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1.

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CARTESIO René Descartes 1596-1650 nasce in un villaggio francese La Haye en
Touraine a sud ovest di Parigi morirà a Stoccolma per una polmonite quando era ospite presso la
regina Cristina di Svezia.
Resta orfano della madre a 1 anno con la sorella Jeanne.
Il padre si risposerà e non avrà un rapporto affettuoso con il figlio. Studia da adolescente nel
collegio gesuita di La Fleche, frequenterà l’università a Poitiers e si laurea in diritto. Dopo viaggi
verrà avviato alla carriera militare e nel 1618 seguirà l’esercito del principe d’Orange partecipando
alla guerra dei 30 anni. Seguendo l’esercito viaggerà molto, per un periodo rientra a Parigi e poi in
Svezia presso la regina Cristina.

Rappresenta una svolta perché è considerato il padre del razionalismo lui pronuncia la
frase cogito ergo sum si inserisce in quelle correnti filosofiche che subordinano le
percezioni al potere di controllo della ragione. Solo la ragione è in grado di stabilire
cosa sia vero e cosa sia reale. Dove vero e reale non sono sinonimi. Che la ragione sia
l’unica via per determinare dal punto di vista logico è vero è abbastanza evidente ma che
sia l’unico mezzo per stabilire il reale è meno evidente perché i sensi in Cartesio vengono
depotenziati in contrapposizione all’empirismo per Cartesio non contano le esperienze o
solo quando la ragione le sottoscrive. Non è reale solo ciò che vediamo sentiamo ma ciò
che la ragione ci dice che è reale. Potremmo collegarlo ad Aristotele rispetto a Platone, la
scientificità di Aristotele sono più in sintonia con Cartesio. Tra Agostino e Tommaso
predilige Tommaso e anticipa Kant. Cartesio fa suo Averroè, Occam e precede il
positivismo dell’800 e si rifà agli aspetti della nostra società sia dal punto di vista del
metodo sia dal punto di vista del valore della scienza.
Testo “Il discorso sul metodo” è un testo particolare perché inserisce le riflessioni
filosofiche all’interno di una cornice biografica. È autobiografico parte dalla sua
adolescenza e spiega come è arrivato alla filosofia, a fondare idea radicale. Nella prima
parte critica le materia di studio; le materie umanistiche non lo facevano sentire realizzato.
L’elemento autobiografico serve a fornire un metodo di come si possa vivere
filosoficamente, una vita profonda. All’interno del discorso ci suggerisce delle tappe reali e
criteri autentici per arrivare alla verità. Il razionalismo che emerge è un razionalismo che
ha un soggetto forte che è l’ IO e ha anche un oggetto che è la realtà che ci circonda .
Nel cogito ergo sum non c’è ancora la realtà perché la prima realtà è quella che ci porta ad
affermare la nostra esistenza tutto il testo avviene come conseguenza e posso affermare
la mia esistenza solo con la ragione. Il soggetto di C. è un soggetto da cui tutto
deriva. Sono io che decido e giudico ciò che mi circonda. Ciò porta al conflitto tra i
soggetti con cui mi devo confrontare per imporre la mia visione del mondo. E’ una
filosofia autoreferenziale che qualcuno criticherà come Levinas (io derivo dagli altri dal
feedback che gli altri mi rimandano).
Un soggetto forte introduce una duplice via: del dialogo tra i tanti “Io” in contrapposizione
quando tra “io” tra soggetti c’è conflitto (Hegel servo signore) via della guerra è l’alternativa
al dialogo quando questo finisce con guerra si intende il confronto legato alla volontà di
imporre io proprio punto di vista. Imporre il proprio punito di vista significa controllare gli
altri. Queste sono conseguenze di un io forte. Nel ‘900 si impone il soggetto debole che
non vuole imporsi, più flessibile, inclusivo che non ha timore del confronto. Il soggetto forte
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è identitario che ha un suo bagaglio etico e morale che non si può mettere in discussione.
Non è che uno sia buono e l’altro cattivo, non è che il soggetto debole sia più dialogante,
la debolezza eccessiva risulta inutile nel confronto. Noi siamo soggetti che
desidererebbero essere forti e siamo deboli e la consapevolezza della nostra fragilità ci
rende forti, ma attenzione all’eccesso di sicurezza che diventa chiusura.
Come arriva Cartesio a questo soggetto forte? Arriva attraverso il dubbio è vero che
dice ’io’ ma arriva attraverso 3 tipi di dubbio compreso quello iperbolico.
Dalla riflessione che Cartesio fa emergono 3 tipi di idee: attraverso il dubbio su ciò che
pensiamo delle cose
1. Idee innate sono le idee che l’uomo ha fin dalla nascita non possono nascer
attraverso l’esperienza sensibile (non deducibili dall’esterno) e sono scoperte
dall’intuizione. Esempi: idea di Dio e idea di anima
2. Idee avventizie percepite dalla mente sulla base degli stimoli ricevute dall’esterno;
idee più semplici es. idea di fuoco, idea di albero. Sono rappresentazione del dato
sensibile a livello mentale.
3. Idee fattizie la mente umana le produce attraverso la fantasia e l’immaginazione;
per es. quella della chimera, dell’ippogrifo. non hanno riscontro nella realtà
Tutte le idee appartengono a quella componente dell’uomo che C. chiama
res cogitans cioè il pensiero, la componente razionale è una res = sostanza
pensante, è incorporea, è inestesa, è libera, è consapevole ed è l’elemento
raziocinante. Ma anche
res extensa cioè sostanza corporea, inconsapevole, meccanicamente determinata (il
nostro corpo) che è in grado di sentire, ma è inconsapevole e quindi è subordinato alla
ragione. In questo aspetto Cartesio è platonico perché ripropone la dicotomia tra anima
e corpo.

4.3
Legge le note di introduzione
Parte prima: pag.7 Premessa: inizia a delinearsi il pensiero e ci spiega perché il
discorso sul metodo. Lo abbiamo già sentito in Bacone, Galileo e Newton è un discorso
su esigenza del metodo dal punto di vista filosofico non scientifico. L’esigenza del
metodo nasce da questa premessa: tra gli uomini è distribuita in modo uniforme la
capacità di ragionare, tutti siamo convinti di avere capacità di ragionare, ma allora
come mai abbiamo idee diverse. Se è un qualcosa di innato e identico in tutti noi
come mai non riusciamo a metterci d’accordo sulla verità? La conclusione è che se
avessimo lo stesso metodo e corretto non potremmo non arrivare a delle verità comuni
e condivise e da lì l’esigenza di individuare un metodo per capire come procedere nella
ricerca di significato. Le anime eccelse hanno la capacità di realizzare i più grandi
risultati ma anche grandi cantonate. È opportuno procedere lentamente e seguire la via
giusta piuttosto che correre con il rischio di allontanarsi dalla giusta strada. Attenzione
quindi a non velocizzare il passo il rischio è di allontanarsi dalla strada giusta.
Sarà anche la strada di Vico la verità sta in quello che si fa, noi siamo sicuri di ciò che
facciamo. Cartesio parla in prima persona e dice non sono più intelligente di altri alcuni
psicologi parleranno di intelligenze multiple (sociale, ecologiche, sportiva etc…così uno
eccelle in alcune cose). Fa un discorso relativo a diversi aspetti dell’intelligenza,
memoria, facilità di pensiero…solo grazie alla ragione perché siamo uomini e non
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animali ed è identica in tutti (eventualmente tra maschio e femmina come ci dicono
le neuroscienze).
Pag 11 siccome la facoltà di ragionare è uguale in tutti - non voglio neppure
soffermarmi sulle situazioni casuali (accidenti) che poi ci portano ad essere diversi –
quello che conta è il metodo e dice di ricercare un metodo valido per sé stesso in modo
da aumentare la sua conoscenza fino al punto massimo che corrisponde al “massimo”
che ha dei limiti dati dal proprio ingegno (limite costitutivo) e dalla brevità della vita
(limite temporale)
Il metodo che ho individuato mi ha consentito di raggiungere soddisfazioni e di fare
progressi alla ricerca delle verità (questo lo scopo), mi consentirà di indagare altri
ambiti. [E’ difficile essere consapevoli di quello che si impara ma avere la percezione di
cosa si è imparato a livello di approccio ora che siete in quarta potete tirare le somme,
avete acquisito a livello di approccio storico, logico una serie di metodi, di strumenti
che sono utili e che è opportuno essere consapevoli.]
Pag. 13 Comincia però il dubbio; dobbiamo stare attenti al nostro narcisismo e alle
lusinghe degli amici. Faccio questo libro per sintetizzare quello che ho imparato in
modo da dare una testimonianza agli altri e per beneficiare delle critiche altrui.
Pag. 15 Non ha la presunzione di imporre il suo metodo non pensa sia universale ma
racconta come l’ha raggiunto e fornire un esempio. Chi pensa di insegnare agli altri
pecca di superbia perché si ritiene capace di impartire indicazioni e meritano di essere
ripresi. Io mi propongo solo di raccontare la mia storia sperando di essere utile. Nota
21 e 23 del libro per il percorso di studi di C. Appena terminai gli studi la pensai
diversamente => come se completato il liceo vi accorgeste che non vi basta (pensarla
diversamente), che il livello di conoscenza non è così utile e appagante come si pensa.
Come se Cartesio non conoscesse la vita
Pag. 17 a fronte di tanta conoscenza era pieno di insicurezze e si sentiva molto
ignorante (se voi incontraste una persona che ha studiato di meno ma fatto più
esperienza e quindi ha maggiore conoscenza della vita pratica, ma aver studiato per
voi diventa una forza perché voi avete imparato degli strumenti per imparare a leggere
la realtà – pensiero critico - che vi consentano di vivere delle esperienze senza restare
in superficie) erudizione vs sapienza. Più avanti dirà: avevo però appreso delle cose
che mi permetteranno di entrare in profondità nelle cose.
Pag. 19 Mi sentivo ignorante ero pieno di dubbi, uscivo da un’ottima scuola con ottimi
insegnanti, ero stimato come i miei compagni e all’interno di un periodo di anni in cui la
scienza, le scoperte erano in sviluppo

