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- Tylor e Frazer: interpretarono i rituali come resti delle prime fasi della religione primitiva. La loro
interpretazione si fondava sulla teoria dell’animismo, per cui animali, piante e oggetti inanimati
sarebbero dotati di un’anima. Per questi evoluzionisti, il rituale dimostrava l’esistenza di antiche e
primitive sopravvivenze nei successivi stadi della cultura e persino nella religione contemporanea. Le
loro interpretazioni sono intellettualiste, nel senso che i rituali riflettevano una visione di comprensione
del mondo, e letteraliste, perché i rituali erano considerati capaci di operare effettivamente sul mondo.
- Myth and ritual school: la presenza delle forme rituali era utilizzata come tentativo per risolvere l’enigma
rappresentato ai miti. Se si poteva rintracciare indietro nel tempo un rituale corrispondente, poteva
essere scoperto il significato originale del mito. Questo approcciò fu molto influente, ma non contribuì
alla soluzione del problema rituale. Si scoprì che era difficile trovare i rituali corrispondenti ai miti.
- Robertson Smith: rituali come strumenti per incrementare la coesione sociale nei gruppi religiosi.
Indagò le forme antiche del sacrificio e scoprì che il loro scopo non era solamente quello di offrire doni
agli dèi, giacché il sacrificio rappresenta anche una comunione tra dio e i suoi adoratori, attraverso una
partecipazione congiunta nella carne e nel sangue di una vittima sacra.
- Durkheim: riprese le teorie di Robertson Smith, mettendo in evidenza come i rituali funzionano
sanzionando i doveri del gruppo e che esercitano una forza sociale poiché si riferiscono ad agenti
sovrannaturali e tengono insieme le comunità per mezzo di disposizioni comuni. Ancora una volta, i
rituali non riguardavano tanto gli dèi, quanto gli esseri umani. Questo approccio presentava un nuovo
modo di concepire il rituale che sembrava avere senso.
- Mauss: diffuse le idee sulla natura sociale del rituale, considerandole una modalità di comunicazione,
una forma di scambio simbolico per mezzo del quale esseri umani e sovraumani potevano essere tenuti
insieme per garantire il sostentamento del mondo. Il suo modello considerava importante l’ambito
sovraumano. Ad uno sguardo più ravvicinato si può notare che tutte le religioni operano sulla base dello
stesso principio, sia che gli esseri umani sacrifichino bestiame, fiori o che rappresentano loro stessi o
che mormorino preghiere. La condizione necessaria è che gli esseri umani vivano in accordo con le regole
legate ai postulati sacri basilari.
- Malinowski: egli si concentrò sulle funzioni e sugli aspetti psicologici dei rituali nel suo lavoro sul campo
tra gli abitanti delle Isole Trobriand in Melanesia. Sperando di mostrare come le pratiche rituali fossero
una speciale modalità di comportamento, un’attitudine pragmatica costruita allo stesso modo sulla
ragione, sul sentimento e sulla volontà. I rituali erano infatti pragmatici, esercitavano funzioni e
producevano effetti, tanto nella magia che nella religione. Questa visione interpreta i rituali e la religione
come modi di operare nel mondo. I partecipanti al rituale credono che questi abbiano effetti causali sullo
stato del mondo a vari livelli: non solo su quello materiale, ma anche quello mentale, sociale e
sovrannaturale. Questi effetti multi-livello del rituale sono comunemente chiamati efficacia.
- Arnold Van Gennep: riconobbe che i rituali possiedono forme e strutture distintive; egli scoprì che i
rituali, specialmente i riti di passaggio, possiedono una struttura sequenziale tripartita comune,
caratterizzata da una fase di separazione, di transizione e di reintegrazione. Questo modello può essere
ulteriormente perfezionato giungendo a cinque fasi, nel quale la transizione è chiamata liminale (soglia).
Il significato del rituale è un tema complesso e dibattuto. Sebbene sia possibile trovare rituali apparentemente
privi di significato, la maggior parte di questi sono significativi e possiedono scopi.
- Regole costitutive poiché rappresentano le condizioni di esistenza di qualcosa: esistono, quindi, regole
costitutive per tutti gli aspetti del nostro mondo sociale.
- Regole regolanti dicono invece cosa fare. Tutto questo rientra all’interno delle religioni, sebbene nessun
filosofo se ne sia occupato molto.
