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HEGEL (1770-1831) CAPISALDI DEL SISTEMA

LA REALTÀ IN QUANTO TALE È SPIRITO INFINITO. La realtà è Spirito infinito perché si realizza
sempre come infinito, che pone e insieme supera il finito, come un circolo in cui principio e fine coincidono
in maniera dinamica in un movimento a spirale in cui il particolare è sempre posto e dinamicamente risolto
nell’universale, l’essere è sempre risolto nel dover essere, il reale nel razionale. Lo Spirito è una unità che si
realizza attraverso il molteplice. Compito della filosofia è tracciare l'itinerario di sviluppo dello Spirito
assoluto. Ciò implica in primo luogo il chiarimento sulla struttura razionale dell'Assoluto; in secondo luogo
una dimostrazione delle modalità con cui l'Assoluto si manifesta nella natura e nella storia; in terzo luogo,
un'illustrazione del carattere teleologico dell'Assoluto, che esibisca il finalismo intrinseco al "movimento"
dell'Assoluto nella storia.

LA DIALETTICA. La struttura e la vita stessa dello spirito, e quindi anche il procedimento secondo cui si
svolge il sapere filosofico, è la dialettica. La cui peculiarità è l’elemento “speculativo”.
L’Assoluto è l’unità concreta e, come tale, si rivela nelle differenze conciliandole senza annullarle. Il metodo
capace di garantire la conoscenza scientifica dell’assoluto e di innalzare la filosofia a scienza, è quello
dialettico, perché implica che il movimento sia il risultato del conflitto tra opposti. Questa è l’ipotesi
idealistica: ammettere che la sostanza assoluta che si attua dialetticamente nell’universo è una sostanza
spirituale, che nel suo svolgersi, percorre tre momenti paradigmatici, noti come tesi, antitesi e sintesi
(ma la terminologia non è di Hegel), di cui il momento iniziale (tesi: Idea in sé) è quello in cui la sostanza si
presenta come idea assoluta preesistente al sorgere della materia e dello spirito, che si esteriorizza (antitesi:
Idea fuori di sé) come natura inserita nello spazio e nel tempo, e si conclude (sintesi: Idea per sé) quando
l’idea ritrova la sua più alta e concreta espressione:
1. La tesi o momento astratto intellettivo è il momento di partenza della dialettica, quello dello spirito
in sé (an sich) per ciò che è, un’astratta determinazione universale che manca di concretezza; ma
l’astrattezza del primo momento può essere superata solo con la negazione
2. L'antitesi o momento negativamente razionale è la necessaria negazione dell’astrattezza attraverso
il movimento dell’alienazione dello spirito nella concreta particolarità, lo spirito fuori di sé (für sich)
3. La sintesi o momento speculativo è il momento in cui lo spirito, superando l’elemento della
particolarità, riunisce entro di sé universalità e concretezza ed è dunque spirito in sé e per sé (an und
für sich), negazione della negazione in cui si trovano sintetizzati tesi e antitesi in un nuovo
significato. La sintesi è anche una nuova tesi che innesca un ulteriore movimento dialettico,
generando in questo modo un processo di sviluppo storico e intellettuale continuo.

La dialettica hegeliana produce un movimento a spirale che ha un ritmo triadico in cui il procedere si
presenta come un ripiegarsi conservando la varietà dei suoi momenti, questa risoluzione in unità a livello più
elevato è indicata come AUFHEBUNG, superamento. Per dirla come Hegel, ogni cosa "si afferma, si nega,
si supera", la dialettica rappresenta la "vita dell'Assoluto".

