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HEGEL E L’IDEALISMO ASSOLUTO

4. I CAPISALDI DEL SISTEMA


Per poter seguire il pensiero di Hegel risulta capire le tesi di fondo del suo idealismo:
a) la risoluzione del finito nell’infinito;
b) l’identità fra ragione e realtà;
c) lafunzione giustificatrice della filosofia.

a) Finito e infinito
Con la prima tesi Hegel intende dire che la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un
organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Tale organismo, non
avendo nulla al di fuori di sé coincide con l’Assoluto e con l’Infinito, mentre i vari enti del mondo,
essendo manifestazioni di esso, coincidono con il finito.
Di conseguenza, il finito, non esiste, perché ciò che noi chiamiamo finito è un’espressione parziale
dell’Infinito. Quindi il finito esiste unicamente nell’infinito e in virtù dell’infinito.
L’hegelismo si configura come una forma di monismo panteistico: teoria la quale esiste un’unica
realtà divina (monismo) di cui il mondo ne costituisce la manifestazione. Per l’idealista Hegel
l’Asssoluto si identifica con un Soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ciò che esiste è una
“tappa” di realizzazione. Infatti, dire che la realtà è “Soggetto”, significa dire, secondo Hegel, che
essa non è qualcosa di immutabile e di già dato, ma un processo di auto-produzione che soltanto
con l’uomo (= lo Spirito), giunge a rivelarsi per quello che è veramente

b) Ragione e realtà
Il Soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà viene denominato con il termine di
Idea o Ragione, intendendo con queste espressioni l’identità di ragione e realtà. Da ciò l’aforisma,
«Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale»
Con la prima parte della formula, Hegel intende dire che la razionalità non è astrazione, ma la
forma stessa di ciò che esiste, poiché la ragione “governa” il mondo e lo costituisce. Con la
seconda parte della formula, afferma che la realtà non è una materia caotica, ma una struttura
razionale (l’Idea o la Ragione) che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo
consapevole nell’uomo. Con il suo aforisma, Hegel non esprime la possibilità che la realtà sia
intesa dalla ragione, ma la necessaria identità di realtà e ragione. Tale identità implica l’identità fra
essere e dover-essere, in quanto ciò che è risulta anche ciò che razionalmente deve essere

c) La funzione della filosofia


Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realtà e nel
comprendere le strutture razionali che la costituiscono. A dire come dev’essere il mondo, la
filosofia arriva sempre troppo tardi; dato che arriva quando la realtà ha già compiuto il suo
processo di formazione. Essa, afferma Hegel, è come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul
far del crepuscolo, cioè quando la realtà è già bell’e fatta. La filosofia deve “mantenersi in pace con
larealtà” e rinunciare a determinarla e guidarla. L’autentico compito che Hegel ha inteso attribuire
alla filosofia (e ha cercato di realizzare con la sua filosofia) è la giustificazione razionale della realtà.
Questo compito egli l’ha affrontato nei confronti della realtà politica, dello Stato

