Pay off. E' la frase che riassume il significato globale del messaggio. Chiude il testo,
mentre l'headline lo apre.

10. Indirizzo. L'indirizzo della sede italiana dell'azienda.

UdA 3 (90 min.)


Nel mondo della pubblicità esiste un linguaggio particolare, uno slang degli spot.
L’insegnante chiede di leggere e discutere a coppie il seguente articolo.

SLANGSPOT
Le parole inventate dalla pubblicità

La funzione suggestiva della pubblicità non è affidata solo all'immagine, ma anche al linguaggio,
soprattutto a quella parola d'ordine (slogan, headline), destinata a imprimersi nella memoria del
consumatore.
Proprio perché deve colpire, attirare e far scattare piacevoli sensazioni, il linguaggio della pubblicità è
estremamente creativo e innovatore.
Molto spesso si fa ricorso a parole straniere (inglese e francese: quest'ultima soprattutto per
reclamizzare profumi e prodotti di bellezza); si creano moltissimi neologismi, sempre strani e
stravaganti. Ecco alcuni esempi: Invece del cioccolato il cioccolone; invece del profumo il pienaroma; i
bambini sono intelloghiotti; lo straccio è il pulilucido; un disinfettante è il puliziotto di casa; la FIAT è
comodosa, sciccosa, risparmiosa, scattosa.
E ancora: le penne vengono chiamate nailografiche, la biancheria magliafamiglia, le olive olivoli, olivolà, la
frutta lemaranci e lemonfragole, la schiuma da barba panna per radersi, le auto sardomobili, il minestrone
ortofresco... e via di seguito.
Daniela Goggi nello spot sulla Big Babol cantava il jingle "Babolando Chewingando Sugosando
Pallonando Buble gum Gustososo Morbidoso Baboloso Buble gum".
Si ricorre anche a rime e ritmi: "Il metano ti dà una mano", "Fido gatto, gusto e salute in un solo
piatto"…
Si gioca sul doppio senso di alcuni termini…: p.es. "J&B il più svitato dei whisky".
Si usano artifici tipici del linguaggio poetico e letterario: similitudini, metafore, iperbole, metonimie…
P.es. "Leggere come una foglia" per la Margarina Foglia d'oro (la foglia e la margarina vengono
accostate per dimostrare una qualità comune: la leggerezza). "Stereo-digital L'Assoluto" è un esempio
di iperbole.
Spesso viene stravolta la grammatica. Nomi e aggettivi vengono usati con funzione di avverbi: p.es.
"Corre giovane chi corre Agip". Si usa il complemento oggetto retto da verbi intransitivi: p.es.
"Camminare Pirelli". Si usano sostantivi al posto dei verbi: p.es. "Bourbon ti aroma". I sostantivi
vengono trattati come aggettivi: p.es. "L'aperitivissimo".

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Lo scopo è quello di colpire la fantasia del consumatore per distinguere un prodotto da altri simili. Sei
in grado di trovare altri neologismi, o di crearne di nuovi?
www.edscuola.com/archivio/antologia/smonta

In seguito l’insegnante chiede di trovare in Internet alcuni slogan pubblicitari e di


analizzarne a coppie il linguaggio, secondo quanto appena letto, e di scoprirne
nuove caratteristiche. Alcuni esempi:
"So' Caio Gregorio, er guardiano del Pretorio: fa' la guardia nun me piace, ci ho du'
metri de torace"
Pubblicità in romanesco della Chatillon fatta dal cartone animato di un pretoriano

"Le stelle sono tante, milioni di milioni, la stella di Negroni, vuol dire qualità"
Pubblicità del salame Negroni fatta dopo un'avventura western in cui il protagonista è uno
sceriffo con la stella sul petto

"Con la ricetta della nonnina, zucchero, latte, fior di farina, son fabbricati i biscotti
Doria, un nome da imparare a memoria"
Coretto di bambini che pubblicizzano i biscotti

"Petrus l'amarissimo che fa benissimo"


Slogan dell'amaro Petrus

"Chi Vespa mangia la mela"


Slogan del famoso scooter

"Pun... pun... appuntamento yes, appuntamento con Punt e Mes!"


