Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
- Con Boyer si arriva invece alla ‘’svolta cognitiva’’ , che propone una nuova
visione naturalistica del mondo mentale umano.
Jensen propone poi una sua visione di religione, indicata come ‘’stipulativa’’
( assegna un significato ad una parola , a volte senza riguardo per l’uso
comune ).
La definizione di Jensen è la seguente: ‘’La religione comprende reti
semantiche e cognitive che comprendono idee , comportamenti e istituzioni
in relazione ad agenti sovrumani , oggetti e postulati controintuitivi’’.
Le religioni includono tipicamente alcuni elementi , come cosmogonie e
cosmologie , credenze in esseri sovrumani come agenti spirituali.
Ma anche credenze legate al destino dell’uomo e alla vita dopo la morte ;
comprendendo però anche azioni rituali che garantiscono la comunicazione
col sacro , oltre che istituzioni che creano le condizioni per la comunicazione.
Il vantaggio di definizioni di questo tipo (‘’politetiche’’) è data dalla
possibilità di mostrare tutte le ‘’somiglianze di famiglia’’ tra le varie religioni.
Una definizione di questo tipo fa sì che non vi sia un criterio esclusivo per
poter definire una religione come tale: alcune tradizioni religiose a volte sono
così religiose da non sembrare affatto tali a prima vista.
Notare le enormi affinità tra questa visione dello studio della religione e il
concetto dei ‘’giochi linguistici’’ e delle ‘’somiglianze di famiglia’’ proposto
da Ludwig Wittgenstein.
Un problema ricorrente nello studio della religione è dato dallo scontro tra le
posizioni degli insider e quelle degli outsider: i primi sarebbero coloro che
insistono sulla veridicità e l’unicità della loro tradizione , i secondi sarebbero
invece gli scettici , i curiosi o i critici.
Es. le dispute tra le varie forme di cristianesimo sulla natura dei sacramenti , il fatto
che alcuni buddhisti non considerino il Buddhismo una vera religione ecc…
Lo scopo di una traduzione religiosa per Jensen è dunque quello di creare
uno spazio semantico in cui gli interlocutori possono significativamente
dissentire.
Cristiani , ebrei e musulmani possono dunque dissentire sull’avere o meno lo
‘’stesso Dio’’ , cosa che invece degli shintoisti non potrebbero mai fare , in
quanto supererebbe l’area del loro ‘’disaccordo significativo’’.
Il principale compito di uno studioso delle religioni non dovrebbe essere
quello di giudicare il valore di una religione , quanto piuttosto quello di
rimanere imparziale e oggettivo.
La difficoltà nello studio delle religioni sta proprio nel comprendere che esso
non riguarda lo studio delle autorità e dei poteri invisibili di cui esse si
fanno portavoce , ma i pensieri e i comportamenti umani in relazione ad essi.
Lo studio della religione non è teologia , ma è studio del comportamento
umano: gli studiosi non sono apologeti , sono dei critici , possono credere in
alcune cose , ma non in tutto ( Jensen recupera l’imperativo eretico di Peter L.
Berger ).
Lo studioso ( soprattutto se credente ) deve saper abbandonare una posizione
esclusivista , che non risulta utile nell’ambito della ricerca accademica.
Altro punto importante di cui parla Jensen riguarda la comparabilità delle
religioni: per l’autore esse non possono essere comparate in toto , come
osserva il già citato Pascal Boyer.
Per Boyer lo studio delle religioni è una ‘’materia impura , che ha come tema
centrale un oggetto non scientifico… ne consegue che non esiste un metodo o una
teoria privilegiata nello studio della religione in quanto tale’’.
Lo studioso non deve necessariamente evitare le generalizzazioni , quanto
piuttosto utilizzare quelle che Levi-Strauss definì ‘’interpretazioni
generalizzate’’.
Di fatto parlare di ‘’sacrificio’’ significa fare una generalizzazione , tuttavia si
tratta di quella che potremmo definire una definizione rudimentale , un
modello astratto che si deve sempre affiancare a quello specifico.
2) UNA BREVISSIMA STORIA DEL CONCETTO DI RELIGIONE
Per Jensen lo studio della religione è simile a quello della filosofia: se non sai
nulla sulla storia della filosofia , non puoi studiarla (lo stesso per la religione).
Per questo motivo in questo capitolo Jensen cerca di fornire una storia del
concetto di religione , partendo dall’etimologia della parola: dal latino religio
che deriva da religare ( lett. ‘’legare’’ , ‘’riallacciare’’ , ‘’raccogliere’’ o
‘’rileggere’’ ).
Nel mondo romano il termine implicava la meticolosa osservanza delle
tradizioni relative all’interazione con gli dei ; più in generale si deve
osservare che tutti i popoli dell’antichità avevano sistemi di condotta e reti di
credenza che comprendevano la partecipazione degli dei.
Con il progredire della storia di Roma , il concetto di religio passò dal
significato di ‘’idolatria’’ all’uso globale più comune.
In Europa la visione del mondo delle chiese cristiane ha dominato a lungo nel
corso dei secoli , nonostante i numerosi scismi e dispute su quale fosse la vera
e corretta interpretazione delle scritture.
Nel corso del tempo però si sono susseguite molte voci e movimenti critici ,
anche se inizialmente si trattava solo di movimenti di insiders.
