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Indice

Introduzione ......................................................................................................... 3
1. Da “dipendente” a “libero-professionista” ........................................... 4
2. Caratteristiche della libera professione di Psicologo ....................... 8
3. Le 7 qualità personali e professionali necessarie ........................... 18
Conclusioni .......................................................................................................... 27

Se vuoi un supporto personalizzato per l’avvio della


professione, ho predisposto consulenze on-line, al minimo
tariffario (€ 35), per un’ora di indicazioni e suggerimenti.

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Introduzione

Cosa significa lavorare come libero


professionista? Quanto si guadagna?

Qual è il segreto degli psicologi che riescono


a lavorare in proprio, anche in tempi di crisi?

Questo e-book ti aiuterà a rispondere a


queste domande, fornendo indicazioni per
collocarti in un’ottica di libera professione, che nel
mercato attuale è diventata ormai pressoché l’unica
opportunità per lavorare come psicologo.

Oggi lo psicologo non lavora quasi più come


dipendente di Asl o centri clinici statali e privati,
ma è soprattutto un libero professionista.

Il lavoro dello psicologo è diventato


un’attività “imprenditoriale”, che richiede
intraprendenza e competenze manageriali.

Leggendo l’e-book potrai iniziare a familiarizzare


con i concetti e gli strumenti di per l’avvio di
un’attività in proprio. Buon Lavoro!

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1. Da “dipendente” a “libero-professionista”

Se sei un giovane psicologo, ecco una storia


in cui è possibile che tu possa identificarti.

È la storia di una giovane psicologa,


Francesca, laureata con il massimo dei voti.
Sogna di lavorare in ambito clinico e peritale,
tanto che ha già frequentato due costosi master,
uno in Psicologia Giuridica e uno in Psicodiagnostica.

Dopo il tirocinio, è rimasta un anno alla Asl,


come volontaria, sperando che la sua bravura
venisse prima o poi riconosciuta e ricompensata,
anche solo con un “progettino” retribuito.

Insomma, una giovane psicologa qualificata,


competente e volenterosa come tantissimi.

Adesso però è venuto il momento di cercare


lavoro. Cosa fa per trovarlo?

Francesca trascorre intere giornate davanti al pc,


cercando su Google “offerte di lavoro per
psicologi” oppure “concorsi per psicologi”.
Poi invia il suo curriculum via e-mail a
cooperative, associazioni e cliniche, sperando di
essere convocata per un colloquio.
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Eppure, non riceve risposta o, peggio, riceve
proposte di volontariato e collaborazioni non
retribuite.

Qualche proposta finisce per accettarla, per fare


esperienza, ma di lavoro retribuito, nulla.

Perché Francesca, nonostante sia qualificata,


competente e volenterosa, non trova lavoro?

Perché questi metodi di ricerca del lavoro, basati


sulla ricerca di offerte e di concorsi, risultano quasi
sempre fallimentari?

Purtroppo, sia il curriculum che il concorso


presuppongono una concezione impiegatizia del
lavoro dello psicologo, come un dipendente che
viene assunto da una struttura.

Nel 99% dei casi, invece, il lavoro dello


psicologo è autonomo, basato sull’individuazione
di un bisogno del mercato e sull’organizzazione di
un’attività che possa soddisfarlo.

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Quindi, anche inviando il curriculum, per quanto
sia ricco di titoli e di esperienze di volontariato, è
raro che possa portare a un’assunzione.

Si tratta di uno strumento per trovare lavoro


come dipendente. Invece lo psicologo è un
libero professionista che lavora in proprio, non
viene “assunto” da qualcuno, anche se è bravo e
preparato.

Come tutti gli altri gli altri liberi


professionisti, ad esempio avvocati, dentisti,
commercialisti, viene pagato a parcella, per
una prestazione effettuata ad un cliente che si è
rivolto al suo studio oppure per una struttura con
cui collabora, in qualità di consulente esterno con
una sua Partita Iva.

