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GORGIA : SUL NON ESSERE

Nell’opera Sul non essere (perì tu me ontos) Gorgia, secondo la testimonianza di Sesto Empirico, pone tre
tesi.

PRIMA TESI: Nulla esiste

Poniamo l’ipotesi che qualcosa esista. Nel porre come ipotesi di partenza del proprio ragionamento la tesi
contraria a quella che si intende dimostrare, Gorgia utilizza il ragionamento dialettico già introdotto da
Zenone. Allora, Se qualcosa esiste, esso sarà:

1. L’essere 2. Il non essere 3. L’essere e il non essere insieme

Ora il non essere non c’è. Quindi se qualcosa esiste non potrà essere il non essere che per sua natura
propria “non è”.

Poniamo allora l’ipotesi che l’essere è. In effetti che “l’essere è” è la tesi sostenuta da Parmenide. Vedremo,
però, che neanche l’essere è. Infatti se ci fosse l’essere, dovremmo domandarci da dove ha avuto origine,
da dove proviene, e allora dovremmo dire che esso è:

a. Eterno b. Generato

Ora, se è eterno, non ha alcun principio (né fine), e non avendo principio (né fine), è infinito, e se è infinito,
non è in nessun luogo e, se non è in nessun luogo, non esiste.

Ma neppure generato può essere l’essere: ché, se fosse nato, sarebbe nato o dall’essere o dal non essere.
Ma non è nato dall’essere perché, se è essere, non è nato ma è già (quindi è eterno: e si ricade nell’ipotesi
precedente già analizzata). Né è nato dal non essere, perché il non essere non può generare, dal nulla non
nasce nulla.

Ma se l’essere non è né generato, né eterno, esso non è.

Dunque, tornando ai primi tre punti: l’essere non è (l’ipotesi n. 1 non è verificata); il non essere non è
(l’ipotesi n. 2 non è verificata); ma neanche l’ipotesi n. 3 è verificata, perché se l’essere non c’è e il non
essere non c’è, allora anche l’essere e il non essere insieme non è possibile che ci siano.

Dunque: Nulla esiste

Lo scritto di Gorgia è stato tradizionalmente interpretato alla stregua di una radicale affermazione di nichilismo
filosofico. Il nichilismo, dalla parola latina nihil, che significa niente, è quella posizione filosofica per la quale, appunto,
nulla esiste. Lo scritto è stato interpretato anche come un semplice “scherzo”, un pezzo di bravura retorica,
attraverso il quale l’autore si sarebbe burlato dei filosofi precedenti. Oggi è possibile considerarlo con più serietà.
Infatti, quando Gorgia sostiene che “nulla esiste”, non vuole far sparire con una sorta di gioco di prestigio filosofico la
realtà testimoniata dai nostri sensi, bensì negare la possibilità dell’esistenza reale dell’essere in generale, risultando
l’essere più una concettualizzazione filosofica che una realtà ontologica. Il filosofo vuole chiarire che quella struttura
concettuale che i filosofi presocratici chiamavano “natura”, intesa appunto nella sua totalità, oppure “principio”,
inteso come concetto capace di spiegare tutto, oppure “essere”, non risulta asseribile che esista, a meno di cadere
nelle contraddizioni e nei non sensi di cui sopra. Dunque per Gorgia ad essere e ad esistere concretamente sono i
fenomeni, i singoli, molteplici, diversi tra loro, enti della realtà naturale e fenomenica. I fenomeni esistono perché
sono percepibili dall’uomo attraverso i sensi: l’esperienza sensibile è per Gorgia l’unica vera fonte di conoscenze per
l’uomo. Ciò che per Gorgia, invece, non esiste è l’essere inteso nella sua totalità, l’essere come tutto: esso è soltanto
un’idea astratta, coniata dalla nostra ragione, la cui esistenza l’esperienza sensibile non può appurare.
SECONDA TESI: Se anche qualcosa esistesse non sarebbe conoscibile (pensabile) dall’uomo

