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G Ll U SI D E L LA PA R O L A
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addestrare a capîre e usare frasï
non è una faccenda di 1be1)0 stilel, za
un coziito golilico e scientifîco, ger-
ché siçnifica dare ;i) struzenli ;er ca
gire e dîre le cose, per partecipare ef
ficacezente alla vita sociale, n0n in
silenâio o'da robot, za daacittadini pa
ri di lingua ceze vuole la nostra so-
stituzione.l
'
ICLLIO DE ràk80, in kuestinnî di
ditatlica (8oza:Edilori qiunili,
1975 , p,
. 2?.
Blutti ç)i usi della parola a lultï yi
seibra un buon yotto, da1 be1 suono de-
zocratiéo- k0n perché tutti siano arti
Sti, za perché nessuno sia schiavo'' -
611$$1 i0Dl8I, iraazalica della fan-
tasia (lorino:Eînaudizls73 ,;- 6.
(1) Si ve(
1a, in (
5lSSEL91g75, ;;.1-12$
,i1 testo :1e11e(
)ieciT-
e-
sj per 1Ieducazi-o--
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ne 1icnuistica tezocratica. eiaborate collettivazente. ne1 1S7b, dal C
siSCEL
(I
'Cruppo di Inlervento e diStudi()nel sazio del1ïEducazioneLinçuîsticall,c-q.
stîtaitosi ne11073 a11Iinterno tella SocietL di Lînçuistica italianapSLl)
e redatie da Tu11io ZE 81d80 e da iaffae1e S1'OSE-
t
#
Per ciö che riguarda le formulazioni di metodo e le ipotesi
teoretiche lfinteresse sf allarga dallrambito pedagogico e di
dattico al campo, o meglio ai campi specifici della linguisti
ca. Anche se le procedure d'insegnamento delle lingue sono
in larga misura autonome rispetto alle proposte della lingui-
stica teorica, l'applicabilità didattica puö rivelarsi un ef-
ficace banco df prova per modelli che si propongono di spieg,
re fattf di lingua; inversamentey un modello didattico, o an-
che semplicemente una serie di ipotesi su problemi o su tecni
che d'insegnamento lingufstico non puö prescindere da un qua-
dro teorico generale in cui trovino adeguata Mstemazione K > >
tfffca . i fatti su cui verte l'attività didattica. Ne1 no-
stro caso, affermata su basi intuitive, partendo da osserva -
zioni pratiche, ltopportunità di tener conto della variabili
tà linguistica nelldinsegnamento di una lingua (perché sen-
za un efffciente possesso delle sue varietà non si puö preten
dere di saper servirsene convenientemente), dovremo chieder-
ci fnnanzi tutto in che consista questa variabilftà; isolare
all'fnterno df essa fl settore su cui intendfamo esercitare
la nostra analisi, cioè q'
uello delle variazioni contestualmem
te relate generalmente dette stilistiche; cercar di definire
lo sfondo concettuale su cuf tali variazfoni acquistano la
loro identitâ: in altre parole, spiegare quale sia la prospel
tiva dlindagine def fatti linguistici che chiamiamo stilisti-
ca; verfffcare l'incidenza def risultati df un tale studfo
sulllinsegnamento della lingua e, in particolare, l'applica-
bilità delle procedure delllanalisi stilistica nelle manife-
stazfonf svarfate delllattfvftà dfdattica: gufda alla comprçm
sione-decifrazione di messaggi diversi, incremento della ca-
pacità di comunicare oralmente e per iscritto in situazioni
realf, fnterventf correttorf, ecc.
L'occasione e la destinazione pratica di questo discorso
(lezioni universitarie proposte a futuri docentf della lin-
gua materna e di lingue straniere) lo giustificano proprio
in vfsta di un obiettivo importante fra quelli che la scuo-
la deve avere di mira: la preparazione linguistica degli in-
segnanti, in primo luogo degli insegnanti di madrelingua, ai
quali si assegna la maggiore responsabilità nello sviluppo
della 'competenza comunicativa' di chi frequenta la scuola.