Quindi lo psicologo non percepisce uno


stipendio mensile, ma un compenso specifico per
un servizio altrettanto specifico, in risposta al
bisogno di un cliente o dell’azienda che lo ha
contattato.

Molti psicologi spesso non trovano lavoro


proprio perché cercano un posto da

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dipendente e si collocano in un’ottica di
subalternità rispetto a chi deve dare loro il lavoro.

Come Francesca, orientano i loro sforzi nella


ricerca di un’assunzione, piuttosto che nella
progettazione di un servizio da proporre al
mercato, e non si collocano in un’ottica di libera
professione come gli avvocati, i commercialisti o gli
architetti.

Francesca potrà migliorare la sua situazione


lavorativa innanzitutto immaginandosi come libera
professionista, come un’imprenditrice.

Non può limitarsi ad eseguire le sue


mansioni, come avverrebbe se lavorasse da
dipendente, ma sarà impegnata anche a progettare
e promuovere i suoi servizi, ad aumentare i clienti
in studio e le collaborazioni con strutture,
associazioni e aziende varie.

La quantità di lavoro e di guadagno che


riuscirà ad ottenere, non dipenderà soltanto dai
suoi titoli e dalla sua bravura, ma soprattutto da
quanto riuscirà a sintonizzarsi con i bisogni del
mercato e dall’intensità con cui attiverà

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strategie di autopromozione per far conoscere
i suoi servizi.

È una prospettiva di lavoro e di vita molto


instabile e totalmente autogestita, ma con notevoli
potenzialità di crescita sia personale che economica,
anche in tempi di crisi.

La professione di psicologo è quindi soprattutto


una libera professione.

2. Caratteristiche della libera professione di


Psicologo

Come reagirà Francesca all’idea di collocarsi


in un’ottica di lavoro libero professionale?

Sicuramente è destabilizzante, implica un diverso


stile di vita, privo di certezze, stabilità e orari
regolari.

Soprattutto, richiede di svolgere numerose


attività “dietro le quinte”, oltre al lavoro frontale
con i clienti.

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Quali sono le attività dietro le quinte?

Alcune sono indicate nel secondo grafico a torta


qui sotto, quello tipico di un libero professionista,
molto diverso rispetto al grafico di un dipendente
classico con funzioni puramente esecutive.

Lavoro dipendente Lavoro libero- professionale

Il dipendente puro ha mansioni


prevalentemente esecutive, perché
generalmente qualcuno, ad esempio il datore di
lavoro, gli indica cosa deve fare.

Lui esegue diligentemente gli ordini, nei modi e


tempi stabiliti dal contratto di assunzione. A fine
mese ritira il meritato stipendio.

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Lo psicologo libero professionista invece
organizza da sé il suo lavoro. È sia regista che
attore delle sue attività.

La parte operativa, quella in cui svolge


concretamente il lavoro, facendo colloqui, corsi,
gruppi, progetti, è una parte minima delle sue
attività, come si vede dallo spicchio giallo della
seconda torta, piuttosto ridotto.

Per la maggior parte del tempo, lo psicologo è


impegnato a promuovere i suoi servizi.

All’inizio dell’attività, infatti, è difficile che uno


psicologo trascorra molto tempo nel suo studio a
ricevere clienti, ma andrà spesso in giro ad attuare
strategie per far conoscere le sue attività, come si
vede dallo spicchio color verde militare, che è il più
ampio della torta.

Le attività per farti conoscere sono l’aspetto più


importante per il lavoro dello psicologo libero
professionista, perché incide di più sulle spese,
sulla gestione del tempo e soprattutto sui
guadagni. Più ti promuovi, più lavori, più guadagni.

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Il secondo spicchio più ampio della torta è quello
fucsia, relativo alla progettazione delle attività.

Ad esempio, se uno psicologo vuole attivare uno


sportello di ascolto a scuola, dovrà prima studiare
questa attività, analizzare le leggi che la
disciplinano, documentarsi sulle tecniche da
applicare nell’ascolto degli adolescenti. Poi dovrà
valutare quante e quali scuole ci siano sul territorio
e se dispongano già di sportelli di ascolto.

