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J. S.

JENSEN ; ‘’CHE COSA È LA RELIGIONE’’

PREFAZIONE: CHE COS’È QUESTA COSA CHIAMATA RELIGIONE ?

La ‘’religione’’ è l’argomento di questo libro , non una religione in particolare,


ma la religione in generale come fatto umano , sociale e culturale.
Ci si serve qui del termine ‘’religione’’ per mostrare quanto le religioni ( al
plurale ) , nonostante tutte le appartenenti differenze , abbiano così tanto in
comune , e che dunque ha senso parlare di religione in generale.
Non tutte le religione condividono tutte le stesse caratteristiche , ma
solitamente contengono idee relative ad agenti sovrumani , al destino
dell’uomo dopo la morte , alla morale , all’ordinamento del cosmo e della
natura , al cosiddetto ‘’altro mondo’’.
Il progetto di Jensen è quello fare in modo che il lettore possa comprendere
sia il complesso fenomeno della religione , ma allo stesso tempo anche il
come la religione sia diventata ( ed è tuttora ) un oggetto di indagine
scientifica , più ce uno stile di vita da seguire.
L’idea principale contenuta nel libro di Jensen è che , nonostante le diversità ,
le religioni siano prodotti della mente e dell’attività umana.
Guardando ad esse in questa prospettiva , la religione non appare più come
un ambito misterioso , ma ci si accorgerà di come essa di fatto consista di
credenze e comportamenti eseguiti dagli esseri umani
L’ipotesi principale è che le religioni siano fate dagli uomini , e che pertanto
esse possano essere indagate anche da altre scienze umane , come la
psicologia e l’antropologia.
Secondo Jensen bisogna guardare agli oggetti misteriosi di cui parla la
religione ( esseri sovrumani , divinità , demoni ecc… ) come ad agenti
immaginati , ovvero come prodotti dell’immaginazione.
1) INTRODUZIONE: QUALCHE IDEA SULLA RELIGIONE

La religione nel corso della storia ha assunto molte forme e ha esercitato


grande potere sulle menti e sui corpi , tuttavia solo recentemente è diventata
anche oggetto di studio.
Le problematiche riguardanti questo campo d’indagine sono numerose , in
quanto in primo luogo bisogna distinguere tra domande sulla religione e
domande sullo studio della religione.
Il termine stesso ‘’religione’’ si riferisce ad un concetto e non ad un dato , un
concetto che ha assunto numerosi significati nel corso della storia
( nell’antichità , nel Rinascimento , nel Romanticismo e nella moderna visione
scientifica del mondo ) e che dunque presenta numerose eredità.
Di fatto dunque per spiegare e interpretate il termine religione sarebbe
inappropriato senza prestare attenzione alla storia e alla teoria.

CINQUE VISIONI DELLA RELIGIONE DI CUI SERVIRSI

Prima di arrivare a dare una propria definizione di religione , Jensen va a


riportare e a commentare cinque definizioni di ‘’religione’’ , elaborate tutte
nel corso del Novecento.
La prima è quella di Emile Durkheim , contenuta all’interno del suo ‘’Le
forme elementari della vita religiosa’’ ( 1912 ) , e recita: ‘’Una religione è un sistema
solidale di credenze e pratiche relative alle cose sacre , cioè separate , interdette , le
quali uniscono in un’unica comunità morale , chiamata Chiesa , tutti quelli che vi
aderiscono’’.
La grande novità sta ovviamente nella distinzione tra ‘’sacro’’ e ‘’profano’’ ,
che va a superare quella fra uomini e divinità ; grazie a questa definizione
anche il buddhismo antico fu incluso nella categoria di religione ( infatti in
esso vi sono delle ‘’cose separate’’ , ovvero gli insegnamenti del Buddha o gli
ordini monastici ).
Per Durkheim il criterio più importante è la ‘’comunità morale’’ , l’idea che la
religione sia un fatto eminentemente sociale e che consista in pratiche e
credenze che uniscono una comuni.
Altro punto importante della definizione di Durkheim è il fatto che le
religioni non siano false , in quanto rispondendo ai bisogni umani esse ‘’non
possono essere puramente illusorie’’.
La seconda definizione proposta da Jensen è quella particolarmente critica
proposta da Sigmund Freud ( 1856-1939 ).
Egli indica la religione come ‘’una nevrosi ossessiva universale dell’umanità ;
come quella del bambino , scaturì dal complesso edipico , dalla relazione paterna’’.
Il concetto chiave interno alla definizione offerta dal pensatore austriaco è
quello monoteistico di ‘’Dio padre’’ , che a sua volta si lega ad una delle teorie
più celebri di Freud , il celebre ‘’complesso di Edipo’’.
La speranza di Freud era quella di potere liberare l’umanità dalla religione ,
cosa che permetterebbe di ‘’rinunciare al desiderio ardente del padre , che è la
radice del bisogno religioso’’, ovvero la sua maturazione definitiva.
L’importanza di questa definizione sta nell’attenzione posta da Freud sui
processi psicologico-emozionali ; una definizione che si focalizza sulla
credenza e sull’individuo , non sul gruppo.
La terza definizione proposta è quella del teologo Paul Tillich ( 1886-1965 ) ,
la quale si concentra sulla fede piuttosto che sulla religione in senso generale.
La definizione proposta da Tillich recita: ‘’la fede come interesse supremo è un
atto di tutta la personalità…. è l’atto centrale per eccellenza dello spirito umano….
[ nella ] dinamica della vita personale’’.
In questa visione Tillich non oppone la fede alla ragione e all’emozione ,
bensì le trascende entrambe.
Per Tillich la fede è una ‘’ultimate concern’’ , che si oppone all’alienazione ,
ovvero il peccato nella sua versione moderna , e rappresenta una tendenza
tipica dell’essenza umana , quella di interessarsi alle condizioni della propria
esistenza.
La religione , in quanto fede , aiuta gli uomini ( anche gli atei ) ad affrontare
l’esistenza ; si delinea così una visione funzionale della religione , che
fornisce agli uomini delle condizioni normative in cui essi percepiscono se
stessi e il loro mondo ( una visione di chiara origine cristiana , ma calzante ).
La terza definizione proposta da Jensen è quella dell’antropologo americano
Clifford Geertz nel 1966 , che definì la religione come un ‘’sistema culturale’’
consistente di simboli , attraverso cui gli esseri umani davano significato alla
propria esistenza.
La definizione di Geertz è la seguente: ‘’Un sistema di simboli che opera ( o
funziona ) stabilendo profondi , diffusi e durevoli stati d’animo e motivazioni negli
uomini per mezzo della formulazione di un ordine generale dell’esistenza e del
rivestimento di questi concetti con un’aura di concretezza tale che gli stati d’animo e
e le motivazioni sembrano assolutamente realistici’’.
Si tratta di una definizione sostanziale e funzionale , che dice in cosa consiste
la religione ( il significato simbolico ) e cosa fa nelle sue funzioni psicologiche.
Non si parla di dei o di agenti sovrumani , essa dunque potrebbe essere
applicata alle ideologie o ad altre formazioni sociali dotate di autorità.
Quello che viene enfatizzato da Geertz è che le esperienze umane sono state
considerevolmente modellate dalla religione , in quanto parte integrante
della cultura umana.
La ‘’prospettiva religiosa’’ di cui parla Geertz si basa sull’idea che ciò che è
reale viene interpretato tramite quanto detto dalla metafisica ( un complesso
di simboli ) , indicata come un’autorità persuasiva.
La visione della religione di Geertz è divenuta estremamente popolare , in
quanto riprende molti punti proposti dalla filosofia del linguaggio del
Novecento.
L’importanza della religione per l’antropologo americano sta nella sua
capacità di funzionare , per l’individuo o per il gruppo , come una ‘’fonte di
concezioni generali ( e tuttavia peculiari ) circa il mondo , l’io e l’io e il mondo’’.
L’ultima definizione proposta da Jensen è quella dell’antropologo e psicologo
Pascal Boyer , che intende la religione come un sottoprodotto evolutivo
dovuto a rappresentazioni che violano le percezioni ordinarie del mondo.
Per Boyer non c’è nulla di vero a proposito della religione: essa infatti
funziona esclusivamente come falsa coscienza ingannevole , che inganna gli
stessi credenti (che dunque non sanno davvero perché e in che cosa credono).
La religione sarebbe comprensibile solo attraverso un’analisi in terza persona,
che farebbe notare che essa è un frutto dell’immaginazione , che porta a dare
per certe cose che non sono reali.
Gli esseri umani per Boyer sono ‘’vulnerabili solo ad un insieme ristretto di
concetti sovrannaturali: quelli in grado di attivare sistemi relativi alla morale , alla
morte , allo scambio sociale...’’.
Boyer osserva poi che solo pochi uomini sono capaci di avere questo tipo di
percezione multipla , ed è per questo motivo che le caratteristiche della
religione sono simili in tutto il mondo.
In questa visione però , lo studio cognitivo della religione è anche in grado
di fornire una miglior conoscenza dei processi mentali umani.
Un punto interessante della visione di Boyer è anche quello per cui le menti
umane sono disegnate in modo tale che difficilmente potrebbero evitare di
avere dee religiose.
VISIONI DELLA RELIGIONE E ‘’SVOLTE’’ INTELLETTUALI

Le visione esposte da Jensen sulla religione sono definite come ‘’autorevoli’’:

- La teoria di Durkheim pose l’attenzione sulle funzioni sociali della religione;


una svolta funzionale.

- La svolta psicanalitica operata da Freud entra di diritto nel movimento


dell’ermeneutica del sospetto.

- La proposta di Tillich ha invece avuto contatti con l’esistenzialismo.

- La definizione di Geertz , che mischia filosofia del linguaggio e la tradizione


antropologica americana , ha invece avviato la cosiddetta svolta linguistica.

- Con Boyer si arriva invece alla ‘’svolta cognitiva’’ , che propone una nuova
visione naturalistica del mondo mentale umano.

UNA DEFINIZIONE PRATICA E STIPULATIVA DI RELIGIONE

Jensen propone poi una sua visione di religione, indicata come ‘’stipulativa’’
( assegna un significato ad una parola , a volte senza riguardo per l’uso
comune ).
La definizione di Jensen è la seguente: ‘’La religione comprende reti
semantiche e cognitive che comprendono idee , comportamenti e istituzioni
in relazione ad agenti sovrumani , oggetti e postulati controintuitivi’’.
Le religioni includono tipicamente alcuni elementi , come cosmogonie e
cosmologie , credenze in esseri sovrumani come agenti spirituali.
Ma anche credenze legate al destino dell’uomo e alla vita dopo la morte ;
comprendendo però anche azioni rituali che garantiscono la comunicazione
col sacro , oltre che istituzioni che creano le condizioni per la comunicazione.
Il vantaggio di definizioni di questo tipo (‘’politetiche’’) è data dalla
possibilità di mostrare tutte le ‘’somiglianze di famiglia’’ tra le varie religioni.
Una definizione di questo tipo fa sì che non vi sia un criterio esclusivo per
poter definire una religione come tale: alcune tradizioni religiose a volte sono
così religiose da non sembrare affatto tali a prima vista.
Notare le enormi affinità tra questa visione dello studio della religione e il
concetto dei ‘’giochi linguistici’’ e delle ‘’somiglianze di famiglia’’ proposto
da Ludwig Wittgenstein.

CHI HA RAGIONE A PROPOSITO DELLA RELIGIONE ?

Un problema ricorrente nello studio della religione è dato dallo scontro tra le
posizioni degli insider e quelle degli outsider: i primi sarebbero coloro che
insistono sulla veridicità e l’unicità della loro tradizione , i secondi sarebbero
invece gli scettici , i curiosi o i critici.
Es. le dispute tra le varie forme di cristianesimo sulla natura dei sacramenti , il fatto
che alcuni buddhisti non considerino il Buddhismo una vera religione ecc…
Lo scopo di una traduzione religiosa per Jensen è dunque quello di creare
uno spazio semantico in cui gli interlocutori possono significativamente
dissentire.
Cristiani , ebrei e musulmani possono dunque dissentire sull’avere o meno lo
‘’stesso Dio’’ , cosa che invece degli shintoisti non potrebbero mai fare , in
quanto supererebbe l’area del loro ‘’disaccordo significativo’’.
Il principale compito di uno studioso delle religioni non dovrebbe essere
quello di giudicare il valore di una religione , quanto piuttosto quello di
rimanere imparziale e oggettivo.
La difficoltà nello studio delle religioni sta proprio nel comprendere che esso
non riguarda lo studio delle autorità e dei poteri invisibili di cui esse si
fanno portavoce , ma i pensieri e i comportamenti umani in relazione ad essi.
Lo studio della religione non è teologia , ma è studio del comportamento
umano: gli studiosi non sono apologeti , sono dei critici , possono credere in
alcune cose , ma non in tutto ( Jensen recupera l’imperativo eretico di Peter L.
Berger ).
Lo studioso ( soprattutto se credente ) deve saper abbandonare una posizione
esclusivista , che non risulta utile nell’ambito della ricerca accademica.
Altro punto importante di cui parla Jensen riguarda la comparabilità delle
religioni: per l’autore esse non possono essere comparate in toto , come
osserva il già citato Pascal Boyer.
Per Boyer lo studio delle religioni è una ‘’materia impura , che ha come tema
centrale un oggetto non scientifico… ne consegue che non esiste un metodo o una
teoria privilegiata nello studio della religione in quanto tale’’.
Lo studioso non deve necessariamente evitare le generalizzazioni , quanto
piuttosto utilizzare quelle che Levi-Strauss definì ‘’interpretazioni
generalizzate’’.
Di fatto parlare di ‘’sacrificio’’ significa fare una generalizzazione , tuttavia si
tratta di quella che potremmo definire una definizione rudimentale , un
modello astratto che si deve sempre affiancare a quello specifico.
2) UNA BREVISSIMA STORIA DEL CONCETTO DI RELIGIONE

Per Jensen lo studio della religione è simile a quello della filosofia: se non sai
nulla sulla storia della filosofia , non puoi studiarla (lo stesso per la religione).
Per questo motivo in questo capitolo Jensen cerca di fornire una storia del
concetto di religione , partendo dall’etimologia della parola: dal latino religio
che deriva da religare ( lett. ‘’legare’’ , ‘’riallacciare’’ , ‘’raccogliere’’ o
‘’rileggere’’ ).
Nel mondo romano il termine implicava la meticolosa osservanza delle
tradizioni relative all’interazione con gli dei ; più in generale si deve
osservare che tutti i popoli dell’antichità avevano sistemi di condotta e reti di
credenza che comprendevano la partecipazione degli dei.
Con il progredire della storia di Roma , il concetto di religio passò dal
significato di ‘’idolatria’’ all’uso globale più comune.

VERITÀ NELLA RELIGIONE VS STUDIO CRITICO DELLA RELIGIONE

In Europa la visione del mondo delle chiese cristiane ha dominato a lungo nel
corso dei secoli , nonostante i numerosi scismi e dispute su quale fosse la vera
e corretta interpretazione delle scritture.
Nel corso del tempo però si sono susseguite molte voci e movimenti critici ,
anche se inizialmente si trattava solo di movimenti di insiders.
Con l’affermazione di uno studio accademico e non apologetico della
religione , venne affermandosi la completa indipendenza dall’autorità
religiosa e dal dogma.
La visione scientifica del mondo che cominciò ad affermarsi nel corso della
seconda metà del XVI sec. fece sì che alcuni pensatori sostituissero la
convinzione religiosa con l’intelligenza critica ; il primo a fare ciò fu il
filosofo francese René Descartes ( 1596-1650 ).
Tra i critici della Modernità bisogna ricordare anche David Hume ( 1711-
1776 ) , che nella sua ‘’Ricerca sull’intelletto umano’’ ( 1748 ) intitola una sezione
‘’Sui miracoli’’ , in cui afferma che credere è di per se’ un miracolo ( questo
perché la ragione è insufficiente a convincersi della veracità della religione ).
Altri filosofi dell’Illuminismo contribuirono a portare avanti una critica della
religione fondata , fra i tanti si devono ricordare John Locke ( 1632-1704 ) e
anche Francois Marie Auret , meglio noto con lo pseudonimo di Voltaire
( 1694-1778 ).
Per Locke , che fu un profondo conoscitore dei testi biblici e un uomo
profondamente cristiano , la religione andava de-politicizzata , in quanto
essa doveva essere considerata una questione privata.
Secondo Voltaire invece il libero pensiero e la ragione avrebbero
rappresentato gli strumenti per porre fine alle guerre di religione.
La domanda che più preoccupò i fenomeni dell’Illuminismo fu però la
seguente: se non proveniente da Dio , allora da chi proveniva la religione ?
Il pensiero dei lumi propose delle visioni assolutamente rivoluzionarie della
religione , la cui spiegazione si basava su delle letture naturalistiche.
Queste visioni si allontanavano dai dogmi e dalla verità rivelata imposti dalla
chiesa , in quanto cominciarono a percepire la religione come ‘’naturale’’.
Molto importante in questo senso fu la dottrina del Deismo , che ebbe
particolare influenza nel corso del XVII e del XVIII secolo.
Essa era profondamente legata all’Illuminismo e alla cultura scientifica che
andava formandosi: era monoteista , credeva che la religione fosse un fatto
naturale , era critica nei confronti del dogmatismo , riteneva Dio esterno alle
vicende umane e vedeva nella virtù il modo corretto di venerare.

ROMANTICISMO E RELIGIONE EMOZIONALE

Nel XVIII secolo il Romanticismo si affermò nell’ambito culturale europeo ,


portando con se’ la venerazione per l’antico e il distante , celebrati attraverso
il recupero di miti e leggende locali.
I romantici ebbero un atteggiamento ampiamente positivo nei confronti della
religione , che pensavano guidata dall’emozione.
La religiosità personale e l’intuizione sono delle caratteristiche importanti
della cultura romantica , come si evince dalla produzione del filosofo e
teologo Friedrich Schleiermacher ( 1768-1834 ) nel suo ‘’Sulla religione:
discorsi a tutti quegliu intellettuali che la disprezzano’’ ( 1799 ).
Per Schleiermacher ‘’l’essenza della religione non è né pensare né agire , ma
intuizione e sentimento’’ ; due concetti permeanti nella produzione del
pensatore tedesco , ma non particolarmente chiari.
Nei suoi primi lavori Schleiermacher mostrò un’indole quasi panteistica ,
parlando di sentimento e intuizione ‘’dell’universo’’.
Nel trattato ‘’Sulla religione’’ egli definì quest’ultima come il miracoloso
risultato di relazioni dirette con Dio ( ‘’solo ciò che è immediata conoscenza e
sentimento può appartenere alla religione ).
In sostanza la verità della religione risiede nell’esperienza soggettiva secondo
il filosofo tedesco.
L’eredità del Romanticismo ( riguardo l’idea di religione come esperienza
soggettiva ed emozione , e riguardo la validità dell’autorità della prima
persona sulla verità religiosa ) è ancora oggi florida.
L’enfasi romantica sulla religione differisce molto da quella illuminista: è
soprattutto con il Romanticismo infatti che la religione diviene una faccenda
molto umana.

IL ‘’SAPERE POSITIVO’’ , LA SCIENZA E LO STUDIO CRITICO DELLA


RELIGIONE

Il Romanticismo aveva dunque collocato la religione all’interno dell’ambito


dell’emozione e della soggettività , una posizione che sarebbe stata superata
dalla ‘’filosofia positiva’’ di Auguste Comte ( 1798-1857 ).
Comte distinse la storia del mondo in tre fasi: quella ‘’teologico-fittizia’’ , quella
‘’metafisica-astratta’’ e infine quella ‘’scientifico-positivo’’.
Nella prima fase i teologi erano posti come le massime autorità , nella
seconda fase lo erano invece i filosofi , mentre nella terza fase erano gli
scienziati a trovarsi al vertice.
L’interpretazione di Comte è calzante ancora oggi sotto vari aspetti , tuttavia
essa non vuole essere una negazione della religione , quanto piuttosto una
sua svalutazione come attività intellettuale.
La religione , se utilizzata per spiegare il mondo , fornisce infatti un sapere
che non può raggiungere in alcun modo la validità di quello dato dalla
scienza.
La successiva teoria evoluzionistica proposta da Charles Darwin (1809-1882)
fece sì che venissero meno anche le tradizionali interpretazioni creazioniste
sulla storia del mondo.
Con l’aumentare delle spiegazioni scientifico-moderne , risultò sempre più
evidente l’inconciliabilità tra i quadri esplicativi delle religioni ( esempio
famoso è quello per cui i Maori sarebbero stati Ebrei in origine , se no come
Adamo ed Eva sarebbero potuti essere i progenitori di tutti i popoli ).
Questa inconciliabilità fece sì che si sviluppassero forti approcci anti-
religiose, che si intensificarono con l’opera di tre pensatori tedeschi:
Feuerbach , Marx e Nietzsche.
Ludwing Feuercbach ( 1804-1872 ) considerava la religione come falsa e
delirante , un vero e proprio carcere mentale per gli uomini , che rendeva loro
impossibile cambiare il proprio destino.
La religione era per il filosofo tedesco un’illusione , nata inizialmente da
alcune proiezioni psicologiche che potevano aiutare gli esseri umani nella
loro esistenza in un mondo ostile , ma divenuta poi negativa nel momento in
cui fu investita di autorità e potere.
Per Feurebach di fatto la religione rende impossibile per gli uomini creare
una società migliore , in quanto ‘’i poveri restano poveri , gli affamati affamati e a
Dio viene dato ogni onore e gloria’’.
Karl Marx ( 1818-1883 ) riprese l’idea di Feuerbach di religione come ‘’falsa
coscienza’’ , andando poi a darle la celebre definizione di ‘’oppio dei popoli’’.
La religione per Marx è un sedativo , una sorta di rivolta su piccola scala che
di fatto aiuta a mantenere la struttura economica intatta: es. la Chiesa nel
Medioevo predicava povertà , riuscendo così ad arricchirsi grazie alle donazioni.
Friedrich Nietzsche ( 1844-1900 ) fu un vero e proprio ateo militante , che
riteneva la religione semplicemente falsa disonesta ; promette un paradiso e
un destino che però non possono esistere.
Non c’è alcuna verità nella religione per Nietzsche , essa è solo uno strumento
per esercitare il potere.
All’interno de ‘’L’Anticristo’’ ( 1895 ) , Nietzsche arriva a compilare un vero e
proprio catalogo dei errori e confusioni che secondo lui si trovano nel
cristianesimo: ‘’cause immaginarie , effetti puramente immaginari… un commercio
tra esseri umani, un’immaginaria scienza della natura e un’immaginaria psicologia’’.
Risulta facile notare come queste visioni scettiche e negative della religione
siano fortemente presenti all’interno della nostra società , specialmente per
quanto riguarda il rapporto tra religione e diritti umani.
Ovviamente lo scetticismo riguardo il fenomeno religioso non è un fenomeno
esclusivamente occidentale , tutte le tradizioni scritturistiche hanno avuto e
hanno i loro critici/scettici.
Quello che si deve però notare è che nel mondo occidentale
l’istituzionalizzazione della religione abbia condotto nel corso della storia ad
una più forte secolarizzazione ( separazione fra Stato e Chiesa ) , che Berger
ha definito come ‘’il processo attraverso cui settori della società e della
cultura vengono sottratti al dominio delle istituzioni e dei simboli religiosi’’.
Ad oggi si deve semplicemente notare che nella filosofia contemporanea
convivono più posizioni: da chi porta avanti una linea scettica , chi invece
come il già citato Tillich vede nella religione un modo di fronteggiare la vita.
ESSENZA DELLA RELIGIONE VS FUNZIONI DELLA RELIGIONE

I vari approcci teologici concordano nel vedere nelle religioni un’essenza


comune: un qualcosa di metafisicamente reale ( es. ‘’Dio’’ ) ; tuttavia è
possibile ritenere che le tradizioni religiose siano sempre comparabili ?
L’orientalista Max Muller ( 1823-1900 ) sosteneva che ‘’chi ne conosce una , non
ne conosce nessuna’’ , posizione a cui si sarebbe opposta anni dopo quella del
teologo Adolf von Harnack , che nel 1906 sostenne che studiare il
cristianesimo fosse sufficiente per lo studio della religione in generale: ‘’chi
non conosce questa religione , non ne conosce nessuna’’.
Al contrario di Muller , che riteneva vere tutte le religioni , von Harnack
sosteneva che il cristianesimo fosse l’unica vera religione ; di fatto però
nessuno dei due giudizi può essere discusso empiricamente.
Approcci accademici e agnostici hanno trattato differentemente questo
problema , osservando che le tradizioni religiose sono costruzioni sociali
degli esseri umani.
Le religioni sono sociali , condivise da gruppi che hanno concezioni e valori
comuni.
Già nell’antichità alcuni filosofi avevano visto la religione e la pietà come utili
alla morale individuale e pubblica , e lo stesso Immanuel Kant ( 1724-1804 )
riteneva che esse fosse connessa all’etica dell’umanità.
Nonostante considerasse ‘’noumeniche’’ le idee di Dio , anima e mondo ,
Kant riteneva anche che esse fossero normative per la condotta e la morale
degli esseri umani ; dunque le rappresentazioni religiose sono per Kant
simboliche: Gesù rappresenta la perfezione morale , mentre il diavolo le
cattive tendenze degli uomini.
La ‘’rivoluzione copernicana’’ di Kant sta dunque nell’aver considerato la
religione come una derivazione della natura umana , e non come una verità
rivelata da fuori.
Più severa la considerazione di Feuerbach sulla religione , vista come una
confortante bugia.

