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L’IDEALISMO

L’idealismo è la più importante filosofia all’interno del romanticismo, ma non tutto il romanticismo
sul piano filosofico è idealista, in quanto esso non è un movimento omogeneo. Tale filosofia la
collochiamo alla Germania, in quanto culla della filosofia in Europa dal 1780 al 1830. La Germania
inoltre si era imposta sul piano filosofico soprattutto con colui che viene definito un giano bifronte,
ossia Kant, in quanto da una parte illuminista e dall’altra preromantico. I 3 principali
rappresentanti dell’idealismo tedesco sono: Fichte (padre dell’idealismo), Schelling ed Hegel.
Quando morì Hegel vi fu il ritorno di Schelling con una filosofia più irrazionale infatti con lui inizierà
quella parte della filosofia che prende il nome di irrazionalismo. L’espressione più alta
dell’irrazionalismo filosofico è Schopenhauer, la cui filosofia è vicina per alcuni aspetti al pensiero
di Leopardi, in quanto filosofo del pessimismo. Tra l’altro Schopenhauer aveva letto le opere di
Leopardi e lo aveva definito una sorta di fratello nello spirito. Il punto da cui parte l’idealismo è
Kant. L’idealismo inoltre è una sorta di superamento delle contraddizioni presenti nella filosofia di
Kant.
Tra la filosofia di Kant e degli idealisti possiamo individuare alcune differenze:
1) La filosofia degli idealisti è una forma di monismo. Quella di Kant è una forma di dualismo
perché in ambito gnoseologico ha lasciato irrisolta la contrapposizione tra fenomeno e
noumeno. Il fenomeno è la conoscenza certa ed è sintesi di materia e forma. Il noumeno che è
ciò che è pensabile ma non conoscibile, la cosa in sé, che esiste indipendentemente dal
soggetto, da quest’affermazione i post-Kantiani criticano Kant.
L’esistenza è una delle 12 categorie; e le categorie secondo quanto dice Kant posso essere
applicate solamente al materiale sensibile. I post-kantiani dicono che Kant ha fatto un errore
perché se lui aveva detto che le categorie devono essere applicate all’esperienza per poter
avere conoscenza e poi definisce il noumeno come la cosa in sé che esiste indipendentemente
dal soggetto come fa a formulare questo giudizio su qualcosa su cui l’uomo non ha esperienza?
Kant quindi applica la categoria dell’esistenza a qualcosa su cui l’uomo non ha esperienza,
tanto che dice che è pensabile, ma non conoscibile, perché infatti l’uomo non può dare un
giudizio conoscitivo di Dio perché non può fare esperienza, però cade nella trappola del
noumeno. Kant contraddice sé stesso e da tale contraddizione prende spunto Fichte che è il
padre dell’idealismo, il quale sostiene che data la contraddittorietà del concetto di noumeno,
allora esso non esiste, ma l’unica realtà che esiste è il soggetto, l’io. E questa unica realtà
assume diverse denominazioni: Soggetto-Io-Pensiero-Assoluto-Spirito e ciò rappresenta il
principio da cui tutto ha origine. Tutto esiste per l’io, nell’io e in funzione dell’io. Dunque la
filosofia di Fichte è una filosofia monista e quindi si passa dal dualismo Kantiano al monismo
perché esiste un unico principio da cui tutto ha origine. Fichte ed Hegel fanno riferimento ad
un passo della bibbia in cui sta scritto “in principio era il logos” perché prima di tutto c’è il
pensiero.

2) La filosofia di Kant è la filosofia del limite-finito perché la conoscenza dell’uomo doveva


rimanere entro i limiti dell’esperienza e se va al di là va incontro ad una serie di errori. La
filosofia degli idealisti al contrario è dell’infinito, perché c’è questo bisogno di andare al di là
dei limiti per raggiungere l’infinito.
3) Kant esponente dell’illuminismo puntava sulla ragione ma fa differenza tra ragione ed
intelletto, il quale lui privilegia, in quanto permette l’uomo di conoscere, ma resta entro i
confini dell’infinito. Per gli idealisti ed in modo particolare per Hegel la facoltà più importante
non è l’intelletto in quanto resta entro i limiti ma la ragione la quale può tutto.
I 3 idealisti non sono tutti uguali e infatti ci sono 3 forme di idealismo:

 Idealismo di Fichte è “soggettivo o etico” perché c’è un primato del soggetto(uomo)


sull’oggetto(natura), la natura esiste perché c’è l’uomo che attribuisce un senso alle cose e
ciò che caratterizza l’uomo è l’agire e l’obbiettivo dell’agire è raggiungere la libertà ovvero
l’infinito e per questo motivo si chiama etico perché è anche un agire morale, in questo
Fichte è vicino alla filosofia di Kant.
 Idealismo di Schelling “estetico”
 Idealismo di Hegel “assoluto, panlogismo” pan: tutto - logos: pensiero quindi tutto è
pensiero.