Tutte le tradizioni religiose abbondano di regole, alcune più di altre, ma la funzione sociale di base delle regole e
della religione è strutturare la vita umana: ovunque un individuo diventa una persona perché è stato incorporato
nel mondo sociale degli altri. Le regole possiedono potere deontico: ci fanno o non ci fanno fare cose. La religione
è una realtà istituzionale creata attraverso la rappresentazione linguistica ovvero attraverso il linguaggio come
mezzo creativo. Le istituzioni dei mondi sociali sono costruire attraverso un meccanismo di proiezione, attraverso
cui i fenomeni soggettivi raggiungono lo status di realtà collettive, sociali e reali quando vengono largamente
accettate. Le istituzioni formano una sorta di linguaggio o “grammatica” di norme sociali relative a ciò che è
considerato, per esempio, legale, etico, impuro, blasfemo. Le istituzioni richiedono agli esseri umani un certo
grado di ordine e di struttura.
In contrasto con le istituzioni, vi sono le organizzazioni, le quali consistono in una cooperazione formalizzata tra
individui e gruppi che facilita certe tipologie di azione. Un gruppo religioso funziona come un’istituzione quando
istruisce i suoi membri su visione del mondo ed ethos adeguati e come organizzazione quando alcuni membri del
gruppo sono leader mentre altri sono semplici laici e vengono definite delle regole per stabilire in che modo si
possa divenire un membro di quel dato gruppo. La Chiesa cattolica è sia un’istituzione sia un’organizzazione con
una sede, una gerarchia e delle regole di appartenenza.
Le istituzioni possono anche essere di tipo rituale, essere continuative e durature, o invisibili finché non vengono
messe in atto. I rituali rappresentano il versante espressivo delle istituzioni sociali. Questo significa che molte
istituzioni sociali possono restare invisibili per lungo tempo, per poi essere attivate e divenire visibili quando
rilevanti o essere così comuni da passare inosservate.
Le istituzioni, quindi, regolano e governano le vite degli esseri umani, che sia individualmente e collettivamente,
consciamente e inconsciamente. Secondo Durkheim, le istituzioni e i corrispondenti sistemi di classificazione
sono fatti sociali che possiedono una forza coercitiva sugli esseri umani in società. Le istituzioni sociali risiedono
negli esseri umani senza che essi ne siano consapevoli, perché sono ciò che sono, sono date per scontate e il loro
potere deontico non è messo in discussione. Le istituzioni operano all’interno dei sistemi classificatori degli esseri
umani, fornendo norme, regole e valori di una certa visione del mondo., attraverso narrazioni mitiche e fondative,
messe in pratica nei rituali. Le cosmologie religiose sono costruite, ad esempio, attorno alla distinzione tra sacro
e profano, che implica l’istituzione e il mantenimento dei confini attraverso norme e regole. Esempi di istituzioni
religiose omnicomprensive, complesse e resilienti possono essere trovate nelle norme e nei sistemi inerenti la
purità e l’impurità: come afferma Mary Douglas la definizione di sporcizia sia una faccenda fuori posto, qualcosa
che necessita di un’ordinazione culturale e di una classificazione sistematica. In quanto soggetti percipienti noi
selezioniamo gli stimoli e tendiamo a creare modelli e schemi. Douglas afferma che con il passare del tempo e
con l’accumularsi dell’esperienza, noi facciamo sempre affidamento maggiore a quello che il nostro sistema di
schedatura, costruendoci una tendenza stabile che dà fiducia. Dunque, le istituzioni sociali e culturali servono da
memoria collettiva e da appigli cognitivi utili per organizzare l’esperienza. Le istituzioni diventano fondamentali
perché contengono gli schemi per l’azione.
Le istituzioni non solo regolano, ma sono fatte di codificazioni di ruoli. Pertanto, sono connesse con questioni di
potere e autorità. Religione, economia e politica sono spesso collegate. Solo con l’avvento della società moderna
sono emerse separazioni. Weber si è occupato delle questioni connesse a religione, autorità e potere,
distinguendo tre tipologie di autorità e leadership:
- Il leader tradizionale: trae la propria autorità dalla tradizione
- L’autorità legale: si basa sui sistemi di leggi e regole e le persone a cui è affidato un incarico sono
nominate o elette secondo procedure legali
- L’autorità carismatica: sorge dal carisma personale che viene attribuito dai seguaci ai leader. Il carisma
è considerato intrinseco alla personalità del leader, ma ad un’indagine più ravvicinata risulta evidente
che lo status carismatico è una funzione della venerazione dei seguaci. Nel momento in cui il leader
muore, i successivi guadagnano la propria autorità attraverso una posizione o incarico di autorità.