Quindi, lo psicologo impegnerà molte ore a


predisporre le attività da realizzare.

Tutto questo lavoro preparatorio richiede


sforzo e impegno, ma non sarà retribuito da
nessuno.

Dopo promozione e progettazione, un altro


spicchio cospicuo del lavoro libero professionale è
quello dell’ideazione, che è quasi pari allo spicchio
del fare network.

Ideare vuol dire pensare e ripensare quali nuove


attività puoi offrire al mercato, prendendo spunto
da tutto e sempre.

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Tra tutte le idee che ti verranno in mente, spesso
solo poche si riveleranno concretizzabili, però c’è un
lavoro continuo di riflessione, osservazione ed
elaborazione di nuove proposte… sempre che tu
non ti voglia fermare alla classica attività
clinica in studio, ormai satura.

Fare network vuol dire, invece, stringere


collaborazioni e partnership con altri professionisti,
associazioni, centri e istituzioni varie, cioè crearti
una rete di contatti e di relazioni.

Infatti, lo psicologo non lavora da solo, ma


struttura una rete, poiché questo è un altro
elemento strategico, oltre alla promozione, per
lavorare con continuità.

I clienti, gli incarichi, le docenze, non arrivano da


soli, ma spesso provengono dai professionisti con
cui riuscirai a fare rete.

Ad esempio, se hai studiato psicologia dello


sviluppo e vuoi aprire uno studio per occuparti
di Adhd, chi ti invierà i bambini iperattivi?

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Occorrerà fare rete con i pediatri, perché sono le
figure a cui le mamme si rivolgono per i problemi di
comportamento del figlio.

Se vuoi occuparti di perizie, occorrerà fare rete


con avvocati e medici legali che possano affidarti un
incarico. E così via.

La rete dovrà essere duplice. Da un alto,


occorre stabilire relazioni con altri
professionisti che possano farti da invianti.

Dall’altro lato, occorre creare relazioni con


potenziali clienti, ad esempio creando una lista di
contatti e-mail di persone interessate a un
argomento, da contattare quando organizzi
un’attività specifica.

Ad esempio, se vuoi occuparti di ansia,


organizzando un corso di tecniche di rilassamento
per aiutare i pazienti a calmarsi nei momenti di
agitazione, chi parteciperà?

Mettendo volantini o annunci su internet, è


difficile raggiungere un numero sufficiente di
partecipanti.

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Occorrerà prima aver creato un archivio di
contatti e-mail o Facebook di persone che
soffrono di questo disturbo, ma non prelevando le
e-mail o i dati da qualche sito, bensì attraverso
strategie che motivino le persone a lasciarti
spontaneamente il loro contatto, autorizzandoti al
trattamento dei loro dati.

Poi occorrerà coltivare la relazione con


queste persone, per conoscere meglio i loro
bisogni e predisporre un’attività che possa
soddisfarli.
Alla fine, dopo una serie di interazioni, quando
avrai stabilito con loro un rapporto di fiducia e
conoscenza, potrai proporre il tuo corso e allora si
iscriveranno.

In altri casi, è difficile che le persone possano


venire al tuo studio “a freddo”.

È certo possibile, ma generalmente non in misura


tale da garantirti una continuità di lavoro e di
reddito.

Dunque, creare e coltivare una rete di


potenziali invianti e allo stesso tempo anche

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una rete di potenziali clienti è indispensabile
per lavorare.

Ci sono anche in questo caso tecniche per crearsi


una rete. Per ora evidenziamo che lavorare come
psicologo oggi, in un mercato saturo e
ipercompetitivo, dipende principalmente da due
fattori:

1) dall’intensità con cui metterai in atto


strategie di promozione;
2) dall’ampiezza della rete che riuscirai a
crearti con altri professionisti e con potenziali
clienti.
Per ogni operazione, occorre infine verificare
quanto sia stata efficace ed efficiente, cosa sia
andato bene e cosa debba essere migliorato.

