TRA LINGUISTICA
E GLOTTODIDATTICA
di Laura Brugé
LABORATORIO ITALS
UNIVERSITÀ “CA’ FOSCARI” - VENEZIA
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MASTER ITALS “Linguistica e glottodidattica” Laura Brugé
INDICE
0. Introduzione ........................................................................................................ 2
1. L’importanza della linguistica ............................................................................ 3
2. Grammatica o grammatiche ................................................................................ 5
2.1 Quale grammatica insegnare ......................................................................... 9
2.2 Grammatica implicita vs. grammatica esplicita .......................................... 11
3. La grammatica generativa ................................................................................. 12
3.1. Principi universali e parametri ................................................................... 13
3.2. Un esempio di parametro ........................................................................... 14
3.3 La grammatica generativa e Noam Chomsky ............................................. 16
3.4 La grammatica generativa: una possibile definizione................................. 17
4. La grammatica delle valenze ............................................................................ 18
5. Le discipline della grammatica ......................................................................... 21
5.1. Fonetica e Fonologia .................................................................................. 21
5.2. Morfologia ................................................................................................. 22
5.3. Sintassi ....................................................................................................... 23
5.4. Semantica ................................................................................................... 24
5.5 Dalle discipline della grammatica all’analisi contrastiva ........................... 25
6. I costituenti ....................................................................................................... 28
6.1. Prove di costituenza ................................................................................... 31
6.2 Riflessione didattica sui costituenti ............................................................ 33
7. Funzioni grammaticali e ruoli semantici .......................................................... 36
7.1. Il caso dei verbi inaccusativi ...................................................................... 38
7.2. La rilevanza didattica dei verbi inaccusativi .............................................. 41
8. Conclusioni ....................................................................................................... 42
BIBLIOGRAFIA .............................................................................................. 43
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0. Introduzione
Insegnare una lingua straniera è un’attività complessa. Nell’ultimo Ventennio si
è finalmente diffusa anche tra i non addetti ai lavori la convinzione che per
insegnare una lingua non sia sufficiente essere madrelingua. Per insegnare
efficacemente una lingua occorre certamente conoscerla alla perfezione, ma sono
anche necessarie competenze diversificate e approfondite. In primo luogo a un
buon insegnante è richiesta una competenza metodologica, ovvero la capacità di
muoversi liberamente tra i differenti metodi e approcci e di scegliere quelli di volta
in volta più idonei per la situazione nella quale si trova a insegnare. In secondo
luogo dovrà possedere un’eccellente competenza culturale e conoscere e saper
trasmettere elementi di civiltà della lingua che insegna. Inoltre risulta fondamentale
la competenza grammaticale (o formale) della lingua che si insegna, in modo tale
da poter giustificare di fronte ai propri studenti determinate scelte linguistiche o dar
conto del motivo per cui in un certo contesto si usa una forma piuttosto che un’altra,
capacità che, in genere, un semplice madrelingua non possiede. La competenza
grammaticale richiede pertanto una formazione consapevole nella teoria
linguistica.
Riflessione
Oltre alle competenze appena delineate, quali altre conoscenze e competenze
sono necessarie a un docente di italiano L2/LS? Confrontiamoci insieme nel
forum!
Questo modulo affronta proprio questioni di linguistica centrate sul sistema della
grammatica dell’italiano delineando le ipotesi concettuali su cui si fonda la teoria
linguistica della grammatica generativa, che ha la sua origine nel saggio di Noam
Chomsky Syntactic Structures (1957), e chiarendo che cosa si intenda per modello
valenziale della grammatica (anche grammatica delle valenze), introdotto da
Tesnière in Éléments de syntaxe structurale (1959) e rivisitato per la didattica
dell’italiano da Francesco Sabatini.
Inoltre, verranno discusse nozioni proposte nell’ambito del modello formale
denominato a principi e parametri, che Chomsky elaborò nel 1981, e verranno
introdotti i campi di indagine delle diverse discipline linguistiche che rendono
espliciti i principi e le regole che risiedono all’interno dei livelli di cui si compone
la grammatica. Infine ci si concentrerà sui costituenti, sui ruoli semantici e sulla
categoria verbale degli inaccusativi per invogliare i docenti a provare (anche in
maniera collaborativa attraverso il forum) a chiedersi se sia possibile elaborare, a
partire dalle semplici considerazioni teoriche di questo modulo, strategie didattiche
che possano essere proposte in una classe di italiano L2/LS per aiutare i discenti a
sciogliere dei nodi chiave della grammatica italiana, come ad esempio la scelta
dell’ausiliare corretto con i tempi composti.
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Riflessione
Conosci le grammatiche di Sabatini? Le hai mai utilizzate con i tuoi alunni?
Benché siano rivolte a un pubblico italofono, ritieni che si possano utilizzare (in
tutto o in parte) anche in contesti di apprendimento L2/LS?
Per un’illustrazione più precisa del modello di Sabatini, puoi leggere un
approfondimento qui:
http://www.unisannio.it/lincei/Materiale_Proietti/GrammItValenzialeSabatini
.pdf
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Approfondimento
Puoi leggere in rete l’intero contributo di Balboni:
http://virgo.unive.it/ecf-workflow/upload_pdf/1_1_12_Balboni.pdf
e, eventualmente, commentarlo nel forum assieme a tutor e colleghi.
Una delle possibili risposte alla riflessione precedente potrebbe essere così
articolata:
La conoscenza delle (o di alcune) teorie linguistiche permette al docente di
acquisire consapevolezza sulla grammatica della lingua che si accinge ad
insegnare. Ciò gli permette di giungere a delle generalizzazioni rispetto al
funzionamento della lingua in questione, le quali possono favorire la
programmazione del corso e l’insegnamento in sé.
Il docente, inoltre, conoscendo le proprietà morfosintattiche più significative
della propria lingua, in comparazione con quelle di altre lingue, può arrivare a
intuire in anticipo i problemi che gli studenti stranieri potrebbero avere
nell’apprendimento di certi aspetti linguistici della lingua straniera, nel caso
specifico, l’italiano. In questo modo, può organizzare con più facilità e in modo più
efficace la programmazione didattica e i materiali di rinforzo.