Poiché le tradizioni e le istituzioni religione funzionano nella società, sono invischiate nell’economia e nella
politica. Le funzioni economiche delle istituzioni religiose possono essere numerose e diverse: dalle decisioni sul
tipo di cibo che viene prodotto e consumato, fino alla distribuzione delle elemosine ai poveri, delle risorse, quali
i terreni di caccia e le zone di pesca, così come nella distribuzione di prede, raccolti o coltivazioni. Molte tradizioni
religiose del mondo antico possono essere viste come istituzioni assicurative, sia individuali che collettive.
Nella situazione contemporanea, in cui la religione e la politica sono facili da distinguere, le scienze sociali e
politiche hanno elaborato due differenti tipi di relazione tra religione, politica ed economia:
- Secondo la teoria della corrispondenza o del simbolismo, la religione sarebbe dipendente da cause
politiche ed economiche.
- Secondo una visione idealista sarebbe la religione a causare effetti politici ed economici, in quanto
considera le idee rappresenterebbero la forza guida della vita umana.
Come dimostra la storia, si sono osservate molte pressioni economiche e politiche sulla tradizione religiosa;
quindi, sembra in realtà che molti elementi relativi alla religione siano sia causali che causati.
Le tradizioni religiose, dunque, costituite da istituzioni, possono essere viste come veicoli di gestione sociale: il
fatto sorprendente è che, sebbene molti rituali e credenze non siano intellegibili ai partecipanti (nel senso che
essi sanno quali sono le ragioni che vi soggiacciono), questi sono significativi per i partecipanti per la questione
identitaria. Le istituzioni funzionano come stabilizzatori collettivi che permettono la costruzione di codici, norme
e istituzioni sociali abituali. Gli esseri umani condividono la capacità unica di avere obiettivi e di cooperare
secondo piani e nel rispetto di norme e regole. Le istituzioni sociali sono strumenti cognitivi dotati di forza perché
conservano impegni normativi e regolanti quando queste sono interiorizzate collettivamente dai membri di una
società collettivamente quando le regole costitutive e regolanti sono interiorizzate dai partecipanti. Sono tipi di
tecnologie mentali e sociali che possono essere utilizzati per governare pensieri ed emozioni.
In particolare, le istituzioni religiose regolano l’appartenenza al gruppo religioso e le relazioni con gli altri gruppi.
Le relazioni tra individui e gruppi possono assumere qualsiasi forma, ma sono sempre regolate, ad esempio, da
atti di inclusione che potrebbero dover passare attraverso lunghi rituali o prove dogmatiche. L’identità di gruppo
è importante nella maggior parte delle comunità religiose; questa viene affermata attraverso segni e simboli
religiosi. In molti casi le istituzioni del gruppo forniscono anche identità etnica. La segnalazione di aderenza al
gruppo sottolinea una differenza cruciale. In antropologia, il totemismo è stato per qualche tempo considerato
un caso speciale e importante di identità di gruppo grazie al celebre simbolismo animale utilizzato per pensare ai
processi di differenziazione sociale.
Le istituzioni religiose che forniscono identità sociale hanno importanti funzioni anche nell’ideologia dei
partecipanti. In vite regolate dalle istituzioni e dai rituali associati, gli esseri umani sono in grado di cogliere il
proprio posto e il proprio destino nella vita. Tutto questo ha luogo all’interno della cornice delle istituzioni che
governano la vita sociale. Le istituzioni governano, dunque, come “pensiamo”. Quando gli esseri umani sono
religiosi, le cornici interpretative religiose hanno la precedenza, e governano le funzioni cognitive normative.