6.3 I parte
Pag. 19-20 Cartesio stava ragionando sul discorso della scuola La Fleche
comprendeva 9 anni di scuola 6 di “umanità” e 3 di “filosofia” (corrispondenti ai nostri
anni di liceo). Vedi nota 28. Le prime materie di cui parla sono le lingue e intende il
latino e greco e per lui l’utilità delle lingue era per accedere agli scritti degli antichi. Le
narrazioni poetiche delle favole educano lo spirito (nota 29) non solo Esopo e Fedro
ma anche Ovidio. Gli eventi memorabili della storia inducono l’animo a intraprendere
grandi cose = la storia ci fornisce esempi per aspirare a grandi imprese. La lettura
stessa della storia aiuta anche a formare il giudizio ovvero il senso critico e poi va
avanti dicendo in definitiva queste letture avevano valore perché era come dialogare
con gli uomini del passato;
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Pag.23 l’eloquenza ha forza ed eleganza = porta a formare uno stile che contribuisce
ad abbellire la vita; la poesia educa alla bellezza; la matematica consente di
razionalizzare i tempi e ottimizzare il lavoro; gli scritti di morale (Seneca) ci portano alla
virtù; la teologia è propedeutica a un percorso di redenzione; la filosofia aiuta a
ragionare su qualsiasi argomento ed è oggetto di ammirazione; giurisprudenza e
medicina se studiate introducono a professioni economicamente remunerative
Pag.25 non esiste nessuna scienza inutile (anche alchimia e magia) qualsiasi scienza
ti lascia qualcosa almeno ti lasciano la capacità di non farti ingannare. Riteneva di
essere pronto per altro.
Poi comincia il discorso di critica a tutte queste discipline che fin qui ha elogiato (pars
construens)
Da pag 27 inizia la critica pars destruens analisi dei punti deboli delle discipline.

8.3 II parte
Pag 27 della storia aggiunge un elemento positivo rispetto lo studio della storia è come
viaggiare nel passato e venire in contatto con altri popoli e costumi, consente di
allargare gli orizzonti e superare i pregiudizi (come viaggiare) e poi aspetto negativo:
studiando la storia chi si appassiona tanto da calarsi in quei contesti rischia di vivere da
straniero la realtà presente, resta prigioniero del passato e si preclude il presente.
Due considerazioni: 1. Questa scuola rischia di creare una situazione come quella che
Cartesio denuncia perché studiamo in modo puntuale greco latino storia etc…tutto ciò
che riguarda le epoche passate, e tra l’altro le cose più belle, ci fa correre il pericolo di
vivere in una sorta di bolla, ci rifugiamo nel passato a fronte di quel che capita nel
presente che è anche doloroso (guerre etc..) studiare il passato rasserena e in alcuni
determina una distorsione tipo fuga dalla realtà, anche tra gli insegnanti lo si vede. La
conoscenza che diventa pura erudizione e costruisce un mondo parallelo e virtuale a
fronte di una conoscenza che dovrebbe essere sapienza. 2. Nietzsche scrive un
libretto “Sull’utilità e sui danni della storia” vi parla di come si può vivere il passato non
lo fa parlando a tutti ma prendendo la prospettiva del singolo individuo; parla
dell’approccio monumentale ciò delle persone che vivono un lutto poi pensano di poter
trattenere questa persona morta della stanza dove viveva creando una specie di
museo della persona morta vivendo il presente come un attaccamento al passato che
impedisce di godere fino in fondo la quotidianità perché il pensiero è attaccato alla
persona che è morta. È un esempio che ripropone il discorso in chiave individuale di
quello che dice Cartesio delle persone che restano prigioniere del passato. Attenzione
a come maneggiamo il passato, la storia e anche la nostra storia; alcuni fatti possono
lavorare dentro di noi e farci ombra nell’anima in modo da rendere quasi impossibile
renderci felici. La storia che è la nostra storia va maneggiata con cura, non bisogna
restarne prigionieri. Cartesio a livello pedagogico aveva visto questo punto debole della
sua educazione nella sua scuola rischiava di creare persone avulse dal presente
Le favole, fa riferimento alla letteratura, ci spingono ad avere speranze, il rischio è di
una deriva in utopie (anche il cinema, serie televisive…ci si indentifica nei personaggi).
Gli utopisti non erano razionalisti, Cartesio da razionalista porta tutto sul piano della
ragione e neghi utopie. Io spero che voi siate dei sognatori, ma attenzione alle utopie e
sogni preconfezionati, realizzare i propri sogni ok senza farsi bloccare, ma non sogni
creati ad hoc e inculcati da altri senza essere liberi sognatori. Ancora monito a stare

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attenti alle favole che costruiscono una realtà ideale a cui corrispondono pochi fatti
concreti => attenzione all’idealizzazione!
Pag 29 critica la dialettica e la poesia; io da studente apprezzavo la dialettica che la
poesia però sono convinto che il bravo retore o poeta siano tali per loro natura, non si
può imparare a fare poesia o retorica. Non pensate di diventar poeti solo perché
studiate poesia ancora richiamo alla realtà e alla ragione. Cartesio era anche
scienziato appassionato di geometria gli piaceva la matematica perché i concetti erano
evidenti e immediati però non trovavo altra applicazione che nella fisica e quindi poco
spendibili nella vita quotidiana. Cioè come la usi la matematica nella vita di ogni
giorno? Poi critica l’etica Paragona gli scritti pagani (Platone e Aristotele) a dei
palazzi superbi costruiti sul fango, ovvero ancorare le virtù a valori assoluti non aiuta
nelle scelte di ogni giorno perché la realtà non è così perfetta e astratta come questi
sistemi filosofici illustrano. Essere buoni in modo totale potrebbe significare, nella
realtà, essere presi in giro perché la realtà è talmente articolata che le costruzioni
morali degli antichi ci portano in un vicolo cieco. Trova l’etica avulsa dal pragmatismo.
Pag. 31 critica anche allo Stoicismo e la teologia => Cartesio dice che non serve
òlo studio per guadagnarsi il paradiso che è aperto a studiosi e ignoranti e pensare di
accedere alla verità di Dio è un peccato di tracotanza. Temevo attraverso lo studio
della teologia di fare peccato di superbia (come Erasmo parlando dei teologi)
Pag. 33 critica la filosofia è interessante, ma non c’è nulla di definitivo, tutto può
essere messo in discussione, ogni teoria sembra valida finché un altro filosofo non ne
evidenzia i punti deboli, non porta a verità uniche e universali anzi la discussione tra
filosofi rende insicuro qualsiasi punto d’approdo. Siccome cerco una verità
inconfutabile anche quelle teorie filosofiche ritengono qualcosa probabile lo ritenevo
falso
Pag. 35 qui va oltre le discipline scolastiche: economia => non volevo adeguare il mio
comportamento in funzione del denaro non lo ritenevo il criterio per agire; gloria =>
non volevo ottenerla con falsi metodi, non vivere per la gloria; e prendevo le distanze
da tutte le false dottrine: maghi astrologhi, e pseudo scienze.

22.3
Pag 38 Il successo e i risultati Cartesio li voleva ottenere non con bassi meriti, ma con
degli obiettivi raggiunti in modo corretto, da persona competente si riteneva pronto a
fare un percorso perché era capace di distinguere gli inganni di certe discipline come
alchimia astrologia, psueudo scienze che manifestano solo sicumera senza
fondamento.
Pag. 39 appena esce dalla tutela dei precettori cerca la scienza in sé stesso o nel
gran libro del mondo (= esperienza). Introduce l’importanza dei viaggi conoscenza
che viene dal vivere il mondo, la realtà. Nota 54 => le nozioni sono importanti ma non
bastano bisogna andare oltre [quello che vi dico, non fermarvi qui ma guardarvi in giro
oltre la bolla dello Stellini che vi aiuta a crescere, ma non è esaustiva di quello che è la
realtà, bisogna saper trasformare l’erudizione in sapienza]. Viaggiando accumula
esperienze e conoscenze
Viaggiando accumula esperienze e conoscenze senza tralasciare nulla, rielaborando
tutto ciò che la sorte gli poneva davanti. Ribadisce che osservando i commerci, gli
affari delle persone comuni sono quelli i conti importanti legati alla matematica, non
solo teorie di chi si mette a studiare ed elabora in solitudine.
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Pag. 41 Le teorie astratte portano solo vana gloria e sono lontane dalla vita quotidiana.
Cercava comunque un metodo per distinguere il vero dal falso. Dallo studio dei costumi
di altri uomini (viaggiando) non aveva trovato certezze su quale fosse la scelta e lo stile
di vita migliore o sbagliato; Una cosa aveva imparato: a non credere troppo a tutto
quello che credeva giusto sulla base della consuetudine, aveva imparato a uscire dal
proprio guscio e quotidianità. E così si libera dagli errori (=pregiudizi) legati alle
consuetudini.
Pag. 43 dopo aver viaggiato e fatto esperienza capii che forse le risposte potevo
trovarle in me stesso che bisogna capire se stessi (come diceva san agostino) e alla
fine riabilita i propri studi; può essere perenne ricerca senza uscire dal proprio studio
(noi abbiamo sperimentato con la pandemia, l’ha vissuta male chi non ha saputo
mantenere le relazioni e gli studi). Kant non si è mai mosso dal suo paese e vuol dire
che si può far entrare il mondo senza viaggiare perché lo stimolo a imparare lo trovi in
te. Non abbiamo bisogno di spostarci con tutto ciò che c’è da studiare, lo spirito non lo
imprigioni. Noi siamo qua e avere la testa altrove e viceversa. Uno dei rischi delle
realtà virtuali sarà di essere costantemente dislocati fisicamente da una parte e con la
testa altrove. Bisogna armonizzare anima e corpo in modo di vivere appieno il
momento. Testo di filosofo Lovati “Abitare la distanza” distanza= tra me e l’oggetto di
studio, tra me e una persona è positiva per conoscere bene, e c’è la distanza che
determina il distacco, l’incomprensione, la totale mancanza di condivisione. Attenzione
a non essere scissi tra corpo e mente e all’interno di sé stessi dove si è e dove si
vorrebbe essere. Viaggiare nello spazio e nel tempo sono inutili se non sono una
costante elaborazione dentro di sé (capisco come reagisco), lo spostamento fine a se
stesso non porta a nulla se non c’è riflessione.

