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riche. Gli uomini credono facilmente nelle verità retoriche: il
bene, il male, la bellezza, la grandezza, il giusto, l'ingiusto;
con questi valori in parte retorici, anche se funzionalmente
veri, ma tutto sommato retorici, è facile credere, perché gli
uomini hanno bisogno, direi, delle beJle parole.
Ma qui il credere coincide con l'operare; e qui è il difficile,
perché in quanto all' operare nessuno di voi umani opera e
tutti supponete che poi intervenga qualcun'altro ad operare al
vostro posto. Ma se questo qualcuno opera al vostro posto
voi ve Ja prendete con Dio, perché il qualcuno che opera al
vostro posto altro non è che le continue piaghe che avvolgono
la vostra vita, altro non sono che i dolori, le perdite, gli sti
moli. Queste cose, quando avvengono, e possono servire a
stimolarvi, per voi diventano quasi una cattiveria di Dio. E
allora dovete decidervi: che senso date alla vostra vita? Se
glielo volete dare. Per quale motivo siete al mondo? Perché,
appunto, voi sì siete dei viventi e gli altri no, sono già dei
morti. Che cosa di speciale avete voi per continuare ad avere
il diritto di vivere?
Se vivete è perché dovete raggiungere la persuasione che
la vita è un lavoro di ricerca, di cambiamento, di prova e di
riprova, di lotta continua, di lotta in tanti modi: si lotta per
diffondere una verità, si lotta per dare più giustizia al mon
do, si lotta per motivi sociali, per motivi politici; si lotta per
una maggiore giustizia, per vincere attraverso la scienza al
cune malattie dolorose, per dare da mangiare a tutti gli es
seri umani. Tanti sono i motivi della lotta. L'unica cosa che
non è inscritta nel processo esperienziale dello Spirito è l'inat
tività: guarda caso il vostro ozio, la vostra inattività, il vostro
modo di non affrontare il mondo, di non affrontare 1' esperien
za, di non affrontare i dolori, il vostro modo di fuggire con-
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avvertimento col quale fare precedere tutte le cose che noi
diciamo - lo Spirito si trasfonde nell'altro e l'altro si trasfonde
in ciascun soggetto, ma si tratta di una unione e di un contatto
che dobbiamo intendere in senso concettuale.
Lo Spirito sa di non essere solo, in realtà, di non essere
solo nell'Universo, lo sa, lo sa per molte ragioni: prima di
tutto c'è la conoscenza banale del sapere di non essere solo;
io la chiamo banale perché in effetti è una conoscenza elemen
tare e banale.
C'è però la percezione: lo Spirito appartiene e scambia con
l'Universo, individua la radice, sa di essere figlio dell'Univer
so, così come è figlio dell'energia che costituisce l'Universo.
Questa percezione-intuizione della matrice sua profonda lo
porta ad un profondo senso di unità con l'esterno da sé: già
la solitudine direi si allenta, perché c'è una comunione di in
tenti, una finalità sconosciuta del proprio essere Spirito e
dell'essere dell'Universo, ma non importa sapere quale sia la
finalità, ma avere conoscenza che questa finalità c'è, e c'è
anche la conoscenza tutta soggettiva che altri soggetti parte
cipano allo stesso fenomeno.
Se però prendiamo il pensiero semplice dello Spirito nel
momento in cui egli costruisce se stesso nel proprio interno,
nel momento in cui risveglia il suo potenziale, egli allora in
contra dentro di sé altre percezioni, altre intuizioni, c'è cioè
la strada del divino che lo indirizza, lo risucchia, in cui egli si
raffronta e in cui riconosce di non essere solo, poi, in effetti.
Quando voi parlate di solitudine parlate sempre di oggetti
materiali, quello di essere soli da un punto di vista proprio
materiale, psicologico, affettivo, emozionale, di non scambia
re con altri, di non avere affetti e di non ricevere affetti,
insomma di vivere appunto soli: è una percezione in effetti
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Quindi le due funzioni coincidono: da qui il concetto di
unità, perché in qualche misura lo Spirito non è altro che una
creatura, come dicevo all'inizio, dell'Universo, è qualcosa che
è diventato individuale, ma che conserva i caratteri di tutta
l'emanazione, di tutta la creazione.
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Certo, bisogna dire che la civiltà ha bisogno di regole, e
sono d'accordo, la civiltà ha bisogno di regole, però dopo che
abbiamo definito cosa intendiamo per civiltà.
Se per civiltà intendiamo un mondo di giustizia, un mondo
in cui ci sia una equa e giusta distribuzione dei beni e delle
ricchezze, un mondo in cui le persone si incontrano per strada
e si salutano e si abbracciano, un mondo in cui si soccorra chi
abbia bisogno, etc. ... allora ci vogliono le regole, ma forse un
mondo fatto di questi soggetti non ne avrebbe più bisogno,
sicuramente. Allora quando noi diciamo regole dobbiamo in
tendere regole per costringere gli uomini al rispetto dell 'al
tro.
Quando ciò si fa noi chiamiamo le regole il risultato di una
civiltà, ma io dovrei dire che è il risultato di una inciviltà,
perchè quando uno Stato o un mondo è costretto a mettere le
regole vuol dire che non sta attuando una civiltà ma sta con
trollando una inciviltà.
Tutto questo lo Spirito lo sa, lo Spirito che si incarna è
informato di quella che è Ja situazione, però attenzione, infor
mare uno Spirito non significa che lo Spirito abbia capito
tutto, perché uno Spirito che non possieda più il linguaggio
umano fa fatica a capire che si incarnerà in un mondo dove le
regole per così dire dette "spirituali" non verranno più attua
te, perché in effetti c'è un capovolgimento, lo Spirito parte
cipa o può partecipare ad una collettività universale, in cui
non ci sono le cose che avete voi, la malizia, la cattiveria,
l'odio, lo sfruttamente, l'ingiustizia.
Tutto questo non c'è nel nostro mondo: lo Spirito è effet
tivamente immesso in un inferno quando si incarna, e dunque
è sopraffatto da una vera e propria incapacità a reagire, ed
allora cerca poi i compromessi, cerca anche le vie di fuga,
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zione è sempre al livello mentale, ed è sull'elaborazione che
si gioca la partita dell'esperienza, perché è sulla modalità in
cui viene assunta l'esperienza che poi la conoscenza trapassa
allo Spirito, quindi certamente, tutte le sfumature di tipo psi
cologico diventano, possono diventare esperienze.
D.: Sotto l'aspetto che dicevi prima, cioè che lo Spirito tende
alla morte, può qualche essere spirituale programmarsi questo
e darsi la morte a conclusione di un raggiungimento di cono
scenza della vita, come per esempio aver raggiunto la compren
sione dell'impermanenza del mondo materiale? Ad esempio mi
riferisco a certi riti orientali in cui si davano la morte anche per
dimostrare un'etica.
so
entrare nel mito, nel simbolo, nella storicità più che nella sto
ria, sono programmate, certo. Ma non solo la morte può es
sere programmata in questo senso, anche alcune tipiche figure
che hanno dato alcune svolte alle civiltà sono programmate.
Tutto ciò è oltre la norma anche se non tutte di queste può
dirsi che siano programmate. Ma del resto sono programmate
le vite di tutti, perché poi non dovrebberlo essere anche quel
le, anzi.
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A.: È l'esistenza in sé rispetto all'esistenza definita o
definibile. e allora l'esistenza in sé. Dio poteva fare l'Universo
senza lo Spirito?
Il problema deve essere ancora spostato più avanti, se il
problema si sposta più avanti si risolve, e si risolve soltanto
ammettendo l'esistenza di Dio, certo, perché se lo sposto più
avanti il problema ed incontro Dio, io incontro comunque
quella famosa unità, che stiamo chiamando Dio per intenderci,
quella famosa unità in cui l'essere e l'apparire sono la stessa
cosa, e cioè sono i due aspetti di una realtà che è unica, ma
questa realtà unica nel momento in cui abbandona la propria
unità e si scinde diventa l'essere e l'apparire, e quindi l'esiste
re e l'apparire quale si presenta con l'esistenza di un Universo
da una parte, infinito ed eterno, un Universo meccanico per
capirci, ed un Universo spirituale che è egualmente infinito ed
eterno ma che non è soltanto più meccanico, ma rappresenta
anche l'Universo del giudizio, l'Universo delle idee, J 'Univer
so quindi della ragione e delle idee. Allora lo spostamento in
avanti necessita di una unità, altrimenti diventa irrisolvibile e
si aggira su se stesso all'infinito.
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D.: Se Dio è infinito noi continuiamo ad essere in Dio, den
tro.
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cosa che non potrei verificare, perché non lo so se l'eternità
non debba poi avere un suo limite, io dico che è eterno, però
io non percorro tutta l'eternità, e che ne so io se uno Spirito,
per esempio, tra un milione di anni non debba morire; certo il
milione di anni è talmente lungo che io potrei dire che ha una
vita eterna, ma in effetti non ce l'ha eterna.
Allora dissi: è vera questa constatazione, però ce n'è un'al
tra, che l'eternità che voi potete concepire è una eternità che
considera soltanto un eventuale futuro, ma non considera un
eventuale passato, allora io dovrei pur vedere, sentire, perce
pire la morte degli Spiriti che provengono dal passato.
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ne allora tutta la soggettività dovrebbe essere attribuita a Dio
come principio spirituale universale assoluto.
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vostri bisogni, le vostre speranze? Sì, ci sono state cose che
non sono dipese da voi, ma quante altre invece sono dipese da
voi, dalla vostra paura, dalla vostra ignavia, dalla vostra vi
gliaccheria a volte, perché non riuscite a disinnescare certi
meccanismi diabolici, direi, che voi stessi avete creato con le
vostre famiglie, con i vostri compagni, con le vostre compa
gne, con le vostre spose, i vostri sposi, i vostri figli.
Siete prigionieri di voi stessi più di quanto possiate pensa
re.
Certo, io lo so bene quanto sia difficile cambiare, eppure
voi non ci provate minimamente, siete sempre gli stessi, trop
po eguali, tutto sommato direi anche troppo monotoni, troppo
prevedibili, come se foste invasi da una tremenda stanchezza
che non vi dà più la forza di reagire.
Ecco perché in ogni momento della vostra vita voi dovreste
fare le vostre analisi, e non tentare sempre di vivere nella
quietitudine, per così dire, perché questo non vi dà conoscen
za.
Voi spesso vivete sopportandovi, come se la vita apparte
nesse ad un altro, come se voi non steste invecchiando, e che
tutto non stesse per diventare senza possibilità di ritorno, senza
possibilità di correggervi, irrecuperabili.
Io lo so che vi invito spesso a pensare questo, lo so anche
che tutto questo non vi tocca, la sensazione è che non vi
tocchi, come se le vite non fossero le vostre, e non so come
fare a scuotervi perché è un lavoro che ognuno di voi deve
fare da solo, non posso dire più di tanto, dico già troppo.
Le vite passano, vedete quanti fratelli già vi hanno lasciato,
quanti ne erano quando è cominciato questo cammino spiri
tuale e quanti sono poi sopraggiunti dopo, e quanti altri
moriranno ed altri verranno, questo dappertutto, su tutta la
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Io vedo tutto il tratto di strada, voi ne vedete solo una
parte, e allora se talvolta insisto e ripeto, tutto questo è per
ché vedo quello che c'è dopo, e quindi so bene, per esperien
za diretta questa volta, quello che poi è accaduto a tutti co
loro che sono vissuti sulla Terra e hanno sprecato gran parte
della loro esistenza spirituale.
Le vite non si risolvono con la Terra e con i meccanismi
umani, questi sono soltanto i pretesti per capire qualche co
s'altro, e sta a voi individuare ciò che deve essere capito e ciò
che non deve essere capito.
Se avete altre domande fatele ancora prima di lasciarvi.
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COMUNICAZIONI DELL'«ENTITÀ A»
Pubblicazione del CENTRO ITALIANO DI PARAPSICOLOGIA di
NAPOLI registrata il 14-9-1990 al n. 5897 nel Pubblico Registro del
Tribunale di BOLOGNA
Direttore responsabile: Corrado PIANCASTELLI
Redazione e diffusione:
Silvio RAVALDINI, Clara e Riccardo CESANELLI del Gruppo di lavoro
di Bologna - c/o Silvio RAVALDINI - Piazza Az.zarita, 5 - 40122 BOLO
GNA - Telef. (051) 23 56 75 e 55 40 33 c.c.p. 13845409 intestato a
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SEDE PRINCIPALE DEL C.I.P.: Via Poggio de' Mari, 16 - 80129 Napoli
Presidente onorario: Giorgio di SIMONE
CONSIGLIO DIRETTIVO:
Presidente: Corrado PIANCASTELLI
Vice Presidente: Daina DINI PIEDISACCO
Consiglieri: Erminia GARGIULO - Elio WASCHIMPS - Enzo SPATUZZI
• Maurizio PIANCASTELLI - Teresa NAZZARO - Tiziana DE NOVELLIS
Coordinatrice di Segreteria: Erminia GARGIULO
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e con le quali lo Spirito continua una elaborazione anche sen
za una volontà applicativa.
La crescita dello Spirito è in gran parte legata naturalmente
alla volontà, per usare questa parola, dello Spirito, ma è in
gran parte legata ad un modo autonomo e indipendente dalla
natura dello Spirito, pure insito naturalmente nella sua strut
tura, quindi da questo punto di vista devo dire che certamente
il mio pensiero ha avuto ulteriori elaborazioni di cui ha fruito,
elaborazioni, però, la maggior parte delle quali io non ho potuto
né posso riversare a voi, perché si tratta di un processo mio
personale che appartiene a me soltanto, ed è necessario che
ciascuno di voi faccia lo stesso percorso per arrivare al punto
dove sono arrivato io.
In particolare, se 50 anni di presenza in mezzo a voi hanno
comunque costituito qualcosa, rispondo di sì, perché indub
biamente insieme al vostro processo di elaborazione, di acqui
sizione, c'è stato anche il mio di visione di voi, di conoscenza
ulteriore di voi, e dell'uomo, di conferma, per verificare quanto
l'uomo potesse o meno essere cambiato, e questo naturalmen
te costituisce una ulteriore esperienza, per cui io parlavo di
aggiornamento.
Qualunque verifica, qualunque controJlo è comunque un
lavoro dello Spirito, ed essendo un lavoro dello Spirito questi
mi appartiene, e mi appartiene anche il lavoro che è conse
guenza della mia presenza, e allora in questa misura sì, uno
spazio piccolo o grande fra due tempi, anche se sono tempi
posti dall'uomo, rappresenta comunque una serie di momenti
conoscitivi o confermativi di ciò che già si conosce e che
ulteriormente viene rielaborato.
D'altra parte questa cosa non appartiene soltanto ad uno
Spirito come me che visiona la Terra, perché anche 1 'Universo
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Questo è il nostro e vostro limite. Tuttavia abbiamo cer
cato sempre di dare qualcosa in più, spesso anche subendo
qualche vostra critica, perché "A" parla troppo difficile, per
ché "A" non sempre è comprensibile.
È vero, non vi dò torto, tuttavia le parole sono là, Je avete,
qualcuno o comunque in un momento successivo deJla vita
potrà trovarvi le cose che subito non ha capito, non è un
problema culturale, a volte sì, se il discorso è troppo tecnico,
ma molto più spesso questo dipende dal fatto che voi non
sfruttate appieno la capacità intuì tiva, non riuscite a passare
dal linguaggio comune al significato che è dietro.
Lo sforzo che voi dovete fare è quello di capire cosa "A"
sta dicendo, cosa ci vuole dire, perché magari fa tanta fatica
a dirci le cose che dice, perché in questa fatica dell'esporre un
concetto c'è tutta la difficoltà di trovare le parole giuste, Je
parole che possano essere capite o intuite.
Non dimenticate poi un'altra cosa, che io il linguaggio ho
dovuto completamente ricostruirlo, perché sono venuto a voi
sin daJle prime volte con un linguaggio molto approssimativo,
l'ho appreso insieme a voi daJle vostre voci, e in parte natu
ralmente seguendo costantemente il nostro fratello Corrado
affinché attraverso di lui potessimo apprendere le cose che
non possedevamo più, e questo lavoro ha un po' inciso, per
esempio in molti anni delle prime comunicazioni, poi il
superamento di tutto questo finalmente ci ha resi più autono
mj, purtuttavia il lavoro di aggiornamento finanche linguistico
è un lavoro che ancora continua.
Certo non avendo un cervello ho dovuto utilizzare quello
del fratello Corrado e quindi appropriarmi attraverso di lui,
con vicendevole scambio ovviamente, di una serie cli modelli
da poter poi utilizzare nel comunicare con voi. Questa diffi-
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ciò che sa. Voi no, voi sapete tante cose, ma pur sapendole
non le vivete, la teoria conta poco rispetto ali' azione.
Qualche volta ci capita di dire cose semplici e ci accorgia
mo che voi agite in maniera sbagliata; faccio un esempio, il
più banale di tutti: noi parliamo sempre di libertà, è un tema
ricorrente, perché la libertà è un diritto del soggetto umano e
del soggetto spirituale, e quindi anche dell'anima. I1 parlare di
libertà porta molti di voi ad abusarne, a non saperla usare la
libertà; la libertà comunque è uno di quei temi che ha invaso,
per così dire, la filosofia di tutti i tempi, quindi è un tema
strettamente legato al soggetto vivente, alla sua autonomia, al
suo diritto di essere libero.
A questo punto non c'è soltanto la responsabilità di "A" o
del filosofo o di chiunque parli di libertà, c'è anche la respon
sabilità di chi ascolta, perché non possiamo esimerci dal rite
nere responsabile anche il soggetto che fruisce di una cono
scenza, altrimenti dovremmo azzerare il sapere, perché tutto
il sapere non è altro che una predicazione di ricerca e di
diritti, e siccome non possiamo azzerare la cultura, il sapere
o anche la semplice esperienza, allora noi dobbiamo continua
re a precisare che cos'è la libertà, ma pur precisandolo dob
biamo anche dire che chi riceve un diritto lo deve utilizzare
responsabilmente.
Non basta la nominazione di un diritto, non basta nominare
un segmento della cultura o elaborare un processo culturale,
occorre anche la responsabilità di chi adopera lo strumento
conoscitivo, questo mi sembra ovvio e anche doveroso ag
giungerlo.
Poi potete non essere in grado di applicare una determinata
conoscenza, ma quando l'applicate dovete sentirvi responsabi
li verso il principio che avete ritenuto di dover accettare, quello
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D.: Tu hai già risposto a questa domanda, ognuno arriva
dove può arrivare a capire.
A.: Certo, ciononostante si sono verificate e si verificano
deformazioni di interpretazione, che io conosco bene, perché
pur nella mia intuitività di Spirito mi arrivano messaggi, ri
chjeste, riferimenti, pensieri. Tanti nostri, vostri fratelJi che
sono lontani e sicuramente non accederanno mai ad una di
queste sedute, tuttavia prendono in modo pedissequo il mio
insegnamento, peraltro talvolta travisato, talvolta deviato ,
perché tante volte le mie risposte a qualcuno non avevano il
carattere generale, non andavano generalizzate, perché se
qualcuno mi pone una domanda, io sto rispondendo a quella
persona, che in quel momento ha quei problemi, ha quella
situazione, non significa che la stessa risposta sia valida per
tutti, è valida soltanto per quelli che si trovano in quella con
dizione, e io non posso dire durante la seduta: guarda io ti sto
dando una risposta che non è assoluta, è relativa, perché se la
mia risposta serve in quel momento, io non posso poi smen-
tirla con una conclusione: badate bene, quella risposta non
vale per la teoria, vale solo per quella persona.
Voglio dire che io sono responsabile di tutto quello che vi
ho dato e che vi ho detto. Ho la possibilità spirituale di pren
dermi questa responsabilità, e me la prendo. Certamente è
diff icile che si producano dei veri danni, ma vi sono casi, vi
sono stati casi in cui chi ha ascoltato la mia voce sia stato poi
turbato da una cattiva applicazione di quello che ha inteso.
Poi è difficile soppesare tutto dalla mia posizione, intant
perché molti nostri fratelli non fanno una lettura continuata d1 �
tutto l'insegnamento, prendono un po' dal mucchio quello che
interessa in modo completamente slegato dal tutt o, ma que
sto costituisce una responsabilità loro, non certo mia.
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ne, se è pass a to poco te po n
in u n a vi a succe
m
correttamente dobbiam o parlare di r sid tu s siva. Qui di
e
i psichici.
Quando un a person a
a fa u n d te mi r t o la e
di queste ovviamente, e n voro si libera anch
pe rc hé in o ha u
t n a t a nuov a psiche, a
un nuovo asse to me n tale, a l qu ale che n h
t an l'anim a si r iferisce.
Questi residui ve n go n a po co
o a poco cancellati, e lascian
spazio alle nuove conf ig ur a zi ni i o
o psich che, alle nuove cost el
lazioni psichich e, che si o no prodott e r e z z u to,
a e, a p p n
s e al i t
ne lla vita attuale che si st svolg endo.
a
A volte ques e vec hie
t c c o nf i gura i
z o n i (ripeto, se c é stat
per ò un passag g o br e v ' o
e tra d ue vite) si
i presentano perch
alcune di es e posso o non é
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s n ess re s tate cancellate dallo Sp
rito per poterle riutiliz un'altra vita i
z a r e in sotto forma d
istanz e, di pulsion ,i di d ide ri ir ris lti, i
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vi a preceden e che de v e e la
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t t s se e ancora elaborata, rielaborata ,
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s r tt o p r c a
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li berars i della p art e p i hica
s c , ma se ha già ubito p ro gettual
mente la necessità di s
torn a re , i ib
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non s l era di tu to, non s
libera di quelle parti che i
po o o es s gl necessarie, e c oè d
i
ss
n er
par i i
t i di esp erienza , frammen it di esp rienza ospe
e s se e no
verificate d un c o m ple sso , pc i l n
, co o o grande che sia che,
ri portat i
o in una successiv a vita,
i
co ts tuisce poi pulsio i d
natura inconscia non forma t i e c r d l v a a tt a n mai
n l o so i t u le,
dipendenti da una vita pre de es el a
ce n te.
Questo in pratica si pu ò v e E qu
r ifica r e. e tso cu i all u
devi?
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88
l'identit à, che si lega a quella mentale ichi c a e di venta u a
, ps , n
identit à allargata, per cui dall'identi à i
t come co cs enz a di e
serci e l'identità di tipo spirituale si ha s
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un id ntilà p ù am pia ,
p ù general e, di cui poi a ar e mate r ia i
è l'iden tità d
i l p t pi ù le i
speci e, quella che è leg at a alla struttu del sist m nervoso,
e a
quin i biolo gica , ma noi ci stiamo occu
ra
d o di 'altr o
d an u e ll
p q
tipo di identit .
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Comunqu e i tratta di p assagg i
s che, e si s
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uppano i
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maniera corrett a danno una tipologi a di id ntitàv b n
, e en radicata
in uno stato di s , di coscienz che si au t od fi i e h
é a e s c , ch e a
auto-consap evolezz . n
a
90
l
1
questa deformazione, questa distorsione di un pensiero, però,
è presente (ma devo dire fino a un certo livello e poi non più)
l
anche nello Spirito.
Non parliamo di quegli Spiriti che comunicano con l'uomo,
o di quelle forze spirituali che irrompono nella mente del fi
losofo, o nella mente del profeta, dell'intuitivo, del santo, del
1
mistico, perché questa presenza è sempre sbagliata, perché
comunque l'intuizione, la visione, sono un modo raggrumato
1
e finalizzato di trasporre una astrazione, appunto, in qualcosa
che sia visibile, percepibile. Questo però il mistico lo sa, il
filosofo intuitivo, creativo lo sa, l'artista che sacralizza il gesto
per una intuizione poetica o il poeta che sacralizza la parola,
lo sa, lo intuisce anche se non lo sa che c'è il suo limite, che
si impatta, si scontra con un limite invalicabile che alla meno
peggio riesce a tradurre, lo sa.
Quando tutto questo è, invece, nel sistema logico, l'errore
c'è e non c'è, lo Spirito, superata la fase della materializzazione
dell'idea, per così dire, entra in quel paradosso di segni che
confermano e sconfermano, che vengono visti e non visti,
perché procede soltanto per intuizione, per captazione. In que
sta captazione lo Spirito "sente" alla stessa misura del mistico,
tanto per citare una figura, ma a un livelJo di gran lunga su
periore al mistico, perché non ha un cervello, una mente, non
ha una decodificazione culturale, quindi il suo incontro con la
Voce di Dio è un incontro che è al di là di tutte le forme e
procede poi per le vie interne dello Spirito, perché la voce di
Dio (ancora resto in una figurazione materiale), la voce di Dio
non appare come una voce esterna, ma come una voce che
risuona nell'interno dello Spirito.
Non potrebbe essere altrimenti, perché lo Spirito, in qual
che misura figlio di Dio, emanato da Dio, faceva parte di Dio,
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a sinistra, in alto o in basso, è al centro di una istanza puri
ficata dal suo non trovarsi in alcun luogo, e in questo non
essere in nessun luogo si instaura quella che chiamiamo la
risposta, ovvero la discesa dentro di lui che colma e completa
l'istanza da cui é partito.
Più di questo non so dirvi.
A.: Egli a quel punto è già nella logica divina, egli è già
dentro, e non oso nemmeno dire lo sa o non lo sa, perché il
sapere o non sapere implica un dubbio e una disconoscenza
dell'avvenimento.
Egli semplicemente è in quella situazione, in quella condi
zione.
94
scuola del sensitivo, per cui le lezioni andavano fatte in un
certo modo.
Poi c'è stata la fase lirico-metafisica, se posso esprimermi
così, che era un po' il prosieguo, ma man mano nel nostro
insegnamento c'è stato uno sviluppo, il nostro livello si è
approfondito al punto che in alcuni anni, in alcuni momenti
avevamo distinto i gruppi in due o tre sottogruppi ai quali
davamo quello che era possibile, l'uno in maniera elementare,
l'uno in maniera più elevata, l'altro nell'ambito del possibile
in maniera ancora più approfondita, ma tuttavia sempre tenen
do presente una media. Il nostro stesso linguaggio si è modi
ficato, si è perfezionato: avevamo un limitato repertorio di
vocabolario che si è arricchito via via che io stesso sono ri
masto più a lungo con voi.
Sono passati gli anni e siamo arrivati poi a definire meglio
il problema della presenza dello Spirito in Terra, ed abbiamo
visto che era fondamentale approfondire il ruolo del corpo,
della persona, della mente, e cioè il complesso luogo attraver
so il quale, nel quale e con il quale lo Spirito poteva assumere
esperienza e sperimentare la vita. Questo ha comportato an
che talune innovazioni nel linguaggio: un maggiore arricchi
mento della parola, espressioni semantiche più strutturate, più
complete; voi stessi avete preparato, secondo la nostra nota
tecnica di far parlare voi anziché parlare io, ed avete comin
ciato a formulare domande sempre più precise.
Queste domande negli ultimi anni, ed anche per la presenza
di fratelli più preparati, o anche perché sollecitati da proble
matiche personali, ci hanno portato a meglio determinare il
ruolo della psiche, il ruolo delle emozioni, il luogo psicologi
co col quale lo Spirito ha a che fare continuamente per rea
lizzare il proprio progetto.
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mutato, riesco a filtrare meglio, più liberamente, anche se non
in tutto.
Questo è comunque un problema che io definisco serio e
importante, proprio perché si rischia di far passare l'insegna
mento meno congruo e di lasciare da parte l'insegnamento più
complesso e più vicino alla verità. Quando parliamo di verità
parliamo sempre di una verità relativa, perché, voi lo sapete,
la verità assoluta in Terra è inconoscibile, ed è inconoscibile
a qualsiasi livello, anche spirituale.
Questa è un'altra delle cose importanti, perché è importan
te dire che non basta essere una natura spirituale, vale a dire
uno Spirito, per conoscere la verità: la verità nel senso asso
luto appartiene soltanto a Dio. Lo Spirito per approssimazio
ne si avvicina, per intuizione procede nel suo cammino, ma le
verità non sono mai complete e totali, stante i noti principi
dell'infinitezza dell'esistenza, e quindi dell'infinitezza delle
risposte in senso quantitativo e qualitativo. Ogni problema è
visibile da infiniti punti, e lo Spirito può trovarsi in uno qual
siasi di questi infiniti punti, da cui gli orizzonti che cambiano
continuamente, che si fanno e si disfano, e il soggetto, vale a
dire lo Spirito, è sempre al centro di questo movimento che,
visto da fuori, è un brulichio di significati che vanno e vengo
no attraverso l'essere, lo passano, lo trapassano, e l'essere di
tutto ciò da cui è attraversato prende ciò che può in base al
JiveJlo che possiede.
Quindi non c'è mai una verità che si ferma, non c'è mai
qualcosa che è lì immobile e di cui si possa dire: ecco quella
è la verità, quella è la cosa che cerco, la cosa cercata, no, lo
Spirito lo sa bene, naturalmente lo sa bene da un certo punto
in poi della sua evoluzione. È questo il senso primario fonda
mentale che io avrei voluto fosse stato trasmesso sin dal I'ini-
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che sullo sfondo intendo, questo movimento filosofico dell'es
sere voi dei soggetti, e dei soggetti rappresentativi dell'essere,
nell'essere voi un'anima che si trova in un luogo chiamato
carne, chiamato materia, e che deve attraverso questa materia
captare i significati della vita, parlare ai significati, ripossederli,
lavorare, meditare, elaborare, elaborare, elaborare sempre
l'azione affinché l'azione diventi un significato e diventi una
conoscenza.
Allora questo nostro dire, che è un dire filosofico, non è il
dire elementare della comunicazione semplice; la comunica
zione semplice è quella che a volte facciamo tra noi, e tiene
conto di tanti fattori di cui voi non tenete conto, però, rispet
to al discorso e cioè la vostra qualità, le vostre presenze, i
condizionamenti che voi ci date.
Basta che qualcuno di voi si trovi in una condizione parti
colare, che tutto il mio dire deve tenerne conto.
Quando io per molte volte vi ho chiesto aiuto e ho detto:
io ho bisogno del vostro aiuto, cioè della vostra mediazione,
dovete capire queste cose, dovete capire che io non posso
andare oltre le vostre evoluzioni, ma non posso nemmeno
andare oltre le evoluzioni di alcuni che presenziando alla se
duta mi obbligano a tacere, o per lo meno ad aggirare l'osta
colo del limite con una serie di concetti che possono apparire
anche devianti.
Fate attenzione dunque, ancora una volta io richiamo tutti
all'attenzione su questa sorveglianza accurata, di cui purtrop
po generalmente non si tiene molto conto perché spesso non
facendo voi delle opere complete ma limitandovi semplicemente
a trascrivere, per voi qualsiasi seduta va bene, purché sia chiara,
leggibile e comprensibile, e non vi ponete nella dottrina com
pleta, per così dire, ma vi limitate semplicemente a ritaglia re
100
Nell'oscurità, perché è ancora nell'oscurità il fenomeno,
nell'oscurità della mente, della psiche ci sono bagliori che re
clamerebbero una attenta osservazione: la depressione, le
malattie mentali, la diffusione della crisi, la paura del la morte,
i suicidi, le morti giovani, sono tutti segnali di qualcosa o di
qualcuno che reclama attenzione, di qualcuno che vuole par
lare, ma non ha la parola per farlo.
Questo qualcuno o qualcosa è il segnale dell'anima, è un
segnale spirituale che chiede parola: questo significa che spet
ta all'uomo dare parola a questi segnali, perché i segnali non
hanno voce, i segnali hanno soltanto il linguaggio della meta
fora che trasversalmente attraversa la morte, l'incapacità, la
depressione, e si trasformano in necessità di simboli, di valori.
L'anima ha sempre chiesto la parola, per dirla tutta, ma
l'unica parola che siete riusciti a mettere in bocca all'anima
sono le parole decadenti e mistificanti delle religioni elemen
tari che soddisfano l'immediatezza psichica, i bisogni e le paure
immediate, ma non danno voce all'anima, perché soddisfacen
do soltanto i bisogni spirituali, contemporaneamente hanno
messo a tacere la vera emblematica possibile voce dell'anima,
e quindi oggi che si è accentuato di più questo fenomeno di
una intera umanità praticamente allo sbando dal punto di vista
spirituale, questa voce è più leggibile per chi sa leggere, come
è leggibile in qualsiasi persona che nella sua nevrosi, nella sua
aggressività, nel suo modo improprio di manifestarsi sta dimo
strando che c'è un'anima che soffre per non poter parlare.
Quanto più J 'anima è impotente tanto più il soggetto entra
in crisi, perché si viene a creare una vera e propria impossi
bilità di comunicazione reale e vera: la mistificazione a lungo
tempo non fa bene, nessuno, almenché non sia un eccessivo
creativo, può mistificare per tutta la vita.