INTELLETTUALISMO: LA RELIGIONE COME SPIEGAZIONE

Come già osservato in precedenza , le religioni possono avere uno scopo


intellettuale ( ‘’epistemico ) , ovvero fornire delle spiegazioni ( cosmologie )
sull’origine del mondo.
Le varie visioni del mondo fornite dalla religione cominciarono ad essere
osservate accademicamente verso la fine del XIX secolo , inizialmente da due
studiosi britannici: Edward Bunnet Tylor ( 1832-1917 ) , primo docente di
antropologia , e il classicista James George Frazer ( 1854-1941 ).
L’eredità di Tylor nel campo dell’antropologia fu estremamente importante ,
così coma le sua definizione di religione come ‘’credenza in esseri spirituali’’.
Tylor osservò la regione in chiave evidentemente evoluzionista considerando
l’animismo come la forma di religione propria di popoli primitivi ( o tribali ).
Tylor fu promotore dell’unità psichica del genere umano , ovvero dell’idea
che tutti gli uomini abbiano le stesse funzioni cognitive , ma che il loro
utilizzo dipenda dalla società e dalla cultura.
Secondo l’antropologo britannico l’uomo primitivo era un ‘’pensatore
razionale’’ , che cercava di spiegare eventi per lui incomprensibili attribuendo
il loro accadere a forze spirituali.
Le idee di Frazer non si discostarono di molto da quelle di Tylor , tuttavia il
primo si interessò soprattutto alla magia , il mezzo attraverso il quale l’uomo
primitivo credeva di poter manipolare la realtà.
Definita la ‘’sorella bastarda della scienza’’ la magia era vista da Frazer come
uno strumento inutile , della cui incapacità si rese conto anche il filosofo
primitivo , che pertanto si rivolse proprio alla religione.
La religione secondo Frazer è in disaccordo tanto con i principi della scienza
quanto con quelli della scienza ( che propongono una visione rigida del corso
della natura ) , in quanto rende il corso degli eventi flessibile ed elastico.
Tramite i sacrifici e le preghiere infatti , l’uomo sarebbe in grado di
conquistare la benevolenza delle forze che governano l’universo ; si tratta in
sostanza di una visione strumentale della religione.
La comprensione intellettuale della religione è ancora attuale , visto che la
maggior parte delle religioni hanno nella cosmologia il loro focus
( ovviamente non tutte le tradizioni religiose hanno cosmologie di analoghe
dimensioni ).

LA STORIA DELLE RELIGIONI: ORIGINI, SVILUPPI, TESTI

Lo studio non confessionale della religione è stato posto all’interno


dell’università laica nella seconda metà del XIX secolo , inizialmente in
Olanda e Svizzera.
A causa della materia trattata il suo sviluppo fu carico di scontri e numerose
controversie ; il fatto che si utilizzasse già la denominazione ‘’religioni’’ può
far notare la volontà di andare oltre la tradizione giudaico-cristiana.
I primi approcci alla storia delle religioni si focalizzarono in primo luogo
sulla storia e sui testi sacri , sulla scorta del percorso della teologia liberale.
I primi studi riguardarono però soprattutto i testi biblici: si concluse che il
testo biblico non fosse frutto dell’intervento divino , quanto piuttosto di
compilazioni più tarde ( il Pentateuco non fu dunque scritto da Mosè sotto
dettatura di Jahvé ).
Molto celebre è rimasto ‘’La vita di Gesù, esaminata criticamente’’ ( 2010 ) , opera
del teologo David Friedrich Strauss ( 1808-1874 ) , il quale sostanzialmente
depurò i resoconti biblici di ogni parvenza miracolosa o soprannaturale.
Per Strauss la religione era abbastanza reale nelle idee e nei ragionamenti , e
lo era a tal punto che la sua essenza consisteva proprio in esse , e non in un
essere divino.
Strauss arrivò poi a sostenere che il suo ragionamento fosse valido per ogni
religione testuale , motivo per il quale egli sperava che il proprio lavoro
avrebbe portato ad un nuovo approccio alle fonti testuali.
Con il metodo proposto da Strauss si assistette alla nascita di una ‘’storia delle
religioni’’ come vera disciplina accademica , e non a caso alla fine del XIX
secolo gli studi storico-religiosi si interessarono anche di nuovi fenomeni.
Ovviamente fin da subito la storia delle religioni fu una disciplina in cui la
padronanza filologica e la conoscenza linguistica ebbero un’importanza
molto importante.
L’importanza principale venne data sempre alla critica testuale , e alla
modalità attraverso cui una determinata religione si fosse diffusa tra le classi
sociali più elevate.

RELIGIONE E INDIVIDUO

Prima dell’opera di Durkheim , tutte le riflessioni sulla religione erano


virtualmente individualistiche , ovvero guardavano alla religione come ad
un fenomeno negli e per gli esseri umani come individui.
In questo senso è logico che Feuerbach , Marx e Nietzsche guardassero in
primo luogo ad una tradizione a loro familiare , in questo caso quella
cristiana.
Questo approccio individualistico alla religione ricade in due grandi ambiti:
quello della religione come religiosità , e quello di una psicologia della
religione.
Indagini psicologiche sul fenomeno religioso furono effettivamente portate
avanti , nei primi del Novecento , da personaggi come Wilhelm Wundt
( 1832-1920 ) e William James ( 1842-1910 ).
Wundt , che fu il primo a definire se’ stesso come ‘’psicologo , ebbe grande
interesse nella psicologia culturale , occupandosi di mitologia , di religione e
dei rapporti di queste due con la mente.
James fu in primo luogo un filosofo , autore però di un fondamentale trattato
di psicologia della religione: ‘’Le varie forma dell’esperienza religiosa’’ ( 1902 ).
L’approccio di James era fortemente individualistico , in quanto si basava in
primo luogo sullo studio delle esperienze religiose e dei cosiddetti ‘’specialisti
religiosi’’ ( i virtuosi ).
Per James le esperienza religiose erano tanto intense ed estreme da risultare
quasi patologiche ; non a caso egli suggerì di osservare il comportamento dei
mistici proprio per cercare di chiarire i funzionamenti di alcune parti della
mente.
Il problema dell’esperienza personali dell’ascesi mistica venne risolto da
James asserendo che essendo essa un fenomeno personale , non poteva essere
vera anche per chi non ne aveva fatto esperienza.
Come molti studiosi di psicologia della religione , l’interesse di James si
concentrò soprattutto sui produttori di religione , piuttosto sui processi legati
alla sua interiorizzazione.
Anche Max Weber ( 1864-1920 ) si interessò alle funzioni psicologiche della
religione , sul come gli individui fossero motivati in primo luogo dalle
proprie gioie/paure/dubbi.
Le controversie sul valore psicologico della religione divennero evidenti
nell’antagonismo teoretico tra Freud e Carl Gustav Jung ( 1875-1961 ).
Come già detto Freud fu un feroce critico della religione , anche se però egli
non era interessato direttamente ad essa , quanto piuttosto alla nevrosi che
essa sembrava suscitare negli individui ( l’opera di Freud trova una migliore
applicazione negli studi di i-religion ).
Risulta assai difficile costruire una teoria a partire dalla concezione freudiana
di religione come illusione ; al contrario l’idea di Jung sulla religione era
positiva e normativa.
Per Jung le tradizioni religiose rispecchiavano il funzionamento della psiche
umana: le religioni sono mitologie collettive che non esistono , ma che
devono essere comprese come codici delle componenti psicologiche nello
sviluppo dell’io.
Per il lavoro di Jung si pone lo stesso problema di quello di Freud, esso risulta
difficile da applicare allo studio delle religioni.
Lo studio della religione individuale è molto importante , tuttavia non va in
alcun modo confuso con quello della religiosità individuale , che riguarda
l’interiorità degli esseri umani.
Il tema della religiosità individuale risulta molto complicato , anche perché
rischia sempre di offendere outsider , insider e anche gli stessi credenti ( che
potrebbero considerare riduttivi gli approcci degli studiosi ).
I temi affrontati dalla psicologia della religione contemporanea sono
numerosi (quanto, e se , la religione incida sulla personalità ecc..) , soprattutto
perché solo ora essa sta uscendo dall’iniziale ambito cristiano-occidentale.

RELIGIONE COLLETTIVA E SOCIALE

Pur essendo individuale , la religione è anche sociale e collettiva , e a questo


punto Jensen si va ad occupare proprio di quest’ultima.
In contrasto con le prospettive individualistiche offerte dalla psicologia
religiosa , gli approcci sociologici e antropologici hanno ereditato il
programma di Émile Durkheim: pertanto si sono focalizzati sulla cosiddetta
e-religion.
Tutto è sociale e condiviso , in quest’ottica gli individui divengono religiosi
perché altri in torno a loro lo sono già, diventando così parte di una comunità
religiosa , cioè in un’entità sociale.
Come osservato da Durkheim , ma anche negli studi sulla lingua di
Ferdinand de Sassure ( 1857-1913 ) , i cosiddetti ‘’fatti sociali’’ ( come lingua,
religione o cultura ) risultano significativi in quanto insiemi di regole che
possiedono una storia.
In esse sono implicate infatti relazioni nell’agire , nel parlare e anche nella
stessa vita culturale.
La religione religione può di fatto essere studiata in una dimensione genetica,
indagando dunque come essa si sia rapportata alla società: come essa
funziona nella mente , o come essa ‘’percepisce’’.
In sostanza dunque si dovrà osservare , e tenere sempre distinti , l’indagine di
come ‘’si senta la religione’’ e l’indagine del suo effettivo funzionamento.
Gli approcci antropologici e sociologici , a partire da Durkheim , hanno
studiato la religione come modello collettivo e sociale di norme , indicandola
inizialmente come un ‘’collante sociale’’.
Altri studiosi si sono concentrati invece sulle relazioni tra religione , politica e
struttura sociale , nelle teorie del ‘’simbolismo’’ o della ‘’corrispondenza’’.
Entrambe queste teorie si focalizzano su come la religione ‘’simbolizzi’’ o
‘’corrisponda’’ ad ordine , struttura e funzioni sociali ; le questioni centrali
per queste teorie riguardavano credenze e comportamenti nei e dei gruppi , i
loro sistemi di classificazione sociale ( come le visioni del mondo vengono
strutturate ).
Dal punto di vista teoretico invece , l’antropologia franco-britannica ( specie
nel XX secolo ) è risultata molto attiva , e questo soprattutto grazie
all’importante situazione coloniale delle due nazioni.
L’antropologia culturale nordamericana si sviluppò invece in modo diverso ,
traendo spunti dal folklore , dalla filosofia e dalla linguistica.
Gli antropologi culturali hanno portato avanti anche nel campo dello studio
della religione la cosiddetta ‘’svolta interpretativa’’ , guardando ai significati
culturali dei vari simboli come fonti per le concezioni del mondo di gruppi ed
individui.
In Francia Claude Lévi-Strauss combinò precetti dell’antropologia culturale e
della linguistica nell’antropologia strutturale , cercando di scoprire ‘’codici’’
nascosti nella cultura umana in generale.
Guardando alle diverse culture in questo modo , Levi-Strauss giunse a
concludere che gli aspetti universali dello spirito umano ( ‘’ésprit humain’’ ) si
trovavano nella cultura , e non nella testa.
Sostanzialmente gli antropologi studiando le diverse culture , scoprono i
simboli di cui esse sono composte ( e lo stesso per le religioni ).
In sostanza dovrebbe esistere una connessione tra questi simboli , norme e
valori nelle varie culture/religioni , il cui ordine tuttavia potrebbe non essere
replicato esattamente nella pratica ( non tutti gli individui religiosi si
attengono a tutte le pratiche in ogni momento ).
Sostanzialmente dunque i sistemi non sono applicati sempre in modo
adeguato , ma questo ovviamente non significa che essi non esistano.
Al posto di ‘’sistemi’’ si è talvolta preferito parlare di ‘’reti’’ , ‘’networks’’ o
‘’pattern’’ ( lett. ‘’modello’’ ) , che tuttavia devono possedere un modello senza
il quale risulterebbero incomprensibili.

RELIGIONE ED EVOLUZIONE E RELIGIONE NELL’EVOLUZIONE

Lo studio della religione ha ricevuto negli ultimi decenni importanti stimoli


dalle scienze cognitive , e soprattutto da un rinnovato interesse per
l’evoluzione umana.
Questi due impulsi si sono poi fusi nel lavoro di scienziati evoluzionisti e
psicologi cognitivi , che si interrogano su quale sia stata l’origine della
religione.
Tra i principali protagonisti di questo nuovo ambito di studio vi è
sicuramente il già citato Pascal Boyer , il quale rifiuta la teoria intellettualista
per cui la religione sarebbe interamente falsa.
Egli infatti va a sostenere che essa sia semplicemente il risultato evolutivo del
modo in cui funziona la cognizione umana.
La religione è per Boyer un semplice epifenomeno , le cui credenze si sono
diffuse in quanto contro-intuitive , e per questo potremmo dire dotate di una
certa forza attrattiva.
Boyer , riprendendo il lavoro dell’antropologo Dan Sperger riguardante il
come le idee si diffondono , parla di epidemiologia delle rappresentazioni.
Queste ultime vanno sostanzialmente a stabilizzarsi all’interno di un gruppo ,
divenendo ‘’cultura’’; allo stesso tempo si sono anche sviluppati studi
sull’immunologia alla cultura e alla religione.
Molti sono gli scienziati cognitivi che considerano la religione un
sottoprodotto dell’evoluzione , un qualcosa che si è venuto a creare per
sfortuna mentre la mente umana si evolveva ( forte è in questi autori l’eco
dell’opera di Feuerbach ).
In questa nuova ondata di pensatori ispirati da Feuerbach , si è distinto in
Walter Capps , che si è occupato soprattutto del problema dell’essenza della
religione: ‘’E se venisse fuori che si tratta di una mera illusione ? E se fosse il
prodotto della risorse dell’immaginazione ?’’.
Di fatto però quello religioso è un fenomeno troppo complesso per essere
ridotto ad una semplice ‘’unità’’ , e anche se la si volesse considerare un
sottoprodotto , se ne dovrebbero notare anche i lati positivi nell’evoluzione
socio-culturale umana.
L’idea che non si possa ricercare una spiegazione unica della religione è
proposta anche dall’antropologo Scott Atran e dallo psicologo Ara
Norenzayan , che nel 2004 scrivevano: ‘’In tutte le società c’è una canalizzazione
evolutiva e una convergenza verso ciò a cui ci possiamo riferire come religione….La
domanda sull’origine e la natura di queste affascinanti e importanti differenze la
lasciamo aperta’’.
Secondo i due autori , che considerano la religione come un sottoprodotto , gli
esseri umani non hanno bisogno di speciali meccanismi per essere religiosi ,
anzi è più probabile che la religiosità si sia evoluta da altre disposizioni
psicologiche.
Quindi potrebbe anche essere che non sia la religione a dare moralità , bensì il
contrario: sarebbe stata la psicologia morale umana a conferire al fenomeno
religioso un così ampio valore morale.
La questione del ruolo della religione nell’evoluzione umana verte sulla
potenziale funzione di ‘’selezione di gruppo’’.
Questo concetto venne approfondito già da Charles Darwin , secondo il quale
la religione poteva sopportare la sopravvivenza del gruppo , migliorarne
l’adattamento.
Darwin sosteneva sostanzialmente che un gruppo con elevati principi morali
avrebbe avuto dei risultati migliori rispetto ad uno che aveva dei principi
morali inferiori.
Questa linea di pensiero venne perseguita anche dal biologo David Sloan
Wilson , il quale cita Darwin quando dice: ‘’una tribù che includesse membri con
altro spirito di patriottismo , spirito di fedeltà e obbedienza….fossero sempre pronti a
sacrificare se’ stessi per il bene comune , sarebbe stata vittoriosa’’.
In questo passo preciso Darwin non faceva specifico riferimento alla
religione , ma si deve notate che molti di questi elementi presuppongono la
religione come ‘’sistema unificato di credenze e pratiche’’.
La tesi funzionalista di Wilson si interroga però anche sul posto che queste
funzioni possono aver avuto nell’evoluzione degli individui e dei gruppi.
In sostanza qual è stato il vantaggio adattivo ( Qui bono ? ) della religione , e
soprattutto chi ne beneficia: l’individuo o il gruppo ?
Quello che risulta interessante osservare è che gli esseri umani sono
eccezionalmente inclini a rispondere ai propri ambienti , e la religione è stata
parte di questi ambienti.
La religione fornisce agli esseri umani qualcosa per ‘’pensare con’’ , per
esempio attraverso dei modelli cognitivi condivisi nel loro mondo.
Nella teoria dello psicologo Merlin Donald gli esseri umani hanno ‘’menti
ibride’’ , esse come quelle degli animali hanno diretta esperienza del mondo ,
ma allo stesso tempo sono incorporati in reti culturali , come quelle fornite
dalle tradizioni religiose.
La mente individuale è sostanzialmente esposta ad un’inculturazione
profonda ( Donald ) , motivo per cui nell’opera di Wilson e Donald essa gioca
un ruolo molto importante nell’evoluzione del genere umano.
3) TIPOLOGIE ED ELEMENTI DELLA RELIGIONE

UNA DEFINIZIONE TAUTOLOGICA: SACRO E PROFANO

Una distinzione basilare nel campo della religione è senza dubbio quella fra
sacro e profano , una forma di classificazione nota già nella Grecia classica e
nella romanità.
Per arrivare ad una vera e propria distinzione analitica però, si deve aspettare
la formulazione della differenza tra sacro e profano di Durkheim ( 1912 ) per
cui: ‘’tutte le credenze religiose conosciute hanno un carattere comune: una
classificazione delle cose… in due generi opposti , definiti generalmente sacro e
profano’’.
Il sociologo francese arriva in seguito a spiegare che non esiste un oggetto che
non possa divenire sacro ( non esiste dunque un catalogo fisso ).
Grazie a questa distinzione Durkheim arrivò ad annoverare anche l’antico
buddhismo tra le religioni, in quanto pur mancando dei, esistono comunque
delle cose indicate come ‘’sacre’’ ( ovvero che ‘’violano l’ordinario’’ , come dice
Jasper Sorensen ).
Secondo Durkheim dunque non tutte le religioni fanno riferimento ad esseri
sovrumani , ma tutte invece si riferiscono a oggetti sacri.
Solo se effettivamente esiste la distinzione tra sacro e profano si può parlare
di religione ; si potrebbe dire in effetti che la presenza di questa dicotomia sia
la grande conditio sine qua non dello studio del fenomeno religioso.
Per quanto riguarda invece il tema dell’essenza della religione , esso è stato
trattato a lungo nel corso dello studio di quest’ultima.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel ( 1770-1831 ) fu il primo a parlare
apertamente di ‘’essenza della religione’’.
Inizialmente per essenza della religione si intendevano gli agenti sovrumani
o soprannaturali , anche se in realtà sembra molto difficile pensare ad una
vera e propria ‘’essenza della religione’’.
In sostanza però , si dovrà osservare che quando si parlerà apertamente di
‘’essenza della religione’’ ci si troverà di fronte ad un segno di chiara
ispirazione hegeliana.
Questo modo di pensare oggi però non è più valido , sebbene risulti
comprensibile il fatto che gli esseri umani ricerchino ( come in tutte le cose )
l’essenza di quello di cui stanno indagando.
In ogni caso però, la scienza non può fare riferimento a qualcosa di metafisico
o trascendente per ottenere dell’oggettività.
Tornando alla distinzione fra sacro e profano , essa è stata utilizzata da molti
studiosi successivi a Durkheim per analizzare comprendere il fenomeno
religioso.
Tra i tanti si deve ricordare lo storico delle religioni Mircea Eliade , il quale
però non diede mai una vera e propria definizione di religione ( o di sacro ).
Per Eliade il sacro è la ‘’struttura della coscienza umana’’, l’essere umano non
può evitare in alcun modo di guardare al mondo attraverso la dicotomia tra
sacro e profano.
Eliade trova nelle testimonianze storiche e antropologiche la conferma di
questa sua categorizzazione , che però si distingue nella ricerca sulla religione
e in quella sulla coscienza ( sulla connessione di questi due ambiti Eliade fu
molto vago ).
Di fatto però , si potrebbe asserire con certezza che il legame tra questi due
ambiti sarebbe dato proprio dal fatto che la religione sarebbe un prodotto
della mente ; risulta pertanto logico cominciare ad indagarla proprio da lì.
Eliade riesce anche a conciliare quanto detto da Durkheim , sostenendo che
gli esseri umani ricevo la religione da altri esseri umani , che però non
potrebbero farlo se non avessero innanzitutto delle menti.

E-RELIGION E I-RELIGION

Il grande divario fra gli studiosi delle religioni può essere risolto tramite la
distinzione fra i-religion ed e-religion , laddove ‘’e’’ sta per ‘’esterna’’ e ‘’i’’
per interna ( una dicotomia che riprende quella tra i/e-language , la distinzione
lingua parlata/pubblica/udibile e lingua interna al cervello/non udibile ).
Una dicotomia simile a questa è presente nella storia della filosofia all’interno
del sistema hegeliano , in cui sono presenti ‘’spirito soggettivo’’ e ‘’spirito
oggettivo’’.
Le istituzioni sociali ( legge , governo ecc.. ) erano per Hegel dei prodotti che
sorgevano dallo spirito soggettivo umano , e che dopo essere stati oggettivati
divenivano quelli che Durkheim avrebbe indicato come fatti sociali.
Con la lingua e con la religione avviene dunque lo stesso fenomeno: i precetti
religiosi vengono oggettivati , e successivamente vengono interiorizzati dagli
individui che compongono un gruppo sociale.
Questi ‘’fatti sociali’’ sono quelli che gli antropologi/storici hanno indicato
come un’osservabile e-religion ; sostanzialmente dunque hanno studiato la
‘’religione fuori dalla testa’’ nella cultura materiale ( testi , documenti ,
monumenti ecc… ).
Per circa un secolo lo studio della religione è stato in primo luogo analisi e
indagine della e-religion , mentre la i-religion rimaneva oggetto di studio
della psicologia della religione ( dove tuttavia rimase a lungo marginale ).
Questa scarsa attenzione del mondo psicologico al fenomeno religioso ,
potrebbe essere dovuta all’avversione che Freud ebbe nei confronti di
quest’ultimo.
A sua volta questa insofferenza del mondo psicanalitico e psicologico nei
confronti della religione , ha scatenato in molte persone religiose il timore che
la psicologia volesse eliminare la religione.

