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NUOVI LINEAMENTI DI GRAMMATICA STORICA DELLITALIANO Patota

Le basi latine sono riportate in maiuscolo e quelle in italiano in corsivo.


Il simbolo > significa passa a; < deriva.
Lasterisco anteposto a una forma scritta in maiuscolo indica che questa non documentata dal latino scritto, ma stata
ricostruita dagli studiosi.
Nelle basi latine le lettere poste tra parentesi tonde rappresentano suoni che scompaiono nel passaggio allitaliano.
Una lettera tra due trattini indica un suono in posizione intervocalica.
Una lettera seguita da un trattino indica un suono in posizione iniziale.
Una lettera preceduta da un trattino indica un suono in posizione finale.
Quando i suoni sono presi in considerazione come foni, ovvero solo per il loro aspetto fisico e non per i significati che
possono produrre, vengono trascritti tra parentesi quadre.
Quando i suoni vengono presi in considerazione come fonemi, ovvero come unit di suono capaci di individuare
significati diversi, sono trascritti tra barrette oblique.
Due forme derivate dalla stessa base latina si dicono allotropi.

- LITALIANO DERIVA DAL LATINO?


Litaliano continua il latino, non nasce da esso.
Dal punto di vista descrittivo il latino una lingua storico-naturale che fa parte della famiglia delle lingua indoeuropee.
Esistono molte variet di latino:
- latino arcaico: dallVIII secolo a.C.
- latino preclassico: dalla fine del II secolo a.C. alla prima met del I secolo a.C.
- latino classico: dalla seconda met del I secolo a.C. alla morte di Augusto nel 14 d.C. E il latino scritto che venne usato
nelle opere letterarie dellet aurea
- latino postclassico: dal 14 d.C. alla fine del II secolo d.C.
- latino tardo: dalla fine del II secolo d.C. al VII-VIII secolo d.C.
- latino volgare: il latino parlato in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni circostanza e da ogni gruppo sociale della latinit.
I linguisti chiamano diacronica la variabile legata al tempo.
Diatropica la variabile legata allo spazio. Il latino fu per secoli la lingua di scambio di una zona vastissima e non era un
blocco linguistico uniforme. Per esempio accanto al latino classico in cui si utilizzava PULCHER, il latino parlato aveva
due diversi aggettivi: FORMOSUS e BELLUS. Al centro dellarea romanza si privilegi la forma BELLUS, ma nelle zone
periferiche si prefer la forma FORMOSUS.
Il fattore geografico si fuse con il fattore etnico nel determinare altre diversit, riconducibili al sostrato linguistico
prelatino. Le lingue preesistenti al latino lasciarono tracce nella prosodia, nella pronuncia, nella morfologia, nel lessico e
nella sintassi. Per esempio nellItalia centromeridionale si registra una tendenza a realizzare come nn il nesso
consonantico latino -ND- posto tra due vocali. Questa particolarit ha unorigine antichissima: proviene dai dialetti italici
di tipo osco-umbro, lingua degli antichi Sanniti, parlata nel Sannio e nella Campania.
Dopo la conquista di Roma, quasi tutti i popoli vinti abbandonarono, nel giro di qualche generazione, la lingua dorigine e
adottarono il latino perch veicolo di comunicazione di maggior prestigio.
Si dice diafasica la variabile legata al livello stilistico, o registro, di una produzione linguistica.
La variabile legata alla condizione sociale e al livello culturale di chi adopera la lingua detta diastratica.
Si definisce diamesica la variabile legata alla modalit di trasmissione di una lingua, che pu essere scritta o parlata.
Tipiche forme del latino parlato sincontrano:
- nelle iscrizione murarie;
- nei glossari: vocabolari elementari che spiegano con espressioni del latino parlato parole e costruzioni del latino
classico diventate rare o considerate difficili;
- nelle testimonianze di scriventi popolari;
- nelle opere di autori che tentano di riprodurre nella lingua scritta i tratti tipici del parlato: Plauto, Satyricon di Petronio;
- nella letteratura di ispirazione cristiana: i traduttori delle Sacre Scritture e molti autori cristiani si preoccuparono pi di
essere capiti da tutti, piuttosto che dello stile; Egeria, una religiosa spagnola di condizione socioculturale elevata,
scrisse un diario sul suo pellegrinaggio di Terrasanta, in una lingua ricca di elementi del parlato;
- nei trattati tecnici, come quelli di Vitruvio;
- nelle opere di grammatici e insegnanti di latino, come lAppendix Probi del III secolo d.C.
Lo strumento pi importante per la ricostruzione del latino parlato il confronto fra le varie lingue romanze. Consiste nel
ricostruire una forma non documentata sulla base dei risultati che si hanno nelle varie lingue romanze.
Laffermazione del latino volgare sul latino classico e la trasformazione dal latino volgare allitaliano determinata
principalmente da tre fattori:
- la perdita di potere della classe aristocratica: insieme alla classe aristocratica, con linstaurazione dellimpero, decadde
il ceto di intellettuali che ne era lespressione culturale, e la lingua colta diminu il suo prestigio;
- la diffusione del Cristianesimo modific il patrimonio lessicale del latino: la lingua doveva essere capita da tutti e era
lontana da quella degli scrittori;
- le invasioni barbariche, a partire dal IV secolo d.C. fino al VIII secolo d.C., affermarono il latino volgare in tutti i territori
dellimpero romano.
- FONI E FONEMI DELLITALIANO
I suoni articolati di una qualsiasi lingua vengono indicati con il termine di foni. I foni che distinguono parole diverse si
dicono fonemi: la pi piccola unit di suono dotata di valore distintivo. I fonemi si scrivono entro sbarrette oblique e
laccento viene indicato da un apice prima della sillaba accentata, per esempio /barone/. Se i fonemi sono presi in
considerazione solo per il loro aspetto fisico vengono scritti entro parentesi quadre. I segni grafici utilizzati per trascrivere
i fonemi si dicono lettere o grafemi.
Le corde vocali, nella pronuncia dei fonemi, possono assumere tre posizioni:
- possono restare inerti;
- possono chiudersi impedendo il passaggio dellaria;
- possono entrare in vibrazione, aprendosi e chiudendosi rapidamente;
Quando le corde vocali rimangono inerti producono un fonema sordo; quando vibrano un fonema sonoro. Sonore sono
tutte le vocali, alcune consonanti e le semiconsonanti jod e wau.
Se laria esce solo attraverso la bocca si hanno fonemi orali; se esce anche attraverso il naso, si hanno fonemi nasali.
Se laria non trova ostacoli nel suo percorso verso lesterno e la cavit orale funziona da cassa di risonanza,
amplificando il suono, allora si producono le vocali. Il suono delle vocali cambia a seconda della posizione che la lingua
assume allinterno della cavit orale nellarticolarle.
I e u non accentate seguite da unaltra vocale sono semiconsonanti; precedute da una vocale sono semivocali.
Le semiconsonanti e le semivocali non possono mai essere pronunciate da sole e formano i dittonghi. I dittonghi si
dicono ascendenti quando sono formati da una semiconsonante e da una vocale; discendenti se sono formati da una
vocale e una semivocale.
I trittonghi sono formati da una semiconsonante, una vocale e la semivocale [i].
Quando due vocali si pronunciano separatamente e appartengono a due sillabe diverse si ha uno iato.
Per identificare le consonanti bisogna tener conto di tre fattori fondamentali:
- il modo di articolazione: le consonanti si producono quando laria che esce dai polmoni incontra un ostacolo. Se il
canale espiratorio si chiude completamente si producono le occlusive; se il canale espiratorio si restringe soltanto si
producono le fricative; le affricate sono una fusione di unocclusiva e di una fricativa.
- il luogo di articolazione: se il blocco del canale respiratorio avviene a livello della labbra avremo delle consonanti labiali;
se avviene a livello dei denti anteriori avremo le dentali; se avviene a livello del palato anteriore le palatali; se il blocco
avviene allaltezza del velo palatino avremo delle consonanti velari; se avviene tra il labbro inferiore e gli incisivi
superiori avremo le labiodentali; se la lingua tocca gli alveoli degli incisivi superiori avremo le alveolari; se al momento
del restringimento la lingua si appoggia sul palato anteriore avremo le palatali.
- il tratto della sonorit o della sordit
I digrammi o i trigrammi sono due o tre lettere dellalfabeto che rappresentano un unico fonema.
I segni diacritici sono degli espedienti grafici che servono per distinguere una pronuncia da unaltra, per esempio la h e la
i quando seguono c e g.
Alcune consonanti in posizione intervocalica possono essere pronunciate con diversa energia articolatoria: possono
essere scempie o doppie.