Canzoncina pubblicitaria per un noto aperitivo

"Come mai non siamo in otto?" "Perché manca Lancillotto"


Dice Re Artù seduto alla Tavola Rotonda vedendo che manca Lancillotto (il quale è in
giro a a caccia di avventure). Era la pubblicità dei crackers Doriano e Doripack

"Non è vero che tutto fa brodo, è Lombardi il vero buon brodo!"


Dice la canzoncina pubblicitaria del brodo Lombardi dopo la scenetta fra un vigile
siciliano ("Concilia? Se non concilia qui a schifìo finisce!) e un forestiero. La scenetta si
conclude immancabilmente con il forestiero che dice "...Ma sì, tutto fa brodo!". E da qui
parte il codino pubblicitario.

Il cantante jazz Nicola Arigliano si passa la mano sulla pancia. Non ha digerito. Sale sul
tram, mette una mano in tasca e prende una pastiglia di Digestivo Antonetto:
"E' così comodo che si può prendere anche in tram!"

"Metti un tigre nel motore!"


Pubblicità della benzina Esso

"Voglio la caramella che mi piace tanto e che fa du du du du Dufour"


Canzoncina di pubblicità delle caramelle

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L'attore Franco Volpi è protagonista di una scenetta comica in cui la frase tormentone è in
milanese:
"Düra minga!" (non dura mica). Si tratta della pubblicità di China Martini: "Fino dai
tempi dei Garibaldini, China Martini!"
http://www.scudit.net/mdtvcarosello.htm

UdA 4 (120 min.)


Si divide la classe in tre gruppi, ad ogni gruppo si affida la visione di uno spot
pubblicitario. Si tratta di 3 spot sul caffè:
1. Carosello del caffè Paulista, 1966
(http://www.paramond.it/varie/fp/marketing.htm),
2. Spot della Lavazza, anni ’80
(http://www.paramond.it/varie/fp/marketing.htm),
3. Spot della Lavazza, 2000
(http://www.paramond.it/varie/fp/marketing.htm).
Si allega una piccola traccia per ogni spot da leggere dopo la visione della
pubblicità ed una serie di domande per aiutare il gruppo a riflettere e ad analizzare
il filmato. Poi ogni gruppo presenta il suo lavoro agli altri. Infine, ci sarà una
tavola rotonda in cui si discuterà anche in chiave diacronica sugli spot visionati.
Di seguito le domande da consegnare ad ogni gruppo:
a) Riassumete in breve lo spot
b) Individuate la frase in dialetto. Chiedete all'insegnante se non capite la provenienza
c) Perché e come è usato il dialetto?
d) Avete trovato dei doppi sensi?
e) Individuate lo slogan principale (es. + lo mandi giù+ ti tira su, ecc.). Vi sembra convincente?
f) Ci sono rime?
g) Ci sono parole che secondo voi sono state espresamente modificate o inventate e che non
avrebbero senso al di fuori del contesto dello spot?
h) Trova le metafore tra le immagini ed il prodotto. Es: paulista si ripara dai pistoleri in una botte
come il caffé in lattina è protetto dall'aria.)
i) Nei tre spot c'è una o più presenze femminili. Come è vista la donna nello spot da voi
visionato?

Dopo che i gruppi hanno presentato il loro lavoro, si distribuisce il seguente


compito:
1. “Carosello” è il primo spazio televisivo dedicato alla pubblicità in Italia, nasce nel 1957 e
prende la forma di un teatrino pubblicitario. Nello spot che avete visto, del 1966, il caffé
evoca qualcosa di esotico, Paulista parla con un accento da «straniero», ma per non far
sentire il telespettatore completamente spaesato uno dei pistoleri parla con un accento
siciliano: “Sono io ah! Salutate il morituro!”. Secondo voi, perché si usa il dialetto in pubblicità? E
perché in questo spot si usa il dialetto della Sicilia: per esprimere simpatia, per dare un tono
intimidatorio, per ridicolizzare il pistolero?
2. Nell’ultimo dialogo tra Bonolis e Laurentis (spot del 2000) vi è un doppiosenso:
L : Ma perché mi sento gelare ?

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B : Perché dormimo de fori Laure’ ! E tedesche se so fregate ‘a tenda !