Riflessione
Il docente di lingua straniera potrà sfruttare al meglio i risultati raggiunti dalla
ricerca in ambito linguistico se li ha assimilati ed è in grado di ricorrere ad essi
per coglierne le implicazioni di cui servirsi nella pratica didattica.
Dal punto di vista del docente, la linguistica si rivela importante per molti aspetti,
quali? Confrontiamoci insieme nel forum!
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2. Grammatica o grammatiche
Alzi la mano chi, a partire almeno dai 6 anni, non abbia avuto a che fare con la
grammatica! La grammatica ci perseguita fin dai primi anni della scuola
elementare, ma solo raramente ci si interroga sul reale significato del termine.
Partendo da considerazioni etimologiche, possiamo dire, come ci aspettavamo, che
la parola ‘grammatica’ ha origini greche e deriva da grammatiké (techne), ovvero
‘arte dello scrivere’, dato che la parola greca grámma significa ‘lettera’ o ‘carattere
scritto’. In origine quindi il termine nasce per caratterizzare la lingua scritta. Sul
modello greco poi i latini coniarono il termine (ars) grammatica: una disciplina
fondamentale che veniva impartita ai giovani in modo che si avvicinassero
all’insegnamento teorico della lingua e allo studio dei classici.
Riflessione
Sicuramente siamo concordi nel dire che la grammatica è una branca della
conoscenza, ma se dovessimo darne una definizione, saremmo in grado di farlo?
Prima di proseguire con la lettura, ci si confronti nel forum sulle diverse
definizioni/accezioni del termine ‘grammatica’.
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Per molti linguisti moderni (per citare un solo nome, ad esempio Serianni) invece
la grammatica dovrebbe limitarsi a descrivere il sistema lingua, così come questo è
scritto, parlato e trasmesso (sono sempre più numerosi infatti gli studi sull’italiano
digitale/digitato) dai suoi parlanti, con un occhio attento a tutte le varietà (cfr. il
modulo di “Sociolinguistica”). Di questa accezione di grammatica il vocabolario
Treccani ci fornisce una definizione: “rappresentazione sistematica di una lingua e
dei suoi elementi costitutivi, articolata tradizionalmente in fonologia, morfologia,
sintassi, lessicologia”. Come si vede si parla di ‘rappresentazione’, ovvero di
fotografare com´è e come funziona una lingua.
Come scrivono Andorno e Ribotta (1999: 17) in realtà secondo entrambe queste
prime accezioni di grammatica, essa rappresenta delle regole / regolarità di una
lingua. Spesso però per ‘grammatica’ si intendono anche le regole/ regolarità stesse,
ovvero un insieme di regole grammaticali e non l’intero sistema e il suo
funzionamento. Secondo quest’accezione il dizionario Treccani riporta la seguente
definizione: “l’arte di scrivere e parlare correttamente e le regole che la
costituiscono”. Infine quando si parla di ‘grammatica’, ad es. nella frase “Ho
dimenticato la grammatica a casa!”, pronunciata da un alunno della scuola media,
allora ci si riferisce al libro-contenitore che raccoglie le regole/regolarità di una
lingua; una sorta di unicum tra la scienze, dato che in nessun altro caso una branca
della conoscenza finisce con l’identificarsi terminologicamente con il testo che la
descrive: immaginiamo come reagirebbe un ipotetico interlocutore se ascoltasse la
frase “ho dimenticato la matematica a casa!”.
Secondo la concezione chomskiana, invece, la grammatica di una lingua
naturale è sì un sistema di regole (e di principi) funzionale però a generare, vale a
dire a descrivere mediante le stesse regole del sistema, l’insieme delle frasi di una
lingua. Queste regole corrispondono, nella visione di Chomsky, a meccanismi
mentali immanenti al parlante madrelingua, che gli permettono di produrre e
comprendere un numero infinito di enunciati a partire da un numero finito di regole.
Dato che una lingua naturale è un sistema complesso, articolato su più livelli, la
grammatica di una lingua naturale dovrà essere in grado di descrivere non solo le
possibili relazioni e combinazioni che si stabiliscono tra le parole di quella lingua
per derivare frasi, ma anche gli aspetti inerenti al suono e al significato di quella
lingua.
Riassumendo e riordinando quanto emerso fino ad ora, va detto che dal punto di
vista della metodologia di analisi, si suole distinguere, almeno, tre tipi di
grammatica: la grammatica normativa, la grammatica descrittiva e la
grammatica predittiva.
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Ti sei mai chiesto che tipo di insegnante sei/sarai in base al tuo rapporto con la
grammatica e la norma? Se vuoi puoi fare un gioco e svolgere un questionario, ormai
ben noto, elaborato da Anna Cattana e Maria Teresa Nesci (2004) per definire il tuo
profilo di correttore e per confrontarti nel forum con i colleghi con il risultato ottenuto.
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Per quanto concerne gli aspetti del significato la grammatica di una lingua deve
essere in grado di determinare, ad esempio, le relazioni di coreferenza tra certi
elementi della frase affinché questi possano essere interpretati correttamente.
Date le frasi:
(1) a. Giannii vide sé stessoi allo specchio
b. Giannii vide lui*i/j allo specchio
la grammatica dovrà riuscire a determinare le ragioni per cui in (1a) Gianni e se
stesso devono riferirsi allo stesso individuo (come mostra l’identità degli indici
sottoscritti), e al tempo stesso spiegare le ragioni per cui in (1b) Gianni e lui non
possono riferirsi allo stesso individuo (come mostra la diversità degli indici
sottoscritti) benché Gianni e lui siano coreferenti in (2):
(2) Mi hanno detto che Giannii ha rubato, ma io so che luii queste cose non le fa.
