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Si ringraziano:
i genitori di CiaoLapo per avere contribuito, attraverso le loro testimonianze,
alla stesura di questo libretto; le amiche e colleghe, Valentina Pontello, Lucia
Pasquini, Ametista Biagini, Erika Cialdi, Valentina Ballerini per le loro
osservazioni ed i loro consigli; mio marito Alfredo, per la vicinanza emotiva ed
il sostegno nella stesura di questo lavoro; i miei figli, passati, presenti e futuri.
Presentazione
bisogno di sostegno e di informazioni, ed in molti casi possono avvertire la neces-
sità di condividere emozioni, dubbi, e paure con qualcuno; ad oggi è però difficile
trovare un riferimento per tutte queste esigenze, e il risultato più frequente è che i
genitori ed i familiari si trovano da soli chiusi nel loro dolore.
Questo libro è un primo passo per rompere la solitudine; nasce dal confronto di
esperienze dirette dei membri dell’associazione CiaoLapo e dal lavoro di molte associa-
zioni internazionali sulla perdita in gravidanza; puoi leggerlo tutto, leggere qualche
pagina soltanto, oppure portarlo a casa e aprirlo quando ti sentirai pronto.
I diversi tipi di perdita
• aborto spontaneo
• interruzione volontaria di gravidanza / aborto terapeutico
• diagnosi di grave patologia fetale con la decisione di proseguire
la gravidanza
• morte intrauterina
• morte dopo la nascita
• perdita di uno o più gemelli in corso di gravidanza multipla
• parto prematuro
• perdita dopo procreazione assistita
Costringe i genitori a vivere realtà diverse da quelle desiderate o immaginate, e
rappresenta un momento della vita estremamente delicato e difficile, che merita ri-
spetto, ascolto e partecipazione non giudicante.
La perdita in gravidanza
La perdita di un figlio: le esperienze dei genitori
bambino, anche se è andato via troppo presto, ha già un suo posto nella tua mente
e nel tuo cuore, ed è importante, nonostante la difficoltà dei primi momenti, tenere
presente che la sua presenza/assenza sarà molto forte nei mesi successivi del lutto.
Per molte persone, spesso anche per i tuoi parenti, non c’è spazio per il ricordo
e la memoria, per il suo nome, per i ricordi legati alla gravidanza o al parto, perché
per loro ricordare è troppo doloroso, e questo può capitare anche ad alcuni genito-
ri, ancora troppo scioccati dall’evento.
In molti altri casi invece, potresti sentire la necessità di parlare con qualcuno di
tutte queste cose, ma vergognarti o sentirti imbarazzato a farlo; in queste circo-
stanze può essere molto importante condividere le proprie storie con altri genitori
che hanno perso un figlio in gravidanza o in epoca perinatale, per avere uno spazio
di confronto e scambio.
Rifletti però sul fatto che ogni genitore ha i suoi tempi e le sue modalità.
Cerca di capire bene in quale fase sei, e rispetta il tuo momento: il percorso del lut-
to è formato da tanti passi, non c’è un ordine prestabilito, prenditi il tempo per de-
cidere cosa è meglio per te e per il tuo partner e prova ad agire di conseguenza.
Passare attraverso l’assenza
Il lutto
Il lutto è il processo che inizia dopo la perdita di una persona cara; è un processo in
cui si sperimentano alcune emozioni in modo molto intenso (tra queste, soprattut-
to rabbia, dolore, nostalgia, incredulità, invidia, paura) e nel quale possono alter-
narsi tantissimi pensieri, che hanno a che fare con il passato, la situazione presente,
ed il futuro: durante il lutto il tempo cambia il suo normale decorso, si dilata o si
appiattisce, confondendo i normali piani di realtà: la mente si sposta continuamen-
te tra il momento della perdita, il passato e la sofferenza presente, molte persone
non riescono ad immaginare il futuro e vivono come in una dimensione parallela,
andando avanti con una sorta di “pilota automatico”. In alcune fasi del lutto i sen-
timenti sembrano come congelati, e le persone non riescono a provare nulla, a par-
te un dolore sordo e feroce. La sensazione di essere distaccati, di essere come tra-
volti e impotenti può essere molto penosa, e molti genitori si sentono in colpa per-
ché non riescono a provare emozioni positive o a volere bene come prima, e hanno
paura che tutto resterà così per sempre. Fortunatamente questa prima gamma di
emozioni lascia spazio nel tempo a sentimenti meno intensi e più comuni, come la
tristezza, lo sconforto, il senso di vuoto e di nostalgia, e lentamente anche le emo-
zioni positive riprendono il loro spazio.