LA RELIGIONE COME FATTO SOCIALE E TRA LE MENTI

La situazione ad oggi sembra però essere in leggero cambiamento ; infatti si è


cominciato a portare avanti anche numerose ricerche cognitive riguardanti il
fenomeno religioso ( talvolta condotte anche da studiosi con background
diversi , come filosofi o psicologi ).
Ad oggi si deve notare che la maggior parte degli studiosi possiede un
bagaglio di competenze adatto ad affrontare l’oscillazione tra e-religion ed i-
religion.
Questa nuova modalità di guardare al fenomeno religioso rendono possibili
le modalità di quel costruzionismo sociale di cui aveva parlato Peter L.
Berger.
Il filosofo John Searle ha esplorato la struttura della civilizzazione umana a
partire da una teoria relativa al modo in cui gli esseri umani costruiscono fatti
e istituzioni sociali.
Un esempio fatto da Searle è l’invenzione del denaro , ma anche quello della
stessa religione.
La prima condizione per quelle che Searle ha definito ‘’invenzioni sociali’’ è
ovviamente l’intenzionalità collettiva , necessaria affinché il gruppo sia in
grado di assegnare una funzione di status a un dato elemento interno
all’immaginazione collettiva ; la seconda condizione è l’applicazione di
regole costitutive.
Questa costruzione della realtà istituzionale è conseguita in primo luogo nel
linguaggio , specialmente attraverso atti verbali e lingua scritta: ‘’la stabilità
del linguaggio scritto consente l’esistenza scritta che hanno bisogno di alcuna
esistenza fisica…..due esempi significativi sarebbero forme di banconote , in
particolare il denaro elettronico e le corporation’’.
Quando queste istituzioni sociali come il denaro , la religione o la politica
vengono create , esse acquisiscono potere politico/finanziario/deontico
poiché posseggono funzioni di status.
Esse come dice Searle ‘’non esistono realmente , a meno che non siano
rappresentate come esistenti’’ ; ci sono infatti elementi di immaginazione per
costruzioni sociali come la proprietà privata o il matrimonio.
Un’opera che si colloca sul filone proposto da Searle è ‘’The Imagined World
Made Real’’ ( 2003 ) di Henry Plotkin , che ha posto al centro dell’indagine il
modo in cui le scienze umane lavorino in direzione di una scienza naturale
della cultura.
La cultura , secondo Plotkin , come espressione dell’intelligenza umana è
soprattutto il prodotto di uno specifico insieme conoscibile di meccanismi
psicologici e neurologici.
Plotkin riprende qui l’esempio fatto da Searle sui bambini , e su quanto essi
siano in grado di mantenere in vita una realtà istituzionale:
es. Bambino dice ‘’Io sono Adamo , io sono Eva , il quaderno è la mela’’.
Si può dunque affermare con certezza che il prerequisito necessario della
religione sia l’immaginazione.
Le religioni sono costruzioni sociali fatte di idee , intenzioni , norme e regole ,
che tuttavia non sarebbero possibili se gli uomini non fossero in grado di
immaginare che ‘’Krishna è avatar di Vishnu’’.
L’immaginazione è dunque fonte della cultura e della religione , oltre che del
miracolo che permette agli esseri umani di superare il solipsismo e
condividere con gli altri cibo e cure.
Un linguaggio creativo è rappresentato dal mito , la cui narrativa fornisce ad
individui e gruppo de contenuti culturali: dei modi di ‘’vedere X come Y’’.
Ancora M. Donald ha riflettuto sulla connessione tra cultura , narrativa e
mente: ‘’l’intero scenario della vita umana trae importanza dal mito…il mito permea
e governa la mente collettiva’’ .
Il linguaggio e le istituzioni sociali rappresentano il ponte tra e-religion ed i-
religion.
Grazie alle loro menti ibride gli esseri umani sarebbero dunque in grado di
immagazzinare delle memorie esterne nella lingua e negli artefatti ( come la
scrittura ).
Filosofi come Clark , Chalmers e Rowland hanno elaborato l’ipotesi del
cosiddetto ‘’esternalismo’’ riguardo la possibilità di costituire delle ‘’memorie
esterne’’.
Queste esteriorizzazioni sarebbero possibili in quanto gli esseri umani
possiedono linguaggi , simboli e strumenti ( come i libri ) nei quali contenuti
e processi cognitivi possono essere conservati e trasmessi.
Gli oggetti religiosi hanno assorbito intenzioni e abitudini degli individui che
li hanno creati secondo la loro tradizione , in un certo senso si potrebbe dire
che essi parlano.
Tramite dunque questa ‘’mente estesa’’ gli esseri umani sono in grado di
creare quelle grandi reti di conoscenza condivisa che sono le religioni ( che
sono composte di simboli , valori , rituali ecc… ).
L’antropologo Edwin Hutchins ha studiato le capacità di navigazione degli
abitanti delle isole polinesiane , e successivamente i modi di navigare del
personale di una grande imbarcazione.
Alla luce di questi studi egli ha proposto la nozione di ‘’cognizione
distribuita’’ , ovvero la maniera in cui gli esseri umani possiedono
conoscenze riguardo compiti che nessuno da solo potrebbe svolgere.
Queste abilità sono necessarie però anche quando deve svolgere dei rituali
religiosi , e sono talmente comuni e onnipresenti da risultare di fatto
inosservabili.
Lo psicologo dello sviluppo Michael Tomasello ha ritenuto che la cognizione
umana ( base per lo sviluppo di una cultura ) si sia evoluta nel corso della
storia.
Introducendo invenzioni e concetti sempre più complessi sostanzialmente ,
gli uomini sarebbero divenuti più intelligenti.
Questo processo è per noi di grande importanza per lo studio della religione ,
in quanto ci ricorda come essa sia in primo luogo uno strumento molto
potente nell’evoluzione del genere umano.
La religione in un certo senso può avere fornito nella storia dei gruppi umani
delle condizioni di sopravvivenza ; essa infatti è parte di quella che lo
psicologo Antonio Damasio ha definito ‘’costruzione di una persona da parte
dell’educazione e della cultura’’.
Secondo Damasio la coscienza estesa permette agli esseri umani di
raggiungere il vertice di alcune capacità mentali come: dare un senso del bene
e del male distinti , creare manufatti utili , rendersi conto delle menti di un
gruppo o tenere conto degli interessi dell’altra persona e quelli del gruppo.
Queste caratteristiche sono poste da Damasio al vertice dei processi che
contraddistinguono gli esseri umani , senza di esse pare evidente infatti che
non vi sarebbe mai potuta essere alcuna religione ( fenomeno che dunque
possiede carattere multidimensionale , in quanto conglomerato di molteplici
attività umane ).

TIPOLOGIE DI MODI ED ELEMENTI DELLA RELIGIONE

I prodotti della mente umana presentano numerose regolarità: lingue , miti ,


religioni e tutte le altre cose che formano la cultura umana hanno una certa
similarità nelle forme.
L’ipotesi dell’unità psichica del genere umano era come detto stata proposta
da Edward Tylor nel 1871 , il quale riteneva che gli esseri umani avessero
cervelli simili , ma che si differenzino nei modi in cui essi sono utilizzati.
Lo stesso vale anche per le religioni , esse possiedono tratti comuni e allo
stesso tempo anche notevoli differenze a livello superficiale.
L’idea che l’estensione degli universali umani si limiti solo a ciò che è
necessariamente biologico , mentre sarebbero le variazioni culturale a
determinare le differenze , è sbagliata.
La cultura non è produttrice solo di differenze , infatti la problematica è di
per se’ molto più complessa , come spiega P. Boyer: ‘’Le comprensioni intuitive
no sono necessariamente ‘’innate’’….…...Sarebbe davvero sorprendente se la
cognizione emergesse completamente formata…è certamente sbagliato aspettarsi che
comprensioni intuitive producano degli universali culturali. Al contrario , sarebbe
ugualmente sbagliato presumere che comprensioni riflessive siano invariabilmente
specifiche dal punto di vista culturale’’.
Vi sono dunque differenze che non possono essere spiegate dalla biologia e
somiglianze che possono essere spiegate dalla cultura.
Le uniformità nella cultura e nella natura umana dimostrano come sia
importante cercare di comparare elementi di religioni diverse ( come rituali o
preghiere ).
Di fatto gli elementi delle religioni ( e le religioni stesse ) sono prodotti della
mente umana , e pertanto sono comprensibili ad altre menti umane.
La comparazione tipologica nello studio della religione può essere
comparata con quella utilizzata in linguistica.
Di fatto la comparazione tipologica inizia e finisce con la curiosità dello
studioso ; d’altra parte nella comparazione genealogica sono soprattutto le
relazioni storiche a garantire l’utilità della comparazione.
La comparazione genealogica nello studio della religione permette di
analizzare e spiegare somiglianze storiche e geografiche come effetto di
effettivi contatti culturali.
Cose che appaiono simili però , non sempre sono effettivamente connessi: per
esempio i primi etnografi ipotizzarono che i popoli del Centro America
avessero avuto origine in Egitto perché avevano strutture simili alle piramidi.
Risulta dunque appropriato ricordare che le scienze della cultura furono
considerate storiche fino agli anni Venti del Novecento.
In sostanza credere di potere spiegare un fenomeno perché se ne conoscono
le cause può produrre spesso un effetto noto come ‘’fallacia genetica’’.

PRINCIPALI TIPOLOGIE DI RELIGIONE

I criteri per distinguere le varie tipologie di religione e i modi di essa sono


complicati , in parte perché sono stati inventati ad hoc e in parte perché
riflettono gli interessi delle varie discipline accademiche che hanno
contribuito allo studio della religione.
La materia ha è stata spesso oscura e piena di giudizi di valore ; lo stesso
concetto di world religions ha suscitato enormi perplessità.
Secondo Jensen i criteri di distinzione delle religioni possono essere visti nel
numero degli dei venerati , nella configurazione sociologica della società
( società burocratiche hanno creato strutture religiose gerarchiche in cui erano
coinvolte numerose persone ).
Altre distinzioni possono essere osservate dal punto di vista psicologico:
alcune religioni danno importanza al controllo , alcune invece ricercano
l’estasi.
Un’altra importante distinzione può essere ricercata nella divisione tra
religioni che danno importanza a questo mondo , e religioni che danno
importanza all’altro mondo.
Bisogna notare che si da importanza a determinati aspetti piuttosto che ad
altri a seconda della disciplina coinvolta: uno storico darà importanza al
ruolo politico della religione , un antropologo a quello sociale , un sociologo
si interrogherà invece sul ‘’come viene fatta’’ la religione ecc..
Alcune distinzioni appaiono molto semplici , altre invece sono più difficili da
notare , tuttavia quello che è importante ricordare è che si deve dare
importanza anche a quelle distinzioni che ci sembrano ormai obsolete.
Si parla in sostanza di opposti come ‘’rivelato vs naturale’’ , ‘’miracoloso vs
razionale’’ , o anche ‘’fede vs superstizione’’.
Il criterio analitico più semplice con cui dividere le religione rimane però
quello ‘’uno vs molti’’.
Se ci sono più divinità si parlerà di politeismo , mentre se vi è la presenza di
una sola divinità si parlerà di monoteismo.
Questa importante linea di demarcazione può tuttavia venire meno: il dogma
della Trinità , il grado di venerazione di Maria e dei Santi , la devozione nei
confronti di alcuni imam.
Allo stesso tempo si possono notare anche religioni prive di agenti
sovrumani , come l’antico Buddhismo , che Émile Durkheim aveva indicato
come religione in quanto vedeva la presenza di cose ‘’sacre’’.
Le distinzioni in sostanza si pongono soprattutto sul piano sociale/ideale ,
venendo molto spesso meno invece sul piano empirico.
Per quanto riguarda la distinzione fra religioni ‘’locative’’ e ‘’utopiche’’ , essa
viene utilizzata per indicare la differenza fra religioni indigene/autoctone
( legate in sostanza ad ‘’locus’’ preciso ) e fra religioni che vanno oltre una
località specifica.
La maggior parte delle religioni antiche sono di tipo locativo , dunque legate
ad una determinata area ; esempi di religioni locative sono quella degli Inuit
della Groenlandia o lo shintoismo giapponese.
Le religioni utopiche trascendono invece il singolo luogo , in quanto esse
sono universali/globali/missionarie ; va inoltre detto che le religioni utopiche
possono divenire etniche ( ‘’marcatori di etnicità’’ ) , come l’Islam nell’area
sub-sahariana , il Cattolicesimo Romano in Irlanda del Nord o il Buddhismo
Vajrayana in Tibet.
Tradizioni religiose universali possono divenire locali , e allo stesso tempo
religioni etniche possono divenire universali (un risultato di grandi processi
storici come l’imperialismo e la globalizzazione).
Altra grande distinzione da fare fra le varie religioni riguarda il rapporto con
le scritture , che in molti casi sono lette e conosciute solo dalle élite.
Il sanscrito , l’arabo , il pali e il latino venivano/vengono utilizzate nelle
liturgie ufficiali e teologicamente corrette , anche se si tratta di lingue non
accessibili a tutti.
Alcune tradizioni religiose sono ancora più chiuse , e le fonti letterarie ed
esoteriche sono accessibili solo a gruppi particolari.
L’aumento dell’alfabetizzazione e la maggiore possibilità di accedere alla
conoscenza , hanno fatto sì che anche le autorità religiose più ortodosse
potessero essere sfidate apertamente.
In questo senso l’influenza delle nuove tecnologie è stata gigantesca anche in
ambito religioso ( oltre che sociale , economico e politico ).
Questo tipo di scenario ha di fatto favorito la possibilità di cambiare fedeltà e
di aderire ad un tipo di religione: maggiore disponibilità di informazioni
rendono più facile l’interessamento ( o il disinteresse ).
Max Weber nella sua opera si è interessato alla distinzione idealtipica ( basata
su dati storici ) tra ‘’chiesa’’ e ‘’setta’’.
Weber , che era interessato alla storia religiosa cristiana in Europa e Stati
Uniti , elaborò una distinzione ( di carattere sociologico e non teologico ) per
cui l’appartenenza ad una setta è volontaria , mentre nel caso della chiesa la
maggior parte degli individui sono nati al suo interno.
Il termine ‘’setta’’ ha assunto oggi un significato in qualche modo
peggiorativo e difficilmente un qualsiasi gruppo religioso si definirebbe in
questo modo.
Un’altra distinzione che vale la pena di ricordare è quella fra religioni ‘’per
questo mondo’’ e religioni ‘’per l’altro mondo’’.
Le prime si riferiscono alla ‘’benedizione di questo mondo’’ , quindi alla
ricerca della stabilità sociale/economica/politica tramite delle forme di
assicurazione come i riti per gli antenati ; molte religioni antiche erano di
questo tipo.
Le religioni che si riferiscono all’altro mondo si focalizzano invece sul
recupero o redenzione di questo mondo ‘’disforico’’ , in modo tale da poter
raggiungere una condizione ‘’euforica’’ in un mondo venturo (es. ‘’Paradiso’’).
L’orientamento verso l’altro mondo è correlato spesso a prospettive etiche e
morali relative alla vita umana , in sostanza degli ideai per raggiungere un
destino benedetto nell’altra vita.
Lo sviluppo storico di queste ‘’religioni dell’altro mondo’’ è stato studiato dal
filosofo Karl Jaspers ( 1883-1869 ) , secondo il quale questo tipo di religioni
sono emerse nel primo millennio a.C. , un periodo definito da Jaspers come
‘’Età assiale’’.
Queste idee furono rintracciate quasi simultaneamente in Cina ( taoismo ) ,
India ( Buddhismo e upanishad ) , Iran ( zoroastrismo ) , Grecia ( Platone ) e
Palestina ( i profeti della Bibbia ).
Di fatto si deve osservare che l’invenzione della scrittura ( una forma di
quella ‘’memoria esterna’’ di cui si parlava prima ) fa parte di questa storia ,
anche se non ne rappresenta la totalità.
Per quanto riguarda quelle religioni definite ‘’karmiche’’ , esse costituiscono
una serie di tradizioni che spiccano per l’importanza data ad etica e morale ,
oltre che per l’importanza data all’ontologia e all’epistemologia.
La nozione di ‘’karmico’’ è fondamentale come quella di monoteismo , in
quanto le idee connesse alla nozione di karma permeano le tradizioni
buddhiste ed induiste.
Il karma incarna sostanzialmente l’idea che vi sia una forte correlazione di
tipo causa-effetto fra il pensiero umano e il comportamento.
Es. ‘’In molte tradizioni indù il karma è connesso con le nozioni di se’ e rinascita , il
punteggio karmico sostanzialmente determina il destino della propria esistenza’’.
I concetti legati al karma giustificano sostanzialmente le battaglie e le
speranze dell’individuo per migliorare la propria sorte ; nelle religioni
karmiche di fatto l’individuo può governare il proprio destino.
Alcune tradizioni religiose operano invece tramite la predestinazione , un
sorta di programma antropologico in cui tutto è già stato scritto da un’entità
al di fuori dell’individuo.
In questo tipo di religioni risulta molto importante ‘’sapere cosa fare’’ ,
ovvero scoprire quali siano i comportamenti e le scelte giuste nelle situazioni
future.
In queste religioni possono dunque avere importanza le pratiche di
divinazione: oracoli e interpreti possono fornire i segni della propria salvezza
o dannazione.
Il concetto di predestinazione ( presente anche in alcune tradizioni cristiane e
islamiche ) può produrre molta ansia negli aderenti alla tradizione , che in un
certo senso appaiono solo come tasselli di un mosaico già composto.
Altre distinzioni possono essere ricercate nell’abbondanza o assenza dei
rituali ( ma anche della loro importanza ) , e anche nell’importanza data ai
dogmi piuttosto che all’emozione umana.
L’antropologo Harvey Whitehouse ha distinto , in base ad una ricerca di
campo in Papua Nuova Guinea , modi ‘’immaginifici’’ e ‘’dottrinali’’ della
religiosità.
Con ‘’modi immaginifici’’ si parla di religioni e rituali ricchi di sfarzo
sensoriale ; in sostanza cerimonie spettacolari e memorabili , che non hanno
bisogno di essere ripetute frequentemente.
Con ‘’modi dottrinali’’ si parla di religioni e rituali governati da dottrine e
ripetizioni frequenti ; questi modi si trovano spesso nelle culture
alfabetizzate.
L’ipotesi di Whitehouse non si riferisce tanto alla religione come sistema
sociale , quanto piuttosto al ruolo delle emozioni e della memoria.
Ovviamente dunque il punto di partenza di quest’ipotesi è l’i-religion , e
come essa possa produrre certe tipi di formazioni sociali e religiose ( quindi
e-religion ).
Ribadendo la natura tautologica delle definizioni religiose , Jensen osserva
che tutte le religioni sono fatte di elementi che definiscono un mondo ‘’altro’’
rispetto a quello materiale.
Questi mondi si pensano abitati da esseri sovrumani , ma possono anche
contenere elementi che sono sacralizzati in virtù del loro valore ( motivo che
portò Émile Durkheim a considerare l’antico Buddhismo una religione ).
I criteri dunque di distinzione fra religione e non-religione non si basano
sulla presenza/assenza di agenti sovrannaturali ( Roy Rappaport ).
Le analisi dell’antropologo Edmund Leach hanno portato a notare che in
molte tradizioni religiose presentano visioni del mondo come ordinato ,
dotato di stabilità inviolabile.
Nelle tradizioni indigene questo conservatorismo è dato per scontato ; il
mondo rimarrà ordinato finché gli esseri umani svolgeranno correttamente il
loro compito.
La necessità di adempiere nel modo corretto a questo insieme di valori e
norme è data dalla presenza di quelli che Pascal Boyer ha indicato come
‘’agenti sovrumani di polizia’’ ( dei , spiriti o antenati ) perfettamente
consapevoli e pronti ad entrare in azione in quanto dotati di ‘’piena coscienza
strategica’’.
In molte tradizioni alfabetizzate questo ordine permanente sono espresse in
nozioni quali la dea Ma’at dell’Antico Egitto , il rta induista , il dhamma
buddhista.
Tutte queste nozioni incorporano un tipo di idee che alcuni sociologi hanno
indicano con termine greco nomos ( νòμος ): legge e ordine.
Una differenza interessante tra tradizioni politeistiche e monoteistiche si può
notare nelle rispettive organizzazioni sociali , culturali e cognitive: il modo in
cui si interconnettono comportamento e credenza.
Le tradizioni politeistiche tendono a enfatizzare il fatto che gli imperativi
della legge e dell’ordine si incontrano più facilmente nella pratica corretta o
ortoprassi.
Le tradizioni monoteistiche invece si sottolineano invece che il modo di
vivere corretto è determinato dall’ortodossia , con un’enfasi prioritaria sulle
credenze.
In entrambi i casi , sviare dal sentiero significa qui violare le regole e
commettere eresia.
Trasgredire le regole è però semplicissimo per gli uomini , specialmente nelle
tradizioni monoteistiche scritturalistiche e dottrinali , e questo perché gli
esseri umani sono propensi alla scorrettezza teologica.
Solo se riflettono coscientemente sulle proprie rappresentazioni degli dei , gli
uomini tendono a seguire le dottrine ortodosse , se invece sono richieste
reazioni rapide , essi cadono in risposte intuitive e non ortodosse.

CAMBIAMENTI NELLE TIPOLOGIE DI RELIGIONE

A domande come ‘’perché esistono tipi diversi di religione ?’’ , ‘’quali sono i fattori
generativi della religione ?’’ o ‘’se sono generate dagli stessi fattori , perché sono
diverse ?’’ , sono seguite fin dall’Antichità delle risposte metafisiche o
religiose.
Un esempio di queste potrebbero esser le spiegazioni fornite dai teologi
cristiani e musulmani sui comportamenti delle varie popolazioni nei
confronti delle rivelazioni.
Queste risposte definiscono una storia composta da popoli che hanno agito
bene e che sono stati ricompensati , e da popoli che hanno agito male e sono
stati puniti.
Le spiegazioni teologiche cominciarono a perdere credibilità con
l’Illuminismo e con l’emergere soprattutto di una visione scientifica del
mondo.
Fu a partire dal Settecento che si cominciò a fornire una spiegazione
razionale della nascita del mondo e della nascita delle religioni , che
sarebbero nate col fine di rendere adorabili e sacralizzabili cose importanti al
fine della sopravvivenza.
La prova di tutto ciò starebbe nel fatto che i popoli ‘’primitivi’’ avevano miti ,
rituali e istituzioni mirate a preservare la fertilità , avere successo nella caccia
ecc..
Immediatamente ci si accorse delle corrispondenza coi modi di sussistenza:
le società di cacciatori-raccoglitori veneravano agenti sovrumani che
fornivano la selvaggina , i pastori invece a dei che assicuravano salute ai
greggi e così via.
Questa visione economica dei modi materiali di sussistenza come cause della
forma della tradizione religiosa appare abbastanza rilevante finché ci si limita
alle società primitive ( anche se di fatto essa è propria di tutte le società per
Marx , che indica i modi di sussistenza come ‘’struttura’’ e la religione come
una delle tante ‘’sovrastrutture’’ create dalla prima ).
Questa teoria di corrispondenza trae ispirazione da Émile Durkheim e ha
dominato nell’antropologia sociale britannica , che ha avuto grande rilevanza
nel corso del XX secolo a livello teoretico nello studio delle religioni.
La tesi della corrispondenza trova spazio anche nell’analisi delle forme
istituzionali: con l’aumentare della loro complessità aumenta anche quella
delle forme religiose.
È il caso della tradizione imperiale dello shintoismo giapponese , che si
focalizza su ordine , purità e nomos attraverso sacrifici destinati a purificare
l’ambito imperiale ( emulando dunque l’esercizio effettivo del potere di
mantenere ordine e legge ).
Altro caso è quello del mondo mediterraneo , in cui le modalità di rivolgersi
al potere politico e alle realtà sovrumane cambiano con il passaggio dalla
dimensione della polis a quella dei grandi regni ellenistici.
Nella religione in sostanza mutamenti sociali conducono a mutamenti
rituali e linguistici.
La lingua è una delle variabili che produce cambiamenti religiosi , infatti con
lingue diverse arrivano anche diversi modi di pensare il mondo.
Spiegazioni psicologiche sull’origine e la diversità della religione potrebbero
descrivere in che modo le configurazioni psicologiche possono trasformare
gli universali biologici e delle abilità culturali in specifiche mentalità.
L’antropologa Margaret Mead caratterizzò la visione dell’antropologa Ruth
Benedict come ‘’personalità scritte in grande’’.
Si nota un’evidente semplificazione può condurre a stereotipi , tuttavia
potrebbe anche esserci del vero in quest’idea , e una rappresentazione simile
potrebbe valere anche per la religione.
Il filosofo Lucien-Lèvi Bruhl ( 1857-1939 ) ha tentato di indagare proprio
questo tema , sempre sulla scorta dell’opera di Durkheim.
Culture e società specifiche possiedono una loro visione del mondo per cui
alcuni vedono dei nelle montagne , spiriti negli alberi , altri si interessano alle
anime degli animali o delle cose impure.
Queste mentalità di pensiero sono dette da Lèvi-Bruhl ‘’rappresentazioni
collettive’’ , che i membri della cultura e della religione condividono.
Lèvi-Bruhl si concentrò su queste condizioni sociali e culturali , ovvero su ciò
che è ‘’disponibile per il pensiero’’ piuttosto che sulla psicologia individuale.
Modelli di educazione per i bambini , apprendimento culturale ,
condizionamenti emotivi forniscono dunque per Lèvi-Bruhl degli schemi di
comportamento e pensiero che incoraggiano dei comportamenti
preferenziali,
I contenuti dei diversi ‘’universi cognitivi’’ hanno grande importanza perché
contengono ciò con cui gli individui e i gruppi sono in grado di pensare in
termini di causa e anche di effetto.
Es. ‘’Perché gli antenati erano arrabbiati ? Facciamo dei rituali più elaborati’’.
La psicologia e la mentalità collettiva possono dunque fornire sia le cause
che gli effetti dei cambiamenti religiosi: pietismo , monachesimo e
fondamentalismo possono essere in effetti delle reazioni a situazioni
precedenti.
Profeti e riformatori sono a loro volta ben consapevoli che cambiamenti nella
religione possono essere provocati da altri cambiamenti nella religione.
In sostanza le variabili possono essere cambiate affinché la religione produca
cambiamenti nella cultura , nell’economia e nelle condizioni materiali ; un
esempio potrebbe essere la nascita dell’ordine francescano.
Max Weber sposò quest’idea ( ribadita da evidenze antropologiche ) nel 1904 ,
anno in cui venne pubblicato ‘’L’etica protestante e lo spirito del capitalismo’’.
In questa celebre opera Weber spiega sostanzialmente come le basi del
pensiero capitalista siano nate proprio partire dalla morale calvinista , che
vedeva nella ricerca del successo mondano l’unico modo per arrivare a
conoscere il destino ( di salvezza o condanna ) della propria anima.
Oltre a questo , esistono numerosi esempi che mostrano come la religione
provochi , dia forme e regoli la vita sociale/politica/economica negli sviluppi
recenti delle culture alfabetizzate ( Cristianesimo , Islam e Buddhismo ne
sono la prova ).
Le religioni ovviamente hanno esercitato influenza l’una sull’altra nel corso
della storia.
Un grande numero di storici ha cominciato ad interessarsi delle reciproche
influenza tra le varie religioni ; questi studi hanno poi portato all’elaborazione
di teorie della diffusione culturale.
Un esempio molto celebre è quello dell’ipotesi pan-babilonese , secondo cui
tutta la cultura , la mitologia e la religione umana provenissero dall’antica
Babilonia.
Lo sviluppo e la diffusione delle idee , degli insegnamenti e delle dottrine
religiose non necessariamente ha seguito modelli e idee fisse.

