Signori!
Non mi sono prefisso lobiettivo di dire Loro che cosa la fenomenologia sia;
vorrei invece tentare di pensare con Loro fenomenologicamente. Parlare di
fenomenologia quanto di pi ozioso possa esserci finch manchi lunica cosa
che possa conferire ad ogni discorso [di tal sorta] la concreta pienezza ed
evidenza: lo sguardo fenomenologico e latteggiamento fenomenologico.
Perch questo il punto essenziale: nel caso della fenomenologia non si tratta
di un sistema di proposizioni e di verit filosofiche di un sistema di
proposizioni alle quali dovrebbero credere tutti coloro che si definiscono
fenomenologi e che io potrei dimostrare Loro in questa sede. Si tratta invece di
un metodo del filosofare richiesto dai problemi stessi della filosofia, metodo
che si differenzia grandemente sia dal modo in cui noi ci orientiamo e ci
poniamo nella nostra vita quotidiana sia, ancor pi, dalle modalit con cui
lavoriamo e siamo costretti a lavorare nella maggior parte delle scienze. Oggi
voglio dunque affrontare con Loro una serie di problemi filosofici, nella
speranza che prima o poi possa delinearsi con chiarezza quale la specificit
dellatteggiamento fenomenologico. Presupposto, questultimo, indispensabile
per ogni ulteriore discussione.
Sono molti i modi con i quali possiamo rapportarci nei riguardi degli oggetti
esistenti o non esistenti che siano. Stiamo nel mondo come esseri che agiscono
in modo pratico [ gli oggetti] li vediamo, ma possiamo anche non vederli; li
vediamo in modo pi o meno preciso, e ci che vediamo del mondo nella
maggior parte dei casi orientato al soddisfacimento dei nostri bisogni e al
raggiungimento dei nostri scopi. Sappiamo quanto faticoso sia imparare a
vedere veramente, di quale lavoro ci sia per esempio bisogno per poter
realmente vedere i colori che ci circondano e che ricadono addirittura nel
nostro campo visivo. Ci che vale in questo caso vale in misura ancora
maggiore per il flusso di avvenimenti psichici, per ci che chiamiamo vissuto
e che in quanto tale non ci sta di fronte nella sua estraneit al pari del mondo
sensibile, ma che appartiene per essenza allio; vale per gli stati psichici, per gli
atti, per le funzioni dellio. Per quanto la sua esistenza ci sia assicurata, questo
vissuto per noi molto lontano e difficilmente afferrabile nella sua struttura
qualitativa, nella natura ad esso propria. Quel che luomo normale [luomo
dellatteggiamento naturale, luomo nel suo vivere quotidiano (N.d.T.)] ne
scorge, o anche solo quel che ne nota, non certo abbastanza; gioia e dolore,
amore ed odio, desiderio e nostalgia, etc.: ecco ci che gli si presenta. Questi,
per, non sono in fondo che frammenti grezzamente afferrati allinterno di un
ambito dalle infinite sfumature. Persino la vita di coscienza pi povera ancora
troppo ricca perch il suo portatore possa comprenderla per intero. Anche qui
possiamo imparare a vedere, anche qui in primo luogo larte che insegna
alluomo normale a cogliere ci che prima non ha visto [o di cui ha avuto solo
una visione dinsieme]. Non solo accade che attraverso larte vengano
risvegliati in noi dei vissuti che altrimenti non avremmo avuto; ma larte fa
anche in modo di lasciarci vedere nella pienezza del vissuto persino ci che
prima cera gi senza che noi per ne sapessimo. Le difficolt aumentano
quando ci volgiamo ad altri, e ancor pi lontani, elementi il tempo, lo spazio,
il numero, i concetti, le proposizioni, etc. Di questi elementi noi parliamo;
quando parliamo ci relazioniamo ad essi e li pensiamo; ne siamo, per, ancora
infinitamente lontani, e continuiamo ad esser loro lontani anche dopo averli
circoscritti definitoriamente. Quandanche volessimo delimitare le proposizioni
giudicative per esempio ci che o falso o vero lessenza della
proposizione e della proposizione giudicativa in specifico, ci che essa , il suo
che cosa non ci si per questo avvicinato. Se vogliamo afferrare lessenza
del rosso o del colore non dobbiamo in fondo fare altro che guardare a un
qualsivoglia colore percepito, immaginato attraverso la fantasia o rappresentato
ed estrapolare da esso, che in quanto esemplificazione individuale e reale del
colore non ci interessa affatto, il suo essere-cos, il suo che cosa o quid. Se
si tratta di avvicinare in questo modo i vissuti dellio le difficolt sono
considerevolmente maggiori sappiamo bene che c qualcosa come il volere,
o il sentire, o le convinzioni, e sappiamo anche che tutto ci, come ogni altra
forma di esistenza, pu essere portato ad adeguata manifestazione: se tentiamo
per di afferrare questo vissuto e di avvicinarlo a noi nella sua specifica
peculiarit esso retrocede ed come se noi mancassimo la presa. Lo
