ACCENTO:
Le parole latine avevano un accento di tipo musicale, consistente in un innalzamento della voce. La posizione
dellaccento, allinterno della parola, era determinata dalla durata o quantit della penultima sillaba: se la penultima
sillaba era lunga, laccento veniva a trovarsi proprio su questa; se invece era breve laccento veniva a trovarsi sulla
sillaba che la precedeva, ovvero sulla terzultima. La LEGGE DELLA PENULTIMA valeva per le parole che avevano
almeno tre sillabe; sulle parole bisillabiche laccento si trovava sempre sulla penultima. La quantit della sillaba non
coincideva necessariamente con la quantit della vocale che la componeva. Una vocale breve produceva una sillaba
breve se era in sillaba libera, ma produceva una sillaba lunga se era in sillaba implicata; una vocale lunga produceva
sempre una sillaba lunga, sia che fosse libera sia che fosse implicata. Questo modo di realizzare laccento venne meno
quando le vocali persero la quantit. Laccento da musicale divenne intensivo e consiste in una particolare forza
articolatoria concentrata sulla sillaba accentata.
Nel passaggio dal latino allitaliano cambiata la natura dellaccento ma non la posizione. Il mantenimento della
posizione originaria dellaccento non si avuto in alcuni verbi composti nei quali si verificato il fenomeno della
ricomposizione.
DITTONGAMENTO TOSCANO:
Il dittongamento di e toniche in sillaba libera detto toscano perch tipico del fiorentino e degli altri dialetti della
Toscana.
In sillaba libera derivata da e dal monottongamento di AE si dittonga in una j. LAETUM > lieto
La o aperta derivata da in dittonga in u. BONUM > buono
Il dittongamento non si produce se e toniche sono in sillaba implicata.
ANAFONESI:
Lanafonesi (innalzamento di suono) una trasformazione che riguarda due vocali in posizione tonica: e, proveniente da
e , e o, proveniente da e da . In determinati contesti fonetici queste due vocali passano rispettivamente a i e a u.
E tipica di unarea molto ristretta: Firenze, Prato, Pistoia, Lucca, Pisa, Volterra.
Si verifica in due casi:
- e tonica, proveniente da e , si chiude in i quando seguita da l palatale (proveniente da LJ) e da n palatale
(proveniente da NJ). Da FAMLIAM in un primo tempo si avuta la forma famglia e si diffusa in tutte le parlate
dItalia. Nelle zone sopra indicate la parola ha avuto unulteriore evoluzione: la chiusa seguita da l palatae si
ulteriormente chiusa in i: famiglia. Da GRAMNEAM si avuta la forma GRAMNIA, con chiusura in i della E in iato.
Questa chiusura ha determinato la formazione di un nesso NJ. La presenza del nesso NJ ha poi determinato un
contesto anafonetico: tonica in una prima fase ha dato gramgna. Nelle zone sopra indicate la tonica seguita da n
palatale si chiusa in i: gramigna. Lanafonesi non si produce se la n palatale non proviene da un nesso NJ, ma da un
nesso originario GN: per esempio in legno non si avuta lanafonesi perch proveniente da LGNUM.
- e tonica, proveniente da e e o tonica proveniente da e si chiudono in i e in u se sono seguite da una nasale
velare, cio da una n seguita da velare sorda k o sonora g, come nelle seguenza -nk-, -ng- e -ong-. Non si produce
nella sequenza -onk- (da TRNCUM levoluzione si fermata a tronco e lanafonesi non ha prodotto trunco). Dalla
base latina TNCAM si avuta in una prima fase tnca. Nelle zone sopra indicate la del gruppo -nk- si
ulteriormente chiusa in i per anafonesi, mentre nel resto dellItalia rimasta la forma tnca. Da LNGUAM in un primo
tempo si avuta la forma lngua, con regolare evoluzione di in . Nelle zone anafonetiche la si ulteriormente
chiusa in i: lingua. Con la sequenza -onk- lanafonesi si ha solo con la parola giunco: NCUM > gionco > giunco.
CONSONANTI CONSERVATE:
Varie consonanti del latino si mantengono inalterate quando passano in italiano, sia in posizione iniziale sia allinterno di
parola. Avviene in particolare per D, M, N, L, R, F.