TIPOLOGIE DI RELIGIONE DETERMINATE TEORETICAMENTE

I tipi principali di teorie sulla religione sono dunque:

- Quello intellettualista , che vede la religione come una visione del mondo
e come la spiegazione delle condizioni socio-culturali , oltre che del fato.
Esempi possono essere: antichi midi indù , racconto biblico della creazione , origini
divine della tribù/nazione , divinazione e oracoli.

- Quello simbolista/della corrispondenza , che vede la religione come


espressione di strutture sociali , il risultato di forze politico-economiche.
Esempi possono essere: animali come simbolo di clan , origini divine dei gruppi ,
imperatore come divinità.

- Quello esistenzialista , che vede la religione fonte di conforto emotivo e


senso di appartenenza per affrontare le vicissitudini del mondo.
Esempi possono essere: preghiere e guarigioni rituali , formazione di gruppi che
danno supporto emotivo.

- Quello cognitivista , che vede la religione emergere dai meccanismi mentali,


da un’ontologia contro-intuitiva , adattativa o non-adattativa rispetto
all’evoluzione.
Esempi possono essere: esseri immaginati inesistenti considerati come cause
efficienti in questo mondo.
4) CREDENZE , IDEE E RAPPRESENTAZIONI

Il fatto che la maggior parte delle tradizioni religiose siano vissute , più che
oggetto di riflessione dogmatica , costituisce un’intuizione antropologica
comune ed estremamente fondata ( ‘’pratiche e istituzioni religiose sono ciò che
conta nella vita quotidiana’’ ).
Il motivo per cui Jensen decide di trattare le credenze prima dei riti è molto
semplice , egli sostiene che le prime hanno una priorità logica ( sebbene non
cronologica ).
Di fatto affinché esista una religione è necessario che vi siano delle concezioni
religiose , che devono essere propagate , espresse , codificate e consolidate
nelle tradizioni religiose.
Questa linea di causalità può però anche cambiare: è l’esposizione a rituali e
alla religione nella loro pratica ordinaria che offre le basi dello sviluppo
individuale , e nella trasmissione culturale.
A seconda del punto di vista le credenze religiose possono avere diverse
interpretazioni: verità profonde o illusioni , pie e spiritualmente significative
o superstizioni e fantasie.
La connessione fra le credenze e il mondo materiale è molto forte ;
esperimenti psicologici dimostrano appunto che proprio quando credenze e
valori religiosi sono minacciati essi di fatto si rafforzino.
Esempio: ‘’Offrire contanti alle persone affinché abbandonino la loro fede le farà
rispondere con risentimento’’.
La ragione di ciò sembra stare nel fatto che convinzioni e credenze sono
profondamente normative e influenzano i modi in cui gli umani percepiscono
i propri modi di riferimento.
Non è facile definire cosa siano davvero le credenze , in primo luogo perché il
solo termine credenza risulta fuorviante.
In ambito scientifico non è ancora stata dimostrata l’esistenza di una
‘’credenza’’ ; di fatto ancora una volta il linguaggio ordinario risulta
deficitario quando utilizzato per ottenere una conoscenza scientifica.
Alcune caratteristiche del concetto di credenza possono però essere
rintracciate nella filosofia della mente , si ricordi per esempio la descrizione
generale offerta dal filosofo Eric Schwitzgenel nella ‘’Stanford Encyclopedia of
Phylosophy’’: ‘’I contemporanei filosofi analitici utilizzano il termine credenza per
riferirsi all’attitudine che abbiamo ogni volta che assumiamo qualcosa che in un certo
modo consideriamo vera.. (essa) non necessita coinvolgimento attivo della riflessione.
La maggior parte dei filosofi caratterizza la credenza come ‘’attitudine
proposizionale’’…..Un’attitudine proposizionale è dunque uno stato mentale
costituito dall’avere una qualche attitudine , posizione , punto di vista o
opinione riguardo a una proposizione o a un potenziale stato di cose in cui
quella proposizione è vera’’.
Al di là delle questioni filosofiche/psicologiche/neurologiche , sembra che
solo che gli esseri umani possano avere attitudini proposizionali , in quanto il
linguaggio si pone come componente essenziale ( così come sembra che
anche emozioni e percezioni siano coinvolte dal possedere credenze ).
Il concetto di credenza , a causa della sua connessione con l’attività del
cervello , è ritenuto da molti non scientifico e pertanto da evitare , tuttavia
( come nota Jensen ) non pare vi siano possibili ‘’sostituti’’.
Tutti gli esseri umani in tutte le società , culture e religioni possiedono
credenze , ma non tutte sanno di avere credenze ( ‘’per avere delle credenze non
è necessario sapere consciamente di possederle’’ ).
Il termine credenza non indica necessariamente qualcosa che assomiglia alla
fede o ad una divinità , significa solamente avere ‘’attitudini proposizionali’’.
Credenza in sostanza significa semplicemente che prendiamo qualcosa come
tale o che la consideriamo vera.

DA DOVE VENGONO LE CREDENZE ?

Per avere delle credenze serve un particolare tipo di mente , la mente umana.
Essa infatti si distingue parecchio da quella degli animali , e per capire ciò è
necessario in primo luogo guardare alla nostra storia evolutiva.
Armin W. Geertz ha indicato quelli che sono i quattro fattori chiave
dell’essere umano all’interno del suo ‘’Origins of Religion , Cognition and
Culture’’ ( 2013):

- Una cognizione sociale finemente raffinata.

- Un impulso a comunicare e cooperare.

- Un cervello auto-ingannante.

- Un cervello superstizioso , propenso a esperienze mentali e/o emozionali


insolite.
Riprendendo direttamente da A. Geertz: ‘’Abbiamo bisogno di ripensare il modo
in cui comprendiamo il pensiero e il comportamento religioso…. Con questi quattro
fattori è possibile tenere conto dei ‘’come’’ e dei ‘’perché’’ della religione e metterli in
relazione con delle teorie evolutive coerenti’’.
La linea di pensiero di A. Geertz deve molto al lavoro fatto dallo psicologo
Merlin Donald , che aveva sottolineato l’importanza della mimesi , un
comportamento che solo l’essere umano riesce a compiere costantemente e
volontariamente.
La mimesi richiede a sua volta la capacità di immaginare volontariamente e
quella di richiamare alla memoria: ancora una volta è l’immaginazione la
base del comportamento , della società e della cultura.
La mimesi , intesa come ‘’capacità di imitare gli altri’’ , richiede una forma
ideale di memoria , in grado di ‘’avere in mente prima di fare’’.
Chiarificatorio è qui l’esempio di Marx per cui ‘’la migliore ape non è superiore
al peggior architetto’’ , e questo proprio perché l’architetto è in grado di pensare
alla costruzione prima di averla costruita.
Senza immaginazione i bambini non potrebbero apprendere la religione ; essi
devono poter immaginare come i loro antenati hanno costruito il mondo.
Nella religione dunque credenza e immaginazione vanno di pari passo e si
manifestano nell’arte visiva o in forma narrativa.

DI COSA SONO FATTE LE CREDENZE ?

Le credenze non sono fatte solo di stati cerebrali , sono infatti dei prodotti
culturali come il linguaggio che rendono possibile per le menti umane
concepire sia la vita nel mondo materiale che in altri ‘’mondi possibili’’ , come
sottolineato dallo psicologo Jerome Bruner ( 1986 ).
I mondi possibili sono fatti di tutto ciò che noi umani possiamo immaginare e,
grazie all’immaginazione , di cui possiamo parlare.
Per capire meglio i diversi tipi di segni e significazioni religiose , la
produzione di significato e l’interpretazione del significato da parte di
individui e comunità è necessario distinguere i segni nelle categorie di icona ,
indice e simbolo.
Lo studio della religione è anche uno studio di simboli , quindi è di fatto
anche semiotica , lo studio dei significati/delle interpretazioni/delle
produzioni di simboli.
Le tre categorie di icona , indice e simbolo si distinguono nel modo seguente:
- Un’icona è un segno che appare come , o imita , il suo referente.
Esempi: segnali stradali , mappe e ritratti sono icone.

- Un indice punta qualcosa , come una bandiera sventolante che segnala il


vento o il fumo che è indice della presenza di fuoco.
La relazione tra indice e referente è detta metonimica , poiché essi vanno
insieme e hanno una relazione intrinseca.

- Un simbolo è un segno cui viene attribuito un significato per convenzione:


un uccello bianco indica la pace , un serpente il male ( altri sono motivati
dalla loro qualità , come l’acqua , simbolo di purezza ).
Si deve sottolineare però l’assoluta arbitrarietà e astrattezza dei simboli.

La relazione tra simboli e loro referenti è detta metaforica , in quanto essi


dipendono da accordi di relazioni asserite tra segni e referenti che
provengono da diversi contesti.
In realtà un segno può essere tutte e tre le cose , si prenda ad esempio la
tradizione cristiana: una croce sull’altare di una chiesa è un’icona ( una esatta
replica della crocefissione ) , su un segnale stradale una croce è un indice che
indirizzava verso una chiesa , una croce può anche essere il simbolo di tutta la
cristianità o delle sofferenze di Cristo.
Segni e simboli nella religione possono essere materiali concettuali , possono
essere linguistici , ma anche visivi e grafici: qualsiasi cosa , da singole
parole , può essere simbolo.
Gli esseri umani sembrano gli unici ad operare coi simboli in quanto simboli
( anche altri animali infatti possono imparare a riconoscerli ) , e le operazioni
della mente umana coi i simboli sono particolarmente complesse , anche se
gli uomini le compiono senza sforzo.
Secondo l’antropologo Edmund Leach il simbolismo è utilizzato dagli esseri
umani per associare insieme due entità, o insiemi di entità , che appartengono
comunemente a contesti differenti.
Es. ‘’Il leone è un animale’’ è una proposizione che si riferisce al contesto
normale non-umano ‘’nella natura’’.
Le metafore sono fondamentali nelle operazioni cognitive ed emozionali nella
mente umana: gli umani ‘’vivono di metafore’’ , e infatti il linguaggio e il
pensiero ne sono pieni.
La competenza metaforica dipende da un disaccoppiamento cognitivo ,
ovvero l’abilità umana di pensare cose al di fuori del loro contesto , per
esempio quando i rituali sono creati per ricordare e rappresentare la caccia e
l’uccisione per esempio.
I rituali sono in larga misura azioni metaforiche del tipo ‘’come se’’ , perché
sono allo stesso tempo simili e diversi dalle azioni umane ; il
disaccoppiamento cognitivo è importante nella formazione delle credenze
quanto nel rituale.
Il ‘’mescolamento’’ metaforico concettuale è onnipresente nel pensiero , nelle
azioni e nelle istituzioni religiose.
L’esempio di Leach del leone è ‘’una fusione metaforica di contesti di questo tipo
generale è caratteristica di tutte le forme concrete di espressione religiosa’’.
Leach chiama queste modalità di rappresentare simbolicamente qualcosa di
sacro in forme materiali una condensazione.
Es. ‘’Il dio Siva è una fonte di divina potenza’’ è una proposizione del contesto
metafisico ‘’Il pene è una fonte di potenza animale’’ è una proposizione del
contesto della biologia funzionale ‘’Il linga è un oggetto scolpito a forma di
pene’’ è una proposizione del contesto della fisica della materia ‘’Il linga
è il dio Siva’’ è un’espressione che ha significato fondendo insieme contesti.
Lo studio dell’utilizzo delle metafore e dei loro prerequisiti cognitivi e
linguistici è emerso pienamente nella teoria delle ‘’combinazione cognitiva’’ e
dello spazio mentale.
Ne risulta che le idee che stanno alla base della magia e di ogni altra forma di
pensiero religioso si basano su tale combinazione cognitiva.
Le tradizione religiose abbondano di commistioni tra umano e divino: eroi ,
dei e molti altri esseri sono composti di e da combinazioni cognitive
( ‘’qualcosa di ordinario , qualcosa di speciale e qualcosa di impossibile’’ ).
Le complesse affermazioni che troviamo nella storia della teologia cristiana
riguardo alla natura di Gesù Cristo come commistione cognitiva di umano e
divino illustrano questo processo.
Le formazioni di credenze religiose sono caratterizzate dalla distinzione tra
sacro e profano e dalla conseguente forte autorità allorché vengano legate ai
‘’postulati sacri basilari’’ , come l’antropologo Roy Rappaport chiama la
categoria di assiomi metafisici che costituiscono il fondamento degli
universali religiose.
In una cosmologia o ‘’visione del mondo’’ religiosa , i due mondi sono legati
attraverso l’uso di simboli , metafore e combinazioni ; senza l’utilizzo di tali
dispositivi linguistici e semiotici non sarebbe possibile per gli umani
immaginare in questo modo l’altro mondo , né comunicare con esso.
Le idee sull’altro mondo ricordano quelle sul mondo materiale , e questo
perché noi siamo in grado di immaginare un luogo in cui sono presenti dei ,
antenati e oggetti sacri.

CREDENZE RELIGIOSE: ANTROPOMORFISMO E DUALISMO

Le credenze religiose presuppongono l’esistenza di dei , antenati o spiriti


immaginati come antropomorfi sotto diversi aspetti ; l’antropomorfismo è
una condizione fondamentale della proiezione umana.
Edward B. Tylor aveva sostenuto che l’animismo fosse alla base di tutte le
religioni , e studi recenti hanno dimostrato che gli uomini sono ‘’animisti di
natura’’ ; si ricordino a questo punto gli studi di Paul Bloom sulla
propensione umana per le credenze anima-corpo.
Secondo Bloom gli psicologi dello sviluppo dovrebbero interessarsi
maggiormente della credenza religiosa , in quanto essa ‘’è inusuale perché
riguarda entità , processi ed eventi che non hanno evidenza nei sensi’’.
Per Bloom le credenze religiose sono universali , ma non perché innate ,
quanto piuttosto perché esse si pongono come soluzioni a problemi che tutte
le società hanno dovuto affrontare.
Il lavoro di Bloom mostra come tutte le culture umane conosciute siano
dualiste.
Pochissime sono le culture che hanno parole e concetti per ‘’dualismo’’ ,
‘’animismo’’ ( e lo stesso per ‘’credenza’’ ), tuttavia senza dualismo e animismo
non si potrebbe parlare di religione.
Questi due concetti si legano infatti ad uno dei più importanti universali
religiosi: quello di vita dopo la morte.
Questo concetto è stato indagato dallo psicologo dello sviluppo Jesse Bering ,
il quale ha osservato gruppi di bambini per indagare le basi psicologiche
dello sviluppo di questa credenza.
Dice Bering: ‘’La credenza della vita dopo la morte…possa aprire una porta alla
nostra comprensione dell’evoluzione della cognizione sociale umana...Molte domande
della psicologia esistenziale arrivano al cuore delle scienze cognitive. Esse implicano:
l’attribuzione di causalità ( perché il comportamento mortale è rappresentato come
causale rispetto alla propria vita dopo la morte ? ) , il giudizio morale ( perché
comportamenti sociali hanno ripercussioni dopo la morte ? ) , il ragionamento
teologico ( perché le persone vedono le loro vite come disegnate per uno scopo in una
vita futura ? )’’.
Gli esseri umani possiedono una propensione naturale a sostenere le
credenze , ciò a credere in ciò di cui fanno esperienza , che immaginano o
che viene loro detto.
La credenza negli dei è però qualcosa di più complesso , in quanto coinvolge
anche l’immaginazione morale e le pressioni del mondo morale , questi
meccanismi psicologici e sociologici sembrano spiegare perché la religione
‘’non va via’’.
Nel mondo di oggi , dove l’individualità ha molta importanza , si guarda al
comportamento religioso come ad una questione di preferenze individuali ,
anche se le forze culturali che portano alla religiosità sono forti.
Come diceva giustamente Durkheim: se le persone intorno a te sono religiose,
è probabile che anche tu divenga religioso.

CREDENZE: INTUITIVE E RIFLESSIVE

Gli esseri umani sono propensi a credere a ciò in cui gli altri credono , e a
credere a ciò che apprendono dagli altri ; solo una limitatissima parte delle
nostre credenze viene dalla nostra esperienza personale.
Le credenze religiose dipendono dal contesto , e statisticamente è più
probabile che vi siano più credenti in luoghi in cui nel passato vi sono stati
molti credenti.
La contagiosità delle credenze religiose era stata sottolineata da Pascal Boyer,
mentre la distinzione fra credenze intuitive e riflessive va attribuita
all’antropologo Dan Sperber.
Le credenze intuitive sono quelle che derivano dalla nostra esperienza
personale , ‘’derivano o sono derivabili dalla percezione… In circostanze
normali riguardano tutto ciò che è concreto o affidabile’’.
Le credenze riflessive sono quelle che acquistiamo dagli altri o dalla
tradizione , ‘’sono confermate dalla credenza intuitiva in cui sono inserite’’.
Per esempio una popolazione che crede negli antenati e agisce sulla base di
quelle credenze che possono andare da ‘’opinioni generali a credo
fondamentali’’.
La razionalità delle credenze intuitive secondo Sperber deriva dai
meccanismi percettivi e inferenziali che le causano , al contrario la razionalità
delle credenze riflessive è dovuta alla fonte che ce le ‘’trasmette’’.
CREDENZE COME RAPPRESENTAZIONI: UNA CATALOGAZIONE

Le credenze e le rappresentazioni religiose sono caratterizzate dalle loro


coerenti e uniformi variazioni rispetto a quelle non-religiose.
Pascal Boyer ha redatto un vero e proprio ‘’catalogo del soprannaturale’’ , in
cui ha elencato alcuni esempi di credenza religiosa e di rappresentazioni di
possibili agenti sovrannaturali.
Es.‘’Persona = Violazione delle aspettative biologiche = gli angeli vivono per sempre’’.
Per spiegare meglio il funzionamento di una catalogazione di questo tipo è
necessario riprendere quanto detto da Boyer mentre parla del concetto di
‘’spirito’’: ‘’[in esso] troviamo una categoria ontologica ( PERSONA ) , la violazione
della fisica intuitiva ( GLI SPIRITI SONO INVISIBILI ) , l’attivazione di aspettative
non violate ( ESSENDO PERSONE GLI SPIRITI HANNO UNA MENTE )’’.
Credenze e rappresentazioni religiose sono i mattoni che costruiscono l’ethos
religioso , le cosmologie , l’etica e i sistemi morali.
I contenuti dei mondi religiosi formano numerose tipologie di conoscenza
religiosa , che sono continuamente riprodotte , specialmente nelle tradizioni
religiose non alfabetizzate.
Anche nelle tradizioni religiose alfabetizzate e dogmatiche le credenze si
modificano , magari non letteralmente , ma a livello di interpretazione ; di ciò
offrono testimonianze le vicende delle tradizioni religiosa alfabetizzate.

RELIGIOSITÀ: POSSEDERE CREDENZE E AGIRE DI CONSEGUENZA

Il termine religiosità viene utilizzato per indicare gli aspetti interiori delle
credenze e del comportamento religioso , essa dunque si può definire come
‘’possedere credenze e agire di proposito’’.
Essendo fenomeni psicologici , le credenze religiose sono materia della i-
religion , tuttavia esse sono anche dei fatti sociali , in quanto i contenuti delle
credenze sono distribuiti nella cultura.
Se le credenze fossero interamente private infatti , non sarebbe possibile
studiarle , ma fortunatamente esse circolano anche nella cultura e nella
società.
Le credenze ( che sono modelli , idee , concetti ) possono essere interiorizzate
dall’individuo , che apprende che Maometto è il profeta di Allah o che
Buddha è l’illuminato ( si tratta dunque di proposizioni che circolano in un
dato ambiente e di cui è possibile appropriarsi ).
Le credenze possono essere private , ma non lo sono esattamente come lo
sembrano , infatti esse saranno sempre accessibili per gli outsiders.
Di fatto le credenze private sono versioni delle credenze pubbliche , così come
il linguaggio e il denaro privato sono delle versioni del linguaggio e del
denaro pubblico.
Le credenze nella mente , dunque nell’i-religion , sono in realtà anche parte
dell’e-religion: pertanto la religiosità si riferisce a dei modi di
comportamento/sistemi di credenze che sono accettati dalle persone.

CREDENZE CHE MODULANO CREDENZE: AGIRE CONSCIO E


INCONSCIO

Le credenze non sono isolate , ma imbrigliate in reti con altre credenze e


attitudini che si influenzano reciprocamente ( coscientemente o meno ).
Il come e il perché si abbiano o si cambino credenze è uno dei temi più
indagati da sempre , anche se inizialmente i filosofi si concentrarono solo su
un aspetto , l’introspezione.
Per P. Boyer gli psicologi , adottando il metodo sperimentale , si sono accorti
di una gamma di processi mentali che sembrano ‘’allontanarci dalle credenze
fondate e prive di ambiguità’’.
Alcuni effetti inconsci sulle credenze sono l’effetto consenso , che si verifica
quando si adattano le impressioni percepite a quelle degli altri ; l’effetto falso
consenso , che si verifica quando si pensa che gli altri pensino come noi ;
l’effetto generazione , che si verifica quando informazioni autonome vengono
considerate più valide di quelle degli altri ; la riduzione della dissonanza
cognitiva , si verifica quando si cambiano i ricordi delle credenze sulla scorta
delle nuove esperienze.
Questi temi psicologici , questi processi mentali sono molto frequenti e per
niente banali , soprattutto perché sono molto frequenti nella vita religiosa.
Un esempio rilevante dell’influenza esercitata da credenze , valori e
aspettative religiose può essere quello del carisma attribuito dai membri di
un movimento carismatico di guaritori cristiani in Danimarca.
La presenza di questi guaritori durante le preghiere faceva sì che gli stati
mentali degli altri componenti della società calassero l’allerta e divenissero
più fiduciosi.
Questo esempio dimostra come in alcuni casi un potere religioso carismatico
possa modulare le credenze dei partecipanti, che percepiscono l’autorità della
leadership religiosa.
Oltre all’importanza dell’aspettativa , si deve ricordare anche il fatto che gli
esseri umani in relazione all’esperienza personale e alla memoria
( conoscenze intuitive e riflessive ).
Ci sono dunque credenze costitutive , che derivano direttamente da postulati
sacri basilari , e credenze regolative , che sono coinvolte nel controllo del
comportamento , del pensiero e dell’emozione.
Esempio delle seconde può essere per esempio il proibire la consumazione
del maiale nell’Ebraismo e nell’Islam.
La cognizione umana si presenta dunque come molto speciale , risulta infatti
regolata da norme sociali , culturali e religiose ; la cognizione funziona in
relazione a valori e norme sociali/religiose/culturali.
Gli esseri umani infatti possiedono un processo di cognizione ‘’duale’’ in cui
il biologico ( credenze intuitive ) e il socioculturale ( credenze riflessive ) si
fondono e si armonizzano.