Inoltre, nonostante frasi del tipo di (1a) siano ben formate, la grammatica deve
riuscire a determinare anche le ragioni per cui frasi del tipo di (3) sono sempre
agrammaticali:
(3) a. *Sé stessoi vide Giannii allo specchio
b. *Giannii pensò che sé stessoi era in grado di farcela
La grammatica di una lingua, quindi, per rendere conto di tutti questi aspetti,
deve comprendere livelli di analisi diversi.
Riflessione
Sulla base delle osservazioni del modulo, prova a riflettere sui libri di testo che hai
adottato in classe o che vorresti adottare, spiegando il motivo della tua scelta e
cercando di individuare per ogni testo il tipo di approccio seguito. Potresti anche
pensare di stilare una tabella in cui raccogli alcuni dati che riguardano una scelta di
5 libri di testo sull’italiano L2 e LS: schematizza informazioni che riguardano il tipo di
approccio seguito, l’impostazione grammaticale, le caratteristiche linguistiche
dell’italiano che viene presentato, e confronta poi i tuoi risultati con i colleghi del
forum.
Riflessione
Dopo aver letto le spiegazioni sui diversi tipi di grammatica, prova a riflettere su quale
tipo di grammatica ti basi (o ti baseresti, se dovessi insegnare) nella fase della
riflessione grammaticale e, in generale, nella progettazione delle attività didattiche.
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Riflessione
Dopo aver letto queste riflessioni sulla grammatica esplicita e implicita e su
approccio deduttivo o induttivo, tocca a te: quale tipo di atteggiamento
contraddistingue il tuo modo di insegnare la grammatica? Confrontati nel forum
con i colleghi e con il tutor!
3. La grammatica generativa
La grammatica generativa, come abbiamo precedentemente affermato, ha la
sua origine nel saggio di Noam Chomsky, Syntactic Structures, pubblicato nel
1957.
La teoria chomskiana si fonda sull’ipotesi che ogni individuo è fornito di una
struttura cognitiva biologicamente determinata, cioè innata, che viene denominata
facoltà del linguaggio. Questa costituisce ciò che Chomsky chiama lo stato
iniziale della mente.
Lo stato di conoscenza di una lingua particolare che un parlante adulto raggiunge
viene definito come un sistema di principi e di regole che specifica le proprietà di
un insieme illimitato di espressioni linguistiche.
Nel quadro chomskiano il termine grammatica viene ad assumere una duplice
connotazione: da un lato equivale al sistema rappresentato mentalmente che
costituisce lo stato della conoscenza della lingua raggiunto da un parlante adulto,
cioè la competenza che il parlante ha di quella lingua; dall’altro equivale alla teoria
costruita per rendere esplicite le proprietà della grammatica interiorizzata, cioè le
proprietà della competenza.
In base a ciò, la grammatica viene definita come un sistema di principi e di regole
che generano l’insieme delle frasi di una lingua. Una grammatica di questo tipo
viene definita generativa perché qualsiasi frase risulta, o viene generata,
dall’applicazione, in un determinato ordine preciso, di alcune delle regole che fanno
parte del sistema.
Il parlante riesce a dare giudizi di grammaticalità o di agrammaticalità rispetto a
certe strutture senza però riuscire a spiegarne le ragioni, e quindi si parla di
conoscenza inconscia della grammatica.
Le lingue naturali appaiono come sistemi di enorme complessità formale. Tuttavia,
ogni individuo esposto ad una qualsiasi lingua fin dai suoi primi anni di vita è
capace di superare le difficoltà che implica l’elaborare la grammatica di quella
lingua (la propria lingua), e raggiunge il livello della competenza linguistica adulta
a partire dagli enunciati di questa, i quali gli vengono forniti senza alcun
insegnamento, in maniera frammentaria e in buona parte deformata, dato che essi
sono il prodotto dell’esecuzione (Performance) di altri parlanti.
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Tuttavia, è interessante osservare che frasi del tipo di (6) non vengono mai prodotte
nel corso dell’apprendimento. Questo fatto porta a concludere che una regola come
quella formulata in (5) non viene mai presa in considerazione da un individuo che
apprende l’italiano, e neppure da individui che apprendono una qualsiasi altra L1.
Nel corso dell’apprendimento, infatti, un individuo non cerca mai di costruire
ipotesi indipendenti dalla struttura sintagmatica, cioè che coinvolgono sequenze
arbitrarie di parole.
La mancanza, nella produzione linguistica, di frasi del tipo di (6) porta quindi a
sostenere che la dipendenza dalla struttura (sintagmatica) sia una proprietà,
meglio ancora un principio, che fa parte della GU.
Una regola che fa riferimento alla nozione di struttura sintagmatica potrebbe essere:
(7) “Dato un verbo finito, cerca il S(intagma) N(ominale) soggetto e accorda il verbo
con i tratti di persona e numero del suo nome testa”
Se si confronta la regola in (5) con quella in (7), si può osservare che la prima non
è certamente più complessa o logicamente sfavorita rispetto alla seconda.
Secondo Chomsky la grammatica universale (GU) è costituita da un sistema
altamente strutturato e restrittivo di principi, i quali devono essere formulati nel
modo più generale possibile, per permettere la realizzazione delle diverse
grammatiche delle lingue naturali.
Inoltre Chomsky propone che i principi generali che costituiscono la GU siano
dotati di parametri, cioè di variabili aperte, il valore delle quali (ad esempio,
positivo o negativo) dovrà essere fissato dall’esperienza, cioè dai dati a cui un
individuo viene esposto fin dai primi anni di età.
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Un individuo che apprende una lingua come l’italiano, a contatto fin dai primi anni
di vita con i dati di questa, sceglierà l’opzione SÌ, assegnando pertanto questo
valore alla variabile aperta. Invece, se la lingua con cui entra in contatto è, ad
esempio, l’inglese, sceglierà l’opzione NO del parametro.
(10) italiano inglese
a. ___ è arrivato *___ arrived.
b. ___ è arrivato Gianni *___ arrived John
c. ___ piove *___ is raining
d. Chi credi che ___ sia arrivato? *Who do you think that ___ arrived?