Il lutto è un difficile percorso che fa parte della vita, (vorremmo fare qualun-
que cosa per non provarlo, ma è nell’ordine delle cose che possa invece capitare),
anche se non siamo culturalmente preparati ad affrontarlo, perché la nostra socie-
tà ci insegna piuttosto a nasconderlo e isolarlo, a “non pensarci”. Questo atteggia-
mento è molto pericoloso, perché accentua la vulnerabilità e il senso di solitudine
che le persone in lutto tendono a provare, contribuendo all’isolamento. Molti geni-
tori si chiudono nella coppia, talvolta si chiudono addirittura in sé stessi escluden-
dosi l’un l’altro, perdendo la capacità di condividere le loro emozioni. E’ frequente
che dopo la perdita di un bambino la coppia attraversi un momento di crisi, perché
il modo di affrontare il lutto può essere diverso nei due genitori ed ognuno avver-
te un pesante senso di incomprensione e solitudine. Anche nella famiglia allarga-
ta possono crearsi incomprensioni, per il diverso modo ed i diversi tempi di vivere
il lutto, e questo peggiora le cose. Se ti trovi a disagio di fronte alle diverse reazioni,
prova a riflettere sul fatto che non c’ è un modo solo di reagire al dolore e che non tutte
le persone riescono ad esprimere i loro sentimenti più intimi agli altri e a volte anche a
se stessi.
Per alcune persone (parenti e amici) il lutto è così spaventoso che finiscono per
allontanarsi, anche in modo brusco; questo può aggiungere un altro dolore al do-
lore della perdita, ma cerca sempre di concentrarti su di te, e cerca attivamente al-
trove il giusto supporto. Se puoi, non dare troppo peso a queste “fughe”, piuttosto
valorizza chi rimane e, soprattutto, le persone che si avvicinano spontaneamente
per aiutare.
cercano quindi di allontanare attivamente tutti i ricordi legati a quel
bambino e a quella gravidanza, nel tentativo di soffrire meno (molti si
impongono di non pensarci, non vogliono ad esempio parlarne né recarsi
al cimitero).
Se questo accade a parenti ed amici molto intimi, per i genitori può essere fon-
te di enorme sofferenza; molti genitori desiderano poter parlare dei loro figli e delle
loro storie, desiderano affermare attraverso il ricordo l’esistenza dei loro bambini,
e restano profondamente feriti dal silenzio degli altri.
L’enfasi a “stare meglio”, il mascherare le proprie emozioni, la negazione del-
l’evento sono modi estremi di reagire al lutto; se all’inizio possono essere adottati
come strategie, per evitare complicazioni future è sempre bene chiederci se stanno
funzionando davvero per noi, e se veramente il dolore si sta modificando. Se non
è così, può essere importante confrontarsi con altri genitori in modo da cercare
un’alternativa più utile . Ognuno di noi può trovare altri modi di reagire al lutto,
più salutari e più funzionali.
Non bisognerebbe mai ridimensionare o modificare il proprio lutto per fare
forza agli altri, o per dimostrare agli altri che siamo in gamba o che siamo in piena
forma, perché solo se riusciamo a viverlo bene, rispettando i nostri tempi e le nostre
emozioni, possiamo risolverlo adeguatamente.
Non abbiamo la possibilità di cancellare e scordare ciò che abbiamo vissuto,
anche se molti genitori vorrebbero inizialmente poterlo fare; la perdita di un figlio
è un evento molto traumatico e come tutti i traumi prende un posto nella nostra
memoria, e lì resta, anche se proviamo a scacciarlo. E’ molto più utile imparare ad
accettare quello che ci è successo, accettare il dolore feroce dei primi momenti e
impiegare i nostri sforzi non per dimenticare, ma per imparare a vivere nonostante
tutta questa sofferenza.