DARE>dare, CAUDA>coda, MANM>mano, TIMREM>timore, NVEM>neve, PANEM>pane, LNTM>lento,
MLM>mulo, RTAM>ruota, CARM>caro, FCTM>fitto, BFALM>bufalo
ASSIMILAZIONE CONSONANTICA:
Lassimilazione consonantica regressiva il fenomeno per cui in un nesso di due consonanti difficili da pronunciare la
seconda consonante assimila, rende uguale, a s la prima, trasformando la sequenza di due consonanti diverse in
ununica doppia.
-CS- SAXUM>sasso, -CT- PACTUM>patto, -DV- ADVENIRE>avvenire, -MN- DAMNUM>danno, -PS- SCRPSI>scrissi,
-PT- SCRPTUM>scritto
In alcuni casi il nesso -CS- ha prodotto una sibilante palatale intensa: LAXARE>lasciare.
Mentre il fiorentino, e dunque litaliano, ha conosciuto solo lassimilazione regressiva, nei dialetti dellItalia
centromeridionale si ha anche lassimilazione progressiva, in cui la prima consonante a assimilare la seconda. Il nesso
-ND- viene realizzato come nn (MNDUM>monno in romanesco) e -MB- come mm (PLMBUM>piommo in romanesco).
LABIOVELARE:
Indichiamo con il termine labiovelare la combinazione di una velare, sorda o sonora k e g, seguita da una u
semiconsonantica w. Se la velare sorda si parla di labiovelare sorda kw, se la velare sonora si parla di labiovelare
sonora gw.
Nel latino classico la labiovelare sorda poteva trovarsi sia allinizio (QUI) sia allinterno di parola (AEQUITAS), mentre la
labiovelare sonora era solo interna (ANGUILLA). Una parola italiana che inizi per labiovelare sonora di origine
germanica: guardare, guerra, guida...
In una parola italiana la labiovelare sorda pu essere primaria o secondaria. Si dice primaria se gi esisteva in latino e
secondaria quella che, non esistendo in latino, si prodotta nel passaggio dal latino volgare allitaliano. La labiovelare
sorda che si incontra in quale, quando, quattro, acqua primaria; la labiovelare sorda che si registra in parole come
cuore, qui, qua, questo, quello secondaria.
Se seguita da una A la labiovelare in posizione iniziale si conserva; in posizione intervocalica si conserva e rafforza la
componente velare: da QUALEM, QUANDO, QUATTUOR abbiamo quale, quando, quattro, da AQUAM abbiamo acqua.
Se seguita da una vocale diversa da A la labiovelare perde la componente w e si riduce a k: QUD, QUMDO T,
QUAERRE danno che, come, chiedere.
La labiovelare secondaria si mantiene intatta qualunque sia la vocale che segue. Ci accade per il fiorentino, ma in
alcune aree dialettali si ridotta a velare semplice.
La labiovelare sonora interna si mantiene in tutti i contesti. La gw interna pu aversi anche per sonorizzazione della
corrispondente sorda intervocalica kw: AEQULEM>equale>eguale/iguale>uguale.
VELARE +IOD:
Il processo di trasformazione di -KJ- e -GJ- ha conosciuto tre fasi:
- j ha intaccato la velare sorda e sonora attirandole nella sua orbita articolatoria e trasformandole in unaffricata palatale,
rispettivamente, sorda e sonora;
- Lo iod ha prodotto il raddoppiamento dellaffricata precedente;
- Iod si dileguato innanzi al suono palatale omorganico
DENTALE +IOD:
Il nesso -TJ- in Toscana ha avuto tre esiti:
- in alcune parole si trasformato nellaffricata dentale sorda [ts], doppia se il nesso era tra due vocali
(ARETIUM>Arezzo), scempia se era tra vocale e consonante (FORTIA>forza)
- Si trasformato in sibilante palatale sonora []. La sibilante palatale sonora rappresenta lesito galloromanzo del nesso
-TJ-, cio quello che avvenuto ad esempio nel francese. In Italia questo fono si utilizza solo a Firenze e in Toscana
(pronuncia toscana di ragione, stagione,...)
In alcune parole la medesima base latina ha avuto due continuatori, uno in [d] e uno in [tts]: PALATIUM ha dato palagio
e palazzo, PRETIUM pregio e prezzo.