102
proporre il discorso dello Spirito iniziando dal conti,igente psi
cologico, cioè dalla difficoltà psicologica a cui tu facevi riferi
mento, che poi rappresenta la problematica dell'umanità ades
so, il problema della coppia, dell'amore, partire da questo per
poter dare poi la visione dello Spirito. Ovviamente dopo che hai
detto queste cose sono andata i,i crisi: se puoi dirmi qualcosa.
104
quando cioè lo Spirito non riesce a far passare neppure un
barlume di se stesso, e questo accade, perché vi sono chiusure
che sono date dalle sovrastrutture, ovviamente, culturali e psi
cologiche, anzi da sovrastrutture culturali e condizionamenti
psicologici, che bloccano l'uscita e l'entrata dello Spirito pro
vocando panico, e quindi la crisi esistenziale, la depressione,
la malattia dell'anima che poi non è dell'anima ma è la malat
tia della retro-mente, laddove lo Spirito con l'inconscio entra
no nel mondo.
Quindi questa è la costruzione che io vedo; ovviamente si
può partire da uno qualsiasi di questi punti, si può partire
dalla psiche, si può partire dall'ipotesi dello Spirito, si può
partire dalla malattia fisica e passare a quella mentale che vi
è sempre dietro e la sorregge. Si può partire dalla malattia
della società, si può partire dunque dalla politica, dal!'econo
mia, tanti sono gli approcci che poi fanno risalire, vanno tutti
verso lo Spirito, perchè alla fine, tutto quello che voi potete
fare nel mondo, la politica, l'economia, le guerre, le rivoluzio
ni, le rivoluzioni storiche, le rivoluzioni cultmali, le nuove
filosofie, le nuove scienze, ma alla fine tutto serve a chi?
Serve sempre all'uomo.
Voi parlate di civiltà, parlate di progresso, di cambiamento
di civiltà, ma la civiltà di un mondo, di una Terra, di un
pianeta, di una nazione, la civiltà è costituita dall'insieme delle
capacità, delle costruzioni, delle culture prodotte dai singoli
uomini, voi non potete mai prescindere dal singolo uomo, una
umanità esiste perché esistono i singoli uomini. Allora il di
scorso può essere fatto dal punto di vista storico, per cui si
parla di civiltà e si intende l'umanità come meccanismi di
movimento indipendenti dai singoli uomini, è però un discorso
che si regge su se stesso e non si riferisce più all'uomo in
106
A.: La conoscenza individuale si ottiene, (stiamo parlando
di conoscenza attraverso la coscienza abituale, quella che voi
avete come in questo momento che mi state ascoltando o in
un momento in cui state operando), facendo qualcosa� si ot
tiene paradossalmente proprio abbandonando il corpo, quindi
non attraverso le vie razionali, ma attraverso le vie irrazionali.
Il problema è dare razionalità all'irrazionale, l'operazione
culturale consiste nel dare riconoscimento, valore ali' irrazio
nale che è in voi. Intanto una prima cosa si deve dire, che la
classificazione in razionale e irrazionale è sbagliata. Questa è
la prima cosa, per cui distinguere significa creare già una bar
riera.
La distinzione però nasce con la scienza, attenzione, perché
è con la scienza che viene posto il limite, diventa quindi cul
tura cioè scienza tutto ciò che è dimostrabile, che è ripetibile,
etc .... tutto ciò che dunque è confinato entro quello che è
stato chiamato il metodo che la scienza si è dato. Dopo di che
tutto quello che viene oltre, a lato, da qualunque parte viene
è irrazionale, perché non rientra nella ragione, quindi la poe
sia, le arti, sono irrazionali, fanno parte di operazioni di fede
come la religione, possono esserci e non esserci.
Essendo percepibili o appercepibili attraverso i sensi e non
attraverso il metodo, hanno la possibilità di errore, contengo
no la possibilità di errore, e quindi non fanno parte del campo
della ragione, sono irrazionali.
Attenzione però: questa classificazione che va così per il
mondo umano a sua volta contiene un altro errore, perché la
cosiddetta razionalità delle scienze non è una vera razionalità,
la scienza è soggetta a correzione ed errore, tanto è vero che
nel corso del! 'umanità centinaia di teorie scientifiche sono state
abbandonate perché errate; hanno fatto parte della scienza
108
D.: Anche l'opera d'arte che diventa esistente, visibile per
tutti, è già una dùnostrazione di qualcosa.
110
tiva, è il metodo che è definitivo, perché si è dato un metodo
che contempla soltanto ciò che è visibile, ciò che può cadere
sotto l'osservazione, anche se è vero che esistono anche altre
scienze come quelle psicologiche che non sempre possono
dimostrare ciò che dicono, ma credo che anche nelle scienze
psicologiche ci siano quelle buone e quelle spurie, almeno
secondo il rispetto al metodo che abbiamo detto.
A.: Sì.
112
Dunque allora non si può porre la domanda quando non
può esserci la risposta, se la domanda viene posta, la domanda
è posta come un insignificante che vuole darsi voce senza
essere rappresentativo. Dunque è "una non domanda".
Lo Spirito non può fare questo. Allora qual è la posizione
dello Spirito?
Noi qualche volta siamo stati costretti a raccontarvi - dico
proprio raccontarvi nel senso del racconto - dello Spirito che
scopre e discopre, vede e non vede, si evolve e non si evolve:
è vero tutto questo, accade tutto questo, questa è la maniera
più semplice, elementare, per far capire un processo, dove
processo significa proprio esattamente, etimologicamente, pro
cesso, cioè processo vuol dire qualcosa che inizia, procede,
discopre, va avanti e probabilmente ha anche una chiusura e
una fine, questo è filosoficamente, scientificamente, d.ite come
v1 pare, un processo.
Lo Spirito ha comunque un iter evolutivo.
Se io dovessi guardare il movimento di uno Spirito, per
usare le vostre parole, dovrei dire: è in atto un processo che
chiamo evolutivo, ma lo Spirito nel suo interno come vive
veramente questo processo? Lo vive come un cammino, un
ollrepassamento? Sl, c'è anche questa banalità, ma in effetti lo
Spirito si muove proprio nel senso che io dicevo prima, al
i' inizio, lo Spirito ha un movimento di espansione e ritrazione,
quello che chiamerei un respiro, entro il quale egli attraversa
ed è attraversato da stadi continui entro i quali ci sono cose
inimmaginabili.
In questo processo del suo respirare c'è proprio una entra
ta ed un'uscita di un numero infinito di elementi puri, spuri,
materiali, immateriali, ed in questo processo avviene quello
che dal di fuori appare il miracolo del cambiamento, dell'evo-
114
la lancetta di un orologio al passaggio del lempo e del nuovo
spazio che si è aperto dentro di voi.
Lo Spirito nell'osservare se stesso compie o può compiere
la stessa operazione, vivere nel mondo, fuori dal mondo, nel
l'Universo, laddove egli crede di dover stare, vive, e in questo
vivere e in questi attraversamenti, se analizza se stesso può
cogliere il movimento. Questo movimento non è più tanto un
dare o un avere, vero o falso, alto o basso, ieri o oggi, fuori
del tempo e dello spazio l'operazione di crescita, l'operazione
dell'evoluzione è una operazione che si compie quasi al di là
del soggetto, che il soggetto in fondo subisce perché l'evolu
zione è inscritta nella regola universale.
Egli non provoca l'evoluzione, non chiede l'evoluzione,
l'evoluzione è la conseguenza però del movimento che egli
intenzionalmente ha provocato, perché se il movimento non
è intenzionale non c'è conoscenza, come non c'è conoscenza
nel dolore quando il dolore non ha l'elaborazione che parta
dalla base.
La famosa tegola che cade in testa non serve a nulla, serve
soltanto invece un dolore, come un piacere, nel quale il sog
getlo sia presente tappa dopo tappa, successione dopo suc
cessione, che lo elabori, allora l'elaborazione diventa speri
mentazione, la sperimentazione diventa conoscenza, la cono
scenza diventa evoluzione, e questo è il passaggio naturale,
continuo, obbligato.
116
una corrente elettrica per caricarsi o di una pila per muoversi,
quindi un discorso eccessivamente materialistico.
118
RESPONSABILITÀ DEI GENITORI.
INFLUENZA DI UN GRUPPO SULLA SOCIETÀ.
FIGURA DEL PADRE PER L'UOMO E PER LO SPIRITO
COMUNITÀ.
DOVERE FONDAMENTALE DELLO SPIRITO: AIUTO E
ASSISTENZA AI PIÙ DEBOLI.
MAL DI VIVERE. SUICIDIO.
GUARITORI. MIRACOLI. ANIMA.
D.: Per quale motivo l'uomo si affanna tanto ... Come deve
comportarsi un genitore di fronte alle sperimentazioni del fi
glio?
120
Io ho sempre parlato di libertà, ma naturalmente ho sempre
parlato di libertà matura, cioè di una libertà finanche di tra
smettere valori e modelli che possano non essere precisi; ma
a questo punto la libertà matura si carica però di responsabi
lità. Fino a che punto io devo dare e da quale punto in poi
devo lasciare che i giovani, figli o non figli, elaborino da soli
i propri modelli? Credo che sia abbastanza semplice per chi ha
dei figli o dei genitori, per quei genitori che sono sufficiente
mente onesti, dire che esiste la possibilità di scoprire l' interes
se e la vocazione e di assecondarli fino a che è possibile.
Credo che alla fine, poiché vi ritrovate tutti quanti in que
sta trappola umana, da cui spesso non riuscite ad uscire, una
delle cose fondamentali da fare sia di quella di riconoscere che
anche i figli si trovano nella stessa trappola, dalla quale però
dobbiamo tentare di farli uscire. E l'onestà consiste, non nel
fornire loro dei modelli fissi e prestabiliti, ma il suggerimento
di possibili modelli alternativi che siano fluidi, sufficientemen
te elastici affinché si incrocino col carattere profondo del
ragazzo, del giovane, del bambino, il quale mostra sicuramen
te e quasi subito alcune inclinazioni, alcune vocazioni, alcuni
desideri.
Non sempre tutto è chiaro, ma proprio perché non è chia
ro nessuno può e deve essere chiuso in un sistema educativo
dal quale non possa poi dopo uscire per modificare gli even
tuali errori. L'importanza di essere genitori aumenta, direi,
l'obbligo della conoscenza. Mentre colui che è solo può con
sentirsi di sbagliare, di provare e riprovare, o alla fine restare
nell'errore, educare significa non compromettere la vita degli
altri. In questo è la maggiore responsabilità di chi decide di
perpetuare la specie, perché se è vero che dal punto di vista
biologico voi nuJla fortunatamente potete fare, perché vi è
122
Se sbagliate subito non potete pm riparare: questa è la
responsabilità. Invece, gli uomini a cuore leggero hanno dei
figli e a cuor leggero perseverano nel ripetere modelli sbaglia
ti che essi stessi hanno subìto perché non riescono a correg
gersi, non riescono a rimodellarsi, prima di decidere di educa
re i figli. Questo tipo di responsabilità deve esservi sempre
presente. Imparate a osservare i vostri figli, i vostri ragazzi, i
vostri bambini.
Imparate a guardarli, a guardarli muovere, a vedere il loro
comportamento; offrite loro occasione di sperimentare più gio
chi, più cose dalle quale trarre indizi. Studiate, fatevi aiutare,
non siate così orgogliosi da credere di saper tutto perché
diventate genitori. Lasciate che anche altri li osservino, discu
tetene, entrate in un processo dialettico, fate parlare i vostri
bambini e cercate di escogitare piccoli trucchi verbali affinché
essi imparino a comunicare e a diventare vostri, nel senso
spirituale, psicologico, del termine.
L'essere umano, così com'è conformato, francamente non
è un modello da imitare. Voi avete attraversato una storia, che
è una storia di sconfitte, di non conoscenze, una storia fatta
di ladri, di assassini, di guerre, di rivoluzioni, di male, di
sofferenza, di tormenti. Voi, come esseri umani, non siete un
bell'esempio, diciamola tutta.
D'altra parte non è colpa del singolo soggetto, ma anche di
un insieme; pure il singolo soggetto ha egualmente le sue
responsabilità. E coloro i quali sanno devono tener conto che
più imparano dai maestri, dai libri, dalla vita, dall'esperienza,
più sono responsabili. In questo senso, in questa luce il vostro
cammino genitoriale deve essere attento, per poter fare fino in
fondo il vostro dovere, per essere assolti poi dalla vostra co
scienza, affinché non si dica: "Io ho fatto tutto e i miei figli
124
Questi sono i modelli che noi proponiamo, poi ciascuno si
prende le sue responsabilità.
126
metafisica è il medium per eccellenza tra il fenomeno e I'in
terpretazione del fenomeno. La metafisica non è soltanto una
teologia che può avere una chiesa o un movimento religioso;
la metafisica è l'elemento di collegamento tra il fenomeno e il
suo apparire e la sua interpretazione.
Nel corso dei secoli c'è stata grande confusione su questa
parola, sino al punto da considerare metafisica (e questo per
colpa della teologia) ciò che è oltre la fisica. Oltre la fisica
significa al di là della scienza e questo la scienza, con il suo
presupposto, non poteva accettarlo, accoglierlo. Ma riportare
il senso della metafisica al suo significato originale significa
essere nella storia: la scienza nasce dalla metafisica. Allora
bisogna abbandonare le teologie per ricondurci ad una logica
seria, che è la logica dell'impostazione filosofica del discorso.
Se una comunità, tra i suoi fini, non si dà tanto quello della
parapsicologia, ma quanto quello di una cultura dell'anima,
cioè di una cultura metafisica, che trascenda l'uomo senza
abbandonare l'uomo, allora c'è un immediato allineamento con
la scienza.
Ciò che più disturba in questo tipo di discorsi è l'ignoranza
del problema e la mancanza ovviamente degli strumenti per
potersi avvicinare al problema. Allora una comunità, un grup
po, deve anche imparare l'umiltà di sapere dove può arrivare
e dove non può arrivare, dotarsi degli strumenti, il che signi
fica aver cultura, e laddove non è possibile, inglobare coloro
che lo possono fare, in un'azione di mecenatismo vero e pro
prio, utilizzando le risorse e cercando di portare nella propria
scuola filosofica altri che possano sorreggere teoricamente e
dialetticamente la contrapposizione con la scienza.
Questo a mio avviso è l'indirizzo e il futuro; altrimenti si
rischia di restare sempre nella circolazione di problemi che
128
forte perché si tratta di una meta con un valore forte, cioè con
una serie di valori che sono proprio quelli di cui l'umanità ha
bisogno, perché la caduta dell'umanesimo, la caduta delle
religioni (che è continua, direi) ha lasciato l'essere umano
privo di simboli, privo di valori sicuri, privo di riferimenti.
Ciascuno di voi, in fondo, pur diventando un essere libero, ha
sempre bisogno di un padre.
Ora, il padre non è sempre Dio, il padre non è sempre
quello reale, in carne e ossa. Il padre è un valore simbolico
che rappresenta la meta, l'orizzonte, l'obiettivo, posto al di là
di noi, fuori di noi, sopra di noi. Il padre non lo si osserva,
non lo si deve osservare, con un rapporto di dipendenza, ma
con un rapporto di presenza, che non è dipendenza, ma sol
tanto riconoscimento di presenze più alte di noi. Queste pre
senze più alte di noi sono valori, simboli, speranze, utopie,
poesia, tutto ciò che sopravanza, che diventa l'elemento trai
nate. Andare verso il padre - ed essere attratli - significa
andare verso questi valori, significa utilizzare i simboli affin
ché ci diano la forza. C'è un orizzonte, c'è una meta, c'è un
luogo sconosciuto, che è più avanti; ed essendo più avanti di
noi, noi lavoriamo per rifarci il percorso, per andare là dove
ci sta aspettando. Non importa, se raggiunta la meta questa si
sposta più avanti: è nella logica, è nella giustizia che ciò ac
cada. Dobbiamo augurarci che ciò accada, perché il padre non
va raggiunto, non va fagocitato; il padre lo si sposta più avan
ti perché in questa misura, in questa chiave, l'essere umano,
in modo specialissimo, ha bisogno della vita, che diventa uno
scopo della vita, un orizzonte da raggiungere.
Anche lo Spirito ha il proprio padre interiore: il padre in
terno è ciò che voi chiamereste Dio e che per noi è soltanto
un principio profondo che ci attira, ci attrae, ci consente di
130
conoscere e quella di partecipare insieme alla vita. E credo
che questo sia la migliore delle cose possibili a cui un uomo
posa aspirare.
132
tire soltanto la condivisione. Se qualcuno che è caduto nella
spirale della tossicosi trova una persona che scenda nel suo
inferno e non pretenda che sia lui a salire ma che mostri se
stesso che scende e partecipi e giochi con la sua sofferenza,
giochi per agganciarlo, per diventargli amico e soprattutto per
capire, che si metta a nudo per capire e, dunque, dopo aver
capito lo prenda per mano, [ne avrà giovamento]; perché
costoro non aspettano altro che qualcuno li prenda per mano
e che assuma la funzione di quel padre simbolico di cui par
lavamo prima.
Voi fallite nei vostri tentativi di guarigione di questi tipi di
malattie e anche della sofferenza, perché non sapete entrare
nell'altro, non sapete mettervi al loro livello che non è un
livello basso, è soltanto un altro tipo di livello, un'altra mo
dalità del vivere. Se questo sapete fare e questo imparate
a fare, se diventate abbastanza duttili da saperlo fare, se la
vostra non sia soltanto una recitazione ma un viversi la vita
dell'altro - che poi questo significa amore, tra l'altro - allora
questo tipo di amore, questo tipo di sentimento, di partecipa
zione, di radicamento, porta l'altro a darvi la mano e voi lo
tirate fuori. Se l'altro non sente questo e vi vede soltanto
come 1'ennesimo stereotipo che cerca un aggancio impossibile
perché non è fatto con quell'amore di cui sto parlando, ma
con l'amore di cui parlano gli uomini, che è fatto di aspetti
lacrimevoli, di sofferenza, di parole buttate al vento, dei soliti
vocaboli, delle solite visioni del mondo, non lascia quella sua
area di dolore per venirvi incontro; sa che non può venirvi
incontro perché riconosce che voi non riuscite a capire dove
egli si trova.
Questo tipo di lavoro diventa anzitutto un lavoro su se
stesso; ci si prepara a questo lavoro, non ci si improvvisa e ci
134
qualche amico, se possibile, e vi fermate là. Certo, non potete
dirmi che amate i poveri, che amate le persone che soffrono,
perché non è vero; voi vi illudete che soltanto dicendolo que
sto sia amore ma l'amore è un'altra cosa, è quello che dovreb
be spingervi a diventare veramente fratello del povero, di chi
soffre, di chi è ammalato, invece non lo fate. Vi rinchiudete
nelle vostre definizioni del!'amore perché avete delegato una
società con le sue leggi ad intervenire su coloro che soffrono,
sui poveri: l'assistenza, la società, la protezione dei deboli
ecc.
Questo non è amore, è semmai un processo di civiltà che
crea le proprie leggi, le quali proteggono gli esseri più deboli,
gli ammalati e quindi la società crea le scuole per far crescere
i bambini, gli ospedali per curare i malati, l'assistenza per chi
ha bisogno di consultare qualcuno, le religioni che proteggono
l'anima; vi siete dati dei meccanismi nei quali, però, a I ivello
personale l'amore è scomparso perché avendo delegato gli
altri voi siete fuori dal meccanismo dell'amore e lo restringete
soltanto ai vostri piccoli gruppi con i quali avete stabilito - se
li avete stabiliti - dei rapporti affettivi che spesso si possono
contare su una mano sola.
Questo che significa: non che siete cattivi, ma che dal punto
di vista umano, essendo l'umanità relativa e determinata, non
potete amare in senso universale perché l'universalità non esiste
per l'uomo perché l'uomo è un prodotto della materia. Se
non vogliamo fare delle costruzioni retoriche nel parlare cer
chiamo di ridimensionare il discorso: allora per l'amore uni
versale o per l'amore del genere umano - limitiamoci al ge
nere umano e lasciamo perdere l'universale - bisogna crearsi
i presupposti per portar rispetto agli altri, per decidersi a
considerare gli altri umani quanto noi, di avere gli stessi dirit-
136
sistenza per coloro che sono più deboli, un aiuto per coloro
che non ce la fanno. Questa circolazione di sentimenti sociali
diventa la circolazione di un bene possibile. Se questo fate,
allora coloro che si interessano, che lottano, che credono
comunque nella giustizia, nella fratellanza, costoro possono
sentirsi soddisfatti per aver adempiuto ad uno dei doveri fon
damentali dello Spirito, il quale quando viene ad incarnarsi,
oltre al programma, ha anche il compito di aiutare i propri
simili, compito di anima, cioè compito spirituale. Perché voi,
prima di venire al mondo, lo sapete che insieme alla vostra
incarnazione si sta realizzando l'incarnazione di altri milioni di
anime come le vostre. Tutte esposte agli stessi rischi di una
terra, cioè di una società in cui certamente la giustizia non
brilla; allora compito dell'anima è anche di assistere, se pos
sibile, se si trova in una condizione particolarmente favorevo
le, le altre anime. E come le può assistere? Diventando un
uomo esemplare dal punto di vista della civiltà in cui vive:
esemplare significa lavorare perché ci sia più circolazione di
amore, più concordia, più giustizia, non come necessità poi i
tica o economica, ma come necessità spirituale. È in questa
chiave, in questa luce che voi dovete vedere il problema.
Allora una comunità - per tornare al discorso di prima -
che vive gli aspetti culturali di una ricerca dell'anima, deve
darsi gli aspetti ludici di un piacere del corpo, e deve darsi
anche il compito di essere promotrice delle cose che abbiamo
detto. Più amore, più anima, più sensibilità, più senso di giu
stizia, più partecipazione alla vita degli altri. Questo è il senso
e il significato dell'incarnazione e della vita e, credo io, una
finalità anche più universale, se proprio vogliamo tornare al
]'universale.
138
per le condizioni in cui si trova a dover nascere - in quel
momento particolare della famiglia dove verrà alla luce, nelle
condizioni storiche, economiche, ecc., o semplicemente per un
accidente meccanico, ad esempio durante il parto - si troverà
con una mente, con un cervello completamente disadattato
rispetto al progetto. Perché il progetto dello Spirito è un
progetto spirituale, con una finalità conoscitiva, ma talvolta la
finalità conoscitiva è talmente precisata da aversi la necessità
di una serie di connessioni cerebrali che consentano quel tipo
di esperienza.
Se, per esempio, qualcuno dovesse decidere di fare l 'arti
sta, il pittore, per un qualsiasi accidente meccanico dovesse
perdere la vista, tutta la sua esperienza salterebbe, non po
trebbe più farlo, perché una delle cose fondamentali per un
pittore è la luce, è il colore. Se questo non c'è più, l'esperien
za è annullata e lo Spirito può decidere di andarsene.
Ma se decide di non andarsene, o nel frattempo dovesse
decidere di andarsene, si presentano a lui varie opzioni possi
bili: innanzi tutto si presenta quel che tu chiami "mal di vive
re", e quindi può essere frustrazione, delusione, depressione,
voglia di suicidio, voglia di morte. Insomma si instaura un
disturbo mentale, perché c'è un disagio che è al di là della
macchina fisica; c'è un vero e proprio disagio dell'anima in un
corpo disfunzionale, non dipendente dalla sua volontà, perché
lo Spirito non può far nulla contro le situazioni della materia,
nel senso che vi ho detto. E naturalmente di queste possibilità,
voi capite che ce ne sono tante.
Non si tratta soltanto del pittore che ha bisogno della luce
e dei colori, ma tante esperienze che sono legate al sensorio,
per esempio. Certo vi sono esperienze che lo Spirito può
accettare anche quando si modificano, perché diventano parai-
140
fra vita mentale e progetto dello Spirito; ma la conoscenza di
tutto questo vi è preclusa e allora dovete lasciar fare alla
legge ciò che spetta alla legge e non potete far nulla.
Quindi il diritto al suicidio, in pratica, dobbiamo dire che
non esiste, l'uomo non ha questo diritto perché è un diritto
che spetta allo Spirito.
142
Pag. 211
Conoscenza e soggettività. Teoria ed azione.
Unione spirito-corpo.
Interrogarsi attraverso il fare. Soggettività e individualità.
Fare le cose con tutta l'anima. Evoluzione futura dei simboli.
Volontà. Educazione del bambino.
Pag. 240
Sofferenza umana e "sofferenza" spirituale.
Formazione terrena sempre difettosa.
Posizione di equilibrio. Opzioni sostitutive.
La vita come esercizio ed esperimento.
Compensare nel presente il dolore passato.
Vita mentale come gioco.
Identità come nucleo di autocoscienza.
Identità sociale, psichica, profonda.
Costruzioni virtuali della mente.
Uscire dai ranghi per una vita creativa.
IP-INFORMAZIONI PARAPSICOLOGICHE
Anno 10 ° (2 /\ Serie)
n. 21 / 2008
Corrado Piancastelli: Super-Io e morale . . . . . . . . pag. 259
Corrado Piancastelli: La fede aiuta a guarire? . . . » 260
Daina Dini: La lavagna della vita . . . . . . . » 261
Risponde Piancastelli:
- Potranno incontrarsi fede e ragione? . . . . . » 268
- Anima terrena e Spirito universale . . . . . . » 270
Risponde Daina Dini: Si possono eliminare i sogni
. . '} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
premomton. 274
più l'evoluzione dello Spirito è ampia, più ampia è questa
oscillazione e viceversa.
Questo perché ad una evoluzione, cioè ad un processo di
espansione più vasto dello Spirito coincide una oscillazione
più vasta dello Spirito che dunque in questo Universo può
espandersi e poi ritrarsi in modo più ampio; credo che questo
sia tutto il problema, che riguarda invero certo la struttura
dello Spirito.
Non si deve dimenticare che la natura dello Spirito è simile
alla natura di cui è composto l'Universo, e l'Universo non è
fermo, non è immobile, ha questo ritmo di espansione e
ritrazione in alcune delle parti costitutive di questo Universo,
ma complessivamente e generalmente noi attribuiamo il movi
mento a tutto l'Universo che di fatto è in movimento, è cioè
un Universo vivo, vivo proprio dal punto di vista fisico come
vivi siete voi dal punto di vista fisiologico e vivo è lo Spirito
nella sua naturalità di Spirito, quindi lo Spirito riproduce lo
stesso movimento dell'Universo.
Evidentemente da ciò potremmo anche dedurre che la stes
sa divinità sia in movimento, ma di fatto noi abbiamo sempre
detto che Dio è movimento proprio nel significato letterale e
non metaforico, che non è un essere fermo e immobile.
D'altra parte tutto l'Universo spirituale o fisico segue il
principio informatore della realtà divina, essendone una mani
festazione, e dall'Universo si possono dedurre varie caratteri
stiche della fonte che l'ha originato, come se volessimo defi
nire la natura fisica di un uomo partendo dal figlio: evidente
mente le analogie ci sono, e certo dal punto di vista della
struttura fisiologica padre e figlio sono la stessa cosa, si tratta
di materia vivente, non possiamo dedurre la qualità mentale,
soggettiva, del figlio rispetto al padre, ma possiamo benissimo
148
D.: Una volta hai dato una straordinaria definizione, parlan
do di Dio come di "un piano di configurazione esistente", e
questo dovrebbe spazzare via la falsa cultura che abbiamo in
castrata in noi su questo concetto così difficile.
A.: È la stessa cultura che voi avete dello Spirito, in defi
nitiva, perché parlando di Spirito o parlando di Dio stiamo
comunque parlando della stessa cosa, nel senso in cui parlia
mo di una non materia, mentre la sensorialità e le attribuzioni
di significato e di valore che passano attraverso la sensorialità
e le emozioni e i linguaggi, sono categorie umane, di cui lo
Spirito così come Dio non può più disporre.
Questa è la reale frattura tra lo Spirito e la materia, e se
vogliamo tra la vita e la morte del corpo, per cui non abituati
mentalmente a pensare lo Spirito in modo astratto, voi gli
avete conferito valori, definizioni, attributi umani, a volte
umanissimi, dei quali andrete delusi una volta che sia suben
trata la morte.
Ecco perché, come molte volte si è detto, la differenza tra
la vita umana e quella dello Spirito è una differenza di lin
guaggio, oltre che di posizionamento nella realtà, perché voi
vivete nello spazio tempo, lo Spirito e dunque anche Dio non
vivono nello spazio tempo, ed allora voi capite benissimo come
tutto il quadro di riferimento viene a cambiare, e come sia
illusorio da parte dell'uomo descrivere la natura di Dio.
Essa descrizione può esser fatta con linguaggio indiretto ,
con metafora o con simboli che però reclamano da parte del
l'uomo una grande capacità intuitiva, quindi la possibilit à di
accedere ad un mondo " oltre" attraverso processi intuitivi che
non sono alla portata di tutti.
Probabilmente, ma anzi sicuramente, questa è una delle cause
del decadimento della stessa teologia quando vuol descrivere
150
-
I
152
proprio dobbiamo tornare al linguaggio umano, la materia non
ha etica, mentre lo Spirito ce l'ha: il rispetto della legge di
Dio, per esempio.
Ecco perché poi sulla Terra la scienza non ha etica, e non
può avere etica, perché la scienza è l'analisi, la contemplazio
ne, lo studio della materia propriamente detta e delle sue
leggi, e non può avere etica, perché in questo genere di studio
non c'è uno scopo, non c'è un fine, la scienza non ha uno
scopo, nel senso etico del termine, l'uomo che l'adopera però
sì, è evidente, non c'è etica in una operazione scientifica, ma
nel suo uso.
Lo Spirito invece procede sempre tenendo presente l'auto
conoscenza, l'auto-evoluzione, la presenza di esseri eguali a
sé, quindi la propria libertà e il rispetto dell'altrui libertà: non
ono principi detti e nominati, ma principi insiti nella esisten-
za, nella struttura dello Spirito.
In questa misura lo Spirito diventa per eccellenza il bene,
se proprio dobbiamo definire, e l'Universo assume la funzione
di neutralità, non di opposizione, ed in effetti non c'è nessun a
opposizione nell'Universo, non c'è un bene e un male, c'è u n
bene e c'è una neutralità che è attraversata da ciò che abbia
mo defin ito bene, vale a dire una struttura in movimento chia
mata Spirito che ha nel suo stesso esistere una eticità univer-
sale che è il contrassegno del divino di cui esso Spirito è
costituito.
E tutto ciò, proprio per ritornare all'origine della domanda
e del discorso, è completamente diverso dal tipo di esistenza
che vivete voi.
D.: Quando parlavi della "sintassi" del linguaggio spiritua
le, essa è in evoluzione, accompagnandosi all'evoluzione dello
Spirito?
154
D.: Nel momento dell'incarnazione, cosa ne è di questo
movimento?
156
del discorso i filosofi e i mistici o gli scienziati parlano di
verità, in realtà è soltanto una reazione enfaticamente spro
porzionata, della quale bisogna fare un inventario e dare dei
tagli perché la verità in assoluto soltanto Dio la conosce , ed
anche questa è una assunzione di fede, attenzione, perché
nell'affermare questo io non sto dicendo una cosa razionale,
e non sto dicendo nemmeno una cosa spirituale, perché come
abbiamo stabilito altre volte nessuno vede Dio, nessuno parla
con Dio, e dunque noi supponiamo che le cose stiano così, dal
nostro punto di vista evolutivamente relativo.
158
D.: Qualcosa che è gettato fuori, che non ha caratteri di
collegamento qualitativo.
160
resso io come questo Tai Chi, è possibile che in questa molte
plicità di movimenti abbiano potuto anche esprùnere questo
concetto simbolico e quindi uscire anche metaforiccunente dallo
spazio-tempo?
162
Ecco perché la vita sperimentale vi porta al limite laddove
comincia ad apparire lo Spirito, ma questa operazione non è
una pura assimilazione teorica ma pratica, lo Spirito non lo si
può intuire teoricamente, ma lo si deve intuire subsen
sorialmente per così dire, cioè affacciandosi, superando la
sensorialità ed entrando in quel mondo che è proprio il mondo
che stiamo o state cercando, cioè il mondo dello Spirito.
La difficoltà o il rischio è sempre lì, di restare nella teoriz
zazione e di non passare nella pratica della percezione.
Ora, la percezione è qualcosa che supera la sensorialità ,
cioè la percezione supera la sensazione, quindi c'è ques ta
differenza tra sensazione e percezione: la sensazione coinvol
ge il corpo, il coinvolgimento significa che bisogna portare il
corpo sino all'estremo della sua possibilità attraverso l'espe
rienza, laddove poi esiste il passaggio alla percezione, che
consente di guardare al di sopra del corpo e di vivere il corpo
in una sorta di lontananza, un corpo che continua a pulsa re
sensorialmente ma che viene vissuto in maniera più dista c
cata. Allora ci si separa, e questo è il momento in cui è I'ani
ma che comincia ad apparire e comincia ad essere l'elemento
qualificante di colui il quale sta cercando.