! ! ! - DAL LATINO ALLITALIANO: I MUTAMENTI FONETICI

VOCALI LATINE E VOCALI ITALIANE:


Il latino aveva 10 vocali, diverse per durata o quantit della pronuncia. Vocali lunghe e brevi distinguevano parole, forme
e significati diversi.
Anche litaliano conosce lopposizione fra vocali brevi e vocali lunghe: una qualunque vocale seguita da una consonante
semplice lunga; la stessa vocale seguita da una consonante doppia breve. La distinzione non ha capacit distintive.
Da un certo momento in poi nel latino parlato le vocali lunghe cominciarono a essere pronunciate come chiuse e le
vocali brevi come aperte.
Quando il latino si diffuse in Europa e in Africa, si sovrappose a lingue che non possedevano la distinzione tra vocali
lunghe e brevi. Il senso della quantit and perdendosi.
La perdita della quantit pass dal latino volgare in tutte le lingue romanze. La quantit si trasform in timbro.
>i
, > e chiusa
>
, > a
> o aperta
, > o chiusa
>u
Una sillaba si dice libera o aperta quando termina per vocale, mentre si dice implicata o chiusa quando termina per
consonante.
Nel passaggio dal latino allitaliano e , in sillaba aperta hanno prodotto rispettivamente: il dittongo i e il dittongo u;
in sillaba chiusa si sono trasformate rispettivamente in e in o aperta, secondo lo schema che segue:
in sillaba aperta > i! ! in sillaba chiusa >
in sillaba aperta > u! ! in sillaba chiusa > o aperta

VOCALISMO TONICO ITALIANO:


> i! , > e! ! > j,! ! , > a! ! > wo, o! , > o! >u
VOCALISMO TONICO SARDO:
, >i! ! , > e! ! , > a! ! , > o!! , > u

VOCALISMO TONICO SICILIANO:


,, >i! ! > ! , > a!! > o! ! , , > u

VOCALISMO ATONO DEL LATINO VOLGARE E DELLITALIANO:


> i! ! , , > e! , > a! ! , , > o! >u

ACCENTO:
Le parole latine avevano un accento di tipo musicale, consistente in un innalzamento della voce. La posizione
dellaccento, allinterno della parola, era determinata dalla durata o quantit della penultima sillaba: se la penultima
sillaba era lunga, laccento veniva a trovarsi proprio su questa; se invece era breve laccento veniva a trovarsi sulla
sillaba che la precedeva, ovvero sulla terzultima. La LEGGE DELLA PENULTIMA valeva per le parole che avevano
almeno tre sillabe; sulle parole bisillabiche laccento si trovava sempre sulla penultima. La quantit della sillaba non
coincideva necessariamente con la quantit della vocale che la componeva. Una vocale breve produceva una sillaba
breve se era in sillaba libera, ma produceva una sillaba lunga se era in sillaba implicata; una vocale lunga produceva
sempre una sillaba lunga, sia che fosse libera sia che fosse implicata. Questo modo di realizzare laccento venne meno
quando le vocali persero la quantit. Laccento da musicale divenne intensivo e consiste in una particolare forza
articolatoria concentrata sulla sillaba accentata.
Nel passaggio dal latino allitaliano cambiata la natura dellaccento ma non la posizione. Il mantenimento della
posizione originaria dellaccento non si avuto in alcuni verbi composti nei quali si verificato il fenomeno della
ricomposizione.

MONOTTONGAMENTO DI AU, AE, OE:


Il latino classico possedeva tre dittonghi: AU, AE,OE. Il latino parlato tendeva a monottongarli: la vocale, in quanto
proveniente da due vocali avrebbe dovuto essere lunga e, perci, nei successivi sviluppi del latino tardo da un timbro
chiuso.
Il dittongo AU spesso produsse una con timbro chiuso e, soltanto in poche parole come CAUDA (da cui si ebbe
CDA) e FAUCEM (da cui si ebbe FCEM). Generalmente AU si monottong in una o aperta, come AURUM > ro.
Il dittongo AE si monottong in una che tuttavia fu pronunciata sin da subito aperta. Che questa fosse aperta
dimostrato dal fatto che, nel passaggio dal latino allitaliano, il dittongo AE in posizione tonica ha avuto lo stesso
trattamento della , che in latino volgare era aperta. AE monottongandosi in una aperta in italiano ha dato il dittongo j
in sillaba libera e in sillaba implicata: QUAERO > chiedo, PRAESTO > presto
Il raro dittongo OE si monottong in una che in italiano ha dato regolarmente e: POENAM > pena.

DITTONGAMENTO TOSCANO:
Il dittongamento di e toniche in sillaba libera detto toscano perch tipico del fiorentino e degli altri dialetti della
Toscana.
In sillaba libera derivata da e dal monottongamento di AE si dittonga in una j. LAETUM > lieto
La o aperta derivata da in dittonga in u. BONUM > buono
Il dittongamento non si produce se e toniche sono in sillaba implicata.

LA REGOLA DEL DITTONGO MOBILE:


Nella flessione di alcuni verbi con e nella radice si registra lalternanza tra forme con dittongo e senza dittongo, per
esempio nel verbo potere a puoi e pu si affiancano poteva e potete.
Il dittongamento si ha solo nelle forme rizotoniche, cio accentate sulla radice, in cui e sono toniche.
Nella forme rizoatone, in cui e sono atone, non avviene. Non si ha dittongamento nemmeno nelle forme verbali in
cui e sono in posizione tonica ma in sillaba implicata.
La regola del dittongo mobile non ha interessato solo le forme di uno stesso verbo, ma anche parole diverse che fossero
corradicali, ovvero provenienti dalla stessa radice nominale o verbale (vuole/volont). Anche in questi casi il
dittongamento di e si avuto solo quando nei vari termini della serie queste vocali erano toniche.
In molti verbi la regola andata perdendosi e possiamo individuare due casi:
- le forme rizotoniche con dittongo sono state abbandonate per linflusso delle forme rizoatone prive di dittongo e il
dittongo scomparso dallintero paradigma verbale. Esempio: coniugazione del verbo levare. Al presente indicativo la
base latina LVO, LVAS, LVAT in un primo tempo ha dato livo, livi, liva. Successivamente queste forme hanno
sentito dellinflusso delle forme rizoatone non dittongate levate, leviamo,... e si sono monottongate.
- il dittongo proprio della forme rizotoniche si esteso per analogia alle forme rizoatone che non lo avevano. Esempio:
coniugazione del verbo suonare. Nel paradigma di questo verbo le forme rizotoniche erano dittongate (SNO, SNAS,
SNAT hanno dato regolarmente suono, suoni, suona), mentre le forme rizoatone non erano dittongate (SNATIS,
SNABAT, SNARE hanno dato regolarmente sonate, sonava, sonare). Successivamente le voci non dittongate
hanno sentito linflusso di quelle dittongate e hanno preso il dittongo.
Il dittongamento di e toniche in sillaba libera non presente in tutte le parole:
- non presente nelle parole dotte, che non hanno subito trasformazioni fonetiche: il dittongamento di in j si
prodotto nel numerale cardinale DCEM ma non si prodotto nel numerale cardinale DCIMUM, parola di tradizione
dotta.
- non si produce in tutte le parole parassitone, cio accentate sulla terzultima sillaba: pcora<PCORA,
pera<PERAM.
- il dittongamento non si produce in tre parole parassitone: bne, nve, li. Il mancato dittongamento di bene si spiega
con il fatto che, nella pratica concreta della lingua, generalmente questa parola non si trova mai sola. Nel contesto della
farse laccento tende a cadere sulla parola vicina a bene e la di BNE perde la sua qualit di vocale accentata.
- nellitaliano attuale il dittongamento non compare in era e erano. In italiano antico si avevano le forme normalmente
dittongate iera e ierano.
Nellitaliano attuale il dittongamento non compare nelle parole in cui e o provenienti da o da AE e toniche latine
seguono un gruppo di consonante +R: breve < BRVEM, tremo < TRMO, provo < PRBO. Nellitaliano antico, almeno
fino alla fine del Trecento, il dittongamento era normale. Nel Decameron o nella Divina Commedia, anche dopo
consonante+r, le forme normali erano quelle dittongate, come brieve, truovo, pruovo,...
A Firenze la riduzione del dittongo dopo consonante+r si afferm a partire dal Quattrocento, determinata dallinflusso dei
dialetti toscani occidentali.
A met Quattrocento si diffuse la riduzione di i in e poi, a met Cinquecento, la riduzione di u in : al posto di brieve,
triemo, pruovo e truovo si disse e si scrisse breve, tremo, provo, trovo. A partire da met Cinquecento questa riduzione si
estese dal fiorentino allitaliano non fiorentino. Le forme dittongate sopravvissero fino agli inizi dellOttocento nella lingua
degli scrittori pi tradizionalisti.
Nellitaliano attuale sono in forte declino le forme con il dittongo u preceduto da suono palatale: fagiuolo, figliuolo,
vaiuolo,...
Il processo di riduzione del dittongo u in dopo palatale ha origini molto antiche: i primi esempi fiorentini risalgono al
XIII secolo, ma i tipi figliuolo, libricciuolo,... hanno resistito a lungo nellitaliano scritto. Una forte spinta allabbandono di
u venne data da Manzoni che nella revisione linguistica dei Promessi Sposi ne elimin quasi tutte le forme.
Nella lingua della poesia sono state frequenti forme come core, foco, loco, novo, fero, dovute dallinflusso del siciliano
antico.