Ma se la capacità df capire e di comunicare implica llor-
ganizzazione delle conoscenze in tutti i campi de1 sapere e
delldesperienza umana, non si vede come si possano esonerare
da1 compito di favorire la crescita di tale capacità i doce/
ti di materie non linguistiche. Finché si riterrà che sia
devoluto esclusfvamente al professore, e allr'ora', di ita -
liano l'incarico di insegnare a parlare e a scrivere (a scri
vere, più che a parlare e a capire, secondo la pratica peda-
gogica tradizionale) non si saraùno fatti molti passi sulla
via della liberazione delllinsegnamento linguistico da ipo-
teche retorfco-bellettristiche e da pregiudizi che fanno toi
to persino alla v ecchfa retorica.
In unfappassionata rassegna delle condizfoni che hanno râ
so possibile il perdurare della consuetudine dannosa e ana -
cronistica de1 'tema' di italiano, proposto e svolto in un
''vuoto intellettuale e motivazionale'', DE MAURO (1975, pp.20
-
21) fa notare:
î'certamente, ci sono buone spiegazioni de1 perchd que-
sto puö accadere: c'Y anzitutto una università che ha il
compito dominante (e questo valey come si sa, non per le
sole facoltà di lettere e magistero, ma per tutte le f,
coltà) di preparare insegnanti, ma a questi insegnan-
ti non ci si cura di dire: l'badate, qualunque cosa lns,
gnerete, passerete attraverso problemi di vostra comuni
cazione con g1i alunni e se 11 vostro sarà un insegna -
mento serio, dovrete affrontare i problemi della cresci
ta della competenza linguistlca dei vostri alunni (et
vostralp'. Unfunfversit; in cui si insegna dï tutto,in
cui cf sono ''materie fondamentalin d'ogni genere: una
sola cosa non si fornisce ai futuri insegnanti: una car
ta geografica degli usi linguistici dell'ltalfa contem-
poranea, e una bussola teorica per capire come funziona
una lfngua, come è fatto fl lfnguaggio, come lo si ac-
quisisce, secondo quali tappe si sviluppa ne1 giovane e
con quali tecniche si puö migliorare e arricchire lo
sviluppo. Mandato senza armi di teoria e storia lingui
stica nella fossa dei leoni, ne1 complicato intreccio di
lfnguaggf e stflf caratteristico della nostra e di ogni
società contemporanea, l'insegnante, nove volte su die-
ci, non puö fare altro che aggrapparsi a modelli di in-
segnamento vecchi, arcaici, dannosi: al tema e alle bel-
le frasil'.
Partendo da similf constatazioni, non si puö non critica-
re duramente una prassi scolastica perdurante pressoché in-
tatta ab immemorabili, che tende a perpetuare le proprie in-
sufficienze, travasandole, come in ciclo, dai primi agli u1-
timi gradi delle scuole che 'fabbricano ' insegnanti, i quali
a loro volta si faranno portatori dei contenuti e imitatori
dei metodi ai qualf essi stessl devono la propria formazio -
ne: le eccezioniy al solito, Nconfermano la regolaf' e sono
tanto più lodevoli in quanto 'eccezionali'.
Quando si afferma che un rinnovamento della pedagogia 1im
guistica deve basarsi su un rinnovamento della cultura lin-
gufstica degli insegnanti (di tutti gli insegnanti), si dice
una cosa troppo evidente perchd se ne debba discutere. Meno
evidente è il reperimento dei mezzi coi quali attuare il rim
novamento. 11 discorso che seguirà, ne1 prossimo capitolo,
non vuole affatto essere settoriale: molto modestamente si
cercherà di delimitare l'ambito di una dfsciplina che sembra
orientata, per vocazione se non per definizioney e in una paI
te cospicua della sua sfera di competenza, a cercare soluzio-
l
ni ai problemi delllinsegnamento linguistico. Questa disci-
plfna Y la linguistica applicata, che da1 suo affermarsi in-
torno agli annf 150 non ha mai cessato, secondo la pittoresca
espressione di un linguista francese, di fare l'effetto di u-
na pochette-surprise, dove non si sa mai con precisione che
cosa si troverà.