Linguaggio e dogma
Il linguaggio è un’istituzione fondamentale e rappresenta lo strumento primario che gli esseri umani utilizzano
quando creano agiscono all’interno di altrettante istituzioni sociali. Il linguaggio stesso è convenzionale, carico
di valore e governato da regole. La religione è stata profondamente coinvolta nel linguaggio e nel modo in cui il
esso viene utilizzato, in quanto influenza il modo in cui gli esseri umani pensano attraverso la cultura. L’influenza
del linguaggio sul pensiero e sulla cognizione ha rappresentato un tema controverso per linguisti, antropologi e
filosofi. I culturalisti hanno suggerito che la lingua determini interamente il proprio mondo; gli innatisti hanno
negato qualsiasi influenza del linguaggio sul pensiero. Entrambe le affermazioni sono reali in quanto i bambini
hanno disposizioni innate a comprendere le lingue, ma queste sono diverse, in quanto comprendono e danno
vita a specifiche reti culturali e di norme e visioni del mondo.
La maggior parte dell’apprendimento linguistico prevede l’acquisizione di convenzioni e nondimeno di
convenzioni religiose. Tradizionalmente linguaggio e religione si muovono insieme nell’acquisizione di quella
che è la cultura. Tomasiello osserva come imparando una lingua venga fuori molto più che solo il linguaggio, in
quanto esso è ricco di metafore e simbolismo. I discorsi religiosi costituiscono un esempio emblematico. Essi
presentano alcune particolarità in contrapposizione con il linguaggio ordinario. Il linguaggio religioso è permeato
di autorità trascendente e incontestabile che deriva dalla relazione con i postulati sacri basilari. I discorsi religiosi
dipendono da ierofanie (manifestazioni, rivelazioni del sacro) che proclamano il loro contenuto veritativo
secondo il modello “ciò che è scritto in questa scrittura è vero perché questa scrittura è vera”. Il linguaggio
religioso è quindi un tipo di linguaggio circolare che si autentica da sé. Il discorso mitico non può essere misurato
con parametri di verità razionali poiché esso stesso diventa l’unico vero parametro per misurare tutto ciò che è
reale. Sebbene utilizzi le basi del linguaggio quotidiano ordinario (grammatica e sintassi), il linguaggio religioso
è connesso alla fondazione della visione del mondo a cui si riferisce; assume carattere fondativo, normativo e
sociale.
Quando le tradizioni religiose si trasformano da orali a scritte, emergono nuove possibilità per conservare le
narrazioni e i discorsi come strumenti per la salvaguardia di una memoria collettiva esterna. Le stesse possibilità
e le varie modalità di conservazione di una memoria collettiva esterna hanno generano anche strumenti di
riflessioni, analisi, critica, diniego, dibattito, dissenso. Nei casi più impressionanti di variazioni e combinazioni
di tradizioni differenti e dei loro elementi, la nuova tradizione che ne deriva è chiamata sincretismo. Molte
religioni sono sincretistiche poiché si compongono di ingredienti e influenze provenienti da forme differenti.
Tuttavia, la tradizione religiosa tende a negare questo fatto, insistendo sulla propria originalità. Simile negazione
è tipica del discorso religioso ed è una componente integrale nella costruzione delle autorità. Una delle
caratteristiche principali del discorso religioso è, infatti, a dichiarazione della propria infallibilità. Nelle tradizioni
letterarie, ad alcune raccolte di scrittura vengono attribuiti speciale autorità e valore di verità: in alcuni casi
perché il soggetto parlante del testo è considerato la stessa divinità suprema o perché il testo contiene rivelazioni
speciali o altro sapere considerato di grande valore. La maggior parte delle tradizioni letterarie ha operato
attraverso molte fonti e diverse versioni: a seguito di lunghi processi storici, certe versioni sono state scelte o
designate come canone. Il testo canonico viene detto chiuso quando non è più permesso modificarlo. I testi
canonizzati solitamente vengono chiamati textus receptus (testo ricevuto) e in quanto tale possiedono la massima
autorità. Molto spesso, tracce di correzione vengono camuffate o versioni reputate non originali vengono
eliminate. Nel giudaismo, nel cristianesimo e nell’islam, come in altre più recenti tradizioni, ci sono stati
innumerevoli disaccordi tra i diversi gruppi per decretare la versione o l’interpretazione corretta delle sacre
scritture. Ad esempio, nel cristianesimo sono emersi dibattiti in merito a quali scritture dovessero essere incluse
nella Bibbia, tant’è che ancora oggi le versioni principali delle varie chiese cristiane non sono identiche. Le
scritture escluse dalle versioni canoniche vengono chiamate apocrife (dal greco “cose nascoste”). Un esempio ne
sono i testi gnostici dei primi secoli d.C. Gli gnostici, dall’identità incerta, credevano nella gnosi, nella conoscenza
del sé, della natura spirituale del cosmo e dell’illuminazione mistica che conduce alla liberazione dell’esistenza
materiale, promuovendo un'immagine degli umani come esseri divini. Ovviamente, tali idee mettevano in
discussione l’autorità degli insegnamenti cattolici, così come l’istituzione e l’organizzazione della Chiesa
emergente. Allo stesso modo, nella tradizione islamica, sono circolate storie relative alla cancellazione di alcuni
versetti del Corano o di capitoli supplementari aggiunti in alcune versioni. La formazione di canoni approvati
non sembra solo una questione legata alla devozione ma spesso è connessa con questioni politiche. Accordi e
disaccordi sono in genere causati da autorità, gerarchie, controllo e potere.