ECCEZIONE: in un gruppo di verbi della prima coniugazione, tutti di formazione tarda, il nesso -TJ- preceduto da una
consonante non ha prodotto n unaffricata alveolare sorda [ts] n una sibilante sonora [], ma unaffricata palatale sorda
[t]. (CAPTIARE>cacciare)
Il nesso -DJ- in Toscana ha avuto due esiti paralleli:
- in alcune parole si trasformato nellaffricata alveolare sonora [dz], doppia se il nesso era tra due vocali
(MEDIUM>mezzo), scempia se il nesso era tra consonante e vocale (PRANDIUM>pranzo)
- In altre parole si trasformato in unaffricata sonora [d] intensa (HODIE>oggi)
Dalla medesima base latina RADIUM nellitaliano attuale si hanno sia raggio sia razzo.
NASALE +IOD:
Nel nesso -MJ- lo iod ha prodotto il raddoppiamento della nasale labiale che la precedeva (SIMIAM>scimmia).
Il processo di trasformazione -NJ- ha conosciuto due fasi:
- Iod ha prodotto il raddoppiamento della nasale precedente e Nj diventato NNJ;
- Iod ha intaccato la nasale velare intensa attirandola nella sua orbita articolatoria e trasformandola in una nasale
palatale intensa [ ]
(IUNIUM>IUNNJUM>giugno)
LATERALE +IOD:
Il processo di trasformazione del nesso -LJ- ha conosciuto due fasi:
- iod ha prodotto il raddoppiamento della laterale precedente e LJ diventato LLJ
- od ha intaccato la laterlae intensa attirandola nella sua orbita articolatoria e trasformandola in una laterale intensa []
(FILIAM>FILLJAM>figlia)
VIBRANTE +IOD:
Nel trattamento del nesso -RJ- c una notevole differenza tra Toscana e il resto dellItalia.
In Toscana la R caduta e il nesso RJ si ridotto a iod (AREAM>ARJAM>aia, CORIUM>cuoio).
I suffissi -aio e -oio presenti in parole come fioraio e lavatoio sono al continuazione dei suffissi latini -ARIUM e -ORIUM.
Anche in questi casi la R del nesso RJ caduta (GRANARIUM>granaio, LAVATORIUM>lavatoio).
In molti dialetti del resto dellItalia la R si mantenuta a cadere stato lo iod.
Fra le parole di origine non toscana con r conservata in italiano spiccano molti suffissi in -aro di provenienza
settentrionale (paninaro), romana (benzinaro) e merdionale (palombaro).
Anticamente anche in Toscana il plurale della parole in -aio era -ari e non -ai: granaio granari. Questa evoluzione era
del tutto regolare perch muoveva da un nominativo plurale latino in -ARII con successiva riduzione a una sola I:
GRANARIO>*GRANARI. Dopo il conguaglio delle due I finali, la R non cade pi perch non cera pi lo iod a
determinare la caduta. In un secondo tempo luscita in -ai, rimodellata analogicamente sulla terminazione del singolare in
-aio, ha sostituito luscita in -ari.
Lanalogia ha operato in direzione opposta, dal plurale al singolare, nella parola denaro<DENARIUM, nella quale il
mantenimento della R non dipende da una tendenza non toscana. Originariamente DENARIUM ha dato denaio al
singolare e denari al plurale.
SIBILANTE +IOD:
Il nesso -SJ- a Firenze e in Toscana ha dato due esiti paralleli: in alcuni casi ha prodotto una sibilante palatale sorda
tenue [], in altri ha prodotto una sibilante palatale sonora tenue []. Sono due forni propri della pronuncia toscana.
S+L:
Questo nesso era sconosciuto al latino classico. In posizione iniziale si incontra solo in prestiti linguistici o in parole del
latino medievale. In posizione interna si sviluppato in seguito a un fenomeno proprio del latino volgare: sincope di
postonica interna alla sequenza -SL-, come per esempio (N)S()LA(M) ha dato Ischia.
Proprio perch il nesso non era originario per i parlanti era difficile pronunciarlo: inserirono una k: SL>SKL>skj.
SLAVUM>SKLAVU>schiavo
T+L:
Anche questo nesso era sconosciuto al latino classico, sia in posizione iniziale che interna. In latino volgare si formato in
seguito alla sincope di nella sequenza -TL-.
Il nesso secondario -TL- si confuso con il nesso -CL- e ha dato lo stesso risultato [kkj].
VETULUM>VETLU>vecchio
Pg 96: novella di Boccaccio
PROSTESI:
Aggiunta di un corpo fonico a inizio parola. Questo fenomeno si registrava soprattutto quando una parola terminante per
consonante era seguita da una parola iniziante per s+consonante: allinizio di questa seconda parola il parlante
aggiungeva una i (in iscena).