ANAFONESI:
Lanafonesi (innalzamento di suono) una trasformazione che riguarda due vocali in posizione tonica: e, proveniente da
e , e o, proveniente da e da . In determinati contesti fonetici queste due vocali passano rispettivamente a i e a u.
E tipica di unarea molto ristretta: Firenze, Prato, Pistoia, Lucca, Pisa, Volterra.
Si verifica in due casi:
- e tonica, proveniente da e , si chiude in i quando seguita da l palatale (proveniente da LJ) e da n palatale
(proveniente da NJ). Da FAMLIAM in un primo tempo si avuta la forma famglia e si diffusa in tutte le parlate
dItalia. Nelle zone sopra indicate la parola ha avuto unulteriore evoluzione: la chiusa seguita da l palatae si
ulteriormente chiusa in i: famiglia. Da GRAMNEAM si avuta la forma GRAMNIA, con chiusura in i della E in iato.
Questa chiusura ha determinato la formazione di un nesso NJ. La presenza del nesso NJ ha poi determinato un
contesto anafonetico: tonica in una prima fase ha dato gramgna. Nelle zone sopra indicate la tonica seguita da n
palatale si chiusa in i: gramigna. Lanafonesi non si produce se la n palatale non proviene da un nesso NJ, ma da un
nesso originario GN: per esempio in legno non si avuta lanafonesi perch proveniente da LGNUM.
- e tonica, proveniente da e e o tonica proveniente da e si chiudono in i e in u se sono seguite da una nasale
velare, cio da una n seguita da velare sorda k o sonora g, come nelle seguenza -nk-, -ng- e -ong-. Non si produce
nella sequenza -onk- (da TRNCUM levoluzione si fermata a tronco e lanafonesi non ha prodotto trunco). Dalla
base latina TNCAM si avuta in una prima fase tnca. Nelle zone sopra indicate la del gruppo -nk- si
ulteriormente chiusa in i per anafonesi, mentre nel resto dellItalia rimasta la forma tnca. Da LNGUAM in un primo
tempo si avuta la forma lngua, con regolare evoluzione di in . Nelle zone anafonetiche la si ulteriormente
chiusa in i: lingua. Con la sequenza -onk- lanafonesi si ha solo con la parola giunco: NCUM > gionco > giunco.

CHIUSURA DELLE VOCALI TONICHE IN IATO:


La , la e chiusa, la o aperta, la o chiusa toniche, se precedono unaltra vocale diversa da i con cui formano non un
dittongo ma uno iato, tendono a chiudersi progressivamente fino al grado estremo: diventa progressivamente i e o
aperta diventa progressivamente u.
Dalla base latina G la tonica in iato, anzich produrre il dittongo i si progressivamente chiusa: > o > o > io.
Lo stesso avvenuto per: DM > do > dio, MUM > mo >mio, MAM > ma > mia. La chiusura in iato di tonica
non si ha nel femminile di DM: da DAM si ha avuto lesito da, che un latinismo.
Da TAM e SAM si sono avute toa e soa; successivamente la o in iato si chiusa in u.
Da DAS si avuto prima doe e poi due.
Da BVEM si avuto, con caduta di -v-, prima boe e poi bue.
La chiusura di e e di o non si produce se queste vocali sono in iato con i: MI >miei, BVES > BI > buoi.
Il fenomeno della chiusura in iato non si produce nella tonica presente nelle forme di imperfetto senza v dei verbi di
seconda coniugazione : avea, temea, tenea, vedea. La chiusura non si produce con i latinismi.
CHIUSURA DELLA E PROTONICA IN I:
In posizione protonica, cio prima della sillaba accentata, una e chiusa tende a chiudersi in i. Da DCMBREM >
decembre > dicembre, TMREM > temore > timore.
In alcune parole il passaggio di e protonica in i si avuto pi tardi che in altre: megliore, nepote, segnore hanno resistito
fino a met Trecento, Melano e melanese a met Quattrocento, ...
In altre parole il passaggio non avvenuto: CRBLLUM ha dato cervello e non cirvello, VNNUM ha dato veleno e
non vileno.
In altre parole ancora a una fase in cui la e protonica di chiusa in i, ne seguita unaltra, in et rinascimentale in cui al
posto della i si avuta nuovamente la e per un processo di rilatinizzazione: DLICTUM > dilicato > delicato.
In alcuni derivati la mancata chiusura di e protonica in i si spiega per linflusso della parola base, in cui la non protonica
e quindi non passa a i. probabile che in fedele<FDLEM, festivo<FESTVUM, peloso<PLSUM, telaio<TLARIUM
la e protonica non sia passata a i per influsso della parola base fede, festa, pelo, tela.
La e protonica non si chiuse in i nei latinismi e nei prestiti linguistici.

CHIUSURA DI E IN PROTONIA SINTATTICA:


Il fenomeno della chiusura di e in i stato uniforme nei monosillabi con e, nei quali la e si presentata in posizione
protonica non allinterno di parola, ma allinterno di frase. D>de, N>in, M>me, T>te, S>se: sono esiti corretti ,
ovvero la o la hanno dato . Questa parole normalmente non si usavano mai da sole, ma ne precedevano unaltra.
Poich hanno una scarsa consistenza fonica perdono la loro accentazione che va a concentrarsi sulla parola che segue:
nella realizzazione concreta della frase la e si presenta come una e protonica e si chiude in i. De notte>di notte, en
casa>in casa, me chiama>mi chiama, te vede>ti vede, se lava>si lava.

CHIUSURA DELLA O PROTONICA IN U:


In posizione protonica una o chiusa in qualche caso si chiusa in u. CCDO>occido>uccido, AUDRE>odire>udire.
In AUDIO,AUDIS, AUDIT, AUDIAMUS, AUDITIS, AUDIUNT il dittongo AU si sempre monottongato in o. Questa o
risulta tonica in odo, odi, ode, odono; risultata protonica in udiamo e udite: da AUDIAMUS e AUDITIS si sono avute
prima le forme odiamo e odite, successivamente la o si chiusa in u producendo udiamo e udite.
CCNAM>cocina>cucina, PLRE>polire>pulire, NCNM>oncino>uncino
In molte parole il fenomeno non si prodotto. In altre parole la forma con chiusura della o protonica in u si alternata, e
talvolta continua a alternarsi con la forma senza chiusura: molino/mulino, obbedire/ubbedire, olivo/ulivo.
Il dittongo AU in posizione protonica non ha prodotto una o ma si ridotto a una A: AUGSTM>agosto.

CHIUSURA DI E POSTONICA IN SILLABA NON FINALE:


Anche la e postonica, cio successiva alla sillaba accentata, come la e protonica, si chiude in i. un fenomeno
generale. La e postonica che subisce la chiusura in i proviene da e non da e non appartiene ma alla sillaba finale
sicch il fenomeno pu verificarsi solo con parole di almeno 3 sillabe.
DOMNCAM>domeneca>domenica, HMNES>uomeni>uomini, FMNAM>femmena>femmina, FACLE>facele>facile.
Quando la e postonica il risultato della trasformazione di atona latina, allora tende a mantenersi: LTTRAM>lettera
e non littera.
Una e chiusa, oltre che da e da , pu provenire anche da atona, ma una postonica in sillaba non finale non pu
esistere in latino per la legge della penultima.

PASSAGGIO DI AR INTERTONICO E PROTONICO A ER:


La vocale intertonica posta tra laccento secondario e quello principale. Le parole di quattro o pi sillabe non hanno un
solo accento, ma due: laccento principale, ove si concentra il massimo dellenergia articolatoria, e laccento secondario,
su cui si concentra una parte dellenergia. In alcune parole determinate vocali o gruppi fonetici, posti tra questi due
accenti, hanno subito delle trasformazioni.
Nel fiorentino, in posizione intertonica il gruppo ar passato a er.
COMPARE>comparare>comperare, MARGARTAM>margarita>margherita
Passa a er non solo ar intertonico, ma anche ar protonico, cio precedente una sillaba accentata. Il fenomeno si
verificato:
- nelle parole con uscita in -era: frutteria,macelleria, pescheria,... Il suffisso -era la trasformazione di -ara, proveniente
da -ARA, con spostamento dellaccento sulla i per influsso del suffisso greco -a
- il suffisso -arello, derivato da -ARLLUS, incrocio fra -ARUS e -LLUS, passa a -erello: fattarello>fatterello,
vecchiarello>vecchierello
- Il suffisso -areccio, derivato da -ARCEUS, incrocio fra -ARUS e -CEUS, passa a -ereccio: boscareccio>boschereccio,
festareccio>festereccio
Il caso pi importante di passaggio di ar protonico a er riguarda le forme del futuro e del condizionale dei verbi di prima
coniugazione: canter, canterai, canter, canterei, canteresti, canterebbe,... Dallunione dellinfinito con le forme ridotte
del presente del verbo HABRE per il futuro, e con le forme del perfetto dello stesso verbo per il condizionale, si
generano delle voci verbali con ar intertonico che in fiorentino hanno subito il passaggio.
CANTARE HABEO>CANTARE AO>cantar>canter
CANTARE HBEUI>CANTARE EI>cantarei>canterei
Il passaggio di ar intertonico e protonico a er ha interessato solo il fiorentino antico e si esteso ai dialetti toscani
occidentali solo per alcune forme del futuro e del condizionale dei verbi di prima coniugazione. Per la limitatezza
dellarea in cui si prodotto, il fenomeno si indebolito nel tempo.
Il gruppo ar si mantenuto in sigaretta e nel meridionalismo mozzarella. Nellitaliano di oggi si sono imposte alcune
forme con ar intertonico originarie delle parlate di Roma, Milano o altri centri: acquarello, casareccio, bustarella,
pennarello, spogliarello.