Se tutto quello che abbiamo ora detto resta soltanto una
teoria, qual è la teoria? La teoria è quella che vi ho esposto,
io, nel parlarvi di questa cosa, sto facendo teoria, se voi con
tinuate a ragionare sulla teoria senza passare all'atto pratico
siete rimasti nella teoria; se voi continuate a dire: io penso, io
credo, io ritengo, io opino, io dico, siete nella teoria. Nel
momento in cui fate senza dire siete nella pratica dell'espe
rienza, è questa la differenza sostanziale che gli uomini non
riescono a capire assolutamente, perché voi dalla mattina alla
sera spesso affermate, dichiarate, enunciate, professate, inse-
164
A.: L'evoluzione già è un movimento. Certo, possiamo non
utilizzare la parola processo e può essere sufficiente restare al
concetto di evoluzione, perché l'evoluzione implica un cam
biamento, implica un operare, implica uno svolgiment o.
D.: La vedo più priva di confini.
A.: Processo è certamente un termine umano che è anche
molto legato alla psicologia, se vogliamo dir questo, o anche
alla fisiologia, ma tuttavia il termine egualmente si adatta, a
noi basta che si parli di evoluzione.
D.: Sul fenomeno alla base della medianità hai detto che
questa ha origine da un errore presente a livello cerebrale, vale
a dire un errore di trasmissione del messaggio tra emisfe ro
destro ed emisfero sinistro; mentre in condizioni normali lo Spirito
attraverso una parte dell'anima è in contatto con zone cosiddet
te mute dell'emisfero destro, che non sono in contatto con l 'emi
sfero sinistro, così che il messaggio anùnico non viene razio
nalizzato e trasferito alla coscienza, nella medianità il soggetto
possiede questa connessione ossia la capacità di razionalizza re
input provenienti dall'emisfero destro. E' lo stesso meccanismo
che si attiva nell'espressione dell'alta creatività dove il soggetto
è dotato, senza esserne cosciente, di qualità medianiche. Puoi
spiegarci meglio questo meccanismo? Vorrei anche sapere se in
un soggetto privo di qualità medianiche, quindi di questo errore
di trasmissione del segnale tra i due emisferi, è possibile aprire
questo canale in qualche condizione particolare della propria
esistenza?
A.: Senza rifare tutta la storia di questo processo, voi sa
pete che l'emisfero sinistro è quello della razionalità e quello
destro dell'astrattezza.
166
addetti, il punto è questo: lo Spirito, vale a dire un essere non
umano, diciamo uno Spirito, può comunicare attraverso l' emi
sfero destro perché l'emisfero destro, che, ripeto, non è poi
completamente isolato, perché il processo del linguaggio è
anche nell'emisfero destro, ma l'emisfero destro ha una serie
di rarefazioni e di possibilità che consentono a d un linguag
gio astratto di poter essere trasformato in un linguaggio con
creto; il linguaggio concreto è il linguaggio della coscienza,
quello proprio vostro, senza del quale la stessa intuizione non
potrebbe essere decodificata.
Allora la decodifica deve avvenire, perché l'intuizione pura
si trasforma in una intuizione spuria, e a questo punto una
subcoscienza del soggetto può intuirla, ma resta allo stato di
intuizione informe, cioè in modo informale.
Nel momento in cui si formalizza l'intuizione, vuol dire che
è stata già captata e immessa nel circuito del linguaggio, e
allora l'io come soggetto io, come io più che come soggetto,
l'io avendo avuta la decodificazione può farla combaciare con
la sua realtà e con la realtà del mondo, e si ha il linguaggio
vero e proprio che può contenere una ricchezza di simboli
perché la fonte è stata quella dell'emisfero destro.
Se la fonte non è quella dell'emisfero destro ma è quella
dell'emisfero sinistro, il linguaggio contiene pochi simboli o
nessun simbolo, per esempio: la cultura teorica che abbiamo
detto, altro esempio: tutto l'accumulo scolastico, l'accumulo delle
abitudini, l'accumulo della vita, delle consuetudini, delle con
venzioni, cioè del linguaggio propriamente sociale, che è finaliz
zato alla pura sopravvivenza dell'io, del corpo e della mente.
Questo linguaggio ha i suoi limiti, ma funziona benissimo
nella vita della civiltà organizzata, perché è quello che serve,
ma in questo linguaggio possono non esserci valori astratti
168
Ora lo Spirito si serve di tutto questo processo; ma venia
mo alla domanda ultima: può un soggetto normale aprire una
porta e impadronirsi di questo circuito?
Certo che lo può, chiunque lo può, però dobbiamo stabilire
un minimo ed un massimo: vi sono persone, come può acca
dere ai sensitivi, che questo circuito ce l'hanno aperto per
quel famoso errore di cui parlavamo, perché normalmente
alcune porte devono stare chiuse, normalmente, perché la
chiusura delle porte è anche una condizione o anche una ga
ranzia per l'anima affinché ci sia un controllo o affinché la
mente non vada allo sbaraglio.
Molte porte quando si aprono improvvisamente generano
la follia, ad esempio, quindi bisogna stare anche molto attenti
nelle porte che si aprono; una garanzia per il funzionamento
della mente è che alcune porte siano chiuse; dunque l'anima
nel momento in cui si programma deve sapere di poter utiliz
zare alcuni circuiti ed altri non deve utilizzarli anche in base
alla sua evoluzione.
Allora voi attraverso esercizi di concentrazione e di medi
tazione e di isolamento sensoriale potete raggiungere alcune
parti, con tutti i rischi però che sono connessi, perché in fon
do voi partite da una vostra coscienza, da una vostra cogni
zione o da un vostro desiderio, ma non sapete qual è il biso
gno della vostra anima, voi non sapete a che punto siete con
la vostra evoluzione, e quindi il fare questo senza guida o
senza la concomitanza di processi intuitivi può esporvi anche
a dei rischi; in ogni caso è possibile, è possibile riuscendo ad
avere la capacità di isolamento interiore, in modo che il corpo
venga messo a tacere, e tacendo possiate entrare in quella
sfera astratta che è dell'emisfero destro.
170
di impegno della soggettività, ma anche di impegno civile nella
collettività: le due cose devono funzionare di pari passo.
Voi non siete soltanto degli Spiriti solitari che si incarnano,
ma Spiriti solitari che s'incarnano in una collettività di Spiriti,
laddove cioè è previsto il principio della fraternità o dell' unio
ne, che non è soltanto un principio retorico sociale, ma è
proprio il dovere che ciascuno Spirito si assume nell' incar
narsi di aiutare il fratello che è nella difficoltà della vita e
nella difficoltà dell'evoluzione.
Quindi il processo di rintanarsi solo nella soggettività, che
sarebbe una attitudine solipsistica la quale è negativa in sé,
deve lasciare il posto ad una attività collettivistica in cui il
passaggio ci sia continuamente tra il privato e il pubblico, tra
il soggettivo e il collettivo.
Questa poi è, ampia a coronamento dello sviluppo indivi
duale, una delle finalità della vita.
Io mi rendo conto che non è che voi possiate fare tutto
questo, ma di tenerlo presente però sì, e allora sì allo sviluppo
della maturità, sì anche ad avvicinarsi alla problematica del
proprio interno, tenendo presente i rischi, sviluppando la crea
tività e sviluppando il senso della collettività, che le religioni
chiamano della fraternità e che i laici direbbero della colletti
vità, secondo come vi piace dirlo.
172
Che vuol dire conoscenza con finalità? Che gli atti del
l'esperimento della vita devono essere denotati di senso, cioè
devono significare qualcosa, significare qualcosa significa che
devono giovare alla mia maturità, perché io capisca meglio il
senso storico della mia presenza ora, in questo momento, ma
proiettata verso una presenza di me in cui io riconosco la mia
essenza spirituale.
Allora questa operazione noi diciamo è denotata di senso,
ha un significato, altrimenti non si fa altro che accumulare
tecniche su tecniche senza però capire proprio in fondo che
cosa significa quello che si sta facendo, e questo naturalmente
poi devia dall'illuminazione, e si sta tutta la vita a cercarla e
non si capisce bene che cosa si sta cercando o cosa si vuole
ottenere.
174
molta fatica ad adoperare il vostro linguaggio col quale ascol
tate la mia voce, perché esso non mi appartiene più. Ogni
volta, (naturalmente ora molto meno) io devo cercare, a volte,
nelle vostre menti, a volte nel patrimonio comune della vostra
cultura, le parole adatte per esprimere concetti che non sol
tanto non sono più materiali, ma che hanno addirittura un
origine extra umana, concettualmente parlando.
Talvolta io devo fermarmi, ma questo è un mio limite, il
limite di chi non ha più un apparato celebrale, mentale e dun
que psichico e non ha la padronanza di una lingua e deve
dunque sperare per il meglio, ma talvolta devo fermarmi per
ché non so andare avanti. Questo aspetto non dipende solo da
me, non so andare avanti anche perché non avete più le paro
le: occorre allora da parte vostra uno sforzo creativ o per
utilizzare al meglio, proprio tecnicamente, una sintassi, un
vocabolario per quanto è possibile al meglio e che non abbia
subìto però la corrosione della cultura, delle religioni: alla fine
noi parliamo di cose che voi definireste spirituali o filosofiche,
parliamo cioè anche degli aspetti astratti dell'uomo, quelli sui
quali dovrà avvenire il dibattito futuro della cultura.
Dico questo perché appare chiaro da tantissimi segni che la
vostra cultura va rinnovata, deve essere rinnovata perché è
giunta a tale stagnazione da quasi cancellare qualsiasi certezza
intorno alla vita interiore. In luogo dell'interiorità sono suben
trate filosofie di poco conto, filosofie limitate, sono subentra
te ideologie politiche, sociologiche, psicologiche, dove l'istanza
primaria di una nuova spiritualità è poco presente o scarsa
mente presente, o presente per simbologie che non hanno più
consistenza nella realtà essendo diventate obsolete, avendo
radici in un passato attraverso il quale gli uomini hanno visto
l'Universo con modalità generalizzata resa mitica, mitizzata.
176
la dimensione critica, la libertà concettuale, la possibilità di
disegnare la natura e l'universo secondo simbologie elementa
ri, via, via accrescendo questo suo bagaglio e costituendo la
sua centralità ontologica sulla centralità fisica. Se togliamo
all'uomo questo, se gli togliamo la creatività, l'intelligenza
operativa, critica, se gli togliamo l'arte, la filosofia, se gli
togliamo dunque tutto ciò che esprime attraverso il linguaggio
realtà che fisiche non sono, abbiamo una regressione, una
regressione che diventa pericolosa perché rischia di diventare
irrecuperabile. Allora potreste assistere - e naturalmente per
questo occorreranno ancora millenni, ma non è il discorso sul
tempo che ci interessa - potreste assistere ad una regressione
dell'uomo che conserva la meccanica della sua vita, che con
serva la ripetibilità dei gesti, ossia continua ad essere un
umano condizionato, ma perde la propria anima. Dico questo
in termini spirituali.
Ora, perdere la propria anima, per l'umanità, cioè per la
specie terrestre, significa che il corpo non risponde più alle
istanze dello Spirito e quando non risponde più alle istanze
dello Spirito, rischia di essere abbandonato. È chiaro che questo
quadro un po' catastrofico che vi ho fatto, però è funzionale
al discorso in quanto, è vero che per una operazione del ge
nere occorreranno secoli, ma è anche vero che voi state pre
cipitando la situazione con una velocità inversamente propor
zionata all'altra operazione, invece, di arricchimento spirituale
in cui siete sin dalle epoche dei cavernicoli quando invece
1' anima si insediò nel corpo. È una andata e ritorno.
È vero che a questo in parte provvede il mondo dello Spirito,
ma vi provvede come? Provvede inviando nell'incarnazione
terrestre spiriti i quali, di volta in volta, mantengono accesa la
fiaccola; dunque una cultura di tipo spirituale o almen o una
178
Il lavoro tra l'uomo e lo Spirito è un lavoro che, essendo
indirizzato all'umanità, alla Terra e agli uomini, deve essere
fatto dagli uomini, altrimenti la nostra voce è una voce rive
lata che non è più idonea e adatta ad un mondo che ha perso
i miti e ha perso le simbologie e soprattutto il senso dell'es
sere e la devozione istintiva ad un Dio. Cose perdute che
vanno recuperate, ma con un linguaggio umano di questa vostra
storia, perché ciò che è stato detto nei vecchi grandi libri non
va più bene perché è stata data a uomini di un altro tempo,
con altre culture: è stata data perché potesse essere intesa da
quegli uomini di altri tempi.
Questo lavoro di accordo è un lavoro che spetta ali' uomo
perché voi lo sapete ciò di cui gli uomini hanno bisogno:
sapete e conoscete anche le modalità con cui questi uomini
potranno tornare a riempire il vuoto lasciato dalla cultura
dell'anima, perché la storia, impadronendosi via via di sofisti
cate modalità di metodo e di linguaggio, col metodo della
scienza non può più adoperare il mito e la simbologia che
invece una volta, uomini anche più semplici concettualmente,
intellettualmente e culturalmente, potevano invece recepire con
maggiore istantaneità. Oggi per voi è necessaria la mediazione
culturale che parli dello Spirito come gli uomini vogliono sentire
parlare dello Spirito.
L'uomo non è sostanzialmente cambiato, intendiamoci, la
mente dell' uomo è ancora rimasta cosa fragile, ma credo che
proprio questa fragilità dell'uomo, avendo incontrato una
forza d'urto superiore alle proprie forze quale si è manifestata
nella demistificazione della religiosità, comunque è stato coin
volto da questo processo di razionalità. La maggiore raziona
lità di cui si è impadronita la fragilità dell'uomo deve essere
toccata da una forza culturale, poetica, creativa, che prenda in
180
cità, spingervi anche verso orizzonti che sappiamo non rag
giungerete.
È quel tanto di utopia necessario perché sentiate sempre la
presenza dello Spirito, quindi avete sempre la coscienza di
poter superare voi stessi; questo tentativo di andare sempre
oltre poi contraddistingue la specie umana dal mondo della
natura
182
Quindi la percezione che si ha dell'io è una percezione
legata a questo nastro che praticamente avvolge l'ambiente e
la persona. C'è naturalmente un altro io, quello che voi pro
priamente - non stiamo a discutere sulla sua validità - chiama
te il vostro sé interiore. L'altra radice, quella spirituale,
ontologica, metafisica, o come meglio o peggio la possiate
definire, questa stenta ad entrare nella struttura dell'io. Vale
a dire l'io, la coscienza che avete di voi in questo momento,
sembra essere sufficiente per la propria vita, perché in questa
vostra struttura mentale, voi avete tutti i punti di riferimento,
avete l'affettività, l'emotività, la comunicazione col mondo e
con i vostri pensieri, avete le vostre regole sociali, la capacità
di percepire, avete la capacità di avere e di crearvi tutti i
processi di utilizzazione della vita .
È vero che non essendo questi sufficienti, avete dovuto
crearvi un'etica, ma l'etica piuttosto che essere di natura spi
rituale, voi l'avete confinata in una natura sociale, voglio dire
che per voi l'etica è quella sociale da cui nascono i primi
cosiddetti comandamenti di Mosè, ma è un'etica sociale. Il
rapporto vero con la vostra essenza interiore non l'avete mai
costruito operativamente. Sì, alcune religioni hanno cercato di
farlo, specialmente le religioni orientali hanno cercato di ado
perarsi in tecniche capaci di isolare e di riconoscere la matrice
interna, ma tutto è rimasto confinato in una necessità di tipo
religioso, di creare un rapporto tra un sé sociale e un sé in
teriore in funzione eventualmente di un Dio che codifica le
cose.
Invece un discorso che ha una enorme importanza nella
vita di tutti i giorni è avere coscienza di non essere soltanto
un soggetto sociale, ma anche un soggetto spirituale. È qui il
coinvolgimento di ottica; allora la difficoltà enorme da parte
184
dovuto subire in qualche maniera la risposta del corpo, perché
il corpo non è, ne è mai stato un ente, è stato soltanto un
coacervo di forze, di energie strutturato con le sue leggi tali
da impedire in qualche modo una permeabilità.
Anche il corpo non ha potuto impedirlo totalmente, perché
il corpo ha dovuto riconoscere, o almeno riconosce in sé la
sua incapacità ad ottenere la pace, la felicità, la concordia,
l'amore, e tutte le belle cose sociali; però in questo porsi
verso i comportamenti e le relazioni ha finito con l'ammettere
qualcosa di sé che non appartiene alla natura.
. Di qui le culture, che si sono suddivise in spiritualiste e
materialiste, per offrire ciascuna una spiegazione del fenome
no del come mai un corpo materiale non riesce a trovare un
mimino di equilibrio se non adopera anche altre proprietà che
del corpo non sono e non sono nemmeno riconducibili alla
società: la pace o la felicità interiore, non coincidono con la
pace sociale, con il benessere, con la ricchezza, con la pro
prietà delle cose; la pace interiore è una percezione ineffabile,
è uno stare bene in qualsiasi modo, dunque trae la sua origine
da un'altra fonte, che non è quella mentale, perché la fonte
mentale tende a una soddisfazione dei bisogni perché la mente
è una costruzione del cervello.
Il cervello a sua volta è una costruzione che non si avvale
solo degli aspetti biologici, ma anche di quelli storici e del
l'ambiente. Quindi diciamo storia, ambiente, cervello, hanno
come finalità il bene umano, ma questo bene non crea né la
pace, né la felicità, non crea nemmeno la conoscenza, nemme
no la crescita interiore, l'arricchimento, che invece provengo
no da quest'altra fonte misteriosa e oscura che gli uomini
hanno via, via identificato nelle forme divine, nelle religioni.
Ed allora l'importanza di rincapsulare nel proprio io mentale
186
zione su di sé, la centratura di sé, l'elaborazione, che sono
sempre un atto solitario in quanto ciascun essere umano lo fa
in sé, e non in compagnia degli altri, ha bisogno comunque
degli altri per crearsi gli stimoli, altrimenti rischia di chiudersi
in una struttura narcisistica di sé e perde il contatto con la
realtà.
Quindi, se nei casi estremi la misantropia finisce col diven
tare un isolamento dal mondo, é qualcosa di negativo; se in
vece è utilizzata per ritornare a sé diventa un fatto positivo;
è sempre bene una mescolanza tra i due aspetti, pubblici e
privati, ma naturalmente vi sono i momenti necessari della
separazione. Ad esempio, tutti gli uomini che sono dediti ad
una ricerca culturale, tutti gli esseri che svolgono una vita
intensa ai fini conoscitivi finiscono con l'essere dei solitari.
Forse soltanto l'inedia psichica e morale sono alla fine da
condannare, tutti coloro, cioè, che passano una intera vita
senza porsi una domanda, senza mai avere un dubbio, senza
mai risolvere o tentare di risolvere il problema esistenziale di
sé, oppure non si interrogano mai sui fini della vita e della
propria esistenza.
Purtroppo questa è una percentuale elevatissima di uomini,
costoro sono da condannare, mentre coloro i quali molto
badano a sé, e non nella forma dell'egoismo e del narcisismo,
ma badano molto a sé nella crescita, nello sviluppo, nel!'os
servazione, nel dialogo interiore, finiscono con l'essere dei
solitari e diventano dei misantropi e rifiutano, ad esempio, le
forme promiscue isolandosi nel proprio incantamento mentale;
a volte questo aspetto diventa necessario, quando più impor
tante è l' atto di riflessione, porta nel momento ad isolarsi a
chiudersi in sé può diventare un atto creativo, un ulteriore
atto intuitivo.
188
che non avete mai fatto prima. Se l'esperienza non lede i
diritti degli altri, se l'esperienza non toglie la libertà degli altri
è sicuramente una esperienza che va fatta, però vi trovate
davanti a un ingombro: come farla questa esperienza e quali
sono le resistenze?
Le resistenze possono essere etiche e dunque morali, cul
turali, possono essere storiche, antropologiche, religiose; allo
ra inizialmente devo tentare di diventare tabula rasa, devo
cercare di mettere da parte quelle che sono le resistenze e
dunque le sovrastrutture e affrontare con una nuova dinamica,
con uno spirito sgombro la nuova esperienza, e vado per ten
tativi, evidentemente, perché non so farla, non sono abituato,
faccio fatica; ma mentre comincio a provare e riprovare la
nuova esperienza, cioè un nuovo modello di vita, in pratica
ecco che la sovrastruttura che ho cercato di mettere da parte
torna continuamente a cercare di riprendersi il suo, per cosi
dire, ed allora devo lottare perché mi vengono i complessi di
colpa, perché mi viene la paura, aumenta la percezione del
rischio, cioè mi avventuro in una nuova foresta in cui non so
che cosa incontrerò.
Questo lavoro può durare del tempo oppure può essere
rapidamente risolto, questo dipende dalla situazione psichica
del soggetto: dalla sua volontà, dalle sue fantasie, dal suo
immaginario, dai suoi sogni, dai suoi ideali; si instaura una
contrapposizione di forze dentro le quali si muove il mio io e
questo io deve cercare di superarle per approdare al nuovo
oggetto che intendo raggiungere. Questo lavoro, che è poi il
lavoro della vita - perché si vive per fare questo lavoro -
questo lavoro del tentativo, in un certo senso incuriosisce lo
Spirito, perché lo Spirito incomincia ad accorgersi che questo
lavoro non è soltanto un lavoro di tipo tecnico, ma diventa un
190
de l'esperienza e la conoscenza ed è comunque l'accompagna
tore, per così dire, dell'azione e del processo di cambiamento.
192
pensiero, perché non basta pensare. Il pensiero deve avere un
fondamento, altrimenti non è un pensare ma semplicemente un
parlare, un aprir bocca.
Se le idee che si vogliono esporre sono idee concettualmente
fondate, allora è anche difficile lo scontro, perché se ciascuno
dei contendenti fonda il suo pensiero almeno su assiomi evi
denti confortati dalla realtà, alla fine gli uomini ritrovano matrici
comuni. Alla fine, non dimenticatelo, avete tutti quanti un' ani
ma e le anime fra loro non sono in contraddizione. E' vero
che vi sono anime più evolute e meno evolute, ma sulla so
stanza dei fatti le anime almeno sanno di essere tutte quante
un'anima e di avere dei principi comuni.
Ora, pure voi avete dei principi comuni sulla Terra e nella
società. Avete in comune, naturalmente con tutte le sfumature
possibili, la capacità di pensare, di ragionare, la capacità an
che di studiare, la capacità di mettere a confronto le idee, le
vostre e quelle degli altri; avete la capacità di essere tolleranti,
di esprimere atti di bontà, di concordia, di simpatia, di amarvi;
avete la capacità dunque di poter avere, tutti insieme, proprie
tà comuni. Allora riconducetevi a queste proprietà e natural
mente coltivatele: coltivate le vostre informazioni, coltivate le
osservazioni degli altri, approfondite le vostre idee perché s e
parlate soltanto per istinto, se parlate ascoltando soltanto l'eco
dei condizionamenti che avete avuto sin da bambini rischiate
di andare in collisione tra di voi, perché le vostre idee non
sono più oggettive, diventano soggettive.
Ora la soggettività è un bene prezioso per l'uomo, ma la
soggettività deve essere utilizzata proprio perché diventi og
gettiva, e cioè una soggettività curata, una soggetti vi tà resa
adatta agli altri, una soggettività che scruta ma indaga, non
una soggettività intesa come pulsione istintiva. Perché la sog-
194
suo ambiente, dalle proprie ideologie, dalle proprie costruzio
ni religiose, culturali, ecc.
Quindi ciascuno ha bisogno di confrontarsi con un'altra
persona. Non basta che l'altro sia intelligente; chiediamoci
anche di che cosa è costruita questa intelligenza e dove tro
vare i punti in comune, perché se si trovano prima i punti in
comune è più difficile che si trovino i punti della discordia,
perché i punti in comune creano un rapporto tra due persone
e questo rapporto difficilmente viene ad essere distrutto dai
punti su cui si diverge.
I punti su cui si diverge sono le opinioni, ma quando i punti
sono in comune anche le opinioni un po' alla volta si ritrag
gono e rientrano nel rapporto a due che dall'uno diventa due,
poi tre, poi quattro.
Quello che unisce le persone che credono nelle stesse cose
è la condivisione di alcuni elementi di base: è questa la cosa
importante. Poi le opinioni lasciano il loro tempo, spesso le
opinioni sono suggerite dalle passioni, sono suggerite dai
momenti storici. Non hanno importanza queste: ciò che conta
sono gli elementi di fondo su cui si costruisce un rapporto
sociale, una identità, per così dire, che diventa sociale, che
diventa mentale, che diventa spirituale, ecc.
196
Insomma, in un rapporto di comunicazione o di a ffettività
si deve esigere la sincerità. Questo tipo di sincerità in qualche
misura simula il modello dell'anima. Naturalmente stiamo
parlando di rapporti i cui contenuti sono la sfera psichica, la
sfera umana, la sfera sociale, le sfere personali, intime; ma
questo modello rispecchia il modello dell'anima perché l'ani
ma è fatta così, l'anima non cerca l'abbellimento comunicati
vo: l'anima cerca di dire ciò che è, ciò che pensa al massimo
grado di spontaneità.
Certo voi avete bisogno delle forme intermedie, a vete biso
gno di mediare perché esiste la vostra suscettibilità, esistono
i vostri narcisismi, i vostri scherni difensivi, il vostro desiderio
di potenza, credervi sempre migliori e superiori agli altri, e
noninvece l'umiltà di sapere che gli altri possono a vere altre
informazioni, altre verità, altre cose con le quali entrare in
contatto.
È un atto di umiltà che esige però la sincerità, altrimenti la
comunicazione diventa una comunicazioni a metà mentre in
realtà la comunicazione fra due soggetti che si rispettano, che
si amano, tra i quali comunque c'è una comunicazione amicale
e affettiva dovrebbe svolgersi anche attraverso una metaco
mumcaz1one.
Io fin qui posso dirti, forse devi anche capire quello che
non ti so dire, o che non ti posso dire. La metacomunicazione
a volte può diventare un alibi, ma metacomunicare vuol dire
introdurre soprattutto nel rapporto di scambio, nel rapporto
dialettico l'aspetto affettivo della relazione. Io ti dico questo
perché ti amo, ti dico questo perché ti voglio bene, ti dico
questo perché ti sono amico. Io devo saper riconoscere che è
vero che io lo amo, che gli sono amico e sentire che lui mi è
amico e mi ama.
198
mai, voglio dire. Ma noi sappiamo che, appunto, l'esempio
della pietra spostata entro la quale può passare un fiume è un
fatto vero: basta disinnescare qualche buon meccanismo in
qualche ganglio fondamentale perché straripi il desiderio, per
ché straripi parte dell'anima, straripi l'inconscio, ci si liberi di
occlusioni, di sbarramenti, si aprano i paletti anche in altri
aspetti e modelli di confine con risonanze a volte vaste che
neppure riuscite a immaginare.
Se si assume, per fare un esempio difficile ma banale, il
senso vero dell'amore, cioè la capacità di intendere che cosa
significa veramente relazionarsi con un altro nella giustizia,
nello scambio e nella tolleranza. Se questo ganglio che rap
presenta un po' il punto nodale dell'impedimento umano e
sociale venisse disinnescato, si aprirebbero a valanga un'altra
quantità di proprietà.
L'amore apre alla tolleranza, apre alla stessa intelligenza di
ciò che si sta facendo, alla fraternità, alla socialità, apre dun
que alla cancellazione di ciò di cui parlavamo prima delle
divergenze su tanti aspetti della realtà, e ciascuna di queste
proprietà a sua volta ne ha altre a sé sottoposte. Quando si
ama nel senso autentico della relazione, si acquista la capacità
di amare anche tutte le altre cose. Ecco perché io dico che
difficilmente gli uomini si amano fra di loro, perché se riuscis
sero ad amarsi, a capire, ad intuire, a partecipare a questo
evento di comprensione aprirebbero il loro sentimento ad
un'altra cascata di eventi collaterali.
Ora potremmo parlare di tanti di questi aspetti, ma quelJo
su cui io voglio puntare in questo discorso è darvi anche la
speranza che se voi riuscite a modellare parte di voi in con
formità di qualche principio universale, vi ritroverete fra le
mani una ricchezza insospettabile di qualità, perché per supe-
200
j
A.: Intanto la logica razionale anch'essa ha bisogno della
pura intuizione, intendiamoci. Certo la logica razionale se in
tendete quella di tipo scientifico è una consequenzialità ogget
tiva, nel senso che tutti gli elementi che impongono la logica
razionale sono di natura oggettiva. Ma lo sono poi veramen
te? Intanto c'è già una differenza tra la logica filosofica e la
logica sperimentale, cioè quella scientifica. Quella scient ific a
ha bisogno della continua prova: prova statistic a e prov a
oggetti va che l'oggetto della ricerca esiste.
Naturalmente siamo sempre nel campo della oggettività di
tipo umano, perché non è detto che quell'oggetto esista effet
tivamente. Convenzionalmente la scienza (cioè l'uomo) dice
che esiste, ma in realtà non esiste quell'oggett o. Perché? Per
ché le forme sono convenzionali e mutevoli e l'oggetto in sé
è un'astrazione che convenzionalmente viene chiamata ogget
to. Quindi già partiamo da questa considerazione.
Dunque la scienza oggettiva è una scienza relativa. È relativa
perché lo stesso oggetto, esaminato nel tempo, viene ogni volta
riscomposto e ridefinito diversamente. La scienza ha sempre fat
to così; essa non contempla gli assoluti, ma lavora sul relativo.
Quindi, paradossalmente, la scienza è oggettiva ma è contempo
raneamente relativa. Quindi non è sinonimo di verità: la scien
za è sinonimo convenzionale di una verità che è utiliz- zabile
dalla specie umana, ma non è la verità, proprio perché l'og
getto che ha sotto gli occhi è un oggetto convenzionalmente
definito oggetto. Poi, invece, c'è la logica filosofica, la quale
logica segue lo stesso criterio della scienza cosiddetta oggettiva,
ma parte però da un'ipotesi soggettiva che deve costruirsi ogget
tivamente. Quindi anche la logica filosofica è una successione
di idee costruite convenzionalmente in vista di un risultato
finale o in vista di una conclusione, partendo da ipotesi.
202
di paradigmi logici, ma è il presupposto di base che è sbaglia
to, perché il presupposto non è dimostrato. Però siccome non
è certo che sia sbagliato, perché Dio potrebbe esistere vera
mente, anche senza poter essere dimostrato, questo campo
della filosofia e della ricerca è metafisico. Ecco perché io ho
sempre proposto in queste nostre conversazioni un tipo di
scienza metafisica, o di metafisica scientifica, cioè fondata sulla
realtà. E cioè sullo stretto paradigma di tipo scientifico.
L'esistenza dell'anima. L'esistenza dell'anima non si può.
ragionevolmente dimostrare sul piano della scienza sperimen
tale, perché l'anima non cade sotto il microscopio, non è di
natura oggettiva nel senso che richiede la scienza, cioè che
cada sotto i sensi, però dell'esistenza dell'anima si può avere
un altro tipo di prova che è la prova statistica. Cioè, se de
terminati comportamenti dell'uomo non sono ascrivibili alla
sfera cerebrale vuol dire che sono ascrivibili a un'altra sfera e
dunque dobbiamo andare alla ricerca di un'altra sfera.
Quest'altra sfera non la possiamo dimostrare, perché astratta,
ma intanto noi sappiamo che c'è. Allora questa prova crea un
paradigma scientifico di tipo statistico. Tutti gli uomini pos
siedono una sfera interiore, allora è verosimile che esista, oltre
alle proprietà descritte per la mente umana, altre proprietà
non iscrivibili in una psicologia sperimentale, ma in una filo
sofia deduttiva. Questi tipi di lavori, se condotti con estremo
rigore consequenziale, creano ciò che gli uomini definiscono
la logica matematica. Tanto più sono precisi e scambievoli, e
tanto più sono inconfutabili, più è verosimile, anche al di là
della dimostrazione che quel principio sia vero.
Vero nel senso che esista, salvo poi a quantificare e qua
lificare come può esistere o di che cosa sia fatto. Ma intanto
c'è un accertamento di possibilità, di eventualità, app unto di
204
rendosi indubbiamente al mondo contemporaneo così come ne
fate la lettura e cercando di capire da questa lettura di che
cosa esattamente ha bisogno l'uomo. Ma ancora una volta
devo darvi la stessa risposta precedente: questo è un lavoro
che dovete fare voi e io non posso darvi ulteriori stimoli.
206
che c'è il momento teorico, ma il momento teorico non deve
essere preponderante, cioè non deve prevalere su quello reale
dell'azione, della vita pratica.
Un gruppo deve sapere, deve conoscere queste dinamiche,
sapere che fuori dal gruppo deve continuare a comportarsi
come quando era dentro e capire invece perché non si com
porta così. Questo significa anche lavorare sui propri simili,
su quelli che sono fuori, su quelli con i quali ciascun essere è
in contatto per motivi familiari, affettivi, di lavoro, nei limiti
e naturalmente in base alle proprie possibilità e alle possibilità
oggettive del mondo esterno.