22.3 II parte
Pag 49-51 – Parte seconda del libro. Tutta la giornata in un paese in Germania,
durante la guerra dei 30 anni studiava e scriveva. Spiega il flusso dei suoi pensieri al
caldo e fuori la neve e pensa come tante volte l’opera di molti autori è meno efficace di
quella di un autore unico. Fa una similitudine tanti autori creano opere disarmoniche
rispetto a un unico autore come palazzi e villaggi progettati da un unico architetto
piuttosto che da tanti. Spesso Recupera la parte dei villaggi e palazzi. [abusi edilizi
sono brutti e sono insicuri non tengono conto gli studi geologici o sismici; sono
antiestetici e poco sicuri restituiscono l’idea del disordine del caos e dell’insicurezza].
Pag. 53 Progetti a tante mani rischiano di sembrare casuali piuttosto che espressione
di volontà razionali. Ribadisce che attenzione il fatto che si susseguano diversi
magistrati nelle pianificazioni territoriali comporta inefficienza e la fine della
progettazione iniziale di un singolo autore. Partito da una riflessione (meglio un unico
autore che tanti) è passato a una conferma di questa ipotesi basata su quello che si
vede (edifici villaggi senza tenere in considerazione pianificazione iniziale) ora torna
all’astratto anche le leggi sono il risultato di una stratificazione di legislazioni fatte da
diversi magistrati leggi che si accumulano in modo disordinato a tamponare vuoti
legislativi senza un filo logico [la nostra costituzione si fa fatica a modificarla perché il
rischio è di creare disequilibri e disarmonie, a spostare il potere su una istituzione
piuttosto che un'altra]. Poi fa riferimenti agli stati che basano la loro legge sulla
religione ciò crea armonia e consonanza => limite di Cartesio che scrive nel 1600
vediamo adesso ciò che succede in Iran dove il potere si basa su classe sacerdotale
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non possiamo condividere quello che scrive Cartesio, aveva una visione che era frutto
dell’armonia ritrovata dopo la scissione tra protestanti e cattolici.
Pag. 55 a Sparta c’era uniformità e coerenza all’interno della legislazione perché fatta
da uno solo erano coerenti perché portavano a un fine comune => fornisce criteri per
valutare un regolamento: coerenza e il fine deve essere comune non possono
esserci scelte divergenti. Ulteriore passaggio logico (sulla filosofia): piuttosto che
avvicinarsi alla verità mettendo insieme tante opinioni diverse è meglio affidarsi a un
unico giudizio o un unico criterio ispirato alla ragione naturale e che sia scevro da
pregiudizi.
Pag. 57 La ragione deve essere matura primo esempio: casa. In una città anche
disordinata che si sono sviluppate senza regola non puoi abbattere edifici per portare
ordine e geometria ma singole case fatiscenti che possono essere abbattute e rifatte
secondo criterio. Allude a quei ragionamenti ai quali ci si aggrappa e che si
considerano sicuri mentre sono infondati, sono convinzioni infondate. Piuttosto che
arrivare a dei compromessi e continuare portare avanti idee contraddittori è meglio
rinunciare a un convincimento e ripercorre re il ragionamento. In psicologia c’è un
meccanismo (dissonanza cognitiva) che implica la difficoltà che abbiamo a far nostre
verità anche evidenti nel momento in cui contrastano con convinzioni radicate nel
nostro pensiero. Talvolta noi ci precludiamo la possibilità ad accedere a verità
oggettive per non mettere in discussione il nostro pensiero. Siamo ancorati a dei
pregiudizi o false verità fa non essere disposti ad accogliere a verità sicure.
Allo stesso tempo se ci sono fondamenta sicure è assurdo pensare di rifondare le
istituzioni o pensare di dover riformare la scuola. attenzione a voler riformare dalle basi
tutte le scienze o modificare insegnamento bisogna procedere con cautela e piuttosto
che cancellare tutto valutare di volta in volta . Invito alla prudenza. Sembra contraddirsi
ogni tanto, ma in linea di massima il concetto è che a fondamento di qualsiasi riforma ci
deve essere un’analisi accurata senza temere di lasciare vecchie convinzioni se si
dimostrano superate.
Pag. 58 le cose imparate usciti dal liceo siate pronti accantonarle se non
corrispondono al vero o siano vane per essere flessibili a adattarsi alla realtà.
Riflessione=> Cartesio la fa semplice: nella nostra società in cui le trasformazioni sono
tante e silenziose credo che sia da rivedere il suo pensiero, le trasformazioni sociali
politiche e culturali che in questo caso il suo discorso va meditato. Nel momento in cui i
cambiamenti sono così veloci anche dal punto di vista etico (utero in affitto) da non
consentire una riflessione e studio accurato si è portati a schierarsi in base alle
ideologie di partito, il rischio è quello di essere trascinati dalle mode, dalle informazioni,
dalle lotte di potere. In questo caso forse varrebbe quasi l’opposto rispetto a quello che
dice Cartesio e basarsi sugli gli strumenti che vi dà questa scuola analizzare i
documenti, sviscerare le parole, a riflettere vi possono servire a fermare la corsa e
aiutare a leggere diverse interpretazioni. (guerra, profughi, banche, utero in
affitto….rischio di travolti dalla corrente di idee, meglio tenere ferme le nostre
fondamenta di studio su cui basarsi per riflettere).
Pag. 61 ha paura dell’abitudine che diventa apatia accettazione passiva per questo
sostiene l’importanza di sapersi adagiare di non basarsi sul sapere precostituito, lo
traspone anche a livello sociale (popoli) cambiare è faticoso. Metafora sui sentieri: un
sentiero che si snoda tra i monti è più difficile che a un passaggio battuto. La via
dell’abitudine è comoda diventa limitante nel momento in cui preclude altre conquiste.
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27.3 I e II parte
Modalità in cui avanza Cartesio prendendo in esame ogni questione, introduzione al
dubbio.

3 tipi di dubbio:
1. Dubbio metodico (dubbio come metodo) => è quello che C. applica utilizza per
cercare di ricostruire la verità, strumento di conoscenza, una sorta di strumento
gnoseologico; applicato fino a quando non arriva a una verità non passibile di dubbio. È
l’esercizio, la pratica del dubitare. Non inteso come diffidenza nei confronti di ciò che ci è
insegnato o trasmesso (eticamente significherebbe perenne sfiducia nei confronti di tutti),
ma quando si tratta di conoscenza è una buona abitudine dubitare della verità che ci
vengono fornite. Verrà ripresa da molti filosofi in particolare da Kussel che dirà bisogna
fare sempre epochè mettere tra parentesi le verità non accertate fino ad arrivare a quelle
vere. Si ritroverà anche nella filosofia del ‘900 del pensiero debole (Derridà) teorizzerà la
decostruzione cioè smontate tutti gli aspetti non essenziali fino ad arrivare al nocciolo della
verità che può essere reinterpretato.

2. Dubbio generico = è il suo che investe i sensi e l’immaginazione. Riguarda tutte le


conoscenze sensibili. Dobbiamo diffidare da quello che gli organi di senso ci trasmettono.
Diffidenza generale da nostro modo di apprendere una specie di pulizia dei pregiudizi (in
particolare specis e tribus). Deve consentirci di dubitare da tutto ciò che apprendiamo con
le sensazioni.

3. Dubbio iperbolico = dubbio esagerato, eccessivo che ci deve portare a stare in


allerta rispetto anche a delle verità che diamo per scontate come le certezze matematiche.
Immaginandoci che un genio maligno ci inculchi queste certezze matematiche di cui non
dubitiamo. <immagina che la nostra esistenza sia frutto del pensiero di un genio maligno.
Il superamento di questo dubbio è dato da 2 aspetti:
a. anche qualora fossimo l’esito del pensiero di un genio maligno comunque lo pensiamo e
pensiamo alla nostra esistenza, e quindi comunque saremmo esistenti. Il pensiero di un
genio maligno che pensa è garanzia del nostro essere. La prova del fatto che esistiamo è
l’attività del pensare il pensiero del genio maligno che non determina la nostra esistenza.
Siamo noi artefici della consapevolezza della nostra esistenza grazie al pensiero
(cogito).
b. la fede se esiste un genio di questo tipo dovrebbe esistere un dio opposto, benefico
che costituirebbe la salvezza.
La verità in cui siamo inserito è frutto di un Altro di esterno. L’unica verità indubitabile sarà
la consapevolezza di esistere o la fede.

Esempi: Pensate alla mente di uno schizofrenico cioè ha un io scisso o molteplici


personalità, non si concepisce come unitario e come singolo la schizofrenia è la scissione
dell’io. La sua mente non riesce ad avere la percezione di sé stesso come soggetto
unico.si sente abitato da altri, l’ipotesi del genio maligno è un po' questo. Pur all’interno di
un io scisso, pensandosi scisso avrebbe la consapevolezza radicale di esistere.

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Altri esempi: metaverso la costruzione della realtà sarà di una intelligenza artificiale in cui
noi decideremo come entrare ma non conosceremo le regole del gioco o le dinamiche che
hanno costruito questa realtà.

Pag. 69 Come una casa che deve essere demolita prevede che prima si faccia un
progetto
Conta 3 discipline: logica matematica e algebra e dice x quali ragioni nessuna delle 3 lo
soddisfaceva dal punto di vista metodico
la logica perché fa ragionamento come circoli viziosi e la logica rischia di generare di
erudizione e retorica.
Algebra e matematica sono eccessivamente astratte e poco spendibili nella vita
quaotidiana. Allora individua 4 regole del metodo molto semplici dalle quali non derogare
mai.
Pag 75 per arrivare a una verità certa
 Prima regola accogliere come vero ciò che è chiaro e distinto (vero e evidente) non
passibile di dubbio. Eliminare tutti i pregiudizi ed eliminare ogni giudizio
affrettato. Se ho qualche dubbio devo eliminarlo.
Pag. 77
 seconda regola dividere (= semplificare) i problemi in tante parti quante in
modo da agire con strategie efficaci. Semplificare al massimo la questione
(definita atomismo logico) [mi chiedo se uomo è animale razionale: scompongo
uomo, animale e razionale]
pag. 77
 terza regola partire sempre dalle questioni più semplici per risalire a quelli più
complessi disponendoli in ordine. Ordine dalle cose più semplice alle più
complesse
pag. 79
 quarta regola una sorta di ripasso, di riesame per cui una volta compiuto il
percorso si devono riesaminare i passaggi effettuati, enumerarli, riordinarli e
verificare di non aver omesso nulla. Una sorta di costante verifica e
riconsiderazione del tutto.