d) il dibattito critico intorno al “giustificazionismo” hegeliano


Il termine giustificazionismo viene usato dai critici per indicare l’atteggiamento generale di Hegel,
di fronte alla realtà e la sua dottrina filosofica come giustificazione della razionalità e necessità del
mondo
5. Idea, Natura e Spirito. Le parti della filosofia
Hegel ritiene che il farsi dinamico dell’Assoluto passi attraverso i tre momenti dell’Idea “in sé e per
sé” (tesi), dell’Idea “fuori di sé” (antitesi) e dell’Idea che “ritorna in sé” (sintesi). Tant’è vero che il
disegno complessivo dell'Enciclopedia hegeliana è quello di una grande triade dialettica. L’Idea “in
sé e per sé”o Idea “pura” è l’Idea considerata in se stessa, a prescindere dalla sua realizzazione nel
mondo. Da qui, l’Idea, secondo un paragone teologico di Hegel, è assimilabile a Dio “prima della
creazione della natura e di uno spirito finito. L’Idea “fuori di sé” o Idea “nel suo esser altro” è la
Natura, cioè l’alienazione dell’Idea nelle realtà spazio-temporali del mondo. L’Idea che “ritorna in
sé” è lo Spirito, cioè l’Idea che dopo essersi fatta natura torna nell’uomo. Questa triade è da
intendere in senso ideale. Infatti ciò che concretamente esiste nella realtà è lo Spirito (la sintesi), il
quale ha come sua condizione la Natura (l’antitesi) e come suo presupposto il programma dell’Idea
pura (la tesi). A questi tre momenti strutturali dell'Assoluto Hegel fa corrispondere le tre sezioni in
cui si divide il sapere filosofico:
1) la logica, che è “la scienza dell’Idea in sé e per sé”, cioè dell’Idea considerata nel suo essere
implicito (= in sé) e nel suo esplicarsi (= per sé)
2) la filosofia della natura, che è “la scienza dell’Idea nel suo alienarsi da sé”;
3) la filosofia dello spirito, che è la scienza dell’Idea, che dal suo alienamento ritorna in sé”
.vedere schema pagina 472

6. La Dialettica
l'Assoluto, per Hegel, è divenire. La legge che regola tale divenire è la dialettica, che rappresenta,
la legge (ontologica) di sviluppo della realtà e la legge (logica) di comprensione della realtà.
Hegel distingue tre momenti o aspetti del pensiero:
a) l'astratto o intellettuale;
b) “il dialettico o negativo-razionale”;
c) “lo speculativo o positivo-razionale”.
Il momento astratto consiste nel capire l’esistente sotto forma di una molteplicità di
determinazioni. In altri termini, il momento intellettuale (che è il grado più basso della ragione) è
quello per cui il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realtà, limitandosi a considerarle
nelle loro differenze secondo il principio di identità e di non-contraddizione (secondo cui ogni cosa
è se stessa ed è assolutamente diversa dalle altre). Il momento dialettico o negativo-razionale
consiste nel mostrare come queste determinazioni siano unilaterali e hanno bisogno di essere
messe in relazione con altre determinazioni. Il terzo momento, quello speculativo o positivo-
razionale, consiste nel rendersi conto che tali determinazioni sono aspetti unilaterali di una realtà
più alta che li ri-comprende o sintetizza entrambi. La dialettica consiste quindi:
1) nell’affermazione o posizione di un concetto “astratto e limitato”, che funge da tesi;
2)nella negazione di questo concetto come qualcosa di limitato o di finito e nel passaggio ad un
concetto opposto, che funge da antitesi;
3) nella unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi positiva che
comprende entrambe. Sintesi che si configura come una ri-affermazione potenziata
dell’affermazione iniziale (tesi), ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia
(antitesi). Hegel focalizza tutto questo con il termine tecnico di Aufhebung il quale esprime l’idea
di un “superamento” che è sia un togliere (l’opposizione fra tesi ed antitesi) ed un conservare (la
verità della tesi, dell’antitesi e della loro lotta).

6.1 Puntualizzazioni circa la dialettica


1) La dialettica non fa che illustrare il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la
risoluzione del finito nell’infinito. Infatti essa ci mostra come ogni finito, cioè ogni spicchio di
realtà, non possa esistere in sé stesso ma solo in un contesto di rapporti. Infatti dovrà entrare in
quella trama di relazioni che forma la realtà e che coincide con il tutto infinito di cui esso è parte.
La dialettica esprime appunto il processo mediante cui le varie parti o determinazioni della realtà
perdono la loro rigidezza, e diventano “momenti” di un’Idea unica ed infinita. La dialettica
rappresenta la crisi del finito e la sua risoluzione necessaria nell’infinito.
2) La dialettica ha un significato ottimistico, poiché essa ha il compito di conciliare le opposizioni e
ridurre ogni cosa all’ordine e alla perfezione del Tutto. Il negativo, per Hegel, sussiste solo come un
momento del farsi del positivo.
3) Ci si può chiedere se la dialettica hegeliana sia a sintesi aperta o a sintesi chiusa.
Infatti, poiché ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di un’altra antitesi, cui succede
un’ulteriore sintesi, sembrerebbe, che la dialettica esprima un processo aperto. In verità, Hegel
pensa che in tal caso si avrebbe il trionfo della “cattiva infinità” ossia un processo che toglierebbe
allo spirito il pieno possesso di sé stesso. Egli opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cioè per
una dialettica che ha un ben preciso punto di arrivo.