In ogni caso, i discorsi sacri offrono ottime ragioni cui gli umani dovrebbero prestare attenzione in quanto
forniscono sapere. Sono molte le narrative scritturistiche che svelano informazioni, riguardanti un’apocalisse,
per cui i testi diventano “agenti sovraumani con una piena conoscenza strategica”. Alle conseguenze morali
appartiene il genere escatologico (conoscenza delle cose ultime) perché le concezioni riguardanti il destino dopo
la morte, il giudizio, il paradiso e l’inferno, rappresentano ammonizioni e avvertimenti ai membri della comunità.
Etica e morale
Tutti i sistemi religiosi e tutte le culture hanno regole di condotta. Le modalità di un comportamento prescritto
sono spesso immaginate come una via da seguire; esistono concezioni simili in molte religioni, da quella cristiana
a quella musulmana. La religione è vista comunemente come la fonte principale dell’etica e della morale umana,
poiché riguarda idee e pratiche relative a quello che viene considerato giusto e quello che viene considerato
sbagliato. La recente ricerca in psicologia morale ha dimostrato, invece, come le disposizioni morali siano innate
e come queste, insieme all’etica, vadano considerate come un unico fenomeno biologico e socioculturale. Gli
esseri umani presentano “intuizioni morali” innate così come “riflessioni morali” apprese. Di conseguenza, la
religione è il risultato culturalmente evoluto della morale umana, innata e appresa.
L’emozione è un fattore cruciale all’interno delle priorità intuitive degli esseri umani; essi creano modelli di
reazione emozionale che possono diventare oggetto di riflessione nelle tradizioni religiose, poiché mirano a
fornire una regolazione delle emozioni rispetto agli antenati o alla famiglia, ai sacerdoti, alle scritture.Secondo
La psicologia della morale ha individuato cinque fondamentali psicologici universali della morale:
- Avere cura, gli esseri umani hanno una tendenza a proteggere e prendersi cura di sé stessi
- Equità e giustizia, indole nel contribuire
- Lealtà interna al gruppo
- Autorità e rispetto, derivanti dalla gerarchia dei primati
- Purità e santità, basate sull’emozione umana del disgusto
In accordo con le concezioni durkheimiane, secondo la psicologia della morale il pensiero morale è un fare sociale
perché vincola e costruisce. Le disposizioni morali innate, elaborate dalla cognizione umana, funzionano insieme
ai fattori sociali e culturali. In quanto organismi bioculturali, la cultura è costitutiva della mente. L’evoluzione
della gestione cognitiva è inoltre legata alla creazione di sistemi sociali simbolici a cui gli esseri umani si
appoggiano per vivere. La religione può essere intesa come uno di questi sistemi simbolici. È qui che risiede la
vera importanza della religione.
Religione, etica e morale sono sempre state fortemente intrecciate in quanto le divinità hanno avuto sempre uno
sguardo attento al comportamento umano. La concezione dell’esistenza di controllori morali appare in numerose
tradizioni religiose perché essa aiuta gli esseri umani a vivere nel modo giusto.