“IL VERO È L'INTERO” ossia la verità si consegue solo quando i diversi aspetti parziali della realtà sono
considerati nella totalità di cui fanno parte, infatti la verità non è "sostanza" cioè qualcosa di immobile ma è
attività, svolgimento, movimento. L'intera realtà è un grande organismo, il mondo è un'immensa gamma di
manifestazioni dell'Assoluto, ogni aspetto del reale sono parte di un intero le cui singole parti possono essere
comprese e definite solo se sono messe in rapporto con il tutto. Gli aspetti particolari della realtà, per Hegel,
non costituiscono verità sono solamente la manifestazione del tutto, e solo il tutto, l'intero, l'Assoluto, è
l'autentica verità; della realtà comunemente percepita dagli uomini Hegel afferma che è modo di manifestarsi
dell'Assoluto e non essenza in sé. Dunque per Hegel l'Assoluto, l'interezza del Tutto, è l'essere puro,
mentre le singole parti finite e determinate, sono suoi modi di manifestarsi. In Hegel vi è molto forte lo
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spirito di sistema, ovvero il suo pensiero afferma che ogni cosa apparentemente irrazionale lo è finché non si
comprende quale funzione ha all'interno del tutto, ogni cosa riceve il proprio significato solo in relazione alle
altre.

LA RISOLUZIONE DEL FINITO NELL’INFINITO, l’uomo attraverso un percorso scandito da diverse


tappe o figure arriva alla consapevolezza che il finito non esiste di per sé ma solo nell’infinito e in virtù
dell’infinito.

LA NECESSARIA IDENTITÀ DI REALE E RAZIONALE, la Ragione non è pura astrazione, bensì


governa il mondo e lo costituisce, così come la realtà non è che il dispiegarsi della Ragione che si manifesta
in una serie di passaggi, i quali rappresentano, ognuno, il risultato di quelli precedenti e il presupposto di
quelli seguenti. La realtà intera è giustificata visto che, dal punto di vista dello Spirito Assoluto, tutto ciò che
è, è necessariamente quello che deve essere. "Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale" La
realtà, qui intesa come Tutto e non come l'insieme dei singoli aspetti della percezione, è profondamente
intrisa di razionalità. Ogni fatto che si manifesta del mondo risponde a una legge razionale, l'Assoluto si
manifesta razionalmente in tutti gli aspetti della realtà, inconsapevolmente nella natura, più consapevolmente
negli uomini. Questo è ciò che risponde all'affermazione "ciò che è razionale è reale". Ma Hegel afferma
anche che "ciò che è reale e razionale", per cui si afferma che ogni cosa non ha un senso arbitrario, ma
risponde necessariamente alla struttura profondamente logica del mondo. Tutto ha quindi una sua logica,
ogni cosa buona e ogni cosa cattiva, il giusto e l'ingiusto, ciò che sembra assurdo e, ovviamente, ciò che non
lo è. La razionalità permea ogni cosa necessariamente, ogni cosa, anche quando sembra secondaria, ha in
realtà la sua ragione nel "gioco" del Tutto (dell'Assoluto). Ogni cosa è quindi giustificata e trova
giustificazione, vi è sempre una giustificazione per ogni evento, nulla è casuale. Hegel nota poi che le analisi
dell'uomo attorno al mondo possono fare solo da testimoni alla realtà, per cui la realtà si crea da sé, e quando
l'uomo arriva a riconoscerla, non può che descriverla senza modificarla, in quanto la realtà si è già formata.
La realtà quindi si edifica da sé, rispondendo alle proprie leggi razionali, l'uomo ne è solo testimone.

IL COMPITO DELLA FILOSOFIA che non è quello di insegnare "come il mondo debba essere", proprio
come hanno fatto tutte le filosofie precedenti, ma è quello di prendere atto della realtà così com’è,
elaborando in concetti il contenuto reale che le offre l’esperienza e dimostrandone l’intrinseca razionalità. La
filosofia è paragonata da Hegel, secondo una celebre metafora, alla nottola della dea Minerva, la quale inizia
a volare al crepuscolo, cioè quando il giorno è finito, ovvero quando la realtà è già conclusa.