Ora in questo modo un gruppo di lavoro spirituale diventa
un gruppo di crescita. In qualche misura questo lo state rea
lizzando soprattutto voi qui presenti. Non è stato facile rea
lizzarlo in altre parti, forse questo può essere dipeso da fattori
più psichici che spirituali, perché indubbiamente tutti coloro
che, ad esempio, ci seguono hanno una sufficiente caratu ra
spirituale. Ma questa non basta perché, ripeto, anche un gran
de Spirito che si incarna e il cui corpo poi diventa inerte di
conseguenza, se è inerte rispetto al corpo, lo è anche rispetto
alla sua forza spirituale.
Non serve a nulla se non c'è questa intesa, cioè se il sog
getto non fa uno sforzo per tradurre il suo desiderio spirituale
in una formula convincente per se stesso di accrescimento.
E allora bisogna perseverare su questa strada per valutarla
ogni volta da capo, a mano a mano che le persone si modifi
cano, crescono, si impegnano, perché tutte le strategie vanno
riviste sempre e continuamente finché lo schema non resti
fisso. E ogni volta aggiungere qualcosa in più cercando in
questo gioco delle parti di tener sempre presente i vantaggi e
presentandone anche i rischi, ovviamente.Non tutti sono in
208
come se non ci fosse, rappresenta cioè soltanto un dato di
acquisizione teorico.
È una acquisizione teorica che trova riscontro nella effe t
tiva realtà del! 'esterno, ma in maniera più semplice diciamo
che per lo Spirito è importante ciò che passa attraverso di l ui
perché soltanto ciò che passa attraverso se stesso costituisce
conoscenza, esperienza ed evoluzione.
Quando io nei tanti anni vi ho sempre invitato a lascia re per
così dire da parte la teoria e concentrarvi sulla pratica del-
1'azione, è perché ben conosco questo meccanismo: il cono
scere vale ben poco e quasi sempre assolutamente nulla se il
soggetto non si vive la realtà, non sperimenta se stesso, non
cresce.
Ecco perché gli esclusivi teorici della verità o i propugnatori
della verità finiscono col parlare sempre al vento, la vost ra
storia stessa ne è la controprova. Le esperienze fatte dagli
altri o le realtà che sono anche visibili ali'occhio, non costi
tuiscono una esperienza se i fatti della realtà non passano
attraverso la propria pelle per così dire umana, e nel caso
spirituale attraverso la cognizione dello Spirito che si impa
dronisce della realtà nel corso del suo agire in quella realtà.
Col solo vedere, col solo partecipare, col solo assentire
dunque non si costituisce l'evoluzione, quindi si ha un bel d ire
che anche attraverso una rete di cognizioni sia possibile ope
rare un cambiamento, il cambiamento avviene soltanto attra
verso l'agire, il partecipare, l'essere dentro il contesto e pren
dere in sé la sostanzialità del contesto facendosela vibrare ,
sperimentare dentro.
Nessuno impara a suonare leggendo un libro di musica s e
non si esercita con uno strumento, e nessuno impara a dipin
gere semplicemente guardando un museo d'arte, bisogna pren-
212
di giustificare responsabilmente la sua incarnazione a se stes
so, in quanto che la sua incarnazione fatalmente esclude quella
degli altri, sicché la necessità che la vita sia operosa in questa
direzione perché ne viene contestualmente sottratta l 'espe
rienza agli altri.
Se non esistesse una misura dell'incarnazione sareste tal
mente sovrappopolati da scoppiare come pianeta, dunque una
maggiore responsabilità anche a questi fini di dotarsi dell' agi
re e del fare, che non servono tanto al riconoscimento del sé
spirituale quanto a porre in atto il progetto dello Spirito: questo
è ancora un punto che è bene chiarire ed è bene soffermarsi
su di esso.
Attenzione: voi spesso affermate, credo in parte giustamen
te ma in parte erroneamente, che durante il corso della vita
bisogna ritrovare il proprio sé spirituale perduto, smarrito nei
meandri della psiche, della società, del mondo, ottuso dalle
culture, dalle religioni, dalle politiche, dai sistemi storici, eco
nomici, quello che sia.
È vero che è importante la costanza del pensier o nel dedi
care la propria vita, se stesso, a che emergano le qualità spi
rituali, e quindi le varie scuole, le varie dottrine, le meditazio
ni, le riflessioni, la filosofia, le teologie, e tutta quella conge
rie di attività mentali, culturali e mistiche perché affiori lo
Spirito. Adesso dobbiamo fare un altro tipo di ragionamento,
ed è questo: in realtà non è importante che affiori lo Spirito
in un contesto in cui tutto sommato c'è una umanità, cioè un
umano.
È importante ai fini del vivere civile, è importante ai fini di
una società che può modellarsi con un orizzonte più nobile,
più alto, più profondo, più vero, ma lo Spirito lo sa già di
essere uno Spirito, e voi siete già Spiriti che però hanno di-
214
ma, ciò che era già prima? No, il punto nodale, focale della
situazione è quella unione Spirito-corpo, lì c'è il senso dell'in
carnazione, la necessità da parte dello Spirito, la progettualità
da parte dello Spirito di utilizzare questa unione per trovare
nel corpo, col corpo quelle frazioni esperienziali che non
potrebbe acquisire senza il corpo, che non potrebbe acquisire
in quanto Spirito.
Il fatto che in Terra invece accade che dello Spirito ci s i
dimentichi e ci si concentri sul corpo - per corpo intendo la
mente, la coscienza - e ci si concentri sulla coscienza perché
ritrovi la matrice spirituale perduta, è un errore di prospet
tiva, la coscienza del corpo non coincide con la coscienza
dello Spirito, la coscienza del corpo è umana, è un prodotto
del corpo, è un prodotto della materia, è un prodotto delle
cellule, del sistema nervoso, non ha niente a che vedere con
il vero stato di coscienza dello Spirito; sicché l'operazione è
una operazione gratificante per il corpo sociale che in tal modo
raggiunge uno standard, cioè un livello di maggiore cognizio
ne della sua storia e collocazione nel mondo, alla ricerca del
vero, della verità, della conoscenza, della scienza, del vi vere
in pace, tutte cose indubbiamente positive ma che ancora una
volta non interessano lo Spirito.
Volete che lo Spirito nella sua natura, nella sua struttura
possa essere interessato ai vostri giochi politici, economici,
alle vostre contrapposizioni di essere politicamente a destra,
politicamente a sinistra, filosofi della speranza oppure filosofi
mistici oppure sacerdoti oppure predicatori o che so io; lo
Spirito ha ben altro da fare e da pensare, questo fa parte del
mondo umano, e una delle riflessioni a cui vi invito questa
sera è quella di cercare di fare una netta distinzione tra mondo
umano e mondo dello Spirito, due categorie complementari
216
Credo che su questa scissione che si è verificata, cioè tra
questa importanza che si dà alla mente dime nticandosi che
esiste un altro tipo di mente che ragiona in modo diverso, v oi
pensate partendo da questa mente umana di poter organizzare
il mondo dell'etica o il mondo della verità secon do le regole
del mondo umano - perché è così che alla fine fate - le e sigen
z� dello Spirito sembrano del tutto ignote, ed allora il passa�
g10 alla mente è apparso sempre giustificato e naturale, 1' ani�
ma non si vede, lo Spirito non si vede, la mente e il corpo si
vedono, sono loro che soffrono, sono loro che dev ono essere
inglobati in un sistema sociale economico ed etico funzionante
ai fini della pace sociale.
È un punto di vista comunque estremamente limitato, ed è
estremamente limitato proprio e specie nel momento in cui 1�
vostra scienza, ma un po' la vostra cultura attuale, ormai
conosce che ha davanti a sé un Universo enorme che prima
non era visibile, non era visitabile, non era interpretabile.
Oggi lo sapete, vi sono sistemi miliardi di anni luce lontani
da voi, il mondo non finisce col pianeta Terra: basterebbe già
questo per relativizzare il vostro discorso, la Terra è un pic
colo granello, e tuttavia c'è su questo piccolo granello una
grande cosa, l'essere pensante in maniera soggettiva che assi
cura in questo Universo apparentemente anonimo il crisma
dell'individualità che osserva ed interagisce.
Voi siete l'unica esistenza, qualunque possa essere l'esi
stenza, chiarisco subito, l'unica esistenza in grado di poter
affermare e sostenere di essere in grado di dare un giudizio,
di interpretare in maniera individuale e soggettiva tutto ciò
che gli è intorno.
La soggettività dunque diventa il caposaldo di qualsi asi
discorso di ordine metafisico che vogli a in qualche modo
218
finiti resterà sempre la distinzione, perché anche se è vero
che con una certa geometria non è vero che due rette parallele
non si incontrano mai e potrebbero anche incontrarsi con un
sofisma matematico, resta il fatto oggettivo che due rotaie
non si incontrano mai, quindi non sono due concetti nel sen so
matematico, ma due rotaie, quindi due energie che non si
incontrano mai, perché anche se l'acciaio della rotaia di un
treno è dello stesso acciaio dell'altra rotaia, e pure essendo
della stessa natura non si incontrano mai, perché se si incon
trassero il treno salterebbe per aria.
Allora, poiché ciascuno di noi nella sostanza è una sostanza
di acciaio, voglio dire che la mia sostanza di Spirito non è
soggetta a corrosione, a morte, dunque la mia individualità è
eterna quanto quella dell'energia universale. Queste due fo rme
che prendiamo nel creato pongono un dualismo netto e chiaro
in cui la soggettività gioca sicuramente il suo ruolo fondamen
tale, quindi parliamo proprio di una interfaccia, individualità e
soggettività, perché la soggettività implica la capacità cosciente
di esserci, e dunque questo tra l'altro ci rassicura anche sul
l'eternità dello Spirito, sulla nostra tenuta non alla distanza,
ma nell'eternità, perché l'individualità esclude il processo di
trasformazione, per cui io potrei sl essere io ma non essere
più io perché non mi riconosco più in quanto anche la mia
soggettività si trasforma.
La soggettività non si trasforma mai, si accresce, si modi
fica, si integra, ma il sapere che io sono io e non sarò un altro,
cioè un'altra cosa distinta da ciò che io so di essere adesso,
questo è per me profondamente tranquillizzante sul piano
concreto e sul piano reale, perché mi consente anche che la
progettazione della mia evoluzione sia una progettazione che
può essere guardata a distanza, senza alcun pericolo e alcun
220
tevi sempre di questo aspetto, non esistono esperienze nega
tive, esistono esperienze e basta.
I limiti possono essere imposti da un'etica generale, indi vi
duale o particolare, ma le esperienze hanno questa valenza, di
essere appunto esperibili e di trasformarsi in conoscenza,
conoscenza che porta a rifiutare, a continuare, a confermare a
seconda dello stato d'animo, del livello evolutivo, delle cono
scenze, questo è un altro discorso, valutazioni di scelta, liber
tà di fare o non fare, ma tutti gli oggetti sono esterni a voi.
Che cosa accade? Accade che se ci si dà una finalità, ecco,
io affido il mio corpo alla mia anima, nel senso che la mia
anima cioè il me profondo, partecipando bene e completamen
te all'esperienza, trae da questa esperienza anche le cose che
io non esperisco, ecco, perché voi dovete anche considerare
che le esperienze che voi fate, l'agire nella vita, le interpretate
secondo i vostri moduli, i vostri modelli culturali, cognitivi,
emozionali, che so io, corporei, ma voi non sapete lo Spirito
come partecipa a questo.
Se voi avete tutta questa serie di modalità di percepire una
esperienza, il vostro Spirito ne ha un'altra, il vostro Spirito,
la vostra anima come si pone, come fa a farsi trapassare l 'espe
rienza che voi soggettivamente fate vostra, la fate con i vostri
limiti, con le vostre fatiche, con la vostra gioia, col vostro
piacere, col vostro dolore, ma l'anima che cosa trae da tutto
questo? trae forse la stessa modalità percettiva con cui voi
come corpo la state realizzando? Certo no, vi sono momenti
e cose che nel corso dell'esperienza che fate sono immediata
mente catturabili dall'anima, la quale dice, osservandosi, per
ché è stata chiamata a partecipare, osservandosi: questo è
intuibile, questo è vero e questo è falso, questo lo capisco
questo non lo capisco.
222
gnifica farlo veramente donandosi ali'esperienza che sta arri
vando, in maniera che in questo modo la traslazione sogget
tuale, il passaggio tra l'esperire, il desiderare, diventa il par
tecipare; questa partecipazione diventa il desiderio astratto di
voler realizzare dentro di sé la cosa esterna che sta arrivando;
la cosa esterna possono essere Je cose, immateriali e le cose
materiali, le cose come le persone, gli oggetti dunque che
sono distribuiti intorno a voi compreso gli esseri che li modu
lano e li adoperano e compreso gli esseri con i quali diretta
mente entrate in contatto.
Allora fare le cose in questo modo significa, primo, una
soggettività operante, vera: sono io che lo sto facendo, sono
io che lo sto desiderando, sono io che lo sto realizzando e lo
voglio realizzare con tutta la mia partecipazione interiore; io
sto già richiamando l'anima, appena mi riformulo non io
mente, quindi lo faccio con un calcolo operativo umano, ma
con un calcolo operativo spirituale intensamente, non altro,
non la cultura che lo suggerisce, non la costruzione teorica
finanche del progetto, no siete voi con tutta la vostra forza,
la passione interiore, l'amore, verso un accrescimento cono
scitivo.
Allora è proprio l'anima sì, intanto sta ricevendo da voi
una serie di messaggi astratti, non codificati col linguaggio,
perché in voi nel momento in cui operate non c'è più il lin
guaggio materiale, ma ci sono tutti i linguaggi simbolici, fatti
di intuizioni, di partecipazioni, di un sentire nascosto, interno.
I vostri sensi si trasformano in altro, voi siete immessi in
questa corrente fluida che passa continuamente dalla materia
alla vostra gioia interiore di realizzare una esperienza.
In questo modo voi abbandonate addirittura la materia e
quanto più la abbandonate quanto meno pensate alla vostra
224
chiamiamolo così, la vostra anima è libera, non ha limiti, certo
nell'ambito della propria evoluzione, nell'ambito del proprio
progetto, ma qui non sarei tanto geometrico perché il proget
to è anche questa parola che noi adoperiamo ma che ha molte
elasticità e molte sfinestrature.
226
- - - --- -
ca to vengo n o imposti d
, g
a lle ra n
concentrazioni polit iche
di
finanziar e non na o �
i , s ome prod 1
c n oc otto d profezia,
misticismo , di spont i
an e o c o it i �
s t u r s di re o oJe fra ò0 li uomi ,
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trasformandosi in a c hetipi, q i di ò ni
r u n valori e dunque in miti.
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Certo il funziona me di q
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mento di cui og g i p t t hi
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che non riusc te a sc
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s or a: a esempio il mito della mad re,
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decine di secoli con
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Allora a mitizzazi
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mol o p ù diffici e da dictt
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continua ad esse e c lle an o n �
r o gato co n l'amb en e
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a u nte in cui
mi i del passato sono e te incontra n ambie 1
t
anc r o prl'inco regole in espresse
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i mito e senz i
a m i, fra simb ' a
l a l si m b ol p r aven dolo ereditato: perché
o u i
g i ovan i sono sem e i o na rispetto ai padri ? Perché i
p r r vo uz
i l
228
D.: In questi simboli di transizione, quindi molto più labili
rispetto a questi così fondati e forti, non si potrebbero creare
come dei vuoti di potere attraverso i quali poi l'anima potrebbe
sgattaiolare meglio?
A.: Sì.
230
che sta facendo, il corpo lo sa, ma ve ne sono altre in cui il
soggetto non lo sa, ma l'esperienza si sta provocando lo stes
so, perché l'attività dell'uomo incontra sempre il proprio in
conscio, anche se coscientemente non lo sapete e non ve ne
accorgete, e quindi l'inconscio rielabora e rimanda all'anima
ciò che è rimandabile e viceversa.
Ogni vostra azione ha un aspetto conscio e un aspetto in
conscio, voi non siete in grado sempre di decodificare questo,
però voi ogni volta che parlate, che agite, sta agendo in voi
anche l'inconscio, quindi la procedura è relativamente sempli
ce, cioè può essere compresa, sia che l'inconscio agisca sulla
vostra coscienza e non ve ne accorgete, sia che la vostra
coscienza si rimandi al proprio inconscio che a sua volta cat
tura gli elementi della realtà, perché l'inconscio si costituisce
attraverso il vivere nel mondo del corpo, quindi il corpo va a
costituire l'inconscio all'insaputa della coscienza della perso
na, e quella è la via maestra per l'anima stessa.
232
do, insegnandogli a focalizzare l'attenzione su se stesso che
sta facendo, anche attraverso il gioco, anche nelle cose più
semplici.
Invece voi tutte le cose della vita le fate distrattamente: il
bambino gioca perché il gioco è distrazione, è appunto un
gioco, si mangia distrattamente, si dorme distrattamente, ci si
sveglia distrattamente, come se tutto fosse dovuto, naturale,
normale.
È vero che è naturale e normale mangiare, addormentarsi,
giocare, svegliarsi etc., ma poiché c'è una coscienza che fa
questo, imparare a focalizzarsi sulla coscienza che compie
l'azione, senza gravare il bambino in modo eccessivo, ma
semplicemente condizionandolo ad un altrettanto fatto che poi
è naturale, cioè quello di prestare attenzione alle cose che si
fanno, che non mi sembra una gran costrizione, essendo anche
l'attenzione una proprietà naturale dell'essere umano.
Insomma è come se voi nella vostra educazione verso i
vostri figli, voi umanità intendo dire, pensaste esclusivamente
all'uomo materiale e nulla all'uomo spirituale, se credete, o
psichico se anche non ci credete, perché a questo punto è la
stessa cosa.
Allora il bambino viene abbandonato alla naturalezza della
sua modalità espressiva, senza accorgervi che ve ne sono altre
che sono egualmente naturali e che sarebbe molto più utile
attivare, e allora si innesca in questo modo un processo di
riverberazione, accumulo e tensione dell'energia di cui stava
mo parlando, per cui tante persone che si perdono per così dire
nei meandri del mondo, avrebbero potuto svolgere altro tipo
mentale di vita e non l'hanno saputo e poi dopo voluto fare.
Comunque questo è sempre attivabile in qualsiasi età, per
ché si tratta di uno spostamento proiettivo in cui cominciare
234
della propria seconda natura interiore. Insomma è questa una
strada, indubbiamente.
D.: In questo campo l'arte potrà dare una mano, perché oggi
l'arte non la vedo tanto bene come espressione.
236
successive forme più evolute dell'organizzazione umana, e
quindi avere poi la possibilità di potervi accedere: ma se voi
pretendete che queste scelte vengano fatte nella maturità quan
do il giovane ha già raggiunto i 15-20 anni, l'operazione è
perduta già sul nascere, perché a quella età si è già costruito
il soggetto, ed è già stato risucchiato da quella trappola psichico
sociale di cui abbiamo parlato prima, e non ne sa uscire più,
perché deve subito puntare al guadagno, al lavoro, alla fami
glia, ai figli, è fuori gioco. Se dobbiamo dare un senso alla
vita, e se il senso deve essere quello di far vivere l'anima nella
mente e nel corpo, è precocemente che deve essere fatto questo
lavoro, perché dopo diventa soltanto una gran fatica con esiti
molto incerti.
D.: Volevo tornare al discorso di fare le cose con tutta
l'a nima, in realtà significa mettersi al servizio dello Spirito.
238
SOFFERENZA UMANA E "SOFFERENZA" SPIRITUALE.
FORMAZIONE TERRENA SEMPRE DIFETTOSA.
POSIZIONE DI EQUILIBRIO. OPZIONI SOSTITUTIVE.
LA VITA COME ESERCIZIO ED ESPERIMENTO.
COMPENSARE NEL PRESENTE IL DOLORE PASSATO.
VITA MENTALE COME GIOCO.
IDENTITÀ COME NUCLEO DI AUTOCOSCIENZA.
IDENTITÀ SOCIALE, PSICHICA, PROFONDA.
COSTRUZIONI VIRTUALI DELLA MENTE.
USCIRE DAI RANGHI PER UNA VITA CREATIVA.
240
o positivo, devo dire, perché voi conoscete solo l'esperienza
del dolore, della sofferenza e non immaginate che anche la
gioia provochi eguali sommovimenti nella sfera della per
sonalità.
Ma essi, essendo piacevoli, non vengono osservati, non
vengono notati, e passano come un fatto normale, dunque come
se non fosse quasi accaduto niente, il che sul piano psicologico
affettivo non è così: sofferenza e piacere, sofferenza e dolore,
o gioia, provocano reazioni, sia pure opposte fra di loro.
Lo Spirito, a sua volta, è in relazione col corpo, e quando
dico "col corpo" significa che è in relazione con tutta questa
sfera affettiva umana.
Questa sfera affettiva è in grado di poter dare al soggetto
maggior dolore, a sua volta, di quanto sarebbe lecito attender
si da una particolare evoluzione di quello Spirito.
Quando accade ciò? Accade quando la psiche non è ben
dominata, quando la psiche non entra nella sfera della ragione
e si lascia andare alla deriva, allorquando cioè. mancando un
controllo integrato sulla sfera dell'emotività, quando questa
interviene al massimo grado finisce con l'avere un'azione
devastante, che non è prevista dallo Spirito, il quale finisce
col soggiacere all'imperio dei sensi e dunque dei dolori e quindi
delle gioie, al di là di ogni possibilità di controllo.
Lo Spirito non può prevedere, all'atto dell'incarnazione,
quale esattamente sarà la situazione del suo mondo psichico
umano a distanza di 20, 30 o 40 anni dalla nascita. Non lo può
prevedere perché la psiche è in stretta comunione con l'am
biente e con le modalità con cui il soggetto si relazi ona al-
1'ambiente, e questo non è assolutamente prevedibile.
Lo Spirito può oggettivamente avere delle informazioni
fruibili su quella che è l'attività del corpo, un cervello di un
242
Infatti la grande sofferenza umana di ordine emotivo
psichico, emotivo-affettivo, è qualcosa che non passa nello
Spirito, almenché non si usi la propria sensibilità o la propria
maggiore sensibilità per trasformarla in un fatto conoscitivo;
il che implica un'analisi che riduca il rapporto col mondo, che
crei un isolamento, o una riduzione di contatto, per poter
dominare le emozioni che intervengono. È per questo motivo,
che le vite umane finiscono col diventare una terapia continua
per modellarsi, non tanto o non solo col mondo, quanto so
prattutto nel rapporto che soggettivamente si ha nei confronti
del mondo.
Una operazione, peraltro, niente affatto facile, intendiamo
ci, che però porta a dei risultati, perché, vedete, il dolore
come la gioia alla fine sono dei mascheramenti di bisogni
insoddisfatti che il soggetto cerca per potersi riappropriare
in qualche modo del proprio passato. Ogni essere umano nel
corso della vita non funziona mai come dovrebbe. Quando si
viene in Terra fatalmente si è esposti ad una progressione
formativa difettosa: non esiste un modello che possa escludere
gli errori, perché la realtà è complessivamente strutturata in
maniera erronea.
Intanto il primo errore, o se vogliamo la prima incompati
bilità, è tra lo Spirito e la materia, e non c'è niente da fare,
è una incompatibilità radicale. Lo Spirito funziona in un modo,
la mente, anche quella asettica, neutrale, funziona in un altro
modo.
La mente è il risultato di un organismo che interagisce con
l'ambiente, lo Spirito è un organismo autonomo che interagisce
soltanto con se stesso e dentro se stesso: le due nature sono
estremamente differenziate, per cui lo Spirito si crea un adat
tamento attraverso l'inconscio, attraverso parti della psiche,
244
può reagire rispetto ad un determinato evento, male o bene
che io reagisca, se ho capito che questo serve a me per poter
crescere nel mio interno in funzione di quello che è accaduto.
La sofferenza poi rischia di cessare, perché essendo seconda
ria, e non principale, non è funzionale all'accrescimento.
Vi sono persone che possono soffrire anche tutta la vita
senza crescere di un grammo, perché la sofferenza non è stata
utilizzata come una vera conoscenza di un evento, indipen
dentemente se l'evento è proprio. Quindi acquisire una neu
tralità di giudizio rispetto a quello che si sta verificando.
L'operazione dello Spirito non è facile, ma non perché lo
sia in assoluto, ma poiché lo Spirito non ha gli strumenti;
allora gli strumenti glieli dovete offrire voi applicando agli
avvenimenti quotidiani la tecnica di trasformazione da evento
in esperienza, quasi un esperimento volontario di dolore, per
ché questo evento del dolore diventi una conoscenza effettiva
nella parte profonda di sé, nel proprio profondo; operazione
questa che poi diventa autonoma ed automatica, e voi non
c'entrate: voi potete entrare nella parte terminale, ovviamen
te, nella parte terminale.
Dicevo poi le forme reattive di copertura: la vostra psiche
è tanto labile, voi soffrite per una cosa, ma la causa vi è
sconosciuta, anche se vi sembra conosciuta. La vostra mente
lavora male, da un certo punto di vista, ma è l'unica cosa che
avete ed è questa che avete, allora la posizione intermedia, la
migliore, è sempre quella della propria neutralità senza farsi
travolgere non più di tanto da tutti gli eventi.
Molto tempo fa io ricordo di aver detto una cosa: voi non
dovreste né amare troppo né odiare troppo, ma mantenere
una sorta di equidistanza dal mondo, che non significa né neu
tralità assoluta né indifferenza: significa soltanto crearvi più
246
Anche la gioia è una esperienza e va coltivata, ma al pari
va coltivata, quando interviene, anche la sofferenza; la diffe
renza è che la sofferenza ve la trovate e la gioia ve la dovete
cercare, in genere, ma ci sono anche gioie che intervengono
spontaneamente, così come spontaneamente interviene il dolo
re, e quindi il piacere che se ne ricava è qualcosa che deve
essere ogni volta interpretato. È un esercizio ed è un lavoro
la vita, ma se volete distinguervi nettamente dalle specie infe
riori della natura dovete anche esercitarvi a fronteggiare tutti
gli eventi con la lucidità e quella saggezza che poi interviene
a mano a mano che l'esperienza si chiude e si sorpassa.
248
cella della registrazione della vita; non cancellano ma sostitu
iscono, mettono a tacere il passato costruendo nuovi perc orsi .
Non bisogna mai rivolgersi al passato se non per osservar�
si: ogni momento di vita può essere un ricominciare con altro
modello, con alternativa, con altre occasioni: guai a ritor nare
sempre a recitare il proprio passato, come se esso fosse re
sponsabile di tutto.
Certo che lo è, ma che importa, bisogna chiudere una scena
ed aprirne un altra; l'altra che si apre può completamente
mettere nel buio la scena precedente, perché viene sostituita.
Oltretutto si svolge nell'attualità, e nell'attualità non c'è sol
tanto la sofferenza del passato, ma può esserci anche il piace
re del presente: invece non esiste il piacere del passato se non
come ricordo e come memoria piuttosto vaga e confusa.
Le persone ricordano i propri dolori, non ricordano i propri
piaceri. I dolori sono rivissuti emozionalmente, i piaceri sono
ricordati soltanto come un evento quasi estraneo: non si ricor
da il proprio piacere, ma si fa rivivere quasi sempre il proprio
dolore passato; questa è una cosa su cui riflettere, perché il
dolore del passato fa ripiombare nel dolore del presente; il
piacere del passato non fa ripiombare in un piacere presente,
anzi, siccome è un piacere passato lo si sente con il dolore
della perdita, essendo stato un piacere, quindi alla fin fine voi
riuscite solo a manifestare sofferenza e dolore.
Allora il piacere ve lo dovete riconquistare nel presente,
creando nuove opzioni, mettendo frontiere verso il passa to,
creando nuovi percorsi, nuovi progetti, nuove avventure deJla
vita.
Questo dinamismo non cancella le memorie ovviamente,
quindi nessuno si senta di tradire il proprio passato; ma il non
tradire è la memoria del piacere, mentre sarebbe molto oppor-
250
felicità eterne, si cercano le felicità contingenti, attuali, perché
il dolore così come la felicità sono reazioni umane e terrene,
non riguardano lo Spirito. Lo Spirito è un'altra cosa, e poiché
voi oggi vivete, o siete felici con il corpo, con la mente, con
la coscienza, sentendo e presentendo il dovere di consegnare
all'anima qualcosa di buono e qualcosa di utiJe, l'unico modo
è essere attivi e propositivi e non lasciarsi andare a se stessi.
D.: Non dovrebbe essere così, ma noi non solo non la mo
striamo, ma non la conosciamo questa nostra identità interiore,
perché è la risultante di quel lavoro di destrutturazione che ci
ha spesso invitato a fare. Ma questo lavoro costa una sofferenza
terribile, non possiamo farlo solo a livello mentale, ma dobbia
mo farlo a livello intuitivo ...
252
Io perché sono al mondo? Perché mi riconosco? Sento me
stesso? Cosa voglio dalla vita? Perché sto vivendo?
Allora l'autocoscienza diventa la capacità di potersi rico
noscere in altre qualità e bisogni che non sono soltanto quelli
di ordine psichico, ma sono di natura esistenziale, e cioè rico
noscere la propria identità ontologica, quindi la propria natura
profonda.
A partire da questa si può poi ricostruire l'identità psichica.
Quella di cui stiamo parlando è però l'identità inconscia: è
inconscia perché non è cosciente, ed è questa che bisogna
trarre dal suo buio perché illumini la propria autocoscienza,
quella in cui c'è l'io che ci rappresenta nella sua funzione
psichica terminale e che si mostra al mondo nell'apparenza di
una verità che poi non è verità, perché la gran parte delle
persone sono esattamente il contrario, non tanto di ciò che
mostrano, perché questo lo si può capire, considerata la socie
tà, ma quello che mostrano a se stessi: voi siete sconosciuti a
voi stessi.
254
posso trovare naturalmente in Francesco d'Assisi, ma anche in
tanti altri che hanno compiuto questi atti eroici in fondo, perché
indubbiamente, hai ragione, ci vuole dell'eroismo per fare
questo, per uscire dal mondo, naturalmente: nel campo socia
le, nel campo di una certa filosofia sociale, occorre dell'eroi
smo.
È perciò che in fondo i poteri hanno sempre cercato di
tenere sotto controllo l'arte, la filosofia, i movimenti religio
si, i movimenti estremisti di tipo politico; sotto controllo,
perché l'atto rivoluzionario è mal sopportato, è odiato dal
buonismo di una civiltà.
256
stante ciò lo Spirito egualmente svolge le sue esperienze, anche
minime, ma quanto potreste ottenere di più da una vita se non
perdeste il tempo in cose così futili, quanto!
Una vita potrebbe anche bastare, essere anche abbastanza
sufficiente, non dico per tutto ma per una grossa parte di
esperienza spirituale; e invece, come uomini, la vita si svolge
con una lentezza esasperante.
Se solo pensate quanti giorni, settimane, mesi ed anni inu
tili, ripetitivi, anche abbastanza sciocchi se vogliamo, in cui
non fate assolutamente un passo; giornate ripetute come le
giornate precedenti e precedenti ancora, senza osare mai fare
qualcosa di fondamentalmente diverso, di essere un po'
disobbedienti, un po' strani, un po' accattoni di novità.
E invece vi alzate ogni mattina per ripetere la stessa gior
nata precedente. Possibile che non riusciate ad inventarvi niente
di nuovo? Ecco una domanda alla quale gli uomini non osano
rispondere, anche se in parte non sanno rispondere.
258
Corrado Piancastelli: LA FEDE AIUTA A GUARIRE
260
cessi" o "fallimenti" sono collegate due coppie di opposti
estremamente equivalenti, la fortuna e la sfortuna, e il premio
e la punizione, per cui ci sentiamo favoriti o perseguitati,
premiati o puniti a prescindere da una considerazione obietti
va degli eventi e delle nostre azioni, per cui invece di inqua
drare gli errori che inevitabilmente ciascuno di noi compie, e
di apprendere da essi, ci si sente portati da un vento infernale
verso la gioia o il dolore, inconsapevoli, ininfluenti, dove la
nostra azione è vana quanto quella del primitivo contro la
furia degli elementi.
È di vitale importanza capire quanto un atteggiamento del
genere sia dannoso per la propria esperienza, comprensione e
crescita: attribuendo a questi enti fumosi la responsabilità di
ciò che ci accade ci sottraiamo la possibilità, per la quale in
pratica ci siamo incarnati, di analizzare i nostri errori e da
questo esame imparare molto su noi stessi, su ciò che ci cir
conda e sul come affrontare le esperienze ed i progetti.
Nel trovare sottilmente e segretamente comodo il sottrarci
così alle nostre responsabilità, ci poniamo invece in una posi
zione scomodissima, nella quale tutto ciò che ci accade resta
oscuro, non spiegato, non decodificato, non si stabiliscono
rapporti causali tra i nostri atti e ciò che sempre puntualmente
ne consegue,per cui laddove oscuramente reputiamo di tro
varci sotto la protezione di un meccanismo che prescinde da
noi, ci troviamo invece totalmente esposti alle incongruenze
della nostra cecità.