8. La Fenomenologia dello Spirito


La Fenomenologia dello Spirito è la prima opera in cui Hegel espone il suo pensiero di cui abbiamo
già presentato i fondamenti e il metodo. Il termine Fenomenologia (= ciò che si manifesta, che
appare) significa “Studio delle manifestazioni” dello Spirito. Nella Fenomenologia dello Spirito
Hegel vuol descrivere il percorso della coscienza verso il sapere assoluto, vale adire il percorso
dalla coscienza comune alla piena coscienza filosofica. “La coscienza comune è la coscienza
dell’uomo che vede il mondo come un insieme di oggetti e soggetti indipendenti gli uni dagli altri.
La coscienza filosofica è invece quella che vede le cose e gli eventi come la manifestazione del
Tutto, e considera una semplice illusione la possibilità di identificarle separatamente. L’itinerario
dalla coscienza comune alla coscienza filosofica è segnato da una serie di tappe (che Hegel chiama
figure) che costituiscono fasi della storia dell’umanità, fasi che il singolo individuo deve
ripercorrere, ma queste tappe sono anche “manifestazioni dell’assoluto”. Quindi la fenomenologia
descrive la via che conduce l’individuo al sapere assoluto, ma descrive anche, la via attraverso la
quale l’Assoluto giunge all’autocoscienza (l’Assoluto si autoconosce attraverso il filosofo). La
Fenomenologia dello Spirito è costituita da 6 tappe fondamentali: COSCIENZA-AUTOCOSCIENZA-
RAGIONE-SPIRITO-RELIGIONE-SAPERE ASSOLUTO. Le prime tre tappe descrivono l’innalzamento
dalla coscienza individuale finita alla ragione. Le successive tre tappe descrivono il dispiegarsi della
coscienza che ha conquistato il punto di vista dell’Assoluto. Prendiamo in considerazione solo i
primi tre momenti.
COSCIENZA: Nel primo momento della Coscienza questa si rivolge a un oggetto che è considerato
esterno rispetto ad essa. Essa si articola in 3 momenti: certezza sensibile, essa appare come la
forma di conoscenza più ricca ma in realtà è la più povera in quanto è la forma di conoscenza più
astratta e indeterminata (tutte le forme di sapere immediato). Il passaggio da sapere immediato a
quello mediato avviene con la Percezione che garantisce la distinzione tra soggetto che percepisce
e oggetto percepito. Infine l’intelletto per Hegel consiste nella capacità di vedere gli oggetti non
come tali, ma come fenomeni, ovvero risultati di una forza che agisce sul soggetto secondo una
legge determinata.
AUTOCOSCIENZA: La seconda tappa dell’itinerario fenomenologico è costituito dalla
“autocoscienza” che, attraverso i singoli momenti, impara a sapere che cosa essa sia
propriamente. L’autocoscienza si manifesta, dapprima, come caratterizzata dal desiderio, ossia
come tendenza ad appropriarsi delle cose e a far dipendere tutto da sé.
Ma l’autocoscienza necessita di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale:
l’uomo acquista coscienza di sé solo se riesce a farsi riconoscere da altri uomini, da altre
autocoscienze. L’uomo però non rispetta l’altro nella sua diversità, ma vuole ridurlo a una cosa
propria e di conseguenza nasce una lotta tra i due uomini la cui posta in gioco è proprio il
riconoscimento. Il riconoscimento deve passare attraverso un conflitto, ovvero solo attraverso “la
lotta per la vita e per la morte” l’autocoscienza può realizzarsi. Nasce, cosí, la dialettica tra
“padrone” e “servo” che è effettivamente fra le cose più profonde e più belle della
Fenomenologia. Il “padrone” ha rischiato nella lotta la sua vita e nella vittoria è diventato, di
conseguenza, padrone. Il “servo” ha avuto timore della morte e, nella sconfitta, per aver salva la
vita fisica, ha accettato la condizione di schiavitù ed è diventato come una “cosa” dipendente dal
padrone. Il padrone usa il servo e lo fa lavorare per sé, limitandosi a “godere” delle cose che il
servo fa per lui. Ma, in questo tipo di rapporto, si sviluppa un movimento dialettico, che finirà col
portare al rovesciamento delle parti. Infatti il padrone finisce col diventare “dipendente dal servo”,
perché può appropriarsi delle cose solo attraverso il lavoro del servo. Il servo invece, per mezzo
del lavoro, finisce per diventare indipendente, perché impara a dominare se stesso. La figura della
dialettica Padrone-Servo è stata apprezzata soprattutto dai marxisti. Un’altra figura celebre
dell’Autocoscienza è quella della Coscienza infelice, che descrive la condizione della coscienza
tipica della religione ebraica e del Cristianesimo medievale. La coscienza infelice è la coscienza che
vive se stessa come coscienza finita, che per esistere deve ancorarsi a una realtà assoluta, infinita,
estranea alla coscienza stessa ( = Dio trascendente). In questa figura c’è quindi una profonda
scissione tra l’autocoscienza dell’uomo (finita, mutevole) e l’oggetto della coscienza, infinita, a cui
la coscienza tende senza mai poterla raggiungere. Nella figura della Coscienza infelice ogni
accostamento dell’uomo alla Divinità trascendente significa un’umiliazione, e da ciò deriva
appunto l’infelicità. Nel Cristianesimo si cerca poi di rendere accessibile il Dio trascendente per
mezzo del Dio incarnato (Gesù Cristo); tuttavia, secondo Hegel, la pretesa di cogliere l’Assoluto in
una figura storica è destinata al fallimento, perché Cristo, vissuto in uno specifico periodo storico,
risulta pur sempre lontano, e quindi per la coscienza rimane estraneo. Di conseguenza, anche con
il cristianesimo, la coscienza continua ad essere infelice.
RAGIONE: La Ragione nasce nel momento in cui la Coscienza, abbandonato il vano sforzo di
unificarsi con Dio, si rende conto di essere lei stessa Dio, acquisisce “la certezza di essere ogni
realtà”. E’ questa la posizione propria dell’idealismo. Il “cammino” della Ragione si conclude con la
coscienza che comprende che ogni atto della vita individuale si situa dentro una realtà storico-
sociale che lo fonda, e quindi la ragione si realizza nelle istituzioni storico-politiche di un popolo e
dello Stato; ma con questo entriamo nel mondo dello Spirito.
.Vedere schemi pag491-492