B: Guarda Orione ……co’ che fa rima Orione?
L: Co’ te ffa rima…..!
B: ..’notte!!
Secondo voi qual’è la rima giusta, “dormiglione”, “rimorchione”, o “coglione”?

In plenaria, si riflette sui seguenti punti:


a) Come il linguaggio dello spot cambia col tempo (dalla storia di paulista, allo
spot di Bonolis dove c’è addirittura una parolaccia velata si sente che i tempi sono
diversi)
b) La visione della donna (dalla bella da conquistare, a Gegia che impara a fare il
caffé dall’esperienza di Natalina, a Bonolis e Laurentis che preparano il caffé per
“rimorchiare” le due tedesche)
c) La frase detta da Manfredi “.....il caffé è un piacere, se non è buono che piacere
è?” è lo slogan ufficiale della Lavazza. Ascoltando questa frase ogni italiano sa
che si parla del caffé Lavazza. Nello spot più recente Bonolis e Laurentis vi fanno
allusione con la frase: Il caffé è un piacere.......se me ‘o faccio da solo che piacere
è? Perché questa modifica?

UdA 5: Verifica (60 min.)


1. attività: commenta brevemente il seguente annuncio, analizzandone il
linguaggio:

2. attività: commenta, esprimendo il tuo parere, il seguente brano tratto


dall’articolo “Generazione Spot - Sondaggio. I giovani e la pubblicità: un rapporto
complesso che adesso viaggia anche su Internet” (Francesco Ognibene, Avvenire,
19/02/98)

“Ma i ragazzi incalzano: trovano ridicola l'evocazione della battaglia degli indios messicani
per vendere scarpe che "libererebbero" chi le porta, trovano stupido l'uso del corpo
(femminile o maschile) al di fuori di ogni contesto narrativo e solo per "vendere", sono
durissimi contro la «strumentalizzazione della donna», si scagliano contro l'ambiguità delle
metafore sessuali associate ai prodotti più disparati, se la ridono del bucato che più bianco
non si può; protestano per la violenza troppo esplicita. Sembrano più grandi degli adulti.”
www.edscuola.com/archivio/antologia/smonta

UdA 6: Attività di rinforzo/recupero (60 min.)

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Visione dello spot della Lavazza “Lezione di equitazione”, e commento-analisi


guidato individuale, in base ad una serie di domande preparate dal docente.

UdA 7: Attività di decondizionamento (60 min.)


Lettura della seguente poesia (ironica critica alla pubblicità):
PUBBLICITÀ TRASVERSALE
Guardate queste due macchine,
sulla rossa sono montati degli ammortizzatori normali,
sulla blu, invece,
abbiamo montato degli ammortizzatori SilverHold,
più affidabili, più pronti, più sicuri!
Su terreno sdrucciolevole e sconnesso, l'auto rossa perde
il controllo, ad ogni buca le ruote sobbalzano, perdono
aderenza col terreno e mettono in pericolo
la vostra guida.
Le ruote dell'auto blu, invece,
tengono perfettamente la strada,
seguono tutti gli ostacoli garantendo
la massima sicurezza e il massimo controllo...
comprate un'auto blu.

Corrado Guzzanti, IL LIBRO DE KIPLI

Alla luce di quanto si è letto e detto finora, e partendo dalla poesia precedente e
dalle seguenti frasi, si apre una discussione libera sulla pubblicità.

La pubblicità unisce sempre l'inutile al dilettevole. Ennio Flaiano


La pubblicità è l'arte d'insegnare alla gente a desiderare certe cose. Herbert George Wells

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4.4 L’UD “Parole sospese: voce ai giovani”5

“Le parole sono tutte lì, sospese per aria, senza un prezzo, senza una proprietà,
sono di tutti, sono libere.” (Federico Moccia in Blog feltrinelli 3msc
http://www.feltrinelli.it/BlogItem?item_id=1154)

DESTINATARI: adulti in contesto LS, livello C1.

