Sei sulla pagina 1di 8

HEGEL

L’Enciclopedia delle scienze in compendio si divide in tre sezioni: logica, filosofia della natura,
filosofia dello spirito.

1. LA LOGICA
La logica studiava l’idea in sé per sé – ovvero il pensiero – prima che diventi altro di sé – ovvero
natura. Qui Hegel si occupava di categorie, le quali avevano un valore diverso rispetto a quelle
kantiane. Mentre per Kant le categorie erano le forme a priori dell'intelletto con valore
gnoseologico; in Hegel, essendoci coincidenza tra ragione e realtà, le categorie erano non soltanto
pensieri soggettivi, ma anche oggettivi. Dunque le leggi che regolavano il pensiero erano le stesse
che regolavano lo sviluppo della realtà.
L’idea, per Hegel, era qualcosa di oggettivo, quindi le categorie, oggetto di studio della logica,
erano pensieri oggettivi. Potrebbero essere paragonate alle idee di Platone, le cui attività non
erano legate al soggetto, ma esistevano indipendentemente da esso. Allo stesso modo, Hegel
affermava che l'idea avesse un suo valore indipendentemente dal soggetto.
Le categorie hegeliane erano invece più vicine a quelle di Aristotele, in quanto anch’esse avessero
un valore sia ontologico che gnoseologico. Ciò avveniva proprio in virtù della coincidenza tra logica
e metafisica, presente anche in Aristotele.
La logica si componeva di tre parti:
 Logica dell'essere: studiava il pensiero nella sua immediatezza. Si divideva a sua volta in
altri tre momenti: essere, nulla e divenire (considerati la prima triade del pensiero). Si
partiva dall'essere, colto nella sua immediatezza, che per Hegel “non ha alcun contenuto,
non ha alcuna terminazione” e coincide col nulla. Il passaggio dall’essere al non essere si
chiama divenire. Hegel verrà considerato l'Eraclito moderno perché per lui tutto è in
divenire.
 Logica dell’essenza: Hegel affermò che “l’essenza è la verità dell’essere”, intendendo con
tale espressione che nell’essenza si considerava l’essere, non nella sua immediatezza, ma
come oggetto della riflessione. La logica del pensiero voleva approfondire la conoscenza
dell’essere, andando scoprire le radici. Hegel discusse in tale sezione i princìpi d’identità
non contraddizione.
 Logica del concetto: l’ultima parte della logica era relativa al concetto, che rappresentava
la sintesi dell’essere e dell’essenza, esso offriva la piena comprensione della realtà, grazie
alla conoscenza razionale, che superava le opposizioni dell’intelletto. Hegel affermò che nel
concetto si concentrasse l’intero movimento logico: il concetto, infatti apre all’uomo la via
della conoscenza dell’Assoluto, unione di reale ed ideale. Hegel puntava a dimostrare come
la filosofia fosse la scienza più alta e nobile. Infatti, a differenza dei Romantici – i quali
credevano che la chiave verso l’Assoluto fosse l’arte – Hegel reputava che soltanto il
concetto fosse in grado di arrivare all’Assoluto.
2. LA FILOSOFIA DELLA NATURA
Hegel definì la natura “decadenza dell’idea da sé stessa”, essendo la manifestazione dell’idea nella
sua forma più vile ed incompleta. Hegel svalutò la natura, affermando che qualsiasi azione
compiuta dall’uomo, sia essa buona o cattiva, rappresentava sempre qualcosa di più alto della
natura stessa, in quanto l’uomo fosse Spirito. La filosofia della natura è la parte più criticata, in
quanto essa appaia fondamentalmente contraddittoria. Non è chiaro infatti, perché Hegel la
definisca “regno dell’accidentale e del negativo”, dal momento che all’idea sia necessaria
l’estraniazione nel mondo fisico, proprio per potersi levare allo spirito.

3. LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO


Anche la filosofia dello spirito si divide in 3 momenti: spirito soggettivo, spirito oggettivo e spirito
assoluto.
Lo spirito soggettivo è lo spirito del singolo individuo e si divide in: antropologia, fenomenologia e
psicologia. L'ultimo momento della psicologia è il volere libero, quando l'uomo è volontà libera si
ha il passaggio dalla filosofia dello spirito soggettivo a alla filosofia dello spirito oggettivo.

