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HEGEL E LIDEALISMO ASSOLUTO

questi appunti riproducono sostanzialmente il capitolo su Hegel del manuale di filosofia Abbagnano/Fornero, Protagonisti e testi della filosofia: sono stati apportati alcuni tagli di parti marginali, e inserite alcune parti (estratte da altri testi, di Trombino e di Reale/Antiseri) per spiegare meglio alcuni punti difficili.
Opere principali da ricordare: Fra gli scritti giovanili (1793-1800): Lo spirito del Cristianesimo e il suo destino La prima espressione della filosofia matura di Hegel: La fenomenologia dello Spirito (1807) Grandi opere sistematiche: La scienza della logica (1812-1816), LEnciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817), Lineamenti di filosofia del diritto (1821) Lezioni tenute da Hegel allUniversit di Berlino, trascritte e pubblicate dai suoi discepoli dopo la sua morte: Lezioni di filosofia della storia , Estetica , Lezioni di filosofia della religione , Lezioni sulla storia della filosofia .

3. Il giovane Hegel
Gli scritti giovanili comprendono le opere scritte dal 1793 al 1800 . Essi rimasero inediti per tutto lOttocento. In questi scritti largomento dominante teologico, ma molto netta la connessione con la politica. Hegel studia infatti un tema profondamente connesso con la rivoluzione francese, della quale in Germania arrivano echi sempre pi intensi (e che suscita in Hegel grande entusiasmo): il tema della rigenerazione morale e religiosa delluomo come fondamento della sua rigenerazione politica. Perch laspirazione dei popoli ad una vita migliore, alla libert e alleguaglianza possa realizzarsi, occorre una nuova forma di religione, vissuta come comunanza dei cuori, che permetta a ciascuno dei cittadini di partecipare con la propria vita interiore alla vita dello Spirito di Dio e di riconoscere nella vita interiore del suo vicino il riflesso dellunica vita di Dio Lopera pi importante del periodo giovanile Lo spirito del cristianesimo e il suo destino; in questopera viene attuato un confronto (a partire dalla riflessione filosofica sulla Bibbia e sulla mitologia greca) tra la religiosit ebraica e quella greca. Lantitesi tra la religiosit ebraica e quella greca si rende manifesta, secondo Hegel, nel racconto biblico del diluvio universale e nellanalogo mito greco di Deucalione e Pirra. Gli Ebrei, dice Hegel, hanno reagito al diluvio ancorando la salvezza dalla natura, che li minaccia di morte, alla fede nella potenza del loro Dio. Il diluvio letto dagli ebrei come un tradimento della natura nei confronti dei suoi figli; Dio pensato come il Signore estraneo alla natura a cui essa, come ogni cosa, sottomessa . Gli Ebrei hanno dunque pensato Dio contrapponendolo alla natura: Egli tutto, la natura e luomo sono niente ( il Dio personale ebraico, per Hegel, solamente un pensato, cio qualcosa di costruito dallintelletto). Per questo motivo gli ebrei hanno scelto di vivere in inimicizia con la natura e in ostilit con gli altri uomini; essi infatti ripongono la salvezza nel loro lontano Dio trascendente, di cui sono il popolo eletto. E il loro Dio geloso: esige una fedelt esclusiva, non permette nessun rapporto con altri dei e, di conseguenza, con altri popoli. Ma lostilit degli ebrei verso la natura e verso i popoli stranieri lacera la profonda unit di vita che lega tutti i viventi, e la vita offesa, lacerata, si vendica, condannando gli ebrei allinfelicit. Hegel parte qui dallidea che la vita sia unica: pertanto una posizione ostile verso la natura e verso altri popoli (come quella degli ebrei) una posizione ostile verso la vita stessa (gli ebrei, odiando gli altri popoli, offendono e lacerano la propria stessa vita). I greci invece hanno vissuto il loro rapporto con la natura in spirito di bellezza, godendo cio di un sereno accordo con essa (la loro morale in accordo con i loro desideri, i loro dei sono immersi nella natura, espressione delle stesse forze naturali e cos via). Nel mito greco, dopo la distruzione del genere umano, Deucalione e Pirra non hanno reagito come No, ma hanno sottoscritto un nuovo patto di fiducia nei confronti della natura e della vita. I greci non hanno creato alcuna scissione tra s e lunica vita del tutto. Hegel studia quindi la figura di Ges, che ha rifiutato la scelta del suo popolo e ha predicato la legge dellamore, cio del superamento dellostilit in nome della profonda unit di vita che lega tutti i viventi. La figura di Ges quindi, secondo Hegel, pi vicina al mondo greco che a quello ebraico. Tuttavia Ges stato sconfitto, perch stato ucciso dal suo popolo, ma soprattutto perch il suo messaggio di amore stato tradito dai suoi seguaci, che hanno fondato le Chiese cristiane riproponendo il Dio trascendente degli ebrei e tutto il loro spirito di separazione e di inimicizia. Daltra parte anche lo spirito di bellezza del mondo greco stato superato da nuove esperienze della civilt occidentale. Occorre dunque una nuova religione, fondata sul messaggio originale, autentico di Ges, cio sullamore, sullunit di vita dei viventi

OSSERVAZIONI: Si noti che il problema che posto da Hegel il problema del Romanticismo, il problema del rapporto finito-infinito, o, in altri termini, il problema di ritrovare larmonia perduta tra luomo e il tutto dopo lepoca felice dellantichit greca. I mezzi per ristabilire larmonia variano, ma lideale comune a tutti i romantici, e anche a Hegel. (Per esempio, il compagno di studi di Hegel, Friedrich Holderlin, lo vagheggi nella sua poesia e nel romanzo Iperione assegnando al poeta romantico il compito di guidare il suo popolo verso una forma di vita altrettanto armonica della vita greca) Hegel negli scritti teologici giovanili indic come mezzo una religione rinnovata, fondata sullamore vissuto e predicato da Ges (e poi tradito dalle chiese cristiane). Successivamente la religione e lamore come mezzi per il ritrovamento dellarmonia verranno sostituiti dalla filosofia e dalla ragione.

4. I CAPISALDI DEL SISTEMA


Per poter seguire proficuamente lo svolgimento del pensiero di Hegel risulta indispensabile aver chiare, sin dallinizio, le tesi di fondo del suo idealismo: a) la risoluzione del finito nellinfinito; b) lidentit fra ragione e realt; c) la funzione giustificatrice della filosofia.

a) Finito e infinito
Con la prima tesi Hegel intende dire che la realt non un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ci che esiste parte o manifestazione. Tale organismo, non avendo nulla al di fuori di s e rappresentando la ragion dessere di ogni realt, coincide con lAssoluto e con lInfinito, mentre i vari enti del mondo, essendo manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Di conseguenza, il finito, come tale, non esiste, perch ci che noi chiamiamo finito nientaltro che unespressione parziale dellInfinito. Infatti, come la parte non pu esistere se non in connessione con il Tutto, in rapporto al quale soltanto ha vita e senso, cos il finito esiste unicamente nellinfinito e in virt dellinfinito. Detto altrimenti: il finito, in quanto reale, non tale, ma lo stesso infinito. Lhegelismo si configura quindi come una forma di monismo panteistico: vale a dire teoria la quale esiste ununica realt divina (monismo) di cui il mondo visibile costituisce la realizzazione o la manifestazione. (nella concezione cristiana invece Dio trascendente,c una distinzione ontologica fra il Creatore e il mondo creato). Tuttavia il panteismo di Hegel si differenzia da quello moderno (di Giordano Bruno e di Spinoza) perch per Bruno e per Spinoza lAssoluto una Sostanza statica che coincide con la Natura, per lidealista Hegel invece lAsssoluto si identifica con un Soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ci che esiste un momento o una tappa di realizzazione. Infatti, dire che la realt non Sostanza, ma Soggetto, significa dire, secondo Hegel, che essa non qualcosa di immutabile e di gi dato, ma un processo di auto-produzione che soltanto alla fine, cio con luomo (= lo Spirito), giunge a rivelarsi per quello che veramente: Il vero - scrive Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito - lintero. Ma lintero soltanto lessenza che si completa mediante il suo sviluppo. DellAssoluto devesi dire che esso essenzialmente Risultato, che solo alla fine ci che in verit ...