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ciale.
In questo caso i problemi delltinsegnamento non potrebbe-
ro essere risolti trasferendo semplicemente dalla didattica
della madrelingua le tecniche collaudate nell'insegnamento di
una lingua straniera: è intuitivo che anche il parlante dia-
lettofono più inesperto della lingua nazionale possiede un
qualche grado di competenza passiva riguardo a questa (tale
conoscenza g1i puö derivarey se non dallbambiente sociale in
cui vive quotidianamente, da contatti occasionali, più o me-
no frequenti, con altri jruppi, dai mass-media, ecc.). La pE
dagogia linguistica, basandosi sullfindividuazione valutati-
va delle Idifferenze l, deve chiedere aiuti soprattutto alla
sociolinguistica e alla dialettologia, rispetto alle quali la
stilistica avrebbe una funzione integrativa, corrispondente .
al ruolo interpretativo che le compete in generale, riguardo
alle modalità d'uso di codici e sottocodici.
Sull'apprendimento di una lingua straniera, il possesso
più o meno sicuro della L1 incide in misura non trascurabi-
1e, benché sopravvalutata e comunque interpretata in modo di
storto dalla pedagogfa linguistica tradizionale. Un bambino,
il quale per cause diverse abbia una padronanza difettosa
insufficiente della madrelingua, sarà svantaggiato, almeno in
partenza, nellfacquisto di una seconda lingua per g1i stessi
motivi per cui anche in seguito sarà in difficoltà in ogni
impegno che trascenda la sfera ristretta delle necessità e11
mentari; non padroneggiando adeguatamente il fmezzo di comu-
nicazione! prevalente nelllambiente scolastico, potrà sentir
si un escluso o comunque un 'diverso '. Come tutti sanno, il
sentimento di inferiorità derivante dalla consapevolezza de1
le proprie insufficienze è radice di sicuro insuccesso, e lo
è tanto più a scuola, perché comporta di solito una scarsa mo
tivazione ad applicarsi in campi, come quelli delle attuali
materie di studio, ove è quasi dato per scontato il posses-
so preliminare di unlabilità quale la verbalizzazione, che
viene ancora intesa da m olti come l'unica ed esclusfva mani-
festazione della ncapacità di esprimersid'. Inoltre, se l'al
tività verbale, come insêgna la psicolinguistica, è esercizio
della faculté de langage comune agli esgeri umaniy un parlam
29
2.2.1. E' noto che possedere una lingua non significa so1
tanto saper riconoscere e produrre enunciati grammaticalmen-
te corretti e provvisti di significatoy ma che vuol dire an-
che (e soprattutto) essere in grado di analizzare.lcioè di
comprendere) e di mettere in atto, ne1 ventaglio delle possi
bilità offerte da un 'codice comunel, i tipi di realizzazio-
ni richiestf dai particolari contesti (ivi compreso, in pri-
mo luogo, fl ruolo degli interlocutori) in cui avvengono i
singoli atti de1 parlare, secondo modalità d'impiego (inglo-
banti condizioni e regole) diversissime, quelle appunto che
definiscono e distinguono le cosiddette varietà della lingua.
ln riferimento a queste ultime si va da un minimo a un massi
mo (teoricamente definibile per tratti generalf, ma non as-
soggettabile a lfmiti, nella pratica) di 'competenza attiva';
la soglia inferiore è quella al di sotto della quale la com-
Prensione recfproca è ancora garantita, e la comunicazione è
32
la lingua .
Quale è il lfvello fn cui opera la stilistica? Una prf-
ma risposta potrebbe essere quella data da LEECH (1969, p.
83) sullo sfondo della tradizione firthiana: la 'rstilistica
generalen opera in quel particolare livello linguistico ('com
testo' o 'contesto dl situazione') che mette in relazione
patterns formali con eventi non linguisticill. Se questo è
vero, la stilistica si trova ad agire in un territorio comx
ne ad altre scfenze del linguaggio, che studiano i fatti di
lingua, o i comportamenti linguistici deglf utenti, correlam
do g1i uni e/o g1i altri af contesti culturali, alle situa-
zioni comunicative, ecc. Tali discipline sono la sociolin -
guistica (e, in certi fndfrizzi, larghe zone della dialettE
logia), la psfcolinguistica, oltre alle varie correntf di
studi che sf possono etichettare come lpragmalinguistiche'.