Con l’affermazione di uno studio accademico e non apologetico della
religione , venne affermandosi la completa indipendenza dall’autorità
religiosa e dal dogma.
La visione scientifica del mondo che cominciò ad affermarsi nel corso della
seconda metà del XVI sec. fece sì che alcuni pensatori sostituissero la
convinzione religiosa con l’intelligenza critica ; il primo a fare ciò fu il
filosofo francese René Descartes ( 1596-1650 ).
Tra i critici della Modernità bisogna ricordare anche David Hume ( 1711-
1776 ) , che nella sua ‘’Ricerca sull’intelletto umano’’ ( 1748 ) intitola una sezione
‘’Sui miracoli’’ , in cui afferma che credere è di per se’ un miracolo ( questo
perché la ragione è insufficiente a convincersi della veracità della religione ).
Altri filosofi dell’Illuminismo contribuirono a portare avanti una critica della
religione fondata , fra i tanti si devono ricordare John Locke ( 1632-1704 ) e
anche Francois Marie Auret , meglio noto con lo pseudonimo di Voltaire
( 1694-1778 ).
Per Locke , che fu un profondo conoscitore dei testi biblici e un uomo
profondamente cristiano , la religione andava de-politicizzata , in quanto
essa doveva essere considerata una questione privata.
Secondo Voltaire invece il libero pensiero e la ragione avrebbero
rappresentato gli strumenti per porre fine alle guerre di religione.
La domanda che più preoccupò i fenomeni dell’Illuminismo fu però la
seguente: se non proveniente da Dio , allora da chi proveniva la religione ?
Il pensiero dei lumi propose delle visioni assolutamente rivoluzionarie della
religione , la cui spiegazione si basava su delle letture naturalistiche.
Queste visioni si allontanavano dai dogmi e dalla verità rivelata imposti dalla
chiesa , in quanto cominciarono a percepire la religione come ‘’naturale’’.
Molto importante in questo senso fu la dottrina del Deismo , che ebbe
particolare influenza nel corso del XVII e del XVIII secolo.
Essa era profondamente legata all’Illuminismo e alla cultura scientifica che
andava formandosi: era monoteista , credeva che la religione fosse un fatto
naturale , era critica nei confronti del dogmatismo , riteneva Dio esterno alle
vicende umane e vedeva nella virtù il modo corretto di venerare.
RELIGIONE E INDIVIDUO
Una distinzione basilare nel campo della religione è senza dubbio quella fra
sacro e profano , una forma di classificazione nota già nella Grecia classica e
nella romanità.
Per arrivare ad una vera e propria distinzione analitica però, si deve aspettare
la formulazione della differenza tra sacro e profano di Durkheim ( 1912 ) per
cui: ‘’tutte le credenze religiose conosciute hanno un carattere comune: una
classificazione delle cose… in due generi opposti , definiti generalmente sacro e
profano’’.
Il sociologo francese arriva in seguito a spiegare che non esiste un oggetto che
non possa divenire sacro ( non esiste dunque un catalogo fisso ).
Grazie a questa distinzione Durkheim arrivò ad annoverare anche l’antico
buddhismo tra le religioni, in quanto pur mancando dei, esistono comunque
delle cose indicate come ‘’sacre’’ ( ovvero che ‘’violano l’ordinario’’ , come dice
Jasper Sorensen ).
Secondo Durkheim dunque non tutte le religioni fanno riferimento ad esseri
sovrumani , ma tutte invece si riferiscono a oggetti sacri.
Solo se effettivamente esiste la distinzione tra sacro e profano si può parlare
di religione ; si potrebbe dire in effetti che la presenza di questa dicotomia sia
la grande conditio sine qua non dello studio del fenomeno religioso.
Per quanto riguarda invece il tema dell’essenza della religione , esso è stato
trattato a lungo nel corso dello studio di quest’ultima.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel ( 1770-1831 ) fu il primo a parlare
apertamente di ‘’essenza della religione’’.
Inizialmente per essenza della religione si intendevano gli agenti sovrumani
o soprannaturali , anche se in realtà sembra molto difficile pensare ad una
vera e propria ‘’essenza della religione’’.
In sostanza però , si dovrà osservare che quando si parlerà apertamente di
‘’essenza della religione’’ ci si troverà di fronte ad un segno di chiara
ispirazione hegeliana.
Questo modo di pensare oggi però non è più valido , sebbene risulti
comprensibile il fatto che gli esseri umani ricerchino ( come in tutte le cose )
l’essenza di quello di cui stanno indagando.
In ogni caso però, la scienza non può fare riferimento a qualcosa di metafisico
o trascendente per ottenere dell’oggettività.
Tornando alla distinzione fra sacro e profano , essa è stata utilizzata da molti
studiosi successivi a Durkheim per analizzare comprendere il fenomeno
religioso.
Tra i tanti si deve ricordare lo storico delle religioni Mircea Eliade , il quale
però non diede mai una vera e propria definizione di religione ( o di sacro ).
Per Eliade il sacro è la ‘’struttura della coscienza umana’’, l’essere umano non
può evitare in alcun modo di guardare al mondo attraverso la dicotomia tra
sacro e profano.