b) Ragione e realt
Il Soggetto spirituale infinito che sta alla base della realt viene denominato da Hegel con il termine di Idea o di Ragione, intendendo con queste espressioni lidentit di pensiero ed essere, o meglio, di ragione e realt. Da ci il noto aforisma, contenuto nella Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto, in cui si riassume il senso stesso dellhegelismo: Ci che razionale reale; e ci che reale razionale. Con la prima parte della formula, Hegel intende dire che la razionalit non pura idealit, astrazione, schema, dover-essere, ma la forma stessa di ci che esiste, poich la ragione governa il mondo e lo costituisce. Viceversa, con la seconda parte della formula, Hegel intende affermare che la realt non una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale (lIdea o la Ragione) che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo consapevole nelluomo. Per cui, con il suo aforisma, Hegel non esprime la semplice possibilit che la realt sia penetrata o intesa dalla ragione, ma la necessaria, totale e sostanziale identit di realt e ragione. Tale identit implica anche lidentit fra essere e dover-essere, in quanto ci che risulta anche ci che razionalmente deve essere. Tant vero che le opere di Hegel sono costellate di osservazioni piene di ironia e di scherno a proposito dell astratto e moralistico dover-essere che non , dellideale che non reale. E tutte quante insistono sul fatto che il mondo, in quanto , e cos com, razionalit dispiegata, ovvero ragione reale e realt razionale - che si manifesta attraverso una serie di momenti necessari che non possono essere diversi da come sono. Infatti, da qualsiasi punto di vista guardiamo il mondo, troviamo ovunque, secondo Hegel, una rete di connessioni necessarie e di passaggi obbligati che costituiscono larticolazione vivente dellunica Idea o Ragione. In altri termini, Hegel, secondo uno schema tipico della filosofia romantica, ritiene che la realt costituisca una totalit processuale necessaria, formata da una serie ascendente di gradi o momenti, che rappresentano, ognuno, il risultato di quelli precedenti ed il presupposto di quelli seguenti.

c) La funzione della filosofia

Coerentemente con il suo orizzonte teorico, fondato sulle categorie di totalit e di necessit, Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realt e nel comprendere le strutture razionali che la costituiscono: Comprendere ci che il compito della filosofia, poich ci che la ragione. A dire come devessere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi; giacch sopraggiunge quando la realt ha compiuto il suo processo di formazione. Essa, afferma Hegel con un paragone famoso, come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo, cio quando la realt gi belle fatta. La filosofia deve dunque mantenersi in pace con la realt e rinunciare alla pretesa assurda di determinarla e guidarla. Deve soltanto portare nella forma del pensiero, cio elaborare in concetti, il contenuto reale che lesperienza le offre, dimostrandone, con la riflessione, lintrinseca razionalit. Questi chiarimenti delineano il tratto essenziale della filosofia e della personalit di Hegel. Lautentico compito che Hegel ha inteso attribuire alla filosofia (e ha cercato di realizzare con la sua filosofia) la giustificazione razionale della realt, della presenzialit, del fatto. Questo compito egli lha affrontato con maggiore energia proprio l dove esso sembra pi rischioso: cio nei confronti della realt politica, dello Stato (infatti pu sembrare ovvio che il mondo naturale sia razionale, in quanto regolato da leggi necessarie, mentre pi difficile riconoscere che qualsiasi costruzione storica delluomo sia lespressione di una necessit razionale, e che quindi debba essere accettata cos com)

d) il dibattito critico intorno al giustificazionismo hegeliano


Hegel in un passo dellEnciclopedia ha precisato che la sua filosofia non pu essere scambiata per una banale accettazione della realt in tutti i suoi aspetti, perch non vanno inclusi nel concetto di realt gli aspetti superficiali e accidentali dellesistenza (ma come possa esistere laccidentale in una realt razionale e necessaria resta oscuro). A partire da questa precisazione taluni critici hanno negato il carattere giustificazionista della filosofia hegeliana: un filone interpretativo che va da Engels a Marcuse (pensatori della sinistra rivoluzionaria), pur ammettendo gli aspetti conservatori del pensiero hegeliano, ha tuttavia cercato di mostrare come esso possa venir letto in modo dinamico e rivoluzionario. Infatti secondo tali autori laforisma di Hegel significherebbe in sostanza che il reale destinato a coincidere con il razionale, mentre lirrazionale destinato a perire (si tratterebbe insomma dellaffermazione di un progresso necessario). Ora, questa lettura di Hegel rappresenta, pi che uninterpretazione, una correzione di Hegel alla luce degli ideali rivoluzionari dei suoi autori. In conclusione ci sembra che i testi di Hegel documentino in modo chiaro e inequivocabile il suo atteggiamento fondamentalmente giustificazionista nei confronti della realt.

5. Idea, Natura e Spirito.

Le parti della filosofia

Hegel ritiene che il farsi dinamico dellAssoluto passi attraverso i tre momenti dellIdea in s e per s (tesi), dellIdea fuori di s (antitesi) e dellIdea che ritorna in s (sintesi). Tant vero che il disegno complessivo dell'Enciclopedia hegeliana quello di una grande triade dialettica. LIdea in s e per s o Idea pura lIdea considerata in se stessa, a prescindere dalla sua concreta realizzazione nel mondo. Da questo angolo prospettico, lIdea, secondo un noto paragone teologico di Hegel, assimilabile a Dio prima della creazione della natura e di uno spirito finito, ovvero, in termini meno equivocanti (visto che l'Assoluto hegeliano un infinito immanente, che non crea il mondo, ma il mondo) al programma o allossatura logico-razionale della realt. LIdea fuori di s o Idea nel suo esser altro la Natura, cio lestrinsecazione o lalienazione dellIdea nelle realt spazio-temporali del mondo. LIdea che ritorna in s lo Spirito, cio lIdea che dopo essersi fatta natura torna presso di s nelluomo. Ovviamente, questa triade non da intendersi in senso cronologico, come se prima ci fosse lIdea in s e per s, poi la Natura e infine lo Spirito, ma in senso ideale. Infatti ci che concretamente esiste nella realt lo Spirito (la sintesi), il quale ha come sua coeterna condizione la Natura (lantitesi) e come suo coeterno presupposto il programma logico rappresentato dallIdea pura (la tesi). A questi tre momenti strutturali dell'Assoluto Hegel fa corrispondere le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico: 1) la logica, che la scienza dellIdea in s e per s, cio dellIdea considerata nel suo essere implicito (= in s) e nel suo graduale esplicarsi (= per s), ma a prescindere, come si visto, dalla sua concreta realizzazione nella natura e nello spirito; 2) la filosofia della natura, che la scienza dellIdea nel suo alienarsi da s; 3) la filosofia dello spirito, che la scienza dellIdea, che dal suo alienamento ritorna in s. Ecco un primo schema generale (cui seguiranno altri pi analitici): 1. dottrina dell'essere

Logica 2. dottrina dell'essenza


3. dottrina del concetto 1. soggettivo

Filosofia della natura


a) antropologia b) fenomenologia c) psicologia a) diritto

1. meccanica 2. fisica 3. organica

Filosofia dello Spirito

2. oggettivo

3. assoluto

b) moralit c) eticit a) arte b) religione c) filosofia

6. La Dialettica
Come si visto, l'Assoluto, per Hegel, fondamentalmente divenire. La legge che regola tale divenire la dialettica, che rappresenta, al tempo stesso, la legge (ontologica) di sviluppo della realt e la legge (logica) di comprensione della realt. Hegel non ha offerto, della dialettica, una teoria sistematica, limitandosi, per lo pi, ad utilizzarla nei vari settori della filosofia. Ci non esclude la possibilit di fissare qualche tratto generale di essa. Nel par. 79 dell'Enciclopedia Hegel distingue tre momenti o aspetti del pensiero: a) l'astratto o intellettuale; b) il dialettico o negativo-razionale; c) lo speculativo o positivo-razionale. Il momento astratto o intellettuale consiste nel concepire lesistente sotto forma di una molteplicit di determinazioni statiche e separate le une dalle altre. In altri termini, il momento intellettuale (che il grado pi basso della ragione) quello per cui il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realt, limitandosi a considerarle nelle loro differenze reciproche e secondo il principio di identit e di non-contraddizione (secondo cui ogni cosa se stessa ed assolutamente diversa dalle altre). Il momento dialettico o negativo-razionale consiste nel mostrare come le sopraccitate determinazioni siano unilaterali ed esigano di essere messe in movimento, ovvero di essere relazionate con altre determinazioni. Infatti, poich ogni affermazione sottintende una negazione, in quanto per specificare ci che una cosa bisogna implicitamente chiarire ci che essa non , risulta indispensabile procedere oltre il principio di identit e mettere in rapporto le varie determinazioni con le determinazioni opposte (ad es. il concetto di uno, non appena venga smosso dalla sua astratta rigidezza, richiama quello di molti e manifesta uno stretto legame con esso. E cos dicasi di ogni altro concetto: il particolare richiama luniversale, luguale il disuguale, il bene il male ecc.). Il terzo momento, quello speculativo o positivo-razionale, consiste invece nel cogliere lunit delle determinazioni opposte, ossia nel rendersi conto che tali determinazioni sono aspetti unilaterali di una realt pi alta che li ri-comprende o sintetizza entrambi (ad es. si scopre che la realt vera non n lunit in astratto n la molteplicit in astratto, bens ununit che vive solo attraverso la molteplicit). Globalmente e sinteticamente considerata, la dialettica consiste quindi: 1) nellaffermazione o posizione di un concetto astratto e limitato, che funge da tesi; 2) nella negazione di questo concetto come alcunch di limitato o di finito e nel passaggio ad un concetto opposto, che funge da antitesi; 3) nella unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi positiva comprensiva di entrambe. Sintesi che si configura come una ri-affermazione potenziata dellaffermazione iniziale (tesi), ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia (antitesi). Riaffermazione che Hegel focalizza con il termine tecnico di Aufhebung il quale esprime lidea di un superamento che , al tempo stesso, un togliere (lopposizione fra tesi ed antitesi) ed un conservare (la verit della tesi, dellantitesi e della loro lotta).