Alldinterno de1 proprio settore, ne1 campo che offre ma-
teria comune a più discipline, la stilistfca si distingue,
in riferimento agli oggetti dellbanalisi, per il 'punto di
vfsta' e per i compftf che sf prefigge: a) dalla semantfca,
in quanto gli aspetti de1 significato di parole e di enuncim
tf sono stilisticamente pertinenti non in sé, ma nelle loro
probabilità di occorrenza in rapporto al contesto: Y ancora
Leech a farci osservare che, se Y la semantica a isolare e a
definfre, poniamo, l'area sinonimica di lessemi come ''casal',
rlabftazionell, lldimora'' ecc., è la stilistica generale a diI
ci qualcosa di signiffcatfvo sulle loro condfzfoni dï fmpie-
go, sui motivi e sui risultati delle 'scelte'; b) dalla gra/
matica vfsta come indagine sistematica concernente scelte
assolute, esclusive (all-or-none), mentre la stilistica tral
ta le varfe manifestazioni linguistiche come scelte alterna-
tive di elementt equfvalenti, perchd ugualmente accettabili
a un qualche livello grammaticale, e ne studia le probabili-
tà di occorrenza.
E' in questo senso che si usa contrapporre alla grammati-
ca come studio tdeterministico' la stilistica come studio
lprobabilisticol (LEECH, 1969, pp. 83 segg.; ENKVIST, 1973,
pp. è0 segg.).
3. - 8. SIFIkELLI rg8Tlil: Cli usî della parola.
34
g'
nati ad argomenti logici gravitanti intorno a un predfcato,
a costituire le configurazioni astratte sottostanti agli
nunciatile
Quando parliamo di ruoli come responsabili di particolari
variazioni negli usi linguistici ey reciprocamente, di usi di
pendenti dallo status-ruolo degli utenti, ci riferiamo prev,
lentemente alla dimensione sociale. Da1 punto di vista del-
la dïnamfca de1 dfscorso, la considerazione dei ruoli socfa-
li (quando questi influiscono direttamente sulla struttura e
sullfandamento della comunicazione) viene ad essere concomi-
tante, o a sovrapporsi, alla considerazione pragmatica deï
ruoli assunti, nella situazione e negli atti comunicativi,dai
partecipanti diretti e indiretti; in questo caso si puö assi
stere a un continuo 'scambio delle parti', reso esplicito nei
dlaloghi, ove, nell'alternarsi delle battute, il parlante di-
venta ascoltatore e viceversay e al moltiplicarsi o all'in -
trecciarsi di situazioni comunicative svariate, quando intem
vengono pfù interlocutorï. t
Anche per questo aspetto della struttura della comunfca-
zione 'lfnguistica e dei testi scritti e orali, come per a1-
tri aspetti (i1 'tempoî, per esempio, per cui si distingue
fra tempo interno e tempo esterno al testo, fra tempo narrz
tivo e tempo îreale', tempo dell'azione narrativa, scenica,
ecc. e tempo della produzione e della ricezione di essa) si
impone la bipartïzione fondamentale tra dimensione della re-
51
1etta1e, ecc. ;,
Superfluo sottolineare lîutilità, evfdentissima: di tale
tripartizione anche da1 punto di vista didattico.
t
58
lïappropriatezza di un testo.
!1
Per la distinzione tra con-text e co-text si veda PETOFI,
1975, p. 1: HCon l'espressione 'teoria de1 testo' io designo
la teoria che sf assegna il compito di descrivere tutti g1i
aspetti di un testo in quanto oggetto linguistfco. Divido
g1i aspetti da descrivere in due gruppi: g1i aspetti Lg-te-
stuali e g1i aspetti con-testuali (e di conseguenza le com-
ponenti co-testuali e con-testualf di una teoria de1 testo).