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L’elemento che consente il passaggio dalla filosofia dualista a quella monista, e dunque dalla
filosofia kantiana a quella idealista è l’eliminazione della “cosa in sé”. Per Kant esiste, mentre i
postkantiani si chiedono se effettivamente esista la “cosa in sé”, ciò che si chiedono è: <<come sia
possibile la sua esistenza se Kant stesso aveva affermato che l’esistenza è una delle categorie, le
quali vanno applicate a ciò di cui si ha esperienza, ma in realtà non si ha esperienza della cosa in sé
dato che esiste indipendentemente dal soggetto>> Questo è il dubbio dei postkantiani.
A questo punto Fichte elimina la cosa in sé perché, secondo lui, non esiste nulla che non sia posto
dal soggetto. Di conseguenza viene meno il noumeno e rimane solo un principio alla base della
realtà che è l’IO.
Tuttavia dell’io ne aveva parlato anche Kant, la differenza tra quello di Kant e quello di Fichte è
che:
- L’io penso di Kant è un principio formale e finito; l’io di Kant trova davanti a sé una realtà che
indipendentemente da esso esiste. Ed è formale, perché esso svolge un’attività di sintesi del
materiale empirico attraverso delle forme a priori, e finito perché ha un limite rappresentato
dall’esperienza, non può andare aldilà di essa.

Tuttavia eliminando la cosa in sé e sostenendo che tutto dipende dall’io (tutto è per l’io, nell’io ed
in funzione dell’io), la realtà viene posta dall’io. Di conseguenza l’io penso di Kant in Fichte cambia.
- L’io penso di Fichte è un principio materiale e infinito; materiale, perché non essendoci più la
cosa in sé, la realtà diventa una creazione dell’io. E poiché non ha più ostacoli o limiti è anche
infinito.

L’idealismo contiene aspetti che è possibile trovare nei filosofi precedenti.


Una delle influenze è rappresentata dalla filosofia di Leibnitz. Egli, infatti, ammetteva soltanto
l'esistenza delle monadi, considerati come atomi di natura spirituale, per Leibnitz la materia era
passiva. Dunque con Leibnitz si parla di spiritualismo in quanto tutto è Spirito. Infatti nell'idealismo
è presente l'eco dello spiritualismo di Leibnitz (a proposito del principio spiritualistico che è alla
base di tutto).
Per Kant non era possibile la metafisica come scienza. Al contrario per gli idealisti la filosofia
coincide con la metafisica. Hegel criticando Kant dirà che: <<un popolo senza la metafisica è come
una chiesa senza altare>>. Dunque la metafisica per gli idealisti è fondamentale.
Inoltre il discorso di Kant era prevalentemente gnoseologico cioè legato alla conoscenza; ovvero
spiegare come fosse possibile giungere ad una conoscenza certa, obiettiva, universale, scientifica.
Invece il discorso di Fichte, seppur da una parte gnoseologico, era prevalentemente
ontologico/metafisico (Metafisica e ontologia sono sinonimi).
Fichte elimina la cosa in sé e L’io penso di Kant, da semplice legislatore della natura, diventa un
ente creatore. Con Fichte L’io diventa principio metafisico, materiale e infinito. Per Fichte la
materia, oggetto, natura e ciò che posto(creato) dall’io. Non ha lo stesso valore dell’io perché ne
rappresenta l'antitesi. Se l'io è libero la natura non lo è. Per questo motivo Fichte definiva la natura
anche come “non-io” proprio perché è diversa dall’io. Fichte ha una visione negativa della natura
in quanto limita l’uomo. L'io è l’elemento attivo mentre la natura è l’elemento passivo.
Per gli idealisti e in particolare per Fichte la natura è qualcosa che è posta in funzione dell'io. Ecco
perché è inferiore all’io. Difatti la filosofia di Fichte è di tipo soggettivo perché c'è un primato del
soggetto(io) sull'oggetto(natura).
L'oggetto e il non-io hanno senso perché c'è l’uomo che agisce su di essi. L’idealismo di Fichte è
anche etico, perché ciò che contraddistingue l'uomo è l’azione, l'uomo agendo diventa libero. In
questo suo pensiero, Fichte è collegato a Kant. Fichte dice che il proprio pensiero è sempre il
pensiero di qualcosa, anche quando si pensa di non pensare in realtà si sta pensando. Il pensiero
non può essere annullato nemmeno quando si sogna. Quello che è importante per Fichte è il
pensiero. Egli porta avanti il discorso di Cartesio sul pensiero, il quale aveva già anticipato che
l'esistenza dell'uomo è certa in quanto c'è il pensiero <<Penso dunque sono>>. Con Fichte il
pensiero diventa assoluto perché prima del pensiero non c'è nulla.
Mentre per i naturalisti è proprio la natura/materia ad essere causa dello spirito per gli idealisti è il
contrario.
FINE FOTOCOPIA

FICHTE (p. 546)