LABIALIZZAZIONE DELLA VOCALE PROTONICA:


In alcune parole una e e una i protoniche seguite, e solo in pochi casi precedute, da una consonante labiale (p, b,f, v, m)
sono state attratte nellorbita articolatoria di questa consonante e si sono trasformate nelle vocali o oppure u. Si dice che
si sono labializzate.
DBRE>devere>dovere, DEMANDRE>demandare>dimandare>domandare, DE MANE>demane>dimani>domani
Pg 74: novella di Boccaccio

CONSONANTI CONSERVATE:
Varie consonanti del latino si mantengono inalterate quando passano in italiano, sia in posizione iniziale sia allinterno di
parola. Avviene in particolare per D, M, N, L, R, F.
DARE>dare, CAUDA>coda, MANM>mano, TIMREM>timore, NVEM>neve, PANEM>pane, LNTM>lento,
MLM>mulo, RTAM>ruota, CARM>caro, FCTM>fitto, BFALM>bufalo

ASSIMILAZIONE CONSONANTICA:
Lassimilazione consonantica regressiva il fenomeno per cui in un nesso di due consonanti difficili da pronunciare la
seconda consonante assimila, rende uguale, a s la prima, trasformando la sequenza di due consonanti diverse in
ununica doppia.
-CS- SAXUM>sasso, -CT- PACTUM>patto, -DV- ADVENIRE>avvenire, -MN- DAMNUM>danno, -PS- SCRPSI>scrissi,
-PT- SCRPTUM>scritto
In alcuni casi il nesso -CS- ha prodotto una sibilante palatale intensa: LAXARE>lasciare.
Mentre il fiorentino, e dunque litaliano, ha conosciuto solo lassimilazione regressiva, nei dialetti dellItalia
centromeridionale si ha anche lassimilazione progressiva, in cui la prima consonante a assimilare la seconda. Il nesso
-ND- viene realizzato come nn (MNDUM>monno in romanesco) e -MB- come mm (PLMBUM>piommo in romanesco).

CADUTA SI CONSONANTI FINALI:


In latino erano frequenti -M, -S, -T finali.
Nel latino parlato -M e -T caddero molto presto. La caduta di -M documentata in iscrizioni che risalgono a qualche
secolo prima di Cristo, mentre la caduta di -T attestata in alcuni graffiti trovati a Pompei e risale almeno al I sec d.C.
La -S finale o non caduta o non caduta immediatamente, producendo varie trasformazioni:
- nei monosillabi in alcuni casi si palatalizzata, cio si trasformata in i (NS>noi), in altri si assimilata alla
consonante della consonante iniziale della parola successiva ed il fenomeno del raddoppiamento fonosintattico
(TRS CAPRAS>tre capre)
- Nei polisillabi prima di cadere ha palatalizzato la vocale precedente, cio lha trasformata aumentandone il grado di
palalit: nella parola CAPRAS la -S finale ha trasformato la A che la precedeva in una E.

PALATALIZZAZIONE DELLOCCLUSIVA VELARE:


Originariamente la pronuncia della velare sorda k e della velare sorda g era indipendente dalla vocale che seguiva. Nel
latino tardo davanti alle vocali e e i si sono palatalizzate in c e g (suono attuale): attratte nellorbita articolatoria delle e e
della i (vocali palatali) si sono trasformate in affricate palati rispettivamente sorda e sonora. Nel passaggio dal latino
allitaliano il processo di palatalizzazione davanti E e I ha interessato la velare sorda K in posizione sia iniziale sia interna
(CLIM>ciglio, MACRARE>macerare) e la velare sonora g in posizione iniziale (GLU>gelo). In posizione inyerna la
velare sonora, dopo essersi palatalizzata, ha subito unulteriore trasformazione e si intensificata (LGIT>legge), in altri
si dileguata perch assorbita da una I successiva, detta omorganica perch pronunciata con gli stessi organi
articolatori della consonante precedente (SAGTTAM>SATTA>saetta).

TRATTAMENTO DI IOD INIZIALE E INTERNO:


Quale che fosse la vocale successiva lo iod si trasformato in unaffricata palatale sonora in posizione iniziale e in
unaffricata palatale sonora intensa in posizione intervocalica.
IACRE>giacere, IOHANNES>Giovanni, ICARE>giocare, MAIS>maggio, PIORM>peggiore

LABIOVELARE:
Indichiamo con il termine labiovelare la combinazione di una velare, sorda o sonora k e g, seguita da una u
semiconsonantica w. Se la velare sorda si parla di labiovelare sorda kw, se la velare sonora si parla di labiovelare
sonora gw.
Nel latino classico la labiovelare sorda poteva trovarsi sia allinizio (QUI) sia allinterno di parola (AEQUITAS), mentre la
labiovelare sonora era solo interna (ANGUILLA). Una parola italiana che inizi per labiovelare sonora di origine
germanica: guardare, guerra, guida...
In una parola italiana la labiovelare sorda pu essere primaria o secondaria. Si dice primaria se gi esisteva in latino e
secondaria quella che, non esistendo in latino, si prodotta nel passaggio dal latino volgare allitaliano. La labiovelare
sorda che si incontra in quale, quando, quattro, acqua primaria; la labiovelare sorda che si registra in parole come
cuore, qui, qua, questo, quello secondaria.
Se seguita da una A la labiovelare in posizione iniziale si conserva; in posizione intervocalica si conserva e rafforza la
componente velare: da QUALEM, QUANDO, QUATTUOR abbiamo quale, quando, quattro, da AQUAM abbiamo acqua.
Se seguita da una vocale diversa da A la labiovelare perde la componente w e si riduce a k: QUD, QUMDO T,
QUAERRE danno che, come, chiedere.
La labiovelare secondaria si mantiene intatta qualunque sia la vocale che segue. Ci accade per il fiorentino, ma in
alcune aree dialettali si ridotta a velare semplice.
La labiovelare sonora interna si mantiene in tutti i contesti. La gw interna pu aversi anche per sonorizzazione della
corrispondente sorda intervocalica kw: AEQULEM>equale>eguale/iguale>uguale.

SPIRANTIZZAZIONE DELLA LABIALE SONORA INTERVOCALICA:


In posizione iniziale o dopo consonante la B latina si conservata (BASUM>bacio); seguita da R diventata intensa
(FABRM>fabbro); in posizione intervocalica si trasformata in v (DBRE>dovere).
Si avuto un progressivo indebolimento del suono originario e in qualche caso tale indebolimento arrivato fino al
dileguo della v: accanto alle desinenze dellimperfetto -eva, -evano, -iva, -ivano si sono avute forme -ea, -eano, -ia, -iano.

SONORIZZAZIONE DELLE CONSONANTI:


Definiamo sonorizzazione il processo di indebolimento articolatorio per il quale una consonante sorda si trasforma nella
sonora corrispondente: p>b, k>g, t>d.
In tutta larea romanza occidentale le occlusive sorde latine P, C (seguita da A, O, U), T in posizione intervocalica e
interconsonantica (tra vocale e r), si sono trasformate rispettivamente in b, g, d. La b si poi spirantizzata e si
trasformata in v.
La sonorizzazione dellocclusiva intervocalica e interconsonantica sconosciuta alle parlate dellItalia mediana:
ACM>aco, LACM>laco.
Parole per cui la labiale si conservata sorda: APEM>ape
Parole per cui la labiale si sonorizzata e poi spirantizzata: RPAM>riva
Parole per cui la velare si conservata sorda: AMCM>amico
Parole per cui la velare si sonorizzata: LACM>lago
Parole per cui la dentale si conservata sorda: MARTM>marito
Parole per cui la dentale si sonorizzata: MATREM>madre
Nella maggioranza dei casi si sonorizzata anche la sibilante sorda del latino. S intervocalica resiste in casa, cos, naso,
nei suffissati in -oso e -ese. Negli altri esempi la s sorda: accusare, avvisare, caso,...
Nellarea romanza occidentale il processo di sonorizzazione delle consonanti intervocaliche ha interessato anche la f che
diventata v.

NESSI DI CONSONANTE +IOD:


(Iod una i seguita da unaltra vocale)
Nel passaggio dal latino allitaliano lo iod ha sempre trasformato la consonante che lo precedeva. La trasformazione pi
ricorrente stata il raddoppio della consonante stessa.

LABIALE E LABIODENTALE +IOD:


Nei nessi -PJ- e -BJ- lo iod ha prodotto il raddoppiamento della labiale.
SAPIA(T)>sappia!! RABIA(M)>rabbia
Poich allinterno di parola la V latina si confusa con la B, il nesso -VJ- ha subito lo stesso cambiamento di -BJ-.