In sintesi, ognuno di noi dovrebbe sentirsi libero di vivere il lutto come ritiene
più utile; prova a rispettare le persone vicine a te che prendono percorsi diversi, e
affronta queste differenze con il dialogo e l’accettazione; se ti senti offeso da qual-
che comportamento o frase, e se temi che le persone a te vicine non vogliano bene
al tuo bambino, perché non ne parlano o non lo nominano, ricorda che il bene non
si esprime soltanto a parole, soprattutto quando è accompagnato da dolore, imba-
razzo o paura.
Se per te è importante ricordare, parlare e vivere il lutto in modo diverso, fallo li-
beramente, per te e per il tuo bambino, senza sentirti giudicata o condizionata dagli
altri.
Ognuno ha il suo modo ed il suo tempo di reagire: alcuni iniziano con la ne-
gazione e con la volontà di scordare e poi cambiano nel corso del tempo, scoprendo
in loro nuove risorse e nuove strategie.
Rispetta la difficoltà del tuo percorso, non pretendere troppo da te stesso e cer-
ca di non minimizzare mai le tue emozioni ed i tuoi vissuti, riconosci l’importanza
di questo momento doloroso e non scappare via: superare il lutto significa passarci
attraverso, non fuggire. Piangi, se ne hai voglia, tutte le volte che vuoi e ogni volta
che senti salire le lacrime; le lacrime non sono segno di debolezza, ma espressione
di dolore e di nostalgia per chi non c’è più.
Il processo di elaborazione del lutto può avere una durata variabile: solitamente
dura dai 6 mesi ad un anno, fino a due anni al massimo. Alcune ricerche dicono
che i genitori per tornare al livello di serenità precedente all’evento impiegano fino
a tre anni, caratterizzati da un progressivo miglioramento del proprio stato gene-
rale e difficoltà che via via si fanno più piccole e più facili da gestire. Il processo
di lutto è un processo dinamico, in cui tutti i giorni sono diversi l’uno dall’altro, e
ogni periodo si caratterizza per la presenza di particolari pensieri ed emozioni.
Se diamo ascolto alla mentalità prevalente non dovrebbe esserci spazio per
il lutto, come se ciò che non si vede (il bambino non-nato o mai tornato a casa)
non valesse la pena di essere pianto; invece il dolore provocato dalla perdita di
un figlio durante la gravidanza deve essere affrontato come quello dato dalla per-
dita di una persona che ha vissuto, con l’unica terribile differenza che mancano
molti ricordi perché non c’è stato tempo trascorso insieme “al di fuori” del corpo
materno.
Quando il lutto è complicato
Il lutto non è una malattia, e fa parte del corso della vita. Per quanto si soffra, o
si pensi di non farcela, è dunque consigliabile, almeno all’inizio, stare nel proprio
lutto, evitando fughe, scappatoie, razionalizzazioni; tra le fughe più frequenti c’è
il rifugio nei farmaci tranquillanti o sedativi, o ancora negli antidepressivi, spes-
so prescritti immediatamente nei primi giorni dopo l’evento. Per elaborare il lutto
non servono medicine che smorzano i toni emotivi e che aumentano il distacco dai
propri vissuti, perché questo può essere addirittura controproducente.
Tuttavia, una terapia di sostegno può essere indicata, dopo aver sentito il pare-
re di uno specialista esperto in lutto, nel caso in cui:
In tutti questi casi è indispensabile il ricorso ad uno specialista, meglio con pre-
parazione psicoterapeutica e con formazione sulla psicologia genitoriale, che potrà
ascoltarti e decidere con te cosa è meglio fare.
Questa esperienza di lacerazione tra il prima ed il dopo è comune a tutte le
donne che perdono un bambino in gravidanza, in qualunque epoca gestazionale.
La perdita di un figlio, soprattutto nel caso di una morte intrauterina o di un abor-
to terapeutico, sembra particolarmente crudele nei giorni successivi al parto, quan-
do “biologicamente” il corpo della madre è preparato e predisposto all’allattamen-
to e all’accudimento senza più nessuno da accudire. Può capitarti ad esempio:
• tristezza
• angoscia
• senso di colpa
• apatia
• notevole rimuginio (è colpa mia, avrei dovuto /non avrei dovuto fare,
se solo avessi/ se non avessi…),
E’ importante ricordare che nel corso della stessa giornata possono avvicendarsi
stati d’animo molto diversi, e profondi sentimenti di dolore e disperazione pos-
sono fare il posto a pensieri intrusivi sulla colpa, ai ricordi di quanto è accaduto,
ai momenti di iperattività, e di estraneità, in cui l’umore può sembrare fin troppo
positivo.