L’IDEALISMO STORICO. L’interesse dominante di Hegel è quello storico – politico, la realtà che gli sta
innanzi e nei cui confronti formula le sue categorie interpretative è quella della storia e della vita politica dei
popoli. Il principio fondamentale di questa interpretazione è il seguente: la realtà è sempre quella che
razionalmente deve essere, non è mai inferiore o diversa da ciò che la ragione esige che sia, perché la
struttura stessa dell'Assoluto è razionale, perciò per Hegel "ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è
razionale", questa formula, usata per la prima volta nella prefazione della Filosofia del diritto, significa che
la realtà stessa, nella sua vita concreta, è ragione e come tale si rivela alla filosofia che l’investiga. Per Hegel
lo Spirito è l’Idea che si contempla mediante il proprio sviluppo. Tutto è dunque sviluppo dell’idea, che
sopporta e supera la sua negazione. Qualunque cosa esista o avvenga non è fuori dell’assoluto, ma è un
momento insopprimibile del medesimo. Ciò che è, è ciò che doveva essere, perché tutto ciò che è, è
momento dell’idea e del suo svilupparsi. Possiamo definirlo panlogismo, ossia tutto è razionale in quanto
determinazione di pensiero. Per Hegel, quindi, la realtà è intesa come l'Assoluto che si dispiega
dialetticamente in un processo di sviluppo di sé. In questo processo lo Spirito assoluto si manifesta sia nella
natura sia nella storia. La natura è l'Idea assoluta, o l'Essere, che oggettiva se stesso in forma materiale. Le
coscienze finite e la storia dell'uomo sono il movimento in cui si manifesta l'Assoluto stesso in ciò che gli è
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più affine, cioè la coscienza. Se il contenuto della filosofia è il reale come totalità, il suo metodo è la
comprensione dialettica di esso. Ma la distinzione tra contenuto e metodo è ancora astratta, corrisponde a un
approccio iniziale, perché il metodo dialettico non è una mera tecnica della filosofia, ma quella forma
necessaria ad essa per non tradire la struttura dialettica della stessa realtà. Contenuto e metodo al culmine
della filosofia, coincidono perfettamente: il processo dialettico ha termine e realtà e razionalità conseguono
un’identità piena senza residui. L’identità di reale e razionale non è un presupposto ma, grazie alla dialettica,
un risultato. Essa viene raggiunta alla fine, includendo al proprio interno la stessa differenza di reale e
razionale come un momento necessario per il conseguimento dell’identità ultima a cui perviene la ragione.
Per questo è idealismo, poiché l’identità di realtà e razionalità è divenuta cosciente attraverso la ragione e
non invece ingenuamente presupposta come un dato di fatto. Per Hegel la filosofia giunge sempre come la
nottola di Minerva, sul far della sera, a ricapitolare in concetti un reale che già ha avuto svolgimento. Solo
così la conciliazione è davvero piena e non più minacciata da nuove scissioni. Infatti non solo il reale ha
raggiunto il proprio svolgimento, ma ha anche coscienza di questo compimento. Esso è compiuto e si sa tale:
la filosofia ha il compito di condurre a tale rappacificazione. Parafrasando Hegel si può dire che se una
mezza verità rende estranei al proprio tempo e introduce nella coscienza irrequietudine e lacerazione, una
verità intera produce pacificazione, perché riconcilia pienamente con il reale, giustificandone persino gli
elementi di negatività. È questa la ragione per cui il cammino dello spirito, che in quanto attività è da
intendersi come libertà nell’intimo, si coglie, alla fine, come necessità. Libertà e necessità, nella prospettiva
di una totalità dialettica e della conseguente identità di reale e razionale, coincidono perfettamente.

FENOMENOLOGIA,

I CAPISALDI CONCETTUALI

Nella Fenomenologia ritornano i presupposti già presenti nelle opere hegeliane precedenti:

1. la realtà in quanto tale è Spirito infinito: la realtà è Spirito infinito perché si realizza sempre come
infinito che pone e insieme supera il finito, come un circolo in cui principio e fine coincidono in
maniera dinamica in un movimento a spirale in cui il particolare è sempre posto e dinamicamente
risolto nell’universale, l’essere è sempre risolto nel dover essere, il reale nel razionale. Lo Spirito è
una unità che si realizza attraverso il molteplice.
2. la struttura, o meglio la vita stessa dello Spirito, e quindi anche il procedimento secondo cui si svolge
il sapere filosofico, è la dialettica, che è insieme la legge del pensiero e quella dell'essere;
3. "il vero è l'intero", ossia la verità si consegue solo quando i diversi aspetti parziali della realtà sono
considerati nella totalità di cui fanno parte, infatti la verità non è "sostanza" cioè qualcosa di
immobile ma è attività, svolgimento, movimento;
4. la risoluzione del finito nell’infinito: l’uomo attraverso un percorso scandito da diverse tappe o
figure arriva alla consapevolezza che il finito non esiste di per sé ma solo nell’infinito e in virtù
dell’infinito;
5. la necessaria identità di reale e razionale: la Ragione non è pura astrazione, bensì governa il mondo e
lo costituisce, così come la realtà non è che il dispiegarsi della Ragione che si manifesta in una serie
di passaggi, i quali rappresentano, ognuno, il risultato di quelli precedenti e il presupposto di quelli
seguenti. La realtà intera è giustificata visto che, dal punto di vista dello Spirito Assoluto, tutto ciò
che è, è necessariamente quello che deve essere;
6. il compito della filosofia che non è quello di insegnare "come il mondo debba essere", proprio come
hanno fatto tutte le filosofie precedenti, ma è quello di prendere atto della realtà così com’è,
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elaborando in concetti il contenuto reale che le offre l’esperienza e dimostrandone l’intrinseca
razionalità. La filosofia è paragonata da Hegel, secondo una celebre metafora, alla nottola della dea
Minerva, la quale inizia a volare al crepuscolo, cioè quando il giorno è finito, ovvero quando la
realtà è già conclusa.

L’ITINERARIO FENOMENOLOGICO

Definita da Hegel come “storia romanzata della coscienza”, il termine "fenomenologia" significa scienza
dell'apparire dello Spirito che si eleva gradualmente, mediante momenti legati dialetticamente, fino al Sapere
assoluto. In essa si giustappongono due piani:

1. il primo è la via che la coscienza umana ha dovuto percorrere per giungere a riconoscersi come
autocoscienza che è ragione assoluta e totalità del reale cioè tutto. Questa via è costituita da
situazioni storiche o culturali chiamate figure che si concatenano in modo da mostrare la progressiva
realizzazione della Ragione assoluta come tale.
2. il secondo è quello che mostra lo sviluppo puramente razionale dell’Autocoscienza o ragione
assoluta o Idea che muove dalle sue manifestazioni più semplici e astratte a quelle più ricche e
concrete fino alle più perfette che sono le forme della vita spirituale: arte, religione e filosofia.

L'itinerario della Fenomenologia attraversa le seguenti tappe o "figure": Coscienza, Autocoscienza, Ragione,
Spirito, Religione, Sapere assoluto, che individuano i momenti storicoculturali dell’evoluzione dello spirito.
Ciascuna figura rappresenta nel contempo il superamento e la conservazione delle figure che la precedono,
fino al momento culminante in cui lo Spirito diventa oggetto a se stesso, dando così luogo al Sapere assoluto.
In un'ottica pienamente romantica, Hegel è convinto che ciò che passa per un percorso doloroso si ritrova
arricchito ad un livello più alto rispetto a quello da cui era partito: nella sofferenza affiora il bene, cosicché
ogni negativo è sempre anche positivo, non c'è dunque da stupirsi se il sistema filosofico hegeliano fu uno
dei più ottimistici della storia. Il passaggio dialettico non è solo il principio tramite cui la coscienza sviluppa
se stessa, passando dai gradi inferiori a quelli superiori, ma è anche il principio che regola lo svolgimento e
l'esplicazione della realtà. Di conseguenza, le diverse figure dello spirito da un lato, sono momenti della
coscienza singola; dall'altro, sono momenti di quella coscienza universale che è l'Assoluto, e quindi fasi di
sviluppo della realtà storica. Per questo alcune figure fanno riferimento a determinate fasi dello sviluppo
storico, anche se non in successione rigorosamente cronologica (spesso disattesa da Hegel), come
esemplificazioni concrete di momenti ideali dello sviluppo dello spirito.