Nella maggior parte delle culture e delle religioni, morale ed etica sono strettamente all’istituzione delle regole di
purità e impurità che riguardano il cibo e il corpo umano. Quasi ogni tradizione ha regole e normative in merito
a ciò che è adeguato per gli esseri umani e per gli dèi, ad esempio il sistema islamico della tahara e il sistema
giudaico del kosher. Quando tali sistemi vengono riprodotti divengono tipicamente ciò che è considerato
naturale, persino quando i sistemi contengono regole intricate per il controllo del corpo e delle sue funzioni. I
sistemi di purità sono anche dispositivi semiotici. Appadurai afferma come il cibo, ad esempio, sia strettamente
legato alle pratiche quotidiane, allo status sociale e all’intero sistema di classificazione, così come alla morale e
all’estetica.
La maggior parte dei sistemi di purità religiosi si concentrano sul corpo umano, in particolare sulle sue secrezioni
e, specialmente, su questioni connesse con sesso e genere. In molte tradizioni religiose, meno si obbedisce al
corpo e ai suoi bisogni, più la pratica e l’ideologia appaiono spirituali. Nel mondo moderno molti di coloro che
sono attratti dalla spiritualità e pratiche spirituali adottano pratiche di vita frugali e ascetici. L’ascetismo può
essere meglio compreso come una “interiorizzazione della tradizione” in cui la vita dell’individuo asceta è in
armonia con la narrativa della tradizione religiosa. La performance ascetica è uno sradicamento della volontà
individuale alla volta dell’affermazione di una volontà spirituale, articolata attraverso la regolarizzazione del
comportamento.
Religione e politica
Le relazioni tra religione e politica emergono molto spesso come temi caldi. La religione viene associata a
terrorismo e violenza dai media, ma questa è una rappresentazione di parte prodotta da un pregiudizio rispetto
alle relazioni sensoriali innescate dai meccanismi cognitivi e mentali di “rilevamento delle minacce”. È evidente,
tuttavia, che religione e politica siano strettamente correlati in molti luoghi. Nella storia e in molte parti del
mondo odierno la religione è sempre stata una risorsa politica e/o etnica. Sebbene alcuni paesi abbiano separato
religione e politica, i politici fanno spesso riferimento a convinzioni e valori religiosi.
Il simbolismo religioso può essere usato politicamente in processi di unificazione. Oggi emergono alleanze
apertamente visibili tra poteri, sistemi o leader politici e religiosi. Si possono trovare influenze politiche anche in
ambiti meno ovvi, specialmente dove l’influenza della religione è diminuita. I discorsi politici sono permeati da
narrazioni mitiche che costituisce un modo diffuso e normale di rendere comprensibili gli eventi politici a una
popolazione religiosa. I presidenti degli Usa si riferiscono spesso ad un “Dio”, senza mai specificare quale di
questo. Si potrebbe parlare di “religione civile”, termine coniato da Rousseau per trovare un sostituto laico alle
funzioni della religione ma senza Chiesa. Durkheim si rifà spesso a Rousseau nel suo tentativo di scoprire quali
istituzioni sociali potessero prendere il posto della religione come collante sociale. Nel 1967 Robert Bellah
pubblicò un’analisi del discorso di J.F. Kennedy, osservano le modalità particolari con cui la religione e
l’immaginario collettivo erano utilizzate per incoraggiare l’entusiasmo della nazione. Nonostante la separazione.
rimane nella sfera politica una dimensione religiosa.
La maggior parte delle tradizioni religiose servono come marcatori di identità collettiva e spesso di etnicità. La
costruzione di gruppi attraverso l’affiliazione religiosa e il simbolismo è diffusa, e la religione è molto
probabilmente lo strumento primario di formazione dell’etnicità. Le più recenti ricerche sulla psicologia sociale
ed evolutiva e sulla psicologia della coalizione dimostrano come negli esseri umani operino continui meccanismi
di creazione del gruppo. Inoltre, sembra che gli esseri umani abbiano una propensione naturale alla moralità, ciò
potrebbe generare un senso di urgenza e necessità nel difendere le proprie visioni del mondo che conferiscono
significato, ordine e stabilità. I soggetti che più vengono investiti dalla morale divengono più vendicativi verso gli
oppositori, nemici o i disertori: i gruppi religiosi, dunque, che vivono in contesti di alta tensione e alto rischio
possono avere una propensione a sviluppare pensieri e comportamenti sociali più violenti. Anche la violenza
fondamentalista sembra essere un modo per scoraggiare potenziali disertori. Proprio per questo è spesso
rumoroso: non solo per spaventare il nemico, ma anche per disciplinare i propri stessi ranghi.
