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Gli stoici ritengono che esista un mondo razionale, che la nostra mente sarebbe in grado di

cogliere, in quanto lei stessa ne farebbe parte. Per questo, il saggio, ovvero colui che pensa
ed è in possesso di un grande sapere, non deve farsi condizionare da fattori esterni o dalle
condizioni avverse in cui si trova, perché non importa la propria condizione, la mente è
sempre libera da ogni vincolo; egli deve sempre guardare a quell’ordine eterno di cui egli
stesso fa parte attraverso la sua mente. I ruoli di sovrano e servo sono definitivamente
superati, perché l’unica ed autentica realtà è quella interiore. Il ritirarsi dello stoico nella
dimensione del pensiero tuttavia, determina nella realtà ciò che limita l’autocoscienza, in
quanto lascia sussistere nella realtà le condizioni che lo rendono schiavo. Così si passa dall
scuola filosofica dello stoicismo a quella dello scetticismo. Gli scettici affermano che nulla
può essere considerato come vero, a partire dal fatto che qualcosa esista. Gli stoici avevano
riconosciuto nella realtà esterna un limite che restringeva la libertà alla dimensione
dell’interiorità. Gli scettici abbattono questa limitazione. Tuttavia, si contraddicono. Infatti,
mentre sostengono che non si può dire nulla di vero, allo stesso tempo pretendono di
affermare con ciò una verità. Eliminando il limite della realtà esterna, pongono
l’autocoscienza come infinita, ma fanno esperienza della sua finitezza e quindi della loro
separatezza da essa. Si viene a creare perciò una scissione costitutiva dell’autocoscienza,
che se da una parte si pone come illimitata ed immutabile, dall’altra deve riconoscere la sua
limitatezza, contingenza e mutabilità in quanto essere finito.

Attraverso la mediazione di un sacerdote, finisce il sentimentalismo della devozione, e


l’autocoscienza viene liberata da quel senso di colpa e di inadeguatezza legata al tentativo di
avvicinarsi a Dio mediante l’agire. In questo modo l’autocoscienza realizza che il vero essere
non esiste separatamente da essa, ma costituisce un tutt’uno con essa. Diviene così
Ragione, che Hegel definisce come “la certezza di essere ogni realtà”. Come tutte le certezze
immediate, ha bisogno di essere messa alla prova, e questa prova è quella che Hegel chiama
la ricerca scientifica. Nella Filosofia della Natura Hegel si sforza di dimostrare come la
scienza operi costantemente una riduzione dell’esperienza a leggi. Il limite sta nel descrivere
semplicemente con leggi il fenomeno della vita organica. Già Kant si era posto questo
problema, ed si era accorto che per spiegare alcuni fenomeni, come per esempio la struttura
di un apparato fisiologico, la cause meccaniche cui la scienza ricorre non sono sufficienti, ma
devono essere integrate dalla considerazione dello scopo che i fenomeni hanno all’interno
dell’organismo. Ma poiché il concetto di fine ha a che fare con l’intelletto umano, ciò
costringe la Ragione a supporre che esso valga anche nel dominio della natura. Lo stesso
problema si pone per le scienze che pretendono di usare gli stessi metodi usati per lo studio
del mondo fisico, per lo studio dello spirito e della dimensione interiore. Hegel denuncia in
particolare la fisiognomica e la frenologia. Ciò che egli denuncia è la loro presunzione di
cogliere l’unità di Ragione e natura attraverso fenomeni diretti. La Ragione osservativa
termina con l’affermazione che le scienze non possono cogliere direttamente questa unità,
ma servirà qualche altro mezzo, che considererà l’unità non come oggetto di conoscenza,
ma come prodotto dell’agire della Ragione. Stiamo sempre parlando di una Ragione
individuale, che pensa per prima cosa a realizzare se stessa. Il modo più immediato è la
ricerca del piacere. Tuttavia questo è un limite perché una volta appagato li desiderio
scompare. La ricerca diventa appare alla Ragione come un destino avverso. Essa oppone a
questo destino la sua stessa particolarità, la cosiddetta “Legge del cuore”, che il particolare
modo di ciascun soggetto di rapportarsi al mondo e agli altri. La Ragione non esita quindi a
ribellarsi e anzi, percepisce il mondo come una realtà che va contro di essa. Si ribella quindi
al destino ad essa riservato; il mondo le appare una inversione dell’ordine ideale e i poteri
che ne garantiscono l’ordine come l’incarnazione del male. Per dare una base più solida alla
sua protesta contro il mondo, la Ragione si affida ad un ordine più universale, la morale. La
lotta per affermare se stessa diventa una lotta contro l’ingiustizia del mondo. Ma anche
questo tentativo finisce con un fallimento. Hegel afferma che il mondo vince contro chi si
erge a paladino della virtù. La legge del cuore e la morale sono considerate da Hegel mere
presunzioni, che pretendono di cogliere il Bene universale; il limite della Ragione che le
impedisce di cogliere l’unità tra Ragione e realtà è il fatto che si considera come individuale
e non come collettività. Viene così introdotta la figura dell’individuo in sé e per sé, l’ultima
della Ragione, che fa sintesi tra la ragione osservativa e la ragione attiva.

L’eticità è il momento in cui l’universalità delle leggi formulate dal diritto astratto e una
concretezza di quest’ultime data dalla moralità, coincidono. L’eticità si distingue in famiglia,
società civile e Stato. Sebbene questi tre momenti rappresentino tre modalità in cui
l’universalità dello Spirito si realizza sul piano delle concrete determinazioni sociali,
economiche e politico-istituzionali, essi sono ordinati secondo la struttura triadica di tesi,
antitesi e sintesi.