Poniamo l’ipotesi che ciò che esiste sia pensato. Che cosa si intende con tale affermazione? Si intende che:

tutto ciò che è può essere pensato

Anche questa tesi era sostenuta da Parmenide, il quale aveva immaginato un perfetto parallelismo tra
essere e pensiero, tra piano ontologico e piano logico, asserendo la capacità del pensiero di riprodurre, di
riflettere, come in uno specchio, tutto ciò che è. Ma se ciò che esiste è pensato, allora anche il pensato
esiste. Ossia: se è vera l’equivalenza essere/pensiero, - poiché tutto ciò che è può essere pensato - allora
deve essere vera anche l’equivalenza pensiero/essere, ossia che:

tutto ciò che viene pensato è

Se l’essere è pensato, allora anche il pensato è. Ma cosa si intende con l’affermazione che il pensato è? Si
vuole dire che tutto che ciò che si pensa, per il solo fatto che lo si pensi, necessariamente è. Ma ciò è
contrario all’esperienza, perché non è vero che se uno pensa un uomo che vola o dei carri che corrono sul
mare, ecco che un uomo si mette a volare o dei carri si mettono a correre sul mare. Dunque non è vero che
il pensato esiste. Ma allora non è neanche vero che ciò che esiste sia pensato.

Dunque: Se anche qualcosa esiste non è pensabile (conoscibile) dall’uomo

Nella sua seconda tesi Gorgia afferma che se anche l’essere, inteso come tutto, o la natura, intesa nella sua totalità, o
il principio, inteso come chiave di spiegazione del tutto, non fossero solo elaborazioni concettuali ma realtà davvero
esistenti, esse non potrebbero essere pensate, né conosciute dall’uomo. Bisognerebbe infatti presupporre che la
mente dell’uomo sia una fotografia esatta della realtà. Ma così non è, secondo Gorgia. Infatti se gli uomini pensano
spesso l’inesistente, ciò significa che il pensiero non rispecchia necessariamente la realtà o che la realtà non si
rispecchia necessariamente nel pensiero. In tal modo Gorgia colpisce al cuore l’equazione eleatica “pensiero uguale
essere”, introducendo l’agnosticismo nel campo filosofico: se anche una verità assoluta esistesse, sia essa essere o
natura o principio, essa non sarebbe conoscibile dall’uomo, il quale dunque non può dire né se la verità esiste, né se
non esiste, né quale sia.

TERZA TESI: Se anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile agli altri.

“Posto che le cose esistenti sono visibili e udibili e in genere sensibili e di esse le visibili sono percepibili per
mezzo della vista e le udibili per mezzo dell’udito, e non viceversa, come dunque si potranno esprimere ad
un altro?”

Per spiegare questo terzo principio, bisogna chiedersi preliminarmente come avviene la percezione, dal
momento che viene introdotta una similitudine con le cose visibili e udibili. Chiediamoci dunque come si
spiega il fenomeno del vedere. Secondo Gorgia la visione accade perché entrano in gioco e si
corrispondono due elementi: uno oggettivo, che riguarda la realtà delle cose e dei fenomeni, uno
soggettivo, che riguarda l’uomo. La visione si ha infatti sia perché un ente ha la qualità della visibilità, sia
perché questo ente che di per sé si lascia vedere, viene visto dall’uomo, che ha il senso della vista. Un
lampo ha la caratteristica della visibilità e per questo l’uomo, che ha la vista, lo vede. Esso però non ha la
qualità dell’udibilità. Dunque, mancando al lampo la qualità dell’udibilità – ossia mancando l’elemento
oggettivo – il lampo non sarà udito dall’uomo. Viceversa il tuono ha la qualità dell’udibilità, e viene sentito
dall’uomo che ha l’udito, ma non ha la qualità della visibilità. Se manca dunque l’elemento oggettivo la
percezione non si verifica. Anche se manca l’elemento soggettivo, però, la percezione non si verifica: il
lampo è visibile ma, nonostante ciò, un cieco non lo vede; il tuono è udibile ma, nonostante ciò, un sordo
non lo sente. Trasferendo il nostro discorso dal piano della percezione al piano del linguaggio, potremmo
dire che l’uomo possiede il linguaggio, le parole, con le quali indica le cose (elemento soggettivo), ma,
chiediamoci, le cose hanno la qualità della dicibilità, ossia dell’essere dette con parole (elemento
oggettivo)?