Fichte è considerato il padre dell’idealismo. Egli ha dovuto lottare per affermare la sua libertà,
apparteneva ad una famiglia povera, ma sin da piccolo aveva mostrato una certa intelligenza, fu
notato da un signore della cittadina in cui viveva e sovvenzionò gli studi di Fichte, dopo la laurea
per mantenersi lavorava come precettore nelle famiglie agiate, ad un certo punto uno studente si
presentò da Fichte e gli chiese di spiegargli la filosofia di Kant e Fichte si immerse nello studio delle
3 critiche e rimase colpito dalla critica della ragion pratica per il tema fondamentale della libertà.
Incuriosito si reca a Konigsberg città di Kant per ascoltare le sue lezioni e per fargli leggere un
saggio che aveva scritto “Saggio di critica di ogni rivelazione”, che pubblicò in maniera anonima.
Quando venne pubblicato era così vicino alla filosofia di Kant che molti lo considerarono un’opera
Kantiana e fu lo stesso Kant a dire che si trattava di Fichte. Diventa professore in uno dei centri
universitari più importanti della Germania “l’università di Jena”. Anche qui deve lottare per
affermare la sua libertà perché scrive nella rivista “il giornale filosofico” un articolo in cui definiva
Dio non come essere trascendente ma, influenzato dalla filosofia di Kant, lo definiva “l’ordine
morale del mondo”, per tanto venne accusato di ateismo, non ebbe l’appoggio della comunità
accademica e fu costretto a lasciare l’università di Jena. Tra quelli che incoraggiavano Fichte a
lasciare Jena vi è una della delle più grandi personalità della cultura tedesca “Goethe”.
Successivamente prende il suo posto Schelling all’età di 25 anni. Fichte va a Berlino e diventa
professore di filosofia e rettore dell’università. In quel periodo la Prussia viene occupata
dall’esercito francese comandato da Napoleone; Egli nei riguardi della rivoluzione francese aveva
un giudizio positivo perché non poteva che riconoscere il potere della rivoluzione francese, in
quanto lotta di un popolo per affermare la sua libertà. Quando la Prussia viene occupata dalle
truppe francesi guidate da Napoleone, Fichte scrive “I discorsi alla nazione tedesca” 1807/8 sono
un invito alla “nazione” tedesca ad essere una guida dell’Europa. Tuttavia tali discorsi furono
strumentalizzati durante il periodo nazista per sottolineare una sorta di primato della razza
tedesca sulle altre, ma queste non era nelle intenzioni di Fichte.

L'opera principale di Fichte è “I fondamenti dell’intera dottrina della scienza”. Secondo lui la
dottrina della scienza era la metafisica. Per lui la filosofia/metafisica è superiore a tutte le scienze
compresa la matematica. Questo perché la matematica si basa sui cosiddetti postulati che bisogna
accettare così come sono, non è necessario dimostrarli. Invece la filosofia è l'unica scienza in grado
di giustificare i suoi stessi principi.
Occorre fare una distinzione tra idealista filosofico e idealista comune. Quest'ultimo è colui che
porta avanti i propri ideali ed è pronto a sacrificarsi per essi. In questa accezione un esempio è
Socrate il quale aveva deciso di farsi uccidere pur di non abbandonare i suoi ideali.
Per Fichte tutta la storia della filosofia si può ricondurre a due grandi sistemi filosofici: idealismo e
dogmatismo. La scelta tra essere idealisti o dogmatici è una questione legata al carattere. Il
soggetto etico che vuole agire e superare limiti diventerà idealista, mentre colui che pensa di non
poter superare i limiti e vuole rimanere all'interno di essi sarà dogmatico. L'idealismo viene visto
come una scelta di vita, che tra l'altro Fichte aveva preso. Fichte, nella sua vita, ha agito sempre in
nome della Libertà, prima di tutto la libertà di pensiero.

L’io è principio della realtà, è assoluto e non c'è nulla al di fuori di esso. L'io ha una struttura
dialettica, che procede attraverso tre momenti. Per questo prende il nome di dialettica triadica.
(Anche la filosofia di Hegel sarà una filosofia dialettica triadica).
La differenza tra la dialettica di Kant è quella di Fichte è che: in Kant la dialettica è il tentativo del
pensiero di andare oltre l'esperienza (Dialettica trascendentale), mentre in Fichte la dialettica è il
divenire del pensiero stesso. I tre momenti dell’io sono:
1) L’io pone sé stesso;
2) L’io pone il non-io;
3) l'io oppone, nell'io, all'io divisibile, un non-io divisibile.

1. Il primo momento si dice anche tesi, coincide con l’affermazione, afferma che: non c'è nulla al
di fuori dell’io, di conseguenza è incondizionato, assoluto e libero.
Tuttavia dato che ciò che contraddistingue l’io è l’azione, l’io ha bisogno di agire.
2. Il secondo momento si dice antitesi, significa negazione, afferma che: l’io crea qualcosa di
diverso da sé, ovvero il non-io cioè la natura. (Ciò avviene perché se non c'è nulla al di fuori
dell'io, esso, che è azione, non potrebbe agire su qualcosa).
3. Il terzo momento si chiama sintesi e racchiude la tesi e l'antitesi, afferma che: dato che L’io
pone il non-io, esso non è più assoluto perché trova un limite(natura) che però ha dovuto
creare lui stesso per poter agire. L’io si frantuma e oppone all'interno di sé stesso: un io
divisibile a un non-io divisibile. L’io divisibile è il singolo uomo, oggetto empirico. Il non-io
divisibile sono tutti gli aspetti della vita/natura che ogni giorno l’uomo cerca di superare.