6.1 Puntualizzazioni circa la dialettica


l) Come si pu notare, la dialettica non comprende soltanto il secondo momento (quello che Hegel chiama dialettico in senso stretto) ma la totalit dei tre momenti elencati. 2) La dialettica non fa che illustrare il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la risoluzione del finito nellinfinito. Infatti essa ci mostra come ogni finito, cio ogni spicchio di realt, non possa esistere in se stesso (poich in tal caso sarebbe un Assoluto, ovvero un infinito autosufficiente) ma solo in un contesto di rapporti. Infatti, per porre se stesso il finito obbligato ad opporsi a qualcosaltro, cio ad entrare in quella trama di relazioni che forma la realt e che coincide con il tutto infinito di cui esso parte o manifestazione. E poich il tutto di cui parla Hegel, ovvero lIdea, una entit dinamica, la dialettica esprime appunto il processo mediante cui le varie parti o determinazioni della realt perdono la loro rigidezza, si fluidificano e diventano momenti di unIdea unica ed infinita. Detto altrimenti, la dialettica rappresenta la crisi del finito e la sua risoluzione necessaria nellinfinito: ogni finito ha questo di proprio, che sopprime se medesimo. La dialettica forma, dunque, lanima motrice del progresso scientifico... in essa, soprattutto la vera, e non estrinseca elevazione sul finito . 3) La dialettica ha un significato globalmente ottimistico, poich essa ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare i conflitti, ridurre ogni cosa allordine e alla perfezione del Tutto. Molteplicit, opposizione, conflitto sono senza dubbio reali secondo Hegel, ma solo come momenti di passaggio. In altri termini, il negativo, per Hegel, sussiste solo come un momento del farsi del positivo e la tragedia, nella sua filosofia, solo laspetto superficiale e transeunte di una sostanziale commedia (nel senso letterale di vicenda avente un epilogo positivo).

4) Appurato che pensare dialetticamente significa pensare la realt come una totalit processuale che procede secondo lo schema triadico di tesi, antitesi e sintesi, ci si pu chiedere se la dialettica hegeliana sia a sintesi aperta o a sintesi chiusa. Infatti, poich ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di unaltra antitesi, cui succede unulteriore sintesi e cos via, sembrerebbe, a prima vista, che la dialettica esprima un processo costitutivamente aperto. In verit, Hegel pensa che in tal caso si avrebbe il trionfo della cattiva infinit ossia un processo che, spostando indefinitamente la meta da raggiungere, toglierebbe allo spirito il pieno possesso di se medesimo. Di conseguenza, egli opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cio per una dialettica che ha un ben preciso punto di arrivo: Mentre nei gradi intermedi della dialettica prevale la rappresentazione della spirale, nella visione complessiva e finale del sistema prevale la rappresentazione del circolo chiuso, che soffoca la vita dello spirito, dando al suo progresso un termine, al di l del quale ogni attivit creatrice si annulla, perch, avendo lo spirito realizzato pienamente se stesso, non gli resta che ripercorrere il cammino gi fatto... Limpetuosa corrente sfocia in uno stagnante mare, e nellimmobile specchio trema la vena delle acque che vi affluiscono ... (Guido De Ruggiero). 5) E in effetti, tutti i filosofi che si sono rifatti in qualche modo allhegelismo (da Engels a Croce e ai neomarxisti) hanno criticato l'idea di uno stagnante epilogo della storia del mondo, recuperando invece lidea di un processo che risulta costitutivamente aperto. Inoltre, pi che sul momento della conciliazione o sintesi, tali filosofi hanno insistito sul momento dell opposizione e della contraddizione , ossia su ci che Hegel, nella Fenomenologia, chiama il travaglio del negativo.

7. La critica alle filosofie precedenti


Dopo aver definito in positivo i capisaldi dellhegelismo, venuto il momento di illustrarli in negativo, ossia di vedere a quali filosofie esso storicamente si contrapponga.

a) Hegel e gli illuministi


La filosofia di Hegel implica un oggettivo rifiuto della maniera illuministica di rapportarsi al mondo. Infatti gli illuministi, facendo dellintelletto il giudice della storia, sono costretti a ritenere che il reale non razionale, dimenticando cos che la vera ragione (= lo Spirito) proprio quella che prende corpo nella storia ed abita in tutti i momenti di essa. Invece la ragione degli illuministi esprime solo le esigenze e le aspirazioni degli individui: una ragione finita e parziale, ovvero un intelletto astratto, che pretende di dare lezione alla realt e alla storia, stabilendo come dovrebbe essere e non , mentre la realt sempre necessariamente ci che deve essere. (...)

b) Hegel e Kant
Kant aveva voluto costruire una filosofia del finito, e lantitesi fra il fenomeno e il noumeno, fra il dover essere e lessere, tra la ragione e la realt, fa parte integrante di una tale filosofia. Nel campo conoscitivo luomo limitato alla sfera dei fenomeni, le idee della ragione sono soltanto ideali regolativi, che spingono la ricerca scientifica allinfinito, verso una compiutezza che essa non pu raggiungere mai. Anche nel dominio morale, la santit, cio la perfetta conformit della volont alla legge della ragione, il termine di un progresso allinfinito. In una parola, lessere non si adegua mai al dover essere, la realt alla razionalit. Secondo Hegel, invece, questa adeguazione in ogni caso possibile e necessaria (tutta la filosofia di Hegel costituisce una mediazione tra finito e infinito, cio un metodo per accedere, sia razionalmente sia moralmente, allAssoluto). A Kant Hegel rimprovera anche la pretesa di voler indagare la facolt di conoscere prima di procedere a conoscere: pretesa che egli assimila allassurdo proposito di imparare a nuotare prima di entrare nellacqua.

c)Hegel e i romantici
Il dissenso di Hegel nei confronti dei romantici verte essenzialmente su due punti. In primo luogo Hegel contesta il primato del sentimento, dellarte o della fede, sostenendo che la filosofia, in quanto scienza dellAssoluto, non pu che essere una forma di sapere mediato e razionale. In secondo luogo, Hegel contesta gli atteggiamenti individualistici dei romantici (o, per meglio dire, di una parte dei romantici), affermando che lintellettuale non deve narcisisticamente ripiegarsi sul proprio io, ma tener docchio soprattutto loggettivo corso del mondo, cercando dintegrarsi nelle istituzioni socio-politiche del proprio tempo. In realt Hegel, pur non rientrando nella scuola romantica in senso stretto, risulta profondamente partecipe del clima culturale romantico, del quale oltre a numerosi motivi particolari (il concetto della creativit dello Spirito, dello sviluppo provvidenziale della storia, della spiritualit incosciente della natura ecc.) condivide soprattutto il tema dellinfinito, anche se ritiene che ad esso si acceda speculativamente e non attraverso vie immediate.

d) Hegel e Fichte
(...) Hegel accusa Fichte di aver ridotto linfinito a semplice meta ideale dellio finito. Ma in tal modo il finito, per adeguarsi allinfinito e ricongiungersi con esso, lanciato in un progresso allinfinito che non raggiunge mai il suo termine. Ora questo progresso allinfinito , secondo Hegel, il falso o cattivo infinito o linfinito negativo; non supera veramente il finito perch lo fa continuamente risorgere, ed esprime soltanto lesigenza astratta del suo superamento. Di conseguenza, Fichte si troverebbe ancora, dal punto di vista di Hegel, in una filosofia incapace di attingere quella piena coincidenza tra finito e infinito, razionale e reale, essere e dover-essere, che costituisce la sostanza dellidealismo.