In sintesi, si può notare come nel lavoro dello


psicologo, la parte operativa e frontale sia
molto ridotta rispetto a quella “dietro le
quinte”, che è molto più faticosa, incessante,
ma determinante.

Riepilogando, questo è l’elenco delle attività


“dietro le quinte” che occorre svolgere per poter
lavorare come psicologo libero professionista:

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1) Promuoverti: far conoscere incessantemente i
tuoi servizi;
2) Progettare: preparare scrupolosamente le tue
attività;
3) Ideare: pensare continuamente a cosa offrire;
4) Fare Network: stringere relazioni strategiche;
5) Verificare: valutare se l’attività che hai svolto è
stata efficace;
6) Eseguire: svolgere gruppi, corsi, docenze,
incontri a tema…non solo colloqui!

Per ogni ora “frontale” con l’utenza, spesso ce ne


sono dietro molte di più di lavoro preparatorio e
promozionale.

Questo significa che la settimana di lavoro


sarà organizzata in modo molto diverso da
quella di un lavoratore dipendente puro, come
si vede da questi due grafici.

1. Lavoratore dipendente puro 2. Libero professionista

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La prima agenda, propria di un dipendente,
prevede un posto di lavoro in cui si va dal Lunedì
al Venerdì, dalle ore 9:00 alle ore 18:00. I week-
end sono liberi.

La settimana dello psicologo è più


diversificata.

Ad esempio, come si vede dalla seconda agenda,


tipica di uno psicologo di oggi, il Lunedì, Mercoledì e
Venerdì mattina sta in una struttura a svolgere
un’attività, ad esempio in un’azienda commerciale a
selezionare venditori.

Poi Sabato e Domenica mattina (che per il


dipendente sono giorni festivi) sta in un centro di
formazione a fare una docenza.

Poi Mercoledì e Giovedì sera sta in una palestra a


svolgere un corso serale sulle tecniche antistress
oppure sta in un centro benessere a fare serate
sull’autostima.

Due mattine sono indicate con la P, perché


sono libere, ma in realtà lo psicologo le utilizzerà

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per dedicarsi alla progettazione o alla promozione.
E così via.

Lo psicologo libero professionista ha quindi


un’agenda a puzzle, incastra tanti tasselli,
spostandosi da un posto all’altro.

Questo implica che oltre a doversi organizzare


il lavoro, occorre organizzarsi anche la vita,
reggendo lo stress che questi spostamenti e
cambiamenti possono provocare.

Per aiutarti a organizzare la tua settimana, puoi


utilizzare il file Excel intitolato “Planning”, che hai
ricevuto insieme a questa mini-guida.

3. Le 7 qualità personali e professionali


necessarie

La libera professione richiede almeno 7 qualità


personali e professionali:

1) Gestire e organizzare da solo le tue


attività: non hai un “capo” che stabilisca il tuo
orario di lavoro, le mansioni da svolgere e i tempi
entro cui concludere un incarico.

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Come psicologo occorre organizzare
autonomamente il lavoro e il tempo, controllando
la tua efficienza.

Quando è liberi di gestirsi da soli, spesso si tende


a procrastinare, visto che nessuno controlla “se
sono stati fatti i compiti” e nessuno costringe a
consegnarli entro una certa data.

Per rendere efficiente tua attività che, in assenza


di ordini da eseguire, può rischiare di essere svolta
in modo caotico e improvvisato, può essere utile
formulare obiettivi a breve, medio e lungo
termine, individuando le modalità per raggiungerli.

Sarà utile anche fare periodicamente un bilancio


del loro raggiungimento ed eventualmente rivederli,
così da sviluppare un “controllore interno” e
lavorare in modo produttivo.

2) Convivere con l’instabilità finanziaria: la


libera professione implica l’assenza di certezze,
soprattutto dal punto di vista del reddito.