In generale sensazioni e pensieri così violenti e talvolta discordanti ci allarma-
no molto; potresti avere paura di impazzire e di non sopportare il dolore, e potresti
ritenerti inadeguata e incapace di affrontare questo evento. Soprattutto se hai alte-
razioni dei ritmi fisiologici soprattutto del sonno, e dell’appetito, cerca di ritrova-
re un tuo ritmo, osserva in quale momento della giornata stai meglio e cosa o chi
contribuisce al tuo benessere, e prova a concentrarti su questi aspetti.
Le emozioni negative, che dobbiamo necessariamente provare perché fanno
parte del lutto, non sono fisse, ma variano in intensità e durata: approfittiamo dei
momenti meno pesanti per “prendere fiato”, e ricordiamoci che stiamo facendo un
percorso difficile, al termine del quale riusciremo a stare meglio.
In questi momenti il contributo sincero delle persone vicine a te può essere di
grande aiuto per formare una sorta di “rete protettiva”; per i genitori è importan-
te essere liberi di poter esprimere i propri pensieri e sentimenti, e di avere tempo a
disposizione per iniziare il processo di elaborazione del lutto. Anche se non sei abi-
tuato/a, chiedi aiuto agli altri perché si occupino di ciò che tu non puoi o non rie-
sci a fare (dalle faccende domestiche, alla preparazione dei pasti, alle varie attività
della famiglia, come l’intrattenimento degli altri bambini e così via...); prenditi il
tempo per recuperare le energie, sei in un momento difficile, è normale chiedere e
ricevere aiuto.
I padri, pur soffrendo della perdita dei loro figli, generalmente esprimono le emo-
zioni in modo diverso dalle madri, e ciò può essere motivo di incomprensione nel-
la coppia.
La differenza tra l’espressione del lutto nelle madri e nei padri è stata ignorata
per molti anni. Ci si è spesso concentrati infatti soltanto sul lutto delle madri, pen-
sando erroneamente che i padri soffrissero in misura nettamente minore e per certi
versi trascurabile; per molto tempo ai padri è stato attribuito il ruolo di accudire le
madri e sostenerle dopo la perdita, fungendo da punto di riferimento della coppia.
Fino a pochi anni fa i padri non avevano uno spazio riconosciuto nel dolore della
perdita di un figlio in gravidanza, non veniva loro chiesto di esprimere i pensieri e
le emozioni del lutto, non si pensava che ce ne fosse bisogno. Molti padri reagiva-
no e reagiscono chiudendosi in sé stessi, negando la loro sofferenza e, spesso, per
mitigare il dolore ricorrono a nuove attività (sport eccessivo, doppio lavoro, ese-
cuzione di nuovi hobby) oppure utilizzano metodi pericolosi per la salute (ricorso
ad alcol, gioco d’azzardo, spese eccessive, licenziamenti improvvisi etc). La grande
differenza nelle reazioni e nelle modalità di esprimere le emozioni tra madri e padri
dipende soprattutto dal ruolo delle tradizioni culturali e sociali: siamo purtroppo
abituati a ritenere, in modo del tutto improprio ed ingiustificato, che gli uomini
debbano essere forti e stabili di fronte agli eventi e che non debbano manifesta-
re la sofferenza, sia fisica che emotiva. Per tradizione e per cultura sociale, l’uomo
consola e sostiene, non “entra in crisi”, non piange, non esprime dolore, e fornisce
sempre un’immagine di sé sicura e salda. Dall’uomo ci si aspetta che superi l’evento
con agilità e in poco tempo, dedicando tutte le energie alla cura della compagna.
Questa abitudine culturale a negare il lutto e le sue espressioni negli uomi-
ni oltre ad essere piuttosto antica e basata su una divisione sessista della società e
dei ruoli, è del tutto controproducente per il benessere psicologico degli uomini.