 LO SPIRITO OGGETTIVO
Nella sfera dello Spirito oggettivo, lo Spirito si manifestava e si realizzava in istituzioni sociali
concrete, facendosi mondo a livello sociale. A questa parte della sua filosofia Hegel aveva
dedicato, oltre ad una parte dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, anche
i Lineamenti di filosofia del diritto (1821), unica opera di rilievo risalente al periodo berlinese.
I momenti dello Spirito oggettivo sono: diritto astratto, moralità ed eticità. 

1. IL DIRITTO ASTRATTO
Il diritto astratto o formale, riguardava la manifestazione del volere libero del singolo individuo,
considerato come persona giuridica, ossia nella sua capacità esteriore di compiere atti
giuridicamente corretti, indipendentemente dai caratteri specifici che lo caratterizzavano e dalla
sua interiorità.
Il diritto astratto si articolava in tre momenti:

 Proprietà: l’individuo trovava il suo compimento in un oggetto a lui esterno, che rimaneva
però espressione della sua volontà libera, giacché ciascuno può decidere cosa fare con gli
oggetti in suo possesso;
 Contratto: consisteba nel reciproco riconoscimento delle proprietà private, era una sorta di
istituto giuridico;
 Illecito e pena: era diviso a sua volta in tre momenti: diritto, delitto e pena. La violazione del
diritto era l’illecito; le forme di illecito sono per esempio il furto e l’omicidio (considerato la
forma più alta), poiché vi è una violazione del diritto esiste anche un’affermazione del diritto
che avviene attraverso la pena, che per Hegel, non aveva un valore rieducativo, ma era
funzionale solo alla riaffermazione del diritto. Quando ogni individuo che aveva commesso un
torto e subìto una pena, si rendeva conto di aver sbagliato, si entrava nel momento successivo
che era quello della moralità, cioè il momento interiore dell'oggetto, ovvero quello che
privilegiava l'interiorità dell'individuo, propria di ciascuno.
 
2. MORALITÀ
La volontà dell’individuo libero era quella di raggiungere la realizzazione del bene. Tuttavia, per
Hegel, l'individuo da solo non poteva realizzare il bene. Infatti criticava l'etica e la morale Kantiana,
perché con Kant non vi era coincidenza tra essere e dover essere, l’uomo non poteva agire
secondo ragione in ogni occasione, questo in virtù delle tentazioni sensibili, che lo spingevano
verso cose in cui non c’era ragione. Dunque emergeva un divario tra l'individuo ed il bene che
deve essere realizzato. (Ecco perché Kant ebbe bisogno di postulare l'immortalità dell'anima,
l'esistenza di Dio, ecc.)
Al contrario, per Hegel, era possibile l'identità tra essere e dover essere, ma la realizzazione del
bene (inteso come bene in sé per sé) non dipendeva dall'individuo, ma dallo Stato, che
rappresenta il terzo momento dell'eticità.
La moralità si divideva in:

 Proponimento e responsabilità: la volontà, in rapporto con le cose, trovandosi coinvolta in


differenti relazioni, riconosceva come proprie le azioni che rispondevano ad un suo deliberato
proposito, ad un suo proponimento.
 Intenzione: il proponimento prendeva la forma dell’intenzione; infatti la volontà non poteva
fermarsi ad un’amara rappresentazione, ma doveva innalzarsi al pensiero.
 Bene in sé e per sé e coscienza morale: il fine della volontà diventava il bene e consisteva
nell’integrazione universale di soggettività e benessere.
 
È questo un capitolo denso di riferimenti all’etica kantiana, nei confronti della quale Hegel stabilì
analogie e differenze. Tra le analogie con l'etica kantiana troviamo: il riconoscimento che la
moralità rappresenti la dimensione interiore dell'individuo.
La differenza: in Kant rimaneva il conflitto tra essere e dover essere, mentre con Hegel vi era
coincidenza tra essere e dover essere, perché vi era identità tra ragione e realtà, infatti tutto
quello che accadeva nella realtà aveva una sua ragione di essere.
Tuttavia, sulle orme di Friedrich Schiller, Hegel si contrappose a quel rigorismo morale secondo il
quale si dovrebbe “fare con avversione quello che il dovere impone”, affermando che essere
morali significhi avere una propensione interiore al bene. La moralità, nonostante ciò, non
costituiva l’ultimo momento dello Spirito oggettivo, poiché si esauriva nell’interiorità e si
configurava come sterile inseguimento di un bene astratto.
 