Molte delle più recenti nazioni postcoloniali hanno scelto di diventare secolari anche in termini di politica, per
poter fermare le forze perturbatrici che possono sorgere dalle aspirazioni politiche delle tradizioni religiose.
Secolarizzazione e nuove religiosità
Oggi, mentre alcune tradizioni religiose sopravvivono, altre hanno subito transizioni, alcune si sono estinte e se
ne sono formate di nuove a causa dei processi di globalizzazione, migrazione, dello sviluppo dell’alfabetizzazione
e dell’incremento nell’utilizzo della tecnologia. La religione, comunque, non è sparita: in alcuni luoghi può
sembrare che sia più o meno scomparsa, ma ad un'ispezione ravvicinata sembra che essa sia cambiata,
sparpagliando piccoli pezzi e brandelli di religiosità negli ambiti della società. La visione generale del mondo
occidentale moderno sosteneva che la religione si sarebbe affievolita e avrebbe perso influenza in importanti sfere
della vita (economia, diritto, politica) attraverso un processo di secolarizzazione. Effettivamente, i processi di
secolarizzazione sono stati vigorosi in alcune parti del mondo: alcune società sembrano prosperare senza alcun
tipo di tradizione religiosa, dal momento che altre istituzioni e organizzazioni hanno sostituito le funzioni
tradizionali della religione. Tuttavia, alcune sfere della vita sociale, come l’educazione primaria, continuano ad
intrattenere uno stretto rapporto con la religione e la tradizione, così come le visioni di genere, famiglia, bambini,
sesso, cibo, purità e decenza. Difatti, c’è più religione implicita nella cultura e nella società di quanto appaia a
prima vista. In alcuni paesi l’insegnamento non confessionale della religione è una materia obbligatoria nel
sistema di educazione secondaria a causa dell’importanza storica, antropologia e filosofica; in altri paesi,
l’insegnamento della religione è affidato a istituzioni religiose o educative approvate dalla Chiesa; in altri paesi
ancora, i bambini sono immersi nella tradizione.
Max Weber parla di “disincanto” a proposito del declino delle visioni mitiche del mondo e il subentrare di visioni
scientifiche come spiegazioni. Tuttavia, eventi storici più recenti hanno messo in discussione la validità della
secolarizzazione in alcune modalità e in alcuni luoghi, introducendo la nozione di “re-incanto” rispetto al ruolo
della religione nelle sfere più personali dell’esistenza umana, quali la spiritualità.
Il mondo moderno è caratterizzato da un alto grado di differenziazione nelle attività sociali, politiche ed
economiche che si stanno separando sempre più tra di loro, ciascuno con le proprie regole e i propri fondamenti
logici. Anche la religione è divenuta un sistema a sé, dotato di autonomia e immunità in relazione agli altri sistemi
sociali. In tale clima culturale, la religione è significativa per le persone solo quando e dove intendono fare
qualcosa di religioso (battesimo/matrimonio). Pochissimi ora interpretano la Bibbia alla lettera, persino i teologi
negano l’esistenza di paradiso e inferno indicando tali luoghi simbolicamente come condizione del
comportamento umano). Questa modalità di religione coincide la nascita di una “post-religione”.
La caratteristica dominante della religiosità contemporanea nel mondo post-tradizionale è che la credenza e il
comportamento religioso sono scelti molto più liberamente dagli individui. Sono nati numerosi movimenti, tra i
più frequenti: New Age, spiritualità, olismo, guarigione e meditazione mindfulness. Le nuove forme di religiosità
fanno presa su così tanti individui nel mondo moderno che è evidente che le religioni istituzionali e organizzate
stanno cedendo il passo alla spiritualità. Sembra che l’umanità abbia bisogna di continuare a credere e che alcune
delle fonti convenzionali non siano in grado oggi di fornire le risposte che vengono richieste. In numerose società
c’è una marcata tendenza alla religione fai da te: costruire o portare avanti la propria modalità di religione e
spiritualità assembrando visioni del mondo provenienti da pezzi e parti disponibili (bricolage spirituali). Si
registra anche una tendenza ad ascoltare la propria voce interiore come genuina e veritiera autorità. L’idea che
ciò che si percepisce come giusto sia davvero ciò che è giusto è diventata una modalità comune di autenticazione
spirituale. La differenza tra questa e le religioni convenzionali è che questa si esprime in forma di “rete” e non di
“gruppo”. Si tratta dunque di un fenomeno più cognitivo ed emozionale che sociale. Con l’avvento di internet poi
si sono dischiuse ancora più possibilità: molte religioni tradizionali sono su internet e appaiono nuove religioni
che sono solo su internet.