VELARE +IOD:
Il processo di trasformazione di -KJ- e -GJ- ha conosciuto tre fasi:
- j ha intaccato la velare sorda e sonora attirandole nella sua orbita articolatoria e trasformandole in unaffricata palatale,
rispettivamente, sorda e sonora;
- Lo iod ha prodotto il raddoppiamento dellaffricata precedente;
- Iod si dileguato innanzi al suono palatale omorganico

DENTALE +IOD:
Il nesso -TJ- in Toscana ha avuto tre esiti:
- in alcune parole si trasformato nellaffricata dentale sorda [ts], doppia se il nesso era tra due vocali
(ARETIUM>Arezzo), scempia se era tra vocale e consonante (FORTIA>forza)
- Si trasformato in sibilante palatale sonora []. La sibilante palatale sonora rappresenta lesito galloromanzo del nesso
-TJ-, cio quello che avvenuto ad esempio nel francese. In Italia questo fono si utilizza solo a Firenze e in Toscana
(pronuncia toscana di ragione, stagione,...)
In alcune parole la medesima base latina ha avuto due continuatori, uno in [d] e uno in [tts]: PALATIUM ha dato palagio
e palazzo, PRETIUM pregio e prezzo.
ECCEZIONE: in un gruppo di verbi della prima coniugazione, tutti di formazione tarda, il nesso -TJ- preceduto da una
consonante non ha prodotto n unaffricata alveolare sorda [ts] n una sibilante sonora [], ma unaffricata palatale sorda
[t]. (CAPTIARE>cacciare)
Il nesso -DJ- in Toscana ha avuto due esiti paralleli:
- in alcune parole si trasformato nellaffricata alveolare sonora [dz], doppia se il nesso era tra due vocali
(MEDIUM>mezzo), scempia se il nesso era tra consonante e vocale (PRANDIUM>pranzo)
- In altre parole si trasformato in unaffricata sonora [d] intensa (HODIE>oggi)
Dalla medesima base latina RADIUM nellitaliano attuale si hanno sia raggio sia razzo.

NASALE +IOD:
Nel nesso -MJ- lo iod ha prodotto il raddoppiamento della nasale labiale che la precedeva (SIMIAM>scimmia).
Il processo di trasformazione -NJ- ha conosciuto due fasi:
- Iod ha prodotto il raddoppiamento della nasale precedente e Nj diventato NNJ;
- Iod ha intaccato la nasale velare intensa attirandola nella sua orbita articolatoria e trasformandola in una nasale
palatale intensa [ ]
(IUNIUM>IUNNJUM>giugno)

LATERALE +IOD:
Il processo di trasformazione del nesso -LJ- ha conosciuto due fasi:
- iod ha prodotto il raddoppiamento della laterale precedente e LJ diventato LLJ
- od ha intaccato la laterlae intensa attirandola nella sua orbita articolatoria e trasformandola in una laterale intensa []
(FILIAM>FILLJAM>figlia)

VIBRANTE +IOD:
Nel trattamento del nesso -RJ- c una notevole differenza tra Toscana e il resto dellItalia.
In Toscana la R caduta e il nesso RJ si ridotto a iod (AREAM>ARJAM>aia, CORIUM>cuoio).
I suffissi -aio e -oio presenti in parole come fioraio e lavatoio sono al continuazione dei suffissi latini -ARIUM e -ORIUM.
Anche in questi casi la R del nesso RJ caduta (GRANARIUM>granaio, LAVATORIUM>lavatoio).
In molti dialetti del resto dellItalia la R si mantenuta a cadere stato lo iod.
Fra le parole di origine non toscana con r conservata in italiano spiccano molti suffissi in -aro di provenienza
settentrionale (paninaro), romana (benzinaro) e merdionale (palombaro).
Anticamente anche in Toscana il plurale della parole in -aio era -ari e non -ai: granaio granari. Questa evoluzione era
del tutto regolare perch muoveva da un nominativo plurale latino in -ARII con successiva riduzione a una sola I:
GRANARIO>*GRANARI. Dopo il conguaglio delle due I finali, la R non cade pi perch non cera pi lo iod a
determinare la caduta. In un secondo tempo luscita in -ai, rimodellata analogicamente sulla terminazione del singolare in
-aio, ha sostituito luscita in -ari.
Lanalogia ha operato in direzione opposta, dal plurale al singolare, nella parola denaro<DENARIUM, nella quale il
mantenimento della R non dipende da una tendenza non toscana. Originariamente DENARIUM ha dato denaio al
singolare e denari al plurale.

SIBILANTE +IOD:
Il nesso -SJ- a Firenze e in Toscana ha dato due esiti paralleli: in alcuni casi ha prodotto una sibilante palatale sorda
tenue [], in altri ha prodotto una sibilante palatale sonora tenue []. Sono due forni propri della pronuncia toscana.

NESSI DI CONSONANTE +l:


I nessi di consonante +l si trasformano in nessi di consonante +j. Se il nesso a inizio parola o dopo consonante non vi
sono altre trasformazioni, se invece in posizione intervocalica lo iod che si prodotto determina il raddoppio della
consonante che lo ha preceduto.
-PL-: PLANUM>piano, AMPLUM>ampio, CAP(U)L(U)M>cappio
-BL-: BLASIU> Biagio, FIB(U)LAM> fibbia
-CL-: CLAVEM>chiave, CIRC(U)L(U)M> cerchio, SPECULUM>specchio
-GL-: GLAREA>ghiaia, UNG(U)LAM>unghia, TEG(U)LAM>tegghia (italiano antico), teglia
Levoluzione del nesso GL in posizione intervocalica rappresenta un caso particolare. Nel fiorentino antico si
regolarmente trasformato in GJ, con successivo raddoppiamento della velare [ggi].
TEG(U)LA(M)>tegghia
A partire dal 500 queste forme vengono modificate il GL: tegghia>teglia

S+L:
Questo nesso era sconosciuto al latino classico. In posizione iniziale si incontra solo in prestiti linguistici o in parole del
latino medievale. In posizione interna si sviluppato in seguito a un fenomeno proprio del latino volgare: sincope di
postonica interna alla sequenza -SL-, come per esempio (N)S()LA(M) ha dato Ischia.
Proprio perch il nesso non era originario per i parlanti era difficile pronunciarlo: inserirono una k: SL>SKL>skj.
SLAVUM>SKLAVU>schiavo

T+L:
Anche questo nesso era sconosciuto al latino classico, sia in posizione iniziale che interna. In latino volgare si formato in
seguito alla sincope di nella sequenza -TL-.
Il nesso secondario -TL- si confuso con il nesso -CL- e ha dato lo stesso risultato [kkj].
VETULUM>VETLU>vecchio
Pg 96: novella di Boccaccio
PROSTESI:
Aggiunta di un corpo fonico a inizio parola. Questo fenomeno si registrava soprattutto quando una parola terminante per
consonante era seguita da una parola iniziante per s+consonante: allinizio di questa seconda parola il parlante
aggiungeva una i (in iscena).
EPITESI:
Aggiunta di un corpo fonico alla fine di una parola. un fenomeno diffuso soprattutto nellitaliano antico e visibile
soprattutto nelle parole che terminavano con consonante: viene aggiunta una vocale.

EPENTESI:
Aggiunta di un corpo fonico al centro di una parola. Litaliano ha conosciuto sia quella consonantica sia quella vocalica.
Lepentesi consonantica si prodotta in alcune parole in cui vi era una sequenza di vocali: MANUALEM>MANOVALEM.
Il caso pi importante di epentesi vocalica laggiunta di i nelle parole in qui si ha la sequenza SM:
SPASMUM>spasimo.

AFERESI:
Caduta di un corpo fonico a inizio parola. Questo fenomeno registrabile negli aggettivi dimostrativi: questa>sta.
UNIVERBAZIONE: questa mattina> sta mattina> stamattina

SINCOPE:
Caduta di un corpo fonico allinterno di parola. A cadere sono le vocali o le sillabe pi deboli: non investe mai una sillaba
accentata. In molte parole ha interessato le vocali postoniche e le vocali intertoniche. un fenomeno molto antico
attestato dallAppendix Probi.
DOMINAM> donna

APOCOPE:
Caduta di un corpo fonico a fine parola. Pu essere vocalica, consonantica o sillabica.
Il caso pi importante quello dellaplologia prodottasi in parole terminanti in -t< -ATEM e -t< -UTEM. Laplologia la
cancellazione di suoni simili o identici vicini fra loro.
CIVITATEM> civitade> citt, VIRTUTEM> virtude> virt
Lapocope vocalica obbligatoria in tre casi:
- negli infiniti seguiti da un pronome atono: veder+lo> vederlo
- I sostantivi usati come titoli di rispetto o professione seguiti da un nome proprio: signor Vigon, dottor Ponti
- Aggettivo buono se precede il nome a cui si riferisce: del buon vino
importante non confondere lapocope con lelisione. Lelisione la caduta della vocale finale atona di una parola
davanti alla vocale iniziale della parola successiva: dallo alto> dallalto.