Non c’è un’azienda che garantisce uno stipendio


fisso a fine mese, perché un mese si può

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guadagnare tanto, spesso anche il triplo di un
comune impiegato, lavorando meno ore.

Un altro mese si può non guadagnare nulla e


dover comunque coprire le spese dell’attività
(affitto dello studio, commercialista, enpap, ecc.).

A volte il lavoro sembra non arrivare mai, altre


volte arriva tutto insieme.

Alcune iniziative per farti conoscere non portano


risultati, nonostante gli sforzi, altre invece
ottengono inaspettatamente riscontri.

In alcuni periodi dell’anno si lavora intensamente,


in altri meno. Occorre quindi cercare di
stabilizzare le proprie entrate, di monitorare
entrate e uscite, di ottimizzare i costi, cautelandosi
anche in vista dei periodi in cui si lavora meno.
3) Tollerare le frustrazioni: spesso capita di
organizzare seminari, corsi e attività, che
sembrerebbero rispondere alle richieste del mercato,
invece non ottengono riscontro.

Ad esempio, organizzi un seminario e si


iscrivono solo 2 persone, poi una si ritira, poi si

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prenotano altre 2, ma non si presentano il giorno
del seminario, quindi alla fine il seminario non parte.

Quando si pianifica con cura un’attività e ci si


sforza di promuoverla con costanza, ma non si
ottengono risultati, si sperimenta frustrazione e
demotivazione che spesso induce a mollare.

Occorre mettere in conto questo stress, senza


farsi scoraggiare e passando subito all’attività
successiva.

4) Apprendere dagli insuccessi: tollerare la


frustrazione delle iniziative che non partono,
nonostante l’investimento di tempo ed energia
richiesto per organizzarle e farle conoscere, aiuta
ad apprendere dagli insuccessi.

Se un seminario non parte, perché non si iscrive


nessuno, se un’attività che pensavi potesse essere
apprezzata, non riceve la dovuta attenzione del
mercato, si possono comunque sfruttare queste
evenienze come opportunità per aggiustare il
tiro, cambiare un elemento e riprovare.

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Ad esempio, a volte riproponendo il seminario in
un altro giorno, in un altro orario, in un’altra città,
può trasformarlo in un seminario di successo.

Altre volte, per rilanciare un’attività che


sembrava non destare interesse, può essere utile
cambiare le strategie di promozione: se
falliscono quelle on-line, si può tentare con quelle
territoriali.

Oppure, i canali promozionali erano giusti, ma


non sono stati battuti con la dovuta costanza,
quindi intensificando la promozione, si ottiene
maggiore visibilità.

Se modificando tutti gli elementi possibili non si


ottiene riscontro, vuol dire che l’argomento del
seminario non era sintonizzato con i bisogni
del mercato e quindi si ha comunque una visione
più chiara di quello che interessa e non interessa
alle persone.

Solo dopo tentativi ed errori, si riesce a


tarare meglio il proprio paniere di servizi, fino
a individuare, attraverso numerosi tentativi ed
errori, le attività che ottengono riscontro.

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5) Lavorare in gruppo e fare rete: il libero
professionista non lavora tutto il giorno chiuso nel
suo studio.

Per molte ore è impegnato in progetti di


collaborazione presso strutture, associazioni e
centri, dove viene inserito in équipe, dovendo
quindi relazionarsi con altri professionisti.

Anche quando lavora nel suo studio, non sta


sempre solo davanti al cliente, anzi ormai quasi
tutti gli psicologi lavorano almeno in due,
organizzando insieme seminari, gruppi e corsi.

Anche quando lo psicologo non lavora con i


clienti, ma è impegnato a promuovere le sue
attività, dovrà fare rete, tessendo relazioni con
strutture, associazioni, centri.

È opportuno anche rapportarsi ad altri


professionisti che potrebbero non conoscere chi è e
cosa fa realmente uno psicologo. Per questo, è
opportuno accantonare la timidezza, uscire di casa
e mostrarsi di persona.