Per Fichte l'io si divide in tanti io e non-io. L'obiettivo dell’io è quello di superare tutti i non-io e
ritornare alla condizione iniziale di assoluta libertà. Ma per Fichte ciò è impossibile. Egli chiama
questo sforzo da parte dell’uomo con il termine Streben.
La creazione del non-io da parte dell'io è un'attività inconsapevole, in virtù di una facoltà chiamata
immaginazione produttiva. Realizzando il non-io, l’io diventa empirico/divisibile. L’io capisce di
aver creato il non-io attraverso tutto il processo conoscitivo costituito da 5 fasi: sensazione,
intuizione, intelletto, giudizio e ragione.
Anche Kant aveva parlato di immaginazione produttiva, che però finalizzata a creare un ponte tra
sensi ed intelletto cioè lo schema trascendentale.
Con l’attività teoretica l’uomo capisce che il non-io è una sua creazione, mentre con l’attività
pratica(morale) riesce a superare il non-io. Di conseguenza in Fichte c’è la superiorità della ragion
pratica (utilizzando termini kantiani). Per Fichte l'uomo supera gli ostacoli che incontra attraverso
la morale. Tuttavia questo processo è infinito, l'uomo non raggiungerà mai il suo obiettivo. per
questo sarà criticato da Hegel, che definisce l’io di Fichte “cattivo infinito” perché ha un inizio ma
non una fine. Al contrario per Hegel è possibile arrivare all’infinito. Hegel aveva riconosciuto a
Fichte il merito di essere riuscito a superare il dualismo di Kant (fenomeno, noumeno), tuttavia lo
incolpa di aver creato un altro dualismo tra: io infinito (rappresentato dall’io originale) e io finito
(ovvero l’io divisibile).
DOCUMENTO p. 556
Deduzione assoluta o metafisica dell’io:
L’io pone il principio di identità, attraverso cui riconosce l’uguaglianza di A con sé stesso (A).
L’io è colui (e anche l’unico) che pone un giudizio sulle cose. Dunque il principio originale è l’io.
Tuttavia l'unico a giudicare l’io è sé stesso. Questo perché è dotato di autocoscienza. Poiché solo
lui giudica sé stesso, esso è assoluto. Prima dell’io non c’è nulla.

SCHELLING
Tra i tre idealisti il meno romantico è Hegel, il più romantico è Schelling in quanto la sua visione
della natura lo avvicina ai poeti del romanticismo. Rispetto alla visione della natura, Fichte è più
vicino a Hegel (anche se quest’ultimo aveva una visione ancora più negativa). Schelling, invece,
aveva una visione positiva della natura.
Anche Schelling incolpa Fichte di aver dato origine ad un nuovo dualismo, così per superarlo parte
da una concezione diversa di “assoluto”. (Per Fichte l’assoluto era l’io che pone sé stesso come
attività incondizionata e attività creatrice). L'assoluto di Schelling è unità indifferenziata di
soggetto e oggetto, spirito e natura/ io e non-io. Di conseguenza esistono due filosofie: la filosofia
della natura e la filosofia dello spirito. Con la filosofia della natura, si parte dalla natura per
arrivare allo spirito; mentre con la filosofia dello spirito, si parte dallo spirito per arrivare alla
natura. Spirito e Natura sono la medesima realtà per Schelling. La differenza è che lo spirito è
pienamente consapevole di sé stesso, mentre la natura è inconsapevole. Schelling si ispira a
Spinoza (per il suo panteismo) e Giordano Bruno (per la concezione di natura e di panteismo).
Per Spinoza “deus sive natura” dire Dio o Natura Voleva dire la stessa cosa. Il Dio di cui Parlava
Spinoza, a differenza di quello di Giordano Bruno, è un Dio che ha ordine geometrico del mondo.
Con Schelling “deus sive natura” non vale, proprio perché lo spirito è consapevole di sé e la natura
no. Infatti Schelling chiama la natura: “spirito dormiente/pietrificato/visibile”, ma non è il non-io
di cui parlava Fichte perché: anche la natura ha in sé qualcosa di spirituale che emerge grazie
all’uomo. E poi definisce lo spirito: natura invisibile. Schelling ha una visione spiritualistica della
natura. È come se la natura avesse un’anima, colui che è in grado di coglierla è il genio artistico, il
quale ha una sensibilità superiore rispetto agli altri uomini. Per Schelling Spirito e Natura sono due
modi di realizzazione dell'assoluto. Lo strumento che permette di cogliere l’assoluto come sintesi
di spirito e natura è l'arte che lui definisce organo supremo della filosofia o intuizione estetica.
Per Schelling nell’opera d’arte c’è la sintesi di spirito e natura perché: l’artista/genio è ispirato
dalla natura; ma nella fase dell'esecuzione, quando l'artista decide di realizzare l'opera, viene
chiamato in causa lo spirito del genio. Dunque la Natura coincide con l’Ispirazione, e lo Spirito
coincide con la realizzazione dell'opera (cioè la scelta consapevole di cosa realizzare).
Si chiama idealismo estetico proprio per la dottrina dell'arte. In quanto per Schelling l'arte è
l'espressione più importante. La filosofia invece non può cogliere l’assoluto come sintesi tra spirito
e natura, perché va verso due direzioni: parte dalla natura per raggiungere lo spirito o viceversa.
In questo sarà criticato da Hegel, secondo il quale, invece, l'espressione più grande del mondo è la
filosofia (cioè la ragione), non l’arte.

HEGEL
La filosofia di Hegel può definirsi “sistema filosofico”, perché egli cerca di dare una risposta agli
interrogativi che riguardano tutti gli aspetti della realtà. Dopo di lui non ci sarà un altro filosofo che
cercherà di rispondere ad interrogativi simili, tuttavia Hegel costituirà un punto di riferimento per i
filosofi vissuti dopo di lui: sia chi si rifarà alla sua filosofia, sia per chi cercherà di confutarne alcune
parti. Come Marx, e in modo particolare Schopenhauer e Kierkegaard, i quali saranno i grandi
contestatori della filosofia di Hegel.