29.3
Nessuna di esse sarà così remota che non si possa raggiungere => ribadisce di non
affrettare le conclusioni.
Ritorna l’attenzione di C. (anche grande matematico) sul metodo della matematica più
che sui contenuti (anche i numeri sono un’immaginazione della ragione) solo i matematici
hanno potuto trovare dimostrazioni perché fondata su ipotesi inventate (numeri) e su
quelle costruire postulati. Era utile il riferimento matematico perché mi abituava a seguire
con rigore il ragionamento.
Ultime 6 righe di pag. 85 (e perché nessuno pensi…) qui c’è la base del discorso di C.
per lui non esistono tante verità ma una unica verità e ogni ambito porta a una unica
radice del sapere, l’obiettivo è un traguardo ben definito (prospettiva assolutistica) se
dovessimo cercare i frammenti della verità sarebbe più difficile.
Queste righe tengono insieme due aspetti contraddittori di Cartesio:
① punto forte è quello definito il matematismo universale = è una fede nella ragione
e nei suoi metodi che la matematica potenzia e rende più efficaci. La matematica fa
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apparire facili alcuni percorsi perché ha un metodo rigoroso nell’unire le ipotesi alle
deduzioni che fa sembrare tutto semplice. Fede nella possibilità di spiegare tutto che la
matematica consenta di pervenire a qualsiasi verità con rigore. Nella matematica si trova
un sapere e un metodo estensibile a tutte le altre discipline.
② L’errore di C. invece (punto debole) è quello per cui il matematismo che nasce come
un’ipotesi grazie ai successi conseguiti nella storia diventa l’unico criterio; da metodi
diventa autoreferenziale sembra che per Cartesio possa portare alla verità solo la
conoscenza matematica. Così rende la matematica ancora più astratta perché per farne
un metodo universale deve renderla completamente astratta, nel momento in cui la rendi
astratta la matematica viene a coincidere con la logica ed esce dal suo campo la
categoria della quantità per entrare nella categoria della qualità con perdita di efficacia.
[esempio: se si tratta di economia posso applicare le regole della matematica, ma se
faccio della matematica e della geometria dei saperi universali esco dalla categoria della
quantità ed uso gli stessi criteri per analizzare i vissuti psicologici o estetici; per valutare il
bello posso applicare la sezione aurea ma il bello è qualcosa di più; per valutare la psiche
posso usare metodi statistici, ma la psiche è molto di più: la differenza la fa anche la
qualità]. (Ieri su prima pagina di Libero c’era l’articolo sulla possibilità di scegliere il colore
della pelle dei bambini c’era un catalogo fornito da strutture ospedaliere a chi vuole
accedere alla fecondazione artificiale. Quindi quella che era la naturalità con cui si
procreava attraverso i vari esperimenti nell’eugenetica ha portato a questo tipo di
impiantistica del seme nell’utero e ha portato a questo) non si deve approcciare solo con
un metodo matematico, non tutto deve essere determinato con approccio scientifico.
Con la volontà di estendere il metodo matematico a tutto va depotenziato perché non tutto
il sapere può essere matematizzato.

Parte terza
Pag. 97 ci interessa per un discorso che riguarda la morale provvisoria. Torna la
metafora della casa. Quando uno deve costruirsi una casa deve occuparsi di molti aspetti,
ma deve anche procurarsi un’altra dimora provvisoria dove abitare intanto che la casa
viene finita. Così lui si formò una morale provvisoria finché cercava la verità ultima e
cercava il modo di applicare il metodo al settore etico senza uscire di strada. (abbiamo
bisogno dei paletti intanto che cerchiamo i pilastri = punti fermi su cui fondare la nostra
vita). Illustra le regole:
1. Prima regola generale (di buon senso) teorica e pratica.
Teorica => in attesa di capire in modo chiaro il suo destino (la mia morale) obbediva
alle leggi del mio paese anche a quelle religiose. Posso poi anche disobbedire le
leggi ma intanto che decido la seguo; esempio: finché non ho deciso di diventare
ateo, seguo la religione. (c’è anche nella costituzione la possibilità di trasgredire la
disobbedienza civile).
Pratica => nelle scelte quotidiane seguire e comportarmi secondo le opinioni più
moderate (giusto mezzo dell’etica nicomachea).

5-4
Morale che come C. dice in riferimento alla casa consente di effettuare il camnbiamento
senza essere scoperti, intesi.
Pag.99 Le regole della morale. 1a regola (vedi sopra) In una fase in cui non si è costruita
una propria visione del mondo e un personale sguardo sulle cose o si hanno convinzioni
10
precise è opportuno obbedire alle leggi del proprio paese e alle norme della propria
religione e seguire le opinioni più moderate => regola di buon senso, cercare di acquisire
la capacità di temporeggiare senza prendere di petto leggi o stili di vita consolidati.
La scelta di seguire le leggi della propria società non è in questa fase la consapevolezza
che le leggi sono le migliori (rispetto a quelle dei cinesi o persiani) ma siccome si trova a
vivere in civiltà occidentale è opportuno seguire quelle leggi. Importante il percorso per cui
conta più cosa si fa rispetto a ciò che si dice: guardare le persone più prudenti perché
contano di più i comportamenti rispetto a ciò che viene detto.
Pag. 101 ripresa del giusto mezzo di Aristotele seguire la via più moderata e stare
lontani dagli eccessi, ma seguire la giusta misura.
Pag.103 secondo paragrafo: perseverare nel proposito. Fa un esempio con una metafora
(viandanti nel bosco). Come quando ci si perde in un bosco l’errore è quello di cambiare
direzione in base alla sensazione del momento, facendo così a zig zag ci si allontana
sempre di più da qualsiasi punto e ci si disorienta sempre di più. Suggerisce di procedere
verso valle in linea retta e prima o poi una strada la trovo. Fuori dalla metafora la 2a regola
dice quando ho deciso di fare una cosa è opportuno che la porti a termine, che sia tenace
e coerente. Non si compie altrimenti il tragitto verso l’evoluzione. La perseveranza libera
dalle ansie e dai rimorsi della coscienza che agitano gli spiriti più deboli: nel momento in
cui ci facciamo possedere e perturbare da rimorsi, da indecisioni, da dubbi sul
comportamento non se ne esce più, il travaglio diventa ansia, quando abbiamo ponderato
qualcosa dobbiamo essere decisi a portarla a termine, peggio vivere nell’indecisione.
Ansia deriva da costanti rimorsi, si rimedierà in un secondo momento.
3a regola Ripresa di Epitteto cose che dipendono da noi e altre no, invece di lamentarsi
della sorte e maledire il destino, agiamo su di noi, cambiamo i nostri desideri, pensieri,
obiettivi piuttosto che cambiare l’ordine del mondo, consapevoli che certe cose non
dipendono da noi. Questo discorso si ritrova nella psicologia contemporanea riprendono
questo aspetto: bisogna sempre avere un piano B. (esempio scelta di facoltà). C. dice di
perseverare nella propria scelta, ma se una scelta si rivela sbagliata allora devi rimediare.
Assecondare gli eventi.
Continua di essere un po' fatalisti, accordare il destino con la necessità delle cose, la
libertà è meglio di qualsiasi forma di prigionia ma si potrebbe essere incarcerati, meglio
essere sani, ma si deve accettare anche la malattia, bisogna acquisire un giusto distacco.
Si sofferma di più sulla terza regola perché lavorare sui propri pensieri significa essere
padroni di se stessi ed è un segno di sicurezza decidere della propria vita, mentre di
immaturità trovare cause di quello che ci succede sempre all’esterno, C. da razionalista
nessuna cosa è esterna, sono i nostri pensieri che contano, che determinano la nostra vita
(come i filosofi passati) posso essere convinto di stare bene e di non aver bisogno d’altro;
se uno si convince in qualche modo è, quello che uno crede alla fine è decisivo (vedi
autostima) bisogna stabilire una priorità e bisogna convincersi di possedere certe cose
altrimenti si sarà sempre insoddisfatti. Ribadisce importanza della ragione ed è stata data
all’uomo da dio e ogni giorno usando la ragione colgo qualcosa.
Pag.115 la volontà vuole a seconda di quello che la ragione indica (c’è continuità con il
discorso di Socrate) l’intelletto può condizionare i desideri e la volontà che sono due cose
complementari ma differenti, la ragione suggerisce su cosa debba esercitare la mia
volontà: è sempre l’intelletto che stabilisce le regole questo è il razionalismo che sta
cercando la verità la ragione ha valenza etica, logica e gnoseologica.