Eliade trova nelle testimonianze storiche e antropologiche la conferma di
questa sua categorizzazione , che però si distingue nella ricerca sulla religione
e in quella sulla coscienza ( sulla connessione di questi due ambiti Eliade fu
molto vago ).
Di fatto però , si potrebbe asserire con certezza che il legame tra questi due
ambiti sarebbe dato proprio dal fatto che la religione sarebbe un prodotto
della mente ; risulta pertanto logico cominciare ad indagarla proprio da lì.
Eliade riesce anche a conciliare quanto detto da Durkheim , sostenendo che
gli esseri umani ricevo la religione da altri esseri umani , che però non
potrebbero farlo se non avessero innanzitutto delle menti.
E-RELIGION E I-RELIGION
Il grande divario fra gli studiosi delle religioni può essere risolto tramite la
distinzione fra i-religion ed e-religion , laddove ‘’e’’ sta per ‘’esterna’’ e ‘’i’’
per interna ( una dicotomia che riprende quella tra i/e-language , la distinzione
lingua parlata/pubblica/udibile e lingua interna al cervello/non udibile ).
Una dicotomia simile a questa è presente nella storia della filosofia all’interno
del sistema hegeliano , in cui sono presenti ‘’spirito soggettivo’’ e ‘’spirito
oggettivo’’.
Le istituzioni sociali ( legge , governo ecc.. ) erano per Hegel dei prodotti che
sorgevano dallo spirito soggettivo umano , e che dopo essere stati oggettivati
divenivano quelli che Durkheim avrebbe indicato come fatti sociali.
Con la lingua e con la religione avviene dunque lo stesso fenomeno: i precetti
religiosi vengono oggettivati , e successivamente vengono interiorizzati dagli
individui che compongono un gruppo sociale.
Questi ‘’fatti sociali’’ sono quelli che gli antropologi/storici hanno indicato
come un’osservabile e-religion ; sostanzialmente dunque hanno studiato la
‘’religione fuori dalla testa’’ nella cultura materiale ( testi , documenti ,
monumenti ecc… ).
Per circa un secolo lo studio della religione è stato in primo luogo analisi e
indagine della e-religion , mentre la i-religion rimaneva oggetto di studio
della psicologia della religione ( dove tuttavia rimase a lungo marginale ).
Questa scarsa attenzione del mondo psicologico al fenomeno religioso ,
potrebbe essere dovuta all’avversione che Freud ebbe nei confronti di
quest’ultimo.
A sua volta questa insofferenza del mondo psicanalitico e psicologico nei
confronti della religione , ha scatenato in molte persone religiose il timore che
la psicologia volesse eliminare la religione.
A domande come ‘’perché esistono tipi diversi di religione ?’’ , ‘’quali sono i fattori
generativi della religione ?’’ o ‘’se sono generate dagli stessi fattori , perché sono
diverse ?’’ , sono seguite fin dall’Antichità delle risposte metafisiche o
religiose.
Un esempio di queste potrebbero esser le spiegazioni fornite dai teologi
cristiani e musulmani sui comportamenti delle varie popolazioni nei
confronti delle rivelazioni.
Queste risposte definiscono una storia composta da popoli che hanno agito
bene e che sono stati ricompensati , e da popoli che hanno agito male e sono
stati puniti.
Le spiegazioni teologiche cominciarono a perdere credibilità con
l’Illuminismo e con l’emergere soprattutto di una visione scientifica del
mondo.
Fu a partire dal Settecento che si cominciò a fornire una spiegazione
razionale della nascita del mondo e della nascita delle religioni , che
sarebbero nate col fine di rendere adorabili e sacralizzabili cose importanti al
fine della sopravvivenza.
La prova di tutto ciò starebbe nel fatto che i popoli ‘’primitivi’’ avevano miti ,
rituali e istituzioni mirate a preservare la fertilità , avere successo nella caccia
ecc..
Immediatamente ci si accorse delle corrispondenza coi modi di sussistenza:
le società di cacciatori-raccoglitori veneravano agenti sovrumani che
fornivano la selvaggina , i pastori invece a dei che assicuravano salute ai
greggi e così via.
Questa visione economica dei modi materiali di sussistenza come cause della
forma della tradizione religiosa appare abbastanza rilevante finché ci si limita
alle società primitive ( anche se di fatto essa è propria di tutte le società per
Marx , che indica i modi di sussistenza come ‘’struttura’’ e la religione come
una delle tante ‘’sovrastrutture’’ create dalla prima ).
Questa teoria di corrispondenza trae ispirazione da Émile Durkheim e ha
dominato nell’antropologia sociale britannica , che ha avuto grande rilevanza
nel corso del XX secolo a livello teoretico nello studio delle religioni.
La tesi della corrispondenza trova spazio anche nell’analisi delle forme
istituzionali: con l’aumentare della loro complessità aumenta anche quella
delle forme religiose.
È il caso della tradizione imperiale dello shintoismo giapponese , che si
focalizza su ordine , purità e nomos attraverso sacrifici destinati a purificare
l’ambito imperiale ( emulando dunque l’esercizio effettivo del potere di
mantenere ordine e legge ).
Altro caso è quello del mondo mediterraneo , in cui le modalità di rivolgersi
al potere politico e alle realtà sovrumane cambiano con il passaggio dalla
dimensione della polis a quella dei grandi regni ellenistici.