Capitolo3
Nella Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio troviamo l’esposizione di tutti i momenti
costitutivi dell’assoluto, nel loro ordine necessario. L’esposizione segue il ritmo triadico di tesi
(Idea in sé), antitesi (Idea fuori di sé, cioè natura), sintesi (Idea che ritornain sé, cioè Spirito) e si
divide in Logica, Filosofia della Natura, Filosofia dello Spirito.

9. La Logica
La Logica prende in considerazione la struttura programmatica del mondo. Tale “impalcatura” si
identifica in un organismo dinamico di concetti i quali costituiscono altrettante determinazioni
della realtà. La logica di Hegel esprime la realtà stessa nella sua essenza. Pertanto risulta evidente
come la logica (= lo studio del pensiero) e la metafisica (= lo studio dell’essere) siano per Hegel la
stessa cosa. Hegel afferma anche che la logica è l’esposizione di Dio. I termini Dio e creazione
vanno però intesi: la creazione per Hegel è il processo in cui Dio stesso si trasforma e si arricchisce,
e il “Dio dopo la creazione” (di cui si occuperà la filosofia dello Spirito) è qualcosa di superiore
rispetto al “Dio prima della creazione”. L’Idea di cui tratta la Logica in ogni caso non è da concepire
come una sorta di realtà unica e compatta, ma come Sviluppo e Processo dialettico. I concetti o
categorie esposti nella Logica sono successive definizioni dell’Assoluto, progressivamente più
ricche, e l’Idea è la totalità dei concetti determinati e dei nessi che li legano. La Logica hegeliana si
articola dialetticamente in dottrina dell’essere, dottrina dell’essenza e dottrina del concetto;
ognuna di queste articolazioni presenta ulteriori triadi interne, che non è possibile trattare
analiticamente. Prendiamo quindi in considerazione solo l’incipit della Logica, la triade “Essere,
Nulla, Divenire”: il punto di partenza della logica è il concetto dell’essere, il concetto più generale
perché assolutamente astratto, privo di ogni possibile contenuto. Ma appunto perché privo di
determinazioni, l’essere richiama il suo opposto, il nulla, e fa tutt’uno connesso. La sintesi di
questa prima opposizione, di essere e nulla, è il divenire: nel divenire infatti ciò che non è viene, ad
essere e viceversa. Il divenire tuttavia non unisce l’essere e il nulla in un’identità astratta ma in un
rapporto dialettico, in cui ciascuno dei due passa nell’altro. Per concludere prendiamo in esame la
discussione (contenuta nella Dottrina dell’essenza) dei principi logici di identità (A = A) e di non-
contraddizione (A non è non-A). Secondo Hegel questi principi rappresentano il punto di vista
dell’intelletto astratto, ma non il punto di vista della ragione, che è il solo punto di vista della
verità. La vera identità, secondo Hegel, non è A = A, ma deve essere intesa “come identità che
include le differenze”, come sintesi che si realizza togliendo l’opposizione e conservando in sé gli
opposti.
.vedere schema pagina 504

10. LA FILOSOFIA DELLA NATURA


Hegel afferma che anche la natura è Idea, cioè qualcosa che è compreso nell’Assoluto; non è una
realtà estranea, irriducibile allo Spirito. Hegel insiste molto sul momento di negatività costituito
dalla Natura. La filosofia della natura è quella considerazione pensante dela natura che ha come
oggetto di studio l’idea all’interno di una realtà spazio-temporale. La filosofia della Natura si
articola in:
1) meccanica, che studia lo spazio, il tempo, la materia e il movimento;
2) fisica, studia i fenomeni magnetici, elettrici e chimici;
3) organica, che tratta della natura vegetale e animale.

11. LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO


La filosofia dello Spirito è lo studio dell’Idea che, dopo essersi estraniata sparisce come natura, per
farsi puro spirito, autocoscienza. Lo Spirito è la vivente attualizzazione e autoconoscenza dell’Idea.
lo Spirito è la più alta manifestazione dell’Assoluto. Anche la filosofia dello Spirito è strutturata in
maniera triadica, e quindi divisa in tre momenti:
1) un primo in cui lo Spirito è sulla via della propria autorealizzazione e autoconoscenza: Spirito
soggettivo,
2) un secondo in cui lo Spirito si autorealizza pienamente come libertà: Spirito oggettivo,
3) un terzo in cui lo Spirito si autoconosce pienamente ed è come Dio nella sua pienezza di vita e di
conoscenza: Spirito Assoluto.