DISCREZIONE DELLARTICOLO:
collegabile al fenomeno dellaferesi. Data una parola iniziante per l o per la in alcuni casi il parlante interpreta questi
foni come forme dellarticolo e per conseguenza li separa dal resto della parola.

CONCREZIONE DELLARTICOLO:
Poich articolo e nome formano un tuttuno nella segmentazione della catena parlata, talvolta larticolo diventato parte
del nome: ASTRACUM> lastrico> lastrico.

RADDOPPIAMENTO FONOSINTATTICO:
Non si produce allinterno di una singola parola, ma nellambito della frase. definibile come unassimilazione regressiva
allinterno di frase.
Nella realizzazione della catena parlata parole grammaticalmente separate possono essere pronunciate unite. Nel caso
del raddoppiamento fonosintattico a essere pronunciate unite sono una parola terminante per consonante e una
successiva iniziante per consonante.
Si produce:
- dopo i monosillabi dotati di accento
- Dopo le parole tronche
- Dopo: come, dove, sopra, qualche

! ! ! - DAL LATINO ALLITALIANO: I MUTAMENTI MORFOLOGICI


NUMERI:
Il latino, come litaliano aveva due numeri: non sono avvenuti cambiamenti.

PERDITA DEL NEUTRO


Il neutro si perse e le parole che appartenevano a questo genere vennero trattate come maschili. Non scomparso del
tutto nella nostra lingua, rimangono dei relitti. In particolare alcune parole maschili singolari in -o presentano due plurali,
uno in -i (esito regolare del maschile) e uno in -a (relitto del plurale neutro), ciascuno con significati e usi specifici: il
braccio, i bracci, le braccia.
CASI E DECLINAZIONI:
Litaliano affida la funzione distintiva dei casi e delle declinazioni latine alle preposizioni. Gi in et classica si ridusse il
sistema dei casi.
Avvennero metaplasmi (passaggi) di declinazione, di genere e di numero.

DERIVAZIONE DALLACCUSATIVO:
Il caso da cui derivano i nomi laccusativo, ma vi sono alcune eccezioni:
- loro e coloro derivano da ILLORUM e ECCUM ILLORUM
- Firenze deriva da FLORENTIAE, genitivo locativo
- Uomo, moglie, re, sarto, ladro, drago e fiasco derivano dal nominativo: HOMO, MULIER, REX, SARTOR, DRACO,
FLASKO
Per i singolari appurato che il punto di partenza sia stato laccusativo, ma la ricostruzione del plurale pi complessa.
- i nomi maschili che al singolare escono in -o hanno il plurale in -i. Questultimo la continuazione del nominativo
plurale in -i
- I nomi femminili che al singolare escono in -a al plurale al plurale escono in -e. La spiegazione pi ovvia sarebbe che
questa desinenza derivi dalluscita -ae del nominativo plurale, con successivo monottongamento. Questa spiegazione,
per, contrasta con alcuni documenti latini di et medievale ricchi di tratti volgareggianti, in cui sono presenti forme di
accusativo plurale di prima declinazione in -es. Queste forme documentano una la fase intermedia di una
trasformazione in cui la -s della desinenza dellaccusativo plurale ha palatalizzato la A trasformandola in una e.
- I nomi maschili e femminili che al singolare escono in -e al plurale escono in -i. La desinenza al plurale continua la
desinenza -ES dellaccusativo plurale della terza declinazione. La -S ha palatalizzato la E e lha trasformata in una -i.

ARTICOLO:
Larticolo, sia determinativo che indeterminativo, presenta una novit. Larticolo determinativo continua ILLE, ILLA,
ILLUD, mentre quello indeterminativo UNUS, UNA, UNUM.

ARTICOLO INDETERMINATIVO:
UNUM> uno, un (forma sincopata), UNAM> una

ARTICOLO DETERMINATIVO MASCHILE:


ILLUM> lo, ILLI> li
Il si prodotto in un secondo tempo da una costola di lo. Molto presto divenne importante il suono finale della parola che
precedeva larticolo. Se la finale della parola che lo precedeva era una consonante, questa non ostacolava la piena
realizzazione della forma lo; se la finale della parola che lo precedeva era una vocale era facile che lo si riducesse alla
sola l.
Mirar lo sole - mirare l sole
Successivamente la l fu fatta precedere da una vocale, detta vocale dappoggio perch ne consentiva la pronuncia
autonoma. La vocale dappoggio fu diversa nei vari dialetti medievali.
Nellitaliano antico si aveva lo allinizio di frase e dopo parola terminante per consonante, si aveva il dopo parola
terminante per vocale: norma Grober. Questa norma non pi attiva.

ARTICOLO DETERMINATIVO FEMMINILE:


ILLAM> la, ILLAS> le

AGGETTIVI:
In latino laggettivo concordava non solo per genere e numero, ma anche per caso.
Gli aggettivi latini indicanti una qualit, un colore, una nazionalit erano organizzati in due diversi modelli flessionali, detti
classe.
Alla prima classe appartenevano gli aggettivi che per il maschile e il neutro seguivano il modello dei nomi di seconda
declinazione e per il femminile seguivano la prima declinazione.
Alla seconda classe appartenevano gli aggettivi che seguivano il modello dei nomi di terza declinazione.
Nel passaggio dal latino allitaliano gli aggettivi ebbero il medesimo trattamento dei nomi appartenenti alle declinazioni
omologhe alle classi aggettivali.

I GRADI DELLAGGETTIVO QUALIFICATIVO:


Si possono distinguere tre livelli: positivo, comparativo (A>B, A<B, A=B) e superlativo.
Nel latino classico il comparativo di maggioranza aveva una forma sintetica: era cio costruito su una sola parola, un
aggettivo comparativo formato dalla radice dellaggettivo di qualit seguita da un suffisso di maggioranza che era -IOR
per maschile e femminile e -IUS per il neutro.
I comparativi di minoranza avevano una struttura analitica: MINUS....TAM, ITA, AEQUAE...
Il superlativo poteva presentarsi sia con una forma sintetica che analitica. La forma sintetica era costruita dalla radice
dellaggettivo e dal suffisso -ISSIMUS, -ISSIMA, -ISSIMUM. Per la forma analitica si premetteva allaggettivo un
avverbio: MULTUM, VALDE, MAXIME, MIRE, ADMODUM.
PRONOMI PERSONALI:
Il sistema dei pronomi personali dellitaliano vicinissimo a quello latino.
Io< EO, forma ridotta di EGO
Me, tu e te sono regolari continuazioni di ME, TU, TE latini.
Noi e voi provengono da VOS e NOS: -S si palatalizzata.
Pi complesso il discorso per i pronomi di terza persona. Il latino non possedeva forme autonome che avessero questa
funzione e sopperiva alla mancanza adoperando i dimostrativi: ILLE, IPSE, IS,... Litaliano ha continuato queste forme
attribuendo loro la funzione di pronomi personali.
Alla base di quasi tutte le forme del pronome soggetto di terza persona maschile c la forma latino-volgare ILLI,
risultato del rimodellamento di ILLE sul pronome QUI: la sequenza ILLE QUI (colui il quale) era molto utilizzata, allora
ILLE prese la desinenza di QUI.
ILLI> elli
Quando ILLI precedeva una parola cominciante per vocale la -I stata percepita come uno iod: si determinato il nesso
-LLJ che ha prodotto gl >egli. Questa forma si poi generalizzata anche davanti a consonante. Successivamente da egli
si avuto ei.
ILLA(M)> ella, ILLAS> elle, (IL)LA(M)> la, (IL)LAS> le
IPSU(M)> esso, IPSA(M)> essa, IPSI> essi, IPSAS> esse
La forma eglino il risultato di un modellamento analogico: egli+no desinenza tipica della terza persona plurale dei verbi.
Su eglino fu modellano il femminile elleno.
ILLUI> lui, ILLAEI> lei, ILLORUM> loro
Le forme pronominali finora trattate sono toniche, ma litaliano presenta anche forme atone. Esse hanno funzione di
complemento e, in quanto atone, per la pronuncia si appoggiano al verbo. Proprio perch si appoggiano al verbo
vengono detti clitici e in particolare proclitici se precedono in verbo, enclitici se lo seguono.
Mi, ti e si derivano dalla chiusura della e di me, te, s.
Gli, lo, la, li e le derivano da varie forme declinate del pronome dimostrativo ille.
Ci proviene da (EC)CE HIC (ecco qui) on aferesi della sillaba iniziale e elisione della -E di ECCE.
Vi deriva da (I)BI.
Fra i pronomi atoni c la forma ne, continuazione dellavverbio INDE che in latino significava da questo luogo.