Nella religione in sostanza mutamenti sociali conducono a mutamenti
rituali e linguistici.
La lingua è una delle variabili che produce cambiamenti religiosi , infatti con
lingue diverse arrivano anche diversi modi di pensare il mondo.
Spiegazioni psicologiche sull’origine e la diversità della religione potrebbero
descrivere in che modo le configurazioni psicologiche possono trasformare
gli universali biologici e delle abilità culturali in specifiche mentalità.
L’antropologa Margaret Mead caratterizzò la visione dell’antropologa Ruth
Benedict come ‘’personalità scritte in grande’’.
Si nota un’evidente semplificazione può condurre a stereotipi , tuttavia
potrebbe anche esserci del vero in quest’idea , e una rappresentazione simile
potrebbe valere anche per la religione.
Il filosofo Lucien-Lèvi Bruhl ( 1857-1939 ) ha tentato di indagare proprio
questo tema , sempre sulla scorta dell’opera di Durkheim.
Culture e società specifiche possiedono una loro visione del mondo per cui
alcuni vedono dei nelle montagne , spiriti negli alberi , altri si interessano alle
anime degli animali o delle cose impure.
Queste mentalità di pensiero sono dette da Lèvi-Bruhl ‘’rappresentazioni
collettive’’ , che i membri della cultura e della religione condividono.
Lèvi-Bruhl si concentrò su queste condizioni sociali e culturali , ovvero su ciò
che è ‘’disponibile per il pensiero’’ piuttosto che sulla psicologia individuale.
Modelli di educazione per i bambini , apprendimento culturale ,
condizionamenti emotivi forniscono dunque per Lèvi-Bruhl degli schemi di
comportamento e pensiero che incoraggiano dei comportamenti
preferenziali,
I contenuti dei diversi ‘’universi cognitivi’’ hanno grande importanza perché
contengono ciò con cui gli individui e i gruppi sono in grado di pensare in
termini di causa e anche di effetto.
Es. ‘’Perché gli antenati erano arrabbiati ? Facciamo dei rituali più elaborati’’.
La psicologia e la mentalità collettiva possono dunque fornire sia le cause
che gli effetti dei cambiamenti religiosi: pietismo , monachesimo e
fondamentalismo possono essere in effetti delle reazioni a situazioni
precedenti.
Profeti e riformatori sono a loro volta ben consapevoli che cambiamenti nella
religione possono essere provocati da altri cambiamenti nella religione.
In sostanza le variabili possono essere cambiate affinché la religione produca
cambiamenti nella cultura , nell’economia e nelle condizioni materiali ; un
esempio potrebbe essere la nascita dell’ordine francescano.
Max Weber sposò quest’idea ( ribadita da evidenze antropologiche ) nel 1904 ,
anno in cui venne pubblicato ‘’L’etica protestante e lo spirito del capitalismo’’.
In questa celebre opera Weber spiega sostanzialmente come le basi del
pensiero capitalista siano nate proprio partire dalla morale calvinista , che
vedeva nella ricerca del successo mondano l’unico modo per arrivare a
conoscere il destino ( di salvezza o condanna ) della propria anima.
Oltre a questo , esistono numerosi esempi che mostrano come la religione
provochi , dia forme e regoli la vita sociale/politica/economica negli sviluppi
recenti delle culture alfabetizzate ( Cristianesimo , Islam e Buddhismo ne
sono la prova ).
Le religioni ovviamente hanno esercitato influenza l’una sull’altra nel corso
della storia.
Un grande numero di storici ha cominciato ad interessarsi delle reciproche
influenza tra le varie religioni ; questi studi hanno poi portato all’elaborazione
di teorie della diffusione culturale.
Un esempio molto celebre è quello dell’ipotesi pan-babilonese , secondo cui
tutta la cultura , la mitologia e la religione umana provenissero dall’antica
Babilonia.
Lo sviluppo e la diffusione delle idee , degli insegnamenti e delle dottrine
religiose non necessariamente ha seguito modelli e idee fisse.
- Quello intellettualista , che vede la religione come una visione del mondo
e come la spiegazione delle condizioni socio-culturali , oltre che del fato.
Esempi possono essere: antichi midi indù , racconto biblico della creazione , origini
divine della tribù/nazione , divinazione e oracoli.
Il fatto che la maggior parte delle tradizioni religiose siano vissute , più che
oggetto di riflessione dogmatica , costituisce un’intuizione antropologica
comune ed estremamente fondata ( ‘’pratiche e istituzioni religiose sono ciò che
conta nella vita quotidiana’’ ).
Il motivo per cui Jensen decide di trattare le credenze prima dei riti è molto
semplice , egli sostiene che le prime hanno una priorità logica ( sebbene non
cronologica ).
Di fatto affinché esista una religione è necessario che vi siano delle concezioni
religiose , che devono essere propagate , espresse , codificate e consolidate
nelle tradizioni religiose.
Questa linea di causalità può però anche cambiare: è l’esposizione a rituali e
alla religione nella loro pratica ordinaria che offre le basi dello sviluppo
individuale , e nella trasmissione culturale.