12. LO SPIRITO SOGGETTIVO


Lo spirito soggettivo è lo spirito individuale (dell’uomo singolo, ancora legato alla finitudine),
considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla natura. La filosofia dello spirito soggettivo
si divide in tre parti: antropologia, fenomenologia e psicologia. Nella antropologia viene
considerata quella fase iniziale della vita cosciente che nell’uomo si manifesta come disposizioni
psicofisiche connesse all’età e al sesso, abitudini. Nella fenomenologia viene riproposto il percorso
“Coscienza”, “Autocoscienza”, “Ragione”. Nella psicologia vengono studiate le attività proprie
dello spirito, cioè la conoscenza (attività teoretica), l’attività pratica e il volere libero. Il volere
libero rappresenta il culmine dello Spirito soggettivo: l’anima dell’uomo aspira alla libertà, ma si
scontra con il limite della sua finitezza. Per essere libero, l’uomo deve superare la propria finitezza,
deve quindi entrare in relazione con il mondo e con gli altri uomini: per farlo non può restare nella
forma dello Spirito soggettivo. Si passa quindi allo Spirito oggettivo.
Il momento dello Spirito oggettivo costituisce per Hegel la realizzazione della libertà umana. E’
quindi opportuno precisare che cosa intende Hegel per libertà. La libertà per Hegel è la piena
realizzazione dell’uomo, realizzazione che si ottiene quando si raggiunge la consapevolezza di
essere parte dello Spirito infinito. Si osservi che la nozione di libertà che qui utilizziamo non ha
nulla a che vedere con la nozione di libero arbitrio, che presuppone la sostanziale indipendenza
della persona umana dalle relazioni che costituiscono l'ordine del mondo. Hegel dice che la
persona è libera quando supera la propria finitezza riconoscendo e accettando di appartenere a
una trama necessaria di relazioni.