L’individualismo, quindi, sembra essere l’impulso chiave nella maggior parte delle nuove modalità di religione:
tuttavia va ricordato che il fattore determinante perché gli individui diventino religiosi è vivere in ambienti in cui
ci sono altre persone religiose. Lo stesso sembra valere per la spiritualità: si diffonde come un’epistemologia delle
rappresentazioni. Alcuni dei nuovi movimenti moderni sono esempi del fatto che i sistemi religiosi non sono
sempre sistemi continui, ma sono da concepirsi come conglomerati, raggruppamenti di credenze e pratiche
religiose. Dal punto di vista di molti aderenti, tale creatività rappresenta precisamente una grande benedizione,
perché al giorno d’oggi sembra che antiche verità siano tornate in vita. Gli esseri umani possiedono la notevole
abilità di essere “in più di una mente” e questo è dimostrato chiaramente allorché persone altrimenti razionali
vengono attratte da pratiche irrazionali, inusuali e occulte proposte da maghi e streghe moderne.
Teologia
La teologia delle religioni è una branca della teologia cristiana che esplora il rapporto tra il cristianesimo e le altre
religioni del mondo, in particolare per quanto riguarda la soteriologia, o lo studio della salvezza. Una delle
principali preoccupazioni della teologia delle religioni è se gli aderenti di altre religioni possono essere salvati e,
in tal caso, come possono salvarsi. Le tre teologie principali della religione sono esclusivismo, inclusivismo e
pluralismo.
L’esclusivismo è l’opinione sostenuta da molti protestanti conservatori che solo la fede in Cristo può portare alla
salvezza; quindi, i seguaci di altre religioni non possono essere salvati. Questa teologia delle religioni è radicata
nell’affermazione di Gesù che egli è “la via, la verità e la vita”. Gli esclusivisti credono fortemente nell’unicità di
Cristo tra i maestri religiosi, poiché secondo la loro visione i suoi insegnamenti sono gli unici che conducono alla
salvezza eterna. Le persone che si attengono a questo punto di vista generalmente interpretano la Bibbia in modo
più letterale rispetto agli altri cristiani e hanno maggiori probabilità di impegnarsi in un’opera missionaria che si
concentra sulla conversione e sull’insegnamento degli altri.
Anche gli inclusivisti credono che Cristo sia l’unica via per la salvezza, ma affermano che anche i seguaci di altre
religioni sono portati alla salvezza attraverso Cristo. Secondo la teologia inclusivista delle religioni, Dio accetta
qualsiasi pratica religiosa sincera come offerta attraverso Cristo, anche se i suoi seguaci non ne sono consapevoli.
Tali persone sono conosciute nella teologia cattolica come “cristiani anonimi”, un termine coniato dal teologo del
XX secolo Karl Rahner. I critici affermano come una tale visione della salvezza tenti di mantenere l’unicità di
Cristo attraverso giochi di parole, ma la salvezza che non avviene attraverso la fede in Cristo non può essere
chiamata affatto salvezza attraverso Cristo.
I fautori della teologia pluralista della religione credono che tutte le religioni siano mezzi ugualmente validi per
raggiungere Dio e che il cristianesimo non sia migliore o peggiore di qualsiasi altro. Tutte le strade convergono e
portano a Dio. I critici del pluralismo sostengono che le affermazioni fatte da diversi gruppi religiosi sono
intrinsecamente contraddittorie, quindi non possono essere tutte vere. Ad esempio, molte sette islamiche
insegnano che la salvezza viene attraverso le buone opere, mentre la maggior parte dei cristiani crede che la
salvezza venga dalla fede piuttosto che dalle azioni. Altri, invece, vedono il pluralismo come una forza capace di
promuovere la pace tra gli aderenti di tutte le religioni. Molti teologi stanno lavorando per una teologia delle
religioni che equilibri le preoccupazioni sia terrene che celesti; tuttavia, la soteriologia rimane la questione
dominante all’interno di questo ramo di studi.