PREREQUISITI: gli studenti hanno già incontrato qualche espressione del


linguaggio giovanile durante la lettura di brani di narrativa italiana contemporanea
e qualcuno ha avuto occasione di trovare delle abbreviazioni in sms scambiati con
coetanei italiani e su Internet

OBIETTIVI:
- LINGUISTICO: riconoscere alcuni tratti del linguaggio giovanile e dell’e-gergo
italiano (sintassi, lessico, qualche abbreviazione) e saperli ricondurre all’uso
standard, anche utilizzando i dizionari specifici
- CULTURALE: conoscere e descrivere il fenomeno linguistico come espressione
della cultura dei giovani, esprimerne i pro e i contro, esprimere il proprio parere in
proposito

DURATA: 7/8 ore

MATERIALI : materiale autentico cartaceo, audio e tratto da internet

FASE 1

- Conosci la chat?
- Ti piace ciattare? (Chattare, ciattare: comunicare on line)
- Se sì, perché? Se no, perché?
- Mandi spesso degli sms? A chi?
- Quando scrivi sulla chat o sul telefonino, scrivi le parole intere o usi delle
forme abbreviate, nella tua lingua?
- Hai mai scritto dei messaggi in italiano?

1. Guarda questi segni che usano i giovani per esprimere sentimenti e


sensazioni: secondo te cosa vogliono dire? Abbina ogni segno al significato
giusto.

:-) :- ( :-! ;-) :-* :-D :-

tristezza, allegria, sorpresa, sorriso, bacio, indifferenza


5L’unità didattica presentata in questo paragrafo è stata sviluppata da Monica Berto, Laura
Nosengo e Maria Varchetta nell’ambito del forum di Sociolinguistica del Master ITALS VII ciclo.

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2. Secondo te cosa vogliono dire queste frasi abbreviate? Abbinale con la


frase completa giusta.

Mi sento Xsa.
TVB
DV C vediamo?
Dv 6?
X’ non vieni da me? :-(
Mandami un msg
Cpt?
Ki 6?

Ti voglio bene
Dove sei?
Mi sento persa
Perché non vieni da me? Sono triste!
Dove ci vediamo?
Mandami un messaggio
Chi sei?
Capito ?

3. Capisci queste parole abbreviate? Con un compagno, cercate un possibile


significato.

X / KI / KE / Nes1

4. Leggi questo testo, tratto dal libro Hollywood, Palermo di P. di Cara

(...) Un paio di volte Pippo ha provato a ciattare. E gli è venuta la depressione. E’


tutto un rincorrersi di frasi tipo:
CCCiaaooo!!!!
Da dove dgt?
Perké non siattiamo in prvto???
Ki vuole skambiare foto porno? <”””::))
Sooono troooppooo innamorataaa :)
Xké nes1 mi kiama? :(
(...)
da Hollywood, Palermo di Piergiorgio di Cara, Ed. Colorado noir, pag. 153

Ora prova a “tradurre” in italiano le frasi abbreviate.


Hai notato le parole “allungate” (es. CCCiaaooo): secondo te, perché chi
scrive aggiunge delle lettere alle parole? Cosa vuole esprimere?

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FASE 2

L’insegnante fornisce alcune informazioni su Federico Moccia.

5. Leggi il testo:
Intervista allo scrittore: dai messaggi che riceve alle fonti del suo lavoro: "Tutto è
diventato micro, la corrente internettiana ha invaso il linguaggio"

Moccia: "Un gergo per ogni paese così parla l'Italia dei ragazzi"
di MARIA SIMONETTI

Federico Moccia
"Fede, 6 mitico!". "Grazie x aver scritto il libro ke più mi rappresenta". "Il tuo
libro m'ha lasciato sott'acqua!". Straripa di commenti entusiasti il blog di Federico
Moccia, romano di 42 anni, dopo l'uscita di "Ho voglia di te" (Feltrinelli), da un
mese in testa alle classifiche. Al Festival di Sanremo è stato perfino omaggiato dai
suoi amici della band Zero Assoluto: "Proprio ora che / camminiamo tre metri
sopra il cielo...", hanno gorgheggiato. Piace molto ai teenagers, Moccia. Merito
loro se "3 metri sopra il cielo", uscito per una piccola casa editrice nel '92 e subito
esaurito, è stato copiato, fotocopiato e fatto marciare nel tempo: fino a che,
proprio in una copisteria, l'ha scovato il produttore Riccardo Tozzi e ne ha fatto un
film omonimo (2003, regia di Luca Lucini) che ha spinto la Feltrinelli a
ripubblicare il libro. Un successone. Bissato, adesso, da "Ho voglia di te".