Un momento importante per la formazione di Hegel sono gli studi nel seminario teologico o
protestante di Tubinga. Durante i quali stringe amicizia con altri due grandi pensatori tedeschi:
Schelling e Holderlin. Ciò che li accomuna fu il condividere la rivoluzione francese, in modo
particolare si appassionano agli ideali di tale rivoluzione: libertà uguaglianza e fratellanza.
Addirittura per celebrare questi ideali, all'interno del seminario, piantarono un albero che
chiamarono albero della Libertà. Per questo motivo furono ammoniti. Nonostante Hegel critica in
futuro la rivoluzione francese, si pensa che ogni anno in occasione dell'anniversario della
rivoluzione, egli si incontrasse con amici per bere vino per ricordare tale evento storico.
All'interno del seminario veniva imposta una disciplina rigida, nei confronti della quale Hegel, ad
un certo punto, incominciò a mostrare insofferenza. Non frequentava più le lezioni trasgrediva le
varie regole. Tuttavia gli anni trascorsi a Tubinga ebbero un importante ruolo nella formazione
filosofica di Hegel. Infatti le prime opere di Hegel sono di carattere teologico, in cui affronta il
problema del rapporto tra uomo e Dio. Gli scritti giovanili sono: “Religione popolare e
cristianesimo”, “La positività della vita cristiana”, “Vita di gesù” e “Lo spirito del Cristianesimo e il
suo destino”.
Queste opere vennero pubblicate postume dopo la morte di Hegel agli inizi del 900’ da uno
storico. Esse furono pubblicate all'interno di un'unica opera intitolata “Scritti teologici giovanili”.
La caratteristica di queste opere è che in esse Hegel matura un pensiero diverso rispetto alla
religione cristiana. è presente un’evoluzione di tale pensiero.

In “Religione popolare e cristianesimo” Hegel critica il cristianesimo e favorisce la religione greca


(in questo risente dell’influenza di Holderlin, il quale aveva nostalgia per il mondo greco).
Paragona Cristo a Socrate: dice che Socrate spronava i suoi discepoli a dare il meglio di sé
all'interno della società, invece Cristo chiede ai suoi discepoli di lasciare tutto quello che hanno e
di seguirlo. Inizialmente vede nella religione greca “unità” e in quella cristiana “scissione”.
Successivamente matura un’idea diversa sul cristianesimo. In modo particolare in “Lo spirito del
Cristianesimo e il suo destino” egli esalta la religione cristiana come religione più completa poiché
contiene la conciliazione tra finito(Cristo) e infinito(Dio). Mentre la religione greca viene definita
una religione della scissione. La regione cristiana è considerata una religione dell'unità grazie a
Cristo, che è colui che ha saputo risanare la frattura tra l'umano e il divino. Frattura che si era
generata con l’ebraismo. Infatti, in quest'opera Hegel critica l'ebraismo in cui non c'è conciliazione
tra finito e infinito, ma Dio rimane “trascendente” (l’altro, qualcosa di lontano dall’uomo, dal
mondo, dalla natura). Critica gli Ebrei anche perché si sentivano il popolo eletto da Dio, poiché gli
era stata promessa la terra promessa. Hegel dice che sono gli ebrei i responsabili del loro destino,
ciò è causato del loro atteggiamento. Ovviamente anche tali affermazioni vennero strumentalizzate
durante il periodo nazista.

 VITA
Hegel nasce a Stoccarda nel 1770. Dopo il seminario di Tubinga, egli si trasferisce prima a Berna
poi a Francoforte, Dove lavora come precettore. Successivamente si trasferisce a Jena, un
importante centro culturale e filosofico tedesco, e insegna nell’Università di Jena. Qui si interessa
di filosofia e scrive la prima opera di carattere filosofico:
“Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling”, nella quale critica Fichte e
apprezza la filosofia di Schelling. Hegel riconosce a Fichte il merito di aver superato il dualismo
kantiano; tuttavia alla fine lo critica poiché aveva causato la nascita di un nuovo dualismo tra il
finito e l’infinito. Difatti infinito di Fichte non può raggiungere l'infinito è per questo che lo
definisce cattivo infinito.
Di che scrive La prima opera di carattere filosofico intitolata: “Fenomenologia dello spirito”,
pubblicato nel 1807.
Nella Prefazione a questo scritto, Hegel critica Schelling e questo porterà ad un suo definitivo
allontanamento. Hegel fa tre critiche a Schelling:
1. critica l'idea di assoluto come sintesi indistinta di soggetto e oggetto/ di spirito e natura.
Proprio perché non c'è distinzione tra soggetto e oggetto Hegel critica l'assoluto di
Schelling dicendo che è come “una notte in cui tutte le vacche sono nere”.
2. Hegel dice che Schelling “arriva all'assoluto con un colpo di pistola”. Cioè subito,
immediatamente. Questo perché era partito da un'idea di assoluto e sulla base di questa
idea poi realizzato il suo pensiero filosofico. Mentre per Hegel all'assoluto si arriva tramite
un processo di tipo dialettico.
3. Hegel critica l'affermazione di Schelling secondo cui si arriva all'assoluto tramite l'arte, che
invece per Hegel è irrazionale. Difatti per Hegel si arriva all' assoluto grazie alla ragione.

Quanto Napoleone arriva a Jena ed Hegel lo definisce “Lo spirito del mondo a cavallo”. Aveva
infatti una grande ammirazione nei suoi confronti. Successivamente si trasferisce a Norimberga.
Qui scrive la sua opera (la più difficile da comprendere) intitolata “La scienza della logica”.
Dopodiché si trasferisce ad Heidelberg e poi a Berlino. Prima di lasciare Heidelberg pubblica Il suo
capolavoro “L'enciclopedia delle Scienze filosofiche in compendio” che rappresenta la sintesi di
tutto il suo pensiero filosofico. Di quest'opera esistono tre edizioni: la prima risale al 1817, le altre
due sono arricchite da appunti presi da suoi studenti e risalgono al 1827 e 1830. Hegel muore
Berlino nel 1831 si pensa di colera o A causa di una malattia allo stomaco. Viene sepolto a Berlino,
in una tomba che lui stesso aveva scelto e che si trova proprio accanto a quella di Fichte, il padre
dell'idealismo.