Spesso i giovani psicologi non si espongono,


cercano lavoro comodamente seduti davanti al

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pc, inviando il curriculum via e–mail e rinunciano
ad entrare in contatto diretto con gli altri, per non
fare figuracce.

Inizialmente, è imbarazzante alzare la cornetta


del telefono, bussare alle porte delle associazioni
per proporre di attivare un corso o un gruppo,
metterci la faccia, quando sarebbe più confortevole
e rassicurante inviare un’email.

Tuttavia, dopo una decina di goffi tentativi,


si acquisisce più disinvoltura e si riescono a
creare quelle relazioni strategiche per lavorare.

6) Far conoscere le tue attività. Per far


conoscere le tue attività e ottenere la fiducia dei
potenziali clienti, occorre svolgere costantemente
attività per farti conoscere e apprezzare, sia su
internet, sia sul territorio.

Spesso molte attività non riescono a decollare


perché non vengono promosse con la dovuta
costanza.

Mediamente, è opportuno dedicare almeno


20 ore la settimana alle attività per farti

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conoscere, per almeno 6 mesi o un anno,
soprattutto in questi periodi di crisi.

Nelle ricerche statistiche, è stato dimostrato che


un cliente, prima di acquistare un prodotto,
deve vederlo almeno 7 volte. Prima di prestare
attenzione a un messaggio, deve ascoltarlo 7 volte.

Trasponendo il concetto ai servizi psicologici, il


cliente o paziente deve vederti in 7 “posti” diversi,
prima di conoscerti, fidarsi e contattarti.

Puoi essere su internet con un blog, scrivere


un articolo su un portale, partecipare ad un forum,
rispondere su yahoo answers.

Nella tua città, puoi essere presente con una


locandina in un ambulatorio medico, organizzare un
seminario, intervenire in un seminario svolto da
professionisti limitrofi, fare un incontro a tema in
una struttura, in un’associazione, in una palestra, in
un’erboristeria.

Il potenziale cliente, vedendo il tuo nome più


volte e in più contesti, inizierà a ricordarsi di te,
ad associarti a un servizio e diventerai un punto di

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riferimento. Quindi avrai più probabilità di essere
contattato.

7) Cambiare continuamente: la libera


professione costringe a risintonizzarsi
costantemente con il mercato che cambia,
riposizionandosi spesso anche dopo soli 3-5 anni.

Questo implica aggiornarsi sempre, non


soltanto riguardo a conoscenze e competenze
strettamente psicologiche, ma anche trasversali, ad
esempio inerenti l’economia e il diritto.

Queste sono le 7 caratteristiche personali


per reggere la frustrazione e lo stress della
libera professione e per costruire in prima
persona il tuo lavoro e il tuo sviluppo professionale.

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Conclusioni

Questa guida ha fornito un inquadramento


sulla libera professione, che non è soltanto
una scelta di lavoro, ma anche una scelta di
vita.

Infatti, la libera professione richiede di


autogestirsi, conciliando tollerando stress e
convivendo con l’incertezza, sviluppando quindi
anche capacità personali ulteriori rispetto alle
competenze tecniche.

Attualmente, la libera professione è pressoché


l’unica opportunità rimasta per lavorare come
psicologo, creandosi e ricreandosi il proprio lavoro.

Ci vuole tempo e sforzo per sintonizzarsi con il


mercato, tuttavia facendo preliminarmente
un’analisi dei bisogni del territorio, ideando
un servizio che li soddisfi e realizzando un
marchio che ti identifichi, puoi sviluppare la tua
attività anche in tempi di crisi.

La stabilità, anzi la continuità di lavoro e di


guadagno, ormai non è più garantita da un

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contratto da dipendente, quanto soprattutto
dalla propria capacità di generare reddito.

Per crearsi una continuità di reddito, occorre


applicare con altrettanta continuità le strategie per
farti conoscere, che trovi descritte nelle altre mini-
guide.

Buon lavoro!

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