13. LO SPIRITO OGGETTIVO


Per oggettività dello Spirito Hegel intende le istituzioni, esteriori all’individuo, nelle quali l’uomo
concretamente vive. Esse sono oggettive perché si presentano al singolo uomo come qualcosa di
concretamente esistente in modo oggettivo. L’oggettività dello Spirito è così formata
dall’estraniazione degli stessi soggetti: le istituzioni, ad esempio la famiglia, sono l’oggettivazione
dell’uomo stesso in una realtà che non ha più i tratti soggettivi dell'uomo ma ha regole e
caratteristiche sue proprie. Hegel distingue tre momenti della Filosofia dello Spirito oggettivo, il
diritto, la moralità e l’eticità.
IL DIRITTO: Il soggetto trova dinanzi a sé la legge, che regola attraverso norme di comportamento
le sue relazioni con il mondo. La legge definisce ciò che è legittimo fare da ciò che non lo è.
Tuttavia il diritto permette di fatto una maggiore libertà all’uomo, rendendo possibile la vita di
relazione e dunque concretamente fattibili cose che, altrimenti, sarebbero del tutto irrealizzabili (si
pensi alla vita quotidiana in assenza di regole: un caos, non un’effettiva libertà). Momento iniziale
del diritto è la proprietà. La proprietà è il compimento dell’uomo in una cosa esterna. Hegel
dunque teorizza il diritto alla proprietà privata come una necessità dello Spirito per la realizzazione
della propria libertà. Dalla proprietà si passa al contratto (riconoscimento reciproco del diritto di
proprietà) che pone l’uomo in relazione con altri uomini. Il momento del diritto, tuttavia, permette
solo una forma esteriore di libertà (una libertà nei comportamenti), e la legge è sempre vissuta
come qualcosa che dall’esterno si impone al singolo. L’uomo non può infatti identificarsi con la
legge, perché essa è pur sempre esteriore alla sua coscienza. Alla legge manca qualcosa, cioè la
possibilità che l’uomo vi si identifichi: ciò equivale a dire che alla legge manca la moralità.
Momenti dialettici del diritto sono anche il delitto, che è la negazione del diritto, e la pena, che
ristabilisce il diritto, reintegra il colpevole nel diritto; perché la pena sia efficace occorre però che il
colpevole non soltanto sconti la pena, ma riconosca la propria colpa, in tal modo però si passa
dalla sfera dell’esteriorità a quella dell’interiorità, e si passa quindi dal diritto alla moralità.
LA MORALITA’: La moralità collega l’azione esteriore dell’uomo alla sua interiorità. Nel momento
della moralità Hegel studia l’insieme delle leggi interiori della coscienza. Per la moralità è
essenziale l’intenzione con cui un’azione viene compiuta e il bene come valore morale è il suo fine.
Moralità e diritto si contrappongono dialetticamente come legge esteriore e legge interiore. Né
l’uno né l’altro dei due momenti, da solo, permette che nell’azione si esprima l’unità della persona.
Perché questo accada è necessario il momento di sintesi tra diritto e moralità, cioè l’eticità.
L’ETICITA’: Nell’eticità la volontà buona diventa qualcosa di esistente. Le norme esteriori del diritto
e le norme interiori della moralità sono conciliate nell’azione etica. Col termine eticità Hegel
intende riferirsi a tutte quelle istituzioni che permettono tanto una libertà esteriore quanto una
libertà interiore, istituzioni dunque nelle quali l’uomo può trovare piena soddisfazione alle sue