8. La Fenomenologia dello Spirito


La Fenomenologia dello Spirito (1807) la prima opera in cui Hegel espone il suo pensiero maturo, quel pensiero di cui abbiamo gi presentato i fondamenti e il metodo (vedi sopra: i capisaldi del sistema e la dialettica). Il termine Fenomenologia (dalla parola greca phainomenon = ci che si manifesta, che appare) significa Studio delle manifestazioni dello Spirito. (Si tenga presente che il termine fenomeno in Hegel non comporta una distinzione kantiana tra apparenza e cosa in s inconoscibile: infatti posta lidentit tra pensiero e essere, tra ragione e realt, nulla pu sfuggire alla coscienza). Nella Fenomenologia dello Spirito Hegel vuol descrivere il percorso della coscienza verso il sapere assoluto, vale a dire litinerario dalla coscienza comune alla piena coscienza filosofica. La coscienza comune la coscienza delluomo che vede il mondo come un insieme di oggetti e soggetti indipendenti gli uni dagli altri senza rendersi conto che il mondo costituisce ununit e che anche la differenza tra il soggetto cosciente e le cose va compresa allinterno dellunit razionale dellAssoluto. La coscienza filosofica invece quella che vede le cose e gli eventi come la frammentaria manifestazione del Tutto, e considera una semplice illusione la possibilit di identificarle separatamente. Alla coscienza comune il mondo appare come un arcipelago composto da moltissime isole - gli uomini, gli oggetti, gli eventi - separate le une dalle altre. La coscienza filosofica scopre invece che le isole sono le cime di monti sottomarini, che formano ununica catena montuosa che si eleva dal fondo del mare. Allo sguardo del filosofo dietro la differenza compare la comune radice di ogni essere 1. Litinerario dalla coscienza comune alla coscienza filosofica segnato da una serie di tappe (che Hegel chiama figure) che costituiscono fasi della storia dellumanit, fasi che il singolo individuo deve ripercorrere (per elevarsi alla coscienza filosofica, al punto di vista dellassoluto). Ma queste tappe sono anche manifestazioni dellassoluto perch, come abbiamo gi detto, tutti gli eventi della storia non sono altro che momenti necessari del divenire dellassoluto, della totalit infinita. Quindi la fenomenologia descrive la via che conduce lindividuo al sapere assoluto (in questo senso la Fenomenologia dello Spirito pu essere intesa come un BildungsRoman: un romanzo di formazione, nel quale il protagonista, attraverso il duro tirocinio di unesperienza sofferta, supera le originarie convinzioni e giunge alla verit), ma descrive anche, e soprattutto, la via attraverso la quale lAssoluto stesso giunge allautocoscienza (lAssoluto si autoconosce attraverso il filosofo) La Fenomenologia dello Spirito costituita da 6 tappe fondamentali: COSCIENZA AUTOCOSCIENZA RAGIONE SPIRITO RELIGIONE SAPERE ASSOLUTO Le prime tre tappe descrivono linnalzamento dalla coscienza individuale finita alla ragione come consapevolezza filosofica. Le successive tre tappe descrivono il dispiegarsi della coscienza che ha conquistato il punto di vista dellAssoluto. Siccome lo svolgimento della filosofia come conoscenza dal punto di vista dell Assoluto viene riproposto in modo pi sistematico nelle opere successive di Hegel, prendiamo in considerazione solo i primi tre momenti. COSCIENZA: Nel primo momento della Coscienza questa si rivolge a un oggetto che considerato esterno rispetto ad essa. AUTOCOSCIENZA: La seconda tappa dellitinerario fenomenologico costituito dalla autocoscienza che, attraverso i singoli momenti, impara a sapere che cosa essa sia propriamente. Lautocoscienza si manifesta, dapprima, come caratterizzata dallappetito e dal desiderio, ossia come tendenza ad appropriarsi delle cose e a far dipendere tutto da s, a togliere lalterit che si presenta come vita indipendente. Ma lautocoscienza necessita di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale: luomo acquista coscienza di s, si afferma come autocoscienza, solo se riesce a farsi riconoscere da altri uomini, da altre autocoscienze (dice Hegel: lautocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in unaltra autocoscienza) Luomo per non rispetta laltro nella sua diversit, ma vuole appropriarsene, vuole ridurlo a una cosa propria (perch, come abbiam detto, lautocoscienza si manifesta come tendenza a far dipendere tutto da s) e di conseguenza nasce in maniera necessaria una lotta tra i due uomini la cui posta in gioco proprio il riconoscimento. Il riconoscimento deve passare attraverso un conflitto (e non attraverso lamore cfr. pensiero giovanile di Hegel), solo attraverso la lotta per la vita e per la morte lautocoscienza pu realizzarsi. Ma poich ogni autocoscienza ha
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Vedi Mario Trombino, Da Kant a Hegel, vol. 2.2 di Filosofia testi - percorsi, Poseidonia

bisogno strutturalmente dellaltra la lotta non deve aver come esito la morte di una delle due, ma il soggiogamento di una allaltra. Nasce, cos, la dialettica tra padrone e servo (che corrisponde, nella storia, alla civilt antica), che Hegel descrive in pagine divenute famosissime, e che effettivamente fra le cose pi profonde e pi belle della Fenomenologia. Il padrone ha rischiato nella lotta la sua vita e nella vittoria diventato, di conseguenza, padrone. Il servo ha avuto timore della morte e, nella sconfitta, per aver salva la vita fisica, ha accettato la condizione di schiavit ed diventato come una cosa dipendente dal padrone. Il padrone usa il servo e lo fa lavorare per s, limitandosi a godere delle cose che il servo fa per lui. Ma, in questo tipo di rapporto, si sviluppa un movimento dialettico, che finir col portare al rovesciamento delle parti. Infatti il padrone finisce col diventare dipendente dal servo, perch pu appropriarsi delle cose solo attraverso il lavoro del servo (il padrone rimane inerte). Il servo invece, per mezzo del lavoro, finisce per diventare indipendente, perch impara a dominare se stesso (autodisciplina) e impara a dominare le cose trasformandole, imprimendo in esse una forma che il riflesso dellautocoscienza. La figura della dialettica Padrone-Servo stata apprezzata soprattutto dai marxisti, i quali hanno visto in essa unintuizione dellimportanza del lavoro e della dialettica della storia, nella quale, grazie allesperienza della sottomissione, si generano le condizioni per la liberazione. Resta tuttavia una differenza fondamentale tra Marx ed Hegel: infatti la figura hegeliana non si conclude con una rivoluzione sociale o politica, ma con la coscienza dellindipendenza del servo nei confronti delle cose e della dipendenza del padrone nei confronti del lavoro servile. Unaltra figura celebre dellAutocoscienza quella della Coscienza infelice, che descrive la condizione della coscienza tipica della religione ebraica e del Cristianesimo medievale. La coscienza infelice la coscienza che vive se stessa come coscienza finita, mortale, che per esistere deve ancorarsi a una realt assoluta, infinita, del tutto estranea alla coscienza stessa ( = Dio trascendente). In questa figura c quindi una profonda scissione tra lautocoscienza delluomo (finita , mutevole) e loggetto della coscienza, la realt vera, assoluta, infinita, a cui la coscienza tende senza mai poterla raggiungere. Nella figura della Coscienza infelice ogni accostamento delluomo alla Divinit trascendente significa una mortificazione, unumiliazione, un sentire la propria nullit, e da ci deriva appunto linfelicit. Nel Cristianesimo si cerca poi di rendere accessibile il Dio trascendente per mezzo del Dio incarnato (Ges Cristo); tuttavia, secondo Hegel, la pretesa di cogliere lAssoluto in una figura storica destinata al fallimento, perch Cristo, vissuto in uno specifico e irripetibile periodo storico, risulta pur sempre lontano, e quindi per la coscienza rimane separato, estraneo. Di conseguenza, anche con il cristianesimo, la coscienza continua ad essere infelice e Dio continua a configurarsi come un irraggiungibile al di l che sfugge. RAGIONE: Lautocoscienza era il momento in cui la coscienza aveva preso se stessa come oggetto, ma il suo culmine nella coscienza infelice mostra limpossibilit di comprendere se stessa restando entro i limiti di s. La Ragione nasce nel momento in cui la Coscienza, abbandonato il vano sforzo di unificarsi con Dio, si rende conto di essere lei stessa Dio, il Soggetto assoluto, in altri termini acquisisce la certezza di essere ogni realt. E questa la posizione propria dellidealismo: lunit di pensiero ed essere. Questa certezza di essere ogni realt sorge nel Rinascimento, si sviluppa durante let moderna e ha il suo culmine nellIdealismo. Il camminodella Ragione si conclude con il superamento del punto di vista individuale: la coscienza comprende che ogni atto della vita individuale si situa dentro una realt storico-sociale che lo fonda e lo rende possibile, e quindi la ragione si realizza concretamente nelle istituzioni storico-politiche di un popolo e dello Stato; ma con questo entriamo nel mondo dello Spirito, per il quale, come abbiam gi detto, rimandiamo alla Filosofia dello Spirito esposta nelle opere successive.