Moccia, i giovani si riconoscono nelle situazioni che lei racconta, soprattutto


nel linguaggio. Come raccoglie il suo materiale?
"Attraverso i provini per i casting televisivi. Ho lavorato anni per Paolo Bonolis,
intervistavo 1400 persone l'anno di ogni età e fascia sociale. Quando scrivo
chiudo gli occhi e risento quel parlato, le espressioni più colorite che danno
immagini. Commenti tipo "È forte Luca Laurenti, m'acchiappa un casino",
bestemmie ripulite come "porca trota", espressioni surreali come "mannaggia alla
trota salmonata".
Girando per l'Italia per promuovere i libri, mi sono accorto che ogni piccolo paese
ha il suo gergo: in Puglia marinare la scuola si dice "fare x" (dal gesto di
cancellare un giorno dal calendario, a Sannicandro), "bruciare la scuola" a Maglie,
a Bari "fare pane" ("Domani che fai, fai pane?")".
Da www.repubblica.it 27/3/06

6. Rileggi il primo paragrafo e trova le frasi abbreviate.

7. Rileggi il secondo paragrafo e sottolinea le espressioni “giovanili”.

8. Che cosa significano le espressioni “6 mitico” e “il tuo libro m’ha lasciato
sott’acqua”? Discuti con un compagno.

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9. Trova per ogni espressione il significato corrispondente.

M'acchiappa un casino

a) Costruire una casa piccola †


b) Fare confusione †
c) Mi piace moltissimo †

Fare casino

a) Costruire una casa piccola †


b) Fare confusione †
c) Mi piace moltissimo †

Fare x

a) Non fare niente †


b) Marinare la scuola †
c) Fare un gioco †

Bruciare la scuola

a) Marinare la scuola †
b) Dare alle fiamme una scuola †
c) Odiare la scuola †

Fare pane
a) Fare il pane †
b) Andare in panetteria †
c) Marinare la scuola †

Fare filone
a) Filare †
b) Fare una fila †
c) Marinare la scuola †

Confronta le tue risposte con quelle di un compagno.

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FASE 3

10. Ascolta “la nuova rivoluzione dei giovani”.

Da http://www.nottingham.ac.uk/modern-languages/language-
academic/projects/le-varieta-
dell'italiano/pdf/La%20Nuova%20Rivoluzione%20dei%20giovani.html

11. In gruppo provate a definire che cosa sono:


Troncamenti
Foresterismi
Iperboli.

Poi chiedete chiarimenti all’insegnante.

12. Leggi anche questo testo:


È possibile (...) individuare alcuni meccanismi di formazione delle parole che (...)
valgono in generale per tutti i gerghi giovanili; ecco qualche esempio:
uso di metafore: una cifra (= molto, parecchio), canotto (= una ragazza che si è
rifatta le labbra o il seno);
abbreviazioni e troncamenti: mega (= grande), prof (= professore), raga (=
ragazzi);
Forestierismi: flesciare (= colpire, andare fuori di testa, dall’ingl. flash), gym (=
ginnastica, palestra), fly down (= stai calmo), cucador (= uno che “cucca”, che ha
successo con le ragazze);
tecnicismi: amorfo (= una persona insignificante), fuso (= distrutto, molto
stanco), rimorchiare (= avere successo con, conquistare una ragazza).
Oltre a ciò, i giovani di oggi (e di ieri) fanno uso anche di dialettalismi, cultismi,
sigle e acronimi (soprattutto nella lingua scritta, pensiamo ai messaggi SMS),
iperboli, senza tralasciare ovviamente il turpiloquio (le cosiddette “parolacce”)
soprattutto legato alla sfera sessuale, e l’uso di parole prese in prestito da altri
gerghi, per es. quello dei tossicodipendenti (canna, cannarsi, sballo...).
Da: http://www.learnitaly.com/gergo_giovanile.htm

13. Prova a capire cosa vogliono dire queste parole:


1. Quella mi piace un casino!
a) quella ragazza mi piace moltissimo b) Mi piace quella casetta c) Quella
ragazza non mi piace

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2. Che tonno, Paolo!


a) Paolo è il nome di un pesce b) Paolo è imbranato, non sa fare niente c)
Paolo è intelligente
3. Sono troppo fusa e ho ancora un sacco di cose da fare! Sto sclerando!
a) Stanca b) Riposata c) intelligente
d) Sto impazzendo e) sto sciando f) mi sto riposando

14. Riascolta il brano e rispondi alle domande:

Che cos’è il linguaggio giovanile?