La scelta positiva per il parametro del soggetto nullo fa sì che in italiano il soggetto
pronominale possa non realizzarsi foneticamente. In inglese, invece, la scelta
negativa fa sì che lo stesso elemento non possa mai essere omesso, (10a). Il
parametro in (9), inoltre, dà la possibilità a lingue come l’italiano di esprimere il
soggetto in posizione postnominale, mentre ciò non può verificarsi in lingue come
l’inglese, (10b). Inoltre, impedisce ai verbi ‘impersonali’ di esprimere
foneticamente il pronome soggetto; in inglese, invece, con la stessa classe di verbi
la posizione di soggetto strutturale deve essere sempre segnalata, nel caso specifico
mediante la forma espletiva it, (10c). Infine, se all’interno di frasi subordinate il
soggetto di queste viene interessato dalla regola di formazione di interrogative
(chi/who), in italiano deve comparire il complementatore che (cioè l’introduttore di
frasi complemento flesse); in inglese, invece, all’interno delle stesse costruzioni, il
complementatore that non può mai essere espresso (10d).
Il contrasto tra lingue a soggetto nullo da un lato e lingue non a soggetto nullo
dall’altro sembra potersi spiegare nel modo seguente: nelle lingue in cui la flessione
verbale è sufficientemente ricca da poter distinguere le varie persone grammaticali
(come accade in italiano, spagnolo, russo, ecc.), il soggetto può essere nullo
foneticamente, dal momento che i tratti di accordo del verbo permettono di
recuperarne il contenuto. Nelle lingue dove invece la morfologia del verbo è povera
(come accade in inglese, francese, ecc.) il soggetto pronominale deve avere
realizzazione fonetica, poiché il suo contenuto non può essere recuperato dai tratti
di accordo stessi del verbo. Quest’ultima osservazione potrà essere utile per far
riflettere un apprendente straniero sul motivo per il quale, anche in italiano, sarà
necessario esprimere il soggetto pronominale in frasi al congiuntivo presente come:
(11) desidero che tu venga domani
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Approfondimento
Ascolta al minuto 13:00 l’intervista a N. Chomsky in lingua inglese, in cui lo studioso
risponde alla seguente domanda: Qual è l’intuizione più interessante della
linguistica che larga parte del pubblico sembra non conoscere o aver apprezzato?
https://youtu.be/Y3PwG4UoJ0Y?t=782
Riflessione
Dopo ciò che hai letto nel modulo e approfondito con qualche ricerca in rete, sei in
grado di redigere un breve testo in cui spieghi che cosa s’intende per grammatica
generativa?
Puoi confrontare il tuo lavoro con il testo del paragrafo 3.4, scritto da un corsista
qualche anno fa.
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Riflessione
Nel Nozionario di glottodidattica del sito Itals si dà la seguente definizione di
‘competenza’ e ‘esecuzione’: http://www.itals.it/nozion/nozc.htm
La dicotomia viene dall'universo concettuale della linguistica chomskiana.
"Competenza" indica il sistema di regole (intese come meccanismi di
funzionamento, non come norme) che è incluso nella mente e che permette di
comprendere o produrre indefinite frasi, anche mai udite prima, ben formate
secondo le regole stesse.
La realizzazione effettiva di frasi basate sulla competenza viene chiamata
"esecuzione"; in inglese il termine è performance, ma tale termine non ha diretta
connessione con la "competenza performativa", che è una componente della
competenza comunicativa.
Il concetto di competenza, soprattutto se preso in opposizione a "esecuzione", pare
richiamare la dicotomia saussuriana langue/parole: si tratta di una somiglianza
superficiale, in quanto basterà osservare che il concetto di competenza è di natura
psicolinguistica e si applica al singolo parlante, mentre quello di langue è di matrice
(semiotico)-linguistica e si applica ad una comunità.
a. Da una parte si vuole descrivere la grammatica delle singole lingue che “generi”
tutte e solo le frasi grammaticali di quella lingua. In questo senso, la grammatica
è un insieme di principi e di regole che “generano” l’insieme delle frasi di una
lingua. In tal modo, ritengono i generativisti, si descrive la conoscenza implicita
che un parlante ha della propria lingua (competence = competenza, che
corrisponde per molti aspetti alla langue saussuriana: la competenza, come dice
Chomsky in Knowledge of Language del 1986, descrive la lingua “interna”,
così come è nella mente, indipendentemente dalle situazioni concrete d’uso)
b. Dall’altra la grammatica generativa vuole anche indagare (ed è questo il tratto
più caratteristico del mutamento concettuale prodottosi nel pensiero
chomskiano negli ultimi vent’anni) le proprietà universali comuni a tutte le
lingue, fino a risalire alla descrizione di una Grammatica Universale: in
sostanza si cerca di determinare il concetto di lingua umana biologicamente
possibile, e di stabilire i limiti entro i quali le lingue del mondo possono differire
tra loro.
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Riflessione
Guarda la presentazione della grammatica Sistema e testo all’indirizzo:
https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/156b2154a08f68e2?projector=1
e prova a ipotizzare in che modo la rilettura della grammatica valenziale da parte
di Sabatini potrebbe essere applicata alla didattica dell’italiano L2/LS. Ti suggerisco
di provare a ipotizzare un lavoro di ampliamento della frase minima con determinati
circostanti o di partire da un verbo che permette diverse costruzioni per inventare
frasi diverse. Ma sentiti libero di esplorare altri percorsi.
Come anticipato, uno stesso verbo può però rappresentare drammi differenti e
quindi un verbo bivalente / trivalente / tetravalente potrebbe in alcune costruzioni
non avere la necessità di esprimere il secondo, terzo, quarto attante (saturare la
valenza, per riagganciarsi alla chimica). Ad esempio il verbo “cantare”, che è
bivalente, dà luogo a una frase ben formata anche se si apre lo scenario e “Alfredo
canta” (monovalente), così come il verbo trivalente “dare” ammette sia la
costruzione “do ai poveri” che “do la mano a qualcuno”.