“Poiché il mezzo con cui ci esprimiamo è la parola, e la parola non è l’oggetto, non è la cosa, allora non è
realtà esistente ciò che esprimiamo al nostro vicino, ma solo parola, che è altro dall’oggetto. Al modo
stesso che il visibile non può diventare udibile, e viceversa, così l’essere, in quanto è oggetto esterno a noi,
non può diventare la parola, che è in noi.”

Per Gorgia il linguaggio è uno strumento dell’uomo, il linguaggio è una tecnica inventata dall’uomo per poter
comunicare con i suoi simili. Essendo però così legato all’uomo, il linguaggio non può collegarsi alla realtà esterna
all’uomo, è incapace di riferirsi a ciò che è altro dall’uomo, è incapace di dire l’essere. Potremmo dire che se la
percezione avviene perché collaborano in essa sia l’elemento oggettivo che l’elemento soggettivo, i quali si
corrispondono, nel linguaggio ritroviamo l’elemento soggettivo ma non quello oggettivo. Il linguaggio è proprio
dell’uomo ma la capacità di farsi dire non è propria della realtà. Con ciò Gorgia non vuole dire che gli uomini non
possano dare i nomi alle cose e così comunicare: le cose sono fenomeni reali, sono enti concreti, ai quali
convenzionalmente gli uomini attribuiscono nomi per potersi comprendere. Tuttavia l’essere, la natura, il principio,
dio, sono tutte realtà astratte, lontane dall’uomo, inattingibili ai suoi sensi e dunque anche indicibili, e pertanto, se
pur esistessero, esse non sarebbero comunicabili.

Scetticismo, agnosticismo, ateismo: sono queste le parole con le quali è possibile descrivere il pensiero di Gorgia. Il
filosofo, in aperto contrasto con Parmenide e con tutti i Presocratici, ha distrutto ogni possibile ontologia,
cosmologia, teologia.

GORGIA : LA VISIONE TRAGICA DELLA VITA


Un altro aspetto importante del pensiero gorgiano è la concezione tragica del reale. In contrasto con il
sostanziale ottimismo e razionalismo dei filosofi precedenti, i quali vedono nella vita e nell’essere una
vicenda dominata dal logos, cioè dalla ragione, Gorgia sembra ritenere che l’esistenza sia qualcosa di
fondamentalmente irrazionale e misterioso. Egli ritiene che le azioni dell’uomo non siano rette dalla logica,
bensì dalle circostanze, dalla menzogna, dalle passioni, da un ignoto destino, ossia da forze che
costantemente dominano gli uomini, li tengono in pugno, li sovrastano. Nessun uomo, dunque, è padrone
del proprio destino, nessun uomo è libero di scegliere la propria vita con razionalità e consapevolezza; al
contrario tutti gli uomini, deboli e impotenti, sono in balie di forze che li sovrastano e che li spingono a
compiere azioni folli, insane, malvage, e poi a scontare le conseguenze negative di queste azioni e a
soffrirne per l’intera durata della vita. In particolar modo sono le passioni le forze che dominano l’uomo e
ne offuscano la mente, rivelando la fragilità e la nullità umana e rendendo la vita dell’uomo infelice. Gorgia
ha infatti una visione tragica dell’esistenza umana che condivide con i tragediografi greci dei quali egli
studiò e commentò le opere più famose. Tuttavia il suo sguardo sull’umanità è uno sguardo
compassionevole, lo sguardo di chi non condanna gli uomini per le loro azioni ma li compatisce. Se si guarda
in profondità gli uomini non sono colpevoli dei propri atti e non vanno dunque condannati per le azioni
compiute: essi infatti non agiscono mai deliberatamente ma sempre sotto il dominio di forze più grandi di
loro. La compassione per gli uomini spinge Gorgia ad utilizzare la retorica e l’arte della parola per lenire le
loro sofferenze: da un lato scrivendo discorsi in difesa dei grandi colpevoli della storia (Palamede o Elena),
ripensando il mito antico in modo nuovo, e dall’altro mettendo in risalto che la parola può suscitare
passioni e sentimenti e in tal modo aiutare l’uomo a superare le proprie difficoltà. La parola infatti può
lenire il dolore, calmare la paura, suscitare la gioia, incutere compassione.

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