3. ETICITÀ
Hegel usò il termine eticità perché deriva dal greco “ethos”, che significa “tradizioni, costumi,
abitudini”. Ogni individuo era infatti condizionato dal contesto in cui viveva, che orientava le sue
scelte anche da un punto di vista etico. Per Hegel, era impensabile che un Paese provasse
ad imporre le proprie leggi su un altro, poiché quei due Paesi avevano culture diverse e la tipologia
di Stato era anche conseguenza della cultura del Paese stesso.
L’eticità si suddivideva in tre momenti: la famiglia, la società civile e lo Stato.
Ognuno dei quali si suddivideva in ulteriori tre momenti, che facevano parte sempre di un
processo dialettico strutturato in: tesi, antitesi e sintesi.
 La famiglia (tesi) era unione spirituale di due individui liberi, un uomo e una donna, fondata
sull'amore e sul rispetto reciproco. Il primo momento della famiglia era il matrimonio, che
rendeva due persone unite; il secondo momento era la creazione di una stabilità patrimoniale;
il terzo era l'educazione dei figli. L'obiettivo di quest'ultimo non era quello di tenere i figli legati
ai genitori, ma di rendere i figli liberi, cioè indipendenti. Quando i figli raggiungevano
l’indipendenza, potevano a loro volta creare una famiglia.
Ecco che si arrivava al secondo momento:
 La società civile (antitesi) era data dalla presenza di più gruppi familiari. Hegel, lo definì un
“sistema di rapporti egoistici”, perché all'interno della società civile, ogni individuo cercava di
seguire i propri interessi egoistici, privati. Dunque la società civile diventava la guerra di tutti
contro tutti. Hegel ricordava la visione che aveva Hobbes, il quale parlava della società come
luogo di conflitto. Anche la società civile si divide in tre momenti: sistema dei bisogni,
amministrazione della Giustizia, polizia e corporazioni.
I. Il sistema dei bisogni indicava che, all'interno della società, ogni individuo doveva
soddisfare i propri bisogni. Dal sistema dei bisogni deriva la suddivisione della società in
classi, che per Hegel erano: la classe sostanziale, di cui facevano parte i contadini, cioè chi
produceva; la classe formale, costituita da chi dava forma alla materia prima, ovvero gli
artigiani; la classe universale – la più importante per Hegel – formata dai funzionari dello
Stato, ovvero coloro che si occupavano del bene della collettività.
II. L’amministrazione della Giustizia prevedeva che, al fine di evitare il conflitto, fosse
necessaria la presenza di leggi da rispettare e dunque una giustizia che andava
amministrata.
III. La polizia si occupava di far rispettare le leggi. Accanto alla polizia si avevano le
corporazioni, associazioni di mestiere il cui obiettivo era quello di evitare i conflitti sociali
tra le classi.
Successivamente il concetto delle corporazioni verrà ripreso da Benito Mussolini, quando diverrà
capo del governo italiano e poi dittatore.
 
 Lo Stato (sintesi) era il momento più importante. Hegel lo definì “sostanza etica”, cioè lo
Stato che era substancia che sosteneva le scelte dell'individuo. Nonostante le varie
difficoltà, il bene (di cui Hegel parlava nella moralità) poteva essere realizzato solo
all’interno dello Stato. Hegel aveva una visione altissima dello Stato, infatti secondo lui, gli
uomini al di fuori dello Stato erano una massa informe. Lo definì anche “assoluto che si
oggettiva” cioè la ragione infinita che si realizza.
Hegel era lontano sia dalla visione di Hobbes, che da quella di Locke, perché loro avevano una
visione contrattualistica dello Stato, ovvero che fosse il frutto del contratto sociale. Quindi sia per
Locke che per Hobbes tra Stato e società civile aveva la priorità la società civile. Al contrario, Hegel
vedeva la società civile come un momento negativo, che andava superato. Lo Stato rappresentava
il momento della sintesi, quindi per Hegel era lo Stato ad essere più importante ed a venire prima
della società civile.
Secondo Hegel, inoltre, accettare le teorie liberali significherebbe confondere la società civile con
lo Stato e scrive a tal proposito:

Se lo Stato viene confuso con la società civile e la destinazione di esso viene posta nella sicurezza e
nella protezione della proprietà e della libertà personale, allora l’interesse degli individui come tali
e il fine estremo per il quale essi sono uniti, e ne segue parimenti che essere membro dello Stato è
qualcosa che dipende dal proprio piacimento. Ma lo Stato ha un rapporto diverso con l’individuo;
giacché lo Stato è Spirito oggettivo, l’individuo stesso nella sua oggettività verità ed eticità in
quanto membro del medesimo.
Lo Stato si divideva in: diritto interno (che era la Costituzione propria di ogni Stato), diritto esterno,
e storia del mondo.
I. Nel primo momento (diritto interno) erano affrontati problemi più importanti del pensiero
politico. Anzitutto si discuteva sulla Costituzione, che non era opera di un mero
agglomerato atomistico di individui, bensì qualcosa che emergeva dalla vita storica di un
popolo e che determinava i tre poteri che regolano la vita politica:
potere legislativo, esecutivo o governativo, principesco o monarchico (in cui convergevano
l’aspetto dell’individualità – il sovrano come persona singola – e quello dell’universalità – il
sovrano come rappresentante dello Stato). Hegel si espresse a favore della monarchia
costituzionale (il suo punto di riferimento era la monarchia prussiana), in quanto essa
rappresentasse la “costituzione della ragione sviluppata, rispetto alla quale tutte le altre
appartengono a gradi più bassi”. La monarchia costituzionale risolveva in sé stessa sia la
monarchia, sia l’aristocrazia, sia la democrazia; in essa il sovrano non comandava
arbitrariamente, ma fondava la propria volontà su quella popolare.
II. Il secondo momento (diritto esterno), invece, riguardava il diritto che regolava i rapporti
internazionali dello Stato. In esso, Hegel sosteneva la non esistenza di un organismo
superiore in grado di accordare gli Stati, secondo l’ipotesi kantiana di una “pace perpetua”:
l’unico modo per dirimere le controversie era la guerra, momento strutturale della storia,
tribunale del mondo.
III. La nozione di “storia universale” o “storia del mondo” concludeva la filosofia dello Spirito
oggettivo (essendo l'ultimo momento dello "Stato") e ad essa vennero dedicate, oltre che
gli ultimi paragrafi dei Lineamenti di filosofia del diritto, le Lezioni sulla filosofia della storia
universale, tenute a Berlino in diversi corsi universitari. Questo momento, inoltre, si
collocava tra lo Spirito oggettivo e lo Spirito assoluto, poiché in esso gli Stati, massima
espressione dello Spirito oggettivo, si rivelavano come manifestazioni storiche della
Ragione Infinita.

Prendendo le mosse da Lessing e da Herder, Hegel, pur non negando il fatto che la storia possa
apparire all’intelletto come un tessuto contingente e caotico di fatti, affermò che: “il grande
contenuto della storia del mondo è razionale, e razionale deve essere” e proseguì sostenendo che
“una volontà divina domina poderosa nel mondo, e non è così impotente da non saperne
determinare il gran contenuto”. Il fine della storia, infatti, era che lo Spirito giungesse alla piena
coscienza della propria assolutezza, mediante uno sviluppo conflittuale, che avveniva per
rovesciamenti e opposizioni, e per mezzo degli individui e delle loro passioni.

Gli individui erano così distinti:


o Individui conservatori: questo genere di individuo doveva consolidare lo spirito del
popolo nel quale viveva, tramandando i costumi e agendo in conformità ai doveri della
classe. L’attività di questi, dunque, come scrive Hegel “consiste nel prendere parte
all’opera collettiva e nel contribuire a farla essere nelle sue forme particolari”.
o Individui cosmico-storici: questi erano uomini eccezionali, eroi che sapevano andare al di
là del proprio tempo, arguendo un contenuto spirituale che ancora non era stato realizzato
e facendo di esso il proprio scopo. Essi erano i “veggenti” ed “esprimono ciò di cui è giunta
l’ora”: trasformavano il mondo e facevano progredire la storia, determinando così l’epilogo
ed il superamento del contesto storico dal quale provenivano. Su di essi, tuttavia,
incombeva un tragico destino: come spiega Valerio Verra, infatti, la loro funzione non è
quella di realizzare la loro personale felicità, ma fini e destini universali. Si trattava, in
particolare, di “un’astuzia della ragione”, che si serviva degli individui e delle loro passioni
come strumenti per realizzare i propri fini, lasciando cadere gli eroi come “gusci vuoti”
quando avevano adempiuto al loro compito.