 COSCIENZA:

CERTEZZA SENSIBILE: la sensazione appare come la conoscenza più vera, in realtà essa rende certi solo
che il soggetto e l'oggetto siano nettamente separati. La conoscenza che un individuo particolare ha di un
oggetto altrettanto particolare definito nella concretezza del 'qui' e 'ora', appare applicabile a qualsiasi
contenuto, per cui la certezza sensibile si risolve nell'universalità formale del linguaggio. Ecco che si attua il
tipico capovolgimento dialettico: ciò che sembrava essere la cosa più certa, diventa all'improvviso la più
incerta.
PERCEZIONE: nella quale si coglie la cosa nell'insieme delle qualità che la costituiscono. Ma ci si trova di
fronte ad una contraddizione tra l’unità della cosa e la molteplicità delle sue proprietà. Si perviene così alla
consapevolezza che l'unità non è intrinseca alla cosa, ma è la coscienza che si fa carico di essa, collegando e
unificando le diverse proprietà dell’oggetto.
INTELLETTO: al quale appare il carattere fenomenico dell’oggetto, che come tale è solo nella coscienza.
In altre parole, la coscienza si rende conto del fatto che ciò che essa opponeva a sé come oggetto non è

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qualcosa di diverso da se stessa. In questo modo la coscienza ha “risolto” l’intero oggetto in se stessa ed è
diventata consapevole di sé, ovvero autocoscienza.

 AUTOCOSCIENZA è coscienza di sé in rapporto all’altro. L'autocoscienza individuale trova di fronte a


sé una pluralità di altre autocoscienze con cui si instaura un rapporto conflittuale: entra in competizione con
le altre autocoscienze. Si rende necessaria “la lotta per la vita e per la morte” attraverso la quale
l’autocoscienza si realizza, e la lotta ha come esito l’asservimento di una all’altra.
È l’inizio della dialettica fra servo e padrone che costituisce il fondamento della società antica.
L'autocoscienza che mostra di saper mettere in gioco la vita e di non aver paura della morte, emergerà come
il "signore", mentre quella che preferirà sottomettersi all'altra pur di aver salva la vita diventerà il "servo". Il
rapporto di dipendenza, però, gradualmente si invertirà in quanto il padrone dipende dal servo, mentre il
servo, attraverso il lavoro, afferma la propria indipendenza. Il servo, in stato di soggezione, lavora per il suo
padrone, ma in questo modo egli si rende conto della sua "indipendenza" dal signore e, conseguentemente,
dalla natura, a diversità del signore che, incapace di provvedere da solo ai propri bisogni, rivela la sua
"dipendenza" dal lavoro del servo e dalla natura. Tramite il lavoro, quindi, la coscienza servile ritrova se
stessa e si avvia a conquistare la propria libertà attraverso le successive tappe, che corrispondono a diverse
forme e livelli di realizzazione di tale libertà. Con l’inversione del rapporto di dipendenza si apre un’epoca di
liberazione nella storia dello spirito i cui passaggi emblematici sono tre.

La figura dello STOICISMO rappresenta la libertà della coscienza di porsi come pensiero al di sopra della
natura disprezzandola. Ma lo stoicismo isola l’uomo dalla vita rendendo di conseguenza la sua libertà astratta
e quindi trapassa dialetticamente nella figura dello SCETTICISMO che trasforma il distacco dal mondo in
un atteggiamento di negazione del mondo stesso. Ma lo scetticismo negando tutto ciò che la coscienza
prendeva per certo, porta l’autocoscienza verso l’autocontraddizione e alla scissione di sé con sé: infatti
l’autocoscienza scettica nega la validità del pensiero pensandolo, come nega i valori dell’agire morale
operando secondo questi. Dallo scetticismo si esce affidandosi totalmente al divino, ma tale affidamento è
solo in apparenza una liberazione, perché è portatore di infelicità. L’individuo avverte, infatti, un distacco fra
sé e l’assoluto, cioè Dio. Tale scissione diventa esplicita nella COSCIENZA INFELICE che è la coscienza
di sé come sdoppiata nell’aspetto immutabile e in quello mutabile: il primo coincide con un dio trascendente,
il secondo con l’uomo. Questa figura caratterizza soprattutto il Cristianesimo medievale. E’ la coscienza che
cerca il suo oggetto in ciò che è un aldilà irraggiungibile. Essa è collocata in questo mondo ma è tutta rivolta
all’altro. Ogni accostamento alla divinità significa una propria mortificazione e un sentire la propria nullità.
Il superamento di questa scissione, ossia il riconoscimento che la trascendenza non è fuori bensì dentro di sé,
porta ad una sintesi superiore che si realizza sul piano della coscienza infelice. Infelice in quanto
dolorosamente consapevole della irriducibile distanza tra la limitatezza dell’individuo, del finito, e la
perfezione e infinità del divino: l’uomo è nulla dinanzi all’Assoluto. Da qui il capovolgimento dialettico per
cui si parte dalla concezione di un Dio radicalmente opposto all’uomo per arrivare con la mistica alla
concezione di un’unità inscindibile tra uomo e Dio.