EPITESI:
Aggiunta di un corpo fonico alla fine di una parola. un fenomeno diffuso soprattutto nellitaliano antico e visibile
soprattutto nelle parole che terminavano con consonante: viene aggiunta una vocale.
EPENTESI:
Aggiunta di un corpo fonico al centro di una parola. Litaliano ha conosciuto sia quella consonantica sia quella vocalica.
Lepentesi consonantica si prodotta in alcune parole in cui vi era una sequenza di vocali: MANUALEM>MANOVALEM.
Il caso pi importante di epentesi vocalica laggiunta di i nelle parole in qui si ha la sequenza SM:
SPASMUM>spasimo.
AFERESI:
Caduta di un corpo fonico a inizio parola. Questo fenomeno registrabile negli aggettivi dimostrativi: questa>sta.
UNIVERBAZIONE: questa mattina> sta mattina> stamattina
SINCOPE:
Caduta di un corpo fonico allinterno di parola. A cadere sono le vocali o le sillabe pi deboli: non investe mai una sillaba
accentata. In molte parole ha interessato le vocali postoniche e le vocali intertoniche. un fenomeno molto antico
attestato dallAppendix Probi.
DOMINAM> donna
APOCOPE:
Caduta di un corpo fonico a fine parola. Pu essere vocalica, consonantica o sillabica.
Il caso pi importante quello dellaplologia prodottasi in parole terminanti in -t< -ATEM e -t< -UTEM. Laplologia la
cancellazione di suoni simili o identici vicini fra loro.
CIVITATEM> civitade> citt, VIRTUTEM> virtude> virt
Lapocope vocalica obbligatoria in tre casi:
- negli infiniti seguiti da un pronome atono: veder+lo> vederlo
- I sostantivi usati come titoli di rispetto o professione seguiti da un nome proprio: signor Vigon, dottor Ponti
- Aggettivo buono se precede il nome a cui si riferisce: del buon vino
importante non confondere lapocope con lelisione. Lelisione la caduta della vocale finale atona di una parola
davanti alla vocale iniziale della parola successiva: dallo alto> dallalto.
DISCREZIONE DELLARTICOLO:
collegabile al fenomeno dellaferesi. Data una parola iniziante per l o per la in alcuni casi il parlante interpreta questi
foni come forme dellarticolo e per conseguenza li separa dal resto della parola.
CONCREZIONE DELLARTICOLO:
Poich articolo e nome formano un tuttuno nella segmentazione della catena parlata, talvolta larticolo diventato parte
del nome: ASTRACUM> lastrico> lastrico.
RADDOPPIAMENTO FONOSINTATTICO:
Non si produce allinterno di una singola parola, ma nellambito della frase. definibile come unassimilazione regressiva
allinterno di frase.
Nella realizzazione della catena parlata parole grammaticalmente separate possono essere pronunciate unite. Nel caso
del raddoppiamento fonosintattico a essere pronunciate unite sono una parola terminante per consonante e una
successiva iniziante per consonante.
Si produce:
- dopo i monosillabi dotati di accento
- Dopo le parole tronche
- Dopo: come, dove, sopra, qualche
DERIVAZIONE DALLACCUSATIVO:
Il caso da cui derivano i nomi laccusativo, ma vi sono alcune eccezioni:
- loro e coloro derivano da ILLORUM e ECCUM ILLORUM
- Firenze deriva da FLORENTIAE, genitivo locativo
- Uomo, moglie, re, sarto, ladro, drago e fiasco derivano dal nominativo: HOMO, MULIER, REX, SARTOR, DRACO,
FLASKO
Per i singolari appurato che il punto di partenza sia stato laccusativo, ma la ricostruzione del plurale pi complessa.
- i nomi maschili che al singolare escono in -o hanno il plurale in -i. Questultimo la continuazione del nominativo
plurale in -i
- I nomi femminili che al singolare escono in -a al plurale al plurale escono in -e. La spiegazione pi ovvia sarebbe che
questa desinenza derivi dalluscita -ae del nominativo plurale, con successivo monottongamento. Questa spiegazione,
per, contrasta con alcuni documenti latini di et medievale ricchi di tratti volgareggianti, in cui sono presenti forme di
accusativo plurale di prima declinazione in -es. Queste forme documentano una la fase intermedia di una
trasformazione in cui la -s della desinenza dellaccusativo plurale ha palatalizzato la A trasformandola in una e.