psicologo sa quale annoso esercizio sia richiesto per riuscire a dominare queste
difficolt. Infatti, ogni volta che si tenti di indagare la dimensione ideale ci si
trova ancora a dover muovere i primi passi. Certo, parliamo di numeri e di
entit astratte analoghe; abbiamo spesso a che fare con oggetti di questo tipo, e
certo del fatto che le parentesi possano essere scritte in differenti modi. La
parentesi ha un significato, e questo significato deve poter essere indagato. In
quanto segno, essa non sta certo sul medesimo livello dell= o del +; non
denota alcuna relazione o alcun procedimento, ma fornisce invece
unindicazione analoga, per tipologia e grado, a quelle che riscontriamo anche
in presenza dei segni di interpunzione. Attraverso questa indicazione
lindicazione a riunire ora questo ora quello e a delimitarlo rispetto al resto si
modifica il significato dellintera espressione, ed proprio questo mutamento
di significato e la sua possibilit che vanno compresi, per quanto lontano un
tale problema possa essere dal matematico. Questa la domanda circa il senso;
a fianco sta la domanda circa lessere. Ci significa portare a intuizione e, ove
possibile, a visione adeguata se la regola stabilita sussista di diritto, se ci che
la proposizione a+b = b+a porta ad espressione si dimostri valido e fondato
nellessenza dei numeri. Proprio questa considerazione permane
particolarmente estranea al matematico. In sistemi diversi egli pu compiere
affermazioni che risulterebbero tra loro contraddittorie se venissero poste in
uno stesso sistema. Pone per esempio come assioma che per un punto esterno a
una retta possa essere tracciata sullo stesso piano una e una sola retta che non
intersechi la retta data. Ma potrebbe anche stabilire come assioma che per lo
stesso punto esterno alla retta data possano passare infinite rette o nessuna
retta, e anche sulla base di queste premesse sarebbe consentito fondare un
sistema di proposizioni priva di contraddizione alcuna. Il matematico in quanto
tale deve asserire lequivalenza di tutti questi sistemi; per lui si danno solo le
premesse e le conseguenze, logicamente prive di vuoti e di contraddizioni, di
argomentazioni che egli costruisce a partire dalle premesse stesse. I sistemi,
per, non sono tra loro equivalenti: si danno punti e rette anche se essi non
esistono realmente nel mondo. E attraverso atti di un particolare tipo noi
possiamo portare a intuizione adeguata queste formazioni concettuali. Se lo
facciamo, riconosciamo allora che per un punto esterno a una retta data pu in
effetti essere tracciata una sola retta, appartenente allo stesso piano, che non
intersechi la retta data, e che invece falso sostenere che non possa esserne
tracciata alcuna. Si prospettano due alternative. In questo secondo caso o viene
denotato con le stesse espressioni qualcosa di diverso, oppure si tratta di un
sistema di proposizioni innalzato su una base non sussistente, ma che in quanto
tale pu comunque avere un valore, e in particolar modo un valore matematico.
Se per punto e per retta si intendono degli oggetti (Dinge) che devono
soddisfare i requisiti del sistema assiomatico ad essi relativo non c nulla da
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invece nel loro complesso. Se diciamo che cinque alberi sono verdi con ci
stesso significato che ciasuno degli alberi lo . Se invece diciamo Quattro
cavalli sono sufficienti per trainare la carrozza evidente che non basta a
trainarla ogni singolo cavallo. Tali differenze possono divenire comprensibili
solo partendo dalla concezione della quantit numerica esposta in queste
pagine, dal momento che tale quantit, come detto, non essa stessa
predicabile, ma presuppone invece una relazione di predicazione rivolta ad un
insieme di cose (von Etwassen) delle quali stabilisce poi il dominio. In questa
sede pu bastare quanto gi detto della quantit numerica. Ora, deve per
esserci anche un altro tipo di numeri, i numeri ordinali; proviamo dunque a
incalzarli un po pi da vicino. La quantit numerica si dimostra essere nonpredicabile; al contrario, la predicabilit dei numeri ordinali sembra a prima
vista non sottostare ad alcun tipo di dubbio. evidente che essi vengano
predicati, predicati sempre di un elemento di un insieme ordinato. Essi
sembrano assegnare a questo elemento il proprio posto nellambito
dellinsieme. Va da s dire: numero ordinale quel numero che determina la
specifica posizione degli elementi di un insieme ordinato. Ma proprio questo
aspetto a non reggere, non appena si tralascino parole e segni per volgerci alle
cose stesse. Che ne allora degli elementi della serie e del loro posto in essa?