11
13.4
Parte quarta
‘Nel dubbio a priori eliminavo ciò che veniva dai sensi’ questo è stato definito da Masio
come ‘l’errore di Cartesio’ perché la valenza gnoseologica della perfezione non può essere
liquidata così velocemente. Si può ipotizzare che quello che deriva dai sensi non
corrisponde alla verità, ma la percezione è uno dei canali privilegiati per la conoscenza.
Bisogna distinguere la verità sensibile dall’apparenza sensibile. In realtà anche C. non
voleva eliminare completamente i sensi usa ‘talvolta’ indica la consapevolezza che non
sempre i sensi ingannano. Bisogna avere un criterio sicuro per distinguere la verità
sensibile dalla apparenza sensibile.
Anche alcune verità della geometria possono essere messe in discussione e portare a
falsi convincimenti quindi anche la conoscenza matematica oltre a quella sensibile
possono rappresentare un errore come i pensieri nello stato di sonno rispetto a quando si
è svegli. ‘Non potevo dubitare che io stesso esistevo…’ (ego cogito ergo sum sive
existo). Dopo aver fatto esercizio di dubbio e avare messo in discussione i sensi le verità
geometriche e lo stato di veglia e il sogno arriva alla verità fondamentale: sia che io pensi
ai dati sensibili o ai dati geometrici in modo errato comunque il fatto che penso (anche
quando penso in modo erroneo) indica che io sono e quindi esisto. Penso quindi sono.
Questo sembra banale ma non lo è per una serie di ragioni. Il mio essere è legato al
pensiero se non ci fosse il pensiero non esistere perché non sarei consapevole di
esistere. Io esisto nel momento in cui sono cosciente di esistere. L’albero non è
cosciente di esserci e forse nemmeno gli animali, la realtà delle cose deriva dal pensiero.
Una cosa che esiste ma non riesco a pensare è come se non esistesse. C. fonda l’essere
sul pensiero fonda l’ontologia sulla ragione. Siccome io esisto in quanto mi penso:
1. la prima deduzione è che sono un essere razionale anzi ‘sono’ perché razionale.
[Questione del coma vegetativo comporta in base a questa verità di C. che ‘si sia’
anche quando non c’è attività cerebrale? Se la lettura di C. è corretta in teoria no.
Una persona che non ha coscienza di sé è come un vegetale è inconsapevole di
esistere. Si cade a livello vegetale in visione antropocentristica. Dal punto di vista
etico possiamo chiederci se non è più uomo uno che non pensa]. L’esempio dello
stato vegetativo ci serve a capire che è chiaro che l’esistenza deriva solo dalla
ragione e
2. quindi C. non lega l’esistenza al sentimento (io amo quindi esisto) e questa è la
prospettiva di C. (Siccome penso anche l’animale, la pianta etc allora anche questi
esistono ma questo verrà dopo.)
Che tipo di esistenza sarà quella che l’uomo deduce razionalmente? Sarà esistenza
razionale, tutto viene ricondotto a quel tipo di approccio. Il fatto di ritenere che solo la
ragione è criterio di validità dell’essere tutto è riducibile a questo. Significa ridurre tutta
l’esistenza al pensiero, alla razionalità in psicologia è chiamato cognitivismo. Il passaggio
successivo quale è? Se esisto perché penso il passaggio è vedersi come liberi (?).
3. Ma come mi penso? Allora in positivo e negativo siamo noi i soggetti del nostro
pensiero, ne deriva un soggetto forte perché se mi penso forte sono forte. Quando
mi sottovaluto o disistimo non è colpa degli altri ma di me stesso, di come mi penso.
Quindi non soltanto lo statuto ontologico deriva da me, ma anche come mi penso
deriva da me => Attribuisco anche la tipologia di essere.

12
4. Mi penso a quel punto anche con un corpo, anche dal punto di vista materiale,
quando mi penso mi determino, sono un pensiero dentro un corpo.
(Oliver Sacks spiega il paradosso dell’arto fantasma; inizialmente dopo l’amputazione
si è convinti di aver ancora la gamba, la sente perché il pensiero della gamba è ancora
presente, la presenza o assenza della gamba si spiega che noi misuriamo lo spazio
attraverso passi ma automaticamente i passi che noi compiamo a livello cerebrale
sotto forma di spazio che è più o meno lungo e quindi avere una gamba in meno
richiede una sorta di ricalibratura dello spazio) Il cognitivismo a livello di psicologia
insieme al comportamentismo sono le due correnti più diffuse, mentre il
comportamentismo si basa sull’esperienza, il cognitivismo si basa sulla
metacognizione sui processi mentali che ci consentono di conoscere noi stessi e i
nostri sentimenti. Ogni aspetto della vita va studiato in base alla consapevolezza che
abbiamo di esso.
5. Ultima deduzione sul cogito: se io sono perché penso il mondo per me è quello
che penso ciò che non penso non esisterà, anche questo ci descrive la forza del
soggetto, la realtà è quello che io penso. E ognuno pensa in modo soggettivo e
indipendente. (parla di chimera???). Il copro da solo sarebbe pura sostanza
materiale, invece il pensiero è res cogitans mentre il corpo è res extensa.
Quali obiezioni vengono fatte da alcuni contemporanei o filosofi successivi:
Hobbes => in quanto res cogitans l’uomo è il cervello che pensa e non si può prescindere
da esso quindi secondo H. Cartesio trascura che ci viole un organo del corpo per
compiere l’attività del pensiero, sottolinea l’aspetto materiale della res per giustificare il
pensare. Quindi dice che C. aveva evidenziato l’attività del pensiero a scapito del cervello.
Gassentin => l’espressione che tu usi cogito ergo sum mi rimanda una sorta di sillogismo
contratto chi pensa esiste, io penso e quindi esisto. Questo significa che ha fatto un
ragionamento e quindi non è in presenza di una verità immediata, la modifica. E’ la parola
ergo che comporta il fatto che non sia una verità immediata. Cartesio toglierà l’ergo e
metterà una virgola (nelle meditazioni cartesiane). A dire che essere e pensiero sono
tutt’uno e non frutto di ragionamento.
Arnau => se il cogito ergo sum è una verità evidente devi avere con te il criterio
dell’evidenza prima di arrivare al cogito ergo sum. L’evidenza si impone senza un livello
del metodo teorizzato in quanto tale, senza bisogno di dire prima cosa è evidente e cosa
no.

15.4
Schopenhauer il senso profondo dove sarà? Nella res extensa cioè il corpo è attraverso
il corpo che capiamo il senso delle cose siamo voluptas, desiderio attrazione, istinto e non
solo l’uomo ma anche gli animali. C’è una voluptas che ci porta ad agire in un certo modo
e a proiettarsi nei confronti con gli altri e la voluptas è irrazionale, è istinto.
L’idea di C. è una scelta di campo di dire tutto è razionale: soggetto forte che si autopone,
io sono perché penso, io sono perché mi penso, io sono come mi penso. Capacità di
determinarsi.
Pag. 139 Poi esaminando chi fossi io ero res la cui natura e essenza consiste nel pensare,
esistenza reale non illusoria del pensiero, la mente per cui io sono quello che son o è del
tutto distinta dal corpo che potrebbe continuare ad essere anche se il corpo non esistesse
più. Rimarca la differenza tra res cogitans e res extensa, la res cogitans è una realtà vera
e propria. Posso immaginare (esperimenti mentali) che il mio corpo non esista o di non
13
trovarmi in un luogo ma in un altro che rendono il mio pensiero indipendente rispetto al
corpo ovvero a dove mi trovo. Non posso però privarmi del mio pensiero. Se non mi penso
non esisto. E’ il pensiero che da significato al mio corpo. Esempio: Quando sono affetto da
tetraplegia, da SLA, sindrome dello scafandro sono incapace di muovermi in quel caso
cmq ho la percezione di esistere, la res cogitans consente al soggetto di dire esisto,
conosco le altre persone, in assenza del corpo la res cogitans funziona comunque, ma in
assenza di res cogitans il corpo no, la res extensa non è cosciente di sé stessa. Se mi
penso, mi percepisco come esistente, ma non il corpo. Seconda nota di pag 139 anche
quando dubito della mia esistenza, io esisto perché sto pensando, se il genio maligno mi
inganna, io esisto. Solo il pensiero è autoevidente, il mio corpo è esterno a questa
autoevidenza.
Pag. 141: tornando al metodo siccome il cogito ergo sum è una verità chiarissima
naturalmente qualsiasi verità che accettassimo come vera dovremmo individuarla alla luce
di queste caratteristiche: chiare e distinte.
Pag. 143: dopo aver raggiunto la certezza del cogito, C. cerca di andare a fondare quasi
con la stessa chiarezza qualche altra idea. La prima idea iniziano con le tre dimostrazioni
di dio iniziano le argomentazioni a favore dell’esistenza di dio che fa derivare dall’idea di
perfezione. Per arrivare al cogito ha applicato il dubito quindi vuol dire che non sono
perfetto,ma ho idea della perfezione allora da dove arriva l’idea di perfezione? Deve
essere arrivata da un’idea innata di perfezione qualcuno me la deve avere inserita u ente
superiore e questo ente non può che essere dio. Dio esiste come autore in me dell’idea
innata di perfezione. Poi ci saranno altre dimostrazioni di dio
Pag.145 seconda dimostrazione di dio diventa infinito e onnipotente è una ridefinizione di
dio
Pag.147 terza dimostrazione essere perfetto che non può essere privo dell’esistenza
Pag.149 l’esistenza di dio in quanto perfetto non può che derivare come conseguenza
logica e immediata.
Dalla consapevolezza della propria esistenza e realtà e di quella di dio come essere
trascendente poi arriva a dimostrare la veridicità delle realtà esterne riflettendo sul corpo.
Siccome la res cogitans si contrappone alla res extensa C. si convince che esistano anche
altre realtà, dal nostro corpo ognuno può dedurre l’esistenza di altri corpi. Partendo da dio
pone anche le realtà esterne a sé.
Pag. 161 la ragione non ci attesta che le cose…tutte le idee che ci vengono dal di fuori
avventizie sulla base di stimoli esterni (alberi..) ci restituiscono cose che in realtà ci sono.
Poi ci sono le idee fattizie che sono io che le creo. Tanto la mia res cogitans fonda il mio
corpo (res extensa) tanto la stessa res cogitans fonda gli oggetti esterni.
Questo discorso è espresso anche nelle Meditazioni metafisiche c’è un brano che vi fa
capire il rapporto tra res cogitans e res extensa. Esempio del pezzo di cera: partiamo dalle
cose più semplici. Prendiamo il pezzo di cera che è stato estratto dall’alveare non ha
perduto le caratteristiche (colore, odore, forma, freddo, duro), ma se lo avviciniamo al
fuoco cambia colore, la figura si perde, l’odore cambia e si scioglie non ha più le
caratteristiche precedenti. Ma la cera stessa resta? Si resta. Ma nulla di quello che ho
notato con i sensi le caratteristiche che sono tutte cambiate, resta un corpo che prima
appariva secondo certe forme e ora si presenta sotto altre. Riesco a capire che è lo stesso
pezzo di cera che prima appariva in un modo e ora in un altro. Resta un corpo una
sostanza ovvero qualcosa di esteso flessibile e mutevole (può cambiare forma e
consistenza) cosa è questa estensione che mi fa individuare sempre la cera? Il mio
14
intelletto. Ciò che mi consente di comprendere che il pezzo di cera che avevo l’inizio,
nonostante sia cambiata, è la stessa,è la visione della mente (rappresentazione mentale)
che resta nella mia testa sempre la medesima. Esempio degli uomini che vedo da una
finestra: vedo solo cappelli come faccio a capire che sono uomini? Dubbio iperbolico
potrebbero essere uomini finti (mossi per mezzo di molle) o robot, ma giudico che sono
degli uomini è il mio giudizio (pensiero) che mi restituisce la verità delle cose che mi porta
a non dubitare che quelli che vedo siano uomini. In sostanza attraverso la res cogitans io
riesco a fondare la res extensa a giudicare la realtà esterna a me.