Hegel individuava quindi quattro fasi fondamentali del processo storico, detti “mondi storici”,
nelle quali si veniva manifestando progressivamente la libertà, ossia il carattere essenziale dello
spirito:

o Regno orientale: era l’età infantile della storia ed era contraddistinta da un’autorità
patriarcale, tanto che il rapporto tra il sovrano ed i sudditi richiamava quello tra padre e
figli. Questo regno, inoltre, si configurava come una teocrazia, poiché il sovrano era
divinizzato e mancava una netta distinzione tra il potere temporale e quello spirituale. Vi
era un solo individuo libero ed era l’imperatore, il quale, tuttavia, esercitando una libertà
dispotica, non era libero come uomo. Scrisse Hegel al riguardo: “Gli orientali non sanno
ancora che lo spirito, o l’uomo come tale, è libero in sé. Non sapendolo, non lo sono. Essi
sanno solo che uno è libero; ma appunto perciò questa libertà è arbitrio […]. Quest’uno è
perciò solo un despota, non un uomo libero, un uomo”.
o Regno della bella libertà (Grecia): era l’età della giovinezza della storia che si “manifesta in
una pluralità di Stati e dove sono uniti i due estremi del mondo: libertà soggettiva e
sostanzialità”. Qui erano liberi solo alcuni individui, altri erano schiavi o, come afferma
Hegel, “non solo i Greci ebbero schiavi, e la loro vita e il sussistere della loro bella libertà fu
vincolata a tale condizione, ma anche la loro libertà non fu in parte che una fioritura
accidentale, elementare, transitoria e ristretta e, in parte, insieme, una dura schiavitù
dell’umano”.
o Regno romano: era l’età matura della storia, dove l’uomo, senza sottomettersi all’arbitrio
di un signore o al proprio, lavorava faticosamente per un fine universale. Per questo
motivo, l’individuo si sacrificava e si sottometteva allo Stato, diventando una persona
giuridica come privato. Anche qui, solo alcuni individui erano liberi.
o Regno germanico: era il regno che si era costituito con il cristianesimo e: “solo le nazioni
germaniche sono giunte alla coscienza che l’uomo come uomo è libero, che la libertà dello
spirito costituisce la sua più propria natura”.
 
Infine, come si può notare, lo sviluppo storico segue un percorso elio-dromico, tanto che Hegel
paragonò il decorso di tale processo a quello della luce che va da Oriente ad Occidente.

 LO SPIRITO ASSOLUTO
Lo Spirito assoluto era lo Spirito che diventava cosciente di essere assoluto, cioè di essere il tutto.
Esso si articolava in: arte, religione e filosofia. Tra queste tre non c'era alcuna differenza rispetto al
contenuto, se non le diverse le vie utilizzate per cogliere l'assoluto.
Per l'arte, la via utilizzata è l'intuizione sensibile o estetica; per la religione è la rappresentazione;
mentre per la filosofia è il concetto.

1. L’ARTE
L’arte era il primo mezzo per raggiungere l’Assoluto, il primo gradino attraverso cui lo spirito
acquisiva coscienza di sé medesimo. Nell’arte, l’assoluto veniva colto in forma immediata e ciò
avveniva grazie all’intuizione sensibile. Non tutte le intuizioni sensibili, però, erano ugualmente
adeguate ad esprimere l’Idea. Anche nel caso dell’arte si assisteva ad un processo di sviluppo
tramite il quale si perveniva ad una sempre maggiore consapevolezza dell’essenza infinita, per
quanto questo possa essere consentito nella limitata forma espressiva che è la sensibilità. La storia
dell’arte veniva dialettizzata da Hegel in tre momenti: l’arte simbolica, l’arte classica e l’arte
romantica.
 L’arte simbolica era la più antica (tipica dei popoli africani ed asiatici); essa trovava
nell’architettura la sua forma espressiva caratteristica. In essa lo spirito non aveva ancora
una conoscenza adeguata dell’Idea: le forme sensibili in cui si tentava di esprimere
l’Assoluto erano insufficienti e l’immaturità di questo primo momento dell’arte si evinceva
nel ricorso a simboli che tentavano di esprimere il contenuto infinito cui ancora quest’arte
non perveniva.
 L’arte classica si esprimeva nella forma della scultura. Attraverso la rappresentazione
artistica della figura umana (la sola forma sensibile in cui l’arte riuscisse a rappresentarsi e
manifestarsi compiutamente), l’arte classica realizzava un armonico equilibrio tra la forma
sensibile ed il contenuto spirituale. L’arte classica era, quindi, il culmine della perfezione
artistica.
 L’arte romantica trovava espressione nella pittura, nella musica e nella poesia. Così come
avveniva nell’arte simbolica, anche nell’arte romantica si verificava uno squilibrio tra forma
sensibile e contenuto spirituale: questa volta, però, contrariamente a ciò che avveniva
nell’arte simbolica, si avvertiva la sensazione che l’infinito del contenuto, ossia dello spirito,
non potesse essere adeguatamente espresso nella finitezza della forma sensibile. L’arte
romantica si sentiva, perciò, di privilegiare quelle forme artistiche come la pittura, la
musica e la poesia, a discapito dell’architettura e della scultura. L’ arte romantica segnava
per Hegel la morte dell’arte: con questa espressione egli non intendeva certo dire che,
dopo l’esperienza romantica, non si possa più fare arte, ma piuttosto che essa sia
inadeguata ad esprimere la profonda spiritualità moderna. L’arte era, quindi, una forma
inadeguata di espressione dell’Assoluto e doveva essere superata da altre forme di
conoscenza.