Come è già stato detto, Sabatini ha avuto il merito di saper applicare la teoria
valenziale alla pratica didattica, elaborando dapprima una lunga serie di riflessioni
teoriche o operative culminate della pubblicazione del “DISC” (Dizionario della
lingua italiana Sabatini Coletti) e più recentemente diversi manuali per didattica
della grammatica L1 ma anche L2. Di fatto, la teoria valenziale si presta in molti
casi più della grammatica generativa a una rilettura in chiave didattica anche perché
si colloca a cavallo tra la sintassi e la semantica e permette un facile superamento
della didattica tradizionale dell’analisi logica, che si perde nei meandri dei troppi
complementi non classificabili né intuitivamente né logicamente da parte dei
parlanti nativi.
Se la grammatica valenziale è ormai abbastanza diffusa nella pratica didattica dei
docenti di italiano L1, non accade altrettanto per l’italiano L2/LS, benché Sabatini
abbia avanzato diverse ipotesi che la spingono in questa direzione (cfr. soprattutto
il contributo di Carmela Camodeca (2013).
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Approfondimento
Per approfondire lo studio della grammatica delle valenze applicata alla didattica
dell’italiano sono disponibili diversi saggi in rete.
Se vuoi saperne di più sull’argomento, potresti partire da qui:
Lettera sul ritorno alla grammatica
http://www.unipv.it/iscr/programmi_dispense_05_06/lettere/pantiglioni/Lette
ra%20sulla%20grammatica%20Sabatini.doc
Grammatica dell’italiano secondo il modello valenziale
http://www.unisannio.it/lincei/Materiale_Proietti/GrammItValenzialeSabatini.
pdf
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Per quanto concerne l’italiano, è legittimo affermare che all’interno del suo sistema
fonologico esiste un solo fonema nasale alveolare (sonoro), /n/. Questo fonema,
però, può essere associato a tre realizzazioni concrete, o foni, differenti, denominati
allofoni. Gli allofoni, non hanno funzione distintiva, e sono considerati come
varianti combinatorie di uno stesso fonema, le quali si realizzano sistematicamente
a seconda del contesto fonetico in cui quel particolare fonema si viene a trovare.
Gli allofoni, quindi, entrano in distribuzione complementare tra loro: dove compare
l’uno non può comparire l’altro.
Ritornando al caso del fonema /n/ dell’italiano, diciamo quindi che esso viene
realizzato foneticamente come nasale velare, [N], davanti ai segmenti occlusivi
velari /k/ ed /g/, come si può riscontrare in:
(13) ancòra; inchino; angolo; ingrato
Lo stesso fonema /n/ si realizza, invece, come nasale labiodentale, [M], davanti ai
segmenti fricativi labiodentali /f/ e /v/, come esemplificano i casi seguenti:
(14) anfibio; infinito; invasione; invidia
Infine, il fonema /n/ viene pronunciato, come nasale alveolare in tutti gli altri
contesti, come mostrano i casi in:
(15) nave; antico; insidia
5.2. Morfologia
La Morfologia è la disciplina linguistica che si occupa di studiare la struttura interna
della parola. Consta di regole che hanno lo scopo di definire l’insieme delle parole
possibili di una determinata lingua naturale, specificando inoltre quali sono i
processi morfologici possibili e i principi generali che sottostanno alla formazione
delle parole. L’unità minima oggetto di studio della morfologia è costituita dal
morfema, unità astratta che viene rappresentata concretamente dal morfo (cfr. la
differenza fonema/fono). Il morfema viene definito come un’unità linguistica
uguale a o più grande del fonema, esso infatti può comprendere uno o più fonemi
(es. e, di, bar, ieri, ecc.), e più piccola della parola concreta (es. andiamo, velocità,
ecc.). Inoltre, il morfema viene definito come la più piccola unità dotata di
significato.
La morfologia suole distinguere i morfemi in tre classi principali: i morfemi radice
(o radici); i morfemi flessivi; i morfemi derivazionali.
I morfemi flessivi indicano i rapporti grammaticali che essa stabilisce all’interno
della frase, non vanno ad incidere sul significato della parola, ma realizzano
informazioni cosiddette funzionali. All’interno delle categorie nome e aggettivo,
ad esempio, queste informazioni funzionali sono rappresentate dal genere, dal
numero e dal caso. All’interno della categoria verbo, invece, le informazioni
funzionali sono costituite dalla persona, dal tempo, dal modo, dalla voce (attivo o
passivo) e dall’aspetto (imperfettivo abituale (leggo), durativo (sto leggendo),
perfettivo (lessi).
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5.3. Sintassi
La Sintassi si occupa di determinare le combinazioni possibili delle parole
all’interno di una data lingua naturale dal punto di vista formale delle parole stesse.
Le parole si combinano in unità più grandi chiamate sintagmi, che a loro volta si
combinano per formare la frase. Determinare le ragioni per cui, ad esempio,
sequenze del tipo di “*il con attentamente” non appartengono alla grammatica
dell’italiano, è compito della Sintassi.
La frase viene considerata come l’unità (massima) di studio di questa disciplina.
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L’italiano, che risponde all’ordine di base SVO, cioè all’ordine S(oggetto) V(erbo)
O(ggetto), può permettere ordini diversi. Questa proprietà si deve all’applicazione
delle regole che operano nel livello della Sintassi e che, da una struttura profonda
particolare, danno luogo a strutture s(uperficiali) diverse, come si può osservare nei
casi in:
(17) a. Ieri Gianni è arrivato da Londra
b. Ieri è arrivato Gianni da Londra.
c. Gianni è arrivato ieri da Londra.
d. Gianni è arrivato da Londra ieri.
e. Gianni ieri è arrivato da Londra.
Nonostante questa libertà nell’ordine, però, non si può certo affermare che
qualunque ordine sia ammesso in italiano. Infatti, le frasi in (18) risultano
agrammaticali:
(18) a. *Ieri è Gianni da arrivato Londra.
b. *Londra da è Gianni ieri arrivato.