IL SISTEMA
Nella Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio troviamo lesposizione sistematica di tutti i momenti costitutivi dellassoluto, nel loro ordine necessario. La Fenomenologia dello Spirito ci ha mostrato come la coscienza empirica giunge al Sapere assoluto. Il sistema ci mostra lAssoluto visto da quel punto di vista che la Fenomenologia ha guadagnato. Su questo piano tolta ogni differenza tra certezza (elemento soggettivo) e verit. Lesposizione segue il ritmo triadico di tesi (Idea in s), antitesi (Idea fuori di s, cio natura), sintesi (Idea che ritorna in s, cio Spirito) e si divide in Logica, Filosofia della Natura, Filosofia dello Spirito.

9. La Logica

In quanto scienza dellidea pura, cio dellIdea nellelemento astratto del pensiero, la Logica (alla quale Hegel ha dedicato lopera Scienza della logica e la prima parte della Enciclopedia delle scienze filosofiche) prende in considerazione la struttura programmatica o limpalcatura originaria del mondo. Tale impalcatura si specifica in un organismo dinamico di concetti o di categorie i quali, in virt della identit fra pensiero ed essere, costituiscono altrettante determinazioni della realt. La logica di Hegel quindi molto diversa dalla logica tradizionale, di derivazione aristotelica: infatti questultima veniva presentata come organon, puro strumento o metodo del pensiero, a cui era giustapposta la realt esterna; la logica di Hegel invece esprime la realt stessa nella sua essenza. Pertanto risulta evidente come la logica (= lo studio del pensiero) e la metafisica (= lo studio dellessere) siano per Hegel la stessa cosa (la posizione antimetafisica dellIlluminismo e di Kant viene quindi respinta da Hegel) . Hegel afferma anche che la logica lesposizione di Dio, comegli nella sua eterna essenza prima della creazione della natura; i termini Dio e creazione vanno per intesi diversamente rispetto a ci che essi significano nel contesto della dottrina cristiana: infatti la creazione per Hegel il processo in cui Dio stesso si trasforma e si arricchisce, e il Dio dopo la creazione (di cui si occuper la filosofia dello Spirito) qualcosa di superiore rispetto al Dio prima della creazione. LIdea di cui tratta la Logica in ogni caso non da concepire come una sorta di realt unica e compatta, ma come Sviluppo e Processo dialettico. I concetti o categorie esposti nella Logica sono successive definizioni dellAssoluto, progressivamente pi ricche, e lIdea la totalit dei concetti determinati e dei nessi che li legano e il loro passare dalluno allaltro in cerchi sempre pi alti . La Logica hegeliana si articola dialetticamente in dottrina dellessere, dottrina dellessenza e dottrina del concetto; ognuna di queste articolazioni presenta ulteriori triadi interne, che non possibile trattare analiticamente. Prendiamo quindi in considerazione solo lincipit della Logica, la triade Essere, Nulla, Divenire: il punto di partenza della logica il concetto dellessere, il concetto pi generale perch assolutamente indeterminato, astratto, privo di ogni possibile contenuto. Ma appunto perch privo di determinazioni , lessere richiama il suo opposto, il nulla, e fa tuttuno con esso. La sintesi di questa prima opposizione , di essere e nulla, il divenire: nel divenire infatti ci che non viene ad essere e viceversa (gi gli antichi definivano il divenire come passaggio dal nulla allessere). Il divenire tuttavia non unisce lessere e il nulla in unidentit astratta ma in un rapporto dialettico, in cui ciascuno dei due passa nellaltro. Tutte le categorie della logica (sia della logica classica, sia della logica trascendentale kantiana) vengono ricostruite con questo procedimento dialettico. Per concludere prendiamo in esame la discussione (contenuta nella Dottrina dellessenza) dei principi logici di identit (A = A) e di non-contraddizione (A non non-A) di cui Aristotele aveva fornito la prima enunciazione: secondo Hegel questi principi rappresentano il punto di vista dellintelletto astratto e unilaterale, ma non il punto di vista della ragione, che il solo punto di vista della verit. La vera identit, secondo Hegel, non A = A, ma deve essere intesa come identit che include le differenze, vale a dire come sintesi che dialetticamente si realizza togliendo lopposizione e conservando in s gli opposti. Quanto al principio di non-contraddizione Hegel obietta che la contraddizione inerisce necessariamente alla concretezza e alla vita: Il muoversi non consiste se non in un esplicarsi e mostrarsi della contraddizione (...) Qualcosa dunque vitale solo in quanto contiene in s la contraddizione (tutto ci naturalmente rimanda alla Dialettica)

10. LA FILOSOFIA DELLA NATURA


Il testo fondamentale della filosofia della natura di Hegel la seconda parte dell Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Come abbiamo gi detto (vedi sopra, a pag. 4 , Le partizioni della filosofia) la Natura lIdea fuori di s o Idea nel suo esser altro, cio lestrinsecazione o lalienazione dellIdea nelle realt spazio-temporali del mondo. Ispirandosi a Fichte, Hegel afferma che anche la natura Idea, cio qualcosa che compreso in quella totalit processuale (in divenire) che lAssoluto; non una realt estranea, irriducibile allo Spirito. Tuttavia la Natura lidea nella forma dellessere altro, nella forma dellesteriorit che inadeguata allIdea. Pertanto Hegel insiste molto sul momento di negativit costituito dalla Natura: La natura, considerata in s, nellidea, divina; ma nel modo in cui essa , lessere suo non risponde al suo concetto: essa , anzi, la contraddizione insoluta. Il suo carattere proprio questo, di esser posta, di esser negazione; e gli antichi hanno infatti concepito la materia in genere come un non ens. Cos la natura stata anche definita come la decadenza dellIdea da s stessa, poich lIdea, in quella forma dellesteriorit, inadeguata a se stessa. Hegel parla anche di una impotenza della natura che pone dei limiti anche alla comprensione filosofica della natura stessa. Quindi Hegel non condivide lentusiasmo dei Rinascimentali e soprattutto dei Romantici per la natura. Alla tesi secondo cui in un piccolo evento naturale come in un fiore o in una pagliuzza possono farsi conoscere la verit e Dio, Hegel contrappone la tesi secondo cui il pi piccolo evento dello Spirito ci fa conoscere la verit e Dio in modo incomparabilmente superiore, e che perfino il male compiuto dalluomo addirittura infinitamente superiore ai moti degli astri e alla innocenza delle piante, in quanto il male un atto di libert, la quale costituisce lessenza dello Spirito.

La filosofia della Natura si articola in: 1) meccanica, che studia lo spazio, il tempo, la materia e il movimento; 2) fisica, ove dalla rigidit dei corpi inerti si passa ai fenomeni magnetici, elettrici e chimici; e 3) organica, che tratta della natura vegetale e animale. Nellesposizione della filosofia della Natura Hegel attinge alle conoscenze della scienza dei suoi tempi, tuttavia essa rappresenta un ritorno ad una concezione pre-galileiana della scienza, alla persuasione di poter cogliere lessenza dei fenomeni naturali, in forte polemica con la riduzione al quantitativo attuata da Galileo, Cartesio e Newton.

11. LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO


La filosofia dello Spirito lo studio dellIdea che, dopo essersi estraniata da s, sparisce come natura, cio come esteriorit e spazialit per farsi puro spirito, autocoscienza e libert. Lo Spirito lidea che ritorna a s dalla sua alterit. LIdea, intesa come impalcatura logica del mondo, era una possibilit astratta, lo Spirito la vivente attualizzazione e autoconoscenza dellIdea. Come momento dialetticamente conclusivo, ossia come risultato del processo dellAssoluto, lo Spirito la pi alta manifestazione dellAssoluto. Scrive Hegel: Lassoluto lo spirito: questa la pi alta definizione dellassoluto. Trovare questa definizione e comprenderne il significato e il contenuto stata la tendenza di ogni cultura e di ogni filosofia; a questo punto ha mirato coi suoi sforzi ogni religione e ogni scienza; solo questo impulso spiega la storia del mondo. Anche la filosofia dello Spirito strutturata in maniera triadica, e quindi divisa in tre momenti: 1) un primo in cui lo Spirito sulla via della propria autorealizzazione e autoconoscenza: Spirito soggettivo, 2) un secondo in cui lo Spirito si autorealizza pienamente come libert: Spirito oggettivo, 3) un terzo in cui lo Spirito si autoconosce pienamente e si sa come principio e come verit di tutto, ed come Dio nella sua pienezza di vita e di conoscenza: Spirito Assoluto.

