Sei sulla pagina 1di 2

LA SINISTRA HEGELIANA E FEUERBACH

Dopo la morte di Hegel i discepoli continuarono a ispirare la cultura filosofia tedesca, dividendosi in due correnti:
vecchi hegeliani e giovani hegeliani. Nel 1837 Strauss designò queste due correnti con i termini: destra e sinistra
hegeliane.

Hegel riteneva che la filosofia e la religione esprimevano lo stesso contenuto in due forme diverse: la religione nella
forma della rappresentazione, mentre la filosofia nella forma del concetto. Da questo si sviluppano due ideologie:

1. la destra concepiva la filosofia come conservazione della religione. La destra hegeliana viene considerata una sorta
di scolastica dell’hegelismo, che usava la ragione hegeliana come fine di una giustificazione razionale delle credenze
religiose.

2. la sinistra concepiva la filosofia come distruzione della religione. Usano la filosofia come strumento di
contestazione razionale della religione.

Ma tale divisione ha significati anche politici, oltre che religiosi. La destra ritiene che lo stato è la rincarnazione di Dio
nel mondo, quindi è l’elemento più alto nella vita terrena. Le leggi dello stato sono giuste così come sono, quindi si ha
un atteggiamento giustificazionista e conservatore. La sinistra al contrario crede che lo stato deve essere sottoposto a
cambiamenti, bisogna portarlo oltre. Quindi la filosofia è vista come un progetto di trasformazione rivoluzionaria
delle istituzioni politiche.

FEUERBACH

La figura di maggiore spicco della sinistra hegeliana fu Ludwig Feuerbach, fondatore dell’ateismo filosofico
ottocentesco. Nasce il 28 luglio 1804 in Baviera e muore nel 1872. Fu un allievo di Hegel a Berlino. Se fu inizialmente
un sostenitore dell’hegelismo, successivamente se ne distacca anche con lo scritto: “Critica della filosofia hegeliana”. La
sua opera fondamentale è “l’essenza del cristianesimo” (1841) e “l’essenza della religione” (1845).

La filosofia di Feuerbach parte dalla necessità di cogliere l’essere umano e la realtà nella loro concretezza, basandosi su
una critica radicale dell’atteggiamento idealistico. Tale atteggiamento rappresenta uno stravolgimento dei rapporti tra
soggetto e predicato, tra concreto e astratto. Infatti il pensiero nell’idealismo si configura come il soggetto originario, di
cui l’essere è il predicato. Ciò che il filosofo critica dell’idealismo è fare del concreto (natura, uomo…) un predicato o
un attributo (pensiero, spirito) dell’astratto.

L’idealismo offre una visione rovesciata delle cose: ciò che nella realtà viene prima (il concreto) figura come ciò che
viene dopo, e viceversa. Da questo ha origine il programma feuerbachiano di un’inversione radicale dei rapporti tra
soggetto e predicato instaurati dall’idealismo.

Per il filosofo non è dio, quindi l’astratto, ad aver creato l’uomo, ma l’uomo ad aver creato dio. Infatti dio è solo una
proiezione illusoria di alcune qualità umane, soprattutto di quelle perfezioni caratteristiche dell’uomo quali la
ragione, la volontà e il cuore.

Quindi la teologia in realtà coincide con l’antropologia essendo una disciplina che mentre si illude di parlare di dio, in
realtà parla dell’uomo. Quindi la religione viene definita antropologia capovolta. per spiegare come nasce nell’uomo
l’idea di dio, il filosofo dice che la figura di dio deriva dalla consapevolezza dell’uomo di esistere anche come specie e
quindi di essere, come specie appunto, infinito e onnipotente. Quindi dio è solo una personificazione immaginaria
delle qualità positive della specie umana. Ma Feuerbach individua l’origine di dio anche nell’opposizione umana tra
volere e potere che porta l’uomo a costruirsi l’immagine di una divinità in cui tutti i suoi desideri sono realizzati. I greci
ad esempio avevano divinità limitate perché i loro desideri erano limitati, mentre i desideri dei cristiani sono illimitati,
perciò la loro divinità è infinita e onnipotente.

Qualunque sia l’origine della religione, per il filosofo è una forma di alienazione: uno stato patologico in cui l’essere
umano, scindendosi da sé, proietta al di fuori di se la propria essenza trasformandola in una potenza superiore,
ovvero dio, alla quale si sottomette, anche in modo umiliante e crudele. Ma se la religione è frutto di
un’oggettivazione alienata e alienante, attraverso la quale l’uomo più pone in dio più leva a sé stesso, l’ateismo è
dunque un dovere morale.
Non si può più affermare che dio(soggetto) è sapienza, volontà e amore(predicato), ma si deve dire che la sapienza, la
volontà e l’amore che sono soggetto, sono divini(predicato). Il compito della filosofia non è risolvere l’essere umano
in dio, ma porre l’infinito nel finito e quindi risolvere dio nell’essere umano.

Essendo la religione un’antropologia capovolta, l’hegelismo è una teologia mascherata, razionalizzata, ovvero la
traduzione in chiave speculativa della teologia dell’occidente. Lo spirito di Hegel è come un fantasma di noi stessi, cioè
il frutto di un’astrazione alienante. Inoltre essendo che Feuerbach l’hegelismo rappresenta il compimento della
filosofia moderna, la critica a Hegel equivale alla fondazione di una nuova filosofia incentrata sull’essere umano.

Questa nuova filosofia viene definita come la filosofia dell’avvenire e ha la forma di un umanismo naturalistico:
umanismo perché fa dell’uomo lo scopo del discorso filosofico e naturalistico perché fa della natura la realtà primaria
da cui tutto dipende.

Il nucleo dell’umanismo naturalistico è il rifiuto di considerare l’individuo come astratta spiritualità per concepirlo
come un essere che vive con dei bisogni da cui è dipendente. Per il filosofo la sensibilità ha una valenza pratica, come
dimostra il suo legame con l’amore: passione fondamentale che fa tutt’uno con la vita. L’amore ci apre verso il mondo.
Ammettere che l’uomo è bisogno, sensibilità e amore, equivale a dire che l’uomo ha bisogno degli altri: l’io non può
stare senza il tu. Da ciò ne deriva il comunismo filosofico, cioè la dottrina dell’essenza sociale dell’uomo.

È evidente l’amore del filosofo verso l’umanità. Si sviluppa una forma di filosofia definita filantropia: dall’amore per
dio, si passa all’amore per l’uomo, dalla fede in dio a quella nell’uomo, dalla trascendenza all’immanenza.

Feuerbach si muove nel materialismo illuministico al quale conferisce una curvatura antropologica, essendo che da
all’essere umano una collocazione nel mondo. Egli crede che l’uomo si distingue dalle altre creature per la sua
sensibilità e che i sentimenti, nonostante abbiano una radice fisica nei fenomeni corporei, non si possano ridurre alla
sola manifestazione fenomenica.

Per Feuerbach “l’uomo è ciò che mangia” affermazione attraverso cui il filosofo ritiene che ci sia unità psico-fisica
nell’individuo e che per migliorare le condizioni spirituali di un popolo, bisogna intanto migliorarne le condizioni
materiali, partendo dall’alimentazione.

Potrebbero piacerti anche