5.4. Semantica
La Semantica specifica le regole funzionali a descrivere il significato grammaticale
delle frasi di una lingua. Si occupa sia del significato delle singole parole, sia del
significato che la frase assume d’accordo con le relazioni che si stabiliscono tra i
suoi componenti.
Un esempio di analisi semantica applicato all’ambito della parola è la regola che
predice il significato di un aggettivo derivato come apribile, cioè "che può essere
aperto", dando come noto il significato della radice verbale ad essa associata
apri(re).
Tutti gli aggettivi derivati con il suffisso -bile in italiano sono formati da una radice
verbale transitiva e sono associati al seguente significato: ‘che si può V inf.’ oppure
‘che può essere V part.pass.’.
Un esempio di analisi semantica che interessa il dominio della frase è rappresentato
dall’interazione tra la negazione e i quantificatori.
In italiano, così come in molte altre lingue, un quantificatore con funzione di
oggetto diretto riceve interpretazione ambigua se all’interno della stessa frase si
trova nell’ambito di una negazione. La frase in (19), infatti, può ricevere due
interpretazioni differenti:
(19) Non conosco molte persone
La prima di queste interpretazioni viene descritta dalla teoria linguistica come
l’interpretazione in cui ‘la negazione ha portata ampia rispetto al quantificatore’,
di conseguenza ne modifica il valore. La rappresentazione semantica associata a
questa interpretazione può essere parafrasata nel modo seguente:
(20) Conosco poche persone (non molte = poche)
La seconda interpretazione che la frase in (19) può ricevere viene descritta come
quella in cui ‘è il quantificatore ad avere portata ampia sulla negazione’. La
rappresentazione semantica associata a quest’ultima interpretazione corrisponde
alla parafrasi in (21):
(21) Ci sono molte persone che non conosco (molti non li conosco)
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La linguistica contrastiva è la disciplina che mette a confronto due lingue con l’obiettivo di
individuare e descrivere somiglianze e differenze. Poiché le lingue sono sistemi complessi,
l’unico modo per compararle è analizzare una singola area per volta (suoni, strutture
sintattiche, ecc.). Il termine “contrastivo” è dovuto al fatto che l’interesse principale della
ricerca è la descrizione dei “contrasti”. Il concetto di contrasto può essere definito come una
divergenza tra una lingua A e una lingua B, osservata rispetto a un elemento comune.
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Come si vede da questa definizione, per analizzare in maniera contrastiva due o più
lingue, è imprescindibile fare appello alle discipline della grammatica, analizzando
di volta in volta i suoni, la sintassi, la morfologia, il lessico ecc. Se è vero che il
compito di comparare lingue diverse spetta al linguista, e che molti studiosi in tempi
recenti hanno minimizzato l’influsso che la L1 avrebbe nell’apprendimento di una
L2, è anche vero che l’insegnante, a contatto da lunghi anni con discenti di una
certa LM che egli stesso condivide, è in grado di giungere a qualche
generalizzazione e deve in ogni caso saper elaborare delle strategie per rendere più
efficace l’apprendimento della lingua e tradurre in attività didattiche le sue
riflessioni, talvolta spontanee e intuitive, sulla differenza tra LM e lingua target.
Esercitazione
Come esercitazione pratica potresti individuare un ambito della grammatica che ti
interessa in modo particolare (consiglierei di concentrarti soprattutto sulla morfologia o
la sintassi, che per questo modulo sono più significative) e che sia particolarmente
ostico per i tuoi studenti (o per studenti immaginari se non hai esperienza di
insegnamento). Quindi ti invito ad analizzare gli errori (sono dettati dalla L1 di
partenza? o da difficoltà comuni a tutte le L1? o ancora dalla distanza tipologica tra la
LM e l’italiano?) e a stendere una breve griglia (o più semplicemente un elenco). In
seguito sarebbe interessante costruire una breve attività didattica (anche un solo
esercizio) per cercare di aiutare gli alunni a superare le difficoltà evidenziate.
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6. I costituenti
Prima ancora di leggere il paragrafo che segue si provi a partire dalla riflessione
seguente:
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Evidentemente in una frase alcune parole sono più legate tra loro rispetto ad altre,
quindi una frase non è una semplice giustapposizione di parole, ma alcune parole
costituiscono dei gruppi.
Nell’ambito del modello della grammatica generativa, l’idea fondamentale su cui
si basa la Sintassi è che la frase sia dotata di una propria struttura interna. La
struttura interna deve riuscire a definire e rappresentare in modo adeguato le
relazioni che nel dominio della frase si vengono a stabilire tra un insieme più o
meno complesso di entità linguistiche inferiori rispetto ad altre superiori
(gerarchia), in base a come queste entità vengono combinate (linearità).
La frase (unità sintattica maggiore) è quindi il risultato della combinazione di unità
sintattiche inferiori, i costituenti o sintagmi, in cui sono organizzate le parole di
una frase.
I costituenti di livelli massimali possono selezionare, realizzare, e essere
argomenti.
Le categorie sintattiche maggiori corrispondono alle categorie lessicali e sono:
nome, verbo, aggettivo, preposizione e avverbio, avremo quindi un SN, SV, SA,
SP, SAvv.
Un sintagma nominale (SN) può essere costituito dalla sola categoria sintattica
nome, che ne rappresenta il nucleo, oppure da più parole; può essere formato dal
solo nome proprio Gianni (il nucleo), o dal nucleo più un elemento che lo
determina, come può essere: l’uomo, oppure raggiungere una complessità del tipo:
“l’uomo con gli occhi azzurri che vive vicino a casa mia”.