GIANBATTISTA VICO 1668-1744 (appunti Iogna)


La “Scienza nuova” prima ed. 1725, laureato in giurisprudenza, discorso di taglio storico-
politico. Vico critica il razionalismo cartesiano, non c’è corrispondenza tra natura e
metafisica, scelta arbitraria? Quella di trovare spiegazioni metafisiche => molteplicità di
metodi scientifici=> non si possono collegare fenomeni che diano verità certe. Bisogna
separare i vari settori della vita umana:
espressioni particolari che sono LE POESIE => fantasia che non è la componente
prioritaria ci sarà un altro approccio più logico e intelligente. Bisogna risalire a quello che
uomo fa “verum esse ipsum factum” = Ciò che è vero è precisamente ciò che è fatto",
la norma del vero è ciò che si fa", c’è una equivalenza tra il vero e il fatto.
…possiamo avere coscienza dei fenomeni naturali come non coscienza.
Si sofferma sulla poesia: gli uomini si basano sulla loro natura es. la calamita è attratta dal
ferro, usata anche nell’ambito di attrazione umana => il poeta è più capace di plasmare
la natura.
1. Lo stupore è figlio dell’ignoranza meno si sa più si è sorpresi dalla scoperta;
2. La fantasia diventa più forte se l’aspetto razionale è debole,
3. Il poeta dà un senso alle cose insensate e anche sensibilità e sentimento =>
APPROCCIO DI UN FANCIULLO, trasferisco sentimenti negli oggetti. Anche la
curiosità è figlia dell’ignoranza.
Altro tema affrontato LA STORIA la sua frase è ‘corsi e ricorsi storici’=> ci sono delle fasi
nello sviluppo della società. Secondo V. ci sono 2 livelli: la storia umana e un livello
metafisico, storia idel-eterna, c’è un mondo concreto della storia e poi un mondo
universale. La storia degli uomini restituisce un’umanità che in maniera ciclica vede
periodo di ascesa e periodi di discesa, le civiltà umane hanno sempre raggiunto l’apice e
poi sono decadute. L’uomo è costantemente progredito nello sviluppo della tecnica per poi
precipitare in un nuovo imbarbarimento, regressione. Questo viene definito come ‘corsi e
ricorsi’.
3 FASI che hanno ..la storia
ETA’ DEGLI DEI: gli uomini interpretavano i fenomeni naturali come punizioni divine =>
fase dei governi TEOCRATICI
ETA’ DEGLI EROI: qui prevalgono le repubbliche aristocratiche e si sviluppano le virtù
eroiche;
ETA’ DEGLI UOMINI: nasce con le repubbliche popolari fondate sull’uguaglianza, gli stati
moderni, il potere era in mano agli uomini, l’uomo con la ragione riesce a gestire il potere.
A queste 3 età degli uomini corrispondono 3 facoltà mentali:
età degli dei => il senso ovvero le sensazioni:
età degli eroi => la fantasia si sono riuscite a stringere le ???
età degli uomini => maturità dell’umanità
15
La storia ideal-eterna rappresenta il dover essere, il paradigma è un piano divino quando il
piano si discosta dal disegno interviene la provvidenza divina.
Interpretazione religiosa fatta da V. => piano divino interpretazione idealistica, es. Hagel o
Croce si sostituisce il concetto di provvidenza con quello di ragione, il piano trascendente
è rappresentato da un piano razionale che l’uomo cerca di realizzare. C’è l’idea di una
storia nazionale per Croce. Interpretazione naturalistica-materialistica.

BLAISE PASCAL 1623-1662 (appunti Iogna)


Famiglia della piccola borghesia francese, ha due sorelle che lo aiuteranno nei periodi
difficili. Pascal fin da giovane frequenta circoli di scienziati. Nel 1642 aveva inventato una
macchina aritmetica per svolgere calcoli; studia ‘esagramma mistico’ esagono inscritto
nella circonferenza, figura perfetta i tre punti di intersezione sulla linea retta. Nel 1646 c’è
la prima conversione: P. era un credente che si affidava alla fede, nel ’46 aderisce al
giansenismo: suo padre si era ammalato ed era stato guarito da due medici giansenisti, si
trasferisce a Parigi. Il periodo in cui sta a Parigi è definito ‘mondano’: continua a
mantenere i rapporti con gli intellettuali, dà importanza all’onore e alla gloria e al prestigio,
gode dei piaceri della società. Sostenuto e aiutato dalle sorelle. Nel ’59 è colpito da una
malattia e poi muore nel ’62.
Fa sue alcune affermazioni dei giansenisti:
concetto di grazia => fondamentale per la salvezza
rigore religioso
I primi che critica sono i gesuiti: hanno sostituito alla contrizione (=pentimento fondato
sull’amore di Dio), l’attrizione= paura delle punizioni, paura dell’inferno.
Hanno sostituito la conversione dell’anima con i riti. Li accusa di lassismo. Invece della
moralità hanno dato pianta al LEGALISMO ovvero a ciò che è legale; la morale è altro.
Disputa tra i PLENISTI E i BACUISTI => coloro che credevano nell’esistenza del vuoto, i
plenisti credevano nell’impossibilità del vuoto. La disputa era iniziata con Aristotele: il
vuoto non esiste perché ci sono gli atomi. Anche Cartesio dice che non esiste Pascal
pensava da sé, faceva esperimenti (es. Torricelli). Pascal ritiene che esiste il vuoto
facendo un esperimento, trasferisce il concetto di vuoto a livello filosofico, quando il vuoto
della fisica viene trasferito in filosofia ci sono una serie di conseguenze, che lui scrive:
specie umana col vuoto => sensazione di noia, mancanza di significato. P. scrive uno dei
suoi pensieri più importanti: PENSIERO N. 139 sul DIVERTIMENTO prima volta che un
filosofo si occupa di divertimento. Il divertimento è la strategia che l’uomo adotta per
sfuggire alla noia.

20.4
Uno dei più famosi pensieri è il n.139 ed è collegato anche alla corrispondenza tra il vuoto
e il senso del vuoto (il male di vivere). P. dice quando mi sono messo a riflettere sulle
molteplici preoccupazioni degli uomini o sui pericoli a cui espongo (guerra, discussioni) mi
sono dato questa risposta: la più grande infelicità dell’uomo deriva da non sapere stare
tranquilli in una camera = non sapere stare soli con sé stessi (di stare a contemplare in
solitudine). La maggior parte delle cose che si fanno vengono fatte per l’incapacità di stare
a casa propria con piacere, per riempire il vuoto. Perché uno non è in grado distare da
solo e ha bisogno del contatto con la gente? Perché quando si sta soli si prende coscienza
della propria condizione umana: di essere deboli, fragili, ci prende l’angoscia della morte e
così transitori che nulla ci resta e siamo in balia del divenire. Non ci sono differenze sociali
16
per cui uno più ricco o potente si trova in una condizione migliore, la miseria della
condizione umana riguarda tutti indistintamente e lo stesso re senza divertimenti, giullari
etc viene travolto dagli stessi pensieri negativi di morte, congiure tec e quindi il primo dei
re sarà come l’ultimo dei sudditi. Unica soluzione a questo male di vivere è il divertimento
inteso come momento di diversione, come strumento attraverso cui si diverge dai
sentimenti che si prova, come elemento di distrazione. E questo riguarda qualsiasi attività
(lavoro, gioco, etc) riguarda il divertimento nel momento che mi consente di non pensare
=> una via di fuga. Il vuoto più che esterno è un vuoto interiore, assenza di senso perché
noi siamo dei frammenti rispetto all’eternità. Con il termine divertissement Pascal
intende tutte le occupazioni particolari in cui l'uomo si impegna, al solo scopo di
nascondere a sé stesso questo minaccioso senso di vuoto e di nullità.

Il pensiero della morte da alcuni filosofi viene recuperato come pensiero positivo. Heidegger: =>
l’uomo deve fare esercizio di morte (opposto di quello che dice Pascal) solo in questo modo
pensando di essere passeggeri in questa vita riusciamo a goderci la vita. Rovescia il discorso di P.

Così si spiega come sono tanto ricercate la conversazione con le donne, la guerra e le
cariche. Non cerchiamo il godimento pacifico, né i pericoli della guerra, il vincere al gioco,
la caccia, ma proprio il trambusto, l’attività che ci distoglie dal pensare. Quindi si gusta più
la caccia che la preda, la confusione, la compagnia chiassosa, attività che distolgono. Il
lato peggiore della prigione è la solitudine.
Pensiero n. 168 Poiché gli uomini non sono riusciti a guarire dalla morte, dalla miseria e dall'ignoranza,
hanno deciso di essere felici non pensandoci.
Pensiero n.172 Non ci accontentiamo mai del presente. Anticipiamo il futuro perché tarda a venire, come
per affrettarne il corso, o richiamiamo il passato per fermarlo, come fosse troppo veloce, così,
imprudentemente, ci perdiamo in tempi che non ci appartengono, e non pensiamo al solo che è nostro, e
siamo tanto vani da occuparci di quelli che non sono nulla, fuggendo senza riflettere il solo che esiste. Ciò
dipende dal fatto che di solito il presente ci ferisce. Lo nascondiamo alla nostra vista perché ci affligge, e
quando è piacevole temiamo di vederlo scappare. Tentiamo di sostenerlo con il futuro, e ci impegniamo a
disporre di cose che non sono in nostro potere, per un tempo a cui non siamo affatto certi di arrivare.
Ciascuno esamini i propri pensieri. Troverà che sono tutti concentrati nel passato o nell'avvenire. Non
pensiamo quasi per niente al presente, e se ci pensiamo è solo in funzione di predisporre il futuro. Il
presente non costituisce mai il nostro fine. Passato e presente sono mezzi, solo l'avvenire è il nostro fine.
Così non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e preparandoci sempre a essere felici è inevitabile che non lo
siamo mai.
Pensiero che colpirà Leopardi e Foscolo. Tocca uno degli aspetti più scoperti dell’uomo,
quasi mai si pensa al presente, si è sempre proiettati al futuro o al passato. Comunque il
presente è qualcosa che ci trascura e questo ci porta a non essere mai felici.
Pensiero n. 177 il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce separazione tra sentimenti e
pensiero, ma il cuore ha la possibilità di amare in maniera universale. L’uomo invece ha
privilegiato la ragione sul cuore. Siete sicuri che sia questo il modo di amare voi stessi,
seguendo solo la ragione? Pascal contrappone sempre il sentimento alla ragione e accusa
l’uomo di aver privilegiato l’aspetto razionale precludendosi di cogliere fino in fondo il
senso delle cose.
Pensiero n. 282 distingue due tipi di spiriti nell’uomo (concezione antropologica di pascal).
Con il cuore conosciamo i primi principi cioè le verità, ci riporta a Platone nel simposio.
Quel tipo di approccio consente di andare in profondità. L’evidenza la si sente non la si
coglie con la ragione (a differenza di Cartesio) il cogito ergo sum non è una deduzione
logica ma qualcosa di immediato l’aveva detto anche Cartesio. Pascal dice che è il cuore
che ha accesso a certe verità evidenti (esistenza dello spazio, del tempo) il punto è che la
17
ragione ha sempre cercato di prevalere sul cuore e questo è assurdo come se la ragione
ci desse sentimento. Il tentativo di razionalizzare è sempre presente, ma quello che ci dice
P. è che non si debba razionalizzare e controllare tutto. La natura ci ha fatto un dono
quando ci ha dato questo sentimento e che p. collega anche alla fede che è un sentimento
di fiducia in Dio per cui o ce l’hai o non ce l’hai. La psicologia contemporanea cerca di
tenere insieme le due cose.