12. LO SPIRITO SOGGETTIVO


Lo spirito soggettivo lo spirito individuale (delluomo singolo, ancora legato alla finitudine), considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla natura, attraverso un processo che va dalle forme pi elementari di vita psichica alle pi elevate attivit conoscitive e pratiche. La filosofia dello spirito soggettivo si divide in tre parti: antropologia, fenomenologia e psicologia. Nella antropologia viene considerata quella fase aurorale della vita cosciente che nelluomo si manifesta come carattere, temperamento, disposizioni psicofisiche connesse allet e al sesso, abitudini: la vita spirituale ancora invischiata nella natura e ne conserva in gran parte la meccanicit, la passivit. Nella fenomenologia viene riproposto il percorso Coscienza, Autocoscienza, Ragione gi visto nellopera La fenomenologia dello Spirito (cfr.) Nella psicologia vengono studiate le attivit proprie dello spirito, cio la conoscenza (attivit teoretica), lattivit pratica e il volere libero. Il volere libero rappresenta il culmine dello Spirito soggettivo: lanima delluomo aspira alla libert, ma si scontra con il limite della propria finitezza, della propria individualit. Per essere libero, luomo deve superare la propria individualit e finitezza, deve quindi entrare in relazione con il mondo e gli altri uomini: per farlo non pu restare nella forma dello Spirito soggettivo. Si passa quindi allo Spirito oggettivo.

Precisazioni sul concetto di libert.


Il momento dello Spirito oggettivo costituisce per Hegel la realizzazione della libert umana. E quindi opportuno precisare che cosa intende Hegel per libert. La libert per Hegel la piena realizzazione delluomo, realizzazione che si ottiene quando si raggiunge la consapevolezza di essere parte e manifestazione dello Spirito infinito. Lo Spirito libero perch Totalit infinita, e nulla gli esteriore in modo da poterlo condizionare. Luomo libero quando comprende che nella sua vita individuale e finita si esprime lo Spirito infinito. Si osservi che la nozione di libert che qui utilizziamo non ha nulla a che vedere con la nozione di libero arbitrio, che presuppone la sostanziale indipendenza della persona umana dalla trama necessaria delle relazioni che costituiscono l'ordine del mondo (ad esempio: ho la possibilit di agire come voglio, nonostante le influenze che subisco dal mondo esterno). Lidea diametralmente opposta di Hegel che la persona libera quando supera la propria finitezza e individualit riconoscendo e accettando di appartenere a una trama necessaria di relazioni.

13. LO SPIRITO OGGETTIVO


Per oggettivit dello Spirito Hegel intende le istituzioni, esteriori allindividuo, nelle quali luomo concretamente vive. Esse sono oggettive perch si presentano al singolo uomo come una realt data, come qualcosa di concretamente esistente in modo oggettivo. Ad esempio, venendo al mondo, luomo si trova a far parte di una famiglia, che per lui qualcosa di dato, un ente della realt. In effetti si tratta di una forma molto particolare di oggettivit, perch la famiglia non ha alcuna esistenza senza gli individui (soggetti, dunque) che la compongono. Loggettivit dello Spirito cos

formata dallestraniazione degli stessi soggetti: le istituzioni, ad esempio la famiglia, sono loggettivazione delluomo stesso in una realt che non ha pi i tratti soggettivi dell'uomo ma ha regole e caratteristiche sue proprie. Queste istituzioni, in quanto oggettive, si presentano alluomo come dotate di caratteri che sfuggono alla volont del singolo: hanno letteralmente leggi oggettive, indipendenti dalla volont dei soggetti, bench siano costituite da soggetti. Nicolai Hartmann ha chiarito molto bene la concezione hegeliana dello Spirito oggettivo in questa pagina che riportiamo: Lo Spirito oggettivo un elemento della vita in cui noi tutti ci troviamo e al di fuori del quale non abbiamo alcuna esistenza, per cos dire laria spirituale in cui respiriamo. Si tratta della sfera spirituale in cui nascita, educazione e circostanza storica ci pongono e ci lasciano crescere: quel quid universale che nella cultura, nei costumi, nella lingua, nelle forme del pensiero, nei pregiudizi e nelle valutazioni predominanti conosciamo come potenza sopraindividuale e tuttavia reale, nei cui confronti il singolo si presenta quasi senza potere e senza difesa, poich penetra, porta e caratterizza la sua essenza come quella di tutti gli altri. E facile divenirne storicamente coscienti (guardando indietro, dal punto di vista degli epigoni): noi parliamo di tendenza e correnti spirituali di un'epoca, dei suoi orientamenti, idee valori, della sua morale, scienza ed arte. Intendiamo questi fenomeni come qualcosa di storicamente reale, che ha il suo nascere e perire e dunque la sua vita nel tempo, non diversamente dagli individui. Siamo per ben lontani dallattribuire allindividuo storico come tale questi fenomeni, come se fossero soltanto i suoi. Concretamente li afferriamo certamente nel modo pi facile nelluno o nellaltro rappresentante dallo spiccato rilievo, ma sappiamo che si tratta solo di un rappresentante, che quella realt che in lui si esprime spiritualmente non la sua e neppure oggettivamente si risolve in lui. Non meno noto lo spirito oggettivo nella vita del proprio presente. Si parla per esempio chiaramente di un "sapere del nostro tempo". A questo sapere il singolo partecipa, imparando vi si orienta, ma tale sapere non si risolve mai nel sapere del singolo. Innumerevoli intelligenze vi collaborano, ma nessuna lo dice certamente suo. Tuttavia qualcosa di totale, di comprensivo, di sviluppantesi unitariamente, una realt con ordinamento e leggi proprie. Non ha spazio in nessuna coscienza singola; tuttavia si tratta di un elemento specificamente spirituale, essenzialmente differente da ogni dimensione cosale, materiale. E con ci assolutamente reale, dotato di tutto quel che appartiene alla realt: nascita nel tempo, crescita, sviluppo, culmine e decadenza. Gli individui sono i suoi portatori. Ma la sua realt non quella degli individui, come la sua vita e la sua durata sono diverse dalla loro vita e durata. Continua a sussistere nellavvicendarsi degli individui, una realt spirituale, un essere sui generis, spirito oggettivo . Hegel distingue tre momenti della Filosofia dello Spirito oggettivo, il diritto, la moralit e leticit.

IL DIRITTO
Il soggetto trova dinanzi a s la legge, come istituzione esteriore che regola attraverso norme di comportamento le sue relazioni con il mondo. La legge definisce ci che legittimo fare da ci che non lo , e dunque inevitabilmente limita lassolutezza della volont del singolo. Tuttavia nel concreto della vita il diritto permette di fatto una maggiore libert alluomo, rendendo possibile la vita di relazione e dunque concretamente fattibili cose che, altrimenti, sarebbero s teoricamente possibili, ma nei fatti del tutto irrealizzabili (si pensi alla vita quotidiana in assenza di regole: un caos, non uneffettiva libert). Momento iniziale del diritto la propriet. La propriet il compimento delluomo (o, il che lo stesso, la sua libert) in una cosa esterna. Hegel dunque teorizza il diritto alla propriet privata come una necessit dello Spirito per la realizzazione della propria libert. (Si ponga attenzione a questo punto, che Marx analizzer accuratamente da una posizione fortemente critica.). Dalla propriet si passa al contratto (riconoscimento reciproco del diritto di propriet) che pone luomo in relazione con altri uomini. Il momento del diritto, tuttavia, permette solo una forma esteriore di libert (una libert nei comportamenti, non nella coscienza delluomo), e la legge sempre vissuta come qualcosa che dallesterno si impone al singolo, sebbene ci accada per garantirgli una concreta libert dazione. Luomo non pu infatti pienamente identificarsi con la legge, perch essa pur sempre esteriore alla sua coscienza. Alla legge manca qualcosa, manca cio la possibilit che luomo vi si identifichi: ci equivale a dire che la legge esteriore, le manca linteriorit, le manca la moralit. Momenti dialettici del diritto sono la propriet che pone luomo in rapporto con le cose (quindi Hegel afferma il diritto alla propriet), il contratto attraverso cui la propriet viene riconosciuta dagli altri uomini, e che quindi pone luomo in rapporto con gli altri uomini, il delitto, che la negazione del diritto, e la pena, che ristabilisce il diritto, reintegra il colpevole nel diritto; perch la pena sia efficace occorre per che il colpevole non soltanto sconti la pena, ma riconosca interiormente la propria colpa, in tal modo per si passa dalla sfera dellesteriorit a quella dellinteriorit, e si passa quindi dal diritto alla moralit.

LA MORALITA
La moralit collega lazione esteriore delluomo alla sua interiorit. Nel momento della moralit Hegel studia il complesso delle leggi interiori della coscienza. Lambito della moralit del tutto diverso da quello del diritto, perch la fonte di questultimo unautorit istituzionale che regola solo laspetto esteriore dellazione degli uomini senza

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occuparsi del loro mondo interiore. Per la moralit invece essenziale lintenzione con cui unazione viene compiuta e il bene come valore morale il suo fine. La moralit di Hegel quindi corrisponde alletica kantiana, che formale, perch d importanza solo allintenzione della volont, non al contenuto, non alla realizzazione effettiva. Tuttavia Hegel considera ancora insufficiente la moralit e critica letica kantiana, rimproverandole di essere vuota e unilaterale, di chiudere luomo nel suo interno. I termini della questione sono questi. Moralit e diritto si contrappongono dialetticamente come legge esteriore e legge interiore. N luno n laltro dei due momenti, da solo, permette che nellazione si esprima lunit della persona, cio lo Spirito nella sua integrit e concretezza. Perch questo accada necessario il momento di sintesi tra diritto e moralit, cio leticit.