__________________________________________________________________
__________________________________________________________________
__________________________________________________________________
___________________________

Quali sono gli elementi principali del linguaggio giovanile italiano?


__________________________________________________________________
__________________________________________________________________
__________________________________________________________________
____________________________________________________

15. Riassumi brevemente il testo ascoltato, seguendo questo schema :


Un’espressione della loro identità

Per non farsi capire da altri


Motivi per la creazione di un linguaggio
giovanile Per protestare contro la società

Una divisione voluta dall’italiano standard


L’ italiano colloquiale

I mezzi di comunicazione
La provenienza di termini nuovi
Le lingue straniere

Musica e sport

Le parole vengono abbreviate


Cambiamenti fatti a parole italiane
Le parole vengono utilizzate con un significato
nuovo
E’ un linguaggio divertente , creativo,
misterioso usato dai giovani dai 13 ai 25 anni.
Altre caratteristiche particolari (età dei giovani,
durata, evoluzione, ecc.) Le parole usate cambiano velocemente

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Cambiano con la nuova generazione e quando


gli adulti cominciano a utilizzarle.

FASE 4 (Riflessione su alcune caratteristiche o “regole” tipiche della


comunicazione giovanile, scoperte induttivamente, tramite domande, come, ad
esempio, le seguenti)

16. Rispondi:
- Quali caratteristiche tipografiche particolari hai notato nei testi letti?
- Ci sono parole straniere?
- Quali abbreviazioni sono state usate?
- Ci sono sigle?

17. Completa lo schema seguente utilizzando i testi letti nelle fasi precedenti

Testo n.1 Testo n.2 Testo n.3 …

metafore

abbreviazioni

troncamenti

forestierismi

tecnicismi

sigle e acronimi 3msc

parolacce

uso della k ke

uso delle
maiuscole

FASE 5 (Discussione sul linguaggio giovanile e sull’e-gergo, sui pro e sui contro
dell’uso degli stessi, eventuale confronto con la realtà in cui vivono gli studenti e
con la loro esperienza, utilizzando, ad esempio, le domande o gli spunti seguenti)

18. Discuti con i compagni.


- Quali sono le caratteristiche del linguaggio giovanile che abbiamo evidenziato?
- Perchè c’è questa esigenza di elaborare un linguaggio per iniziati, non
comprensibile agli adulti?
- Si tratta di un modo per distinguersi, per isolarsi o è invece un tentativo per
chiedere aiuto, per cercare di comunicare un disagio?
- Esistono delle caratteristiche simili anche nel vostro linguaggio giovanile?

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- Quali possono essere le cause di questo fenomeno?


- Qual è il vostro parere in proposito?
- Siete pro o contro l’uso massiccio delle abbreviazioni?
- Cosa pensate dell’uso delle “faccine” e delle maiuscole?
- Quali conseguenze negative potrebbero esserci per l’italiano standard (perdita
delle regole, destrutturazione della lingua, ...)
- Quali gli aspetti positivi? (spontaneità, sintesi, naturale evoluzione della
lingua,...)

La discussione sui pro e contro potrebbe anche essere organizzata dividendo la


classe in due gruppi, disposti uno di fronte all’altro nella classe, che difenderanno
le proprie posizioni.

VERIFICA

Oltre al testing diffuso, più consono al tipo di attività e agli obiettivi che si
intendono conseguire in questa UD, si proporrà la verifica seguente, articolata in
tre attività in ordine di difficoltà crescente.