Abbiamo definito impossibile il modello di felicità che ci
viene sottilmente proposto, perché ovviamente da esso è espunto
tutto quanto ci viene insegnato a valutare come negativo.
Come quando eravamo alle elementari e qualcuno, nel ten
tativo di tenere chèti trenta irrefrenabili, divideva la lavagn a in
262
Per cui un viag
in un t r r lo
n tanissima a contatto on
gio
e
una cu l tura molto diversa, c
a a
os tt ir e un a �sper en a in
i
n
ta o qua nto lo sco
pn si malati ed affront t �
r a re m
disagi, alesseri, ogni genere
preoccupazioni tera pie
lu ghe e d b ili an di
,
n e t oscilla ioni umoral i,
incontri/scon ri con le s trutt re s ti z
t u i�
an a r . co i profonda
i
g ner .
Per cui potremmo aff e, e
e r m r
un po' celiando, ma un po'
a
Come si fa ad otte d si
ne r e a n
o s e un situ azi o e t a n t o
i
t s a n
lontana da quan o a cultu
t ra ci e
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Il fondamen o del di s c
t ors o dalla questione, a
do pp a facci a di quan o è c stituito
o
i , t s a pro fo nda i noi la con apevolezz
i s
di partecip ar e a nl a
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ua sp r tu a e, e dunque cons
i i
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il pro prio corp o, meno si bbi a
a e
con sgu enzialmente atte
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zione per la prop ri a int o it
e ri r à ,
e più questo corpo venga vis
suto male e trattato peggio
, i linteso senso di possesso
n un m a
il pad di l
pro ri o, in cui ron e p n e a poter fa re e prop r io
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prieta
ed in q t l e
molto dappresso , uan o a c ede per la s�a via t n
t
p
e l ro
hio au to o sv n c o
modo parecc roba�
o a t daIJe nos t e imp
i
o m
n
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e noi iù ch
e r
bil aspetta
i , p c erca e di tr ttarlo be ne em d1
tiv e
d tt a, me far m
per q che la sua ura e
ris petta nat e a co o
rlo uello
264
lecitare con le parole e con l'esempio un affrontare meno
drammatico, meno spaventato, meno dolente, qualcosa che è
lì per noi, inevitabilmente, e che dunque non conviene peggio
rare con la nostra disperazione.
Chi è malato deve affrontare terapie spesso debilitanti, dove
a volte può essere difficile se non a momenti impossibile,
continuare a svolgere i propri impegni quotidiani, per cui la
vita cambia ritmi, e mete ed obiettivi vanno mutati ed adegua
ti, quindi una verifica delle proprie strutture di pensiero più o
meno rigide o disposte ad elasticizzarsi.
Chi è malato deve fronteggiare lo sguardo altrui, di chi è
spaventato, addolorato, di chi ti implora di guarire e magari
tu sai che questa volta non lo potrai accontentare, di chi è
impietosito, imbarazzato, infastidito, indifferente, insofferen
te, di chi ti guarda come se fossi già morto, le altrui fughe, gli
altrui dinieghi.
Chi è malato deve imparare a giocare a scacchi con le
proprie fughe e rifiuti, patteggiare con la propria area psico
logica e convincere le proprie strutture inconscie che c'è an
cora vita da vivere fino in fondo, fino alla fine, e che la vita
è tale non solo quando è facile, ma che la vita è sfida, e
dunque è soprattutto vita quando il gioco si fa duro, ed è
bello vincere con se stessi, ancor più che vincere con la pa
tologia.
Condizione di estremo interesse, che possiamo navigare
conservando Ja rotta ed il timone della nostra consapevolezza,
mentre il corpo, che è nostro solo per il punto privilegiato di
osservazione, segue il suo corso indipendente.
Chi è malato, infine, entra di diritto e viene accolto nella
comunità della metà malata della lavagna, dove ci si capisce,
ci si confronta, ci si confida, ci si guarda in viso e si pensa
266
CORRISPONDENZA CON I LETTORI
268
ANIMA TERRENA E SPIRITO UNIVERSALE
270
Ci scrive un lettore di Bologna,
Caro direttore,
mi ritrovo spesso a riflettere sul problema della fede che
trovo così distante, anzi in contrasto con la ragione soprattut
to tenendo presente la grande razionalità del nostro Maestro,
e mi chiedo: potranno un giorno incontrarsi fede e ragione?
Perché fino a oggi non sono riusciti a trovare un accordo pur
vivendo, per così dire, sotto lo stesso tetto?
Non vorrei una risposta troppo filosofica, ma un commento
semplice e sintetico perché non ho strumenti culturali appro
fonditi.
Risponde Piancastelli:
272
La Socia N.V.ci scrive da Trapani:
I
meni le accadono in seguito ad una sua particolare sensibilità, I
e non conosco una strada per eliminarli.
Evidentemente, da quello che ci racconta, il periodo della
sua malattia deve aver costituito un momento di forte espe
rienza, in cui la sua sensibilità si è acuita ed approfondita,
tanto da tenere una parte del suo inconscio in uno stato di
allerta tale da riuscire a presentire un evento forte, e del cui
verificarsi si sono già stabilizzate tutte le premesse, in un
momento, come quello notturno della condizione di so nno, in
cui le difese della coscienza sono abbassate, e quindi possono
tradursi nel sogno delle percezioni che "normalmente" sono
precluse alla maggior parte degli esseri umani. Comprendo
bene che una situazione del genere sia doppiamente ang oscio
sa, innazitutto per gli eventi drammatici che lei percepisce, e
274
to " negativa" possa apparire, c 'è sempre l'altro lato della
medaglia , il bicchiere mezzo pieno e non solo mezzo vuoto,
il contraltare innegabilmente positivo: questa sua esperienza è
certamente difficil issima da gestire, ma amplia anche la su a
consapevolezza, la sua empatia, la sua compassione, che parte
dalla sofferenza che è in lei, ma si amplia alla sofferenza che
è negli altri, e questo è un grosso guadagno in un'epoca in cui
la ricezione del dolore altrui, se in un senso è incommensu
rabilmente più vicina, visti i mezzi d'informazione che ci ag
giornano in tempo reale è tuttavia altrettanto incommensu
rabilmente lontana, perché ne riceviamo una percezione indi
retta, mediatica, virtuale.
Siamo sepa rati non più dalla distanza del non sapere, ma
dalla distanza del non compatire, perché il conto dei c aduti
nelle varie guerre criminali che si combattono sul pianeta,
dall'Irak ai cantieri, ai monaci buddisti, ai bambini in ogn i
modo abusati, è tanto continuo ed alto da non raccogliere più
la nostra indignazione, ma purtroppo spesso solo la nostra
indifferenza.
La sua dolorosa partecipazione emotiva ed affettiva sem
bra, da questo punto di vista, quasi un dono, con i suoi costi,
ma certam ente, nell'epoca contemporanea, un dono prezioso.
276
Pag. 306
Eros come meccanismo universale.
Amare se stessi per amare gli altri.
Significato di amore.
Forma mentale spirituale dell'eros.
Amare le cose, essere attivi.
La prima cosa da vincere nel corso della vita è il proprio
narcisismo.
Aver ragione. Vite sprecate.
Sostanza dinamica della vita universale.
Società ed istinti predatori.
Pag. 326
L'uno e il molteplice.
Concetto di unità.
Energia universale e Spirito: una dicotomia da superare.
Dio come soggetto e oggetto.
Eternità dell'universo meccanico e germinazione dello Spirito.
Due universi paralleli la cui differenza indica il divino.
Categorie spazio-temporali.
Fede e ragione.
II daìmon.
una volta i classici temi dell'incarnazione, dello spirito, del
progetto spirituale relativo a ciascuna vita e, ovviamente, il
tema dell'esistenza dopo la morte. Come è noto su questi (e
tanti altri) problemi l'Entità "A" ci ha trasmesso conoscenze
memorabili e originali che hanno assunto, nel tempo, un
supporto piuttosto raro, quello cioè di ricevere conferme del
mio stato modificato di coscienza verificato a più riprese in
contesti scientifici universitari.
li libro, così come nel "Rapporto", in appendice parla, in
fatti, di questi riscontri, ma su questo, trattandosi di me, non
voglio soffermarmi oltre. Purtroppo quasi nessun sensitivo ha
mai voluto affrontare una seria ricerca sul proprio caso, cre
ando cortine di dubbi che hanno alimentato lo scetticis mo
degli incerti. Quel che ancora oggi posso dire è che, se non
c'è niente da nascondere, non si capisce perché sottrarsi ai più
elementari controlli, specialmente oggi che, con sofisticate
apparecchiature, è possibile accertare bene cosa sta avvenen
do nel cervello di un sensitivo nel momento in cui è in trance
(o presunta tale). Sono sempre convinto non solo che la
parapsicologia, come tale, abbia estremo bisogno di ricerca,
ma anche che senza razionali controlli la medianità non possa
essere esibita nel discorso pubblico della cultura. Ciò indipen
dentemente dalle ipotesi suJl'origine e sulle forme della facol
una teoria su quesli
tà extrasensoriale. Personalmente ho
stato modificato di co
fenomeni nel senso che considero lo
terno del piL1 ampio
scienza (compreso l'apice della trance) all'in
tive che si collegano
discorso relativo alle fasi creative e intui
o
allo specifico dell'Anima. Ma a parte ciò, quand di Simone
mi propose una ricerca tecnico-scienti fica sullo s�ato di tran
ce, ritenni fosse mio dovere collaborare senza nserve nella
convinzione che senza il supporto di una ricerca la parapsi-
280
a interrogare, secondo un'antica usanza kardecchiana, un ta
volino a tre gambe fino al momento in cui, risucchiato da un
sonno irresistibile, mi addormentai tra lo spavento degli amici
e cominciai a parlare con la voce di "A", il maestro Andrea,
la voce rimasta inalterata da allora fino ad oggi.
Corrado Piancastelli
REDAZIONE di "CDA":
ulteriori osservazioni sulla prefazione del libro di Giorgio di
Simone.
282
a certe wne intermedie ove si trovano i defunti che 11011 sono
ancora molto sviluppati spiritualmente. Essi sono ancora nei
dintorni della Terra e non sanno molto più di noi e nello stesso
tempo molto meno. Essi provano solamente a riflettere come
fa cc iamo noi tutti, più o meno .... Io c redo che non bisogna
prendere tutto quello che dicono alla lettera . D'altra parte tutti
vi troveranno degli errori manifesti che una buona informazione
tutta terrestre è sufficiente ad evitare di andar e ad attingere
dagli spiriti dell'aldilà ... "; conclude esprimendo il parere che
" tutte queste letterature richiamano straname. nte qu elle dei
gnostici dei primi se coli del cristianesimo ... a/l'or igine di al
trettante sette o eresie ", parere che denota una qualche confu
sione temporale ed una certa approssimazio ne al problema e
qualche confusione di troppo che conferma p erò la su perficia
lità di esame e la prevenzione vers o qualsiasi proposta teolo
gica, storica o filo sofica che non sia in sintonia con quanto
pro viene dal Magistero cattolico, e ciò coerentemente con la
dovuta sua osservanza da parte di un sacerdote. È già molto -
e questo ci meravigH a - che ammetta la presenza di spiriti - sia
pure poco evoluti - nei dintorni della Terra e non debitamente
suddivisi tra inferno e purgatorio (omettiamo ovviamente il
paradiso). Il senso del suo articoletto è questo: sono in troppi
che parla no dall'aldilà discettando o elucubrando con notevoli
contraddizioni sulla vita e su lla morte, spesso con grande
superficialità anche se a volte con buona cap acità lett eraria.
Questa non è, oltre le righe, una saccenteria che con pre
concetto azzera decenni di ricerca e di lavoro, e che si rifiuta
di prendere in considerazione realtà alternative quando quest e
v�ng ono indagate e approfondite da ricercatori che si sono
dimo stra ti al di là di ogni sospetto? O più verosimilment e è la
do vuta coe renz a di chi appartiene ad un ordine che ha prcv al-
284
__I
INEVITABILE LONTANANZA DELL'UOMO DAL DIVINO.
ESTREMO MECCANICISMO DELL'ESPERIENZA MATE
RIALE.
ESPERIENZE PIÙ EVOLUTE ACCEDONO A FENOMENI
INTELLIGENTI.
LA SCOMPARSA DI UN DIO INUTILE ALL'UOMO.
IL DIO RAGGIUNGIBILE É IL DIO INTERIORE_.
TRACCE INTELLIGENTI.
DESCRIVERE NELLA CULTURA ED AGIRE NELLA VITA.
SOCRATE.
TRADURRE IN AZIONE CIÒ CHE SI É COMPRESO.
CERCARE LA PROPRIA IDENTITÀ
AMORE.
286
Brevemente rispondo alla domanda: non c'è molto da dire,
se vi siano connessioni tra Spiriti e fenomeni; da un determi
nato livello sì, al livello più basso, là dove c'è la materia
vera e propria, l'Universo che vedete intorno a voi, non ce n'è
bisogno, almenché per motivi spirituali l'energia che costi
tuisce la vostra materia non debba essere finalizzata ad uno
scopo, ed allora è possibile che un determinato pianeta venga
costruito per così dire in base alla finalità dello Spirito. Que
sto è quanto si può dire.
Naturalmente il problema vero resta un altro, il problema
vero è che voi uomini cercate sempre un Dio che in qualche
modo vi rassomigli ed il cui scopo coincida con i vostri scopi.
A voi serve un Dio utile a qualcosa. Se voi togliete l'util ità al
vostro Dio, Dio resta un Essere inservibile: cosa ve ne fate di
un Dio che non serve a niente? Che non serva a qualcosa e
che il qualcosa sia una utilità effettiva per il vostro Spir·� 1 o,
per la vostra sf.era af+tett1va,
. 1 a vostra sfera conoscitiva?
Un Dio che n?n si fa co�oscere, un Dio il quale non risolva
i vostri problemi, che non nsponda alle vostr e preo , VOt.
b hier e , cl
non serve.
In effetti la caduta di Dio nel mondo, se voglia mo la S
scomparsa, dall'epoca mosaica ad oggi, coincide con la sto�:
_ nza, sempre ingiusta
del mondo. Una storia sempre rn soffere
bole e _il povero, lascia s_up por�
sempre incapace di aiutare il d�
he non aiuta nessuno. Quindi di
re che il Dio non c'è, perc
. che non serve a niente, voi non avete a che fare
gues to D1·0 . . . , voi. sei
. .ve un . ·
Allora in questa prospettiva rn cui a Dio cli
necessità, non c'è alcuna speranza di
poter concepire un Di o
che sia qualcosa d'altro e di diverso rispet
to al vostro deside
rio ed ai vostri bisogni, e quindi io capisco che un Dio il quale
non agisca secondo necessità è un Dio che non vi interes sa.
288
quella parte la cui natura appartiene all'altro tipo di creazione,
o di emanazione: quella parte appunto spirituale, quando da
un ceppo lontano l'Universo si suddivise in un universo co
sciente ed in un universo meccanico. Allora qui il discorso,
completamente mistico, si sposta alla natura interiore di cia
scuno di voi e di noi, perché nella nostra natura di esseri
spirituali ritroviamo segni di questa matrice, di questa
marcatura: segni comunque da ricostruire e mai così evidenti
come può sembrare ad una definizione banale, da cercare,
segni da ricercare, da riunire attraverso quello stato di co
scienza dello Spirito quando riconosce se stesso, e con il se
s�esso
_ si colloca con un senso nella realtà dell'Universo, e qui
s1 incontrano altre tracce. Il nostro cammino é un cammino
per tracce, dove le tracce sono gli aspetti del Divino di cui
è disseminato l'Universo, ma è disseminato a condizione che
si percorra questa via, che é l'unica via dove c'è lo Spirito
effettivamente.
Ecco perché da un lato la ricerca scientifica non trove1.,a
.
mai Dio. La ncerca f'· 1 losof'1ca, a sua volta, può definire solt
to ciò che è la percezione, I� visione �he ciascuno ha den�:
di sé, quindi non può esserci una teoria della filosofia che s.
occupa dello Spirito e di Dio: può esserci una filosofia che ,;;�
in i
occupa della percezione di ciascuno d_ � _quando rivivifi��
ra di Sp mto, perché !'iloso-
questo Divino che è nella sua natu _ _ _
. com unqu e costruz10111, cost ru z1o rn del la
f 1 a e scienza sono
mente umana, ma nel nostro
mondo non c ''
e I a r·
1 1 o o f'
_ � 1a come
conoscenza descntt1va, quella
non c'è la scienza, quindi la
a noi.
appunto delle culture, non esiste � .
Lo Spirito non procede scolasl1camente, ma espenenzial
mente, quindi sperimentare più che definire, viversi, sentire e
senLirsi; che poi queslo si possa codificare con un qualche
290
a quelle dell'energia meccanica e che hanno tutte le caratte
ristiche di una intelligenza.
In realtà accade, a determinati livelli, che ci sia la com
mistione fra energia meccanica, energia quindi propriamente
detta, ed una sorta di intelligenza vagante, e questo lascerebbe
pensare, o lascia pensare, che ci sia una provenienza diversa,
quindi da una fonte intelligente.
Il punto dell'interrogazione è tentare di capire se questa,
chiamiamola intelligenza libera, quindi non legata ad un io, se
questa intelligenza libera sia un'altra forma della meccanica
dell'Universo o se sia legata a qualcosa di autonomo dal punto
di vista dell'intelligenza, quella cosa che chiamiamo Dio.
Ecco perché io trovo molta difficoltà nel parlare di qualco
sa i cui termini sono invenzione degli uomini, e non coincido
no più, perché vedete che appena nomino Dio la vostra mente
ricorre subito ad una immagine antropomorfica di una realtà
che sta lì e che è il padre delle cose.
Ora questo discorso del padre delle cose è un discorso eh e
, , .
va cancellato, perc_ �e s� e pur vero che c1 sono delle origini,
queste vanno def1�1te m un altro modo, anche dal punto d.
vista concettuale. E chiaro che per l'uomo il discorso non s�
spos ta, perché per l'uomo questo gli può anche andare bene
di chiamarlo Dio, cioè l'origine, il primo motore, l'architet
to; però il discorso diventa completa1�en�e altro per quanto
rioua rda poi il rapporto di ciascuno d1 noi con questa forza.
h
Qui resta valido il discorso c�e �o sempr� fatto, p_oic é
0
a chiamarla divina,
comunque questa natura, che co�tJnu1amo _ _
fatti e regolati all'in
è dentro ciascuno di noi, i conti vanno
terno di ciascun essere, quindi tutto si svolge per la via per
sonale, individuale, soggettiva; è lì che c'è il rapporto col
Divino.
292
Naturalmente non accade l'inverso, perché lo Spirito, ri
spetto all'energia fluida dell'Universo, è dotato di una coesio
ne che lo protegge dalle interferenze, altrimenti saremmo an
che noi soggetti alle interferenze dell'universo materiale, in
terferenze che potrebbero addirittura agire sul nostro Spirito
ed anche eventualmente distruggerci.
Siamo a questa protezione che è totale perché c'è la carat
teristica di una energia che è inglobata, che è chiusa, che è
rappresa, che ha una sua vorticosità interna essenziale alla sua
vita, e che non è soggetta ad interferenze esterne, quindi estre
mamente protetta. Questo però ci porta naturalmente a dire
che noi e l'Universo, come materia esterna, siamo una unità
in cui ciascuno ha un ruolo, ciascuno ha una parte. '
Noi siamo Spirito, l'altra parte è materia, o energia, come
meglio vi piace chiamarla; questo ci riporta ad un discorso di
unità.
È chiaro che fatto questo tipo di discorso, tutta la no
menclatura usata, tutte le parole con le quali si sono definiti
fatti romantici, fatti poetici, crolla, perché questi elementi, f ra
. , . .
loro speculan, sono la vera realta. Che poi l'immaginazione
0 J'immaginario, di ciascun essere spirituale nella materia rac�
conti e se Ja racconti in un determinato modo, questo é affare
del linguaggio umano che può anche andar bene finché si amo
incarnati, e ci fa bene perché ci colloca spazialmente in un
determinato modo, ma bisogna però sapere che così facendo
idono con la realtà:
noi descriviamo fenomeni i quali non coinc
amo descrivere
sono i nostri racconti immaginari quando dobbi
che è sentito solo
ad altri, da cui nasce la cultura, qualcosa
dentro di noi, e nel raccontarlo usiamo metafore , usiamo sim
bologie, usiamo parole al meglio della nostra capacità inve n
tiva, ma non facciamo verità, non diciamo verità.
294
D.: A questo punto sarà possibile in futuro elimin are questi
concetti della divinità come ha fatto il Buddha, il quale si è
limitato a parlare della legge cioè il Dharma e ad interpretarla
e vivere secondo questa legge. Ci sarà un futuro in cui sulla
Terra non si parlerà più di Dio ma si parlerà di qualco sa più
vicino a quello che hai esposto tu?
296
veramente in coscienza, in maniera da essere disposti ad ac
cettare.
Questa é una operazione estremamente difficile, ma è la
prima operazione.
Purtroppo voi vi rinchiudete nei vostri narcisismi che signi
ficano anche i vostri razzismi, poi, i vostri pregiudizi, il vostro
modo a senso unico di giudicare gli altri, senza partire dal
punto di vista dell'altro, ma pensando solo al proprio punto di
vista.
È il lavoro della vita, perché nascete tutti un po' così. I
nostri genitori di una volta, quando eravamo vivi, ci facevano
comportare così: i vostri hanno fatto lo stesso secoli dopo,
probabilmente faranno lo stesso, quello di far ritenere a colui
che è nato di essere quasi unico e irripetibile, di fargli credere
veramente che soltanto e la sua famiglia è tutto per lui e che
il mondo è crudele e quindi è necessario rinchiudersi nell'alveo
di se stessi per non mettersi allo scoperto, di non mostrare la
propria nudità.
Questo insegnamento base, pedagogicamente sbagliato, in
voglia il soggetto alla difesa verso il mondo e quindi a talmen
te convincersi che le ragioni stanno tutte dalla sua parte da
non vedere più le ragioni degli altri.
314
Quindi più che un errore un fallimento, un essere venuti
inutilmente; poi certo si può sempre recuperare.
D.: Forse una vita sprecata, una vita che non si vive bene,
può essere noiosa, sofferta ...
316
A.: Ma perché non c'è la disponibilità umana, rispetto al
numero degli esseri spirituali.
318
D.: Si può fare un paragone con quello che succede qui, che
a mano a mano che si va avanti aumenta la consapevolezza e
quindi le chiavi di lettura della realtà sono più d'una in una
situazione della realtà nella sua complessità?
320
A.: Naturalmente questo è uno stato dell'uomo, antico
quanto l'uomo, gli uomini hanno sempre rubato, ucciso, o
come tu dici evaso le tasse. Questo è accaduto nelle grandi
civiltà passate, perché gli stati, i governi, i monarchi hanno
sempre dovuto tassare il popolo, il popolo ha sempre evaso la
tassazione, e dunque non ha contribuito, per così dire, nel
migliore dei casi, all'evento sociale.
Qui il discorso diventa un pochino complesso. Vi trovate di
fronte alla situazione di essere degli animali ragionevoli e
animali spiritualizzati, perché quello che noi sappiamo e vi
abbiamo detto, e quello in cui credete, è quello che avete
un'anima ma restate pur sempre animali, questo è fuor di
dubbio, il che comporta inesorabilmente che una parte degli
istinti animali li abbiate conservati, e la cosiddetta civilizza
zione non è riuscita ad estirpare alcuni istinti di base. Il di
scorso si complica perché dovrei subito dirvi: meno male che
non è riuscito: l'uomo di oggi è in parte l'uomo preistorico,
ma in parte non lo è più. Quale istinto fondamentale rimasto
all'uomo è l'istinto del predatore, che è tipico della natura.
La natura sopravvive per predazione, gli animali si mangia
no fra di loro, gli animali mangiano anche le piante, le piante
a loro volta mangiano l'humus della terra, e in questo ricam
bio c'è un principio di predazione: bisogna conquistare e
conquistare e difendere, ma soprattutto l'animale in questo
essere predatore ha la furbizia di essere un predatore che si
nasconde e si acquatta e deve prendere e conservare sia per
conservarsi il cibo per i momenti in cui non può predare e
dunque l'istinto resta e l'istinto è quello, e sia perché deve
dominare il territorio in cui vive.
Vedete la grande somiglianza tra l'uomo e la bestia: l'uo
mo traduce tutto questo nell'uccisone e nel furto che la ci vii-
322
Qui potreste soltanto farmi una domanda che sarebbe di
questo tipo: «Ma allora, poiché l'essere umano è in parte ani
male ed in parte sovrastrutturato e in parte Spirito, non c'è
speranza che possa diventare talmente civile da non rubare, da
non uccidere, da pagare le tasse?».
Diventerà così l'uomo? Temo di no. Credo invece che si
possa acquisire però una buona struttura psichica, un buon
convincimento della necessità di regolamentare l'etica perché
diventi sempre più forte, ed è questo a cui deve aspirare lo
stato, un cittadino, quindi la società; questo sì, ma che si
raggiunga la perfezione idealistica non soltanto dico di no. ma
dico che non sarebbe neppure conveniente per le esperienze
dello Spirito, e forse per le stesse esperienze umane, perché
per vivere avete bisogno di tutta una serie di processi che
vanno dalla tentazione al cosiddetto peccato, all'assolvimento
del peccato e al piacere, alla sofferenza e alJa gioia, al le alter
nanze che vi creano stimoli e modalità di riflessione.
Se doveste avere un pensiero monocorde probabilmente
diventereste apatici e sareste come la maggioranza delle per
sone senza più idee e senza più stimoli.
324
L'UNO E IL MOLTEPLICE. CONCETTO DI UNITÀ.
ENERGIA UNIVERSALE E SPIRITO:
UNA DICOTOMIA DA SUPERARE.
DIO COME SOGGETTO E OGGETTO.
ETERNITÀ DELL'UNIVERSO MECCANICO E GERMINA
ZIONE DELLO SPIRITO.
DUE UNIVERSI PARALLELI LA CUI DIFFERENZA INDI
CA IL DIVINO.
CATEGORIE SPAZIO TEMPORALI.
FEDE E RAGIONE.
IL DAIMON.
326
non dovete pensare alla vita organica dell'uomo, ma dovete
pensare a un concetto simile a quello dell'esistenza, un prin
cipio dinamico, perché la vita si dà, la vita continua, la vita ha
il suo presupposto di essere eterna, quindi esistenza, realtà
eterna.
La difficoltà di capire questi concetti sta nel fatto che l'uso
di determinati termini è un uso corrotto dalla cultura umana,
per cui vita per voi è la vita nel senso umano del termine, è
qualcosa che si muove entro però una forma, invece qui il
significato di vita assume una valenza universale.
Allora quando diciamo: lo Spirito vive ed è vita, non inten
diamo soltanto il processo della vita, ma l'esistenza della vita
come principio in sé.
Questa esistenza della vita come principio in sé, che vuol
dire esistenza, è identico a queJlo dell'Universo, indipenden
temente se si tratti di un Universo meccanico o se si tratti di
un Universo individualizzato qual è il mondo dello Spirito.
Il problema reale non è tanto in questa differenza o in
questa unione, il problema fondamentale è dato dal fatto che
dal punto di vista primordiale c'è una energia la quale è un
campo di vita, quindi un campo esistente che primeggia su
tutto; dunque l'energia è una forza che ha in sé strutturalmen
te, analiticamente, una serie di componenti: l'unione di questi
componenti produce l'esistenza.
Lasciamo perdere il problema di come sia o meno apparsa
questa forza, perché qui ci sperderemmo in tante possibili
opzioni, una di quelle è che ci sia il Dio che l'abbia determi
nata, che l'abbia emanata, e di questo abbiamo parlato altre
volte - noi manteniamo ferma questa tesi, che c'è a monte di
questo discorso l'altro discorso divino collegato con questa
prima parte della nostra esposizione - ma indipendentemente
328
mentre il mondo della soggettività non è quantizzabile, non è
misurabile, da qui dunque il minor valore in un certo senso
della metafisica rispetto alla scienza.
Ma, al di fuori di questa diatriba culturale, che naturalmen
te ha la sua importanza e se ne potrà anche vedere il risvolto
dal punto di vista fuori dell'umano, in realtà abbandonando il
linguaggio umano, abbandonando gli obbiettivi umani che di
stinguono tra vero e falso, tra metafisico e scientifico, ovverosia
tra irrealtà del mondo soggettivo e realtà del mondo oggetti
vo, al di là di questa diatriba, fuori, cade questo linguaggio,
cadono gli opposti, cadono tutti i presupposti per cui si debba
considerare sacro lo Spirito e non sacro l'Universo.
Peraltro, se l'Universo è stato emanato da Dio, credo che
sia implicito che sia tutto sacro, se proprio dobbiamo mante
nere questi termini, non si capisce perché dovrebbe esistere un
Universo maggiore rispetto ad un altro, soprattutto se intro
duciamo il discorso dell'origine, il quale discorso appunt o è il
presupposto che esista anzitutto la realtà, cioè che la realtà sia
un esistente, e sia dunque l'elemento fondante di ogni cosa.
La nostra attenzione va soltanto spostata, a questo punto,
sul come sia stato possibile ad un Universo meccanico, per
così dire, germinare un Universo non meccanico quale è quel
lo del mondo dello Spirito. Sicuramente credo sia valido il
concetto che poiché è così, cioè esistono i due universi paral
leli, e poiché è lo Spirito che deve essere stato emanato per
così dire dall'Universo dell'energia, evidentemente la realtà ha
in sé la possibilità di produrre, di germinare, vale a dire di
metter fuori da sé tutte quelle connotazioni che non erano p iù
coincidenti col piano meccanico dell'esistenza. Insomma lo
Spirito era ed è e resta un corpo estraneo dell'energia, perché
l'energia contiene in sé aspetti, strutture, formazioni, che non
330
Ora, indubbiamente, se la struttura della realtà ha in sé
questa duplicità di essere spirituale e meccanica nel contempo,
la forza a monte chiamata Dio ha dovuto necessariamente
trasferire in questa unità del cosmo le due sue fondamentali
caratteristiche, di essere anzitutto un soggetto, perché Dio è
un soggetto in quanto gli attribuiamo la capacità di elabora
zione e di autodefinizione.
Senza queste caratteristiche non parleremmo di Dio, ecco, in
senso sacrale, per capirci, ma parleremmo di Dio come di una
delle tante forze dell'Universo, allora Dio è contemporanea
mente entrambe le cose; questo lo facciamo derivare dal!'esi
stenza del cosmo, il quale effettivamente ci presenta, anzi si
presenta come un mondo meccanico, ma contemporaneamente
come un mondo meccanico che ha espulso da sé ciò che poi
verrà definito come Spirito, o per lo meno ha partorito lo Spirito.
Allora a tutto ciò deve corrispondere un principio, una legge,
perché l'Universo si muove meccanicamente, ma attenzione,
non si muove meccanicamente senza una ragione, pur non
possedendola la ragione, e la ragione è quella che abbiamo
detto prima, è il suo dover essere infinito ed eterno, perché è
in quelle condizioni che una forza resta eterna e infinita, cioè
quando su di essa non intervengono varianti e opzioni capaci
di modificarne il corso e trasformare una eternità in finite zza.
Allora la forza deve avere in sé un impulso tale da non potersi
esaurire: è questo il principio dell'eternità, e allora, se ciò che
chiamiamo Dio a monte è un soggetto, è però contemporane
amente anche un oggetto, perché tutto ciò che è soggetto è
anche un oggetto, tutto ciò che viene riguardato dall'interno
e dall'esterno diventa oggetto.
Se un uomo incontra un altro uomo, l'uomo che incontra
è anzitutto un oggetto, di cui poi ci assicuriamo che sia anche
332
un soggetto, cioè che è una forma parlante, giudicante, int el
ligente che pensa, che elabora, e allora io posso dire: è un
oggetto che contemporaneamente è anche un soggetto.
Ciascuno di sé cosa può dire ? "/o sono un soggetto perché
penso, elaboro etc .. , ma sono anche un oggetto, perché la mia
presenza è incontrata da altre presenze, e soprattutto è incon
trata con tutti gli altri oggetti che appartengono al mondo, perché
se io cammino su una strada, incontro un albero e ci vado a
battere con la testa, per l'albero io sono un oggetto, e qualwz
que altro uomo che facesse un simile incontro ,ni definirebbe un
oggetto che si è scontrato con il di lui essere oggetto e anche
soggetto.
Anche se può apparire complicato il discorso è estrema
mente semplice: le cose anzitutto sono, e nel momento che
sono, sono oggettivamente esistenti. Quando queste cose
oggettivamente esistenti pensano, possono essere anche defi
niti soggett i esist enti.