esigenze di realizzazione e di libertà, perché in esse può identificarsi. Le istituzioni dell’eticità cui si
riferisce Hegel sono la famiglia, la società civile e lo Stato.
LA FAMIGLIA: La prima istituzione dell’eticità è la famiglia, che permette la libertà per i suoi
membri nella sfera della vita privata. Nella famiglia l’aspetto naturale viene elevato alla sfera
spirituale, infatti la volontà individuale viene conciliata con le leggi dello Stato (quindi sirealizza la
sintesi tra diritto e moralità). L’elemento fondante della famiglia è l’amore, la famiglia poi si
articola nei momenti del matrimonio, del patrimonio e dell’educazione dei figli. L’abbandono della
famiglia da parte dei figli costituisce la negazione della famiglia, da cui scaturisce la società civile.
LA SOCIETA’ CIVILE: Il secondo momento dell’eticità è la società civile, cioè quell’insieme di
istituzioni nelle quali l’individuo può entrare in relazione con altri uomini sulla base del proprio
Interesse. Nella società civile gli uomini trovano soddisfazione ai propri bisogni, pur restando
estranei gli uni agli altri. La società civile permette che l’incontro-scontro di interessi individuali
porti alla soddisfazione dei bisogni di tutti i soggetti sociali. La società è costituita dai rapporti
economico-sociali ma anche dal sistema giuridico-amministrativo che permette di coordinare le
attività e gli interessi individuali. Hegel analizza molti aspetti della vita sociale, quali la divisione del
lavoro e la divisione della popolazione in classi sociali,…
LO STATO: Lo Stato, per Hegel è la sintesi globale dell’eticità. Lo Stato infatti è una specie di
“famiglia in grande” in cui l’uomo può realizzare pienamente la sua libertà. Lo Stato infatti pone un
principio di unità e di appartenenza superiore, e perciò unisce tutti i particolari verso un bene
collettivo; da condividere con i concittadini. Lo Stato di Hegel si differenzia da Locke e anche dal
modello democratico, vale a dire dalla teoria della sovranità popolare (vediRousseau), in quanto il
popolo, al di fuori dello Stato, è soltanto una moltitudine informe. Hegel afferma che la sovranità
dello Stato deriva dallo Stato medesimo, perché lo Stato non è fondato sugli individui, ma sull’idea
di Stato, ossia sul concetto di un bene universale: pertanto non sono gli individui a fondare lo
Stato, ma lo Stato a fondare gli individui. Detto questo, risulta chiaro perché Hegel rifiuta anche la
teoria contrattualistica (secondo cui la Stato deriverebbe da un contratto scaturito dalla volontà
degli individui), e la teoria giusnaturalistica (secondo cui i diritti naturali esisterebbero prima e
oltre lo Stato: per Hegel il diritto esiste solo nello Stato e grazie allo Stato). Lo Stato hegeliano è
assolutamente sovrano, Hegel ritiene che lo Stato debba operare solo per mezzo delle leggi, debba
essere, quindi, uno Stato di diritto; inoltre identifica la “costituzione razionale” dello Stato con la
monarchia costituzionale moderna. Non può esistere un organismo superiore allo Stato che possa
giudicare le pretese degli Stati e regolare i rapporti tra gli Stati. Il solo giudice o arbitro fra gli Stati
è lo Spirito universale, cioé la Storia, la quale ha come suo momento strutturale la guerra. Hegel
attribuisce alla guerra non solo un carattere di necessità e inevitabilità, ma anche un alto valore
morale.