1. Collegare delle immagini a delle espressioni con linguaggio dei giovani e e-


gergo
Esempi :
Soono mooolto innamoraaataaa
Quell’ attore m’acchiappa un casino!
Questo computer costa una cifra!
Franco è un vero cucador!
Andrea invece è amorfo...

2. “Traduzione” in italiano standard di un breve testo con abbreviazioni ed


espressioni tipiche del linguaggio giovanile

3. Esprimere in 10 righe il proprio parere sul modo di esprimersi dei giovani

DECONDIZIONAMENTO

Vuoi approfondire? Naviga un po’ in questi siti:

http://www.treccani.it/site/storia_storie/archivio/lingua_giovani.htm
Voce dall’enciclopedia Treccani “La parola ai giovani. Il linguaggio giovanile in
Italia”

http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=null&m2s=so&idCategory
=4807&idContent=869219
Voce dall’enciclopedia Treccani “La parola ai giovani. Il linguaggio giovanile in
Italia”

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http://www.maldura.unipd.it/linguagiovani/

Dizionari:
http://www.manuscritto.it/parolario/parolarioA.html
“Il vocabolario vivo delle parole parlate”

http://www.italysoft.com/curios/dizio-giovani/
Vocabolario della lingua dei giovani italiani

http://www.maldura.unipd.it/linguagiovani/modules/wordbook/
Dizionario della lingua dei giovani

http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=null&m2s=so&idCategory
=4807&idContent=400221
Slangopedia

Eventuale approfondimento
Bibliografie in
http://www.homolaicus.com/linguaggi/giodizio/biblio2.htm
http://www.criad.unibo.it/galarico/giodizio/biblio.htm
http://www.maldura.unipd.it/linguagiovani/

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BIBLIOGRAFIA
La bibliografia comprende anche titoli non esplicitamente citati nel testo, ma che
si è ritenuto opportuno inserire in quanto possono costituire un utile punto di
riferimento per approfondimenti.

Balboni, P. E. (1994) Didattica dell'italiano a stranieri, Roma, Bonacci.

Balboni, P. E. (1999a) Parole comuni culture diverse, Venezia, Marsilio.

Balboni, P. E. (1999b) Dizionario di glottodidattica, Perugia, Guerra, (con 1


floppy disk).

Balboni, P. E. (a cura di.) (1999c) Educazione bilingue, Perugia, Guerra.

Beccaria, G. L. (1994) Dizionario di linguistica, Torino, Einaudi.

Bellinello, P. F. (1998) Minoranze etniche e linguistiche, Cosenza, Editoriale


Bios.

Bernstein, B. (1973) "Classe sociale, linguaggio e socializzazione". In Giglioli e


Fele (a cura di): 233-253.

Berruto, G. (1974) La sociolinguistica, Bologna, Zanichelli.

Berruto, G. (1980) La variabilità sociale della lingua, Torino, Loescher.

Berruto, G. (1987a) Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, Roma, La


Nuova Italia Scientifica.

Berruto, G. (1987b) "Lingua, dialetto, diglossia, dilalìa". In Holtus, G. e Kramer,


J. (Hrsg.), Romania et Slavia adriatica. Festschrift für Zarko Muljacic. Hamburg,
Buske: 57-81.

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http://www.unimc.mercurio.it/attività/Irrma/irrsae6/Chomsky.htm
[in inglese] Il sito fornisce una biografia dettagliata di Noam Chomsky

http://www.rcbest.org/scuole/gonzaga/comunicazione/jakobson.htm
Il sito fornisce una breve biografia di Roman Jakobson con qualche link di
approfondimento che riprende alcuni concetti già esposti nel presente modulo

IL DIALETTO
http://www.giroscopio.com/enciclopedica/dialetto.html
Il sito fornisce una definizione di dialetto anche in chiave storica con cenni alla
storia della dialettologia in Italia e in Europa e link ad altri settori affini.

LINGUAGGIO GIOVANILE
http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=null&m2s=so&idCategory=4807
&idContent=400221
Slangopedia, vocabolario online del linguaggio dei giovani italiani

COMPETENZA CINESICA
http://www.eurocosm.com/Eurocosm/AppEC/Pdcd/Handsignals/HandsigsGB.asp
Sito che riporta una serie di video che mostrano gesti tipici italiani

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