Allora questa duplicità di Dio di essere oggetto e soggetto
contemporaneamente, non poteva non influenzare la natura
dell'Un iverso, cioè della cosiddetta creazione, la quale in sé,
cioè tutta l'energia universale, contiene soggettività e ogget
tività, ma poiché all'Universo è stato attribuito il compit o di
essere un processo eterno ed immutabile o comunque trasfor
mabile, conservando la propria immutabilità, ciò che era sog
getto, cioè la parte soggettuale, doveva risultarne separata.
Ancora un perché: perché necessariamente separata e non
coesistente? Perché siamo un incalcolabile numero di esseri
e sistenti? Proprio perché se l'Universo meccanico avesse con
servato i processi che invece hanno configurato lo Spirito,
non sarebbe stato più meccanico, ma sarebbe stato un sogget
to di pensiero.
333
C'è un altro punto da introdurre in questa discussione, che
Dio è unità.
L'Universo dell'energia, espellendo - uso questa bruttissi
ma parola - da sé le sue improprietà - non voglio dire le
proprie impurezze, ma dal punto di vista meccanico sì, le
proprie impurità - non poteva che far sì che queste impurità
riassumessero il carattere di unità, perché tutto ciò che esiste
rispecchia in qualche modo il principio antecedente di questa
forza definita il divino, e allora il principio di unità per cui
ciascuno di noi è uno e non ha i caratteri dell'anonimia, quali
ce l'ha invece l'Universo meccanico, la scissione o la frantu
mazione in un numero infinito di Spiriti stato l'atto conse
quenziale di questa operazione di germinazione da una energia
unica di una serie di sottoenergie autonome che hanno deter
minato la nascita dello Spirito.
Ora spero che sia stato abbastanza chiaro quello che ho
detto.
È evidente che con la morte del corpo lo Spirito ritorna ad
essere ciò di cui abbiamo sempre detto e parlato, un essere
individuale, intelligente, etc.. senza i caratteri umani, ma piut
tosto con quei caratteri universali che lo Spirito possiede.
D'altra parte lo Spirito non ha perduto le proprietà del
l'Universo, perché la sua struttura di sostegno, quello che
abbiamo chiamato il suo esistere come forza, è una esistenza
energetica simile a quella dell'Universo, e se l'Universo ha
questa energia che è eterna, anche lo Spirito ce l'ha.
Il problema che si pone a volte a chi osserva questo tipo
di filosofia scientifica, in fondo, è se l'esistenza del lo Spirito
non sia allora parallela a quella della materia: se un giorno la
materia dovesse finire, se l'Universo dovesse mancare, fini
rebbe anche lo Spirito?
334
effettualmente simile e non ne ha più bisogno, ma poi sapete
che, questa però è ovviamente una concettualizzazione, che
l'infinito nello Spirito è un potenziale, mentre in Dio è una
estensione infinita, ed è un potenziale risolto, espanso, esi
stente, ma questa è già filosofia: è una interpretazione, una
possibilità, un ragionamento.
In realtà tutto questo discorso ha una sua logica ed ha una
sua oggettività, perché effettivamente l'Universo si mostra con
questo duplice carattere, quello che poi riconoscete anche
nell'essere umano, di essere materia e contemporaneamente di
potere pensare la materia, quindi una materia inerte per così
dire e una materia giudicante, una materia che esegue i I com
pito di vivere e una materia che esegue il compito di interpre
tare.
Questa differenza è già di per sé una dimostrazione logica
di una compresenza, quindi di un dualismo fisico e metafisico,
indipendentemente dalle interpretazioni.
Vedete, voi potete interpretare come volete, potete dire
che la materia pensante è un prodotto della stessa materia,
potete dire quel che vi pare, ma non potete eliminare la con
statazione ovvia che l'aspetto metafisico della materia esiste,
esiste concettualmente, ed a quel punto ciò che è concettuale
in un sistema logico, ha lo stesso valore dell'oggettuale in un
sistema puramente scientifico, e quindi in un certo senso c'è
una dimostrazione logica di questo dualismo, e se questo accade
in un piccolo sistema quale è quello terrestre o della mente
umana, a maggior ragione esiste in un grande sistema quale è
quello dell'universale in cui tutti quanti noi siamo immersi.
Quindi mi pare in questo modo di aver discusso una map
pa, in cui le varie collocazioni concettuali sono sufficiente
mente logiche e argomentabili, anche se si tratta di una mate-
336
ria complessa sulla quale molto si potrebbe dire ma credo che
i capisaldi restino comunque questi, una unità nella moltepli
cità, in un sistema logico discusso secondo me o discutibile
anche con gli strumenti che avete voi come persone umane.
337
D.: Forse potremo parlare di polarità dell'energia.
A.: Nel senso proprio spaziale certo non c'è, 1101 stiamo
parlando di cose che non hanno...
338
te il beneficio di questa materialità, cioè ne traete esperienza
e conoscenza, c'è un riavvicinamento un'altra volta, quindi ci
sono fasi in cui voi vi allontanate dallo Spirito per vivere la
materia, ma vivete la materia con la finalità di conoscerla, o
di conoscersi, che è poi la stessa cosa, perché è sempre un
volersi conoscere, soggettivo, allora c'è allontanamento e
avvicinamento, ma c'è comunque una osmosi fra questi due
momenti, se sono finalizzati, cioè se la coscienza vi partecipa,
è evidente.
339
A.: È falsa; infatti questo è un altro problema: quando ad
esempio si deve insegnare qualcosa a qualcuno, uso questi
termini un po' banali per insegnar qualcosa.
In realtà voi siete obbligati a vivere con una successione
temporale e spaziale, perché è legata al cervello; quando il
cervello finisce di esistere non c'è più questa successione; lo
Spirito non pensa in termini di tempo, ma pensa in termini di
forza e di esperienza, e di disvelamento, e di accumulazione.
Lo Spirito si evolve, questa sua evoluzione significa che
passa da una fase A alla fase B, perché altrimenti l'evoluzione
non si riesce a concepire; l'evoluzione implica un passaggio
da una fase minore ad una fase maggiore, non voglio dire
inferiore o superiore, ma da una fase minore ad una fase
maggiore, quindi c'è uno spostamento.
A.: C'è anche sulla Terra, però sulla Terra voi avete biso
gno di uno spazio-tempo reale, concreto, oggi, domani, un
minuto, fra due minuti, avete un orologio che cammina.
340
L'esempio più elementare che mi può venire è che voi avete
cominciato questa seduta, non so, mezz'ora fa, un'ora fa col
vostro tempo, non ho alcuna idea del tempo che è passato, ma
in questo momento neppure voi ce l'avete, eppure siete di
un'ora più vecchi, ma di questo invecchiamento non avete
nessuna coscienza, non soltanto e non tanto, ma le cose che
io vi ho detto possono essere state accettate, elaborate, sono
entrate dentro di voi, ma i contenuti non sono stati assunti
con una scansione temporale.
Per lo Spirito il processo è ancora più rarefatto.
341
A.: Esatto, sì.
A.: Certo.
342
D.: Perché questo fatto di espellere le sue impurità che
formavano questo Universo dello Spirito mi sembrava, abituata
alle nostre categorie ...
343
D.: Dico questo essere, questo esistere è già di per sé una
dimostrazione, non c'è bisogno di una dùnostrazione di questo
esistere.
D.: Facciamo una ipotesi, lutto ciò che è, tutto ciò che è
esistenza, chi è che lo può immaginare, cioè ci vuole qualcuno
che lo guardi dal di fuori, per esprimermi in maniera molto
banale?
344
giungere con la propria capacità, può dire che quella esistenza
appartiene a un Dio, ma potrebbe non essere così: potrebbe
essere esclusivamente il limite che provoca la domanda di ciò
che è fuori del limite, attribuendola a un Dio, non c'è un
collegamento diretto: noi lo sappiamo che l'origine dell'esi
stenza presuppone l'origine di un Dio, perché è il discorso che
abbiamo fatto del soooetto-oooetto
00 . 00 > soprattutto che ci porta
a pensare all'esistenza di Dio oltre il limite dell'unità concet-
tuale.
Concettuale vuol dire che è supposto, che è logico, che è
pensato e pensabile; la concettualizzazione però non è con
temporaneamente anche verità, è concettualizzazione logica;
fin dove arriva la logica voi e noi non lo sappiamo, possiamo
presupporre che possa però esistere un altro tipo di logica, in
cui le caratteristiche attribuite da una filosofia e dal linguaggio
umano, di una logica che non ha in sé la possibilità di essere
contraddetta, potrebbero completamente saltare in vista di un'al
tra logica che, per esempio, dica che le cose che possono
essere contraddette sono le vere e le cose che non possono
più essere contraddette, cioè la logica umana, siano false.
L'impianto di queste due possibilità è un impianto che dif
ficilmente si riesce a confutare, perché il fatto che la logica
umana è tale quando ogni confutazione non riesce a dissaldarne
l'impianto matematico, proviene a sua volta da un tipo di
impostazione e di ragionamento che nasce dall'uomo: non c'è
alcun dubbio su tutto questo.
Però devo dire anche questo, per rispondere un po' più
direttamente al la domanda: certo, la presenza inconfutabile
de11 'esistenza, attraverso tutti i discorsi che abbiamo fatto,
può lasciar pensare all'idea di Dio, e per via logica ci possia
mo anche arrivare a questo, ma non direttamente, perchè J'esi-
345
stenza o l'essere è in tutte le cose che hanno una loro concre
tezza, anche una loro intuibilità, anche una loro necessità.
Le cose sono, ed è indubitabile che sono, ma il fatto che
sono non autorizza contemporaneamente a ritenere che questa
origine sia divina, tanto è vero che la maggioranza di tutti i
fenomeni universali non ha una origine diretta divina, ma una
origine indiretta: se Dio stabilisce i principi, non crea la ma
teria in sé; nessuno si immagini che Dio un bel giorno si sia
messo a costruire gli atomi, e poi dopo le molecole e poi le
strutture molecolari e che questo processo sia stato pensato
da Dio direttamente, non è pensabile una cosa del genere.
Voglio dire: è elementare, è banale, supporre che Dio se
condo la Bibbia abbia potuto creare gli alberi e poi gli
animaletti e poi gli animali grandi e poi gli animali intelli
genti e poi l'aria etc.: poniamolo un po' più in alto, c'è un
principio e c'è una legge dalla quale scaturisce tutto questo.
Certo, noi riconosciamo che senza quella presenza la legge
non ci sarebbe stata, ma non scambiamo gli effetti con la
causa, questo è importantissimo.
D.: No, ma un effetto mostra che c'è stata una causa, almeno
come ragionamento umano, e comunque c'è stato un principio
che ha stabilito quell'effetto.
346
è chiaro, perché i ragionamenti si possono fare in due modi, sia
affermando e sia negando; ora non basta semplicemente met
terci delle parole o delle definizioni, perché le definizioni sono
tutte da dimostrare, compreso le idee semplici, aggiungerò.
Però c'è un impianto dell'Universo, ed io voglio attenermi
logicamente all'impianto dell'Universo quale esiste intorno a
voi e intorno a noi; questo Universo è costituito dalla esisten
za, questa esistenza è interpretabile, può esserci un Dio o può
non esserci, può essere scaturita dal nulla o è scaturita da
qualco sa.
Teniamo presente che il passaggio dal nulla al qualcosa è
un passaggio che facilmente viene affermato, ma difficilmente
viene dimostrato, perché anche se proviene da Dio, noi dob
biamo dire che proviene da un nulla, e mi spiego perché:
perché comunque tra Dio e l'Universo dovrebbe esistere teo
ricamente una differenza infinita.
L'Universo nella sua specificità nasce da un non Universo,
cioè da qualcosa che antecedentemente non c'era, e quindi
teoricamente nasce da un nulla, però noi sappiamo o presu
miamo di sapere che esisteva potenzialmente in Dio, ma que
sto passaggio va dimostrato dal punto di vista della logica,
altrimenti è una affermazione di fede: ecco a questo soltanto
volevo portarvi.
D'altra parte la verifica di qualsiasi affermazione va fatta
anzitutto negandola, e vedere se regge: se la negazione regge,
allora il ragionamento precedente non ha i presupposti della
logica e della verità.
D.: Il fatto che nasca dal nulla, non potrebbe essere proprio
que sta la dimostrazione dell'esistenza di Dio?
347
A.: Certo, anche questo si può dire.
348
Se facciamo una discussione con passaggi fideistici senza
dimostrazione ovviamente possiamo arrivare dove ci pare, ma
c'è questo passaggio molto importante, una lacuna, c'è un
vuoto praticamente, e certo noi diciamo che questo giustifi
cherebbe l'esistenza di Dio che trae dal nulla, come direbbe la
vecchia Bibbia, e crea.
Naturalmente noi sappiamo che l'Universo meccanico e
l'Universo spirituale sono una proprietà di Dio, però la mia è
una affermazione dedotta, la cui dimostrazione non è altret
tanto semplice, quindi da una parte c'è un ragionamento
intuitivo, un ragionamento di conoscenza diretta quale posso
averla io che non ho un corpo e quindi parlo da essere spiri
tuale, dall'altro però mi rendo conto che certe affermazioni
vanno dimostrate in un altro modo, altrimenti la mia sarebbe
una rivoluzione rivelata, non sarebbe ragionata, e questa è la
differenza poi tra la fede e la ragione.
A.: Esatto.
349
D.: È la forza dello Spirito che non ha valenza?
A.: Può essere anche la propria anima che parla, che parla
alla coscienza, quindi può assumere più valenze e più aspetti,
per cui non c'è una definizione precisa, diciamo che appare
una forza qualificata qualitativamente ispirante.
Quando si dice l'ispirazione: l'ispirazione può persona I iz
zarsi, sia per motivi psicologici, e sia per motivi paranormali,
cioè essere veramente una voce che parla nella coscienza di
soggetti particolarmente sensibili, e può diventare addirittura
fenomeno vero e proprio, come è accaduto a tanti, come in
parte succede anche qui.
350
Io sarei il claimon del fratello Corrado, in quanto sono un
essere spirituale che parla alla sua coscienza; per meccanismi
strettamente tecnici è stato possibile dar voce e produrre quello
che è il fenomeno tipico di certe medianità. Questo è tutto.
In alcuni è più sfumato, in alcuni resta una intuizione, un
soccorso, se il soggetto è in una particolare situazione di
capacità ricettiva, come può accadere appunto nell'arte, nella
filosofia, nella poesia, cioè in chiunque attinge ad un mondo
inconscio e addirittura retroinconscio, attinge tutto questo che
arriva alla coscienza sottoforma di intuizione diciamo infor
male, sottoforma di voce, sottoforma paranormale, e quindi
apparire uno Spirito che parla. Assume varie connotazioni
secondo le situazioni del corpo, della mente del soggetto.
D.: ma anche proprio come energia ...
A.: Ci sono casi in cui non c'è soltanto la presenza di
questo complesso fenomeno denominato daimon, in questi
soggetti che sono particolarmente sensibili, c'è anche la ma
nifestazione della propria anima, cioè del proprio Spirito.
In altri termini il corpo, cioè il cervello e la mente, posseg
gono oltre se stessi, cioè oltre la propria materialità. di essere
mente e cli essere corpo, posseggono un'anima come ben sa
pete e la possibilità che all'anima si aggiungano intermediazioni
e ulteriori interventi percettivi, che appunto sono quelli definibili
come daimon.
351
D.: Ci possono essere anche interventi di altre entità come
si diceva l'altra volta dell'accoglienza.
352
Le comunicazioni contenute in questa rivista sono state trasmesse da quella note
vole personalità medianica che è l'«Entità A» mediante trance ad incorporazione di
un eccezionale sensitivo che ha operato esclusivamente a Napoli per il Centro Kosmos
prima (dal 1946 al 1963) e per il C.I.P. dal 1963 ad oggi.
366
sempre per il solito ragionamento che non tutti possono capi
re.
In realtà è chiaro che se voi trascinate lo Spirito o la parte
che potete chiamare Anima nella banalizzazione, anche l' Ani
ma si ritrae; ogni volta che noi banalizziamo il discorso, l'Ani
ma si ritrae perché non ha nulla da condividere, non ha nulla
a che fare col discorso umano, perché si serve dell'umano e
dell'umanità, ma ai fini dell'esperienza, per poi operare una
traduzione in sé di ciò che ha percepito. Non possiamo con
siderare l'Anima soltanto una funzione della mente, sia pure
più rarefatta o più nobile, dobbiamo sempre dire che si tratta
dello Spirito che metaforicamente prende forma umana e vie
ne dunque definito Anima, ma viene definito da voi, però, noi
non la facciamo questa differenza, per esempio, voi avete questa
necessità, così come quando parlate di mente superiore o di
mente fisiologica per così dire, sono ripartizioni un po' di
comodo per poter meglio capire che cosa è in movimento.
Quando parliamo cli Anima noi stiamo parlando cli Spirito,
altrimenti sarebbe meglio usare altri termini come psiche per
esempio, per alludere a tutta una serie di funzioni che nascono
dal cervello e che per quanto possano apparire nobili rispetto
alla natura sono però sempre riconducibili ad una attività
cerebrale.
Si tratta cli una modalità dello Spirito. Certo, è una mo
dalità strumentale.
368
un'altra sfera del mentale, che è la sfera inconscia nella quale
l'Anima è partecipe, è presente, è lì che aspetta il soggetto per
stabilire il contatto.
A.: Sì, però poi bisognerebbe fare tutta una serie di distin
zioni,
370
lasciato il corpo prima, e dopo queste cose già le sa, non ha
bisogno di apprenderle in Terra, cioè proprio nel luogo che
non è deputato linguisticamente a riconoscerle.
Allora qui sembrerebbe un paradosso, che capovolge com
pletamente quello che poi si è sempre raccontato nella storia
della ricerca sacra dell'umano: se noi stabiliamo come proces
so il proprio percorrimento, che Io Spirito può accedere alla
conoscenza dell'universale attraverso questo proprio doppio
di essere Anima, di tradursi in capacità ricettiva di ciò che è
fuori di sé, e il corpo è il fuori di sé dello Spirito che deve
essere conosciuto, lo Spirito, quindi, vive nel corpo perché il
corpo coagula una serie di capacità individualizzate, che la
natura generalizzata dell'Universo non possiede.
Il corpo, e qui vorrei sottolineare, produce esperienza in
chi naturalmente le vuole creare le esperienze, ma le esperien
ze non sono soltanto il fare della vita, le esperienze sono
costituite anche da aspetti astrattizzati della vita che però
esistono e sono possibili soltanto con la vita.
Prendiamo alcuni esempi più banali: il dolore, l'amore, i
sentimenti, le curiosità, il soddisfacimento di bisogni materiali
o di bisogni più astrattizzati; oppure nell'ambito del sensorio,
gli odori, i sapori, le visioni, i suoni, l'arte, la musica, la
poesia, la pittura, la scultura, le opere dell'uomo, il percorri
mento di queste esperienze, e potrei aggiungerci l'avere figli,
il lavorare, questo tipo di esperienze non è possibile nel mon
do generalizzato della natura e dell'Universo, perché sono
concentrate, questo tipo di esperienze (altre poi ce ne saranno
in altri piani dove è possibile farle), queste esperienze sono
coagulate in quello che chiamiamo il corpo. Dunque lo Spirito
nell'incarnarsi lo fa per impadronirsi di una possibilità che egli
poi traduce come piano conoscitivo del!'Universo, in cui in
contra sensazioni, percezioni, movimenti, socialità, costruzio-
372
potete sottrarvi, potete negarla, potete fare i materialisti, tutto
quel che vi pare, ma quando fate ciò egualmente pungente
acuta è la nostalgia di un ritrovamento, che diventa il deside
rio del padre, il desiderio del mistero, il desiderio del sacro,
il desiderio di spiritualità, che poi potete chiamare bene, altru
ismo, dono, nelle mille maniere in cui l'uomo riesce a coagu
lare in una forma poetica o scientifica il suo prezioso deside
rio di auto-riconoscimento.
Ecco perchè poi non c'è contraddizione, ed ecco perché in
fondo voi potete fare a meno di Dio, potete farne a meno
nella misura in cui però accantonate il problema, che in questo
momento non vi riguarda, ma sarebbe veramente straordinario
se Dio dovesse affidare il riconoscimento di sé a delle povere
menti quali voi siete; francamente mi deluderebbe Dio se ve
ramente dovesse desiderare una cosa del genere da quei pic
coli uomini quali siete.
374
mincia ma che lascia presupporre un processo che vi è stato
prima e che poi arriva all'individuazione.
In realtà, per capire bene questo bisognerebbe anche capire
bene {molte volte comunque credo che ne abbiamo parlato)
perché esiste lo Spirito. Il perché esiste lo Spirito è essenziale,
ed è propedeutico al momento della individuazione.
Noi abbiamo detto molte volte, ed ora riassumiamo, che
l'emanazione da parte di Dio è un atto conseguenziale e quin
di necessario ad un processo che si svolge in Dio, e in un
certo qual modo rispecchia una realtà che è in Dio.
Detto in maniera più semplice possibile, lo Spirito è il
risultato di alcune proprietà che devono sicuramente essere
presenti in ciò che chiamiamo Dio. Adesso lasciamo perdere
il discorso precedente, ma che egualmente ci riporta a quello
indirettamente perché qualunque sia la realtà di Dio noi diamo
per presupposto che esista questa realtà.
D'altra parte noi siamo, e indubitabilmente io so di essere,
e quindi ciascun altro essere come me sa di essere, e di ciò
non dubitiamo; e poiché sappiamo che in ogni caso siamo
l'effetto di una causa che deve essere da qualche parte perché
non siamo nati da soli, non siamo auto-nati dall'Universo .
Quindi non seguiamo la supposizione materialistica che an
che ciò che chiamiamo Anima potrebbe essere il risultato di
una attività del cervello e noi non siamo il risultato di una
attività dell'Universo, perché al di fuori di noi non esiste nulla
di simile nell'Universo, e l'Universo per come è costituito e di
cui disponiamo come Spirito di tutte le conoscenze fondamen
tali - si capisce secondo la nostra evoluzione ma conosciamo
tutte le coordinate fondamentali - sappiamo che il principio di
individualità e di individuazione specifico del nostro stato di
essere non è presente nell'Universo generalizzato.
376
da precise realtà che sono nell'esistenza del divino che si
raggruppano, si formano, si coordinano, si condensano, si
individualizzano, per poi essere portate ad una realtà in
dividualizzata deprivata dal contesto.
Che significa? Detto in termini estremamente brutali alcune
qualità di Dio sono state rese individuali e portate fuori dal
contesto generale del divino, e nasce l'individualità quale noi
riconosciamo e che definiamo lo Spirito. Quindi questo pro
cesso di individuazione, stante gli attributi del divino, di esse
re infiniti ed eterni, provengon o dall'eternità, perché se c'è
davanti a noi l'eternità, c'è anche dietro, non siamo eterni
soltanto nel divenire, ma siamo eterni e siamo stati eterni
anche nel nostro provenire, e non possiamo stabilire un mo
mento in cui si determina, perché ancora una volta sfuggiamo
alle regole dello spazio tempo, quindi la nostra infinitezza non
ha un vero inizio e dunque siamo sempre esistiti.
Non possiamo insomma fare a questo proposito un ragio
namento di tipo fisico e dire: c'è un momento in cui viene
tagliata la placenta e lo Spirito diventa libero ed autonomo, la
placenta non è stata mai tagliata, in questa misura e in questa
cifra noi siamo sempre stati. Questa è l'unica risposta che io
posso dare a questa domanda, e quindi con l'intuizione lo
Spirito torna e va indietro e avanti in un movimento oscillante
che lo porta a recuperare le sue matrici divine ed a proiettarsi
avanti nella sua direzionalità infinita.
In questo oscillare avanti e dietro si svolge l'eternità e
l'infinitezza della natura di cui è costituito lo Spirito.
378
umana, sarebbe rassicurante una idea del genere, ma non è
così, e non so neppure quanto rassicurante potrebbe essere.
A.: Certo.
380
A.: Può darsi, ma è un po' stato sempre così, non credo
che questa sia una novità del vostro tempo. I giovani hanno
sempre avuto bisogno di tutto e di niente. Di tutto perché
l'uomo che nasce e viene alla luce sembra aver bisogno di
tutto: così come durante il periodo di formazione ha bisogno
di arricchirsi del linguaggio, ha bisogno degli affetti, ha biso
gno della protezione, e ricevendo tutto questo, egli continua
nel suo bisogno di inglobare anche altro, solo che la vita ad
un certo punto lo arresta, perché mentre tutte queste cose
sono necessarie alla sua esistenza, le altre forse non lo sono,
e quindi comincia a subire i primi scacchi perché non può
r
sempre ricevere tutto.
Quello di cui ha bisogno è fisiologico, è mentale, lo cerca
e gli altri glielo danno, incontra e se le prende le cose, ma
nella progressione poi incominciano le interruzioni, perché il
onda non è più disponibile a dare tutto.
Poi vi sono periodi storici in cui diventa difficile stabilire
r
t!mo scambio tra diritti e doveri, e allora se al giovane non
_IVengono insegnati i doveri, i diritti si scambiano con i doveri
I e quindi gli uomini finiscono col pretendere ciò che invec e
devono conquistare, e si creano false illusioni di poter avere
tutto a prezzo basso, e diventano incattiviti quando quest o
scambio non è più possibile.
Lascerei un po' le frasi fatte a coloro che raggruppano in
poche parole un processo invece molto complesso; sicura
mente vi sono stati e vi sono periodi storici in cui il senso del
dovere verso la vita e verso gli altri e verso la s ocietà non
viene inculcato, ed allora il giovane ha soltanto diritti, pre
tende soltanto di dover ricevere in nome di rm diritto a ri
cevere, ma J' incarnazione non si fonda su questo, si fonda
sulla lotta, sul lavoro, sulla conquista, e si fonda anche sulla
pulsione a sperimentare, all'interno delle regole e delle leggi,
382
equilibrio tra doveri e diritti, e in questo binomio potrebbe
naturalmente immettere la sua linfa operativa fatta di progetto
spirituale che emerge a livello direi quasi istintuale, e deside
rio di realizzare la vita.
Dunque questo armonico sviluppo, con i sussidi appunto
giusti di questi tre poteri, consentirebbero anche all'Anima di
vivere il progetto in una maniera sufficientemente armonica,
elaborata, congrua, al riparo di molte forme di depressione
giovanile, di devianza, di incubo, di paura, e a volte di terrore
del presente e del futuro.
A.: Sì.
384
Ascoltare, studiare, leggere sono indubbiamente cose pre
ziose, ma preziosa è l'azione, vale a dire il viversi la teoria,
il realizzare nei rapporti umani, verso se stesso, cioè verso la
propria evoluzione, un modello alternativo al vostro vivere
quotidiano, talvolta, molto banale, se non addirittura inutile.
La Terra ha le sue esigenze, la vostra civiltà, il vostro
paese, le vostre famiglie, reclamano un modo di vivere al
quale però vi siete troppo confinati, troppo donati. Questo
modo di vivere finisce piano piano col diventare a morfo,
ripetitivo, stanchevole per non dire stucchevole, cioè diventa
un procedere di sopravvivenza piuttosto che di vita.
Con tanti di voi ci incontriamo da tanto tempo, voi siete il
nostro gruppo che ascolta quello che diciamo; gli altri, tanti
altri, vorrei anche poter dire centinaia di altre persone ci se
guono in altro modo, attraverso le cose che raccogliete, che
trascrivete, che modificate, che insomma diffondete, e però a
voi com e a costoro io ripeto: la vita non è u n seguire teorie,
obbedire a teoremi e dottrine, ma è lo sperime ntare giorno
dopo giorno le proprie qualità, la propria essenza.
Ma perché qualità ed essenze si possano vivere è necessa
rio l'impegno per riconoscerle, quindi per riconoscervi. La
vostra anima non è sulla Terra per obbedire alla sopravviven
za di specie: per la sopravvivenza di specie è sufficiente la
natura , che è già stata predisposta per far questo; la natura si
riproduce, cammina, va anche senza l'anima. Si tratta di feno
meni fisici, chimici, biologici che non hanno bisogno né dello
Spirito né di Dio: eseguono e compiono atti insiti nella loro
struttura, nella loro vita.
Voi avete qualcosa in più, ma questo qualcosa in più quan
to stenta ad essere riconosciuto! Nella maggior parte dei casi
stenta perché il soggetto, cioè voi, non svolgete quell'im pe
gno di ricerca accurata di quella che è come posso dire la
386
risorse del vostro Spirito che in questo momento sente quello
che io sto dicendo.
D'altra parte il vostro Spirito sa benissimo come stanno le
cose, è la vostra coscienza umana, cioè queJla parte del la
coscienza che si è connaturata e strutturata con la soprawivenza
di specie, quella parte di coscienza che si è costituita attraverso
il vostro cervello, che fa orecchi da mercante, perché la vita
dello Spirito, la realizzazione della coscienza spirituale è cosa
diversa dalla coscienza di specie, dalla coscienza biologica .
C'è anzi un conflitto, perché la coscienza vostra, quell a
quotidiana che esperisce la vita nella consuetudine e nella ri
petizione di sé, è una coscienza che è finalizzata alla soprav
vivenza e in questo caso, essendo una coscienza che vive nel
mondo è una coscienza che si è socializzat a, m a l a c ui
rocializz azione è comunque legata al principio della soprawi-
venza che diventa non solo soprawivenza biologica, ma s o
� ravvivenza delle abitudini, sopravvivenza dei riti sociali, so
ravvivenza delle consuetudini sociali.
Cioè il modo di vivere in questo modo è simile purtroppo
al mondo della natura, vale a dire al mondo animale , perché
la differenza che dovrebbe essere posta in atto è quella differenza
che trasforma il soggetto umano psicologico biologico in una
persona spiritualizzata, vale a dire una persona in cui riverbe
ra quel qualcos'altro che gli uomini hanno definito anima.
Se questo non avviene, se cioè il corpo vive il suo rito
animale e sociale, con le sovrastrutture sociali, al corpo in quan
to soggetto viene a mancare di quell'elemento in più che fa con
siderare umana la specie, e superiore la specie rispetto al bios
che consideriamo inferiore rispetto alla qualità dello Spirito.
Questo interrogarsi personale è una necessità che aumenta
enormemente quando si accede a delle forme di conoscenza
quali possono essere queste, oppure quando si accede anche
388
Molte mie vite sono passate così, sembravano ricche agli
occhi di tutti: quella è una persona realizzata, è una persona
che sta bene, è una persona di pace, è una persona buona; e
poi ero buono perché? Ero di pace perché? ero realizzato
perché? Soltanto perché non uccidevo, non rubavo, ero one
sto, seguivo la legge, obbedivo alle religioni di Dio: basta
questo per essere una brava persona?
Lo Spirito non viene per realizzarsi come brava persona: lo
Spirito viene per realizzarsi, dovrei dire, come bravo Spirito,
non come brava persona, perché lo Spirito è un'altra cosa
rispetto alla persona umana, Egli viene per realizzare se stes
so, la propria progettualità, la propria evoluzione: questo lo fa
insieme agli altri, d'accordo , perché vive in una comunità
umana, ma non basta essere una brava persona, la brava per
sona non è colui il quale passivamente accetta le regole e vive
soprawivendo, in pace, nel rispetto della legge, di certe vir
tù, di certi valori. Lo Spirito è un principio promozionale.
Il bene, il vero bene è la promozione dell'azione, non è
semplicemente non fare il male;il bene è realizzare alcuni va
lori di conoscenza dello Spirito, e nel produrli e nel manife
starli coinvolgere anche gli altri che partecipano alla vita di
ciascuno di voi o di ciascuno di noi.
Dal momento che siamo individualmente soli, ma siamo
collettivamente in compagnia, sulla Terra nessun essere è solo,
perché in qualsiasi modo illumina o fa ombra agli altri, cioè
incrocia il cammino e le vite degli altri.
Allora l'azione dello Spirito è una azione promozionale di
sé che significa attivarsi per realizzare la conoscenza e l' espe
rienza della Terra e collegarla attraverso il corpo al proprio
Spirito.
Attivamente significa in maniera cognitivamente attiva, po
sitiva, ecco perché quello che ancora una volta sto ripetendo
390
in un ceto senso ci rende spiritualmente responsabili dei nostri
atti. Cosa è la vita? Cosa è la morte? Quale è il senso delle cose
che facciamo? Quando meccanicamente siamo nel bene questo
ha sicuramente una pregnanza spirituale, ma è quando ci ponia
mo domande che si entra nell'area dei tuoi insegnamenti e si
focalizza il senso dell'esistenza.
392
vivenza e la pura adesione a norme che nulla hanno a che fare
con l'anima.
La situazione vedete è estremamente semplice: uno Spirito
si incarna con un suo progetto, ma poniamo anche senza un
suo progetto, per fare un discorso ancora più semplice. Uno
Spirito si incarna, che lo mandi Dio, o che sia mandato da se
stesso, anche questo non è importante, lasciamolo perdere,
nasce un'anima, cioè un'anima si produce attraverso un cor
po.