L’ESPERIENZA RELIGIOSA

Nel 1902 lo psicologo William James definì l’esperienza religiosa come ‘’i
sentimenti , gli atti e le esperienze di individui nella loro società in quanto
comprendano di essere in relazione con qualsiasi cosa possano considerare divino’’.
Il concetto di ‘’esperienza religiosa’’ è stato ( ed è ancora oggi ) oggetto di
dibattito , tanto in filosofia , quanto in psicologia e in altri campi interessati al
fenomeno religioso.
Nella maggior pante di questi ambiti vi è stata la tendenza ad associare
l’esperienza religiosa con idee provenienti dalla teologia cristiana
protestante, che pone particolare importanza sulla fede individuale.
L’esperienza religiosa è stata indicata in ambito teologico come la prova
dell’esistenza ontologica del sacro: in sostanza un’esperienza che è suscitata
dalla presenza del sacro.
Come detto dal filosofo Friedrich Schleiermacher , il sentimento di essere una
creatura di Dio fluisce nelle sue creazioni.
Ovviamente per l’outsider agnostico questo tipo di lettura non può essere
valida , in quanto non prova l’esistenza di una causa sovrumana ; per questo
motivo l’esperienza religiosa , per come descritta dai suoi difensori , è di
scarso aiuto negli studi relativi alle varie tradizioni.
La storica delle religioni Ann Taves ha sostenuto che l’esperienza religiosa sia
profondamente integrata allo studio della religione in ambito occidentale ,
cosa che ha portato molti studiosi a indagare questo tipo di esperienza
caratterizzata come ‘’religiosa , mistica o spirituale’’.
Secondo Ann Taves molti studiosi hanno guardato all’esperienza religiosa
come alla pura essenza della religione, una visione che ha portato però ha
concepire l’esperienza religiosa come sui generis ( e di conseguenza anche il
suo studio avrebbe dovuto esserlo ).
Queste premesse sono dovute soprattutto all’influenza che della teologia
liberale , che ha contribuito a rendere l’esperienza religiosa un area opaca e
complessa.
Il teologo Mark Wynn ha osservato che di fatto ‘’gli stessi commentatori
dell’esperienza religiosa non sono unanimi sul ruolo delle considerazioni
fenomenologiche’’.
La complessità è stata inoltre aumentata dall’introduzione della nozione di
fenomenologia della religione , l’ambito che riguarda sostanzialmente
l’interesse per l’esperienza religiosa soggettiva.
La confusione riguardo a questo ambito è determinata anche dal fatto che il
termine ‘’fenomenologia della religione’’ venisse utilizzato anche per indicare
lo studio comparativo delle religioni e dei loro elementi.
Fino a poco tempo fa la ricerca fenomenologica si è basata solo su resoconti
personali dei soggetti , senza possibilità di controlli esterni.
Oggi però esistono nuove tecnologie e tecniche , come la scansione cerebrale,
che consentono pratiche di ricerca complementari ; l’unica problema legato a
queste tecniche sta nel fatto che esse necessitano di numerosi chiarimenti
concettuali.
Ann Taves ha osservato a proposito di questi tentativi di costruire un ponte
tra le scienze umane e quelle dure che questi nuovi studiosi , che si sono
definiti ‘’neuro-teologi’’, hanno in realtà ‘’ignorato l’esperienza’’ e che ‘’mancano
di preparazione in teologia o studi religiosi’’.
Sul tema dell’esperienza religiosa rimane ancora qualche confusione , tuttavia
i risultati ottenuti dalle nuove ricerche sono sicuramente incoraggianti , esse
hanno dimostrato per esempio che le esperienze extra-corporee possono
essere replicate sperimentalmente ( sarebbero delle stimolazioni elettriche a
cui una parte del cervello può essere predisposta ).
In questo panorama l’esperienza religiosa può essere definita come
‘’un’esperienza con una componente aggiunta di credenza religiosa’’, in
sostanza un’esperienza a cui viene attribuito l’attributo di ‘’religiosa’’.
Sempre Ann Taves , al fine di superare la difficoltà di condivisione legata a
questo tipo di esperienza , ha proposto di scomporre questo fenomeno e
studiarlo con un ‘’approccio a mattoni’’.

COSA CREDERE E COME PENSARE: DIVINAZIONE E ORACOLI COME


SAPERE SPECIALE

Credenze ed esperienze religiose sono spesso applicate consapevole ed


intenzionale , specialmente quando si cercano le informazioni per agire sulle
credenze degli altri.
Se queste informazioni non sono presenti nelle scritture , allora intervengono
le pratiche di divinazione e gli oracoli , che si traducono in pronostici ,
previsioni o predizioni che nella maggior parte dei casi riguardano il futuro ,
ma possono anche essere rivolte a trovare spiegazioni.
Jensen osserva in questo paragrafo la divinazione e gli oracoli come sistemi
normativi delle credenze e delle rappresentazioni ( il loro legame col mondo
rituale e istituzionale è trattato nei capitoli successivi ).
Divinazione e oracoli intervengono di solito quando gli esseri umani cercano
una conoscenza che va oltre i loro sensi , e che pertanto riguarda i segreti
della natura o l’attività di agenti sovrumani , quindi queste pratiche sono
rivolte a questi ultimi.
Istituzioni e pratiche di divinazione sono concepite come reti sistemiche ,
delle correlazioni causali tra questo e l’altro mondo ; Mircea Eliade ha parlato
di ierofania ( ‘’rivelazione del sacro’’ ):
I rituali di divinazione e la ricerca di speciali saperi rispondo all’esigenza
umana di scacciare l’ansia , il responso dell’oracolo è una soluzione razionale
che interviene quando non c’è niente di ovvio.
La sola idea dell’assenza di significato è una prospettiva spaventosa per ogni
essere umano , e questo spiega il perché della naturalezza della divinazione:
meglio stare in allerta , conoscere quelle ‘’cose’’ che vanno oltre il mondo
ordinario.
Le conoscenze contro-intuitive della divinazione possiedono inoltre un
maggiore interesse , una ‘’salienza cognitiva’’ che ha delle conseguenti
funzioni emotive: la conoscenza di una contingenza aiuta a ridurre l’ansia.
Inoltre la divinazione favorisce la diffusione di un’intenzionalità condivisa ,
incoraggia gli uomini a lavorare insieme sul piano sociale e politico.
Queste pratiche inoltre scoraggiano la violenza , in quanto permetto ai
partecipanti di accusare altri agenti ( umani e sovrumani ) nel caso in cui le
cose vadano male.
Nel momento in cui però dei gruppi competono anche queste pratiche
divengono rischiose , in quanto ogni gruppo potrà usarle per accusare l’altro,
e quindi si avrebbe l’effetto indesiderato di produrre ansia.
La divinazione può richiedere anche il sacrificio del libero arbitrio , e in un
certo senso ( per un outsider ) l’apoteosi della coincidenza e della
contingenza.
La predestinazione può sembrare un meccanismo inoperoso , ma nelle
tradizione ad essa orientate i devoti cominciano subito a cercarne i segni ; di
fatto dunque la predestinazione è un caso di semiosi ( creazione di segni ) e
di semiotica.
Tradizionalmente la divinazione viene vista come una questione di credenza
e fede , tuttavia in alcuni luoghi è questione di credenza e ‘’fede nel sapere’’.
I divinatori e il loro pubblico credono davvero che le loro previsioni rivelino
la reale natura del mondo , pertanto risulta anche una questione di come ‘’il
mondo viene creduto’’.
La divinazione è guidata in primo luogo dalla propensione cognitiva umana
a credere di potere prevedere.
Vi sono due tipi di strategie divinatorie: i presagi , l’occorrenza spontanea di
strani eventi , e gli auspici , che operano in una gamma definita di possibilità;
in un certo senso queste permettono di viaggiare nel tempo.
Per comprendere il funzionamento della divinazione basta prendere ad
esempio i modelli fegato ( risalenti al XIX secolo a.C. ) rinvenuti a Mari in
Siria , che venivano utilizzati per insegnare a futuri oracoli come leggere i
segni dell’epatoscopia.
Ad ogni nuovo rituale i fegati venivano confrontati con le registrazioni di
fegati divinati precedentemente per predire eventi futuri.
Le pratiche di divinazione mostrano inoltre come le distinzioni fra diversi
domini del mondo collassino: ciò che accade al fegato di una pecora dipende
dalla provvidenza e dalle decisioni politiche.
Le tecniche divinatorie sono delle conoscenze religiosamente convalidate
che possono essere ottenute dalle scritture delle tradizioni ; molte di queste
tecniche si presentano come molto elaborate , si veda l’Yi Jing cinese.
In base a quanto è stato detto si potrebbe proporre come definizione di
divinazione: ‘’Istituzioni e pratiche divinatorie/oracolari sono reti sistematiche di
relazioni , correlazioni e nessi causali tra questo e l’altro mondo , così che le cose di
questo mondo rappresentano segni di necessità , conoscenza e intenzionalità’’.
LINGUAGGIO E DISCORSI RELIGIOSITÀ

Alcuni particolarità del linguaggio , del simbolismo e della narrativa religiosa


hanno attratto l’attenzione di teologi , filosofi e altri studiosi.
I discorsi religiosi costituiscono un esempio emblematico, essi infatti parlano
del mondo con modalità radicalmente diverse dal senso moderno comune o
dal discorso scientifico.
Quello che è stato definito ‘’linguaggio religioso’’ presenta alcune peculiarità
che lo rendono differente da quello ordinario ; per quanto riguarda la
questione intorno allo status e alla validità del linguaggio religioso , essa si
presenta come complessa , e va ben oltre l’affermazione: ‘’la religione è dice
assurdità , la scienza dice la verità’’.
Il linguaggio religioso è permeato di un’autorità trascendente e
incontrastabile , che deriva dalla sua relazione con i postulati sacri basilari e
si autentica da se’.
Discorsi , testi e narrative dipendono dalle già citate ierofanie ( Eliade ) che
proclamano il loro contenuto veritativo così: ‘’Quello che ivi è scritto è vero
perché questa scrittura è vera’’.
Un universo come quello religioso , fondato sul mito , non può dunque avere
dei parametri di misura paragonabili a quelli di un linguaggio razionale , ma
farà invece leva sulla sua logica e coerenza interna.
Il linguaggio religioso ha una corrispondenza sociale: mito e discorso
religioso corrispondono a come il mondo viene visto dall’interno ( da coloro
che lo abitano ).
Il linguaggio religioso non è dunque un ‘’non-senso’’ , esso infatti esprime il
suo senso , che ha riferimenti speciali: ‘’esistono diversi tipi di linguaggio
religioso: dogmi , insegnamenti morali/etici , sermoni…. il linguaggio religioso è
molto ordinario….. è normativo , ma non è solamente questo. La caratteristica più
importante è che , a differenza di quello quotidiano che è solo ordinario , quello
religioso è fondativo….è connesso alla fondazione del cosmo’’.

DISCORSO , AUTORITÀ E DOGMA

Quando le tradizioni religiose si trasformano da orali in scritturali emergono


nuove possibilità per conservare le narrative e i discorsi , come strumenti per
la salvaguardia della memoria collettiva.
La possibilità di mantenere la memoria collettiva ha però delle conseguenze ,
come il sorgere di strumenti di riflessione , analisi e critica , ma anche di
dissenso ( si può parlare dunque della conservazione come di un arma a
doppio taglio ).
Si osservi la differenza tra gli antichi geroglifici e le versioni elettroniche del
Corano: i primi richiedevano un lungo apprendimento ed erano per pochi , le
seconde sono accessibili a tutti e rendono potenzialmente tutti in esperti.
Nelle tradizioni religiose è sempre possibile il fenomeno del sincretismo , che
talvolta si può notare in maniera evidente , mentre talvolta risulta molto più
difficile da individuare.
Il sincretismo è sostanzialmente l’assimilazione di una parte di una tradizione
in un’altra ; va ricordato che la maggior parte delle tradizioni religiose
insistono sulla loro originalità , poche sono quelle che hanno affermato di
‘’non essere le migliori , le più affidabili ecc..’’.
Per quanto riguarda le tradizioni letterarie si può osservare come talvolta a
raccolte di scritti vengano attribuiti verità e autorità: talvolta perché il
soggetto parlante è l’entità suprema , talvolta perché il testo contiene
rivelazioni o saperi di grande valore.
La maggior parte delle tradizioni letterarie ha operato attraverso numerose
fonti , anche se ad un certo punto , in quasi tutte le tradizioni , siano state
scelte delle fonti e delle versioni canoniche.
Il testo canonico è definito ‘’chiuso’’ in quanto non è possibile modificarlo , e
non a caso esso viene indicato come ‘’textus receptus’’ ( lett. ‘’testo ricevuto’’ )
e indicato come massima autorità.
Tuttavia risulta evidente , grazie alle note critiche , il fatto che anche per
questi testi si parli di una selezione , che può essere stata determinata da
diversi aspetti.
Numerosi sono i testi che hanno una storia di compilazione , come la ‘’Bibbia’’
o il ‘’Corano’’ ( la cui prima versione ufficiale fu stilata al tempo del califfo
Othman , 644-656 d.C. ).
Numerose sono però le tradizioni religiose in cui vi sono state dispute tra
gruppi intorno alle interpretazioni più corrette delle scritture sacre ( un
esempio famoso è l’eresia monofisita ).
Nel mondo cristiano per esempio alcune scritture vennero definite ‘’apocrife’’
( lett. ‘’cose nascoste’’ ) , termine che nel corso dei secoli avrebbe assunto il
valore di ‘’falso’’ o ‘’eretico’’.
Un esempio famoso è il ‘’Vangelo di Tommaso’’ recuperato nel 1945 in Egitto ,
che non contiene una narrazione , ma 114 logia ( lett. ‘’detti’’ ) attribuiti a Gesù
e di carattere gnostico.
Testi e idee gnostiche ( Io secolo d.C. ) costituiscono un esempio di tutte quelle
tipologie discorsive che non sono state incluse nella Bibbia cristiana canonica ;
gli gnostici infatti credevano di possedere una conoscenza speciale ed
esoterica ( da γνοσις , ‘’gnosi’’=’’conoscenza’’ ).
Anche nell’Islam vi sono esempi di versetti e di storie che sono state eliminate
dal ‘’Corano’’ , ma anche di storie che non ne fanno parte e che eppure
vengono attribuite ad esso ( è il caso della promessa fatta da Maometto delle
72 vergini , huri , si tratta in realtà di un racconto 250 anni successivo alla
morte del Profeta e completamente mitologico ).
Le tradizioni asiatiche sembrano essere invece più indulgenti riguardo le
variazioni nell’interpretazione , in quanto sembrano più interessate
all’ortoprassia ( fare le cose nel modo giusto ) che all’ortodossia ( possedere le
giuste credenze ).
Nel corso della storia però , discrepanze e discussioni non sono state sempre
guidate dalla devozione , in effetti nella maggior parte dei casi esse erano
causate dall’autorità , dalla gerarchia e dal potere.
Appare dunque evidente che la formazione di canoni sia stata influenzata , e
talvolta manovrata , da pressioni politiche: in sostanza si deve osservare che
le modalità di interpretazione sono state , e sono , associate con l’esercizio
del potere.
Esempio: ‘’Nell’impero cinese la tradizione religiosa e filosofica era interessata a
predire le forme migliori di governo , quanto agli esercizi spirituali e alla religiosità
familiare’’.
I discorsi sacri offrono ottime ragioni a cui gli umani dovrebbero prestare
attenzione: forniscono conoscenza.
Alcune narrative contengono un’apocalisse ( una rivelazione ) , altre sono
delle escatologie , che contengono il racconto delle ‘’ultime cose’’ ( εσκατα
λεγον = ‘’racconto delle ultime cose’’ ) , quindi il destino dell’anima dei giusti
e dei maligni dopo la morte.
Esempio: la sura 78 del Corano , chiamata an-Nabaa ( in arabo significa
‘’l’annuncio’’ ), in cui si rivela il destino di colo che non ascoltano e non danno
retta agli avvertimenti.
La lezione morale è una componente immancabile: per il malvagio c’è sempre
una punizione , per il giusto sempre una ricompensa.
IL MITO IN PARTICOLARE

Se le narrative escatologiche si occupano delle ‘’ultime cose’’ , i miti hanno a


che fare con le vite degli uomini e con i mondi in cui queste si svolgono.
I miti ( che sono di diverso tipo ) servono in primo luogo a posizionare gli
esseri umani nel mondo attraverso una narrativa meravigliosa ed
inspiegabile.
Questa caratteristica è vera per ogni tradizione mitologica , e infatti vi è
pochissima differenza tra i miti delle popolazioni analfabetizzate e quelli
delle tradizioni letterarie.
I miti sono importantissimi soprattutto perché ci permettono di capire il
modo in cui gli esseri umani comprendono se’ stessi in una tradizione
religiosa.
L’oggetto dei miti può essere qualsiasi cosa , parafrasano de Sassure: i sistemi
di classificazione sono come i sistemi linguisti e le narrative mitiche e i loro
elementi sono espressioni di quei sistemi , come il parlare e l’articolazione.
Così come esistono molti tipi di miti , così esistono molti approcci differenti al
mito: secondo lo storico delle religioni Hultkranz esso è ‘’una narrativa epica
che tratta figure appartenenti alla sfera del sovrannaturale:esseri cosmici, dei,
spiriti’’.
Il folklorista William Bascom ha proposto invece un’altra generalizzazione ,
sostenendo che: ‘’I miti sono quelle narrative che , nelle società in cui vengono
narrate , sono considerati spiegazioni veritiere di ciò che è accaduto nel passato
remoto’’.
Gli studiosi hanno evidenziato molti tipo di miti: vi sono le cosmogonie , miti
che riguardano la creazione del mondo , le antropogonie , che narrano la
nascita dell’uomo , le teogonie , che narrano la nascita degli dei.
In sostanza qualsiasi cosa possa essere o sia stata di importanza per gli umani
in questo mondo può essere un mito.
La definizione generalizzata di mito di Jensen è la seguente: ‘’I miti sono
narrative tradizionali autorevoli con referenti trascendenti , che fondono il
‘’mondo vissuto’’ con il ‘’mondo pensato’’ , in modo tale che mondo presente sembri
l’unica versione plausibile di se’ stesso’’.
Il teorico della letteratura Roland Barthes ha affermato che il mito è ‘’ciò che è
così senza bisogno di dirlo’’ , il mito fa di più del solo riferirsi a ciò che è visto
come naturale: il mito crea l’ordine naturale.
I miti sono fondamentali per costituire e mantenere le visioni religiose del
mondo , tuttavia le loro funzioni possono essere anche sociali e politici.
Rispetto alle funzioni ideologiche del mito si osservano due peculiarità: la
prima è che essi procedono in avanti ( dagli inizi alle conclusioni ) , ovvero
dalla prospettiva della condizione presente.
La seconda peculiarità è che i miti nascondo che sono gli uomini a produrli ,
sebbene questi pretendano che i miti abbiano delle origini sovrumane.
Il mito è evidentemente un discorso circolare , esso è creato dal mondo e ci
dice come il mondo è fatto ; la circolarità del discorso è una qualità propria
del mito quanto del linguaggio religioso in generale.
Il mito e il linguaggio religioso pongono le basi di tutto ciò che segue , esso è
la verità per l’insider , e qualcosa che può essere osservato con parametri
razionali per l’outsider.
I miti stabiliscono in effetti una loro razionalità , per cui possiedono un
proprio apparato di regole di composizione e assetti , altrimenti sarebbe
impossibile per gli umani operare all’interno di essi.
I miti dell’Antichità non formavano raccolte uniformi: le opere omeriche e la
‘’Teogonia’’ di Esiodo sono in questo senso delle vere e proprie enciclopedie
mitologiche del mondo antico.
Nel periodo ellenistico e in quello romano comparirono le figure dei
mitografi ; va inoltre ricordato che scrittori di teatro e autori classici
utilizzavano il materiale mitologico.
La raccolta di motivi mitologici era immensa dunque , e formava un universo
in cui si trovavano elementi immaginari da cui scrittori/politici/filosofi/oratori
potevano attingere.
I primi a guardare criticamente il mito furono i filosofi , primo fra tutti
Senofane , che utilizzò il termine greco μυθος ( lett. ‘’racconto’’ o ‘’mito’’ )
per riferirsi alle storie relative a demoni , eroi , fate , dei ecc..
Prima della lettura filosofica il termine ‘’mito’’ apparteneva all’ambito del
λογος ( logos , lett. ‘’discorso’’ ) , termine che invece con la critica filosofica
assunse il significato di ‘’discorso razionale’’.
Già nell’Antichità dunque vi era un certo scetticismo riguardo il mito , che
cominciò ad essere letto in maniera non letterale.
La ricerca del spiegazione per la creazione e l’esistenza del mito è uno dei
temi di cui si è occupato lo storico delle religioni Lauri Honko , che nel 1984
ha elaborato un elenco delle modalità di spiegazione e di interpretazione
proposte nell’Antichità.
Honko individua sostanzialmente dieci forme di interpretazione del mito
nell’Antichità:
1) Interpretazioni mitografiche , ovvero utilizzate dai poeti e da altri che
credevano ai miti e li trasmettevano nelle loro opere.

2) Critica filosofo-razionale di vario genere , un rifiuto netto e duro del mito.

3) Spiegazioni e reinterpretazioni pre-scientifiche , i miti qui convivono con


le prime spiegazioni scientifiche.

4) Interpretazione allegorica della natura , per cui Apollo è il dio del fuoco ,
Poseidone dell’acqua ecc…

5) Interpretazioni allegoriche basate su qualità spirituali , per cui Atena è la


saggezza , Afrodite la bellezza ecc…

6) Interpretazioni etimologiche , che provavano a spiegare i nomi degli dei


rintracciandone il significato originario ( ‘’il segreto degli dei è nei loro nomi’’ ).

7) Interpretazione storica , presente per esempio in Erodoto , per cui i miti si


riferiscono davvero a eventi storici.

8) Interpretazioni evemeristiche come varianti del precedente , per cui gli


dei erano degli umani straordinari che sono stati divinizzati.

9) Interpretazioni sociologiche , come quella di Crizia per cui ‘’gli dei sono
nati per mantenere l’ordine sociale’’.

10 ) Interpretazioni psicologiche , nelle quali la credenza negli dei è vista


come un risultato della paura e dell’ansia.

Il catalogo di Honko risulta interessante in primo luogo perché la maggior


parte dei modi di interpretare il mito che egli ha rinvenuto nell’Antichità ,
sono utilizzati tutt’oggi.
Oggi lo studio dei miti coinvolge sempre più la narratologia , le scienze
cognitive , le teorie combinatorie e studi sul linguaggio metaforico ; tuttavia
come dice Jensen ‘’i miti possono anche essere vecchi , ma lo studio del mito
si trova ancora nella sua fase embrionale’’.
5) PRATICHE E COMPORTAMENTI RELIGIOSI, NOTI ANCHE COME
RITUALI

I risultati della discussione su cosa , tra rito e credenza , venga prima nella
religione , non sono del tutto indipendenti dai punti di vista di coloro che
l’hanno condotta.
I teologi cristiani per esempio sosterranno che la credenza venga prima del
rito , e dello stesso avviso saranno anche molti storici e filosofi formatisi in un
orizzonte lontano da quello cristiano.
Il credere in sostanza è ritenuto da queste categorie di studiosi come la causa
del rito ; si assiste dunque ad un predominio della fede.
Al contrario studiosi di orientamento sociale ( sociologi e antropologi ) , e con
loro anche teorici evoluzionisti e cognitivi , sosterranno la preminenza del
rito sulla credenza.
Molti di questi studiosi considerano il rito come addirittura più antico della
credenza , che solo successivamente si sarebbe legata ad una particolare
credenza.
Quando la religione divenne oggetto di studio , alla fine del XVII secolo , vi
era ancora un evidente pregiudizio cristiano-protestante nei confronti dei riti
e del loro studio.
Questo pregiudizio pare dovuto in primo luogo alla concezione teologica
protestante per cui ‘’le opere non concedono la grazia , ma solo Dio può farlo’’.
Il disprezzo protestante per il rituale perdurò fino al XIX secolo , quando si
cominciò a studiare anche lo sviluppo delle varie dottrine in ambito cristiano.
L’attitudine dei padri pellegrini ( XVI sec. ) a non festeggiare il Natale è il
più evidente degli esempi per mostrare la presenza di questo pregiudizio in
ambito protestante.
I puritani ripudiavano l’origine pagana di una festa come il Natale, che infatti
divenne festività federale solo nel 1870 , dopo che in precedenza si era arrivati
a proibirla.