Un SN può trovarsi in posizione di soggetto, di complemento oggetto, ecc., come
indica negli esempi in (25) la posizione contrassegnata con X:
(25) a. X è partito X = Gianni/ l’uomo/il ragazzo con gli occhi azzurri
[SOGG] che vive vicino a casa mia
b. Ieri ho visto X
[OGG]
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Come il SN, ogni altra categoria sintattica maggiore costruisce, o proietta, il proprio
sintagma, che può essere formato dal solo nucleo oppure dal nucleo aggregando
alla sua destra e alla sua sinistra altre parole, a loro volta organizzate in costituenti:
(26) a. sintagma aggettivale (SA): molto contento di Maria
(quantificatore+aggettivo+complemento [SP])
b. sintagma avverbiale (SAvv): abbastanza lontano dalla città
(quantificatore+avverbio+complemento [SP])
c. sintagma preposizionale (SP): di sua sorella
(preposizione+complemento [SN])
d. sintagma verbale (SV): dare un libro a Maria
(verbo+complemento [SN]+complemento [SP])
L’analisi della frase in costituenti può essere rappresentata o mediante parentesi
quadre, o mediante una struttura ad albero (entrambi denominati indicatori
sintagmatici), come mostrano le esemplificazioni in (27) che rappresentano
strutturalmente la frase esempio: “il giovane studente parla con il nuovo
professore”.
(27) a. [F [SN il [giovane [studente]]] [SV parla [SP con [SN il [nuovo
[professore]]]]]]
(27) a. [F [SN il [giovane [studente]]] [SV parla [SP con [SN il [nuovo [professore]]]]]]
b. F
SN SV
SP
SN
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III criterio di costituenza: movimento → un costituente può essere mosso dalla sua
posizione di base da un’operazione di movimento.
Il fatto che solo sequenze di parole che formano un costituente possono occupare
una posizione differente da quella di base (che occupano in struttura profonda) può
essere osservato facendo ricorso alla regola di formazione di interrogative.
Solo il verbo della frase principale, cioè il costituente immediato del costituente
F(rase) superiore, può muoversi alla posizione iniziale della frase per formare una
costruzione interrogativa. Questo requisito spiega la buona formazione di (35b),
partendo dalla frase dichiarativa in (35a), e l’agrammaticalità di (35c), dove il verbo
che viene mosso non dipende direttamente dal costituente F(rase) principale:
(35) a. Il pilota che vinse la gara sapeva che i freni non funzionavano.
b. [Sapeva][il pilota che vinse la gara][ __ che i freni non funzionavano]]?
c. *[Vinse][il pilota che __la gara][sapeva che i freni non funzionavano]]?
Un altro esempio che coinvolge l’applicazione della regola di formazione di
interrogative è dato dal movimento di un SN oggetto diretto dalla sua posizione di
base alla posizione iniziale di frase. Partendo da una costruzione del tipo di (36a),
è possibile derivare frasi ben formate del tipo di (36b), ma mai costruzioni del tipo
di (36c-d): in questi due ultimi casi, le sequenze di parole sottoposte alla regola di
formazione di interrogative non formano tra di loro un costituente:
(36) a. Ha incontrato [SN un ragazzo americano]
b. [Chi] [ ha incontrato [ ___ ]]?
c. *[Chi] [ ha incontrato [ un ___ ]]?
d. *[Chi] [ ha incontrato [ ___ americano]]?
Il pronome interrogativo chi può riprendere l’intero costituente SN [+umano] e non
delle sottoparti di esso. In italiano, inoltre, se un costituente SN compare nel
dominio di una preposizione, allora il costituente più ampio SP verrà interessato
dalla regola di movimento per la formazione di interrogative. In questi casi la
preposizione dovrà pertanto precedere il pronome interrogativo che si realizza in
posizione iniziale di frase, come è possibile osservare nei seguenti contrasti: “[ A
chi] [ hai parlato [ _ ]]?” vs. “*[Chi] [ hai parlato [ a _ ]]?”, diversamente da quanto
accade in inglese nel dominio di certe preposizioni (cfr. “Who did you speak to?”).
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Si noti che in (38a) il SP di moto a luogo è coordinato con un altro SP dello stesso
tipo. Invece, in (38b) lo stesso SP di moto a luogo è coordinato con un SP di tipo
diverso (che secondo la tradizione definiamo ‘complemento di mezzo’).
Osservando questi ultimi contrasti, si può concludere che la coordinazione
costituisce una valida prova non solo per distinguere i costituenti da sequenze di
parole che non formano un costituente, ma anche per distinguere costituenti dello
stesso tipo da costituenti di tipo diverso, sia in senso categoriale sia in senso
semantico.
L’analisi della frase in costituenti, inoltre, permette di descrivere le ambiguità
strutturali, e quindi semantiche, che si verificano con certe costruzioni
nell’intuizione del parlante. A tale proposito, si osservi la frase in (39a) e le
rappresentazioni delle due possibili interpretazioni espresse rispettivamente in
(39b) e (39c):
(39) a. La signora parlò dei genitori di Maria e di Gianni
b. La signora parlò [SP dei genitori di Maria] e [SP di Gianni]
c. La signora parlò [SP dei [N genitori [SP di Maria] e [SP di Gianni]]]
Secondo l’analisi in (39b), uno dei membri della coordinazione è i genitori di
Maria, che con Gianni costituisce il complemento del verbo parlò. Invece, secondo
l’analisi in (39c), uno dei membri della coordinazione è solo Maria, che con Gianni
rappresenta il complemento genitivo coordinato del nome genitori.
Esercizio 1: vuoi provare ad applicare alle due frasi almeno tre prove di
costituenza?
Esercizio 2
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Esercizio 3
In ognuna delle frasi seguenti cancella tutti i costituenti non indispensabili per
ottenere una frase minima grammaticale:
Esercizio 4
Individua almeno tre costituenti (esclusa la frase stessa) in ognuna delle frasi
seguenti:
Esercizio 5
In quale delle frasi seguenti non è possibile considerare “il terrorista” un
costituente?
Esercizio 6
Usa tre diversi test di costituenza per dimostrare che “a casa propria” è un
costituente nella frase che segue:
1) Chi è stato a lungo all’estero, dopo un po’, desidera tornare a casa propria.
Dopo aver tentato di risolvere gli esercizi, confrontati con i compagni del forum e
con il tutor per le soluzioni.