Vogliamo ancora aggiungere un altro elemento? Supponia
mo che l'anima non sussista precedentemente, (vedete vi sto
concedendo tutto) e che invece si costituisca al momento della
nascita.
La mia domanda intanto è questa: ma al momento della
nascita (già altre volte voi mi avete indotto a fare discorsi
intorno alla persona umana), al momento della nascita l'anima
c'è veramente, oppure fingiamo che ci sia?
Se quest'anima c'è, di che natura è? È di natura spirituale
o è di natura biologica?
Se è di natura biologica il discorso non si pone più, siamo
in pieno materialismo: non c'è anima, non ci sono valori spi
rituali, semmai ci sono soltanto valori sociali da mantenere,
conservare e sviluppare per l'ordine della Terra.
Ma se il discorso è di tipo religioso, allora l'anima c'è,
perché se non c'è nemmeno l'anima in senso spirituale, che
senso hanno le religioni di sussistere nel mondo?
Allora dobbiamo supporre che l'anima ci sia, allora dicia
mo: l'anima c'è, non è di natura biologica, è di natura spiri
tuale, l'ha fatta Dio, non l'ha fatta Dio, non lo sappiamo,
comunque la sua natura non è biologica.
Ma se la sua natura non è biologica, e non è sociale, perché
quest'anima dovrebbe seguire tutte le regole sociali e biologi-
394
Ancora si può dire: ma gli uomini da soli non ce la fareb
bero a crearsi un apparato etico e bisogna che ci siano gli esper
ti, i sacerdoti del tempio a dirci quello che Dio vuole e Dio non
vuole. Ahimè no! Non sono d'accordo su questo, perché stiamo
parlando non di regole sociali ma di regole del vivere dell'ani
ma, regole che non possono essere assimilate al vivere sociale.
Io mi rendo conto che questo è un discorso difficile e in un
certo senso estremamente rivoluzionario, ma io vi dico quella
che è la mia posizione di essere con una voce che è materia,
con un vocabolario, con un linguaggio che è materiale.
Dimenticate la mia voce, la modalità impervia con cui io
comunico con voi, dimenticate il rapporto di tipo creativo o
intuitivo che si può formare tra un soggetto particolarmente
dotato come il nostro Corrado e questa cosa altra che è da
un'altra parte, e soffermatevi soltanto sul senso, sul significa
to di ciò che io sto trasmettendo.
Il problema è se voi avete un· anima che sia una vera anima
oppure un'anima virtuale, inesistente, che è nominata come
tale soltanto per spiegare il valore dell'etica e per guidare
quindi eticamente gli uomini.
Se questa anima esiste veramente, è una struttura la quale
ha delle proprietà, cioè ha una sua natura strutturale, vitale ed
ha proprietà, di cui la fondamentale è quella di avere con
sapevolezza di sé.
Il problema semmai nasce dal fatto che quest'anima consa
pevole di sé nel momento in cui si lega al corpo è il corpo che
si dimentica dell'anima, cioè il corpo non ha gli strumenti per
decodificare l'anima: non ce l'ha né intuitivamente n é nel
proprio linguaggio, ma, per poter risentire la propria struttura
interna, deve paradossalmente liberarsi di sé, dimenticare la
propria natura umana e lasciare emergere l'altra natura, l'altro
linguaggio, l'altra presenza.
396
Ma, attenzione! le accetta finché le regole del mondo sono
giocate su un tavolo in cui ci sia il riconoscimento però del-
1'anima, perché se il riconoscimento dell'anima non c'è, non
si può giocare a un tavolo in cui gli assenti non possono
parlare ma vengono egualmente nominati come se fossero
presenti, come accade nelle religioni, ad esempio.
Si evocano tutti, da Dio al figlio di Dio, dai santi alle
madonne, dagli dei o i falsi dei come se veramente fossero lì,
seduti al tavolo delle trattative e potessero dire la loro: ahimè
non ci sono, voi fate domande e risposte da soli, e questo è
inaccettabile per lo Spirito.
È inaccettabile perché lo Spirito obbedisce alle regole della
T erra, le vuole anche rispettare, ma vuole il suo posto rappre
sentativo. Ma come può averlo questo posto rappresentativo,
se sin da quando nasce si fa il lavaggio del cervello al corpo,
cioè lo si condiziona al punto tale che una volta avvenuto lo
sviluppo si è nella trappola? Ed ecco che si ricomincia da
capo: vi sono alcuni che vogliono uscire dalla trappola, ci
riescono, non ci riescono, non lo si sa, ma l'importante è
provarci, io dico.
Ci sono tanti che non si pongono il problema e conducono
le proprie vite nell'inerzia, in attesa della morte.
398
Quando lo state realizzando pensate a voi stessi come ani
ma che lo sta facendo, perché l'insieme dei significati è il
risultato delle azioni; le azioni, hanno un significato per voi,
acquistano un senso se c'è l'intenzionalità, se c'è il riconosci
mento.
Questo significa che il linguaggio dei gesti, il linguaggio
della vostra stessa parlata umana, i vostri vocaboli, ciò che
rappresenta l'aspetto semantico dei segni, dei segnali, si stan
no portando in un'area più subliminale, si stanno simbolizzando;
e più accade questo processo più il senso dell'azione si radica
e nel momento che si radica diventa esperienza dell'azione, e
quando l'esperienza dell'azione si radica significa che si sim
bolizza, passa cioè ad un altro linguaggio, e passando ad un
altro linguaggio entra nel vostro inconscio, diventa patrimo
nio, perché è diventata esperienza.
In questo modo dalla pura e semplice azione del corpo si
passa alla simbolizzazione dell'azione, che racchiude in sé il
suo significato, la sua area semantica, la quale è estremamente
vicina al tipo di linguaggio dell'anima.
In questo modo voi fornite all'anima il motivo dell'azione,
il significato dell'azione, che a sua volta l'anima rielaborerà a
suo modo, ma che è l'unica che può capire, perché l'anima
non ha il vostro linguaggio, non parla come voi, non agisce
come voi.
Cosa volete che ad una sostanza spirituale interessino, che
so, le scarpe che portate o il cappello che avete in testa o
quello che mangerete stasera o domani: non interessa assolu
tamente niente. Cosa volete che ali'anima interessino le vostre
liti quotidiane, le vostre banalità sociali, politiche, economi
che: è un altro il senso, il motivo dell'esistenza dell'anima.
L'anima vuole che passino in lei i significati della vita,
significati di azioni che ella non potrebbe assimilare nel suo
400
potere aprire la parte oscura che ancora non appartiene alla
propria evoluzione.
D.: Tu sei stato un uomo, quindi hai percorso quello che noi
stiamo percorrendo. Ti chiedo: in merito alla tua esperienza
personale, in quale momento hai percepito questo salto di cam
biamento?
A.: Naturalmente vi sono state le vite in cui mi sono posto
il problema nei termini in cui Io ho esposto prima, e vi sono
state vite in cui una parte dell'esistenza è andata a buon fine
rispetto alla mia necessità spirituale. Quando si ha coscienza
di questo? Credo che si possa avere coscienza di questo anche
nel corso della vita.
Credo di aver detto altre volte ed ora lo ripeto: quando vi
accorgete di aver superato un ostacolo (parlo di ostacoli in
terni che possono riguardare la propria caratterialità, il pro
prio modo di vedere il mondo, i propri limiti, le proprie resi
stenze, i propri valori spirituali), quando ci si accorge che si
è superato un ostacolo e si approda ad una conoscenza di sé
che prima non si aveva, quando si scopre una parte nuova di
se stesso, quando ci si impegna a voler scoprire una parte di
se stesso e ci si riesce, quando di fronte ad un ostacolo, ad
uno sbarramento che proviene dal proprio retroterra culturale,
spirituale, religioso, si capisce che alcune cose vanno fatte per
conoscere meglio la propria natura fisica, mentale, spirituale.
E quando tutto questo riesce e si prova il piacere della sco
perta, allora vuol dire che qualcosa di positivo si è fatto.
A volte, non avendo conoscenza della propria interiorità
spirituale, molte persone fanno questo, ma senza naturalmente
attribuire alle cose anche un significato spirituale: non impor
ta, non tutti conoscono le cose che ci stiamo dicendo, quindi
non si può pretendere questo.
402
non perde l'autonomia nel corso della vita, ed è una autono
mia che non viene trasmessa alla coscienza del corp o p er
impedire che la promiscuità faccia saltare il p rogetto, il pro
cesso.
In realtà le esperienze nuove che voi acquisite devono es
sere prodotte attraverso lo sforzo di traduzione tra un ogge tto
materiale che deve diventare un oggetto simbolico, e d allora
l'operazione implica uno sforzo del soggetto di natura menta
le, di natura intuitiva, di natura c reativa, affinché l'ogge tto
perda il suo significato di oggetto e si vada a trasferire nell' in
conscio come qualità, come rappresentatività, quindi astrattiz
zandosi pur essendo materia.
Quindi c'è un lavoro di avanti e indietro, di ritorno e di
uscita tra l'inconscio dell'uomo e la sua coscienza emergente;
in questo processo di appropriazione dell'esp erienza , il lavoro
stesso trasforma, simboliz za e astrattizza l'oggetto materiale .
Q uesto per dirla in termini un po' più tecnici, finché a rriva
allo Spirito il quale se ne appropria con una successiva ri ela
borazione.
Questa successiva rielaborazione la coscienza umana non
la conosce, ma ne ricava l'effetto. Qual è l'effetto? Quando
veramente l'uso della mate ria si è trasformato, si è metabo
lizzato ed è diventato astrazione, il soggetto ha un effetto di
ritorno che è il consolidamento etico della propria esperienza,
cioè egli sa e riconosce di aver operato giustamente, ch e la
cosa che è fatta è giusta.
Nello stesso modo, se la cosa fatta non è giusta, egualmente
il p rocesso awiene ma attraverso questo lavoro di me taboliz
zazione e di ritorno egli ha come effetto la percezione che la
cosa fatta è ingiusta, ed allora può correggerla e rielaborarla.
Che cosa awiene? Awiene che questa operazione di scambio
coinvolge il corpo.
404
senso proprio che hai detto prima, cioè, quando si supera un
ostacolo una esperienza è positiva, ma avverte interiormente
che qualcosa è cambiato, e amplifica la propria personalità in
senso positivo. In tutto questo il problema delJo Spirito è abba
stanza limitato e circoscritto.
406
La normalizzazione è l'etica del mondo, che tuttavia ha,
come stavamo dicendo, una serie enorme di eccezioni, che
superano a tal punto la normalizzazione dell'etica da portarci
in una sfera diciamo noetica, in una sfera la quale è rappresen
tativa di una ontologia in cui poi ci sono ancora altri valori di
cui l'uomo dispone e vive.
Ciò che tu dici e che anche io tante volte ho detto, è che
la macchina umana è essenzialmente materiale, e ciò in qual
che misura rappresenta un ostacolo, però non rendiamo un
buon servigio alla metafisica dichiarando che alcuni atti umani
sono atti essenzialmente dello Spirito che non invadono il
campo del sociale e dell'umano, perché in realtà lo Spirito ha
bisogno del corpo. Che cosa c'è di male ad affermare una
cosa del genere?
Lo Spirito è una entità astratta che per parlare e comuni
care ha bisogno del corpo, allo stesso modo che la mente ha
bisogno della voce, della memoria, ha bisogno del linguaggio,
ogni cosa dipende da un'altra.
In questo caso, essendo le due nature diverse, lo Spirito ha
bisogno del corpo, ed allora se voi (più che noi) spiegate che
all'interno di questo sistema così apparentemente chiuso, ap
parentemente murato, ci sono enormi e vistose smagliature
attraverso le quali ci sono altre presenze mentali che non
godono della stessa logica e della stessa spiegazione, voi af
fermate la possibilità o la certezza, a seconda dei casi, che
esiste insieme a tutte le funzioni mentali, anche una serie di
funzioni spirituali le quali per potersi esprimere hanno però
bisogno del linguaggio umano o della rarefazione di questo
linguaggio, quando diventano processi intuitivi, creativi e sim
bolici. Affermare una autonomia totale dello Spirito senza che
questo Spirito comunichi attraverso le vie del corpo, diventa
una impresa probabilmente fallimentare, perché non è possibi-
408
ETICA E PROCREAZIONE. SELEZIONE DELL'EMBRIO
NE.
DIRITTI DEI GENITORI E DELLO SPIRITO CHE SI IN
CARNA.
LIBERTÀ DELLA SCIENZA.
PROGETTO SPIRITUALE ED INTERVENTO UMANO.
ETICA COME MISURA DELLO SPIRITO. È DIFFICILE
MORIRE.
PERCEZIONE DELL'AMBIENTE TERRENO DELLO SPI
RITO CHE PROGETTA L'INCARNAZIONE.
FUTURO DEL CENTRO DISGIUNTO DALLA PARAPSICO
LOGIA.
FILOSOFIA COME "VISIONE". FENOMENI E CONTENUTI.
STRUTTURA VINCENTE DELLE RELIGIONI: SIMBOLI E
MITI.
METODO DI A. NELLO STRUTTURARE LA COMUNICA
ZIONE DELLA DOTTRINA.
410
fuorché dell'anima e cioè dello Spirito, quindi il problema
riguarda un'etica terrena, non un'etica dello Spirito.
Tuttavia devo dire che questo sarebbe anche un falso pro
blema, e se vogliamo esser pratici vediamo come coniugare
questo duplice interesse: da una parte lo Spirito, dall'altra
l'uomo, il quale attraverso manipolazioni tecniche pretende o
cerca una tipologia di figlio e non un'altra.
Dunque anzitutto diciamo questo: la pretesa di volere aver
un figlio è una pretesa sbagliata, tuttavia in questo ambito
sono pronto a riconoscere che psicologicamente e forse anche
tecnicamente tutto quel che si può fare per aiutare una madre
ed un padre a realizzare il sogno di avere un figlio può essere
lecito, così come può esserlo il desiderio di possedere altre
cose del mondo, non siamo nella illeicità pura, siamo comun
que già ai margini.
Una volta, ai miei tempi si diceva lasciate fare alla natura,
se le cose accadono, altrimenti no.
Oggi il progresso che voi avete sulla Terra e le conoscenze
consentono una manipolazione della natura, anche perché la
natura non è così perfetta come si crede, e quindi l'intervento
dell'uomo sulla natura per migliorarne le condizioni è perfet
tamente conforme ad una liceità, purché la natura non venga
stravolta, ma venga soltanto aiutata nel suo fare naturale. L'in
tervento affinché una donna per motivi tecnici, per motivi
biochimici non riesca ad avere un figlio, questa donna va aiu
tata, e siamo ancora nell'etica.
Diverso è il discorso di scelta di un figlio: lo voglio con gli
occhi azzurri o con gli occhi neri, lo voglio che sia un genio
e non sia uno stupido. Ciò è psicologicamente comprensibile
ma non è eticamente accettabile.
Perché questo? Qui ritorniamo sempre al discorso dello
Spirito: se lo Spirito ha deciso di sua libera volontà di entrare
412
Questa è la mia opinione in materia. Ma comunque su que
sto aspetto potete anche intervenire e farmi conoscere la vo
stra opinione in merito. Non so se siano tutte queste le do
mande che mi hai fatto.
414
Nel caso di un figlio questa libertà non è rispettata, perché
c'è soltanto il diritto di una parte che non tiene conto del
diritto dell'altra parte. Questo nasce da una ignoranza totale
che il mondo ha sui diritti o sull'esistenza dello Spirito, per
ché non a caso, se si parla ad esempio del cristianesimo, si
dice che l'anima viene creata al momento del concepimento,
ed allora l'anima non ha prediritti, perché non esisterebbe prima,
e non esistendo prima è chiaro che dopo i diritti che maturano
diventano i diritti di una società, non più di un mondo spiri
tuale, perché questo è reso inesistente dal fatto che l'anima
nasce nel momento del concepimento.
Questa premessa determina una serie di etiche che però
sono sbagliate in partenza, perché vanno a concretizzarsi ed a
svilupparsi su di un principio base che contiene un errore:
l'anima preesiste, e se preesiste vuol dire che esisteva con i
suoi diritti e soprattutto con la propria libertà, con la propria
capacità intellettiva, con la propria intenzionalità, con la pro
pria volontà: tutte cose che non vengono nominate nei discor
si dell'etica umanamente concepibile. Da qui le conseguenze
di discussioni che spesso restano sterili e diventano soltanto
dialettiche di comodo perché non si pongono le premesse.
In questo discorso la premessa è: qui c'è un'anima che vive
con il corpo, vogliamo sentire quest'anima cosa ne pensa di
tutto quello che stiamo facendo? Naturalmente parlo per uto
pia, perché non sarebbe neppure possibile tecnicamente inter
pellare l'anima dal punto di vista dell'uomo, ma tuttavia biso
gna considerare questa possibilità, che il nascituro ha una sua
struttura autonoma e sostanziale che poi lo fa diventare, dal
punto di vista umano, una persona, e questa differenza è quello
che costituisce l'anima preesistente, perché diventa persona in
quanto dal nostro punto di vista ha la sua natura biologica,
psichica, ha la sua realtà di mente, e c'è anche l'altra realtà
416
persona nel senso sp iritu al
e de t rm
e ine, pe potrebbe n o n
l hé
un discors o s epara o .
t
A. : Esatt o.
A.
: L'uomo è i risult at d un
l in
ambientale o i a r a
z n e bi
te
. c
i o
gi a
lo
o e d
l
418
persona nel senso spirituale del termine, perché potrebbe non
essere sufficiente questa elaborazione biologica a consentire
l'incarnazione dello Spirito.
Ma potremmo avere, aggiungo, anche delle eccezioni, per
ché non dimentichiamoci che ancora oggi vi sono Spiriti che
si incarnano in corpi insufficienti, cioè nonostante presentino
tare, difetti, assenze, mutilazioni. Ecco perché su questo farei
un discorso separato.
A.: Esatto.
418
Non lo so se la parola "diritto" vada bene in questo discor
so, perché questo mi ricorda una stessa frase detta a qualcuno
che si arrogava il diritto di guardare le stelle nel cannocchiale:
sarei molto prudente ad usare questo termine, perché è facile
poi negare altri diritti.
Come si fa a porre un limite al diritto della scienza di
ricercare in maniera neutra, a quello che può o non deve
fare?
Diciamo che la comunità e non la religione potrebbe apri
re un dibattito su questo, e cioè a dire un dibattito che possa
essere filosofico, scientifico, che possa legalizzare o non lega
lizzare questo principio della libertà scientifica, perché altri
menti si può anche porre un limite alla stessa medicina, la
quale non dovrebbe curare oltre un certo limite, oppure non
dovrebbe addirittura curare, visto che ci pensa la natura a
guarire o a salvare.
Non si è adoperato questo metro, anche se si è stati tentati
di farlo nel passato, ma proprio perché si è stati tentati di
farlo nel passato che questo limite non mi trova d'accordo:
mi trova d'accordo sull'etica che lo scienziato dovrebbe ave
re in sé come persona.
Questo ci sposta su un altro piano, ma anche qui, se io
scienziato posso ottenere determinati risultati, salvo a vedersi
quali possono essere le conseguenze, la ricerca di base non
può essere impedita, perché diventa estremamente pericoloso
in un paese, in un mondo, in un universo dove già vi sono
contrasti fra dittature e democrazie, intervenire sulla scienza,
che poi significa intervenire sulla cultura, perché allora lo stesso
discorso lo possiamo fare per la cultura in generale: certi libri
non devono essere scritti, certe poesie non si devono fare,
certe statue non si devono fare.
420
occhi blu o dagli occhi neri o che sia un genio, ma che si
possano raggiungere risultati; io dico può darsi che quel risul
tato sia inaccettabile, ma lungo la strada per arrivare a quel
risultato, quante altre scoperte vengono fatte che poi sono
utili per altre cose e probabilmente assolutamente etiche?
La scienza fa un percorso: se 10 è il risultato, il decimo
può contrastare con l'etica e non lo si utilizza, e gli altri 9
percorsi può darsi che siano utili per altre cose: per sanare
malattie, per intervenire su certe malattie, per far star bene la
gente.
Questo è un problema che ti assicuro non mi riguarda,
perché far star bene gli uomini nel senso umano non è un
problema dello Spirito, è un problema sociale, è un problema
umano, politico, un problema psicologico, quindi non dovrei
entrare nel merito; sento però di poter dir questo: lo Spirito
quando si incarna può anche scegliere un percorso di soffe
renza, di malattie, di storture, ma accetta anche nascendo in
un determinato periodo storico, che parte di questo progetto
possa essere modificato a causa dell'intervento umano.
In questo intervento umano c'è anche la guarigione di ma
lattie che lui aveva predisposto come esperienze e che poi la
scienza gliele elimina. Non possiamo certo impedire che acca
da questo. Lo Spirito lo sa e d'altra parte la scienza sta per
questo, la cultura sta per questo, per trasformare gli ignoranti
in persone che sanno e per trasformare una malattia in guari
gione, questo non lo possiam o impedire, fa parte della vicis
situdine e dell'evoluzione del pianeta.
Lo Spirito le accetta queste cose, e accettandole sa bene
che se ha scelto di fare il malato c'è la possibilità che poi
dopo qualcuno lo guarisca, e dovrà accettare anche questo, e
cambiare in parte il suo progetto e il suo programma, perché
quello che lui ottiene in quella sua incarnazione è alla fine
422
esposta, quella di Spiriti (cioè dei loro corpi) che devono morire
e non riescono a morire perché la scienza li mantiene in vita.
Oggi per voi diventa sempre più difficile morire perché i
presidi terapeutici si stanno moltiplicando in modo tale che
riescono a salvare vite umane che prima non si salvavano.
Vedete quanto si è allungata la vostra vita e quanto si allun
gherà ancora. Anche di questo allora dobbiamo parlare, ma
chi si sentirebbe di dire che non sia etico tenere in vita gli
esseri umani? anzi, appare la cosa più etica possibile, ma per
lo Spirito non è sempre così.
Allora lo Spirito resta sulla Terra ancora di più perché non
ce la fa a morire, accetta però questa esperienza suppletiva
inevitabile perché fa sempre parte di quella sua accettazione a
priori: nasco sulla Terra e mi prendo dalla Terra il bene e il
male che la Terra può produrre, da una tegola in testa al
farmaco che mi salva dalla morte decisa da me, e da questo
punto di vista il problema non è traumatico, tenendo anche
conto che per lo Spirito esiste l'eternità. E tutto sommato
restare 30, 40, 50 anni in più non rappresenta un trauma per
lo Spirito.
Tuttavia però è chiaro che si va a incidere su una situazio
ne di scelta orientativa che lo Spirito ha fatto prima di nasce
re: quella di dover stare sulla Terra, che so, 50 o 60 anni, o
anche di meno, e continuamente deve rimandare la morte perché
il corpo ha deciso altrimenti.
Certo voi potreste farmi una obiezione: ma allo Spirito chi
glielo fa fare? Se lo Spirito se ne vuole andare se ne va,
nonostante le medicine se ne va lo stesso e muore, e questa
potrebbe essere una risposta.
La risposta sarebbe valida se non tenessimo conto dell 'as
soggettamento che lo Spirito ha stabilito verso il suo corpo:
egli resta in vita, almenché non ci siano incidenti che possono
424
D.: A prescindere dalla sua evoluzione?
426
soggetti soprattutto intellettualmente onesti e leali, c1oe sani,
che non siano assoldati ed assoldabili, che parlino con l'anima
in mano, per non dire col cuore in mano, e cioè siano sinceri.
Poi gli altri dibattiti ci saranno e sicuramente una parte del
dibattito è manipolata, come è sempre accaduto, ma noi par
liamo di questi uomini.
428
istituzione paranormale, o scadendo a pura e semplice didasca
lia, avventura, magismo.
Insomma è mancato un respiro alto, ed allora anche la nostra
avventura umana, quella cioè di uno Spirito che ha utilizzato
questa forma (sto parlando di me), per manifestarsi, rischia di
confondersi con un ambiente abbastanza spurio che non ha
abbandonato nella sua diffusione i vecchi metodi d'indagine
senza osare speculazioni più ardite.
A difesa di tutto questo però devo dire anche che il mo
mento storico in cui state vivendo non è favorevole per la
spiritualità, anche se paradossalmente l'umanità ha sete di spi
ritualità, ma questa spiritualità è ancora vista attraverso il
fenomeno, il miracolo, l'attesa, il riconoscimento della Spirito
attraverso vie che restano legate alla superstizione, e ad una
magia popolare, nemmeno la vecchia grande magia, ovvia
mente, che era tutt'altra cosa.
Qui siamo proprio negli spiccioli della cultura, per usare
un eufemismo, spesi male, tra l'altro, spesi ancora a riprodur
re e mantenere in vita una fenomenologia che poi di fatto non
ha valore probatorio, o perché sperimentata male, insufficien
te, o perché la sperimentazione è avvenuta sempre all'interno
di canali che ormai non offrono più garanzie.
Nello specifico e nel caso particolare nostro, noi ci affidia
mo al futuro, ci affidiamo comunque ad un tipo di riappro
priazione del materiale enorme che vi abbiamo dato in tanti
anni, consegnato alle discipline che hanno credito scientifico
e culturale, e cioè l'uscita al di fuori del campo del paranormale.
Noi non vi abbiamo dato soltanto una esperienza paranor
male, quella che state vivendo, c'è un medium che è in trance,
una entità che parla. Questo è l'aspetto poco spendibile, anzi
affatto spendibile, ma contemporaneamente ci siamo premurati
di darvi una comunicazione, una impostazione teorica, una
429
architettura filosofica, letteraria, poetica, chiamatela come
volete, ed è questa la parte che deve essere usata e spesa nel
futuro, senza la quale il fenomeno resta un evento statistico
irrilevante, perché vale solo per voi, per voi che siete qui, per gli
altri che non sono qui, ma comunque coloro che si sono occupati
della vicenda umana di questo fenomeno raiissimo o st:raordina
rio che sia, ma che resta pur sempre un fenomeno circoscritto
nell'ambito di un paranormale che non è sicuramente ben visto,
non è stato mai ben visto, neppure nei secoli addietro.
È vero, è sempre esistita la comunicazione coi morti, per
dirla in maniera cruda, ma è pur vero che essa contemporane
amente è stata sempre condannata, sin dall'antichità; nel mentre
la presenza della comunicazione però è sempre stata accettata
allorquando si è parlato di ''visione", che è stata passata attra
verso la stessa filosofia, la quale non a torto è sempre stata
definita, in effetti, una tecnica della visione. La filosofia è
visione.
L'errore che è stato compiuto da coloro i quali hanno vo
luto continuare in questo approccio della valorizzazione del
fenomeno, ha finito col dimostrare una via perdente, perché
il fenomeno ha occultato i contenuti, ed occultandoli, essi
sono stati sicuramente messi in disparte. Sicuramente in tutte
le comunicazioni avute nel mondo per secoli e secoli vi sono
state anche cose buone, ma appartenendo a quella tipologia di
fenomeni, queste cose buone hanno finito col non incidere
affatto sull'uomo.
E questo anche perché il paranormale ha un awersario, se
vogliamo parlare così, o un nemico, ma naturalmente non si
tratta né di un nemico né di un awersai·io, ha in parallelo la
religione.
La religione, per sua natura strutturata intorno al mistero
di un altro mondo (altrimenti cosa ci starebbe a fare), vi parla
430
di Dio e vi parla dello Spirito, dunque più paranormale di
così!
Però la religione ha avuto la capacità di far fronte a questo
aspetto negativo simbolizzando e metaforizzando il discorso,
creando una infrastruttura direi culturale entro la quale c'è il
sociale e c'è il divino: il divino è stato reso astratto il più
possibile, dello Spirito si è parlato il meno possibile e del
mondano il più possibile, e allora questi tre gradini, in pratica,
hanno consentito alle religioni di mondanizzarsi al massimo
inte1venendo nelle cose umane, trasformando il divino in un
mito, e la forza del mito, lo sapete tutti, è irresistibile.
Non c'è nulla di più potente dei simboli, vivete tutti con i
simboli, i condizionamenti awengono attraverso i simboli, ed
allora questa forza che è la parte oscura ma visibile perché
tangibile delle religioni, ha consentito alle stesse di soprawi
vere per migliaia e migliaia di anni, e di continuare a soprav
vive re.
Il paranormale si è trovato invece di fronte, (adesso parlia
mo del paranormale più moderno), alla necessità di voler di
mostrare il suo assunto attraverso i fenomeni paranorm ali.
Questo non è stato in assoluto un errore, intendiamoci,
perché anche quello andava fatto, solo che è stato fatto male,
perché nella maggior parte dei casi, (dico nella maggior parte
dei casi), questa è una materia che è finita nelle mani di dilet
tanti e dell'incultura, sia detto proprio chiaramente. Questo
naturalmente l'ha fatta degenerare sempre di più, togliendole
ogni credibilità, perché non è possibile che fatti di questo
genere vengano coltivati e cadano nelle mani dell'ignoranza
spesso più totale, di persone che non si sono formate nella
cultura generale della civiltà, ma hanno semplicemente svi
luppato le proprie passioni, i propri interessi, il loro colmare
il tempo, le loro illusioni, i loro giochi domenicali (e credo
431
che ciò, per quanto possa saperlo) continui a sussistere na
turalmente farà degenerare il discorso ancora di più, per cui
la nostra voce, i nostri discorsi, la passione che voi potete
aver posto nell'accettare queste cose, se non subirà un trava
so, una riconcettualizzazione, una trasformazione, rischierà di
finire. Tuttavia io so che non finirà: questa non vuole essere
una promessa, è perché lo so che non finirà, ma naturalmente
se sarà possibile ancora creare altre cose.
Io ho sempre detto: operazioni di trasformazione del lin
guaggio. Gli errori purtroppo ci sono stati e inevitabili, questo
lo si metteva già in conto, ma il mondo vostro sta cambiando
in maniera ultrarapida, ed allora bisognerebbe tenere il passo,
bisognerebbe entrare nel conflitto.
Come diceva il nostro amico prima, c'è un conflitto etico:
bisognerebbe partecipare, bisognerebbe tentare, finché siete
vivi alcuni di voi suppongono che possono farlo, altri rifuggo
no per paura.
Quando una cosiddetta disciplina degrada, diventa sempre
più difficile far partecipare ad un dibattito persone che hanno
le qualifiche per farlo, purtroppo è così: il mondo cammina
per qualifiche o cammina per ruoli, o cammina per la forza
propulsiva di alcuni che possono non avere i ruoli ma avere
ancora la potenza delle idee, ma nessuno può pensare, almen
ché non vi siano operazioni di santità di portare delle verità,
sia pure con i limiti che la parola verità implica, delle verità
al mondo quando il mondo si è così egemonizzato, si è così
chiuso in compartimenti ideologici dove, io so benissimo, è
difficilissimo entrare, ma lo è stato sempre. Oggi avete un
vantaggio rispetto alle vostre vite precedenti, quello che oggi
avete almeno la libertà di poter dire quello che volete dire; ai
miei tempi neppure questo si poteva fare, il primo di noi che
si azzardava a dir qualcosa, soltanto qualcosa di diverso, fini-
432
va sul rogo, e quindi coloro che hanno rischiato il rogo sono
enormemente più meritevoli di chi, non avendo più il rogo,
continua a stare zitto e continua a non partecipare ad un evento
culturale che deve dimenticare il paranormale. Lo deve dimen
ticare.
Io vorrei quasi dire: pensate di aver incontrato in tanti
decenni un signore che vi ha riuniti nel suo salotto e si è
messo a discutere con voi, perché se voi dite che questo si
gnore è uno Spirito rischiate il ridicolo, questa è la verità.
E allora, nella vita è sempre stato un po' così; bisogna farsi
furbi, perché altrimenti mi sembrate poveri agnelli che vanno
in un mattatoio, e allora bisogna un po' rivestirsi da lupi,
qualche volta da serpenti.
Se in questo momento storico il mondo vuole che determi
nate cose siano dette in un determinato modo, dovete far così;
se volete farlo alla vecchia maniera, siete agnelli sacrificali.
Il fatto è che non mettono al mattatoio solo voi, ma anche
tutte le cose che vi abbiamo detto, e questo francamente mi
sembra più intollerabile.
Credo di avervi esposto con la massima crudezza e sempli
cità come stanno le cose.
D.: In tutti questi anni ci hai dato una dottrina che dal punto
di vista logico di interpretazione universale è matematicamente
perfetta, superiore alle dottrine orientali. compreso il buddismo,
che pure ha un grosso studio introspettivo del sé. ma tu ce l'hai
data attraverso una medianità, noi l'abbiamo appresa attraver
so questo aspetto. Se tutto questo non doveva avvenire avresti
sicuramente avuto sistemi migliori, avresti potuto incarnarti, ad
esempio, quindi i limiti del paranormale erano già in parten
za.