Abbiamo, in prima battuta, lelemento iniziale, il primo elemento della serie, e
in corrispondenza rispetto ad esso lelemento finale, lultimo. Ne abbiamo
inoltre uno che segue al primo, poi un altro che segue a quello che segue al
primo, e via dicendo. In tal modo la posizione nella serie di ogni singolo
elemento si lascia determinare dal costante riferimento allelemento che apre la
serie. Fino a questo momento non si [ancora] parlato di un numero o di
qualcosa di numerico. Si solamente indicato che stiamo parlando del primo
elemento della serie il primo ha cos poco a che fare con luno di quanto
lultimo non abbia a che fare con il cinque o con il sei. E inoltre: non c
nientaltro nella serie, nessuna caratteristica peculiare degli elementi della serie
in quanto tali, niente di numerico, che dovremmo ancora estrapolare. Gli
elementi hanno un loro posto nella serie, e questo posto si lascia determinare
dalla relazione di successione rispetto allelemento iniziale; dei numeri, per,
non si fa parola. Se le cose stanno cos, come possono essere realizzate quelle
designazioni di numeri ordinali che richiamano alla memoria i numeri? Molto
semplice. Le designazioni della posizione degli elementi rispetto alla serie alle
quali si precedentemente fatto riferimento sono piuttosto complesse. Gi
lelemento c deve essere indicato come lelemento che segue allelemento
successivo al primo della serie tutto ci diviene alla fine ingestibile e bisogna
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fraintendimenti fatali. Ci che, per cos dire, non viene a noi dallesterno
attraverso il tramite della percezione sensibile sembra dover essere presente
allinterno. In tal modo le conoscenze apriori vengono marcate come
propriet dellanima e, fossero anche virtuali, della dimensione innata: basta
che il soggetto rivolga ad essa un semplice sguardo per averne una certezza
indubitabile. Stando a questa specifica e storicamente cos efficace immagine
della conoscenza umana, tutti gli uomini condividerebbero in fondo un
medesimo patrimonio di conoscenze. Essi si distinguerebbero solo per il loro
modo di attingere a questo patrimonio comune. Alcuni vivono e muoiono senza
nulla sospettare della propria ricchezza. Se una conoscenza apriori viene per
portata alla luce, nessuno pu esimersi dal prenderla in considerazione. La si
pu scoprire o non scoprire, ma essa non pu indurre n in inganno n in
errore. questo il punto di vista assunto dallideale pedagogico socraticoplatonico per come esso stato inteso dalla filosofia dellilluminismo:
attraverso un semplice domandare possibile trarre maieuticamente anche da
uno schiavo delle verit matematiche per giungere alle quali basta risvegliare il
ricordo. Una conseguenza di tale concezione la dottrina del consensus
omnium, garanzia indubitabile per i princpi primi della conoscenza. Ne
consegue anche il discorso sulle conoscenze apriori, intese come necessit del
nostro pensiero, come effetto del dover-pensare-cos e del non-poter-pensarealtrimenti. Tutto questo, per, fondamentalmente falso, e lempirismo
facilmente riuscito ad avere la meglio su tali concezioni. Le connessioni apriori
sussistono indipendentemente dal fatto che tutti, molti, o perfino nessun uomo
o altri soggetti le riconoscano. Sono universalmente valide soprattutto nel
senso che chiunque voglia operare un retto giudizio deve riconoscerle. Questo
tuttavia proprio non solo delle verit apriori, bens di tutte le verit in
generale. una verit universalmente valida anche la verit, eminentemente
empirica, che qualsiasi uomo in qualsiasi istante temporale trovi lo zucchero
dolce. Dobbiamo per respingere del tutto il concetto che la necessit di
pensiero sia una caratteristica essenziale dellapriori. Quando mi chiedo se
abbia avuto luogo prima la guerra del Trentanni o la guerra dei Sette anni
avverto una qualche necessit di pensare la prima come precedente rispetto alla
seconda: e tuttavia si tratta di una conoscenza empirica. Allopposto, colui che
ha sempre negato le connessioni apriori, rifiutato il principio di noncontraddizione o ritenuto non valido il principio della possibile intelligibilit di
ogni evento non ha evidentemente mai avvertito alcuna necessit di pensiero.
Che cosa mai dovrebbe esserne di tutte queste falsificazioni psicologiste!
certo che la necessit giochi nellambito dellapriori un proprio ruolo solo,
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storico di evoluzione che investe il mondo, processo nel quale una scienza
dopo laltra si stacca dalla filosofia, verr messo in atto anche nellambito della
filosofia. Essa diverr scienza rigorosa non imitando altre scienze rigorose,
ma ricordandosi che i suoi problemi esigono un proprio procedimento; che
lattuazione di questo compito richiede secoli.