LETICITA
Nelleticit la volont buona si realizza concretamente, diventa qualcosa di esistente. Le norme esteriori del diritto e le norme interiori della moralit sono conciliate nellazione etica. Si tenga presente che la distinzione tra moralit ed eticit non tradizionale, viene introdotta solo da Hegel. Col termine eticit Hegel intende riferirsi a tutte quelle istituzioni che permettono tanto una libert esteriore quanto una libert interiore, istituzioni dunque nelle quali luomo pu trovare piena soddisfazione alle sue esigenze di realizzazione e di libert, perch in esse pu identificarsi: pu viverle come proprie, pur mantenendo esse il loro rigoroso carattere di oggettivit. Le istituzioni delleticit cui si riferisce Hegel sono la famiglia, la societ civile e lo Stato.

LA FAMIGLIA
La prima istituzione delleticit la famiglia, che permette la libert per i suoi membri nella sfera della vita privata. Nella famiglia laspetto naturale (la relazione dei sessi) viene elevato alla sfera spirituale, infatti gli impulsi naturali vengono conciliati con i dettami razionali e la volont individuale viene conciliata con le leggi dello Stato (quindi si realizza la sintesi tra diritto e moralit, infatti la famiglia sintesi di un moto interiore, lamore, che si realizza esteriormente in una struttura giuridica, il matrimonio). Lelemento fondante della famiglia lamore, la famiglia poi si articola nei momenti del matrimonio, del patrimonio e delleducazione dei figli. Labbandono della famiglia da parte dei figli costituisce la negazione della famiglia, da cui scaturisce la societ civile.

LA SOCIETA CIVILE
Il secondo momento delleticit la societ civile, cio quellinsieme di istituzioni nelle quali lindividuo pu entrare in relazione con altri uomini sulla base del proprio interesse (che lelemento fondante della societ, come lamore lo era della famiglia). Nella societ civile gli uomini trovano soddisfazione ai propri bisogni, pur restando estranei gli uni agli altri e pur essendo la societ civile essenzialmente antagonistica e conflittuale. La societ civile svolge quindi una funzione di mediazione dei bisogni e degli interessi contrapposti, permette cio che lincontro-scontro di interessi individuali porti alla soddisfazione dei bisogni di tutti i soggetti sociali (per esempio il mercato permette che i bisogni contrapposti dei venditori e dei compratori trovino soddisfazione proprio incontrandosi); scrive Hegel: legoismo soggettivo si converte nel contributo allappagamento dei bisogni di tutti gli altri, - nella mediazione dellindividuo per mezzo delluniversale, in quanto movimento dialettico; cos che, poich ciascuno acquista, produce e gode per s, appunto perci, produce e acquista per il godimento degli altri. La societ costituita dai rapporti economico-sociali ma anche dal sistema giuridico-amministrativo che permette di coordinare le attivit e gli interessi individuali. Hegel analizza molti aspetti della vita sociale, quali la divisione del lavoro e la divisione della popolazione in classi sociali, lamministrazione della giustizia e il diritto pubblico, la polizia e la sicurezza sociale, le corporazioni di mestiere.

LO STATO
La famiglia e la societ civile sono entrambe istituzioni parziali, che permettono la soddisfazione del bisogno etico delluomo solo in ambiti particolari (nella sfera privata la famiglia, nella sfera pubblica, ma conflittuale, la societ civile). Entrambe non possono tuttavia sussistere come istituzioni se non allinterno dello Stato, che per Hegel la sintesi globale delleticit. Lo Stato infatti una specie di famiglia in grande in cui luomo pu realizzare pienamente la sua libert. Lo Stato infatti non si limita a coordinare gli interessi particolaristici (come avveniva nella societ civile) ma pone un principio di unit e di appartenenza superiore, e perci convoglia tutti i particolarismi verso un bene collettivo; in altri termini possiamo dire che lo Stato listituzione in cui la libert delluomo viene realizzata non perch luomo vi trova il soddisfacimento dei propri bisogni individuali ma perch vi riconosce un valore superiore (lethos del popolo), e condivide il riconoscimento di questo valore superiore con tutti i suoi concittadini. Questa concezione etica dello Stato, visto come incarnazione suprema della moralit sociale e del bene comune, si differenzia nettamente dalla teoria liberale dello Stato (vedi Locke) come strumento indirizzato a garantire la sicurezza

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e i diritti degli individui. Infatti per Hegel una teoria di questo tipo comporterebbe una confusione tra societ civile e Stato, ovvero una riduzione dello Stato a semplice tutore degli interessi particolaristici della societ civile. Lo Stato di Hegel si differenzia anche dal modello democratico, vale a dire dalla teoria della sovranit popolare (vedi Rousseau), in quanto il popolo, al di fuori dello Stato, soltanto una moltitudine informe. A simili astrazioni, Hegel contrappone la teoria secondo cui la sovranit dello Stato deriva dallo Stato medesimo, perch lo Stato non fondato sugli individui, ma sullidea di Stato, ossia sul concetto di un bene universale: pertanto non sono gli individui a fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare gli individui, sia dal punto di vista storico-temporale (lo Stato prima degli individui, che nascono nellambito di uno Stato gi esistente), sia dal punto di vista ideale, in quanto lo Stato superiore agli individui (cos come il tutto superiore alle parti che lo compongono; in termini hegeliani lo Stato una realt concreta e la persona singola una realt astratta). Detto questo, risulta chiaro perch Hegel rifiuta anche la teoria contrattualistica (secondo cui la Stato deriverebbe da un contratto scaturito dalla volont degli individui), e la teoria giusnaturalistica (secondo cui i diritti naturali esisterebbero prima e oltre lo Stato: per Hegel il diritto esiste solo nello Stato e grazie allo Stato). Lo Stato hegeliano assolutamente sovrano, ma non per questo dispotico: infatti Hegel ritiene che lo Stato debba operare solo per mezzo delle leggi, debba essere, quindi, uno Stato di diritto; inoltre identifica la costituzione razionale dello Stato con la monarchia costituzionale moderna. Tuttavia Hegel non intende costruire un modello politico di Stato, quanto piuttosto rendere ragione della natura profonda dello Stato, che resta tale indipendentemente dalle realizzazioni concrete degli Stati e dalle loro eventuali imperfezioni e inadempienze. Leggiamo il testo di Hegel: Lo Stato, in s e per s, la totalit etica, la realizzazione della libert; ed finalit assoluta della ragione, che la libert sia reale. Lo Stato lo Spirito che sta nel mondo, e si realizza nel medesimo con coscienza, mentre, nella natura, esso si realizza soltanto in quanto altro da s, in quanto spirito sopito. Solamente in quanto esistente nlla coscienza, in quanto consapevole di se stesso, come oggetto che esiste, esso lo Stato. (...) Lingresso di Dio nel mondo lo Stato; il suo fondamento la potenza della ragione che si realizza come volont. Nellidea dello Stato non devono tenersi presenti Stati particolari, istituzioni particolari; anzi, si deve considerare per s lidea, questo Dio reale. Ogni Stato, lo si dichiari anche cattivo secondo i principi che si professano, si riconosca questo o quel difetto, ha sempre in s, specialmente se appartiene alla nostra epoca civile, i momenti essenziali della sua esistenza. Ma poich molto pi facile scoprire un difetto, che intendere laffermativo, si cade facilmente nellerrore di dimenticare, al di sopra dei suoi singoli aspetti, lorganismo interiore dello Stato stesso. Lo Stato non unopera darte; esso sta nel mondo, e quindi nella cerchia dellarbitrio, dellaccidentalit e dellerrore; un comportamento cattivo lo pu svisare da molti lati. Ma luomo pi odioso, il reo, un ammalato e uno storpio, sono sempre ancora uomini viventi; laffermativo, la vita, esiste, malgrado il difetto; e questo affermativo importa, qui. Emerge da questa pagina una esplicita divinizzazione dello Stato; come vita divina che si realizza nel mondo, lo Stato non pu trovare nelle leggi della morale un limite o un impedimento alla sua azione; inoltre non pu esistere un organismo superiore allo Stato che possa giudicare le pretese degli Stati e regolare i rapporti tra gli Stati. Il solo giudice o arbitro fra gli Stati lo Spirito universale, cio la Storia, la quale ha come suo momento strutturale la guerra. Muovendosi in un orizzonte di pensiero completamente diverso dal cosmopolitismo pacifista dellIlluminismo, Hegel attribuisce alla guerra non solo un carattere di necessit e inevitabilit, ma anche un alto valore morale. Infatti come il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole, cos la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace perpetua.