Fin da bambini si insegna ai maschietti che “non devono piangere”, che piangere
è vergogna o debolezza, che solo le femminucce piangono e hanno paura. Come
se un uomo non provasse le emozioni che biologicamente il cervello umano co-
difica e recepisce. L’essere umano prova 5 emozioni fondamentali, gioia, tristez-
za, rabbia, paura e disgusto; se è naturale per l’essere umano sperimentare queste
emozioni, dovrebbe essere altrettanto naturale poterle esprimere e poter impara-
re un’espressione sociale condivisibile ed utile di queste emozioni. Invece, anco-
ra troppo spesso, capita che la società richieda di adeguarsi ad antiche norme di
comportamento, insegnando ai bambini che non si manifestano le emozioni, che
vanno tenute nascoste e che è meglio riuscire a non provarle e a scacciarle via.
Questi bambini, da adulti, si troveranno in difficoltà di fronte ad eventi di perdi-
ta, che per essere elaborati necessitano un profondo incontro con le proprie emo-
zioni ed i propri pensieri.
Il risultato per i padri può essere particolarmente doloroso: potrebbero durare
fatica a riconoscere emozioni per lungo tempo tenute nascoste e inespresse, oppu-
re potrebbero riconoscerle ma sentirsi obbligati a non esprimerle, per imbarazzo o
paura di essere giudicati, oppure potrebbero saltare questo passaggio e semplice-
mente cercare di impedirsi di soffrire, adottando vie di fuga di ogni genere.
Un padre colpito da perdita in gravidanza, soprattutto dopo aver visto le eco-
grafie del suo bambino e dopo un lungo progetto di genitorialità ha invece bisogno
di elaborare il lutto, di comprendere cosa prova per il bambino perduto e di trova-
re la strada più giusta ed equilibrata per affrontare questa esperienza. Come padre,
potresti provare molte emozioni di tristezza, infelicità e smarrimento:
La perdita e la famiglia
Ogni membro della famiglia è colpito dal lutto, compresi i nonni e gli eventua-
li fratelli. Sarà dunque particolarmente importante tenere presenti tutte le perso-
ne coinvolte nell’evento, accettando quanto possibile le personali modalità di af-
frontare il lutto. Se ci sono in famiglia fratelli o cugini piccoli, a loro bisogna dare
spiegazioni semplici e omogenee di quello che è accaduto e del perché, evitando il
più possibile di dare versioni contrastanti dell’accaduto, di fare discorsi ambigui
o male interpretabili, di negare l’evento. Tutto ciò allo scopo di facilitare la com-
prensione della notizia e di fornire ai bambini una serie di spiegazioni compren-
sibili e chiare; anche condividere con i bambini le proprie emozioni (sono triste
perché, sono arrabbiata perché…) aiuta molto e riduce il disagio.. Nei primi mo-
menti, quando piangere sembrerà inevitabile, sarà dunque lecito piangere, anche
in presenza dei più piccoli, avendo cura di esprimere con parole chiare le emozioni
che stiamo provando.
Riguardo alla coppia genitoriale, spesso i due coniugi vivono la perdita in ma-
niera differente, e possono esprimere emozioni o pensieri anche molto diversi tra
loro. Questo non significa né essere distanti né non amarsi abbastanza, signifi-
ca soltanto utilizzare differenti meccanismi per affrontare l’evento e superarlo.
Cerchiamo per quanto possibile di trovare l’uno nell’altro punti di forza e di com-
plicità, in modo da rendere meno pesante possibile il peso del lutto.
Il lutto perinatale presenta tutti i drammatici aspetti del normale processo del
lutto, con la differenza che è “biologicamente” inaspettato, e dunque particolar-
mente “inspiegabile”. La perdita di uno o più figli, nelle differenti fasi della gravi-
danza, può sposarsi ai più disparati sensi di colpa, all’incessante ricerca di spiegazio-
ni, a catene infinite di “perché” e di “se solo avessi/non avessi”. Tutto questo, norma-
le nelle prime fasi di lutto, durante un corretto processo di elaborazione è destinato
a scemare gradualmente, lasciando il posto a pensieri ed emozioni più adeguate.
Qui di seguito troverai una piccola guida che potrebbe essere utile per aiutarti a
superare al meglio i momenti difficili della perdita.