Noi conosciamo la verità non solo con la ragione ma anche con il cuore. È in quest'ultimo modo che
conosciamo i primi princìpi, e invano il ragionamento, che non vi svolge alcun ruolo, cerca di opporvisi. Gli
scettici, che non hanno altro scopo, ci provano inutilmente. Sappiamo di non sognare, per quanto ci sia
impossibile dimostrarlo con la ragione; questa impossibilità significa che la nostra ragione è debole, non che
tutte le nostre conoscenze sono incerte, come essi pretendono. Perché la conoscenza dei primi princìpi,
come l'esistenza dello spazio, del tempo, del movimento, dei numeri, è salda come nessuna di quelle che ci
danno i ragionamenti, ed è su queste conoscenze del cuore e dell'istinto che la ragione deve appoggiarsi,
fondandovi ogni suo ragionamento. Il cuore sente che lo spazio ha tre dimensioni e che i numeri sono infiniti ,
la ragione dimostra in seguito che non esistono due numeri quadrati uno dei quali sia doppio dell'altro. I
princìpi si sentono, le preposizioni si deducono, e in entrambi i casi con certezza, sebbene per vie diverse.
Ed è inutile e ridicolo che la ragione domandi al cuore le prove di quei primi princìpi per voler dare il suo
assenso, così come sarebbe ridicolo che il cuore domandasse alla ragione un sentimento di tutte le
proposizioni che dimostra di volerle accettare. Questa impossibilità non deve servire dunque che a umiliare
la ragione, che vorrebbe giudicare di tutto, non a negare la certezza, come se non ci fosse che la ragione
capace di istruirci. Volesse Dio, al contrario, che non ne avessimo mai bisogno, e che noi conoscessimo
ogni cosa con l'istinto e il sentimento! Ma la natura ci ha rifiutato questo bene; al contrario non ci ha dato che
pochissime conoscenze di questo tipo; tutte le altre non possono essere acquisite che per mezzo del
ragionamento.
Questo è il motivo per cui quelli a cui Dio ha dato la religione per sentimento del cuore sono ben fortunati e
ben legittimamente persuasi; ma a quelli che non l'hanno, noi possiamo darla solo per ragionamento, in
attesa che Dio la doni loro per il sentimento del cuore, senza di che la fede non è che un fatto umano e
inutile per la salvezza.

Pascal ha individuato due tipologie di uomini e due spiriti presenti in ogni uomo
1. Spirito geometrico
2. Spirito di finezza
Contraddistinguono due categorie di uomini e sono anche due componenti intrinseche ad
ognuno di noi.

22.4

Spirito geometrico o dimostrativo si applica soprattutto su oggetti esteriori ed enti


astratti della matematica, ha per oggetto il mondo della natura e ha un modo di procedere.
Definisce le cose e procede attraverso deduzioni per associazioni fino ad arrivare a delle
verità evidenti e inconfutabili.
Lo spirito di finezza si fonda sul cuore, sul sentimento, sull’intuizione si applica
all’essenza dell’uomo a tutto ciò che è umano e intuisce dal punto di vista religioso la
presenza di dio e quando viene applicato alle realtà esterne e agli stessi oggetti su cui si
applica lo spirito di geometria, ci restituisce una conoscenza più profonda, più completa.
Lo spirito geometrico è la componente più razionale, più rigorosa lo spirito di finezza è la
componente più intuitiva. Secondo P. gli uomini si dividono in quelli in cui predomina di più
lo spirito di geometria o di finezza una è preponderante sull’altra. Le due componenti ci
restituiscono realtà diverse. Per P. tra i due è più importante lo spirito di finezza perché
non è puro calcolo, non è spiegazione scientifica talvolta avulsa di profondità. Pascal dice
18
che lo "spirito di geometria" non è sufficiente per comprendere la realtà, poiché non arriva
a capire i fondamenti dell'esistenza umana, ed è così limitato. Lo spirito di finezza riguarda
tutto il mondo degli uomini e si applica alla retorica, alla filosofia, al linguaggio e consente
agli uomini di conoscere sé stessi, ma si può applicare anche agli enti naturali (realtà
naturali peculiari dello spirito geometrico) con un approccio non solo scientifico e coglie
della natura stessa che gli enti fan parte dell’universo, siano vitali. La finezza riesce a
cogliere nell’animale, nel vegetale nel minerale un piano più generale all’interno
dell’universo, restituisce il senso profondo delle cose. Con lo spirito geometrico arrivi alla
verità, ma il senso profondo di questa verità te lo dà lo spirito di finezza.
Il pensiero 66 chiarisce che bisogna conoscere sé stesso (differenza tra conoscere e
interpretare) lo spirito di finezza serve a conoscere sé stessi attraverso le cose
esterne e in base a questo a regolare la propria vita. Lo spirito di finezza ci fa cogliere
la sproporzione tra l’uomo che è finito e la natura che è infinita e ha sempre una
componente di mistero.
[Merleau Ponty il pittore presta il suo occhio allo spettatore il pittore ha spirito di finezza
superiore a tutti gli altri e l’arte è superiore alla scienza perché questa sorvola le cose,
l’arte va sotto la superficie] Pascal in fondo diceva questo la parte scientifica manca dello
sguardo che dà senso alle cose, che le interpreta e le legge.
Ultimo punto: relativo alla religione (ricollega a scetticismo e stoicismo). Divide gli uomini
in due specie riguardo alla fede:
1. Superbi sono quei filosofi che attraverso la ragione ad orgoglio del loro intelletto di
spiegarsi Dio un modo di piegare Dio alla ragione, di addomesticare l’infinito
riportandolo all’interno dei limiti della ragione (Pascal inizia affermando che
l'esistenza o l'inesistenza di Dio non possono essere provate dalla sola ragione
umana. Tale posizione differisce sia da quella di dottori della Chiesa come Anselmo
d'Aosta e Tommaso d'Aquino).
2. Atei sono quegli uomini consapevoli della loro e altrui miseria che si sono
rassegnati alla disperazione (non vedendo la trascendenza); ateismo più che un
problema religioso è cecità morale.
Per P. la religione è la ricerca della verità non tanto provando a spiegare Dio con la
ragione naturale ma affidandosi (avendo fede) a ciò che è incomprensibile.
Pensiero n. 233 => SCOMMESSA RELATIVA ALL’ESISTENZA DI DIO (vedi manuale).
Dio esiste o non esiste?
Come possiamo capirlo. Pro o contro?
La ragione non può decidere nulla (dio è eterno e imponderabile e la ragione non può)
La prospettiva è quella del gioco, della scommessa
Secondo la ragione non si può escludere nessuna delle due alternative
Chiunque abbia scelto pro o contro non va accusato
Una obiezione potrebbe essere: io potrei criticare a priori che uno abbia fatto una scelta
visto che non ho basi per decidere, la cosa migliore sarebbe non scommettere
Si, ma bisogna scommettere perché nel momento in cui pensi al concetto di Dio entri nel
perimetro della scelta, non è una cosa volontaria
La prospettiva è quella del dover scommettere, a quel punto hai due cose da puntare e
due da perdere. La posta in gioco sono => il vero e il bene, le due cose da impegnare
sono => la mia ragione (= conoscenza) e la volontà (= beatitudine). La puntata sbagliata
=> mi porterebbe errore e miseria. La nostra ragione che uno vinca o perda non viene
sminuita perché è fuori gioco (non è una scelta razionale) e la beatitudine. Scegliendo Dio
19
e punto su di lui io guadagnerei tutto, se perdo (Dio non esiste) in realtà non perdo nulla.
Poiché c’è uguale possibilità di guadagno e di perdita (esiste o non esiste).
Se scommetto su Dio - e Dio esiste:
 guadagno vita terrena e ultraterrena (2 vite per una)
 guadagno la vita che perderei se scegliessi che Dio non esiste. Dovendo
scegliere, se scelgo Dio, vinco 3 vite
ma se scommetto che Dio non esiste: non perdo nulla, ma spreco la mia vita avrei
perseguito idea errata dal punto di vista della ragione e dal punto di vista della felicità ti
porterebbe conforto che perderesti.

Per Pascal la decisione saggia è scommettere sull'esistenza di Dio, in quanto «se vincete,
guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla». Mentre in caso di perdita si perderanno
soltanto dei beni "finiti" (che sono, per Pascal, i piaceri mondani), vincendo si guadagnerà
quel bene infinito costituito dalla beatitudine eterna.