14. LA FILOSOFIA DELLA STORIA


Se lo Stato la Ragione che fa il suo ingresso nel mondo, la Storia, che nasce dalla dialettica degli Stati, il dispiegarsi di questa stessa Ragione nel tempo; nella storia si realizza la coincidenza fra reale e razionale: tutto va come deve andare. Certo dal punto di vista degli individui le cose spesso non vanno come dovrebbero, ma la filosofia della storia non va pensata dal punto di vista degli individui bens dellassoluto, e allora si capisce che la storia si svolge secondo un disegno razionale. Hegel dice che la razionalit della storia coincide con il concetto cristiano di Provvidenza, cio di un governo divino del mondo. Tuttavia la Provvidenza cristiana ha unorigine trascendente e non pu essere completamente decifrata e compresa dalluomo. Invece la razionalit dello storia hegeliana immanente e la ragione filosofica pu comprenderne il fine e i mezzi. Il fine della storia del mondo che lo spirito giunga al sapere di ci che esso veramente, e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un mondo esistente, manifesti oggettivamente se stesso. Questo spirito che si manifesta e realizza in un mondo esistente, cio nella realt storica, lo spirito del mondo che si incarna, si particolarizza negli spiriti dei popoli (e quindi negli Stati) che si succedono allavanguardia della storia. Infatti nella competizione fra i popoli ottiene la vittoria quel popolo (e quello Stato) che ha concepito il pi alto concetto dello Spirito (come abbiamo detto sopra, il solo giudice o arbitro fra gli Stati lo Spirito universale, cio la Storia, la quale ha come suo momento strutturale la guerra).

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Abbiamo detto che lo Spirito oggettivo la progressiva realizzazione della libert. Questa libert si realizza nello Stato: quindi il fine supremo della storia una realizzazione sempre pi perfetta della libert per mezzo dello Stato, realizzazione che avviene in tre momenti: 1) il mondo orientale, nel quale uno solo libero, 2) il mondo greco-romano, nel quale alcuni sono liberi, 3) il mondo cristiano-germanico, nel quale tutti gli uomini sono liberi . I mezzi della storia sono gli individui con le loro passioni: Hegel ammette lesistenza di individui cosmico-storici o eroi, come Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone, capaci di fare la storia, tuttavia questi uomini agiscono per fini particolari, ma c un astuzia della ragione che si serve delle loro passioni irrazionali e particolari per realizzare un progresso universale: non loro hanno fatto la storia, in realt, ma in essi vissuto lo Spirito e ha utilizzato la loro azione per il proprio obiettivo universale (e quando essi hanno realizzato il loro compito, vengono scartati dallla storia: Giulio Cesare ucciso, Napoleone esiliato a SantElena ecc.) Commento: Lo storicismo perfetto di Hegel intende il divenire come un progresso continuo in cui la forma successiva per forza migliore di quella precedente. E evidente che la storia cos concepita diventa un tribunale in cui chi prevale ha sempre ragione; col risultato di giustificare ogni cosa: il male cancellato, cos come cancellata la responsabilit individuale. E le lacrime e il sangue dei vinti? Finiscono, per usare unespressione di Lenin, nella pattumiera della storia, come un momento dialettico necessario ma destinato ad essere superato dal potere vincente. E il criterio di giudizio storico non sar il bene o il male, ma lessere contro la storia o nel senso della storia, cio essere ultimamente dalla parte del vincitore.

15. LO SPIRITO ASSOLUTO


Lo Stato lingresso di Dio nel mondo, il culmine dello Sprito oggettivo, ma esso rimane pur sempre un elemento parziale, finito, del Tutto. Occorre ancora giungere alla comprensione dello Spirito come Totalit. Lo spirito assoluto il momento il cui lIdea giunge alla piena coscienza della propria infinit o assolutezza (cio del fatto che tutto Spirito e che non vi nulla al di fuori dello Spirito). Ma questo auto-sapersi dello Spirito non unintuizione mistica, ma un processo dialettico rappresentato dallarte, dalla religione e dalla filosofia. Queste sono, dunque, tre attivit attraverso le quali noi conosciamo lAssoluto e lAssoluto conosce se stesso. Sono per tre attivit poste su livelli diversi. Infatti soltanto la filosofia pu ambire al sapere assoluto, perch essa sola utilizza lo strumento adeguato alloggetto da conoscere: la razionalit dialettica. Larte e la religione hanno lo stesso contenuto della filosofia, lo Spirito assoluto, ma lo presentano in forma inadeguate: larte nella forma dellintuizione sensibile e la religione nella forma della rappresentazione.

LARTE
Hegel attribuisce allarte una funzione conoscitiva (come i Romantici), larte permette infatti di arrivare, attraverso le forme sensibili, allintuizione dellAssoluto. Infatti lesperienza estetica lesperienza di ununit profonda tra soggetto e oggetto; pertanto larte, attraverso la mediazione di un elemento sensibile (qualcosa di materiale, come una statua, un quadro, un suono) coglie intuitivamente quellidentit tra Spirito e Natura che la filosofia idealistica afferma concettualmente. Il limite dellarte consiste nel fatto che la forma dellintuizione sensibile non in grado di render conto del dispiegarsi dialettico dellAssoluto. Hegel dialettizza la storia dellarte in tre momenti: arte simbolica, arte classica e arte romantica. Larte simbolica (tipica dei popoli orientali) caratterizzata dallo squilibrio tra contenuto e forma, nel senso che la forma prevale sul contenuto. Larte classica caratterizzta da un arminco equilibrio tra contenuto spirituale e forme sensibili. Larte romantica caratterizzata da un nuovo squilibrio tra forma e contenuto, nel senso che il contenuto prevale sulla forma, qualsiasi forma spirituale viene ormai avvertita come insufficiente a esprimere la ricchezza dello Spirito. Per questo larte romantica prelude alla Morte dellarte, cio allabbandono dellarte per trovare una pi adeguata espressione della spiritualit nella religione e nella filosofia; la morte dellarte non significa lestinzione di qualsiasi attivit artitica, ma il fatto che per luomo moderno larte non costituisce pi il vertice della vita spirituale, non pi (come invece era per gli antichi) il bisogno supremo dello spirito.

LA RELIGIONE
La religione la seconda forma dello spirito assoluto, quella in cui lassoluto si manifesta nella forma della rappresentazione interiore, che il modo tipicamente religioso di pensare Dio, e che sta a met strada fra lintuizione sensibile dellarte e il concetto razionale della filosofia (rappresentazione , per esempio, limmagine di un Dio creatore, con cui la coscienza religiosa esprime lAssoluto). Anche la religione ha uno sviluppo storico, dalle antiche religioni naturali, in cui Dio visto come forza naturale, alle religioni dellindividualit spirituale (giudaica, greca e romana), in cui Dio appare in sembianze umane, al Cristianesimo, in cui Dio appare come puro spirito. Per Hegel la religione cristiana la religione assoluta, perch

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essa esprime attraverso i suoi dogmi le stesse verit della filosofia: per esempio la Trinit esprime la triade dialettica di Idea, Natura e Spirito, Ges Cristo uomo-Dio esprime lidentit di finito e infinito, ecc. Tuttavia anche il cristianesimo presenta i limiti di ogni religione, cio lincapacit della forma rappresentativa di esprimere adeguatamente lAssoluto. Il limite della rappresentazione religiosa consiste nel fatto che essa intende le sue determinazioni come giustapposte, cio slegate, sconnesse. Per esempio non c un nesso logico (secondo Hegel) tra la Trinit divina, la creazione, la provvidenza ecc. In altri termini, la religione non in grado di pensare dialetticamente lo Spirito, vale a dire di cogliere la ricchezza e la necessit delle sue articolazioni: per la religione lAssoluto rimane misterioso. Pertanto lunico sbocco coerente della religione la filosofia, che ci parla anchessa dellAssoluto, ma nella forma finalmente adeguata del concetto.

LA FILOSOFIA
Nella filosofia lo Spirito giunge alla piena e concettuale coscienza di se stesso, chiudendo il ciclo cosmico. Hegel ritiene che anche la filosofia sia una formazione storica, ossia una totalit processuale che si sviluppata attraverso una serie di gradi o momenti concludentisi necessariamente nellidealismo. In altre parole, la filosofia nientaltro che lintera storia della filosofia giunta finalmente a compimento con Hegel. Di conseguenza, i vari sistemi filosofici che si sono succeduti nel tempo non devono essere considerati come un insieme disordinato e accidentale di opinioni che si escludono a vicenda, in quanto ognuno di essi costituisce una tappa necessaria del farsi della verit. La filosofia che ultima nel tempo insieme un risultato di tutte le precedentie deve contenere i principi di tutte: essa perci la pi sviluppata, ricca e concreta : lultima filosofia quella di Hegel ! E nella filosofia di Hegel che lAssoluto si autoconosce, totalmente e definitivamente!

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