Tempo e lutto
Occorre molto tempo per passare attraverso il dolore; passare attraverso non si-
gnifica LIBERARSENE per sempre, significa accettare e lenire, trasformando le
nostre sensazioni. Semplicemente, prima o poi arrivano giorni in cui si è meno di-
strutti, in cui alcuni pensieri sull’accaduto non ci fanno precipitare nel vuoto, e in
cui si comincia a ricordare la storia anche per le cose belle che ci sono state (i ricor-
di dell’ecografia, alcune fantasie sul piccolo, i suoi movimenti…); il percorso può
essere molto lungo e difficile, anche perché subito dopo si perde il senso del tempo,
è tutto incredibilmente dilatato o sincopato, sembra di non arrivare mai.
I ricordi del bambino perduto
Parliamo del nostro bambino che non c’è più (anche se, è difficilissimo pronun-
ciare le parole bambino e morto nella stessa frase), con tutti quelli con cui ci va, e
con quelli che ci chiedono quanti figli abbiamo, se ci fa sentire meglio. Ricordare
qualche episodio di vita comune (i calcetti, l’ecografia, la scelta del nome tutte
cose che almeno all’inizio possono sembrare talmente strazianti da non poterle
nominare), soprattutto insieme al proprio partner, e quando possibile con i fratel-
li, può fare davvero molto bene; prendersi il tempo sufficiente per riuscire a ricor-
dare anche gli episodi piacevoli e felici di quella gravidanza è molto importante,
perché conferma che, nonostante il dolore, prima c’è stato un bambino, anche se
per poco o pochissimo, e che noi abbiamo potuto essere felici con lui. Mantenere
vivo un ricordo aiuta tantissimo, e dà significato al dolore che stiamo provando.
Incoraggiate gli altri a parlarne, anche se spesso molti amici vivono nella falsa
convinzione che per noi è importante NON piangere e NON pensarci, quindi
ci raccontano di tutto, ma non ci ascoltano. Sentiamoci liberi il più possibile di
esprimere i nostri ricordi e le nostre impressioni con le persone che sentiamo più
vicine.
Il lutto ed i fratellini
Avere già altri figli può essere un’immensa opportunità per non lasciarsi sfini-
re dal lutto, ma è anche un ostacolo ad un libero processo di elaborazione, per il
semplice fatto che occuparsi di un bambino ci costringe a rateizzare i momenti
no, a limitare le scene di dolore, e comunque a fornire spiegazioni e rassicurazioni
(mai negare che siamo tristi, mai mentire, i bimbi si disorientano e possono farsi
strane idee). Tra i 2 ed i 5 anni i fratellini possono richiedere spiegazioni sul fra-
tellino che è andato via, e possono chiedere molte volte quando torna, perché non
torna e dov’è la pancia. Non dobbiamo fingere, spieghiamo con parole semplici
adatte all’età e manteniamo tutti la stessa versione dei fatti. Quando ce la sentia-
mo, parliamo col piccolo del fratellino che è andato via, ricordarlo fa bene a tutti
(oltre che fornire a vostro figlio un’idea più equilibrata ed onesta della vita).
Le risorse per chi affronta la perdita di un figlio
• la linea telefonica, in preparazione, per dare la possibilità ai genitori di
contattare mamme volontarie, socie dell’associazione, formate per il
supporto al lutto in gravidanza.
Presentazione dell’associazione CiaoLapo Onlus
Grazie al contributo dei soci e degli iscritti CiaoLapo Onlus promuove e sostiene que-
ste iniziative:
• Promozione della formazione sul lutto di medici, psicologi e volontari
associati, nel campo dell’automutuoaiuto nel lutto perinatale.
• Collaborazione attiva con medici, psicologi e professori di ostetricia ed
infermieristica, allo scopo di migliorare l’assistenza ai genitori ed alle
famiglie colpite dalla perdita.
Approfondimenti
Libri consigliati
• Quasi Nati
www.quasinati.it
Testimonianze “da mamma a mamma”, per non sentirsi soli. Una delicata occa-
sione di confronto, per tutti i genitori che si trovano ad affrontare la perdita di un
bambino in gravidanza.
glia Marta, scomparsa per SIDS, per aiutare i bambini ed i genitori che devono af-
frontare le difficoltà della malattia e della degenza ospedaliera.
© 2007 CiaoLapo Onlus