A seconda del punto di vista le credenze religiose possono avere diverse
interpretazioni: verità profonde o illusioni , pie e spiritualmente significative
o superstizioni e fantasie.
La connessione fra le credenze e il mondo materiale è molto forte ;
esperimenti psicologici dimostrano appunto che proprio quando credenze e
valori religiosi sono minacciati essi di fatto si rafforzino.
Esempio: ‘’Offrire contanti alle persone affinché abbandonino la loro fede le farà
rispondere con risentimento’’.
La ragione di ciò sembra stare nel fatto che convinzioni e credenze sono
profondamente normative e influenzano i modi in cui gli umani percepiscono
i propri modi di riferimento.
Non è facile definire cosa siano davvero le credenze , in primo luogo perché il
solo termine credenza risulta fuorviante.
In ambito scientifico non è ancora stata dimostrata l’esistenza di una
‘’credenza’’ ; di fatto ancora una volta il linguaggio ordinario risulta
deficitario quando utilizzato per ottenere una conoscenza scientifica.
Alcune caratteristiche del concetto di credenza possono però essere
rintracciate nella filosofia della mente , si ricordi per esempio la descrizione
generale offerta dal filosofo Eric Schwitzgenel nella ‘’Stanford Encyclopedia of
Phylosophy’’: ‘’I contemporanei filosofi analitici utilizzano il termine credenza per
riferirsi all’attitudine che abbiamo ogni volta che assumiamo qualcosa che in un certo
modo consideriamo vera.. (essa) non necessita coinvolgimento attivo della riflessione.
La maggior parte dei filosofi caratterizza la credenza come ‘’attitudine
proposizionale’’…..Un’attitudine proposizionale è dunque uno stato mentale
costituito dall’avere una qualche attitudine , posizione , punto di vista o
opinione riguardo a una proposizione o a un potenziale stato di cose in cui
quella proposizione è vera’’.
Al di là delle questioni filosofiche/psicologiche/neurologiche , sembra che
solo che gli esseri umani possano avere attitudini proposizionali , in quanto il
linguaggio si pone come componente essenziale ( così come sembra che
anche emozioni e percezioni siano coinvolte dal possedere credenze ).
Il concetto di credenza , a causa della sua connessione con l’attività del
cervello , è ritenuto da molti non scientifico e pertanto da evitare , tuttavia
( come nota Jensen ) non pare vi siano possibili ‘’sostituti’’.
Tutti gli esseri umani in tutte le società , culture e religioni possiedono
credenze , ma non tutte sanno di avere credenze ( ‘’per avere delle credenze non
è necessario sapere consciamente di possederle’’ ).
Il termine credenza non indica necessariamente qualcosa che assomiglia alla
fede o ad una divinità , significa solamente avere ‘’attitudini proposizionali’’.
Credenza in sostanza significa semplicemente che prendiamo qualcosa come
tale o che la consideriamo vera.
Per avere delle credenze serve un particolare tipo di mente , la mente umana.
Essa infatti si distingue parecchio da quella degli animali , e per capire ciò è
necessario in primo luogo guardare alla nostra storia evolutiva.
Armin W. Geertz ha indicato quelli che sono i quattro fattori chiave
dell’essere umano all’interno del suo ‘’Origins of Religion , Cognition and
Culture’’ ( 2013):
- Un cervello auto-ingannante.
Le credenze non sono fatte solo di stati cerebrali , sono infatti dei prodotti
culturali come il linguaggio che rendono possibile per le menti umane
concepire sia la vita nel mondo materiale che in altri ‘’mondi possibili’’ , come
sottolineato dallo psicologo Jerome Bruner ( 1986 ).
I mondi possibili sono fatti di tutto ciò che noi umani possiamo immaginare e,
grazie all’immaginazione , di cui possiamo parlare.
Per capire meglio i diversi tipi di segni e significazioni religiose , la
produzione di significato e l’interpretazione del significato da parte di
individui e comunità è necessario distinguere i segni nelle categorie di icona ,
indice e simbolo.
Lo studio della religione è anche uno studio di simboli , quindi è di fatto
anche semiotica , lo studio dei significati/delle interpretazioni/delle
produzioni di simboli.
Le tre categorie di icona , indice e simbolo si distinguono nel modo seguente:
- Un’icona è un segno che appare come , o imita , il suo referente.
Esempi: segnali stradali , mappe e ritratti sono icone.
Gli esseri umani sono propensi a credere a ciò in cui gli altri credono , e a
credere a ciò che apprendono dagli altri ; solo una limitatissima parte delle
nostre credenze viene dalla nostra esperienza personale.
Le credenze religiose dipendono dal contesto , e statisticamente è più
probabile che vi siano più credenti in luoghi in cui nel passato vi sono stati
molti credenti.
La contagiosità delle credenze religiose era stata sottolineata da Pascal Boyer,
mentre la distinzione fra credenze intuitive e riflessive va attribuita
all’antropologo Dan Sperber.
Le credenze intuitive sono quelle che derivano dalla nostra esperienza
personale , ‘’derivano o sono derivabili dalla percezione… In circostanze
normali riguardano tutto ciò che è concreto o affidabile’’.
Le credenze riflessive sono quelle che acquistiamo dagli altri o dalla
tradizione , ‘’sono confermate dalla credenza intuitiva in cui sono inserite’’.