 I CAPISALDI DEL SISTEMA HEGELIANO


I capisaldi del sistema hegeliano sono tre:
1) La convinzione della razionalità del reale o Identità tra ragione e realtà, ovvero per Hegel il
principio fondamentale/la formula che governa la realtà è la ragione. Per spiegare ciò è
necessario fare riferimento ad un aforisma di Hegel: tutto ciò che è razionale è reale, e tutto ciò
che è reale è razionale. Hegel è convinto che la realtà sia razionale dunque ci sia identità tra la
ragione e la realtà. Questa convinzione la esprime nella prefazione dei “lineamenti di filosofia
del diritto”. Nella prima parte dell'aforisma afferma che ciò che è razionale prima o poi si
presenterà/manifesterà; Nella seconda parte afferma che tutto ciò che è presente nella realtà
è spiegabile da un punto di vista razionale. Dunque tutto quello che si è manifestato è
razionale. Di conseguenza per Hegel anche la storia (compresi gli eventi negativi, che
porteranno ad eventi migliori) è razionale.  Egli dice in una sua celebre frase: << ogni negativo
è positivo>>. Infatti era un grande ottimista. Ecco perché si parla di ottimismo filosofico.
Al contrario la penserà Schopenhauer secondo cui tutto è irrazionale.

2) L'idea che la verità coincide con l'intero, il <<Tutto>> o La risoluzione del finito nell'infinito,
per Hegel il finito ha senso soltanto all'interno dell'infinito. Il finito è una manifestazione/ una
parte dell'infinito. Dunque la verità coincide con il tutto/infinito. Nella fenomenologia dello
spirito egli dice: << la verità Coincide con l'intero >>.
Questa visione lo porta ad avvicinarsi all'idea di assoluto che aveva Spinoza. Tuttavia la differenza
tra i due è che: l’assoluto di Spinoza è sostanza; mentre quello di Hegel è una realtà processuale
cioè “un soggetto spirituale in divenire”.

Per il terzo caposaldo esistono due varianti, in base ai vari libri di testo, e sono:
3) La funzione giustificatrice della filosofia, cioè la disciplina in grado di spiegare la realtà è la
filosofia. Per Hegel la filosofia ha un valore descrittivo. Attraverso la filosofia l'uomo può
cogliere la struttura razionale della realtà, Spiegare quello che è stato e quello che è. Per
spiegare questo caposaldo egli utilizza la celebre metafora della Nottola di Minerva (cioè la
civetta). Egli paragona la civetta al filosofo. Proprio come la civetta che spicca il volo la sera, Il
filosofo Può soltanto spiegare la realtà quando essa si è già manifestata.
3+) La concezione dialettica della realtà e del pensiero. La realtà procede attraverso momenti
dialettici (Tesi antitesi e sintesi), la sintesi non è un momento conclusivo ma diventa “tesi” per un
altro processo dialettico. Anche la vita dell'uomo è un esempio di questo procedere dialettico.
Tutto procede dialetticamente. Alcuni esempi sono il: Seme(tesi) che diventa pianta(antitesi) e poi
frutto(sintesi); oppure il bambino(tesi) che diventa adolescente(antitesi) e poi uomo
adulto(sintesi).

 LA DIALETTICA
La verità per Hegel coincide con l’intero, cioè l’assoluto che non è una dimensione statica e
compiuta, data all’inizio del processo come quello di Spinoza. Ma coincide con lo sviluppo stesso, è
l'idea in divenire. Hegel definisce questo divenire: dialettica. Data l'identità tra ragione e realtà o
tra pensiero ed essere la dialettica è: sia la legge che governa la realtà, sia la legge che
governa/sviluppa il pensiero.
Poiché realtà e pensiero coincidono, Nella visione di Hegel coincidono anche le due scienze che si
occupano del pensiero e della realtà: logica e metafisica.
In questo si distingue da Kant (Secondo cui la metafisica non poteva essere considerata una
scienza).
I 3 momenti della dialettica sono:
1. momento intellettuale o astratto; entra il gioco intelletto, quella facoltà dell'uomo che guarda
alla realtà come una serie di elementi separati e contrapposti gli uni agli altri. astratto perché
Intelletto non guarda alla realtà come intero, Ma ne astrae/separa un aspetto che guarda
come separato e isolato dal tutto il resto. La ragione Invece vede ogni aspetto della realtà in
relazione con gli altri, Sia una visione complessiva/sistemica la realtà.
2. momento dialettico in senso stretto/antitesi/negazione; Se nel primo momento l’intelletto
coglie un aspetto, in questo momento la ragione ne coglie la negazione. Se l'intelletto coglie A,
la ragione coglie NON-A.
3.  momento speculativo/sintesi; La ragione tra A e non-A coglie la sintesi
cioè concilia gli opposti (tesi e antitesi). Dunque quello che è stato detto prima non viene negato
Ma rientra in un concetto superiore, che appunto è dato dalla sintesi. Nello sviluppo del pensiero
la sintesi non è il momento conclusivo, perché la sintesi diventa la tesi di un altro processo
dialettico del pensiero.