 RAGIONE ovvero consapevolezza della razionalità del reale. Questo processo si compie nel corso dell'età
moderna, quando la coscienza, superando l'inutile sforzo di identificarsi con Dio, si rende conto di essere lei
stessa l'intera realtà, che solo tramite la coscienza diventa visibile. Allora la ragione non è altro che la
coscienza stessa diventata consapevole di essere l'intera realtà; in questa consapevolezza consiste l'idealismo,
cioè l'affermazione che l'intera realtà è l'idea, il pensiero.

Questa ricerca della razionalità della realtà viene iniziata dapprima dalla RAGIONE OSSERVATIVA
tipica dell'epoca rinascimentale, in cui il mondo appare penetrabile in quanto razionale e la natura
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conoscibile mediante l'osservazione diretta. Ma, attraverso la scienza, la ragione ha smarrito il senso della
propria spiritualità. Cerca di riappropriarsene agendo sulla natura e diventando così RAGIONE ATTIVA,
attività pratica, che cerca di imporsi alla realtà sviluppando tre figure: la ricerca del piacere, come Faust che
cerca di dominare in ogni modo la natura facendone l’oggetto del proprio piacere. L’uomo, deluso dai
risultati della scienza naturale, si lancia nella ricerca sfrenata del piacere, del godimento della vita. Ma si
scontra con l'ineluttabilità del destino (legge di Necessità oggettiva del mondo) che contrasta il suo desiderio
di felicità mettendo in luce i limiti dell'individuo e lo porta al fallimento. Allora cerca di esprimere il proprio
attivismo opponendo al corso ostile del mondo la legge del cuore che è consapevolezza della necessità della
natura e senso dell’armonia della propria soggettività col mondo. La ragione che agisce secondo la legge del
cuore individuale è quella dei Romantici che contrappongono alla natura i propri valori, assumendo un
atteggiamento di lamentazione verso la realtà e opponendo a essa i propri valori. Secondo altri, Hegel allude
a Rousseau e a quanti si fanno portatori di un disegno riformatore in grado di abbattere i mali del mondo e
ripristinare la bontà originaria. Con il terzo momento la ragione modifica il proprio atteggiamento e procede
dando vita alla virtù morale che Hegel intende come un ideale di bene dell'individuo che vuole mutare il
corso del mondo. Ma anche la legge morale fallisce a causa dell'illusione di chi, vestendo i panni di
“cavaliere della virtù”, crede di poter moralizzare il mondo in base alle proprie categorie. Le loro battaglie,
infatti, sono paragonate a quelle combattute da Don Chisciotte contro i mulini a vento. Lo sforzo individuale
della singola coscienza non è in grado di contrastare la realtà nel suo effettivo modo di essere. Di qui il
passaggio ad una nuova fase della coscienza, denominata dell’Individualità che si considera reale in sé e per
sé nella quale viene a cadere l’elemento della contrapposizione tra l’uomo e il mondo. L’individuo dapprima
cerca di presentare come doveri morali quelli che sono i suoi interessi privati (regno animale dello spirito);
quindi cerca in se stesso delle leggi che siano universali (ragione legislatrice); infine si mette al di sopra delle
leggi allo scopo di esaminarle (ragione esaminatrice delle leggi). La ragione del fallimento sta nel fatto che è
impossibile raggiungere l’universalità finché ci si pone dal punto di vista dell’individuo. A questo punto la
ragione autocosciente diventa spirito, supera la sua opposizione rispetto al corso del mondo trovando in
questo il proprio contenuto e il suo sviluppo non riguarda più la coscienza individuale, bensì la storia
dell'umanità.