2. LA RELIGIONE
La religione eliminava le inadeguatezze dell’intuizione sensibile. In essa l’Assoluto si manifestava
nella forma della rappresentazione intellettuale. La rappresentazione presentava il vantaggio di
essere una forma riflessa di conoscenza. L’Assoluto non veniva più dato nell’immediatezza della
sensibilità, ma nell’elemento della riflessione. La religione, tuttavia, non era in grado di pensare
Dio dialetticamente e finiva per arrendersi di fronte ad un presunto mistero dell’Assoluto. Lo
sviluppo storico dell’idea di Dio passò per quattro stadi diversi: la religione naturale, in cui Dio
appariva ancora come “sepolto” nella natura; la religione della libertà che, muovendosi ancora su
un orizzonte naturalistico, preannunciava una visione di Dio come spirito libero; la religione
dell’individualità spirituale, in cui Dio appariva come forma spirituale; la religione assoluta, in cui
Dio si presentava come puro spirito. La religione cristiana (una religione assoluta), sebbene fosse
la più alta e vicina alle verità della filosofia, presentava ancora i limiti propri di ogni religione.

3. LA FILOSOFIA
I limiti che caratterizzano la religione vennero superati nella terza determinazione dello spirito
assoluto: la filosofia. Essa trattava sempre di Dio e dello spirito, ma non lo faceva più nella forma
della rappresentazione, che come si è detto era inadeguata, bensì nella forma del concetto. In
questo modo l’uomo diventava consapevole dell’assoluta unità del reale, conoscendo al contempo
l’articolazione dialettica nella quale la totalità unitaria necessariamente si organizzava. L’Idea
finalmente giungeva alla piena e concettuale coscienza di sé medesima. Hegel riteneva che la
filosofia fosse una totalità processuale sviluppatasi attraverso una serie di gradi o momenti che si
concludevano nell’idealismo; una specie di formazione storica. L’autoconsapevolezza dello spirito
coincideva, quindi, con la consapevolezza della sua storia. Di conseguenza Hegel sosteneva la
perfetta identità di filosofia e storia della filosofia: le diverse filosofie, che si erano succedute nel
tempo, non erano che manifestazioni o apparizioni nel mondo fenomenico di una specifica
determinazione dello spirito. I vari sistemi filosofici non dovevano essere considerati come un
insieme disordinato e accidentale di opinioni che si escludono e distruggono a vicenda poiché
ognuno di essi costituisse una tappa necessaria delle fasi della verità, fornendo spunti maggiori
rispetto alla filosofia precedente e minori rispetto a quella successiva. È necessario capire, quindi,
in che modo si possa collocare la filosofia hegeliana, se come l’ultima e definitiva sistemazione
della filosofia o piuttosto come momento di un processo evolutivo. Per Hegel la storia della
filosofia, iniziata con la filosofia greca e terminata con quella di Schelling e Fichte, si concludeva
veramente con la sua filosofia, come ribadisce nelle Lezioni sulla storia della filosofia.

Potrebbero piacerti anche