433
A.: Lo erano e non lo erano. Quando infatti è cominciata
questa lunga storia, la situazione era storicamente diversa,
allora le possibilità c'erano, perché si era anche agli albori di
un cambiamento tra la vecchia fenomenologia e la modernità
di una parapsicologia ancora da farsi, che poi non si è fatta.
Si puntava sulla possibilità ed eventualità che entrassero
nel gruppo dei filosofi o comunque dei soggetti capaci di
portare avanti anche un discorso culturale, e naturalmente non
bastavano una o due persone, ce ne volevano parecchie, dotate
anche di potere.
Si è congiunta una degradazione, quindi una insufficienza
della parapsicologia, che ha fatto saltare, per così dire, anche
l'eventualità dell'ingresso di altre figure che avessero potuto
diversamente o dialetticamente impostare anche altri discorsi.
Nel frattempo il tempo passava, è passato, e allora questa
prima possibilità che in effetti era stata calcolata ha subito
delle soste e delle pause.
Sapete, il tempo vostro non è il nostro tempo, non c'erano
le premesse. I primi lavori, i primi libri dovuti al nostro Gior
gio erano ancora in linea col nostro progetto, col nostro pro
gramma, e quindi bene ha fatto a farli perché sono una testi
monianza ed una ricostruzione "colta" e non banale, tanto è
vero che nonostante la difficoltà oggettiva con cui ha costru
ito credo il primo libro, il libro base che presenta sicuramente
delle difficoltà di linguaggio ed è forse anche ostico da qual
che punto di vista, rispondeva però pienamente alla sua fun
zione, quella di essere un testo colto strutturato in maniera
che le fondamentali teorie risultassero collocate in un discor
so ben tenuto dal punto di vista razionale, filosofico, scienti
fico, quindi va benissimo.
Questo però si collocava già in una degradazione dell' am
biente, cioè in un allentamento della tenuta del paranormale e
434
della parapsicologia, che non è soltanto un degrado italiano,
ma di tutto il mondo.
Negli ultimi anni, ovvero negli ultimi decenni, è venuta
fuori la figura del nostro medium, che ha assunto per noi un
ruolo determinante perché si è costruito con una impostazione
nettamente filosofica e non più paranormale, e questo è un
fatto da vedersi, è ancora da vedersi, per un connubio più
stretto, che qualche volta è stato anche rimarcato negativa
mente, tra me e lui.
Questo fa sì che la costruzione di parte del discorso abbia
ancora la possibilità di affermarsi e divulgarsi come una suc
cessiva pietra fondamentale di tutto l'edificio che abbiamo
fatto.
Siete ancora vivi tutti quanti, c'è ancora la possibilità di
raddrizzamenti, probabilmente suggerisco una cosa che già ha
intuito il nostro Corrado, cioè un tipo di movimento filosofico
che sia condotto su basi che escludano il paranormale, ma non
lo escludano del tutto, e cioè a dire un ritorno alla filosofia
come visione, il ritorno ad una filosofia come intuizione,
rivalorizzando l'intuizione riposizionando il concetto di anima
questa volta visto in una sua chiave scientifica e possibile, non
l'anima del paranormale, ma l'anima dell'uomo, cioè una vi
sione umanistica ed una visione di una filosofia che non chia
merei nemmeno spirituale ma possibilista, perché oggi voi non
potete dichiarare qualcosa se non create dei paradigmi che
siano elaborati in modo da non poter essere contraddetti.
Questo naturalmente era già nel campo della filosofia clas
sica, ma qui ancora più severi bisogna essere.
Insomma io dico che c'è ancora lavoro da fare e quindi di
non riposarsi perché non è proprio il caso di riposarsi.
435
A.: Perché così dovrebbe essere.
436
D.: Forse una chiave è proprio la tecnica della visione, esclu
dendo le frange più banali del paranormale.
437
A.: Guardate che non lo sto proponendo adesso, lo sto
proponendo da qualche decina di anni.
438
A.: Diciamo che le cose stanno così. Io ho tenuto conto
nella descrizione che ne ho fatto in tutti questi decenni di due
elementi, uno umano ed un altro universale: uno umano, che
ho dovuto graduare negli anni, via via che l'elabqrazione si
accresceva e via via che il gruppo si stabilizzava e che soprat
tutto il gruppo diventava quindi coeso, coerente, ho dovuto
sempre tener conto dei presenti, di non traumatizzarli troppo,
e se qualche volta qualche nuovo fratello faceva capolino nel
gruppo, dovevo valutare se era uno di quei fratelli che sareb
bero rimasti o no, e talvolta ho dovuto dare anche risposte
leggermente improprie o leggermente decentrate per non tur
bare eccessivamente quella determinata persona.
Devo dire che di questo aspetto, da parte vostra non s1 e
tenuto alcun conto, praticamente in alcun conto. Ancora oggi
io so che si discute: Andrea 30 anni fa ha detto una cosa
adesso ne ha detta un'altra, e nessuno va a vedere in quella
seduta chi c'era presente e perché ho dovuto dire quella cosa.
Per altro non ci sono mai state contraddizioni in quello che
ho detto, ma diciamo che ho dovuto formulare in modo che
quel presente capisse quello che voleva capire e basta.
Dunque dicevo: ho dovuto tener conto dell'ambiente for
mulando un discorso che potesse essere comprensibile ma nel
contempo fosse conforme ad una realtà universale quale io
posso conoscere, naturalmente, in base alla mia evoluzione.
Però anche in base alla mia evoluzione io so che vi sono
cose stabili, vorrei dire eterne per usare questa espressione, ve
ne sono altre che sono più variabili e che possono dipendere
dalla mia interpretazione per I'evoluzione che ho, questo lo
so, perché io non sono Dio che conosce tutto dall'alto, sono
uno Spirito che vede in un certo senso dal basso verso l'alto,
cioè dal limite, il basso è il limite della mia evoluzione.
439
E allora ho dovuto sempre tener conto di quello che ho
stabilito per mia osservazione, per mia evoluzione, per mia
esperienza di essere spirituale e di essere che è stato terreno;
ho potuto stabilire per certo quali sono le caratteristiche, i
desideri, i bisogni, le necessità di un essere spirituale che si
incarna sul pianeta dove voi abitate.
Questo è diventato un punto fermo tra la Terra e il nostro
mondo, il confine fatto in un modo preciso.
Stabilito il confine preciso, che ripeto è stato il risultato di
tutta una serie di elaborazioni evolutive, confortate anche, qui
devo usare dei termini impropri, perché se vi dico dall 'opi
nione di altri Spiriti di eguale evoluzione scendo un po' nel
banale, fra di noi ci sono comunicazioni intuitive, verifiche
intuitive, è la nostra vita e non è la vostra, quindi intuitive
significa che passano attraverso la mia dimensione spirituale,
passano attraverso l'evoluzione, rappresentano il contatto che
la mia struttura, la mia sostanzialità ha con ciò che è fuori di
me, e quindi tra me e il fuori di me c'è una osmosi, c'è co
munione, c'è uno scambio: questo consente a che le verifiche
siano sufficientemente esatte.
Allora stabilito questo cordone di separazione tra la Terra,
la terrestrità, la materialità, la carnalità dei vostri corpi e la
nostra sostanzialità che voi chiamate Spiriti, tutto è scaturito
in maniera vorrei dire naturale, cioè questo è stato il metodo
che io ho adoperato.
Penso che voi abbiate fatto caso molte volte al fatto che
ove esista un problema apparentemente contrastante l'unico
modo per risolverlo, come metodo, è quello di riferirsi a questa
frontiera, a questa corona che si interpone tra voi e noi.
Ogni volta che mi sono riferito a questo e ogni volta dun
que che ho tratto da questo la risposta, ho sempre potuto
verificare che essa era conforme ai bisogni dello Spirito, alle
440
necessità, alle volontà, alle progettualità dello Spirito, e in
questo modo la mia risposta, conformandosi ad un metodo e
non elaborando la risposta a casaccio, al momento, la mia
risposta era sottratta dall'emotività, da mie valutazioni perso
nali e soggettive, perché la mia valutazione, la maniera con
cui vi ho dato dei contenuti era sempre costantemente riferita
a questa verità indiscutibile che è data dalla cerniera di sepa
razione tra il vostro mondo e il nostro.
Questo è un lavoro che mi ha fatto stabilire dei principi,
perché quando mi sono avvicinato le prime volte io ho dovuto
elaborare e decidere un metodo di approccio, che tenesse conto
di tutte le possibili varianti e di riduzioni al minimo dell'erro
re.
Dovevo garantirmi dall'errore che poteva dipendere da una
mia soggettività o da un mio coinvolgimento dialettico con
voi, ed avevo sempre questo parametro di riferimento, cioè
questa cerniera alla quale ho riferito tutte le risposte.
Naturalmente i processi logici, i processi di costruzione
logico deduttiva, sono appartenuti a un passato umano che ho
ritrovato, ripreso in mano, per così dire, perché nella costru
zione del linguaggio anche qui ho dovuto fare un riferimento:
io non parlavo da Spirito, parlavo sì da Spirito ma uno Spirito
che doveva usare un linguaggio umano, che doveva rientrare
in una logica umana, per darvi risposte comprensibili, altri
menti non mi avreste capito, quindi un metodo, una logica,
elementi, e dove potevo prenderli?
Certo non attingendo a dei libri, perché questo mi era
impossibile, era un problema di linguaggio ma era un proble
ma di significato, mi trovavo di fronte ad un problema che era
semiotico, che era semantico, che era significante, ed allora
l'ho preso da una possibilità che Io Spirito ha e voi non avete,
di impadronirmi, di visualizzare un passato e da qual passato
441
di una o più vite mie riprendermi una sostanza concettuale ed
elaborativa che ho fatto diventare mia nei momenti in cui
dovevo incontrarmi o mi incontro con voi.
Questa possibilità, che ripeto, allo Spirito è data e nemme
no a tutti devo dire, credo che questo si verifichi da una certa
evoluzione in poi, oppure quando è necessario che qualcuno
parli all'uomo, o attraverso la visione o attraverso l'intuizio
ne, o attraverso le forme dell'arte o della poesia o della me
dianità, che è la stessa cosa di quelle che ho elencate prima:
quando qualcuno parla all'uomo assume una umanità, una
umanizzazione del suo discorso, perché noi non abbiamo lin
guaggio e quindi non potremmo parlare, non abbiamo una
lingua. Allora come parlare a voi? L'unica tecnica possibile
che noi possiamo adoperare è questa, una visualizzazione a
scelta, liberamente, di quelle che sono state certe nostre vite,
una o più di una, o parte di una vita, e in più una elaborazione
concettuale da Spirito sul costituirsi di una cerniera logica in
modo che il ricostituito linguaggio potesse ripassare a voi
attraverso un metodo.
Forse questo mio l'ho potuto fare più congruamente essen
do stato in una o più vite filosofo e ragionatore, forse se non
avessi avuto questi strumenti me ne sarei scelti altri, o forse
non sarei venuto affatto, visto il programma che avevamo,
così come chiunque altro sulla Terra ha capacità intuitive deve
provvedersi di strumenti, per cui non si può dipingere un quadro
senza conoscere la pittura o scrivere una poesia senza cono
scere diciamo le tecniche poetiche o comunque fare scienza
senza provvedersi di uno studio accademico scientifico, così
nel parlare, nell'arte del parlare, nell'arte della dialettica biso
gna avere metodo e bisogna avere quindi un sistema di comu
nicazione che tiene conto dei fattori intuitivi, dei fattori ap
presi, dei fattori spirituali e dell'evoluzione che si possiede.
442
Questo insieme di cose forma poi il prodotto finito che è
quello che voi ascoltate o le risposte che io vi do.
Quando una volta dissi: è ben difficile che io possa cadere
in contraddizione, io dicevo una cosa che non voleva innalza
re il mio valore o il mio livello, intendevo dire che, costruita
una architettura, o costruita una scala, non è possibile che io
non sappia che dopo il primo scalino venga il secondo e poi
c'è il terzo e poi c'è il quarto, perché la scala l'ho costruita
io, l'architettura è quella, basta che incaselli le risposte, le
verifichi, stanno bene in quella casella, allora quello che dico
è corretto dal punto di vista formale e sostanziale.
Questo è un metodo che di solito i filosofi adoperano così
come i matematici, e nessun matematico potrebbe dirvi che 2
più 2 faccia 3 e non faccia 4, è impossibile perché conosce le
regole basi, l'architettura dal!'aritmetica sino alla matematica
intuitiva, e sa che deve necessariamente rispondervi così, non
può fare altrimenti.
Voglio dire che tutto sommato in questo la creatività c'en
tra poco, è una lavoro di vera costruzione, l'intuitività l' ado
pero io da Spirito quando non parlo a voi, quando io da
essere spirituale mi confronto con altri problemi spirituali che
sono al di là, che sono di un confronto tra me e l'universale,
tra me e il divino, tra me e direi il mio interno che vibra ed
agisce in comunione con l'Universo: allora lì adopero quello
che voi chiamereste il processo intuitivo, che per me è proces
so naturale della mia sostanza che si espande nell'altro appa
rente simile che è l'universo da cui sono circondato concet
tualmente e matematicamente e fisicamente, ma qui nel ri
spondere alle vostre interrogazioni di creatività ce n'è poca,
nel senso che io dico quel che ho, non sto creando io un
sistema, vi sto riportando e ripetendo quello che è effettiva
mente, e quindi il processo è diverso.
443
Non c'entrano fattori materiali tipo l'intelligenza, la volon
tà, c'entra la capacità all'interno di questo sistema di esporre
nella maniera didattica la più precisa possibile, la più chiara
possibile. Questo fa parte di quel bagaglio della dialettica che
io ho ripreso intuitivamente dal mio passato, unitamente al
mio processo evolutivo, perché sono cambiato rispetto a que
sto mio passato, owiamente anche io mi sono evoluto rispetto
a questo, è chiaro, il mio passato si awantaggia dell'elabora
zione ultima a cui posso essere giunto, ma sostanzialmente
questo passaggio è un passaggio che è stato per me abbastan
za naturale, perché qui non si è trattato di recuperare il mio
passato nel senso evolutivo, perché il mio passato nel senso
evolutivo ce l'ho nell'attualizzazione della mia evoluzione: io
sono quello che sono grazie anche a ciò che è stato il mio
passato, passato nel senso umano, e allora si è trattato di
riprendermi la proprietà, per così dire, di quello che è stata la
mia essenza.
A.: Esatto.
444
IP - INFORMAZIONI PARAPSICOLOGICHE
Corrado Piancastelli
445
A sua volta la Chiesa, che riceve lasciti, proprietà e denaro da
tutti (non così i centri di parapsicologia anche più seri e ac
creditati) non ha alcun interesse a finanziare ricerche intorno
al trascendentale perché non può correre il rischio di essere
smentita. Siamo messi male. Qualche piccola stella (per esem
pio la Biblioteca Bazzana-De Boni di Silvio Ravaldini, che
però non produce ricerca) è un miracolo prodotto da un sin
golo mecenate, piuttosto che il risultato di un bene collettivo
(il trascendente) da mantenere in vita e sviluppare per il futu
ro.
Corrado Piancastelli
446
3 - decide quando deve tornare e, verosimilmente, quando
deve lasciare il corpo;
4 - il corpo, a sua volta, è solo uno strumento biologico che
presta elementi (cervello, mente, i sensi, le esperienze ma
teriali, ecc.) perché l'anima (o spirito) portino a compimen
to il programma.
447
minaccia di un inferno eterno ove dovessi malauguratamente
decidere con la mia testa?
Detto altrimenti, poiché quando sono nato nessuno mi ha
chiesto se io volessi nascere, perché, dovendo scegliere le
modalità della mia morte, dovrei chiedere il permesso a qual
cuno, Dio o la Chiesa?
Abbandonarsi alla volontà di Dio, cioè non fare nulla, non
significa, alla fine, abbandonarsi al capriccio della natura? E'
un punto, questo, molto delicato per il credente. Natura e Dio
non possono coincidere senza creare un panteismo di ritorno
che la stessa Chiesa non gradisce. Se Dio va distinto dalla
natura (e, quindi, dal biologismo) anche lo spirito va distinto
dal corpo, per cui confondere la realtà biologica con quella
spirituale confonde ancora di più la babele delle teologie umane
che si fondono sulla pura fede rinunciando alla ragione. Se
anche la vita fosse un dono di Dio, ciò che è donato non
appartiene a chi l'ha ricevuto ?
Daina Dini
Storia di Anita
448
che desidero condividere. Le caste in India sono oggi legal
mente abolite, ma, nella realtà resta questa una struttura fer
rea che probabilmente necessiterà secoli di globalizzazione ed
internet per essere scalzata.
Gli impuri, gli intoccabili, i paria, sono quelli destinati alla
pulizia degli escrementi umani, sia che si tratti di raccoglierli,
come ancora avviene diffusamente, con spazzolone e bacinel
la, sia che si abbia la buona sorte di lavorare in una toilet per
turisti occidentali, e dunque fornita di mattonelle, WC, lavabi.
In genere questa cura è affidata a donne.
Purtuttavia l'intoccabile sa di esserlo, e questo salto di
qualità dalla terra alla mattonella non muta in nulla questa
consapevolezza, che fa sì dunque che la donna in questione
viva accoccolata come un sottile ragnetto disseccato e con
tratto sotto il lavabo, munita di straccio col quale pulisce il
pavimento ad ogni cliente che passa. Si alza solo un attimo,
per porgere un rotolo di carta igienica di un improbabile co
lore giallastro, in modo che se ne prenda un pezzetto, ma
proprio un pezzettino. L'India non conosce sprechi. E forse
neppure il volume delle deiezioni di chi mangia troppo.
Quando l'ultimo turista esce, il ragnetto rotola all'esterno,
si accoccola sul gradino e sempre contratto e ripegato su se
stesso, prende la sua pausa.
Visitiamo una fabbrica di tessuti per turisti, ed il proprie
tario ci propone una dimostrazione di come si colori una stof
fa. Un lavorante con un timbro immerso in più colori compo
ne il disegno. Alla fine a mani nude pone il pezzo di stoffa
negli acidi di fissaggio, e ce lo tiene per un tempo che mi
sembra lunghissimo, ed io mi rendo conto che ha una contrat
tura al collo che gli impedisce di sollevare la testa, ma gliela
fa portare - sempre, a vita - come quella di un bue sotto il
giogo: i due muscoli che vanno dalla base del collo alla testa
449
sono turgidi e induriti in modo anomalo, come anomalo è il
colorito che leggo giallastro sotto il nero della pelle.
Per un attimo riesco a vederne gli occhi, gialli anche quelli,
e con una espressione così antica, lontana e senza tempo, da
desiderare più d'ogni cosa in quel momento, di parlare, chie
dere, entrare, contattare, comprendere, ma non si può, lui
deve star lì a tingere e awelenarsi, e noi dobbiamo comprare
e scappar via, e penso che se dovessi rappresentare l'idea di
schiavitù, lui sarebbe il simbolo adatto.
Le vacanze terminano e torno ai miei affanni. Mentre per
corro a passo svelto una strada, un extracomunitario dagli
occhi enormi mi porge un cappelline unto. Apro il borsellino
dalla parte degli spiccioli, e dò 50 centesimi, mentre l'amica
che è con me mi dice che quando sono così giovani potreb
bero anche andare a lavorare, ed io le farfuglio qualcosa sulle
difficoltà dell'essere neri e immigrati, chiudo il borsellino tra
i ringraziamenti, e vergognandomi di esistere e di essere quel
lo che sono, penso ad Anita.
Anita è una signora nigeriana che ho avuto la fortuna di
incontrare, e che mi onora della sua amicizia e confidenza.
Anita è di Lagos, dove ha dovuto lasciare una madre anziana
ed una figlioletta adolescente che non riusciva più a nutrire,
per cui seguendo tenacemente un sottilissimo filo di amici di
parenti di amici di lontani conoscenti, è sbarcata alla stazione
di Piazza Garibaldi, Napoli, clandestina, senza né un docu
mento né una lira.
E1 stata accolta -si fa per dire- nella comunità di extracomuni
tari che all'epoca si era sistemata -si fa sempre per dire- in
baracche luride a Villa L iterno, che solo poco tempo dopo
vennero distrutte da un incendio.
Anita ha 45 anni, ma ne dimostra 30: è bella, tonica, dritta,
delicata, signorile, ha modi affa bili, ha studiato, e quando tocca
450
i libri sembra che li accarezzi - ma del resto ha mani che
accarezzano tutto - e sotto il suo tocco ed i 1 suo buon gusto
anche degli straccetti, consunti e ben lavati, sembrano acqui
sire luce. Anita è timida, pudica: Anita rispetta tutti, non in
veisce, capisce. Anita, appena arrivata qui, si è prostituita:
non ha trovato altro modo per mandare cibo e scuola a Lagos,
e per sopravvivere ella stessa, e riuscire così a mandare anco
ra cibo ed ancora scuola. A volte la guardo e cerco di imma
ginarla, lei così delicata e schiva, cerco di immaginarla sulla
Domiziana con la divisa d'ordinanza, in attesa di clienti.
Una volta le ho chiesto: come è stato? e lei, col viso con
tratto, dopo un silenzio lungo, ha bisbigliato: brutto lavoro ...
Non ne abbiamo mai più parlato.
Anita dopo qualche mese è riuscita a guadagnarsi sufficien
temente la fiducia di una famiglia di Castel Volturno perché le
fosse consentito di lavarne i pavimenti, e da quel momento
l'incubo è finito, non è più tornata sulla Domiziana ed ha
iniziato a costruirsi un piccolo giro di lavoretti .
Ora ha una sua casa -una stanza con il bagno condiviso con
una amica-che lei tiene con ordine, pulizia e molta grazia.
Guadagna pochissmo, vive di nulla, ma orgogliosa e felice
dice: mia figlia impara bene l'inglese, non parlerà il broken
english, spero di mandarla a studiare a Londra.
Quando qualche amica è in difficoltà economiche, Anita la
va a trovare, e senza dire nulla né farsi vedere, nasconde 10
euro - che nella sua economia sono una cifra mostruosa -
sotto un piatto o in un vaso, in modo che l'amica non debba
subire la mortificazione del bisogno né la pena del ringrazia
mento.
Splendida Anita, mia Santa Prostituta, mia Maestra, mio
Bodhisattva, forse da te, luce dell'anima, imparerò ad aprire
il borsellino ed il cuore dalla parte giusta.
451
COLLOQUI CON I LETTORI: Risponde Daina Dini
452
comunque il senso dell'osservatore che si volge indietro a
considerare un passato che non finisce mai. Questa è l'influen
za sulle nostre menti dell'essere nate in una realtà "percet
tivamente" spazio-temporale, nel senso che nella realtà asso
luta, diversamente da quella relativa e virtuale che noi perce
piamo attraverso i nostri sensi, non esiste passato ne' futuro,
come dunque non può neppure esistere, come principio asso
luto, una creazione dal nulla, che scandisca un prima (il nulla)
e un poi (il creato), come nella concezione cattolica, né dun
que un Big Bang, che ne è la traduzione in termini scientifici.
Questo ovviamente sul piano dei principi universali.
Ma quando si parla di Big Bang ci si riferisce all'universo
che noi percepiamo, e qui va specificata la differenza.
In senso di principi assoluti, l'emanazione di un'unica ener
gia, - come prodotto divino imprescindibile e non differenziabile
dalla natura di questo punto di scaturigine senza spazio né
tempo né dunque momenti di partenza - si differenzia in due
nature simili ma ad un tempo differenziate (ed anche in questa
spegazione non possiamo far linguisticamente a meno di scan
dire dei prima e dei poi totalmente erronei), principio spiritua
le e principio materiale, entrambi eterni ed infiniti .
Quando però ci spostiamo a considerare la traduzione di
tale energia in un apparato formale quale l'Universo percepi
to, ecco che stiamo entrando in una particolarizzazione del
principio materiale, che si trova in quanto tale ad avere un
proprio ritmo ed una propria modalità di trasformazione, in
cui è compresa una "nascita" ed una "morte". Il nostro piane
ta, come l'intero sistema solare, come le galassie, per quanto
il loro tempo di sussistenza sia inimmaginabilmente lungo se
rapportato ai nostri tempi di sopravvivenza umana (ed anche
qui osserviamo come la scansione temporale sia stata indivi
duata dall'essere umano in funzione dei propri tempi e spazi,
453
La Signora F.M. ci scrive da Pavia:
Non avrei mai immaginato che mio figlio si sarebbe al
lontanato da me in modo tanto drastico.
Certamente è giusto che abbia una sua propria famiglia,
il suo lavoro, la sua vita, ma mi ha ferito il vedere con quanta
velocità e decisione abbia accettato una proposta di lavoro
che lo porta a migliaia di km dalla sua casa paterna, dalla
sua famiglia d'origine, da noi che abbiamo tutto fatto e tutto
dato, ed ora ci ritroviamo senza quella consuetudine quoti
diana con affetti che abbiamo sviluppato e curato per più di
30 anni. Questo evidentemente meritavamo. Quanta amarez
za! Credevo di conoscere mio figlio , ma evidentemente mi
sbagliavo."
Gentile Signora,
leggo il suo rammarico e la sua delusione, e il dolore che
ne deriva. A volte quando le nostre aspettative vengono bru
scamente disattese, sembra che il mondo ci crolli addosso,
perché su tali aspettative avevamo fondato progetti, speranze,
convincimenti, avevamo proiettato una immagine del nostro
futuro conforme alle nostre idee, e questa immagine aveva
finito col costituire un punto di riferimento, un referente che,
venendo improwisamente a mancare, ci lascia nel più totale
disorientamento.
La vita ci stupisce sempre, è maestra nel venir fuori con
soluzioni impensate. impensabili, improbabili, che passano su
di noi come un uragano devastante, mostrandoci con chiarez
za quanto fossero fragili, implausibili, false se non addirittura
assurde le nostre attese. Certo, se avessimo potuto prevedere,
forse ci saremmo potuti preparare, avremmo potuto costruire
argini, rinforza re tetti, trovare altri ripari, ma non immagina
vamo proprio un finale del genere. Ecco, a questo punto del
455
discorso si impone una domanda: come mai non avevamo mai
pensato, ma proprio mai, ad un possibile esito quale quello
che si è mostrato?
Certo, a volte avvengono cose incredibili, ma, tornando
all'esempio che lei ci propone: è tanto improbabile che un
figlio di più di 30 anni si allontani fisicamente da noi, che il
suo lavoro, ma forse i suoi interessi, la sua convenienza, i suoi
progetti, i progetti che lo uniscono alla sua compagna, i pro
getti che ha in mente per i suoi figli, le sue proiezioni, le sue
curiosità, i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue vocazioni, lo
portino altrove, lontano dalla casa paterna?
E perché mai, dovremmo chiederci, dovrebbe rinunciare a
tutto questo, - in definitiva alla sua vita -, per rispondere ad
un debito d'onore inconsapevolmente contratto con genitori
che dopo anni di amorose cure - 30 anni di figli non sono mai
una passeggiata - si aspettano qualcosa in cambio, in defini
tiva presentano un po' il conto? Quanto è giusto che dopo
anni di dedizione non ci sia un naturale ritorno in cui, così
come noi abbiamo aiutato lui a crescere, lui aiuti noi a con
tinuare a vivere, ad invecchiare e poi andarcene? In una logica
del "do ut des" questo discorso non fa una piega, ma chiedia
moci quanto sia corretta tale logica, e quanto di conseguenza
sia corretto aspettarsene i risultati.
Abbiamo parlato poc'anzi di debito inconsapevolmente con
tratto: è certo che nessuno informa il bambino, e poi l'adole
scente, sulle aspettative che si vengono formando sul suo con
to.
Immaginiamo per assurdo di poter comunicare col nascituro
prima che egli venga al mondo, una comunicazione adulta,
matura, in cui egli possa esprimere la propra libera volontà, e
diciamogli: caro mio figlio a venire, ti amo già ancor prima di
conoscerti, e dunque in nome di questo amore ti assicuro che
456
sarai curato, assistito, nutrito, vestito, festeggiato, ti farò stu
diare e ti insegnerò come una brava persona ha da comportar
si, ti mostrerò quali vie scegliere per il tuo futuro, ti aiuterò
con la mia esperienza a scegliere un lavoro, una compagna, ti
aiuterò ad educare i tuoi figli, nel rispetto dei valori in cui
credo e che ti insegnerò, e dunque la nostra famiglia crescerà
unita e compatta, ed io non desidererò altro che invecchiare
accanto a te, e magari morire tra le tue braccia.
Certamente il futuro bimbo sarebbe colpito da tanto affetto
e dedizione, ma con buona probabilità avanzerebbe una so
stanziale obiezione, sintetizzabile in due paroline: "e io?".
E cioè: e i miei desideri, le mie vocazioni, i miei bisogni,
i miei gusti, i miei valori, il lavoro che piace a me, la compa
gna che intriga me, la città dove vorrò abitare, la gente che
vorrò frequentare, i pensieri che vorrò pensare, i progetti che
vorrò realizzare? E chi mi dice che saranno in linea con quello
che tu stai prevedendo per me? E visto con quanto amore tu
progetti per me quello che progetti, come potrò sopportare di
p ag are col tuo dolore la mia libertà? Fammi questo dono,
mamma: non farmi nascere, perché sento che si prepara una
sicura infelicità, un mio quasi certo fallimento progettuale.
Ecco, bisogna riflettere su cosa vuoi dire mettere al mondo
un figlio, e qui subentra la considerazione dell'esistenza dello
Spirito. Se un figlio fosse esclusivamente un corpo materiale
da allevare e nutrire, come un bel cagnolino, che male ci sa
rebbe ad educare il nostro cucciolo secondo, a questo punto,
come siamo stati educati noi stessi? sarebbe anzi ciò conve
niente per la pace ed armonia familiare. Ma un figlio, noi
reputiamo insieme al nostro comune maestro, non è esclusiva
mente un corpo materiale, ma è una entità a sé stante, libera
per definizione, per diritto, per emanazione, per essenza, non
figlia non-madre, non nata e non peribile, che noi genitori,
457
attraverso una concrezione corporea che dai nostri corpi si
produce, abbiamo l'onore di ospitare finché questo nuovo corpo
non sia in grado di rispondere a scelte autonome: a quel punto
termina. DEVE terminare, la nostra ingerenza.
Il nostro compito si è esaurito, ed io reputo che saremo
stati ottimi genitori se i nostri figli si sentiranno liberi, nel
corpo, nella mente e nell'anima, di aprire la porta di questa
famosa casa paterna, che non è o non dovrebbe essere una
casa circondariale, ed andare per la propria strada.
L'affetto continua, owiamente, la presenza anche, ove ri
chiesta, ma non ci sono conti da presentare, né dovrebbero
esserci aspettative relative ad un ritorno conforme alle proprie
necessità. Piuttosto chiediamoci: abbiamo fatto nella nostra
vita solo ed esclusivamente i genitori? questo ruolo ha vera
mente esaurito tutto il nostro essere, tutti i nostri bisogni? se
noi abbiamo ristretto a ciò il nostro vivere (quando si dice: ho
dato tutto ...), è chiaro che la partenza del figlio ci lascia di
soccupati e con un grosso problema personale: che me ne
faccio di me ora che non servo più come mamma? Non si è,
non si deve essere mamma in eterno: la stessa natura ci dice
che ad un certo punto i nostri corpi femminili non sono più in
grado di procreare, perché dovremmo iterare questo ruolo,
tanto importante ovviamente, esperienza grandiosa e fonda
mentale il cui valore imprescindibile non si intende affatt o
sminuire con questo discorso.iterare dicevo oltre i limiti cor
retti di un aiuto che ad un certo punto deve ritrarsi con gen
tilezza e discrezione, senza lacrime e rimpianti, lasciando libe
ri gli altri, e parimenti se stessi di sperimentare altre situazioni
esistenziali?
Sarebbe come dire a qualcuno: tu nascerai in un piccolo
paesino isolato, lì vivrai e lì morirai, e tutte le occasioni che
458
ti passeranno davanti di andare a vedere il vasto mondo, tu le
rifiuterai.
Chi mai accetterebbe una proposta del genere? Dovremmo
dunque chiederci cosa stiamo chiedendo agli altri, quanto il
nostro dolore, la nostra delusione, le nostre aspettative, le
nostre lacrime turbino, disturbino, alterino l'esperienza altrui,
e quanto questo tipo di posizioni stiano soprattutto e fonda
mentalmente alterando la nostra stessa esperienza, dove una
serie di condizionamenti culturali relativi al senso da dare al
concetto di buona famiglia, rischiano di condizionare la nostra
incarnazione, che prevederebbe una ricchezza di fasi che inve
ce, a causa delle nostre sovrastrutture preconcette, fallirà di
manifestarsi, con grave danno progettuale per lo Spirito che
noi fondamentalmente siamo.
Non impoveriamo dunque lo slancio espe1ienziale altrui fa
cendo pesare la nostra egoistica sofferenza, non inquiniamo il
nostro amore con l'ombra del ricatto affettivo.
A volte va regalata agli altri la libertà di essere anche at
traverso un po' di silenzioso sacrificio.
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