- I nomi maschili e femminili che al singolare escono in -e al plurale escono in -i. La desinenza al plurale continua la
desinenza -ES dellaccusativo plurale della terza declinazione. La -S ha palatalizzato la E e lha trasformata in una -i.
ARTICOLO:
Larticolo, sia determinativo che indeterminativo, presenta una novit. Larticolo determinativo continua ILLE, ILLA,
ILLUD, mentre quello indeterminativo UNUS, UNA, UNUM.
ARTICOLO INDETERMINATIVO:
UNUM> uno, un (forma sincopata), UNAM> una
AGGETTIVI:
In latino laggettivo concordava non solo per genere e numero, ma anche per caso.
Gli aggettivi latini indicanti una qualit, un colore, una nazionalit erano organizzati in due diversi modelli flessionali, detti
classe.
Alla prima classe appartenevano gli aggettivi che per il maschile e il neutro seguivano il modello dei nomi di seconda
declinazione e per il femminile seguivano la prima declinazione.
Alla seconda classe appartenevano gli aggettivi che seguivano il modello dei nomi di terza declinazione.
Nel passaggio dal latino allitaliano gli aggettivi ebbero il medesimo trattamento dei nomi appartenenti alle declinazioni
omologhe alle classi aggettivali.
PRONOMI RELATIVI:
Litaliano ha due tipi di pronome relativo: uno variabile (il quale, la quale, i quali, le quali) e uno invariabile (che, cui).
Il tipo variabile continua le forme dellaggettivo interrogativo QUALIS: dallaccusativo singolare QUALEM si avuto
quale, dal nominativo e accusativo QUALES si avuto quali.
Il tipo invariabile alterna che, usata in funzione di soggetto e complemento oggetto, alla forma cui, usata per gli altri
complementi con o senza preposizione.
Litaliano, antico e moderno, accoglie che anche in funzione di complemento indiretto. Litaliano antico e poetico
accoglieva cui anche in funzione di complemento oggetto.
CUI (dativo di QUI, QUAE, QUOD)> cui
QUID (pronome interrogativo e indefinito)> che
Secondo alcuni studiosi che potrebbe derivare da QUEM.
AGGETTIVI E PRONOMI INDEFINITI:
Qualche non deriva direttamente dal latino, ma dalla riduzione della locuzione italiana qual che sia.
Analogamente qualcuno e qualcosa derivano sa qualche uno e qualche cosa.
ALIQUE UNUM> AL(I)CUNU(M)> alcuno
CERTU(M)> certo
TALE(M)> tale
ALT(E)RU(M)> altro (in latino alter significava altro tra due, alius altro fra pi di due cose; in italiano si ha avuto un
conguaglio)
OMNE(M)> onne> ogni (omnis significava tutto il relazione al numero, totus tutto in relazione alla quantit; in italiano si
ha avuto un conguaglio). In fonetica sintattica la -e di onne se seguita da una parola cominciante per vocale si chiusa
in iato trasformandosi in una i che, in quanto seguita sa unaltra vocale, ha assunto il valore di iod. Il nesso nj si
trasformato in gn.
TOTU(M)> tutto
LEGGE TOBLER-MUSSAFIA:
Nellitaliano antico i criteri di distribuzione dellenclisi e della proclisi dei pronomi atoni erano diversi e sono descritti dalla
legge Tobler-Mussafia. Nellitaliano antico lenclisi era obbligatoria:
- dopo pausa, allinizio del periodo
- Dopo la congiunzione e
- Dopo la congiunzione ma
- Allinizio di una proposizione principale successiva a una proposizione subordinata
Dopo il Quattrocento lobbligatoriet dellenclisi dei primi due casi decade.
IL MILANESE ANTICO:
Il milanese appartiene ai dialetti gallo-italici, ovvero quei dialetti parlati nelle regioni che, prima della dominazione
romana, furono abitate dai galli. Sono tutti i dialetti settentrionali, eccetto il veneto.
Hanno alcuni tratti in comune:
- scempiamento delle consonanti doppie in posizione intervocalica: CATTAM>gata, MAMMAM>mama
- Sonorizzazione generalizzata delle consonanti sorde intervocaliche che successivamente possono spirantizzarsi, cio
trasformarsi da occlusive in spiranti e poi anche cadere: AMITA (zia materna)> meda
- Passaggio delle affricate palatali alle affricate alveolari: CMCEM>smeze (bolognese)
- Caduta delle vocali finali e debolezza delle vocali atone, tranne la a che resiste. Le vocali finali si mantengono nel
ligure.