 SPIRITO momento culminante della Fenomenologia dello spirito le cui configurazioni sono "figure del
mondo", ossia momenti oggettivi del processo storico. La ragione criticando le leggi dell’uomo, le ha trovate
limitate dall’arbitrarietà e dal timore che ne determinano l’obbedienza, ed è quindi spinta a ricercare una
legge eterna a cui si obbedisce non per obbligo, ma per libertà.

Il primo momento dell’ETICITÀ è costituito da quella che Hegel chiama, sovrapponendo eticità ed estetica,
bella eticità del mondo greco. Con l’espressione bella eticità Hegel si richiama volutamente a Schiller, per
cui bisogna dar vita ad una morale spontanea e, proprio per questo, bella. La bellezza dell’eticità del mondo
greco risiede, però, nella spontanea unione di oggettività/soggettività e singolo/collettività che in epoche
successive andrà frantumandosi. Nell’Antigone di Sofocle per la prima volta comincia ad affiorare
l’imminente frammentazione: i valori della famiglia e quelli dello stato, entrambi validi, sono
irrimediabilmente contrapposti segnando la rottura dell’identità uomo/cittadino. Nella fattispecie la
separazione descritta nell'Antigone di Sofocle è quella tra la legge dello Stato, fatta di norme scritte, e quella
della famiglia, fatta di consuetudini consolidate. Creonte, re di Tebe, aveva vietato la sepoltura di Polinice,
considerato traditore della patria, mentre aveva promosso quella del fratello di Polinice, Eteocle; però
Antigone, sorella dei due defunti, non può permettere che il corpo di uno dei due fratelli rimanga insepolto e
così gli getta sopra, in gesto simbolico, una manciata di polvere. Qui inizia il contrasto tra Antigone e
Creonte: Antigone, seguendo le ragioni private, vuole seppellire il fratello caduto, Creonte, seguendo le

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ragioni dello Stato, è contrario. Nel contrasto Antigone/Creonte Hegel vede il conflitto tra la Famiglia e lo
Stato. Con l’Antigone si conclude il mondo greco e si avvia quel processo di frammentazione da Hegel
definito REGNO DELLA CULTURA, caratterizzato da fortissime contrapposizioni, che culmina nell’età
illuministica, trovando la sua massima espressione politica nella Rivoluzione Francese (soprattutto nel
Terrore giacobino) vista come tentativo di conquistare con la violenza una libertà puramente astratta. Dopo
essere passato attraverso la negatività della riflessione, lo spirito prende consapevolezza di sé come di un
Assoluto. La coscienza MORALE ha in se stessa la legge, e tuttavia la legge si presenta come un dover-
essere, in contrasto con i suoi impulsi sensibili. Per superare il dualismo kantiano tra impulso e legge morale,
si fa appello alla coscienza intesa come ciò che sa e fa quello che è concretamente giusto, secondo le tesi del
soggettivismo romantico. Occorre notare che in Hegel eticità è diverso da moralità: moralità, infatti, è quella
kantiana, in cui vigono la contrapposizione tra la purezza soggettiva del dovere e impulsi materiali; l’eticità
(che Hegel preferisce di gran lunga) è una morale della concretezza, una morale calata in valori collettivi,
non una pura e semplice morale soggettiva.