Per spiegare il processo dialettico Hegel utilizza un esempio che è frutto dell'osservazione
naturale: per piantare un tulipano è necessario dapprima piantare un bulbo e nel linguaggio
hegeliano è <<l'essere>>. Dal momento che il bulbo viene piantato esso scompare e dunque
diventa/rappresenta il <<non essere>>. La morte del bulbo è condizione della crescita del Fiore
che rappresenta il <<divenire>>, ovvero la sintesi di essere e non essere.
Il bulbo (tesi) è stato negato in quanto tale (antitesi) perché potesse diventare fiore (sintesi). Tra i
tre, il momento necessario è la negazione. Altrimenti non potrebbe esserci il processo dialettico.
Ecco perché Hegel sosteneva che ogni negativo è positivo.
Hegel definisce la dialettica << Il Calvario della storia>>. Si ha una visione tragica della storia,
durante la quale molte civiltà si erano accavallate una dopo l'altra; la scomparsa di una civiltà
aveva permesso la nascita di un’altra e così via. per Hegel La storia è il regno del dispiegarsi della
ragione.
 La duplice via espositiva del pensiero hegeliano
I concetti cardine del pensiero hegeliano vengono sviluppati ed esposti attraverso due vie
differenti:
1. La fenomenologia dello spirito; in cui rappresenta una prospettiva storica/ diacronica.
Diacronica perché segue il divenire dialettico dello spirito / coscienza/ ragione nel tempo.
Cioè il racconto del percorso dello spirito nel tempo.
2. L’Enciclopedia delle Scienze filosofiche in compendio; Qui si ha una prospettiva sincronica/
sistematica. Tutto avviene secondo un ordine logico.

 La fenomenologia dello spirito:


Fenomenologia significa, dal greco, studio di ciò che appare (cioè lo spirito). La Fenomenologia
dello spirito è il racconto del percorso che lo spirito compie partendo dalla forma più semplice
della conoscenza fino a diventare di sé e diventare dunque: sapere assoluto. Questo percorso non
è lineare ma costellato di errori. La fenomenologia può essere considerato un romanzo di
formazione che ha come protagonista la coscienza. I vari momenti in cui si manifesta lo
spirito/coscienza si chiamano figure, Hegel le definisce anche “stazioni” in riferimento ai momenti
della Via Crucis. Le figure della fenomenologia dello spirito sono tre:

1. Coscienza: Il soggetto vede l'oggetto come qualcosa di diverso, attenzione per l’oggetto.
L’oggetto si risolve nel soggetto. La coscienza a sua volta si divide in tre momenti: 1) certezza
sensibile; 2) percezione; 3) intelletto; Alla fine di questi tre momenti la coscienza si rende conto
che l'oggetto è una sua creazione e così diventa autocoscienza.
2. Autocoscienza: La caratteristica dell'autocoscienza è una conflittualità tra una coscienza e
un'altra, alla fine tra le due solo una vincerà. L’autocoscienza che vince sarà quella che non ha
avuto paura di morire e diventa padrone o signore. L’autocoscienza che invece, ha avuto paura
di rischiare e temeva per la propria vita diventa servo. Questo rapporto servo-padrone per
Hegel è destinato a subire un capovolgimento (in quanto tutto procede dialetticamente). Il
padrone diventa servo del servo, e il servo diventa padrone del padrone ciò è determinato dal
lavoro. Infatti il servo si rende conto che l’esistenza del suo padrone dipende dal suo lavoro. Il
padrone non ha più un contatto diretto con la natura ma si adagia sul lavoro del servo, dunque
diventa dipendente da quest'ultimo. Il rapporto servo padrone coincide con la formazione
della schiavitù avvenuta durante l'età greco romana.  Invece questo capovolgimento dialettico
coincide con l'emancipazione dalla schiavitù.
Il momento successivo, in questo percorso dello spirito che Inizia dalle forme più semplici del
sapere per arrivare al sapere assoluto, è dato dallo stoicismo e dallo scetticismo. Lo stoicismo
lo scetticismo erano state delle filosofie ellenistiche che avevano avuto diffusione anche nel
mondo romano.
Lo stoico= è filosofo che si esterna/disinteressa dagli aspetti materiali del mondo, è concentrato
solo alla sua interiorità. Dunque per lui la cosa più importante è la libertà interiore.
Lo scettico= è colui che nega l'esistenza il mondo esterno e pratica l'époque (=sospensione del
giudizio), infatti per lui è impossibile arrivare ad una verità certa.
Nello scetticismo Hegel vede una contraddizione. Lo scettico si auto-contraddice perché da una
parte sostiene che per l’uomo è impossibile giungere ad una verità, dall'altra parte crede che
questa sia una verità. Così si passa al momento successivo quello della coscienza infelice
(storicamente coincide con il periodo medievale). La coscienza è alla ricerca della verità che pone
però in qualcosa di trascendente: Dio. E quindi è infelice per questo. Una delle espressioni più
importanti della coscienza infelice è l’ascetismo medievale: ovvero coloro che mortificano il corpo
per raggiungere questa verità trascendente. Per esempio Hegel dice che i crociati sono andati alla
ricerca di Dio e poi in realtà hanno trovato un sepolcro vuoto: metaforicamente significa che il
soggetto non deve trovare la verità in qualcosa di trascendente, ma la verità è nel soggetto stesso.
(Si rifà a uno dei capisaldi: tutto ciò che è razionale è reale, e tutto ciò che è reale è razionale).
Quando capisce ciò si passa dell'autocoscienza alla ragione.