Per esempio una popolazione che crede negli antenati e agisce sulla base di
quelle credenze che possono andare da ‘’opinioni generali a credo
fondamentali’’.
La razionalità delle credenze intuitive secondo Sperber deriva dai
meccanismi percettivi e inferenziali che le causano , al contrario la razionalità
delle credenze riflessive è dovuta alla fonte che ce le ‘’trasmette’’.
CREDENZE COME RAPPRESENTAZIONI: UNA CATALOGAZIONE
Il termine religiosità viene utilizzato per indicare gli aspetti interiori delle
credenze e del comportamento religioso , essa dunque si può definire come
‘’possedere credenze e agire di proposito’’.
Essendo fenomeni psicologici , le credenze religiose sono materia della i-
religion , tuttavia esse sono anche dei fatti sociali , in quanto i contenuti delle
credenze sono distribuiti nella cultura.
Se le credenze fossero interamente private infatti , non sarebbe possibile
studiarle , ma fortunatamente esse circolano anche nella cultura e nella
società.
Le credenze ( che sono modelli , idee , concetti ) possono essere interiorizzate
dall’individuo , che apprende che Maometto è il profeta di Allah o che
Buddha è l’illuminato ( si tratta dunque di proposizioni che circolano in un
dato ambiente e di cui è possibile appropriarsi ).
Le credenze possono essere private , ma non lo sono esattamente come lo
sembrano , infatti esse saranno sempre accessibili per gli outsiders.
Di fatto le credenze private sono versioni delle credenze pubbliche , così come
il linguaggio e il denaro privato sono delle versioni del linguaggio e del
denaro pubblico.
Le credenze nella mente , dunque nell’i-religion , sono in realtà anche parte
dell’e-religion: pertanto la religiosità si riferisce a dei modi di
comportamento/sistemi di credenze che sono accettati dalle persone.
L’ESPERIENZA RELIGIOSA
Nel 1902 lo psicologo William James definì l’esperienza religiosa come ‘’i
sentimenti , gli atti e le esperienze di individui nella loro società in quanto
comprendano di essere in relazione con qualsiasi cosa possano considerare divino’’.
Il concetto di ‘’esperienza religiosa’’ è stato ( ed è ancora oggi ) oggetto di
dibattito , tanto in filosofia , quanto in psicologia e in altri campi interessati al
fenomeno religioso.
Nella maggior pante di questi ambiti vi è stata la tendenza ad associare
l’esperienza religiosa con idee provenienti dalla teologia cristiana
protestante, che pone particolare importanza sulla fede individuale.
L’esperienza religiosa è stata indicata in ambito teologico come la prova
dell’esistenza ontologica del sacro: in sostanza un’esperienza che è suscitata
dalla presenza del sacro.
Come detto dal filosofo Friedrich Schleiermacher , il sentimento di essere una
creatura di Dio fluisce nelle sue creazioni.
Ovviamente per l’outsider agnostico questo tipo di lettura non può essere
valida , in quanto non prova l’esistenza di una causa sovrumana ; per questo
motivo l’esperienza religiosa , per come descritta dai suoi difensori , è di
scarso aiuto negli studi relativi alle varie tradizioni.
La storica delle religioni Ann Taves ha sostenuto che l’esperienza religiosa sia
profondamente integrata allo studio della religione in ambito occidentale ,
cosa che ha portato molti studiosi a indagare questo tipo di esperienza
caratterizzata come ‘’religiosa , mistica o spirituale’’.
Secondo Ann Taves molti studiosi hanno guardato all’esperienza religiosa
come alla pura essenza della religione, una visione che ha portato però ha
concepire l’esperienza religiosa come sui generis ( e di conseguenza anche il
suo studio avrebbe dovuto esserlo ).
Queste premesse sono dovute soprattutto all’influenza che della teologia
liberale , che ha contribuito a rendere l’esperienza religiosa un area opaca e
complessa.
Il teologo Mark Wynn ha osservato che di fatto ‘’gli stessi commentatori
dell’esperienza religiosa non sono unanimi sul ruolo delle considerazioni
fenomenologiche’’.
La complessità è stata inoltre aumentata dall’introduzione della nozione di
fenomenologia della religione , l’ambito che riguarda sostanzialmente
l’interesse per l’esperienza religiosa soggettiva.
La confusione riguardo a questo ambito è determinata anche dal fatto che il
termine ‘’fenomenologia della religione’’ venisse utilizzato anche per indicare
lo studio comparativo delle religioni e dei loro elementi.
Fino a poco tempo fa la ricerca fenomenologica si è basata solo su resoconti
personali dei soggetti , senza possibilità di controlli esterni.
Oggi però esistono nuove tecnologie e tecniche , come la scansione cerebrale,
che consentono pratiche di ricerca complementari ; l’unica problema legato a
queste tecniche sta nel fatto che esse necessitano di numerosi chiarimenti
concettuali.
Ann Taves ha osservato a proposito di questi tentativi di costruire un ponte
tra le scienze umane e quelle dure che questi nuovi studiosi , che si sono
definiti ‘’neuro-teologi’’, hanno in realtà ‘’ignorato l’esperienza’’ e che ‘’mancano
di preparazione in teologia o studi religiosi’’.