Dopo questo lungo periodo di lacerazioni che va dall’Antigone di Sofocle fino ai tempi di Hegel giunge il
momento di ricomporre il tutto e tale tentativo si articola in due tappe:
 RELIGIONE è il momento nel quale allo Spirito non resta che estraniarsi da sé e diventare religione
compiendo un cammino evolutivo in tre figure: l’astratta religiosità della RELIGIONE NATURALE,
propria dei popoli orientali fino agli egizi, in cui lo spirito divinizza le cose naturali e si coglie come
qualcosa di immediato; la RELIGIONE ARTISTICA, tipica del mondo greco e romano, in cui lo spirito si
riconosce come superiore alla natura nella forma di un'opera d'arte, infatti le rappresentazioni dell'assoluto
sono personalità umane, non ancora soggetto infinito. Ciò avviene solo nella RELIGIONE RIVELATA,
che si realizza nel cristianesimo, di cui Hegel valorizza la dottrina dell'incarnazione, secondo cui Dio si fa
uomo reale che il credente può vedere e sentire. Questa dottrina che fa di Dio una presenza concreta, ha un
valore propriamente filosofico, ma la comunità cristiana la pensa nella forma della rappresentazione, cioè la
riferisce a un uomo vissuto in un tempo specifico nel passato e quindi non ne coglie l'autentica universalità.
Nella religione, quindi, l’Assoluto è colto sotto forma di una rappresentazione che varia in base al livello di
sviluppo conseguito dalla coscienza dei diversi popoli. Ma la rappresentazione, per quanto elevata, è
inadeguata perché mantiene la distinzione tra il soggetto che rappresenta e l'oggetto rappresentato: Dio
appare ancora come trascendente il mondo.

 SAPERE ASSOLUTO secondo Hegel, perché lo spirito abbia adeguata coscienza di sé, deve conoscersi
nella forma del concetto, dove il sapere e il suo oggetto sono assolutamente identici. Ma per arrivare a questo
pieno possesso di sé è necessario un ulteriore movimento, come se lo spirito, al termine del suo accidentato
percorso, avesse bisogno di prendere le distanze da tutto ciò che ha vissuto per rendersi conto del cammino
fatto, per dare il giusto senso a ogni cosa e a ogni momento, per acquisire la piena consapevolezza della
fatica compiuta (non a caso Hegel parla di «fatica del concetto»). È il travaglio già attraversato dalla
coscienza singola per affermarsi come autocoscienza: lo spirito per mezzo del concetto filosofico può
pensare se stesso. Giunge così a compimento il processo travagliato che ha attraversato l’intera storia
dell’umanità per cui l’Infinito si è riconosciuto nelle manifestazioni finite e la ragione nella realtà. In questo
modo la Fenomenologia non è più soltanto storia della coscienza; ma anche conoscenza totalizzante e
sistematica dello spirito nella complessità dei suoi momenti. I due aspetti, però, sono assolutamente
indisgiungibili dal momento che la scienza è conseguibile solo come risultato della storia della coscienza.

FINE DEL PROCESSO E SIGNIFICATO GLOBALE DELLA FENOMENOLOGIA Nella prefazione


Hegel ha affermato che il processo è essenziale al risultato; si può allora dire che il sapere assoluto, in quanto
ricordo del cammino che porta all'esito finale, è storia, e in quanto organizzazione concettuale del risultato, è
scienza o sistema filosofico. Nella sua unità le singole figure vissute di volta in volta sono nello stesso
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tempo, secondo la concezione dialettica, superate nella loro parzialità, ma conservate come momenti
necessari nello sviluppo dello spirito come intero. Per elevarsi al sapere assoluto, la coscienza singola deve
ripercorrere le tappe storiche attraverso cui si è formato lo spirito, ovvero rivivere i passaggi attraverso i
quali, nel corso del tempo, si sono plasmate le idee, le consuetudini, le istituzioni che caratterizzano la sua
epoca. Se ora guardiamo alla Fenomenologia nell'insieme, appare il quadro grandioso dello sviluppo del
mondo occidentale, che prende forma nel susseguirsi di esperienze storiche e di elaborazioni culturali,
attraverso un cammino accidentato di continua e faticosa riconquista di sé da parte dello spirito. È la tesi
esposta nella prefazione: non c'è autentica conquista spirituale senza il dolore e il drammatico confronto con
la negatività. Alla coscienza singola, prodotto ed erede dell'evoluzione della civiltà occidentale, spetta il
compito di acquistare consapevolezza di tutto ciò.

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