UN BREVE SCHEMA DI ALCUNE CONCEZIONI RITUALI

Le teorie sul rituale si presentano come completamente diverse: alcuni


insistono sull’idea che esso sia un mezzo per connettersi con gli dei , altri lo
vedono come un meccanismo di controllo sociale.
Nonostante queste differenze , si deve sottolineare che tutte le forme di
comportamento e pratica religiosa siano in relazione con cose ritenute
‘’sacre’’ ( citando Durkheim , esse sono ‘’pratiche relative a cose sacre’’ ).
Il rituale ha come primo fine quello di confermare idee e comportamenti
sacri , l’interrogativo sorge sul come esso lo faccia ( dunque risulta evidente
che i rituali sembrino strani e problematici ).
I primi teorici evoluzionisti della religione , Tylor e Frazer , indicarono il
rituale come il residuo ( ‘’sopravvivenze’’ ) delle antiche religioni primitive
e animiste , in cui anche a piante e ad animali veniva assegnata un’anima.
Questo tipo di interpretazione è intellettualista e letteralista allo stesso tempo:
intellettualista perché vede il rituale come una modalità di comprensione del
mondo , letteralista perché si vede il rituale come capace di operare
effettivamente sul mondo.
Nella ‘’Myth and Ritual school’’ , di poco successiva alle teorie evoluzioniste,
si guardò ai rituali come a degli strumenti per risolvere l’enigma del mito ;
sostanzialmente questo filone di studio riteneva di poter rintracciare un
rituale corrispondente al significato originale del mito.
L’interesse nella ‘’Myth and Ritual schooll’’ cominciò però a ridursi quando si
cominciò a notare che era difficile , se non impossibile , trovare rituali che
corrispondessero a dei miti.
Un nuovo tipo di lettura sociale del rituale si fece largo nel corso della
seconda metà dell’Ottocento , a partire dal lavoro dello studioso dell’Antico
Testamento William Robertson Smith ( 1846-1894 ).
Secondo Robertson-Smith il rituale non era solo un modo per offrire doni agli
dei , ma addirittura una ‘’comunione tra il dio e i suoi adoratori , attraverso
una partecipazione congiunta nella carne e nel sangue di una vittima sacra’’.
La preminenza del rituale nella religione fu ribadita poi da Durkheim , che
evidenziò il fatto che i rituali funzionano sanzionando i doveri del gruppo ed
esercitano una forza sociale , in quanto si riferiscono ad esseri soprannaturali
che tenevano insieme la comunità per mezzo di disposizioni comuni.
I rituali non riguardavano tanto gli dei dunque , quanto soprattutto gli esseri
umani: ‘’mettono in moto la collettività ; i gruppi riuniscono per celebrale’’.
Le idee sulla natura sociale del rituale vennero riprese dall’antropologo
francese Marcel Mauss ( 1872-1950 ) , che li considerò modalità di
comunicazione.
Mauss parlò di ‘’scambio simbolico’’ , attraverso cui esseri umani e
sovrumani potevano essere tenuti assieme per garantire il sostentamento del
mondo ( Mauss recuperava dunque l’importanza dell’ambito sovrumano ).
Mauss sosteneva che uno dei primi gruppi con cui gli esseri umani sono
venuti in contatto fosse quello composta da dei/spiriti/demoni , con cui
mantenevano un rapporto in accordo con l’essenziale regola di rispettare dei
postulati sacri di base.
Cosa significhi questa relazione per i partecipanti al rituale fu chiarito in
seguito dall’antropologo Bronislav Malinowski (1884-1942) , che si concentrò
sugli effetti psicologici del rituale.
Malinowski cercò di dimostrare che magia e religione ( parti del rituale )
fossero più di ‘’false dottrine’’ o ‘’filosofie grezze’’ , come erano state definite
dagli evoluzionisti.
Magia e religione erano per Malinowski delle modalità di comportamento ,
delle attitudini pragmatiche costruite dalla ragione che ‘’funzionano in
situazioni di stress….la fede religiosa stabilizza , risolve e potenzia tutte le attitudini
mentali preziose’’.
Questa visione funzionalista e strumentale vede i rituali e la religione come
modi di operare nel mondo , che sono capaci di avere effetti causali sul
mondo al di là di quello materiale.
Attraverso il rituale gli esseri umani sono convinti di poter davvero avere un
certa efficacia sul mondo , un’efficacia che non potrebbe essere raggiunta da
strumenti normali.
La struttura del rituale è stata oggetto di studio dell’antropologo Arnold Van
Gennep ( 1837-1957 ) , che si concentrò su i cosiddetti ‘’riti di passaggio’’.
Van Gennep osservò che la maggior parte dei rituali sono organizzati su una
struttura triadica: fase di separazione , fase di transizione e fase di
reintegrazione.
Questo modello venne poi perfezionato e portato a cinque fasi , con la fase di
transizione che divenne ‘’fase liminale’’ ( dal latino ‘’limen’’ , ‘’confine’’ ).
Questa nuova struttura è organizzata in: fase iniziale , fase separativa , fase
liminale , fase integrativa e fase finale.
Successivamente i riti vennero suddivisi in vari tipi , ovvero: riti di crisi o
guarigione , riti di iniziazione o transizione , riti calendariali.

SIGNIFICATO NEL/NEI E DEL/DEI RITUALI

Il significato di un rituale è un tema complesso: il rituale di per se’ non ha


alcun significato intrinseco, tuttavia la maggior parte di essi sono significativi
e possiedono scopi.
Le culture , le religioni , le società hanno delle ragioni per far eseguire alle
persone delle determinate azioni , al fine di ottemperare a norme e pratiche
stabilite.
Per quanto riguarda il rituale si parla spesso di una ‘’descrizione densa’’ ,
termine coniato dal filosofo Gilbert Ryle ( 1900-1976 ) e introdotto
nell’antropologia culturale da Clifford Geertz.
Questo concetto è stato espresso in maniera chiara dall’antropologo James
Peacock: ‘’Cerimonie e rituali , miti e leggende , politiche etniche , sono tutte dense
di significato ; esse formano una pletora di valori , idee ed esperienze’’.
I rituali non sono costruiti in maniera casuale , in quanto esistono schemi e
principi che sono difficili da estrapolare ; allo stesso tempo è difficile
individuare anche gli autori dei rituali.
Essi molto spesso sembrano nascosti , e solo raramente si è giunti ad indicare
un nome ( quello di un guru , di un mistico , un profeta ecc.. ) con precisione
storica.
La maggior parte delle tradizione affermerà che vi sono gli dei alla base dei
rituali , la cui creazione è posta nel passato , un passato che è percepito come
originale e migliore.
Questa convinzione è molto comune soprattutto nelle tradizioni pre-moderne
come quella egizia , descritta da Erodoto.
Le religioni ( tutte ) sono conservatrici , in quanto consapevoli che i rituali
funzionano come programmi per il comportamento , e dunque i primi non
vanno assolutamente modificati.
Il comportamento religioso consiste di schemi di comportamento prescritti
che sono autorevoli , in quanto essi sono forniti da agenti sacri dotati di
un’autorità ovviamente superiore.
Come ha osservato Roy Rappaport: ‘’Il rito denota la performance di sequenze di
atti ed enunciati formali più o meno invariati…..nessun singolo aspetto è peculiare
per un rito. È la congiunzione di questi caratteri che è unica’’.
Il rituale di fatto contiene un programma che ha lo scopo di rendere
possibile uno scopo , di raggiungere uno specifico risultato: questo è il vero e
principale significato del rituale.
Il rituale è una sequenza di azioni che esprime scopi e consegue uno stato di
cose prefissato ; ma il rituale è anche una manifestazione di intenzionalità
collettiva da parte del gruppo.
Il rituale esprime il modo in cui il gruppo desidera gestire una situazione
specifica: di crisi , celebrazione o di supplica.
I riti , da un punto di vista accademico , possono anche cambiare attitudini
mentali , tuttavia per gli interni c’è molto di più in gioco , in quanto i riti sono
in grado di modificare situazioni naturali e soprannaturali.
Esempio interessante è quello dei sacerdoti egizi , che aiutavano il Sole a
sorgere ogni giorno.
L’atteggiamento rituale significa per i partecipanti delegare la fonte delle
proprie azioni alla prescrizione rituale ; in questo senso i rituali sono
composti da azioni archetipiche.
I rituali non sono mai autonomi , ma sempre parte di cicli rituali più grandi:
possono riguardare una stagione , o anche degli anni.

LA MAGIA: UN PROBLEMA SPECIALE NELLO STUDIO DEL RITUALE


E DELLA RELIGIONE

‘’Magia’’ è un termine comunemente contestato nel campo dello studio della


religione.
Fin dagli albori di questo studio infatti , il termine ‘’magia’’ veniva utilizzato
come peggiorativo e aveva connotazione principalmente negativa , e che
pertanto andava distinta dalla religione.
Fu Durkheim il primo che tentò di dare una definizione di ‘’mago’’ ,
indicandolo come uno specialista con clienti paganti , non responsabile di
una congregazione: ‘’Non esiste una chiesa magica...tra il il mago e gli individui
che lo consultano non esistono vincoli durevoli’’.
Esistono tuttavia molti punti di contatto tra magia e religione: in primo luogo
quello di essere concetti astratti e dipendenti dalla teoria , ma anche il fatto
che entrambe utilizzano operazioni mentali e forme delle pratiche rituali
fondamentalmente simili.
Gli studi compiuti dai teologi Marvin Meyer e Richard Smith su alcuni testi
magici cristiani scritti in copto e risalenti al II secolo d.C. , hanno portato alla
luce il fatto che le pratiche magiche inducono l’utente a svolgere azioni fuori
dall’ordinario.
Lo studioso di scienze cognitive della religione Jasper Sorensen ha proposto
una nuova prospettiva riguardo il senso della magia.
Essa sarebbe in sostanza il tentativo cambiare qualcosa nel mondo secondo i
propri desideri attraverso dei mezzi non connessi.
Sorensen ha parlato di una mediazione causalmente opaca , ovvero attuata
attraverso mezzi normalmente non considerati ovvi ( ‘’come l’ago infilato in
una bambola può creare dolore ad un uomo ?’’ ).
La magia si basa dunque su relazioni di causalità opaca , e soprattutto su due
principi che vennero scoperti da James George Frazer: il principio metaforico
e il principio metonimico.
Il primo è ‘’l’associazione mentale basata sulla somiglianza’’ , il secondo
‘’l’associazione mentale basata sulla continguità’’.
Esempio: la bambola che somiglia alla vittima ( metafora ) della magia nera è
ancora più vulnerabile se è provvista di un ciuffo di capelli della vittima
( metonimia ).
Malinowski , studiando la società delle Trobriand , ha osservato che la magia
veniva utilizzata dai locali come una forma di tecnologia da utilizzare in
molti ambiti ( pesca , agricoltura ecc.. ) ; famoso rimane il caso della ‘’pancia
del mio campo’’.
La ‘’pancia del mio campo’’ è una metafora che vuole ribadire il legame che per
gli abitanti delle Trobriand esiste tra la terra , gli esseri e umani e il suolo dei
loro campi.
Sorensen conclude le sue osservazioni sulla religione affermando che
bisognerebbe cercare di raggiungere una spiegazione dinamica riguardo il
legame tra religione e magia.
Per Sorensen la magia è ‘’un modo particolare di comportamento rituale….
che si manifesta al di fuori dei rituali religiosi stabiliti…sollecita la
creazione o di nuovi sistemi di credenze e istituzioni religiose , oppure
provoca la rivalutazione’’.
Di fatto si deve guardare alla magia come ad una modalità umana di operare
sul mondo.

IL RITUALE: OPERARE SUL MONDO ‘’DESIDERATO’’

Gli esseri umani vivono in un mondo di oggetti di medie dimensioni , un


mondo in cui essi hanno effettivamente molti limiti , tuttavia essi sono anche
in grado di immaginare il mondo come lo vorrebbero.
Fuerbach ha sostenuto che la brama degli esseri umani di un mondo migliore
si manifesta nella religione , Lévi-Strauss ha invece elaborato la distinzione
tra monde vecu ( ‘’mondo vissuto’’ ) e mond concu ( ‘’mondo pensato’’ ).
Solo gli esseri umani possono elaborare coscientemente questa distinzione ,
che gli permette di rendere di medie dimensioni anche oggetti fuori portata ;è
qui che il rituale mostra il suo valore , esso è un modo per controllare ,
raggiungere o modificare oggetti del mondo lontani.
Per curare malati , propiziare una buona caccia o un buon raccolto , gli esseri
umani ricorrono al rituale magico o a quello religioso , che sostanzialmente
deve essere disegnati e ordinati in modo che gli uomini possano gestirli.
Questa caratteristica è molto spesso passata in secondo piano , anche se in
realtà è fondamentale ; gli esseri umani devono sentirsi corresponsabili delle
situazioni propiziate dal rito: il sorgere del Sole , il destino stesso di un
individuo.
Tutto ciò è possibile grazie alla fluidità cognitiva che l’evoluzione ha dato agli
esseri umani , essa ha l’effetto di convincere gli agenti che non è la mente a
cambiare , ma il mondo.
Si parla di fluidità ontologica , la capacità del sacrificio di rendere speciali
oggetti assolutamente ordinari.
Nel rituale è possibile qualsiasi cosa , in quanto il linguaggio può essere
utilizzato nei modi più creativi e originali ; nel rituale rimangono in vigore le
regole dell’azione e del linguaggio ordinario , così si rimane convincenti nel
mondo vissuto , e simultaneamente si organizza la percezione del mondo
pensato.

UNA TIPOLOGIA ELEMENTARE DEL RITUALE

Gli esseri umani sono in grado di trasformare il materiale di categorie


ordinarie in materiali e categorie specializzate , grazie alle qualità metaforiche
del simbolismo e la capacità combinazione cognitiva.
Per quanto riguarda invece la nozione di ‘’elemento’’ essa è considerata nel
più ampio significato possibile: un elemento può essere qualsiasi cosa ( un
elemento è di fatto qualsiasi cosa vada a formare il rituale ).

IL RITUALE COME COMUNICAZIONE E SIGNIFICATO

In molte tradizioni religiose il linguaggio rituale si distingue da quello


ordinario , e talvolta risulta addirittura completamente diverso ( es. il latino
usato nelle messe cattoliche in Polonia ).
Anche nel caso in cui venga utilizzata una lingua diversa , il rituale dirige
comunque l’attenzione verso dimensioni e aspetti che non dipendono dalla
comprensione della comunicazione verbale.
Talvolta il linguaggio rituale è quello ordinario, che però può essere utilizzato
con diverse intonazioni o prosodia ( tono e ritmo ) ; tutto questo serve
sostanzialmente a rendere evidente la distinzione fra sacro e profano.
La religione è in grado dunque di produrre significato , in quanto di fatto
senza significati non vi potrebbe essere religione.
Segni e significati abbondano in ogni sfera della religione: nel mito ,
nell’agiografia ( narrazione delle vite dei santi ) , nel dogma e persino nelle
stesse istituzioni religiose.
È proprio tramite questi segni che la religione si rende distinguibile ; alcuni di
questi segni sono facilmente distinguibili , altri invece sono speciali ed
applicati solo ad alcuni precisi contesti.
Si deve ricordare in questo caso la differenza tra icona , simbolo e segnale , già
esposta nei capitoli precedenti.
Su tutti è però fondamentale il segnale nel rito , in quanto durante esso ogni
tipologia di simbolo può divenire per l’appunto un segnale che innesca una
determinata azione ; all’interno dello spazio rituale i segni possono
scambiarsi tra di loro.
Esempio: ‘’La trasformazione del pane in corpo di Cristo risulta un segnale causale
di redenzione con forti poteri’’.
La meraviglia dello spazio rituale sta nel fatto che l’ontologia delle ‘’cose’’
diventa così flessibile che ogni cosa può divenire altro.
Un esempio di ciò è proposto dall’antropologo Victor Turner , che si interessò
dei rituali di guarigione del popolo degli Ndembu ; dice Turner: ‘’pensano che
portando certi oggetti in uno spazio consacrato si portino anche poteri e virtù che
questi sembrano empiricamente possedere’’.
La ragione principale di questa flessibilità ontologico-semantica è la natura
multi-vocale del rituale , essa permette la manipolazione rituale delle azioni ,
degli attori , degli oggetti e di altri ingredienti , affinché il rituale sia in grad
di operare sul mondo.
La pratica rituale è costruita attraverso quello che Lévi-Strauss ha definito
‘’bricolage’’ , e questo perché essa combina cose ordinarie per utilizzare in
modi speciali e scopi diversissimi.
Nella costruzione della pratica rituale risulta fortemente coinvolto anche il
cosiddetto ‘’altro mondo’’ , con il quale si dialoga attraverso una serie di
regole ( che sono connesse al significato del rituale ).
Il rapporto con quest’altro mondo è caratterizzato in primo luogo da
reciprocità o ‘’scambio simbolico’’ , un commercio/scambio di azioni e beni
che gli esseri umani intrattengono con le divinità.
Lo scopo di questi scambi è in primo luogo quello di mantenere gli accordi
con gli dei ; l’esempio riportato da Jensen è quello degli Ainu dell’isola di
Hokkaido ( Giappone settentrionale ) e di un loro rito comunitario.
Gli Ainu sostanzialmente catturano un giovane orso , in cui si crede si trovi
l’anima di un dio venuto a cercare un tipo di bastoncini di legno ( inaw ) che
non esistono nel loro mondo.
L’orso è catturato e posto in un recinto dove viene accudito per un po’ e in
seguito ucciso tramite soffocamento , cosicché la sua anima faccia ritorno in
cielo con le offerte votive e possa riferire agli altri dei di essere stato trattato
bene , invitando così gli altri dei a visitare gli uomini.
Sembra che tutte le tradizioni religiose sembrano avere delle regole per
mantenere in vigore gli accordi con gli dei.
I doni rivolti alla divinità , non sono però solo doni: essi portano con se’
obblighi in primo luogo , tanto per il donatore quanto per il ricevente , hanno
dunque un comportamento simbolico.
Queste offerte fanno da ‘’intermediario’’ , sono di fatto delle mediazioni tra il
mondo materiale e quello sovrumano.
Le tipologie di comportamento rituale sono spesso spettacolari e ricche di
simbolismo , di fatto cercano di rimettere in scena il destino di esseri speciali,
sacri o eroici.
La comunicazione rituale possiede abitualmente una dimensione speciale: è
performativa , ovvero ‘’fa qualcosa’’ come unire marito e moglie , guarire
pazienti nei riti curativi ; il rituale trasforma la natura di qualche cosa.
La comunicazione rituale appare come una sorta di auto-comunicazione
ridondante, che comunica qualcosa che già tutti sanno al fine di ribadire idee,
valori e cooperazione.
Un buon genere di comportamento rituale ha a che fare in primo luogo con
l’appartenenza e la dimostrazione della fedeltà al gruppo.
Si parla di ‘’segnalazione costosa’’ quando ci si riferisce a quei rituali
elaborati , ma allo stesso tempo anche scomodi e costosi.

IL RITUALE COME AZIONE SPECIALE

Uno dei tratti più importanti del rituale sta nel fatto che esso venga eseguito
solo in un determinato periodo dell’anno e in un determinato luogo: possono
esistere dunque rituali che si svolgono solo in preciso momento dell’anno , o
altri che si svolgono solo in luoghi simbolici.
AGENTI SPECIALI NEL RITUALE

Quella degli agenti rituali è una categoria variabili: qualsiasi cosa di fatto
può essere un agente rituale ( persone , gruppi , istituzioni , oggetti , artefatti,
defunti ecc.. ).
Gli agenti rituali hanno la capacità di superare l’ordinario in più modi , a
seconda del mondo in cui si relazionano all’altro mondo.
Gli agenti rituali possono essere umani , che magari hanno avuto una diretta
esperienza dell’altro mondo.
Gli agenti rituali possono anche essere strumenti , che hanno capacità contro-
intuitive e che dunque hanno efficacia nel relazionarsi all’altro mondo ;
montagne , statue o reliquie possono essere soggetti attivi ( nel senso
grammaticale della parola.
Gli agenti rituali possono anche essere passivi , come per esempio un
paziente di un rituale di guarigione o un iniziando.
Il rituale si presenta insomma come un’azione speciale , dotata delle seguenti
caratteristiche:

- Violazione dell’ordinario: l’azione rituale si presenta come stereotipata , una


caricatura dell’agire ordinario.
L’azione rituale ha una causalità opaca , in quanto l’effettivo legame causa-
effetto ad essa connessa è celata.

- Efficacia: l’azione rituale va però oltre la semplice relazione causa-effetto ,


per esempio un certo canto può far piovere.

- Intenzionalità invertita: essa mostra come il mondo dovrebbe essere ( il


mondo desiderato ) , al contrario dell’intenzionalità ordinaria che permetta
alla mente di adattarsi al mondo così com’è.

- Modulazione crescente e decrescente: nel rituale il tempo e lo spazio


collassano e diventano elementi rituali maneggevoli.

- Controllo rituale: il comportamento rituale è codificato dai programmi di


intenzionalità del rituale ( il suo scopo o significato ).

- Grammatica inversa: essa inverte i rapporti soggetto-oggetto , per esempio


durante un rituale di guarigione una pietra può avere un potere curativo per
un paziente.

- Sostituzione di struttura: nel rituale ciò che viene fatto in questo mondo ha
effetto nell’altro ; per esempio i riti per ‘’placare l’ira della divinità o lo sdegno
degli antenati’’.

COGNIZIONE SPECIALE ED EMOZIONE

I rituali sono spesso eccentrici , o quanto meno eccezionali , e questo poiché


attirano l’attenzione grazie alla loro forme peculiari ( come la già citata
segnalazione costosa ).
I rituali sono in questo senso cognitivamente significativi , sono memorabili
perché attirano l’attenzione e perché violano l’ordinario ; l’esempio è quello
del cetriolo , che in un rituale dei Nuer del Sudan meridionale , assume il
ruolo del bue.
Nei rituali l’essenza delle cose può essere distorta , violata o sostituita in
qualsiasi modo immaginabile.
L’icona di San Francesco è San Francesco durante un determinato tipo di rito ,
così come il linga è il simbolo della presenza metafisica del dio Visnù.
Il rituale è capace di attivare funzioni cognitive ed emotive , esso possiede
quello che Victor Turner ha definito come ‘’polo oretico’’ , che concerne ciò
che è desiderato nel e con il comportamento rituale.
Le performance rituali sono regolatrici di emozioni , le funzioni emotive dei
partecipanti al rito sono intrecciate in contesti che vanno dall’universo
religioso al più intimo dei sentimenti.
Su proposito di questa forza emotiva del rituale si era espresso anche
Durkheim , che aveva parlato di ‘’effervescenza rituale’’ , sostenendo che
fosse proprio la sua emozionalità , fatta di ‘’energie vitali sovreccitate , passioni
più vive’’ , la vera culla della religione.
C’è qualcosa nella performance rituale che innesca una sensibilità umana per
la sincronicità e la sovra-emozione , anche se talvolta si deve parlare di non-
funzionalità degli atti rituali.
Talvolta infatti questi atti sono facilmente comprensibili ( inginocchiarsi in
segno di rispetto ) , talvolta invece si parla di segmentazione dell’evento ,
ovvero della difficoltà di comprensione del rito , che viene superata solo
fornendo un’interpretazione.
Il rituale può anche essere visto come una forma di riproduzione culturale ,
utilizzato per insegnare alle varie generazioni a venerare ciò che ha valore ed
è importante nella tradizione.
Un esempio è quello del ‘’viaggio dello spirito’’ , un pellegrinaggio che ogni
anno è affrontato dai bambini del popolo Huichol ( Messico ).
Il fine del viaggio è quello di insegnare ai giovani del popolo il senso , la
cosmologia e la mitologia connesse all’importante rituale a cui essi sono
temporaneamente interdetti a causa dell’età , ovvero il pellegrinaggio alla
sacra montagna Wirikuta.