Fra g1i aspetti co-testuali si annoverano i problemi della
struttura grammxticale (sintattica: semantica intensionale e
fonologico/grafica) come quelli della struttura formale non
grammaticale ma appartenentf nondimeno allloggetto verbale
(struttura metrica, ritmica e eufonica); fra g1i aspetti con
-testuali si comprendono tutti g1i altri: quelli concernenti
l'interpretazione semantica estensionale, la produzione dei
testiy la ricezione dei testi, ecca'l.
t
61
ma stile.
La risposta di Gray è negativa! lo stile ; come i ve-
i>A
stiti dell'imperatore o l'etere zella fisica antica. In
pratica, chi crede di studiare lo stiley fa della psico-
logia, se intende lo stile come comportamento; o dà per
dimostrati concetti che devono invece essere provati, se
si basa sulle asserzioni della vgcchia retorica; o fa de1
la filologia o anche della critica letteraria, e allora
si occupa non di quel xacuum che sarebbe lo stile, ma di
64
t
65
..
(
.
78
Per una stilfstfca come quella che siamo venuti quf fntrl
vedendo, fondata su una teoria pragmatica della lingua e ca-
pace di dar conto delle intenzfoni comunicative dellîemitten
te prendendo df mfra non solo il prodotto dell'attfvità lin-
guistlca, ma l'atto di parola, la linea di demarcazione ri-
spetto a uno studio grammaticale (inglobante sfntassi e se-
mantica) isola fl seguente territorio:
1) unfanalisi fl cui oggetto sfa non soltanto l'enuncfatoyma
il fatto che questo sfa prodotto da un jenunciazione; '
i .
118
i
5.4.2. G1i interventi correttori degli insegnanti nelle
produzioni orali e scritte degli allievi sono momentf fndi-
spensabili nella promozione e nellIincremento della competem
za dei discenti; a questo punto o non ci sarebbe altro da
aggiungere a ciö che già si è detto, rimanendo quindi nell '
ambito dei principi da applfcare, oppure bisognerebbe addem
trarsi in un campo aperto a molte e importanti precisazionl:
riguardo ai criteri di valutazione dell'accettabilità def
testi, da1 punto di v ista linguistico; riguardo agli atteg-
giamenti da adottare, alla prevalenza delllaspetto promoziz
nale su quello censorio, per esempio, da1 punto di vista psi
cologico; riguardo alle tecniche pfù razionali ed efficaci,
da1 punto df vista pedagogico. Come si vede, è questo un
dominio troppo complesso perché lo possiamo abbordare a quï
sto stadio de1 nostro discorso, benché la stilistica abbia,
o possa avere, un compfto preminente proprio in tale ambito.
Meglio rfmandare a una ricerca successiva il complesso dei
problemf e delle possibili soluzioni che l'argomento ci fa
intravedere: l'onesta rinuncia a trattarne qui non mi impe-
disce tuttavia di ritenere che quanto abbiamo osservato ne1
corso de1 nostro lavoro possa intuitivamente e con facilità
essere applicato anche a questa manifestazione dell'attivi-
'
tà didattica.
NOTE RIMM DI BIBLIOGRAFICI
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(lapers.ltzapers.) (laperseltzapers.)
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atto linguistico si esplica nellbillocuzione.
11 carattere intenzionale dellrillocuzione era già stato
messo in evidenza da Austin, che insisteva, oltre che sulltfm
tenzionalità, sulla 'convenzionalità' delllatto illocutorio
(carattere evidente, per es., in enunciati che valgono convem
zionalmente come 'Tichiesta di scusels , ma, obietta STRAWSON,
1964, possono esserci enunciati dotati di forza illocutoria
che non sono convenzionali (nella terminologia di Searle: il
cui indicatore di funzione non è convenzionalizzato). Seco:
do un esempio di Strawson, 8111 ghiaccio è molto sottile'' de<
to a un pattinatore è un avvertimento, non una semplice as-
serzione: / fldire qualcosa con la forza di avvertire?ï, senza
tuttavia far uso di un enunciato convenzionale a questo sco-
po.