- Presenza di vocali turbate, tipiche del francese.
- Esiti di -CT- difformi dal risultato toscano in cui si ha assimilazione regressiva. In Piemonte e in Liguria -CT- passa a -it-:
LACTEM>lait. Negli altri dialetti passa a ts: LACTEM>lach
Pg 188: Bonvesin de la Riva
VENEZIANO ANTICO:
- conservazione delle vocali finali, tranne dopo liquida e nasale (frutarol, pan) e discreta resistenza delle vocali atone. Le
vocali finali cadono in aree esposte allinflusso del ladino
- Assenza di vocali turbate
- Presenza di dittonghi ie e uo in sillaba libera, come nel toscano
Dei tratti del veneziano antico sono scomparsi e li possiamo ricostruire attraverso il De Vulgari Eloquentia:
- conservazione del nesso -PL-
- Conservazione della s finale nel futuro verrs
Pg 191: il tristano veneto
ROMANESCO ANTICO:
Fino al Cinquecento il dialetto parlato a Roma apparteneva al sistema dei dialetti meridionali: a quellepoca sub una
forte trasformazione con larrivo di pontefici toscani e con il sacco di Roma del 1527 che port allo spopolamento di degli
abitanti originari.
Romanesco medievale:
- mancanza di anafonesi: lengua, fameglia
- Conservazione della e atona, specie protonica: entorno, medecina
- Conservazione di ar postonico e intertonico: zuccaro, cavallaria
- La metafonesi (e chiusa e o chiusa del latino volgare passano a i e a u) non esisteva nel romanesco medievale:
presentava, per, il dittongamento metafonetico
- Epentesi di una dentale sorda del gruppo costituito da una liquida o da una nasale dentale e da una sibilante:
PENSO>penzo
- Assimilazione progressiva nei nessi -ND-, -MB-, -LD-: NDAM>onna, PLMBUM>piommo, CAL(I)DUM>callo
- La laterale preconsonantica si vocalizza: MLTUM>moito
Pg 196: la Cronica
NAPOLETANO ANTICO:
- metafonesi
- Dittongamento metafonetico
- Sviluppo della vocale atona finale in vocale indistinta
- Epentesi della dentale nei gruppi di nasale o liquida+sibilante
- Spirantizzazione della labiale sonora intervocalica anche allinterno di frase e dopo r
- Conservazione di iod latina IAM>I. Allo stesso esito giunge anche G davanti a vocale palale GNTEM>iente
- Esito di -PJ- in affricata palatale sorda di grado intenso: SAPIO>SCIO>saccio. In un paio di casi questo esito si
affermato anche in italiano: piccione, saccente.
- Esito di -CJ- in affricata dentale sorda di grado intenso: FACIO>fazzo
- Esito di -SJ- in sibilante sorda: BASIUM>vaso, CAMSIAM>cammisa
- Esito di PL- in occlusiva velare+iod: PLS>chi, PLANGIT>chiagne
- Raddoppiamento di m intervocalica: TRMAT>tremma
- Tra i pronomi dimostrativi presente il sistema tripartito: chistu, chillu, chissu
Pg 200: lepistola napoletana di Giovanni Boccaccio
SICILIANO ANTICO:
La differenza principale con gli altri dialetti il sistema vocalico. Non esistono i dittonghi ie e uo: gli altri dittonghi sono
molto rari. Manca la metafonesi. Manca lapocope sillabica negli infiniti. Mancano le vocali turbate. I tratti condivisi con i
dialetti meridionali riguardano essenzialmente il consonantismo.
Pg 203: il lamento di parte siciliana
LE KOINE EXTRA-TOSCANE:
Per koin si intende una lingua sovraregionale che si affianca o si sostituisce, nelluso scritto o parlato, ai singoli idiomi in
uso in una certa area geografica. Nel contesto italiano si pu parlare di koin solo in riferimento alluso scritto che and
sviluppandosi nella cancellerie del Quattrocento. Non si identifica con una determinata lingua, ma come una serie di
tendenze che si manifestano simili in aree diverse. Il volgare che si usava in queste situazioni presentava tre caratteri:
- fondo regionale locali, con eliminazione o attenuazione dei tratti linguistici troppo marcati o esclusivi di una sola zona
- Latinismi
- Toscano letterario delle Tre Corone
Pg 205: la koin settentrionale quattrocentesca