Sei sulla pagina 1di 3

1 Dal criticismo all'idealismo

A partire dal 1790, una volta pubblicate la Critica della ragion pura, della ragion pratica e del
giudizio, con le quali Kant aveva definito in modo efficace le due sfere degli interessi e dei poteri
umani, cioè da una parte quelli legati alla conoscenza, alla natura e alla necessità, dall'altra quelli
relativi al sentimento, alla volontà e alla libertà, si apre un decennio caratterizzato dalla nascita e
dall'affermazione nell'area tedesca di una nuova corrente filosofica che intende proseguire il
cammino iniziato da Kant e che ha come protagonisti i filosofi Fichte, Schelling ed Hegel. Questi
tre autori, pur muovendo dalle conclusioni a cui era pervenuto Kant, percorrono una strada teorica
che li porta a prendere le distanze dal loro grande maestro ideale e ad effettuare il passaggio dal
criticismo all'idealismo, termine che definisce le posizioni filosofiche molto diversificate di Fichte,
Schelling, Hegel.
Kant aveva chiamato la sua filosofia criticismo perché, contrapponendosi sia al dogmatismo,
quella corrente della metafisica tradizionale e dell'empirismo radicale che pretendeva di accettare
opinioni o dottrine senza interrogarsi sulla loro effettiva consistenza, sia allo scetticismo, che pur
avendo posizioni legittime non poteva considerarsi come una reazione conclusiva al dogmatismo,
faceva della critica lo strumento della filosofia per eccellenza. Il termine criticismo voleva dunque
assumere il significato di indagine preliminare sui poteri e sui limiti delle facoltà razionali umane
(conoscitive e non conoscitive) considerate a priori, ovvero prima del loro uso effettivo.
Il risultato ottenuto era il seguente:
- Le facoltà conoscitive possono conoscere la natura, intesa come un'insieme di fenomeni legati tra
loro oltre i quali non si può andare (le cose in sé possiamo pensarle ma non conoscerle), ma non
possono conoscere gli oggetti della metafisica tradizionale, ovvero l'anima, il mondo, Dio.
- Le facoltà non conoscitive, da parte loro, possono farci sentire interiormente (coscienza,speranza,
fede) che esiste un io con un'anima immortale, che esiste un mondo oltre i fenomeni, che esiste un
Dio oltre l'anima e il mondo, ma ci dicono anche che di tutto ciò non possiamo avere conoscenza.
In tal modo, Kant concludeva il suo pensiero con un dualismo radicale sia nel soggetto,
ammettendo da una parte le facoltà conoscitive della ragion pura e dall'altra le facoltà non
conoscitive della ragion pratica, sia nell'oggetto, riconoscendo da un lato i fenomeni conoscibili e
dall'altro le cose in sé non conoscibili.