3. Ragione: Per Hegel è << la certezza di essere ogni realtà>>. La negazione di sé operata
nell’ascetismo (L'autocoscienza è infelice e cerca la verità al di fuori di sé) porta,
dialetticamente, al superamento della scissione: tra la coscienza e la verità che la coscienza
cerca al di fuori di sé. L'autocoscienza nel suo vano tentativo di raggiungere l'infinito(Dio),
scopre di essere sé stessa Dio, cioè il soggetto assoluto. Ecco dunque che l’autocoscienza si
eleva a ragione e assume in sé ogni realtà (cioè ha la certezza di essere in ogni realtà).

 La visione razionale della storia


Tutto quello che è avvenuto nella storia secondo Hegel doveva accadere. Questo secondo il
principio della filosofia hegeliana per cui: <<tutto ciò che è razionale è reale, e tutto ciò che è reale
è razionale>>. Dunque se un evento è accaduto doveva accadere in quanto razionale, ed essendo
razionale l'uomo in quanto filosofo può comprenderlo e spiegarlo. Questo coincide con la visione
razionale della storia, che è propria della filosofia di Hegel e può essere anche definita storicismo.
Secondo lo storicismo la storia procede progredendo; per storia s’intende quella dei grandi
personaggi e non delle masse. Hegel vede i grandi personaggi della storia come una sorta di
marionette nelle mani della ragione universale, la quale ha consentito loro di avere un ruolo
importante nella storia. Hegel fa riferimento anche alla fine di questi grandi personaggi: per
esempio Alessandro Magno si pensa morì giovane; Napoleone che morì solo e dimenticato,
nonostante tutto ciò che aveva fatto in vita. Tra l'altro aveva definito Napoleone: << lo spirito del
mondo a cavallo>> perché comprendeva che la ragione agiva su di lui; per fare un altro esempio
parla anche di Robespierre, che era stato anche lui travolto dalla storia: infatti era stato vittima del
terrore che aveva contribuito lui stesso a creare. Hegel definisce Robespierre << Il cavaliere della
virtù>> proprio per Il suo rigore morale.
(La ragione di Hegel potrebbe essere paragonata alla provvidenza divina di Manzoni, Infatti nei
Promessi Sposi tutti i personaggi hanno un ruolo e agiscono per uno scopo e devono avere fede
nella Provvidenza).
Quando Hegel parlava degli eventi non si riferiva a quelli quotidiani ma ai grandi eventi della
storia. Ciò avviene perché ancora in questo periodo la storia viene veniva considerato come quella
dei grandi personaggi e non delle masse come viene considerata oggi. Per avere questo
passaggio/cambiamento occorrerà aspettare fino a dopo il 900’ con due storici molto importanti:
Bloch (che scrisse i re taumaturghi) e Febvre.

 Il giustificazionismo hegeliano
Hegel giustifica tutto quello che c'è nella realtà, lo giustifica perché è razionale. In questo verrà
fortemente criticato da Max, Perché egli voleva andare contro lo stato. Invece Hegel giustifica lo
stato (per esempio quello prussiano).
schema a pag. 609

 La fase sistematica del pensiero di Hegel


La filosofia di Hegel è un sistema filosofico, egli cerca di dare una risposta a tutti gli aspetti della
realtà. L'opera in cui Hegel sistema il suo sapere è L'Enciclopedia delle Scienze filosofiche in
compendio (il capolavoro di Hegel). Oggetto di quest'opera è il divenire dell'assoluto/idea che
procede dialetticamente e i momenti del divenire/idea sono:
 l'idea in sé → cioè coincide con il pensiero prima della realtà (oggetto studio della logica)
 l'idea fuori di sé → o idea che diventa altro da sé/alienazione dell’idea coincide con la natura
(oggetto studio della filosofia della natura).
 l'idea che ritorna in sé per sé → coincide con lo spirito, che è sintesi di pensiero e natura
(oggetto di studio della filosofia dello Spirito).

PS: in questo caso il termine alienazione sta ad indicare l’idea che diventa diversa da ciò che era
prima (prima è pensiero poi natura), dunque alienazione non ha il significato che utilizzava Marx
quando parlava dell’alienazione del lavoratore.

Inoltre Logica natura e spirito sono le parti/gli studi in cui si divide L'Enciclopedia delle Scienze
filosofiche in compendio:

-LA FILOSOFIA DELLA LOGICA: è la scienza dell’idea in sé. Coincide con il momento della tesi o
affermazione. La logica studia il pensiero, in Hegel c’è coincidenza tra pensiero ed essere/ ragione
e realtà, dunque ci sarà anche tra logica e metafisica. Le leggi del pensiero sono le stesse della
realtà.

-LA FILOSOFIA DELLA NATURA: è la scienza dell’idea fuori di sé. È la parte negativa. Coincide col
momento dell’antitesi o negazione. La filosofia della natura viene definita “la pattumiera del
sistema”, tuttavia è momento necessario senza cui non sarebbe possibile giungere alla sintesi.

-LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO: è la scienza dell’idea che ritorna in sé per sé. Coincide con il
momento della sintesi. Lo spirito è la cultura. Infatti nel corso della storia l’uomo ha agito sulla
natura (intesa in senso materiale) e ha creato, secondo Hegel, una seconda natura che coincide
con la cultura.

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