Le lingue abbondano di frasi pronunciando le quali si
possono eseguire atti illocutori diversi senza tuttavia
che tali frasi contengano elementi atti a segnalare con-
venzionalmente la forza illocutoria: cosl, per esm, 11e-
nunciato (12) OQuesto è un abito da sera''puö essere se1
plicemente assertivo; ma puö avere la forza illocutoria
di 'consigliare', oppure di lmettere in guardia, di avvi
sare ', a seconda degli interlocutori e delle circostanze
considerazioni preliminari
Mi domando innanzi tutto: Quali sono f fatti che non posso -
J
l
no essere descrittf e che tuttavia dovrebbero poterlo essere? $N=...
Che significa ''allargare al testo il campo della grammxticaff'
?
Una risposta soddisfacente dovrebbe mostrare :
che esistono dei fatti che l'apparato grammaticale attual
mente a disposizione non permette di descrivere;
che il mezzo di descriverli puö essere il seguente: alla;
gare la grammatica provvedendosi di un apparato più ric-
co che permetta di formulare un condizionamento testuale.
Rivedere dunque la teoria perchd essa abbia un pi; alto
grado di adeguatezza ne1 rendere conto cosl di fatti 1a-
sciati finora da parte.
Sono condizfoni preliminari molto impegnative, ma metodolo
gicamente indispensabili se si vuole considerare la grammati-
ca testuale come una nuova importante tappa nella rfcerca 1im
guistica. Per il punto (1) g1i esempi non mancano. 11 pun-
to (2) pone più problemiy perché presuppone che si mostri:
che bisogna indubbiamente stabilire una differenza tra
HFrase'l e llTestoll;
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= .
Sia l'alfabeto df simboli Xy a, c. La regola obbligatoria
di formazione delle espressioni in questo alfabeto / la se-
guente:
X --> ac (X deve essere riscritto come ac).
Affinché il calcolo generi un insfeme infinfto di espres -
sioni, noi vi aggiungeremo una regola ricorsiva facoltativa :
X --> axc. Di conseguenza X puö essere riscritto sia come
ac, sia come aXc e la X di questa ultima espressione puö di
nuovo essere sostituita con altri simboli, applicando ltuna
o l'altra delle due regole di calcolo. L'elemento X al quale
è legata questa regola ricorsiva è detto elemento ricorsivo.
lllustriamo il calcolo costruito qui, applicando una volta o-
gni regola:
Le iaçine che seçuono sono una garte cosiicua de1 quinto iaraçrafo del
cap. 11 ('
ILinçua liberal
j di TE88l2I$I,1S63,chesvîluppa un concetlo 0..
riççnale di sltaazione, intesa coze '
lil zozanto in cui dobbiaao izzajina..
re che si attui oçni espressione linçuisiical
k La linçuistica terraciniék
na (jer cui rizando a C0iTl,1S6# e 1970),centrata sulla dialettica par-
lante-interlocutore, puL offrire suççerizenti feconti a uno studio che quy-
ti sullbattività cozunicativa deçli utenti tenendo presente llidea huzbolj
-
Ifondazenll
' della storia lingul
'stica, Firenze, 10S1, p. #0; cfr. ;. bù.
2 lo particolarzente presenii, oltre a Schuchardtt ç)i scritti tî 0. Jesiersen
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INDICE ANALITICO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI NEL ''CORSO''
(sono escluse le APPENDICI A, B e C)
IDIOLETTO: 3.3.2.
ILLOCUTORIA (FORZA): 3.1.39 3.1.69 5.3.2 e NOTA SUPPLEMENTA-
RE .
LANGUE / PAROLE: 1.29 1.39 4.3 (e nota relatfva fn NOTE E
RIM. 3).
LINGDISTICA APPLICATA :
LOCUZIONE: 2.23 3.1.6 e NOTA SUPPLEMENTARE.
D 1
Premessa Pa8 .
Appendici:
Appendice A 14.1
Appendfce B 150
Appendice C 169
Bibliografia