2 L'idealismo
Alcuni “critici immediati” del kantismo, come Jacobi, Schulze, Maimon e Beck, ritennero
contraddittorio il concetto di cosa in sé. Se l’oggetto risulta concepibile solo in relazione a un
soggetto che lo rappresenta, come si può ammettere l’esistenza di una cosa in sé, ossia di una
realtà non pensata e non pensabile, non rappresentata e non rappresentabile? Evidentemente la
cosa in sé, secondo tale prospettiva, si configura come concetto impossibile, simile, come disse
Maimon, a una grandezza matematica come radice di –a.
Allora Fichte, Schelling ed Hegel, tentarono in diversi modi di superare il dualismo radicale nel
quale era sfociato il criticismo kantiano. Il superamento di tale dualismo viene definito, in parte da
loro stessi e soprattutto nella tradizione filosofica successiva, come idealismo. Nel linguaggio
comune il termine idealista indica le posizioni di chi segue determinati valori ideali, mentre, nel
linguaggio filosofico distinguiamo l’idealismo gnoseologico, cioè quelle posizioni di pensiero,
tipiche di Cartesio, Berkeley, Kant e Schopenhauer, che riducono l’oggetto della conoscenza ad
un'idea o ad una rappresentazione, e l’idealismo romantico. Quest’ultimo, nel suo significato
tecnico, quale viene inteso da Fichte, Schelling ed Hegel, significa nella sua accezione più
generale che esiste un'unica realtà assoluta di tipo ideale o spirituale, all'interno della quale si
pongono le relative distinzioni di soggetto e oggetto, libertà e necessità, individuo e mondo, io e
Dio. Nell'idealismo romantico, tutti i dualismi trovati nel pensiero kantiano, vengono considerati in
maniera molto diversa, come distinzioni interne, relative all'ambito di un'unica ed assoluta realtà,
la cui natura è essenzialmente spirituale o ideale.
3 L’idealismo trascendentale di Fichte
Fichte, in una formula spesso citata e apparentemente simile a un gioco di parole, riassume il suo
idealismo nella frase «l'Io pone il Non-Io nell'Io per essere Io». Con questa sorta di gioco di
parole, di ispirazione kantiana, Fitche sostiene che l'essere umano (l'lo) essendo di natura
essenzialmente morale, sente il dovere di realizzare questa sua natura (di essere cioè
compiutamente Io), il che può essere fatto soltanto lottando (nell'Io, cioè in se stesso) contro le
tentazioni degli impulsi (Non-Io) provenienti dalla propria sfera animale e naturale. L'essere
umano, quindi, nella sua natura essenzialmente spirituale, assorbe in qualche modo il resto della
realtà lottando per realizzare se stesso, mentre l'umanità come insieme di esseri umani in lotta per
realizzare se stessi punta a mettere in atto un ordine morale che appare simile, nell'ultimo Fichte, al
mondo delle anime di ascendenza platonica o neoplatonica.
In altri termini per Fichte:
 lo Spirito crea la realtà, nel senso che l’uomo rappresenta la ragion d’essere dell’universo
che in esso trova il suo scopo;
 la natura esiste non come realtà a sé stante, ma come momento dialettico necessario alla
vita dello Spirito.
Per Fichte la figura classica di un Dio trascendente è solo una chimera. L’unico Dio possibile è lo
Spirito dialetticamente inteso, ovvero il soggetto che si costituisce tramite l’oggetto, la libertà che
opera attraverso l’ostacolo, l’io che si sviluppa attraverso il non io.

4 L’dealismo soggettivo di Schelling


Schelling che inizialmente, fino al 1800, si dichiara seguace del pensiero di Fichte, se ne
differenzia poi nel superamento del dualismo kantiano fra natura-necessità e individuo-libertà per
una tesi che viene spesso richiamata nella formula «la natura è lo spirito addormentato, lo
spirito è la natura risvegliatasi». Tale formula sta a significare che natura e spirito sono aspetti
diversi ma interni di un'unica realtà spirituale, che a volte dorme (natura) e a volte sta sveglia
(spirito). Lo star svegli, ovvero il rendersi conto dell'unicità della natura spirituale di tutto ciò che
esiste, per Schelling, è una cosa che riguarda non la conoscenza scientifica o filosofica ma una
forma diversa e superiore di conoscenza, ossia l'intuizione estetica. Più avanti, dall'intuizione
estetica Schelling passerà a un tipo di conoscenza che ha a che fare più con la religione che con la
filosofia o l'estetica.
Schelling chiama il suo idealismo “soggettivo” per contrapporlo alla filosofia di Spinoza, che
aveva si ridotto la realtà a un principio unico, la Sostanza, ma aveva inteso la sostanza stessa in
termini di natura, cioè di oggetto.

5 L’idealismo assoluto di Hegel


Hegel, il più importante dei tre, inizialmente vicino a Kant, Fichte e Schelling, se ne separa in
maniera pubblica nell’opera del 1807 intitolata La Fenomenologia dello Spirito. Al centro
dell'opera vi è la storia umana, nei suoi aspetti individuali e collettivi, che viene descritta e
analizzata come una successione necessaria di esperienze dell'umanità nel suo cammino verso
l'autocoscienza o libertà: nel suo progressivo rendersi conto, cioè, di essere nient'altro che un
aspetto o momento e, quello più elevato e maturo, del processo dialettico e necessario della storia
dello Spirito o Ragione o Idea (nomi con i quali Hegel indica l'unica intera e totale Realtà di cui
siamo parte).
L’idealismo di Hegel è detto “assoluto” perché sostiene che l’io o lo spirito sono l’essenza di tutte
le cose e, oltre i quali nulla esiste.

Potrebbero piacerti anche