Sul tema dell’esperienza religiosa rimane ancora qualche confusione , tuttavia
i risultati ottenuti dalle nuove ricerche sono sicuramente incoraggianti , esse
hanno dimostrato per esempio che le esperienze extra-corporee possono
essere replicate sperimentalmente ( sarebbero delle stimolazioni elettriche a
cui una parte del cervello può essere predisposta ).
In questo panorama l’esperienza religiosa può essere definita come
‘’un’esperienza con una componente aggiunta di credenza religiosa’’, in
sostanza un’esperienza a cui viene attribuito l’attributo di ‘’religiosa’’.
Sempre Ann Taves , al fine di superare la difficoltà di condivisione legata a
questo tipo di esperienza , ha proposto di scomporre questo fenomeno e
studiarlo con un ‘’approccio a mattoni’’.
4) Interpretazione allegorica della natura , per cui Apollo è il dio del fuoco ,
Poseidone dell’acqua ecc…
9) Interpretazioni sociologiche , come quella di Crizia per cui ‘’gli dei sono
nati per mantenere l’ordine sociale’’.
I risultati della discussione su cosa , tra rito e credenza , venga prima nella
religione , non sono del tutto indipendenti dai punti di vista di coloro che
l’hanno condotta.
I teologi cristiani per esempio sosterranno che la credenza venga prima del
rito , e dello stesso avviso saranno anche molti storici e filosofi formatisi in un
orizzonte lontano da quello cristiano.
Il credere in sostanza è ritenuto da queste categorie di studiosi come la causa
del rito ; si assiste dunque ad un predominio della fede.
Al contrario studiosi di orientamento sociale ( sociologi e antropologi ) , e con
loro anche teorici evoluzionisti e cognitivi , sosterranno la preminenza del
rito sulla credenza.
Molti di questi studiosi considerano il rito come addirittura più antico della
credenza , che solo successivamente si sarebbe legata ad una particolare
credenza.
Quando la religione divenne oggetto di studio , alla fine del XVII secolo , vi
era ancora un evidente pregiudizio cristiano-protestante nei confronti dei riti
e del loro studio.
Questo pregiudizio pare dovuto in primo luogo alla concezione teologica
protestante per cui ‘’le opere non concedono la grazia , ma solo Dio può farlo’’.
Il disprezzo protestante per il rituale perdurò fino al XIX secolo , quando si
cominciò a studiare anche lo sviluppo delle varie dottrine in ambito cristiano.
L’attitudine dei padri pellegrini ( XVI sec. ) a non festeggiare il Natale è il
più evidente degli esempi per mostrare la presenza di questo pregiudizio in
ambito protestante.
I puritani ripudiavano l’origine pagana di una festa come il Natale, che infatti
divenne festività federale solo nel 1870 , dopo che in precedenza si era arrivati
a proibirla.
Uno dei tratti più importanti del rituale sta nel fatto che esso venga eseguito
solo in un determinato periodo dell’anno e in un determinato luogo: possono
esistere dunque rituali che si svolgono solo in preciso momento dell’anno , o
altri che si svolgono solo in luoghi simbolici.
AGENTI SPECIALI NEL RITUALE
Quella degli agenti rituali è una categoria variabili: qualsiasi cosa di fatto
può essere un agente rituale ( persone , gruppi , istituzioni , oggetti , artefatti,
defunti ecc.. ).
Gli agenti rituali hanno la capacità di superare l’ordinario in più modi , a
seconda del mondo in cui si relazionano all’altro mondo.
Gli agenti rituali possono essere umani , che magari hanno avuto una diretta
esperienza dell’altro mondo.
Gli agenti rituali possono anche essere strumenti , che hanno capacità contro-
intuitive e che dunque hanno efficacia nel relazionarsi all’altro mondo ;
montagne , statue o reliquie possono essere soggetti attivi ( nel senso
grammaticale della parola.
Gli agenti rituali possono anche essere passivi , come per esempio un
paziente di un rituale di guarigione o un iniziando.
Il rituale si presenta insomma come un’azione speciale , dotata delle seguenti
caratteristiche:
- Sostituzione di struttura: nel rituale ciò che viene fatto in questo mondo ha
effetto nell’altro ; per esempio i riti per ‘’placare l’ira della divinità o lo sdegno
degli antenati’’.
La maggior parte dei rituali , se non tutti , rimarca qualche tipo di transizione
soggetti/oggettiva attraverso dei confini , per esempio dal sacro al profano e
ritorno.
In ogni forma di rituale si presenta dunque un tipo di relazione strutturale:
Molti dei rituali sono eseguiti pubblicamente , a volte anche con grandi
masse di spettatori o di partecipanti.
Questo tipo di rituali sono detti ‘’di gruppo’’ o ‘’di comunione’’ , i quali
servono per lo più ad esplicitare obiettivi comuni ( impiegando mezzi
comuni ) o a tentare di conseguire risultati comuni.
Questo tipo di rituale ha a che fare principalmente con processi di
trasformazione o di conservazione , con segnalazioni di identità status e
competenza.
In sostanza questo tipo di rituali hanno come fine per il partecipante
l’iniziazione ad un nuovo status sociale , l’ottenimento di una coscienza
sacra , mentre per il gruppo quello di celebrare un’istituzione sacra o
l’identità etnica.