FUNZIONI DEL RITUALE NEL CONNETTERE I-RELIGION ED E-RELIGION

I simboli sono in grado di unire tanto emozioni prescritte e cognizioni


individuali , quanto l’individuale e il collettivo.
La segnalazione rituale , attraverso icone/simboli/indici , abbraccia questo
mondo e anche l’altro e così facendo permette ad istituzioni sociali e a
rappresentazioni collettive di unirsi a cognizioni ed emozioni individuali:
quindi a connettere i-religion ed e-religion.
I simboli rituali sono fatti di materia presa dal mondo materiale e sociale
( oggetti , linguaggio ecc.. ) , che indicano significati riguardo/provenienti
dall’altro mondo in delle modalità che sono collettive e sociali , affinché siano
interiorizzati dalla cognizione e dall’emozione individuale.
Le significazioni rituali che connettono l’individuo , il gruppo , questo mondo
e l’altro mondo devono dunque essere viste come tecnologie cognitive ,
emozionali e sociali , in grado di oltrepassare e unire tempo e spazio.
Alla domanda se il rituale sia ‘’buono’’ o ‘’cattivo’’ si deve rispondere che non è
possibile dare una risposta , oppure che esso dipende dal contesto: ci sono
rituali che svolgono positive funzioni sociali ( spesso relative però ad un
gruppo ristretto ) , altri che invece sono assortativi e che sono dunque causa
di faide , altri ancora sono effetto di faide.
Di fatto dunque chi realmente beneficia della forza emotiva , psicologica e
sociale del rituale è in primo luogo l’istituzione.

RELAZIONI STRUTTURALI DI INTERESSE RITUALE

La maggior parte dei rituali , se non tutti , rimarca qualche tipo di transizione
soggetti/oggettiva attraverso dei confini , per esempio dal sacro al profano e
ritorno.
In ogni forma di rituale si presenta dunque un tipo di relazione strutturale:

- Quella confermativa , che attraverso la celebrazione vuole mantenere le cose


così come sono.

- Quella trasformativa , che attraverso la celebrazione vuole cambiare le cose.

- Quella attributiva , che attraverso la celebrazione vuole dare qualcosa ( uno


status per esempio ) a qualcosa/qualcuno ( soggetto-oggetto ).

- Relazione di rimozione , che attraverso la celebrazione vuole prendere


qualcosa da qualcosa attraverso la distruzione di un oggetto sacrificale.

- Quella inclusiva , che attraverso la celebrazione vuole includere qualcosa o


qualcuno.

- Quella esclusiva , che attraverso rituali di protezione vuole escludere


qualcosa.

PROBLEMI DI TASSONOMIA RITUALE: IL SACRIFICIO

Inizialmente le tassonomie e le classificazioni dei rituali furono chiaramente


influenzate dal retroterra culturale occidentale cristiano ; tuttavia è
impensabile ritenere scientifica la tassonomia del sacrificio proposta sulla
base del Levitico.
Allo stesso tempo anche la tassonomia del sacrificio proposta negli anni
Settanta del XX secolo non può ritenersi effettivamente completa ; se ne deve
concludere che probabilmente non è possibile giungere ad una tassonomia
teoricamente rigorosa.
Il punto , come dice Jensen , è che: ‘’non ci sono teorie prive di modelli , e allo
stesso tempo non ci sono modelli liberi dalla teoria’’.
Dunque la categoria di sacrificio e le pratiche etichettate con questo termine
possono essere concettualizzate in un certo numero di modi , dipendenti
dalla teoria , dal metodo e dal focus dell’indagine.
Il termine sacrificio ( ‘’sacer facere’’ ) significa ‘’rendere sacro’’ attraverso
azioni dirette a comunicare con agenti o poteri.
Lo scopo ultimo del sacrificio è quello di donare qualcosa , in modo tale da
mantenere in vigore gli accordi con l’altro mondo ( a cui vengono ‘’donate’’
preghiere , fiori , fumo ecc… ).
Si tratta di scambi simbolici , doni che come ha osservato Marcel Mauss
hanno anche il potere di obbligare e creare legami sociali reciproci.
Si deve infine ricordare che i sacrifici sono atti che servono per comunicare
qualcosa in questo mondo ( un sacrificio offerto ad un sovrano per garantirsi
la sua protezione per esempio ) , si tratta di discorsi definiti di ‘’auto-
comunicazione’’.

RITUALI DI COMUNIONE: INTENZIONE , SCOPO E AZIONE

Molti dei rituali sono eseguiti pubblicamente , a volte anche con grandi
masse di spettatori o di partecipanti.
Questo tipo di rituali sono detti ‘’di gruppo’’ o ‘’di comunione’’ , i quali
servono per lo più ad esplicitare obiettivi comuni ( impiegando mezzi
comuni ) o a tentare di conseguire risultati comuni.
Questo tipo di rituale ha a che fare principalmente con processi di
trasformazione o di conservazione , con segnalazioni di identità status e
competenza.
In sostanza questo tipo di rituali hanno come fine per il partecipante
l’iniziazione ad un nuovo status sociale , l’ottenimento di una coscienza
sacra , mentre per il gruppo quello di celebrare un’istituzione sacra o
l’identità etnica.
Le azioni di questi riti , che sono prescritte/fissate/stereotipate , hanno come
effetto fisiologico l’eccitamento sincronizzato ( determinato per esempio dal
marciare a tempo ).
Questo tipo di cerimonie erano presenti già nell’Antichità , quando si
celebravano conquiste militari o l’inaugurazione di un nuovo regno ; oggi
invece questo tipo di cerimonia si può rivedere nelle sfilate militari dei
regimi.

IL CURIOSO CASO DEL MISTICISMO COME ‘’VERA’’ RELIGIONE

Il misticismo , la presunta esperienza diretta del sacro , è ed è stato un


problema dibattuto nella storia della religione.
Nella teologia cristiana e nelle prime ricerche di storia della religione in molti
hanno guardato al misticismo come ad uno speciale tipo di religione ,
caratterizzata da una diretta esperienza religiosa.
In un primo momento il misticismo potrebbe sembrare materia per la i-
religion , tuttavia se si superano le apparenze si noterà che esso appare come
un processo rituale , in linea con una determinata tradizione.
Nei primi studi però , che consideravano la religione come un qualcosa sui
generis , questioni come il misticismo venivano spiegate attraverso termini
religiosi sui generis.
Questo approccio però ha portato però solo a legittimare il solipsismo
metodologico: l’idea che solo chi ha avuto un’esperienza di qualcosa possa
parlare di questa.
L’esperienza mistica ha però le stesse caratteristiche di altri tipi di esperienze
( cognitive , percettive , conative ecc.. ) , tuttavia nella prassi mistica si pensa
che esse siano causate da forze esterne e superiori.
L’esperienza mistica è però più che un fenomeno mentale , è anche sensoriale,
ha un momento estatico , una sorta di bagliore residuo.
Il misticismo è però anche un’esperienza sociale , in quanto è può essere
legato ad cultura e ad una determinata istituzione, in sostanza esso è
‘’trincerato nella società e nella cultura’’.
I mistici possono usare la loro esperienza per scopi soteriologici , ma possono
operare nella società anche come profeti , guaritori , maghi o missionari.
Per quanto riguarda invece la storia della ricerca sul misticismo , essa è
caratterizzata da un’accettazione acritica e romantica di descrizioni
introspettive di comportamenti estatici.
Le prime ricerche sembrano quasi essersi accontentate del fatto che il
misticismo è la prova dell’esistenza di una realtà trascendente.
Contro questo tipo di tradizione , Armin W. Geertz ha sostenuto che il
misticismo non sia una via d’accesso privilegiata a Dio o all’universo per due
motivi: ‘’Primo poiché i rituali impiegati e le tradizioni all’interno ( del misticismo )
…..sono la fonte primaria…..Secondo , la nostra biologia e cognizione non offre
accesso diretto a nulla’’.
Gli esseri umani agiscono soprattutto sulla base dei loro assunti , quindi
anche un’esperienza così particolare come il misticismo potrebbe in realtà
essere guidata dalle aspettative.
Le aspettative e le convinzioni di un determinato contesto culturale possono
influenzare ( e condizionare ) il ragionamento intorno a esperienze come
quella mistica.
Le differenze tra il modello di interpretazione sui generis del misticismo e
quello definito come ‘’modello attributivo’’ , sono state definite ed indicate
dalla storica delle religioni Ann Taves.
6) ISTITUZIONI: ETICA , MORALE E NORME DELLA RELIGIONE

La voce ‘’istituzione’’ non si trova comunemente nell’indice di un libro sulla


religione , e questo perché ancora oggi il tema dell’importanza delle
istituzioni nella nostra vita sociale è sottovalutato.
Nelle istituzioni infatti convergono credenze e rappresentazioni , nonché
pratiche e comportamenti che si consolidano nelle istituzioni sociali e
culturali che governano etica , morale e norme di pensiero.
Un’istituzione può essere definita come ‘’una rete di norme e valori’’ , in quanto
essa possiede potere deontico ; un esempio potrebbe essere quello della
proprietà privata.
Le idee connesse alle pratiche sono istituzioni , come sostiene l’antropologa
Mary Douglas: ‘’Destino , sortilegio , magia…..non sono proprio legate ad
istituzioni come vorrebbe Evans-Pritchard , ma sono istituzioni’’.
Nelle cosiddette società tradizionali le istituzioni normative sono strumenti
fondati religiosamente , per cui la gerarchia del potere politico , così come la
morale e l’etica sono istituite da un potere superiore.
Nelle società post-tradizionali o moderne invece , la legittimità non è data
dall’altro mondo , ma dalla razionalità collettiva.
Nelle società tradizionali non si parla di ‘’religione’’ , quanto piuttosto di
‘’come stanno le cose’’ , al contrario nelle società moderne il potere della
religione diminuisce.
Lo studioso delle religioni è ovviamente consapevole del fatto che le religioni
sono un prodotto culturale e sociale , e quindi rifiuta l’idea che esse siano
arrivate da una qualche entità superiore.
La negazione dell’intenzionalità umana , di cui aveva già parlato Feuerbach,
renderebbe infatti difficile indagare le modalità attraverso cui gli esseri umani
costruiscono e trasmettono le istituzioni sociali ( come la religione ).
Gli studi di John Searle sulle condizioni che permettono la nascita di ‘’mondi
sociali’’ in una filosofia della società , hanno portato alla luce un tratto
peculiare delle menti umane , l’intenzionalità collettiva.
Senza intenzionalità collettiva non sarebbe possibile per gli uomini trovare
accordi , assegnare status ( come al denaro o alla religione ) e riuscire a
trasmettere valori/istituzioni.
L’altra condizione che rende possibile la costituzione di queste ‘’invenzioni
sociali’’ è l’elaborazione di regole , che Searle distingue in ‘’costitutive’’ e
regolanti: le prime sono quelle che determinano le ‘’condizioni di gioco’’ , le
seconde sono invece quelle che ‘’dicono cosa fare’’ ( come i segnali stradali ).
Tutte le tradizioni religiose abbondano di regole , cosa che le rende degli
straordinari casi di ontologie sociali , le cui funzioni e regole sono comunque
e sempre finalizzate a strutturare la vita umana.
Le regole hanno potere deontico , ci fanno o non ci fanno fare qualcosa:
‘’comportano diritti , doveri , requisiti , permessi’’.
Guardando a quanto detto fin’ora , si concluderà che la religione è una realtà
istituzionale creata attraverso la rappresentazione linguistica , ovvero
attraverso l’utilizzo del linguaggio come mezzo creativo.
Le regole potrebbero anche essere esistere grazie al ruolo di alcuni agenti
storici , come il re babilonese Hammurabi per esempio , tuttavia esse si
formano per lo più come proiezioni ( il meccanismo attraverso cui fenomeni
soggettivati vengono trattati come oggettivamente indipendenti e reali ).
Quando le proiezioni vengono largamente accettate finiscono per divenire un
sapere tacito e accettato: si formano ‘’verità’’ costruite come fatti sociali.
Successivamente Jensen indica la distinzione fra istituzioni e organizzazioni ,
che consistono in una cooperazione formalizzata tra individui e gruppi , al
fine di facilitare certe tipologie di azione.
In questo senso le Nazioni Unite sono un esempio di organizzazione.
Un gruppo religioso funziona invece come istituzione quando istruisce o suoi
membri su una visione del mondo ed un ethos adeguati , mentre funziona
come organizzazione quando alcuni membri del gruppo sono leader mentre
altri ‘’laici’’ , in accordo con le regole che definiscono il modo in cui si diviene
membri del gruppo.
Un esempio di gruppo religioso che è istituzione e organizzazione è la Chiesa
Cattolica , che offre regole e valori , ma allo stesso tempo ha una gerarchia ,
un quartier generale e regole di appartenenza.
Le istituzioni rituali sono continuative e durature , e talvolta anche molto
‘’sottili’’ da distinguere , soprattutto quando i rituali sono visibili in modo
chiaro.
I rituali nelle istituzioni rappresentano il versante parole ( espressione ) del
lato langue ( sistemico ) delle istituzioni sociali , essi sono delle articolazioni
delle istituzioni.
LE ISTITUZIONI NEI SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE E NELLE
COSMOLOGIE

Le istituzioni sociali, nella forma di sistemi di classificazione, regolano la vita


degli esseri umani ( individualmente e collettivamente ) consciamente e
inconsciamente.
Le istituzioni sociali , come sosteneva già Durkheim , sono dotate di una forza
coercitiva sugli esseri umani in società.
Le istituzioni sociali ‘’risiedono negli esseri umani senza che essi ne siano
consapevoli’’ , e questo perché sono date per scontato , e in questo modo il
loro potere deontico non viene messo in discussione.
I sistemi classificatori sono articolati in narrazioni , spesso miti fondativi
messi in pratica nei rituali ed eseguiti nei confini delle istituzioni , che
dunque ‘’forniscono i mattoni’’ ( le norme , le regole e l’ethos di un
determinato mondo culturale ).
Queste cosmologie sono ovviamente costruite in base a quella che Eliade
definiva come la ‘’struttura della coscienza umana’’ , ovvero la distinzione fra
sacro e profano.
Le istituzioni non sono però equamente presenti ed equamente distribuite in
tutte le menti del gruppo , esse infatti sono dispositivi socio-culturali da
impiegare in momenti e circostanze specifiche.
Un esempio potrebbe essere Halloween , che di fatto è un piccolo complesso
di regole e norme circoscritte con conseguenze legali ed economiche.
Questo esempio permette di notare come le istituzioni facciano da ponte fra
diversi domini collettivi ( culturali e sociali ) e individuali ( emozionali e
cognitivi ): come il matrimonio , i domini legali/parentali ecc..
In sostanza le istituzioni riescono ad attraversare ed unire svariati ambiti
della vita nel mondo degli esseri umani.
Per quanto riguarda il già citato fenomeno del bricolage ( Lévi-Strauss ) , esso
riguarda in questo caso l’attitudine di un’istituzione di sapere mescolare ed
unire in maniera creativa elementi contro-intuitivi utili a far sì che linguaggi e
istituzioni culturali non differiscano.

LA COGNIZIONE NELLE ISTITUZIONI

Istituzioni onnicomprensive , resilienti e complesse possono essere ritrovate


nelle norme e nei sistemi inerenti i concetti di purità/impurità.
Meritano particolare attenzione in questo ambito , i lavori dell’antropologa
Mary Douglas e dello psicologo Frederic Barlett , in particolar modo
quest’ultimo , che ha evidenziato il concetto di ‘’prospettiva’’.
Con questo concetto si intende un tipo di direzione di sviluppo individuale
e di gruppo che permette al passato rendere culturalmente stabile il presente ,
e che allo stesso tempo permette di ‘’intravedere il futuro’’.
L’espressione ‘’questa è la nostra tradizione’’ , assume dunque un significato
molto forte , in quanto vuole ricalcare la continuità del passato e il suo
affacciarsi verso il futuro.
Tutto ciò è però permesso in primo luogo dalle istituzioni sociali , che
funzionano da memoria collettiva esterna.
Le istituzioni indicano il copione , ci forniscono un modo preimpostato di
pensare/agire/provare emozioni sul quale nel corso del tempo faremo
sempre più affidamento.
Il concetto stesso di ‘’tradizione religiosa’’ significa letteralmente
‘’consegnare’’ grandi sistemi di istituzioni religiose alle generazioni future.
Le tradizioni sono reti multiculturali che gli esseri umani usano in quanto
creature sociali , ma è proprio grazie a questo che gli uomini
( inconsapevolmente ) mantengono in vita le istituzioni.

LE FUNZIONI SOCIALI DELLE ISTITUZIONI: AUTORITÀ , ECONOMIA


E POTERE

Le istituzioni non solo regolano ( regole regolanti ) , ma sono anche fatte di


codificazioni ( regole costitutive ) di ruoli rispetto al genere , la sessualità e
l’organizzazione sociale.
Le istituzioni religiose sono state , e sono , intrinsecamente connesse con
questioni di potere e autorità , e molto spesso anche con la distribuzione
delle ricchezze e delle risorse.
Solo con l’avvento della Modernità si è cominciato ad assistere ad un processo
di secolarizzazione che ha lentamente reso la religione meno coinvolta nelle
questioni politico-economiche.
Nei suoi studi sulla politica e sulla religione , Weber ha distinto tra tre tipi di
autorità legittime: quella tradizionale , che trae la propria legittimità
dall’autorità assegnata a tradizioni di lunga durata e ritenute sacre , quella
legale , che trae la propria legittimità dall’autorità assegnata ad accordi
razionali tra uomini , e quella carismatica che trae la propria legittimità
dall’autorità assegnata alla al carisma intrinseco del capo.
La struttura triadica indicata da Weber riassume di fatto la storia di numerose
istituzioni politiche: esse nascono con un leader carismatico ( es. un profeta ),
poi dopo la morte di questo si organizzano burocraticamente ( nasce un
potere legale ) , che col passare dei secoli diviene tradizione.
Molto spesso gli storici dell’economia hanno sottovalutato il ruolo economico
della religione , e questo principalmente perché ci si è concentrati
esclusivamente sul denaro e non sulla gestione delle risorse in generale.
Molto spesso infatti non si osserva l’influenza avuta dalle tradizioni religiose
sulla decisione di produrre e consumare un determinato tipo di cibo , o si è
sottostimato il ruolo della distribuzione delle elemosine.
Se si guardasse al quadro più grande , si noterebbe che esiste in realtà una
profonda relazione tra homo religiosus e homo economicus ( e in tutto questo
non si è ricordata l’importanza dei rituali agricoli nell’Antichità per esempio).
Ovviamente la religione ha avuto anche una forte connessione con il potere ,
infatti a lungo si è pensato che i sovrani di questo mondo dovessero
intrattenere un rapporto adeguato con quelli dell’altro.
Le relazioni tra potere e religione hanno da sempre giocato un ruolo
importante nel quadro della legittimazione del potere: il potere di questo
mondo che era legittimato dall’altro era divino e inamovibile ( e di
conseguenza anche la società ).
Tradizionalmente la letteratura storico-religiosa ha distinto tra due tipi di
governo connesso alla religione: sacro e divino.
Per il primo si parla di regalità sacra , ovvero uno status speciale conferito
dall’altro mondo al governante , che ha relative responsabilità ( es. imperatori
cinesi , assolutisti , imperatori persiani ).
Per il secondo si parla di regalità divina , ovvero l’attribuzione al governante
dello status di divinità ( es. faraone egizio , imperatore giapponese , imperatori
romani ).
Nel mondo contemporaneo il legame tra potere e religione è tornato alla
ribalta letteraria soprattutto a causa dei fenomeni dell’integralismo religioso
e del terrorismo , anche se si deve constatare che vi è una netta separazione
degli ambiti nelle società odierne.
Le teorie che riguardano il legame tra religione e politica/economia sono due:

- Quella simbolista o della corrispondenza , che vede la religione come una


variabile dipendente da economia e poltica.
- Quella idealista , che vede invece la religione come causa scatenante di
grandi cambiamenti politico-economici ( la teoria di Weber sull’origine del
capitalismo entra di diritto in questa categoria ).

ISTITUZIONI E IDENTITÀ SOCIALE

Le istituzioni religiose sono importante nella gestione delle menti e dei corpi:
definiscono in che modo gli esseri umani dovrebbero pensare comportarsi ,
sono dunque potenti veicoli di gestione sociale.
Sebbene molti rituali e credenze non siano intellegibili dai partecipanti ,
anche questi sono significativi per i partecipanti , in quanto ci dicono cosa
fare e ‘’ chi siamo’’.
Le credenze dunque , pur non attivando un contenuto semantico con un
senso esplicito per i partecipanti , sono comunque significativi , perché
credenze e azioni rituali nella religione agiscono da stabilizzatori sociali
( fornendo codici , norme e istituzioni sociali abituali ).
Gli esseri umani condividono la capacità unica di avere obiettivi comuni e di
cooperare secondo piani e nel rispetto di norme e regole.
In questo senso le istituzioni ‘’ci fanno intelligenti’’ collettivamente quando le
regole costitutive e regolanti sono interiorizzate dai partecipanti.
Le istituzioni sono strumenti cognitivi dotati di forza che ‘’conservano’’ e
‘’irradiano’’ impegni normativi che spesso si cristallizzano in rituali ( come il
matrimonio ).
In sostanza possiamo indicare le istituzioni nelle tradizioni religiose come
tipi di tecnologie mentali e sociali utilizzate per governare pensieri ed
emozioni.
Particolarmente importante nelle tradizioni religiose sono le istituzioni che
regolano l’appartenenza al gruppo religioso e le relazioni con gli altri
gruppi.
Le relazioni tra individui e gruppo religiosi sono sempre regolate: esistono
sempre norme che governano le relazioni prescritte , positive o negative che
siano.
Ad alcune regole è molto facile adattarsi ( battesimo in chiesa ) , mentre altre
regole ( soprattutto per gli adulti che desiderano convertirsi ) sono molto più
complicate.
Atti di inclusione , come rituali di iniziazione , sono sempre molto più
frequenti di atti di esclusione , che di solito prevedono punizioni severe ed
eccessive , soprattutto per gli apostati.
Un’altra componente molto importante è ovviamente l’identità del gruppo ,
che talvolta è ribadita attraverso l’adozione di un determinato abbigliamento ,
taglio di capelli o copricapo: tutte queste cose funzionano come segni di
identità e appartenenza al gruppo.
La segnalazione di aderenza al gruppo non sembra seguire alcuna regola
specifica , eccetto per il fatto che la differenza è cruciale.
In antropologia e storia delle religioni un caso molto importante è quello del
totemismo ( simbolismo animale ), che per qualche tempo è stato considerato
un caso speciale e importante di identità del gruppo.
Quando W. Robertson-Smith pubblicò un suo studio nel 1894 , egli contribuì
ad alimentare il dibattito nel Regno Unito riguardo il totemismo.
Il totemismo era immaginato infatti come la fonte originale della religione ,
una posizione che faceva scalpore , in quanto andava a scalfire la posizione
della Chiesa secondo cui essa era stata rivelata dalla divinità.
Solo successivamente Claude Lévi-Strauss ha mostrato come il simbolismo
animale venisse utilizzato per pensare ai processi di differenza sociale: ‘’noi
siamo X e loro sono Y’’.
Le istituzioni hanno importanti funzioni anche nell’ideologia in generale e
nelle istituzioni religiose in generale.
Ideologie , o visioni del mondo , hanno l’abilità di mediare tra i mondi:
quello naturale/fisico/materiale , quello mentale/sociale e quelli ideali/pensati;
‘’mediano’’ nel senso che possono parlare di questi mondi e delle relazioni
tra essi tramite la semiosi religiosa.

INTENZIONALITÀ NELLA TRADIZIONE E NELLA COGNIZIONE

L’intenzionalità umana riguarda sempre qualcosa , e qualcosa in relazione a


qualcos’altro , ovvero: quando gli individui interagiscono , essi interagiscono
con qualcosa , una terza entità a cui si riferiscono congiuntamente.
La terza entità è il retroterra di assunti e tradizioni condivise , ciò nel caso
delle visioni religiose del mondo abbraccia la totalità del mondo naturale , di
quello mentale/sociale e di quello mentale ‘’pensato’’.
L’atto di cambiare percezioni e concezione richiede un terreno comune sul
quale processare le informazioni condivise ; le tradizioni religiose forniscono
questo: norme , regole e valori.
I filosofi hanno dimostrato che gli esseri umani sono inevitabilmente coinvolti
nel ( e dipendano dal ) linguaggio , dalla tradizione e dagli ‘’spazi di
ragionamento’’ , ma hanno dimostrato anche che la vita sociale umana sia
possibile solo sulla base di istituzioni sociali.
Avere un cervello non basta ; come ha sostenuto il filosofo John McDowell il
‘’dato endogeno’’ non è sufficiente , è la cultura che trasforma i cervelli in
menti ( la competenza cognitiva non dipende da capacità innate ).