AGGETTIVI E PRONOMI PERSONALI:


Mio, mia e mie derivano da MEUM, MEAM, MEAS.
Miei viene da MEI con dittongamento di E tonica in je.
Tuo, tua, tue, suo, sua e sue da TUUM, TUAM, TUAS, SUUM, SUAM, SUAS. Queste forme hanno dato in un primo
tempo to, ta, te, so, sa, se.
Le forme TUI e SUI avrebbero dovuto produrre toi e soi, con o chiusa, noi tuoi e suoi. Forse tale dittongo modellato sul
dittongo ei di miei.
NOSTRU(M), NOSTRA(M), NOSTRI, NOSTRAS> nostro/a/i/e
VOSTRU(M), VOSTRA(M), VOSTRI, VOSTRAS> vostro/a/i/e (voster una forma colloquiale di vester)
(IL)LORU(M)> loro

AGGETTIVI E PRONOMI DIMOSTRATIVI:


Il latino classico aveva unampia gamma di aggettivi e pronomi dimostrativi.
HIC> questo, ISTE> codesto, ILLE> quello
IS serviva a richiamare un elemento gi presente nel testo o a rinviare a tale elemento.
IDEM equivaleva allitaliano stesso nel senso di sostitutivo di qualcuno o qualcosa gi nominato.
IPSE equivaleva allitaliano stesso nel senso di rafforzativo di quello stesso.
Il sistema dei dimostrativi del latino volgare fu ridotto e trasformato. Scomparvero HIC, IS, IDEM. HIC sopravvisse in
italiano solo nellaccezione di ci (ECCE+HOC) e nella congiunzione per (PER+HOC).
IS sopravvisse nellitaliano antico solo nella forma desso (proprio quello), derivante da ID IPSUM.
IPSE non fu pi utilizzato con il valore rafforzativo di stesso, ma con altri valori: articoloide o pronome personale.
Nel latino parlato i dimostrativi non furono usati da soli, ma vennero rafforzati dallavverbio ECCUM.
ECCU(M) ISTU(M)> coesto> questo, ECCU(M) TIBI ISTU(M)> cotevesto> codesto, ECCU(M) ILLU(M)> coello> quello
(I)ST(UM) IPSU(M)> stesso
METIP(SIS)SIMU(M)> METIPSIMU(M)> medesimo

PRONOMI RELATIVI:
Litaliano ha due tipi di pronome relativo: uno variabile (il quale, la quale, i quali, le quali) e uno invariabile (che, cui).
Il tipo variabile continua le forme dellaggettivo interrogativo QUALIS: dallaccusativo singolare QUALEM si avuto
quale, dal nominativo e accusativo QUALES si avuto quali.
Il tipo invariabile alterna che, usata in funzione di soggetto e complemento oggetto, alla forma cui, usata per gli altri
complementi con o senza preposizione.
Litaliano, antico e moderno, accoglie che anche in funzione di complemento indiretto. Litaliano antico e poetico
accoglieva cui anche in funzione di complemento oggetto.
CUI (dativo di QUI, QUAE, QUOD)> cui
QUID (pronome interrogativo e indefinito)> che
Secondo alcuni studiosi che potrebbe derivare da QUEM.
AGGETTIVI E PRONOMI INDEFINITI:
Qualche non deriva direttamente dal latino, ma dalla riduzione della locuzione italiana qual che sia.
Analogamente qualcuno e qualcosa derivano sa qualche uno e qualche cosa.
ALIQUE UNUM> AL(I)CUNU(M)> alcuno
CERTU(M)> certo
TALE(M)> tale
ALT(E)RU(M)> altro (in latino alter significava altro tra due, alius altro fra pi di due cose; in italiano si ha avuto un
conguaglio)
OMNE(M)> onne> ogni (omnis significava tutto il relazione al numero, totus tutto in relazione alla quantit; in italiano si
ha avuto un conguaglio). In fonetica sintattica la -e di onne se seguita da una parola cominciante per vocale si chiusa
in iato trasformandosi in una i che, in quanto seguita sa unaltra vocale, ha assunto il valore di iod. Il nesso nj si
trasformato in gn.
TOTU(M)> tutto

RIDUZIONE DELLE CONIUGAZIONI VERBALI:


- RE e -RE confluirono in ununica coniugazione.

FORMAZIONE DEL PRESENTE INDICATIVO:


Le terminazioni del presente indicativo italiano continuano quelle del latino.
Alla prima persona singolare generale la desinenza -o che caratterizzava i verbi di tutte e quattro le coniugazioni.
Alla seconda persona singolare generale la desinenza -i. In latino la desinenza era -S che nei verbi di prima, seconda
e terza, prima di cadere ha palatalizzato la vocale precedente fino a trasformarla in una -i.
Alla terza persona singolare la caduta della -T ha prodotto una terminazione -a nei verbi italiani di prima coniugazione, in
-e nei verbi di seconda e terza.
La desinenza della prima persona plurale -iamo. Luscita delle basi latine era -AMUS, -EMUS, -IMUS che ebbero lesito
-amo, -emo, -imo. Solo a Firenze queste desinenze sono convogliate in -iamo.
Alla seconda persona plurale le uscite -ate, -ete, -ite sono la regolare continuazione delle latine -ATIS, -ETIS, ITIS.
Luscita in -no della terza persona plurale il risultato di unestensione analogica. Dalle basi latine di terza persona
plurale del presente indicativo AMANT, TIMENT, SENTIUNT si ebbero in un primo tempo, per caduta della -NT finale, le
forme ama, teme e sento. Per evitare che queste forme si confondessero con la prima persona singolare i parlanti
svilupparono la desinenza -no.

FORMAZIONE DEL PASSATO REMOTO:


Il passato remoto italiano deriva dal perfetto indicativo italiano.
In latino questo tempo verbale poteva indicare un fatto compiutosi e conclusosi nel passato oppure poteva indicare il
risultato nel presente di un fatto accaduto nel passato. Litaliano rende questi valori con tre tempi: passato prossimo,
passato remoto e trapassato remoto.
I verbi regolari di prima e quarta coniugazione avevano un perfetto uscente in -AVI e -IVI. Le trasformazioni che le
singole voci subirono sono le seguenti:
- AMAVIT> amai, FINIVIT> finii. Cade la V intervocalica
- AMAVISTI> amasti, FINIVISTI>finisti. Si ha una sincope sillabica di VI
- AMAV(I)T> AMAUT> am, FINIV(I)T> FINIUT> fini> fin. La caduta di I produsse il dittongo AU che si monottong in o.
- AMAV(I)MUS> amammo, FIN(I)MUS> finimmo. La I cade per sincope, il nesso VM passa a mn per assimilazione
regressiva.
- AMA(VI)STI(S)> amaste, FINI(VI)STI(S)> finiste.
- AMA(VE)RU(NT)> amaro> amarono, FINI(VE)RU(NT)> finiro> finirono.
In alcuni verbi di seconda coniugazione si afferm una forma di passato remoto in -ei, -esti, -, -emmo, -este,-erono. Tale
modello si diffuse per analogia con il passato remoto dei verbi di prima e quarta del tipo amai e finii. Alcuni di questi verbi
alla prima persona singolare e alla terza persona plurale hanno una forma parallela in -etti, -ette, -ettero.

FORMAZIONE DEI TEMPI COMPOSTI:


In latino la forma attiva aveva solo la forma sintetica. La traduzione di di alcune forme verbali che in latino sono forme
sintetiche un tempo composto, come ad esempio lindicativo futuro anteriore (VENERO= sar venuto) e il congiuntivo
piuccheperfetto (VENISSEM= fossi venuto).
Le forme verbali composte, sconosciute al sistema verbale classico, erano diffuse nel latino parlato.

FORMAZIONE DEL PASSIVO PERIFRASTICO:


In latino la coniugazione passiva era costituita sia dalla forma semplice sia da forme verbali perifrastiche, date
dallunione di un participio perfetto con una voce del verbo sum.
Nel passaggio allitaliano le forme analitiche hanno soppiantato quelle sintetiche.

FORMAZIONE DEL FUTURO:


Lindicativo futuro aveva una formazione analoga a quella degli altri tempi verbali dellindicativo: radice+desinenza
propria del futuro che cambiava a seconda della coniugazione (-ABO, -EBO, -AM, -IAM).
Il latino aveva varie forme perifrastiche alternative al futuro sintetico. Ebbe fortuna una locuzione formata dallinfinito
seguito dal presente del verbo HABEO. Il verbo habeo assumeva il significato di di devo.
Alla base del futuro italiano c questa perifrasi.