Le azioni di questi riti , che sono prescritte/fissate/stereotipate , hanno come
effetto fisiologico l’eccitamento sincronizzato ( determinato per esempio dal
marciare a tempo ).
Questo tipo di cerimonie erano presenti già nell’Antichità , quando si
celebravano conquiste militari o l’inaugurazione di un nuovo regno ; oggi
invece questo tipo di cerimonia si può rivedere nelle sfilate militari dei
regimi.
Le istituzioni religiose sono importante nella gestione delle menti e dei corpi:
definiscono in che modo gli esseri umani dovrebbero pensare comportarsi ,
sono dunque potenti veicoli di gestione sociale.
Sebbene molti rituali e credenze non siano intellegibili dai partecipanti ,
anche questi sono significativi per i partecipanti , in quanto ci dicono cosa
fare e ‘’ chi siamo’’.
Le credenze dunque , pur non attivando un contenuto semantico con un
senso esplicito per i partecipanti , sono comunque significativi , perché
credenze e azioni rituali nella religione agiscono da stabilizzatori sociali
( fornendo codici , norme e istituzioni sociali abituali ).
Gli esseri umani condividono la capacità unica di avere obiettivi comuni e di
cooperare secondo piani e nel rispetto di norme e regole.
In questo senso le istituzioni ‘’ci fanno intelligenti’’ collettivamente quando le
regole costitutive e regolanti sono interiorizzate dai partecipanti.
Le istituzioni sono strumenti cognitivi dotati di forza che ‘’conservano’’ e
‘’irradiano’’ impegni normativi che spesso si cristallizzano in rituali ( come il
matrimonio ).
In sostanza possiamo indicare le istituzioni nelle tradizioni religiose come
tipi di tecnologie mentali e sociali utilizzate per governare pensieri ed
emozioni.
Particolarmente importante nelle tradizioni religiose sono le istituzioni che
regolano l’appartenenza al gruppo religioso e le relazioni con gli altri
gruppi.
Le relazioni tra individui e gruppo religiosi sono sempre regolate: esistono
sempre norme che governano le relazioni prescritte , positive o negative che
siano.
Ad alcune regole è molto facile adattarsi ( battesimo in chiesa ) , mentre altre
regole ( soprattutto per gli adulti che desiderano convertirsi ) sono molto più
complicate.
Atti di inclusione , come rituali di iniziazione , sono sempre molto più
frequenti di atti di esclusione , che di solito prevedono punizioni severe ed
eccessive , soprattutto per gli apostati.
Un’altra componente molto importante è ovviamente l’identità del gruppo ,
che talvolta è ribadita attraverso l’adozione di un determinato abbigliamento ,
taglio di capelli o copricapo: tutte queste cose funzionano come segni di
identità e appartenenza al gruppo.
La segnalazione di aderenza al gruppo non sembra seguire alcuna regola
specifica , eccetto per il fatto che la differenza è cruciale.
In antropologia e storia delle religioni un caso molto importante è quello del
totemismo ( simbolismo animale ), che per qualche tempo è stato considerato
un caso speciale e importante di identità del gruppo.
Quando W. Robertson-Smith pubblicò un suo studio nel 1894 , egli contribuì
ad alimentare il dibattito nel Regno Unito riguardo il totemismo.
Il totemismo era immaginato infatti come la fonte originale della religione ,
una posizione che faceva scalpore , in quanto andava a scalfire la posizione
della Chiesa secondo cui essa era stata rivelata dalla divinità.
Solo successivamente Claude Lévi-Strauss ha mostrato come il simbolismo
animale venisse utilizzato per pensare ai processi di differenza sociale: ‘’noi
siamo X e loro sono Y’’.
Le istituzioni hanno importanti funzioni anche nell’ideologia in generale e
nelle istituzioni religiose in generale.
Ideologie , o visioni del mondo , hanno l’abilità di mediare tra i mondi:
quello naturale/fisico/materiale , quello mentale/sociale e quelli ideali/pensati;
‘’mediano’’ nel senso che possono parlare di questi mondi e delle relazioni
tra essi tramite la semiosi religiosa.
1) Avere cura vs Fare del male , gli esseri umani hanno una tendenza radicata
a proteggersi e avere cura di se’ stessi.
2) Equità e giustizia , agli esseri umani non piacciono gli ‘’scrocconi’’ , coloro
che partecipano senza contribuire.
Questi tre fondamenti danno risalto alla socialità e alla collettività , mentre
tutti e cinque insieme , costituiscono cinque fondamenti di etica intuitiva.
Una questione rilevante è rappresentata dal come questo tipo di questioni
morali innate funzionino insieme ai fattori sociali e culturali.
Il già citato David Hutchins ha sviluppato il concetto di ‘’cognizione
distribuita’’ in quanto nella sua visione la cognizione umana non è influenzata
solo da culture e società , ma costituisce un processo culturale e sociale.
Le culture sociali , culturali e religiose sono ‘’sistemi più ampi di un singolo
individuo’’ , per questo bisogna esplorare le proprietà cognitive di sistemi che
sono più ampi di un singolo individuo ( la cultura dunque , in senso
profondo , è costitutiva della mente ).
RELIGIONE E POLITICA