Esercizio 7
Come dice Cecchetto (2002: 17-18):
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Il parlante ha una competenza implicita, cioè una conoscenza operativa della lingua di cui è
parlante nativo. La nozione di costituente può illustrare in cosa consista questa competenza
implicita. I costituenti sono coinvolti in gran parte delle operazioni sintattiche messe in atto da
un parlante dell’italiano (ma è lo stesso per le altre lingue). Per spostare un gruppo di parole
da un punto a un altro della frase al fine di evidenziarlo, per rispondere a delle domande con
delle forme ellittiche, per inserire degli avverbi nella posizione giusta, per attuare processi
come la pronominalizzazione e per fare molto altro ancora, bisogna sapere quando un gruppo
di parole forma un costituente (e bisogna anche sapere che tipo di costituente esso sia). Siccome
tutte queste sono operazioni sintattiche molto semplici che chiunque non sia affetto da
patologie del linguaggio sa fare, possiamo concludere che chiunque di noi sa riconoscere i
costituenti, almeno a livello operativo.
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II Parte: Caccia al tesoro, in due squadre: ogni squadra prepara una serie di prove
(con supervisione ed eventuale aiuto dell’insegnante), racchiuse in buste numerate,
che l’altra squadra risolverà. Le buste vengono consegnate dalla docente, ogni volta
che si riconsegna una prova (oppure nascoste per la classe e cercate sulla base di
bigliettini-indovinello). Vince chi finisce prima, ma con meno errori. Le prove sono
corrette dalla squadra che le ha preparate; l’insegnante supervisiona e toglie uno o più
punti per ogni prova mal corretta. PROVE: Tutte quelle della I parte. Nella prova 7 la
squadra avversaria deve rappresentare con due disegni i diversi significati della frase
ambigua.
Feedback e riflessione finale con l’insegnante.
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LOCATIVO: ‘il luogo in cui sono situati l’azione o stato espressi dal predicato’
(46) a. Il professore è a Londra
b. La piazza brulicava di giovani manifestanti
c. La scatola contiene molti cioccolatini
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Esercizio 1
Nei paragrafi precedenti è stata tracciata una netta distinzione tra funzioni
grammaticali e ruoli semantici. Infatti, se secondo la grammatica tradizionale il
soggetto di una frase è “colui che compie l’azione” (cioè l’agente) anche a una
riflessione poco profonda ci si accorge che questo non è sempre vero.
Prova a stabilire quali sono i ruoli semantici che entrano in gioco nelle parole in
grassetto in ognuna delle frasi seguenti:
Confronta poi le tue soluzioni con quelle dei colleghi nel forum.
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Riflessione
Come hai affrontato o affronteresti in classe il problema della scelta dell’ausiliare nei
tempi composti? Puoi proporre una tua soluzione o confrontare quale soluzione
adottano alcuni manuali di didattica dell’italiano.
Approfondimento
Per approfondire l’uso didattico dell’inaccusatività potresti leggere l’articolo di Chiara
Zamborlin
Essere o avere? Oltre le regole tradizionali per comprendere la selezione dell’ausiliare
nel passato prossimo. Applicazione glottodidattica delle nozioni di ruolo semantico e
di verbo inaccusativo, in “Insegnare Italiano in Giappone (Atti della IV Settimana della
Lingua Italiana nel Mondo)”, pp. 39-72. Tokyo: Istituto Italiano di Cultura. In rete è
scaricabile dal sito www.academia.edu
https://www.academia.edu/10628555/Essere_o_avere_Oltre_le_regole_tradizion
ali_per_comprendere_la_selezione_dell_ausiliare_nel_passato_prossimo._App
licazione_glottodidattica_delle_nozioni_di_ruolo_semantico_e_di_verbo_inacc
usativo?auto=download
Esercizio 1
Con i verbi cambiare, affondare, rompere, fornisci una coppia di frasi in cui
ciascun verbo sia usato come transitivo (1) e come inaccusativo (2).
Esercizio 2
Trasforma i verbi vestire, stancare, sbagliare in inaccusativi.
Esercizio 3
I verbi arrivare e calare sono inaccusativi o hanno una controparte inaccusativa.
Dimostralo con degli esempi.
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Dopo aver svolto gli esercizi, confrontati sui risultati ottenuti con i colleghi del
forum.
8. Conclusioni
In questo modulo sono state affrontate alcune nozioni di linguistica teorica
adottando come modello di analisi la teoria linguistica proposta da Chomsky
denominata grammatica generativa; si è scelto però di gettare uno sguardo anche
ad altri modelli di analisi della frase, in primo luogo a quello della grammatica
valenziale nella rilettura di Sabatini. Qualche accenno è stato fatto all’analisi
contrastiva e a tre argomenti particolarmente interessanti e utili per chi insegna
italiano L2/LS, ovvero la divisione della frase in sintagmi o costituenti, l’attenzione
ai ruoli semantici e l’esistenza di una classe di verbi denominati inaccusativi.
L’analisi di questi fenomeni, unitamente alle riflessioni di natura didattica che ne
conseguono, permette di rafforzare la convinzione che la conoscenza di nozioni di
linguistica teorica da parte dei docenti di lingua straniera sia un fatto irrinunciabile.
Solo grazie a queste conoscenze l’insegnante potrà elaborare strategie di
insegnamento più economiche ed efficaci che trovano la loro espressione sia nella
scelta dei testi e nella progettazione (curricolo e sillabo) e organizzazione del corso,
sia in classe durante il momento della riflessione grammaticale, sia, infine, nella
preparazione di materiali di approfondimento e di supporto.
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BIBLIOGRAFIA
Chomsky, N. (1986) Knowledge of Language. Its Nature, Origin, and Use, New
York, Praeger; trad. it. La conoscenza del linguaggio, Milano, Il Saggiatore,
1989.
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Rastelli, S. (a c. di) (2010) Italiano di cinesi, italiano per cinesi: dalla prospettiva
della didattica acquisizionale, Perugia, Guerra.
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