La famiglia è il momento più immediato e naturale dell’eticità in quanto è fondata sul


naturale rapporto tra sessi. Sebbene il punto di vista individuale contenuto nel diritto
astratto e nella moralità sia superato nell’eticità, la particolarità sussiste nell’esclusività del
rapporto familiare. La famiglia si articola in tre momenti. Il matrimonio, in cui nasce la
famiglia. La famiglia accumulerà nel tempo in patrimonio. Il terzo momento è l’allevamento
e l’istruzione dei figli, che cresceranno, usciranno dalla famiglia e la apriranno ad una cerchia
di relazioni più ampie, che costituiranno la società civile.

La società civile rappresenta l’insieme delle relazioni socio-economiche, che Hegel distingue
in: sistema dei bisogni, amministrazione della giustizia e polizia e corporazioni.
Al livello del sistema dei bisogni l’universalità si realizza nella divisione e nella
specializzazione del lavoro.

Tre poteri:
- Potere legislativo: esercita da un parlamento articolato in due camere, che
rappresentano la borghesia terriera e le corporazioni. Ha il compito di determinare
specificamente la forma dell’universale, in quanto la legge è l’incarnazione
dell’universale. Siccome è l’unico organo dello Stato ad essere fondato sul principio
di rappresentanza, esso deve essere assoggettato agli altri due poteri
- Potere esecutivo: esercitato dall’insieme degli uffici che costituiscono
l’amministrazione pubblica. Ha il compito di tradurre l’universalità istituita dal potere
legislativo in una realtà concreta
- Potere del sovrano: è il potere in cui l’universalità e la concretezza coincidono

Dopo essersi realizzata nell’universalità dello Stato, la razionalità dell’Idea si trova ad essere
espressa nelle tre forme che può assumere il pensiero considerato come totalità. Queste tre
forme sono l’arte, la religione e la filosofia. Differiscono per la loro forma.
L’arte costituisce una intuizione dell’Assoluto mediante l’uso di forme sensibili, la religione
ne costituisce una rappresentazione, mentre la filosofia incarna perfettamente l’Assoluto.

L’arte quindi consiste in una intuizione dell’Assoluto e in una sua rappresentazione


attraverso forme sensibili. Questo però produce una dissimetria tra la finitezza della forma
sensibile e l’infinità del contenuto. Questa contraddizione è superata attraverso le varie
forme di rappresentazione artistica, oppure attraverso le varie forme storicamente assunte
dall’arte.

Dal punto di vista delle diverse rappresentazioni artistiche, si può stilare una classifica delle
arti. Le più elevata sarà quella in cui la materialità dell’opera ne condizionerà in misura
minore le forme. Classifica: architettura, scultura, pittura, musica, poesia.
Dal secondo punto di vista, ci sono tre forme storicamente assunte dall’arte.

1. Arte simbolica: il simbolo è un segno mediante il quale il contenuto ci è dato in


forma indiretta e figurata. Hegel trovò nella prime forme di rappresentazione
artistica un tentativo di rappresentare l’Assoluto attraverso oggetti materiali. Data
tuttavia la povertà delle tecniche artistiche di quel tempo, la rappresentazione
dell’Assoluto non era possibile
2. Arte classica: corrispondente all’arte della Grecia antica. Durante questa fase l’artista
giunge a rappresentare in maniera più completa l’Assoluto e il contenuto spirituale
dell’opera, attraverso la bellezza delle forme. L’arte classica inoltre è incentrata sulla
rappresentazione della figura umana, che resta l’entità in cui pensiero e realtà
esterna coincidono. Ed è proprio per questi motivi che per Hegel l’arte classica
rappresenta l’arte per eccellenza.
3. Arte romantica: con l’arte romantica si assiste secondo Hegel ad una regressione
dell’arte. C’è uno squilibrio tra forma sensibile e contenuto spirituale dell’opera, che
è originato non dalle scarse e povere capacità tecniche degli artisti di quel periodo,
ma piuttosto dall’ulteriore raffinamento del contenuto spirituale. Infatti, per Hegel
arte romantica significa arte cristiana, ed essendo, per la concezione cristiana, Dio
puro spirito e pensiero, non c’è nessun modo in cui una forma sensibile possa
rappresentarlo compiutamente: infatti la bellezza esteriore rimanda a quella
interiore, la quale non è rappresentabile.

La religione è la seconda forma di rappresentazione dell’Assoluto ed è fondata non più


sull’intuizione sensibile, ma sulla rappresentazione. Nella religione il rapporto tra forma e
contenuto si manifesta come rapporto uomo-Dio. A differenza di quanto avveniva
nell’intuizione sensibile, forma e contenuto costituiscono un’unità. La forma viene
spiritualizzata e l’oggetto interiorizzato. Tuttavia, gli elementi che servono alla sua
rappresentazione vengono messi insieme, senza però stabilirne i rapporti.

La trinità corrisponde alla struttura triadica di tesi, antitesi e sintesi propria della dialettica: il
padre rappresenta il potere immutabile di Dio, il figlio rappresenta la sua manifestazione in
un’altra dimensione (quella mondana), e lo Spirito Santo rappresenta il ritorno del mondo a
Dio, con il quale si riconcilia.

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