L’ISTITUZIONE FONDAMENTALE: IL LINGUAGGIO

Secondo McDowell attraverso l’iniziazione ad un linguaggio condiviso ha


significato in ogni società prendere parte alle tradizioni religiose , secondo
età , status , genere e altri criteri sociali.
Il linguaggio è lo strumento primario che gli esseri umani utilizzano quando
creano istituzioni sociali e agiscono all’interno di queste.
Il linguaggio stesso è l’artefatto fondamentale, ma anche l’istituzione
fondamentale: è convenzionale , carico di valore e governato da regole.
Tradizionalmente la religione è stata fondamentale per il linguaggio , ci
sono numerosi esempi di casi in cui la religione è coinvolta nel linguaggio e
nel suo utilizzo.
In sostanza si può affermare che imparando una lingua si apprende molto di
più del semplice linguaggio , i significati delle parole , dei termini e delle
categorie sono infatti posti all’interno di vaste reti di significazione ( reti
culturali di fatto ) , cosa che rende difficile trovare traduzioni generali.
L’influenza della cultura e del linguaggio sulla cognizione e sul pensiero
rappresenta un tema controverso: alcuni pensatori , detti ‘’culturalisti’’ ,
sostengono che la lingua determini completamente il proprio mondo , al
contrario gli ‘’innatisti’’ hanno negato ogni influenza sostanziale del
linguaggio sul pensiero.

RELIGIONE, ETICA E MORALE

Tutti i sistemi culturali , e tutti i sistemi religiosi , possiedono delle regole di


condotta ( sarebbe paradossale , anche solo etimologicamente una religione
senza regole ), quelle che potremmo delle ‘’vie’’ da seguire per raggiungere
una posizione favorevole nell’altro mondo: dunque le azioni che compiamo
in questo mondo hanno ricaduta su ciò che ci avverrà nell’altro.
LA PSICOLOGIA MORALE NELLA RELIGIONE: CREARE UN PONTE TRA
INNATISMO E ACCULTURAZIONE

La religione è comunemente vista come la fonte della morale e dell’etica


umana , in quanto riguarda per lo più pratiche e idee relative a ciò che è
giusto e sbagliato.
Interessi simili li ha sempre avuti la filosofia , e più recentemente anche la
psicologia morale , le cui recenti ricerche hanno individuato l’insieme di
cinque fondamenti su cui si basa la morale umana ( Joseph , Haidt ).
La riflessione morale è parte integrante delle riflessioni religiose , di fatto
sembra che le religioni sfrutti e sia costruita su intuizioni e disposizioni
morali.
In realtà le cose sembrano il contrario: la riflessione religiosa non è l’unica
risorsa della morale , ma al contrario essa è il risultato culturalmente
evoluto della psicologia morale umana.
L’emozione è un fattore cruciale nel comportamento sociale umano ; essa
sembra essere guidata da ‘’priorità intuitive’’.
Modelli di relazione emozionale possono divenire ovviamente oggetto di
riflessione delle tradizioni religiose ( es. ‘’provare ad amministrare le emozioni
adeguate rispetto ad antenati e famiglia’’ ).
Tornando al lavoro di Haidt e Joseph , essi hanno individuato due
fondamenti psicologici universali:

1) Avere cura vs Fare del male , gli esseri umani hanno una tendenza radicata
a proteggersi e avere cura di se’ stessi.

2) Equità e giustizia , agli esseri umani non piacciono gli ‘’scrocconi’’ , coloro
che partecipano senza contribuire.

Questi due fondamenti sono visti come ‘’individualizzanti’’ , perché si


occupano del/proteggono l’individuo.
Vi sono poi altri tre fondamenti , definiti ‘’vincolanti’’ e che riguardano:

1) La lealtà interna al gruppo , il cosiddetto ‘’spirito di coalizione’’.


2) L’autorità e il rispetto , che derivano dalla gerarchia dei primati.
3) La purità e la santità , basate sull’emozione solo umana del disgusto.

Questi tre fondamenti danno risalto alla socialità e alla collettività , mentre
tutti e cinque insieme , costituiscono cinque fondamenti di etica intuitiva.
Una questione rilevante è rappresentata dal come questo tipo di questioni
morali innate funzionino insieme ai fattori sociali e culturali.
Il già citato David Hutchins ha sviluppato il concetto di ‘’cognizione
distribuita’’ in quanto nella sua visione la cognizione umana non è influenzata
solo da culture e società , ma costituisce un processo culturale e sociale.
Le culture sociali , culturali e religiose sono ‘’sistemi più ampi di un singolo
individuo’’ , per questo bisogna esplorare le proprietà cognitive di sistemi che
sono più ampi di un singolo individuo ( la cultura dunque , in senso
profondo , è costitutiva della mente ).

‘’SORVEGLIANZA’’ , OVVERO: ‘’DIO TI GUARDA’’

Religione , etica e morale sono sempre stare profondamente intrecciate: dei e


agenti sovrumani hanno sempre osservato attentamente il comportamento
degli uomini ; in questo senso religione , morale , etica e controllo sociale
vanno insieme.
Tanto nelle tradizioni religiose scritte, quanto in quelle analfabetizzate quanto
detto fino ad ora è evidente.
Esempio tradizione religiosa scritturale: ‘’inno vedico indiano dedicato al dio
Varuna , che controlla gli uomini , imprigionando con i suoi lacci i malvagi’’.
Esempio tradizione religiosa analfabetizzata: ‘’rituale Inuit ( dell’area della
Groenlandia ) di liberazione dei pesci dai capelli di Sedna , la Signora del
mare , che ha intrappolato tutti i pesci ( che sono liberati dallo sciamano , detto
Angakoq ) in quanto gli uomini si sono comportanti in modo non degno’’.
Nel caso del rituale Inuit è importante notare che lo sciamano riporti l’ordine
naturale attraverso il rituale ; più in generale bisogna invece notare che gli
esseri umani vivono grazie ad una morale.

I SISTEMI DI PURITÀ COME ISTITUZIONI RELIGIOSE

Nonostante sistemi e regole di purità abbiano grande importanza in tutte le


tradizioni religiose , le tematiche relative ad essi ricevono normalmente poche
attenzioni ( degni di nota sono i lavori di Mary Douglas e William Paden ).
Si è cercato di spiegare sistemi e le regole di purità definendoli come tentativi
di gestione delle risorse o tentativi di evitare germi e malattie , tuttavia
entrambe le interpretazioni sono da rifiutare.
Questo tipo di spiegazioni può trovare conferma in qualche caso particolare ,
tuttavia generalmente i sistemi sono non-razionali e largamente arbitrari.
Essi , venendo riprodotti di generazione in generazione ( si pensi al sistema
giudaico del kosher ) , divengono infine ‘’naturali’’ per il consumatore , anche
quando si tratta di regole intricate riguardo la gestione e l’utilizzo del proprio
corpo.
Le regole che ordinano il cibo e il corpo sono particolarmente facili da vedere,
tuttavia vi sono anche altre dimensioni che entrano in gioco , come osservato
dall’antropologo Arjun Appadurai.
Egli ha osservato come pratiche sociali , culturali e religiose siano connesse
anche alla dimensione del cibo , che dunque quasi mai è semplice
‘’alimentazione’’.
Esempio: ‘’in alcune culture solo le donne possono rendere commestibile il cibo’’.
I sistemi di purità agiscono indubbiamente soprattutto sul corpo umano , e
non a caso la costruzione del genere è stata , ed è , una preoccupazione
fondamentale per tutte le tradizioni religiose ( essa di fatto risulta antica
quanto il linguaggio e il simbolismo ).
In alcune tradizioni religiose , le concezioni dualiste relative al legame anima-
corpo si sviluppano attraverso pratiche di controllo sui bisogni del corpo:
‘’meno si ubbidisce al corpo , più la pratica diviene spirituale’’.
La via dell’ascetismo è considerata un segno di devozione fin dall’Antichità ;
da sempre alcune persone scelgono di adottare stili di vita molto semplici e
frugali al fine di raggiungere una consapevolezza spirituale maggiore ( c’è
dunque un rifiuto del materialismo ).
Lo storico delle religioni Gavin Flood ha osservato che l’ascetismo può essere
meglio compreso come ‘’interiorizzazione della tradizione’’.
Quella che Flood definisce come ‘’performance ascetica’’ funziona come una
forma di memoria per la tradizione , ma allo stesso tempo come uno
sradicamento della volontà individuale e un’affermazione della volontà di
essere un asceta.
Religioni , istituzioni religiose e tradizioni religiose sono , nella prospettiva
dell’ascetismo , disciplina.
L’ascetismo è dunque la prova del fatto che le istituzioni religiose sono anche
nei corpi , e che sono in grado di legare abilità , idee astratte e forme di
comportamento: ‘’gli esseri umani utilizzano le istituzioni religiose per
creare ordine, e regolare mondi, e nel fare questo regolano i propri se’ e le loro
vite’’.
7) LA RELIGIONE OGGI: MODERNITÀ , POSTMODERNITÀ E
SECOLARIZZAZIONE

Se nel mondo contemporaneo alcune tradizioni religiose sopravvivono dove e


come sono state presenti per lungo tempo , altre invece hanno subito
importanti transizioni o si sono estinte , alcune si sono esistente e ne sono
sorte delle nuove.
Globalizzazione , migrazione , sviluppo tecnologico-informatico e aumento
dell’alfabetizzazione hanno fortemente condizionato le forme e le espressioni
della religione.
In ogni caso bisogna però osservare che la religione non è sparita , come
invece avrebbero ipotizzato o sperato ( Feuerbach , Marx , Nietzsche , Freud ).
In alcuni luoghi essa sembra essere più o meno scomparsa , tuttavia si
dovrebbe parlare di un suo cambiamento.
Ovviamente risulta evidente che la religione si sia affievolita nel mondo
Occidentale , dove sembra aver perso la propria influenza sulle altre sfere
della vita ( economia e politica su tutte ).
Nel corso del secolo passato la secolarizzazione era l’ipotesi sociologica
dominante rispetto al declino della religione , e in effetti i processi di
secolarizzazione sono stati vigorosi in alcune parti del mondo , meno invece
in altre.
È ipotizzabile che gli sviluppi successivi saranno determinati dalla crescente
globalizzazione su scala mondiale , tuttavia bisogna limitarsi per ora a dire
che la secolarizzazione non ha vinto incondizionatamente.
Alcuni aspetti della vita sociale rimangono tutt’ora in stretta connessione con
la religione , come la famiglia , il cibo , la purità e la ‘’decenza’’ in generale:
‘’c’è più religione implicita nella cultura e nella società di quanto appaia a prima
vista’’.
Tornando al tema precedente , si deve osservare come i revival
fondamentalisti e tradizionalisti abbiano messo in crisi la validità della tesi
della secolarizzazione.
Max Weber aveva parlato di ‘’disincanto’’ a proposito del declino delle
visioni mitiche del mondo e del subentrare di spiegazioni scientifiche , un
tema che è stato trattato anche dallo storico delle religioni Robert Yelle.
Yelle ha constatato alcuni punti tipici del fenomeno della secolarizzazione ,
come il declino di particolari generi ( mito , magia ) , il declino di una visione
simbolica/allegorica del mondo a favore di una graduale ascesa di realismo ,
l’abbandono di una convinzione legata allo status naturale e anche il sorgere
di progetti scientifici per purificare il linguaggio.
Questo processo tuttavia sta cambiando in alcune modalità e in alcuni luoghi,
dove la nozione di ‘’re-incanto’’ , almeno rispetto al ruolo della religione nelle
sfere più intime dell’esistenza umana , come la ‘’spiritualità’’.
Tornando però ai decenni intorno al 1900 , la cosiddetta ‘’svolta moderna’’
( dove ‘’moderno’’ è un termine che vuole porsi come superamento della
tradizione ) aveva fatto sì che l’autorità religiosa non potesse spingersi oltre la
sfera personale/emotiva-esistenziale.
La conoscenza scientifica non necessitava più del vaglio dell’autorità
religiosa , né tanto meno gli affari politico-economici avevano più bisogno di
motivazioni religiose.
La religione è divenuta così un sistema a se’ , dotato di una certa autonomia e
immunità agli altri sistemi sociali , si è parlato di processo di
compartimentazione.
La religione è significativa per le persone in determinati momenti , come il
battesimo dei figli o il matrimonio ecclesiastico , ma non in tutti.
Paesi precedentemente votati al fondamentalismo luterano come la
Danimarca per esempio , ora guardano alla religione come ad un’esperienza
esistenziale , gli stessi teologi negano l’esistenza reale di paradiso e inferno ,
sostenendo che essi siano solo dei topoi.
Se tuttavia si guarda alle aree più povere del globo , la situazione è
completamente differente: si può dire dunque che ‘’dove c’è più welfare c’è meno
religione , dove c’è meno welfare c’è più religione’’.
Non a caso dunque in America Latina e in Africa le forme tradizionali di
cristianità si sono trasformate ed intensificate ; in altri casi invece è avvenuta
la diffusione di tradizioni che prima era ampiamente sconosciute ( un
fenomeno che ha prodotto talvolta veri e propri ‘’schock culturali’’ , come per
esempio l’arrivo di tradizioni musulmane in aree ex-coloniali ).
Molto importante in questi anni è stata l’attività dei movimenti missionari ,
specialmente quelli cristiani ; questi ultimi infatti sono riusciti , grazie alla
loro vigorosa sociabilità e al loro atteggiamento egualitario , hanno causato
l’affiliazione di 500 milioni di persone.

RELIGIONE E POLITICA

Le relazioni tra religione e politica restano tutt’ora un tema molto discusso


nei media odierni.
La religione viene frequentemente associata a violenza e terrorismo , ma
questa è ovviamente una rappresentazione di parte , prodotta in primo luogo
proprio dai media moderni.
Tuttavia è innegabile che religione e politica vanno mano nella mano in
molti luoghi e in molti modi.
In quanto a gestione cognitiva , emozionale e comportamentale , la religione
può essere utilizzata per qualsiasi scopo , sia esso buono o cattivo ( e questo è
qualcosa di constatabile storicamente ).
Nella storia , e in molte parti del mondo odierno , la religione è sempre stata
una risorsa politica e/o etnica: in Arabia Saudita per esempio , il ‘’Corano’’ è
la costituzione.
Per decenni , tra XIX e XX secolo , in molti paesi e società occidentali le
battaglie tra scienza , politica , educazione e religione sono state combattute
battaglie che hanno avuto come esito il raggiungimento di un’intesa per cui
ognuno si prende cura della propria sfera.
Questo ambito rimane comunque complesso , in quanto anche se la maggior
parte dei paesi abbia posto ( anche costituzionalmente ) come fondamento la
separazione fra Stato e Chiesa , molti politici continuano ad appellarsi alla
religione.
La creazione di miti permea il discorso politico , a tal punto che persino Fidel
Castro ha fatto uso di terminologia religiosa quando cercava di fare appello
alla popolazione.
La religione utilizzata in questo modo è stata chiamata ‘’religione civile’’ ,
nozione elaborata dal filosofo Jean-Jacques Rousseau ( 1712-1778 ) , che cercò
di individuare un sostituto laico per le funzioni religiose.
Lo stesso Durkheim , sulla scorta del lavoro di Rousseau , cercò di trovare
un’istituzione capace di sostituire la religione come ‘’collante sociale’’.
I sostituti secolari della religione possono essere molti , e fra tutti quello ad
oggi che sembra più convincente è il denaro ( come ipotizzabile in un mondo
così orientato al mercato ).
La maggior parte delle tradizioni religiose servono ( o sono servite ) come
marcatori di identità collettiva , e spesso anche di etnicità , con tutto ciò che
questo può significare in termini di appartenenza religiosa , quindi conflitti ,
violenze , guerre , radicalizzazione o terrorismo.
La costruzione di gruppi esterni e interni attraverso l’affiliazione religiosa e il
simbolismo è ed è stata diffusa , e la religione è molto probabilmente lo
strumento primario di formazione dell’etnicità.
Questo utilizzo , unito alla gestione del terrore come arma politica , ha come
causa principale l’emergere di quel senso di urgenza di difendere visioni del
mondo che conferiscono a questo ordine e stabilità.
Esperimenti sociali hanno inoltre dimostrato che i soggetti investiti da una
senso di mortalità ( memento mori ) divengono più vendicativi nei confronti
di coloro che sono indicati come criminali.
I gruppo religiosi che vivono in contesti di alta tensione e altro rischio ,
possono avere una propensione a sviluppare pensieri e comportamenti
violenti e radicali.
Come ha osservato Pascal Boyer: ‘’anche la violenza fondamentalista è un
tentativo di alzare la posta in gioco , di scoraggiare i potenziali disertori’’.
Il comportamento fondamentalista religioso-politico dunque , secondo
l’analisi di Boyer , non ha come fine ultimo solo quello di spaventare il
nemico , ma anche quello di disciplinare i propri ranghi.

NEW AGE , SPIRITUALITÀ E REINVENZIONE DELLE ‘’RELIGIONI SENZA


RELIGIONI’’

Tradizioni religiose e religiosità individuale possono incoraggiare


comportamenti benevoli , e non a caso molti guardano ad esse come risorse
per l’esistenza individuale.
La caratteristica dominante della religiosità e della spiritualità contemporanee
è che la credenza e il comportamento religioso sono oggi scelti molto più
liberamente dagli individui.
Le religioni istituzionali e organizzate , sembrano cedere il passo di fronte
all’emergere di queste nuove forme di spiritualità individualità.
Nelle società post-moderne è ormai evidente una tendenza alla ‘’religione fai
da te’’ , ovvero ad una forma di religiosità costruita assemblando visioni del
mondo provenienti da pezzi e parti disponibili ( un bricolage spirituale ).
Un esempio particolarmente celebre di questo tipo di religiosità è la
sheilaismo , da Sheila Laeson , una donna del New England che riunì un
gruppo di persone per le sue posizioni in materia religioso-spirituale.
La maggior differenza tra queste nuove forme di spiritualità e religiosa e la
religione convenzionale sta nel fatto che le prime si muovono come ‘’rete’’ e
non come ‘’gruppi’’, e quindi si tratta più di fenomeni cognitivi ed emozionali
che sociali.
L’individualismo sembra essere però l’impulso chiave nella maggior parte
delle nuove modalità di religiosità , un qualcosa che era stato intuito già nel
1967 dal sociologo Peter L. Berger.
La spiritualità si diffonde oggi come una ‘’epidemiologia delle
rappresentazioni’’: esoterismo , paganesimo e stregoneria hanno come
denominatore comune l’attitudine verso l’anti-conformismo.
Di grane valore nella maggior parte di questi nuovi contesti religiosi è anche
la soggettività , l’anti-razionalismo e un approccio contrario alla logica , con
gli ultimi due visti come appartenenti ad una tradizione vecchia e
opprimente.
Alcuni di questi nuovi movimenti sono moderni esempi del fatto che i sistemi
religiosi non sono ‘’continui’’ , ma piuttosto da concepirsi come conglomerati
e raggruppamenti di credenze e pratiche religiose.
Per quanto riguarda lo studio di queste pratiche risulta ancora in qualche
modo difficoltoso , in quanto la ricerca manca di integrità scientifica , come
hanno osservato da numerosi membri del mondo scientifico.
Molti studiosi ‘’insiders’’ creano spesso le loro fonti e di fatto non mostrano
abbastanza distacco critico dalle loro fonti , e si pongono più come dei custodi
che dei critici ( esattamente come i teologi nel passato ).

LA DISPERSIONE DI ‘’QUALCOSA DI RELIGIOSO’’ DOVE NON C’È


RELIGIONE
Esiste anche una gamma di fenomeni socioculturali nei quali vediamo la
dispersione di elementi e funzioni religiose tradizionali in ambiti di società
differenziate e separate tardo-moderne.
Pezzi , motivi e mitemi di narrative religiose , miti e cosmologie sono diffusi
nell’industria dell’intrattenimento: nei media , nella letteratura , nei film e
nella televisione e nei video-games.
Molti film sperano di attrarre pubblico presentando sesso audace e infedeltà ,
facendo leva su quel concetto ancora diffuso che ‘’i matrimoni sono fabbricati in
paradiso’’.
Anche gli sport possiedono un carattere ritualistico ; gli sportivi , e anche i
cantanti , divengono veri e propri eroi o idoli.
Laddove prima gli adolescenti venivano iniziati alle tradizioni tribali e
preparati a conseguire uno status per assumere responsabilità da adulti , essi
si trovano oggi sotto la costante influenza di meccanismi di mercato.
Gli adolescenti vengono introdotti ad uno stile di vita da consumatori , ma
senza dover superare particolari riti di iniziazione, ordalie ecc..
L’iniziazione in una società del consumo diventa dunque una confortevole
comodità , de-ritualizzata e invisibile , è semplicemente qualcosa che
potremmo dire va da se’ ; nondimeno il condizionamento psicologico e le
pressioni sociali restano.

COSA PORTERÀ IL FUTURO ?

Le religioni sono cambiate nel corso della storia , chiaramente , e a volte in


modo alquanto significativo , come nella già citata ‘’Età assiale’’ di cui ha
parlato il filosofo Karl Jaspers.
L’Età assiale , sviluppatasi intorno al primo millennio a.C. , avrebbe infatti
visto uno spostamento di interessi , all’interno di una serie di tradizioni
religiose e filosofiche , verso l’etica e la morale , dall’Antica Grecia e Israele
attraverso il continente euroasiatico , fino all’India e alla Cina.
Questo movimento fu accompagnato soprattutto dall’avvento
dell’alfabetizzazione , grazie alla quale fu possibile porre le basi delle
maggiori tradizioni scritturistiche della storia delle religioni.
Un diverso tipo di rivoluzione nel campo della religione ebbe luogo due
millenni e mezzo dopo con la Riforma protestante , che alcuni hanno
indicato come ‘’seconda Età assiale’’.
I motivi che rendono fondamentale la Riforma sono numerosi , tuttavia
alcuni emergono come fondamentali: l’adozione di nuove tecnologie , come
la stampa , l’utilizzo della lingua volgare e vernacolare come mezzo di
comunicazione religiosa , le misure politiche ed economiche che essa causò e
che limitarono l’influenza della Chiesa Cattolica.
Ad oggi invece non si può ancora parlare di una ‘’terza Età assiale’’ , per ora ci
si deve limitare ad osservare che i cambiamenti sono inevitabili , e questo
vale per le tradizioni religiose più solide , quanto per quelle più ‘’fluide’’.
Una nuova rivoluzione in ambito religioso potrebbe essere causata dalle
nuove tecnologie informatiche , che permetterebbero anche alle minoranze
per esempio di acquisire voce nel mondo.
Nel corso della storia le tradizioni religiose hanno rappresentato modi per
creare mondi e assicurare il comportamento pro-sociale ; ad oggi alcune di
queste funzioni sono svolte da altri istituzioni nella società , ma è comunque
improbabile che le tradizioni religiose spariranno.
Molto probabilmente esse cambieranno , e ci ritroveremo ad osservare
l’emergere di nuove composizioni di ‘’cose religiose’’.
8) UNA BREVE CONCLUSIONE

Jensen descrive il suo libro come una fenomenologia tipologica della


religione , ovvero un tentativo di identificare , descrivere , interpretare ,
spiegare e comprendere queste cose e le loro combinazioni.
La disciplina di cui Jensen si fa alfiere è la religione comparata , una materia
che era caduta in disgrazia nel corso del XX secolo , quando si pensava che
non fosse possibile trovare somiglianze di famiglia tra le varie religioni.
Jensen ha cercato di ridare linfa a questa linea teorica , andando anche a
pubblicare due lavori , un articolo nel 1993 e un libro nel 2003 , proprio sulla
necessità di un nuovo comparativismo.
Come già osservato da Durkheim , e ribadito anche da Ann Taves, le religioni
sono comparabili: ‘’esse hanno necessariamente elementi essenziali in comune’’.
Il libro di Jensen vuole dunque riproporre e giustificare un approccio che
guardi alle religioni come a cose ‘’fatte di mattoni’’ ( Ann Taves ) ; Jensen
parla di ‘’approccio componenziale’’.

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