14. LA FILOSOFIA DELLA STORIA


I mezzi della storia sono gli individui con le loro passioni: Hegel ammette l’esistenza di individui
cosmico-storici o eroi, come Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone, capaci di “fare la
storia”, tuttavia questi uomini agiscono per fini particolari, ma c’è un’ astuzia della ragione che si
serve delle loro passioni particolari per realizzare un progresso universale: non loro hanno fatto la
storia, in realtà, ma in essi è vissuto lo Spirito e ha utilizzato la loro azione per il proprio obiettivo
universale (e quando essi hanno realizzato il loro compito, vengono “scartati” dalla storia: Giulio
Cesare ucciso, Napoleone esiliato a Sant’Elena ecc.)
15. LO SPIRITO ASSOLUTO
Lo Stato è “l’ingresso di Dio nel mondo”, il culmine dello Sprito oggettivo, ma esso rimane pur
sempre un elemento parziale, finito. Lo spirito assoluto è il momento il cui l’Idea giunge alla piena
coscienza della propria infinità o assolutezza tutto questo rappresentato dall’arte, dalla religione e
dalla filosofia. Queste sono, tre attività attraverso le quali noi conosciamo l’Assoluto e l’Assoluto
conosce se stesso. Sono però tre attività poste su livelli diversi. Infatti soltanto la filosofia può
ambire al sapere assoluto, l’arte e la religione hanno lo stesso contenuto della filosofia, lo Spirito
assoluto, ma lo presentano in forme inadeguate: l’arte nella forma dell’intuizione sensibile e la
religione nella forma della rappresentazione.
L’ARTE: Hegel attribuisce all’arte una funzione conoscitiva, l’arte permette di arrivare, attraverso le
forme sensibili, all’intuizione dell’Assoluto. L’arte, attraverso la mediazione di un elemento
sensibile coglie intuitivamente l’identità tra Spirito e Natura. Il limite dell’arte consiste nel fatto
che la forma dell’intuizione sensibile non è in grado di render conto del dispiegarsi dialettico
dell’Assoluto. Hegel dialettizza la storia dell’arte in tre momenti: arte simbolica, arte classica e arte
romantica. Nell’arte simbolica la forma prevale sul contenuto. L’arte classica è caratterizzata da un
equilibrio tra contenuto spirituale e forme sensibili. Nell’arte romantica il contenuto prevale sulla
forma.
LA RELIGIONE: La religione è la seconda forma dello spirito assoluto, quella in cui l’assoluto si
manifesta nella forma della rappresentazione interiore, che è il modo tipicamente religioso di
pensare Dio. Anche la religione ha uno sviluppo storico, dalle antiche religioni naturali, in cui Dio è
visto come forza naturale, alle religioni dell’individualità spirituale in cui Dio appare in sembianze
umane, al Cristianesimo, in cui Dio appare come “puro spirito”. Per Hegel la religione cristiana è la
“religione assoluta”, perché essa esprime attraverso i suoi dogmi le stesse verità della filosofia: per
esempio la Trinità esprime la triade dialettica, Gesù Cristo uomo-Dio esprime l’identità di finito e
infinito. Tuttavia anche il cristianesimo presenta i limiti di ogni religione, cioé l’incapacità della
forma rappresentativa di esprimere adeguatamente l’Assoluto. Per la religione l’Assoluto rimane
misterioso. Pertanto l’unico sbocco coerente della religione è la filosofia, che ci parla anch’essa
dell’Assoluto, ma nella forma adeguata del concetto.
LA FILOSOFIA: Nella filosofia lo Spirito giunge alla piena e concettuale coscienza di se stesso,
chiudendo il ciclo cosmico. Hegel ritiene che anche la filosofia sia una formazione storica. La
filosofia è l’intera storia della filosofia giunta finalmente a compimento con Hegel. L’ultima
filosofia è quella di Hegel. E’ nella filosofia di Hegel che l’Assoluto si autoconosce, totalmente e
definitivamente.

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