FORMAZIONE DEL CONDIZIONALE:


In italiano il condizionale ha due funzioni: quella di esprimere la conseguenza allinterno di unipotesi giudicata possibile
o irreale e quella di esprimere il futuro in dipendenza da un passato. La lingua latina esprimeva questi significati in modi
differenti.
Il condizionale nato da una perifrasi del latino volgare formata dallinfinito e da una voce del verbo HABEO.
In fiorentino la forma utilizzata stata HEBUI, forma volgare del perfetto. Hebui si ridusse a -ei per sincope della sillaba
centrale e in questo modo si form la desinenza della prima persona singolare. Le rimanenti 5 desinenze derivano dalla
riduzione o dalla trasformazione delle altre persone verbali di HEBUI.
HEBUI> -ei, HEBUISTI> -esti, HEBUIT> -ebbe, HEBUIMUS> -emmo, HEBUISTIS> -este, HEBUERUNT> -ebbero
Nei dialetti dellItalia meridionale si registra unaltra forma di condizionale che deriva direttamente dal piuccheperfetto
indicativo: AMA(VE)RA(M)> amra. Su questa trafila si avuto fora (sarebbe).
Nella lingua dei poeti siciliani sincontra unaltra forma uscente in -ia. La forma originaria HABEBAM ha subito una forte
riduzione: sono rimaste solo la E e la A, la E tonica in siciliano ha dato i e quindi nata la desinenza -ia.
Pg 168: novella di Boccaccio

- DAL LATINO ALLITALIANO: ALCUNI MUTAMENTI SINTATTICI

DALLA SEQUENZA SOV ALLA SEQUENZA SVO:


Lordine abituale di una frase italiana SVO. Nella maggior parte delle frasi questordine obbligatorio perch quello
che, in assenza di unintonazione particolare o di altri elementi di riconoscimento, consente di distinguere soggetto e
oggetto. Nelle frasi marcate lordine viene alterato. Nel latino classico veniva privilegiata la sequenza SOV, ma nel latino
tardo si afferm SVO.

ESPRESSIONE E POSIZIONE DEL PRONOME SOGGETTO:


La lingua antica stata caratterizzata dalla tendenza di esprimere il pronome personale soggetto e a collocarlo prima del
verbo nella frase enunciativa (Messere, io ho ancora alcun peccato che io non vho detto) e dopo il verbo nella frase
interrogativa (Sapete voi qual la pi bella storia che sia nella Bibbia?). La lingua contemporanea ha abbandonato
questuso e tende a omette il soggetto pronominale in ogni tipo di frase.

ENCLISI DEL PRONOME ATONO:


Un altro tratto sintattico che ha caratterizzato litaliano antico, ma non caratterizza litaliano moderno consiste nellenclisi
del pronome personale atono. Nellitaliano contemporaneo normalmente i pronomi atoni si appoggiano al verbo che li
segue. In quattro casi, per, si appoggiano per la pronuncia al verbo che lli precede, al quale vengono uniti nella grafia:
vengono detti enclitici.
Lenclisi del pronome atono si ha:
- Con un imperativo
- Con un gerundio
- Con un participio isolato
- Con un infinito

LEGGE TOBLER-MUSSAFIA:
Nellitaliano antico i criteri di distribuzione dellenclisi e della proclisi dei pronomi atoni erano diversi e sono descritti dalla
legge Tobler-Mussafia. Nellitaliano antico lenclisi era obbligatoria:
- dopo pausa, allinizio del periodo
- Dopo la congiunzione e
- Dopo la congiunzione ma
- Allinizio di una proposizione principale successiva a una proposizione subordinata
Dopo il Quattrocento lobbligatoriet dellenclisi dei primi due casi decade.

FUNZIONI DI CHE: LE PROPOSIZIONI COMPLETIVE


Nel latino volgare il pronome QUD>che ha esteso la sfera duso che aveva nel latino classico e ha preso il posto di
molte parole come QUIA (congiunzione causale), QUOD (congiunzione causale-dichiarativa), QUAM (congiunzione
comparativa).
In italiano le proposizioni completive sono formate da che+indicativo o il congiuntivo nella fora esplicita e dalla
preposizione di+infinito nella forma implicita: qualche volta capita che venga a trovarci, tralascio il fatto che non sei
venuto, mi capita di far questo.
Rientrano nella categoria delle completive le proposizioni oggettive (so che Marco sta bene) e le soggettive ( opportuno
che Marco stia bene).
In latino le proposizioni completive si presentavano in tre forme:
- quod+indicativo
- Ut+congiuntivo
- Soggetto in accusativo e predicato verbale allinfinito
Nella lingua di tutti i giorni la costruzione con quod prevalse sulle altre. Nella costruzione della frase completiva
dellitaliano quod stato sostituito da quid.
Pg 179: novella di Boccaccio

- LE LINGUE DITALIA NEL MEDIOEVO

IL MILANESE ANTICO:
Il milanese appartiene ai dialetti gallo-italici, ovvero quei dialetti parlati nelle regioni che, prima della dominazione
romana, furono abitate dai galli. Sono tutti i dialetti settentrionali, eccetto il veneto.
Hanno alcuni tratti in comune:
- scempiamento delle consonanti doppie in posizione intervocalica: CATTAM>gata, MAMMAM>mama
- Sonorizzazione generalizzata delle consonanti sorde intervocaliche che successivamente possono spirantizzarsi, cio
trasformarsi da occlusive in spiranti e poi anche cadere: AMITA (zia materna)> meda
- Passaggio delle affricate palatali alle affricate alveolari: CMCEM>smeze (bolognese)
- Caduta delle vocali finali e debolezza delle vocali atone, tranne la a che resiste. Le vocali finali si mantengono nel
ligure.
- Presenza di vocali turbate, tipiche del francese.
- Esiti di -CT- difformi dal risultato toscano in cui si ha assimilazione regressiva. In Piemonte e in Liguria -CT- passa a -it-:
LACTEM>lait. Negli altri dialetti passa a ts: LACTEM>lach
Pg 188: Bonvesin de la Riva

VENEZIANO ANTICO:
- conservazione delle vocali finali, tranne dopo liquida e nasale (frutarol, pan) e discreta resistenza delle vocali atone. Le
vocali finali cadono in aree esposte allinflusso del ladino
- Assenza di vocali turbate
- Presenza di dittonghi ie e uo in sillaba libera, come nel toscano
Dei tratti del veneziano antico sono scomparsi e li possiamo ricostruire attraverso il De Vulgari Eloquentia:
- conservazione del nesso -PL-
- Conservazione della s finale nel futuro verrs
Pg 191: il tristano veneto

ROMANESCO ANTICO:
Fino al Cinquecento il dialetto parlato a Roma apparteneva al sistema dei dialetti meridionali: a quellepoca sub una
forte trasformazione con larrivo di pontefici toscani e con il sacco di Roma del 1527 che port allo spopolamento di degli
abitanti originari.
Romanesco medievale:
- mancanza di anafonesi: lengua, fameglia
- Conservazione della e atona, specie protonica: entorno, medecina
- Conservazione di ar postonico e intertonico: zuccaro, cavallaria
- La metafonesi (e chiusa e o chiusa del latino volgare passano a i e a u) non esisteva nel romanesco medievale:
presentava, per, il dittongamento metafonetico
- Epentesi di una dentale sorda del gruppo costituito da una liquida o da una nasale dentale e da una sibilante:
PENSO>penzo
- Assimilazione progressiva nei nessi -ND-, -MB-, -LD-: NDAM>onna, PLMBUM>piommo, CAL(I)DUM>callo
- La laterale preconsonantica si vocalizza: MLTUM>moito
Pg 196: la Cronica

NAPOLETANO ANTICO:
- metafonesi
- Dittongamento metafonetico
- Sviluppo della vocale atona finale in vocale indistinta
- Epentesi della dentale nei gruppi di nasale o liquida+sibilante
- Spirantizzazione della labiale sonora intervocalica anche allinterno di frase e dopo r
- Conservazione di iod latina IAM>I. Allo stesso esito giunge anche G davanti a vocale palale GNTEM>iente
- Esito di -PJ- in affricata palatale sorda di grado intenso: SAPIO>SCIO>saccio. In un paio di casi questo esito si
affermato anche in italiano: piccione, saccente.
- Esito di -CJ- in affricata dentale sorda di grado intenso: FACIO>fazzo
- Esito di -SJ- in sibilante sorda: BASIUM>vaso, CAMSIAM>cammisa
- Esito di PL- in occlusiva velare+iod: PLS>chi, PLANGIT>chiagne
- Raddoppiamento di m intervocalica: TRMAT>tremma
- Tra i pronomi dimostrativi presente il sistema tripartito: chistu, chillu, chissu
Pg 200: lepistola napoletana di Giovanni Boccaccio

SICILIANO ANTICO:
La differenza principale con gli altri dialetti il sistema vocalico. Non esistono i dittonghi ie e uo: gli altri dittonghi sono
molto rari. Manca la metafonesi. Manca lapocope sillabica negli infiniti. Mancano le vocali turbate. I tratti condivisi con i
dialetti meridionali riguardano essenzialmente il consonantismo.
Pg 203: il lamento di parte siciliana
LE KOINE EXTRA-TOSCANE:
Per koin si intende una lingua sovraregionale che si affianca o si sostituisce, nelluso scritto o parlato, ai singoli idiomi in
uso in una certa area geografica. Nel contesto italiano si pu parlare di koin solo in riferimento alluso scritto che and
sviluppandosi nella cancellerie del Quattrocento. Non si identifica con una determinata lingua, ma come una serie di
tendenze che si manifestano simili in aree diverse. Il volgare che si usava in queste situazioni presentava tre caratteri:
- fondo regionale locali, con eliminazione o attenuazione dei tratti linguistici troppo marcati o esclusivi di una sola zona
- Latinismi
- Toscano letterario delle Tre Corone
Pg 205: la koin settentrionale quattrocentesca

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