29.4
Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716)
Nasce a Lipsia si laurea in giurisprudenza si era affiliato a una setta dei Rosacroce era
stato consigliere del principe di Magonza e nel 1676 scopre il calcolo integrale poi per un
periodo sarà bibliotecario presso il duca di Hannover, lavorerà al progetto di riunificazione
chiesa protestante e cattolica, promotore della formazione dell’Accademia delle Scienze in
Prussia e il suo libro più importante 1714 è “Monadologia”.
Va collocato nel suo tempo vive tra la seconda metà del ‘600 e primi decenni del ‘700
epoca di rivoluzione scientifica dopo Galileo in concomitanza con Cartesio, Spinoza,
epoca dio invenzioni e scoperte scientifiche e in cui si cerca di approdare la questione
della natura e del mondo in modo rigoroso e infatti L. pensava che l’ordine del mondo
fosse nascosto, celato ma rispondente a delle regole geometriche e quindi necessario.
Esiste un ordine geometricamente determinato quindi la natura è regola da leggi
matematiche e quindi universali. Questo ordine necessario del mondo è necessario sul
piano cosmico (=> in quanto è ciò che determina lo sviluppo e funzionamento del cosmo)
allo stesso tempo è contingente è scritto nel cosmo. Non è casuale ma è l’ordine che Dio
ha scelto e ha scelto il migliore, il più perfetto, ordinato. Come può l’uomo accedere e
comprendere le leggi del cosmo? Attraverso un’arte combinatoria cioè attraverso
l’interpretazione del linguaggio simbolico della natura e la lingua universale del cosmo è
una lingua matematica e scientifica. La storia (arte combinatoria) riesce a spiegare come
si conciliano nel cosmo la prospettiva meccanicistica e finalistica, il materialismo e lo
spiritualismo, la scienza e la metafisica, bisogna interpretare i simboli per cui il
meccanicismo spiega il finalismo. Il compito della filosofia sarà di separare il piano
filosofico metafisico da quello scientifico. Il piano filosofico metafisico serve a spiegare la
realtà nel suo insieme, per intuire la direzione e il disegno ultimo; il piano scientifico
serviranno per spiegarci i fenomeni naturali. Il problema è cercare di capire come una

20
visione meccanicistica (=> il cosmo, la realtà sono come un meccanismo perfetto che
risponde a determinate leggi e regole, quindi tutto avviene in un automatismo con leggi
intrinseche alla realtà) si concili con idea di libertà dell’uomo (e quindi elemento spirituale
che culmina con il libero arbitrio) e quindi la possibilità che l’uomo possa sovvertire le
regole. Difficile capire come il concetto di necessità (strettamente collegato al concetto di
meccanicismo) con quello della libertà e dirà che la necessità c’è nel mondo della
logica non della realtà. Noi possiamo concordare o no, però è un primo punto. Noi
pensiamo che qualcosa sia necessario in una prospettiva meccanicistica nel momento in
cui applichiamo la logica e colleghiamo fenomeni secondo il principio della causa-effetto. È
una prima applicazione dei principi della logica che portano a una visione x cui qualcosa è
necessario, ma per L. non è così perché nella realtà le cose stanno distintamente e
talvolta le attribuzioni di senso sono soggettive quindi lui dice distinguiamo il mondo della
logica dalla realtà. A proposito di cosa è vero (mozione di verità) distingue le verità di
ragione dalle verità di fatto.
Le verità di ragione sono quelle necessarie, inconfutabili: ad es. triangolo equilatero ha
tre lati e tre angoli uguali; le verità di ragione si fondano sul principio logico di verità e
di non contraddizione , portano ad affermazioni tautologiche (= di ragionamento) dove in
qualche modo la verità espressa non è che esplicazione del concetto racchiuso nella
parola, nei termini che si usano. Sono verità infallibili, ma queste verità per essere tali non
sono frutto dell’esperienza, ma sono quasi innate, delineano il mondo della pura
possibilità che è più vasto del mondo reale. Dal punto di vista della ragione tanti mondi
sarebbero possibili, ma solo uno è quello reale, non ci dicono nulla di nuovo, ma sono
delle ripetizioni di significato. Il mondo reale è uno ed è una semplice realizzazione delle
infinite possibilità che si sarebbero potute replicare. Quando ci avviciniamo all’analisi
del mondo reale dobbiamo sapere accantonare le verità di ragione e basarci sulle
verità di fatto
Le verità di fatto sono contingenti e concernono la realtà effettiva, delimitano il
campo ristretto della realtà. Questo campo della realtà è ristretto rispetto alle infinite
possibilità che avrebbero potuto realizzarsi. Le verità di fatto non si fondano su principi di
identità e di non contraddizione, nella realtà è possibile anche la realizzazione del
contrario, si basano sul principio di ragion sufficiente che lega la causa effetto, ma a
partire da enti concreti. Nulla si verifica senza una ragione e questa ragione spiega i
fenomeni reali. Il principio di ragion sufficiente è l’unico che ci consente di applicare la
ragione alla realtà. È un principio che non può escludere la libertà, che ci consente di
legare le cose e deve includere la libertà di scelta. Nel momento in cui applico il principio
di ragion sufficiente alla realtà io riesco a spiegarmi la realtà che mi circonda, ma il
principio di ragione sufficiente inclina senza necessitare cioè spiega i fenomeni (come da
una causa derivi un effetto) senza la necessità perché una causa potrebbe non
determinare l’effetto qualora si sovrapponesse un accidente che lo impedisse. La
necessità appartiene al campo della logica. Tra causa ed effetto ci sono dei processi che
possono essere interrotti. (es. aborto donna incinta causa che potrebbe partorire figlio –
effetto, ma decide di interrompere la gravidanza ecco la libertà di scelta => accidente che
si sovrappone).
In L. in questa prospettiva nulla avviene per caso = nihil est sine ratione è sempre
possibile andare a individuare la causa che ha determinato l’effetto. Natura non facit
saltus => formulazione della legge della continuità per cui a una causa segue un effetto

21
e in una prospettiva di evoluzione il progresso dello sviluppo si determina attraverso fasi di
sviluppo graduali (confronta Darwin). A questo punto possiamo avere visione finalistica
della realtà dove il finalismo è stabilito da ente superiore come Dio che può avere un
disegno divino e orientare la realtà a un fine che per noi è precluso sapere e quindi non
possiamo andare oltre le nostre capacità e basarci sulle verità di fatto. Per comprendere la
realtà dobbiamo interrogarci sulle sostanze individuali che compongono la realtà e con
questo ci si riferisce non a concetti astratti, ma a sostanze reali e concrete che includono
dei predicati ad ed. il predicato dell’essere che rende una realtà individuale reale ed
esistente. Le sostanze individuali i soggetti della realtà, sono gli individui i protagonisti
delle azioni, dei fatti. E gli individui hanno già in sé la loro natura racchiudono in sé il
loro destino, le azioni degli individui sono gli effetti della causa che è l’individuo stesso.
Ma allora la libertà? Il soggetto non ha una sola modalità di scelta, qualsiasi scelta
faccia, è coerente con quell’individuo e questo vale per tutti i soggetti. Il discorso
della sostanza individuale deve conciliarsi con il piano divino.

3.5 I parte
Problema vedere come l’uomo nella realtà riesce a salvare il libero arbitrio all’interno di un
sistema predeterminato, impostato in visione meccanicistica; il problema è che si deve
salvare il libero arbitrio e come si può collocare all’interno di un quadro dove tutto è già
scritto?.
L. dà la risposta in “Scritti sulla libertà e sulla contingenza”. Verso la fine dice: (legge il
libro) Questo è il migliore dei mondi possibili perché Dio non può che scegliere il
migliore dei mondi possibili. E tutto il male che c’è? Il male - risponde L. - ha uno
scopo è funzionale a qualcosa è in vista di un fine più grande il cui significato è
imperscrutabile per noi. La dipendenza delle realtà da Dio è tanto grande quanto è
possibile = totale. Quanto è perfetto proviene da Dio, ma quando di imperfetto e limitato
proviene dalle creature (corpo grande fai fatica a spostarlo, così vale per la realtà rispetto
a Dio) cioè fanno parte della materia e della concretezza del reale (si logora, è esposta al
male). La parte della materia non viene da Dio e quindi fa parte della natura con le sue
imperfezioni. Anche ciò che esiste realmente, anche l’uomo (sostanza individuale libera) è
necessariamente prodotta da Dio, anche nella sua composizione spirituale e fisica (anima
e corpo). Ogni realtà fisica e concreta (immanente e contingente) è mutevole (perché
inserita nel tempo) dipende dalla sua natura che è contingente che è una scintilla
dell’elemento divino. Dio onnisciente, a partire dal presupposto che la sostanza (uomo) è
libera, comprende e prevede le scelte future. A quel punto sapendole decide di adattare
tutti gli altri elementi a queste previsioni in modo che il fine ultimo si mantenga.
Conoscendo la natura dei singoli individui, Dio prevede le scelte degli individui in
coerenza con la propria (loro) natura e i suoi decreti divini sono in funzione del
mantenimento dell’ordine cosmico. La scelta quindi racchiude la predeterminazione
divina. Assegna a loro una funzione anche con la libertà di scelta che hanno. Dio
considera possibile la nostra libertà prima di farci essere e quando siamo atto
evidentemente nella nostra esistenza è incluso lo scopo. Dio sa perfettamente tutto ciò
che può conseguire dall’esistenza della mente libera di ognuno di noi. Lui sa
perfettamente che ci sono diversi individui, ma sa già quali sono i compiti all’interno del
sistema. L. chiarisce tutto con un esempio (Giuda). Necessità di predeterminazione divina
la necessità che ognuno di noi esista si concilia con il fatto che Dio ha già deciso le nostre
azioni- Non decide Dio che Giuda sia un traditore (altrimenti imputeremmo a Dio il fatto
22
che giuda sia un traditore) Dio invece vede, sa che a partire dalla nozione (essenza) di
Giuda, indipendentemente dalla volontà di Dio, lui sarà traditore. Dio non decide che
Giuda debba essere traditore ma che Giuda debba esistere, nonostante il tratto del
traditore (cioè che abbia una funzione all’interno del disegno ultimo). Dio con la sua
onniscienza pur sapendo del tradimento Decide che Giuda debba esistere perché Dio sa
che nonostante il tradimento questo determinerà beni maggiori e quindi tutte le cose si
accorderanno nel mondo migliore.
La libertà è salvata con un artefice sommo che riesce a ricalibrare gli eventi in modo
che ogni scelta sia accettata e fatta collimare con il tutto. L’aspetto filosofico più
timorante. La nostra libertà dobbiamo incorniciarla nel perimetro di quello che siamo
(del nostro DNA) come se fossero già scritte le possibilità di scelta che andiamo a
compiere. Come se fosse già scritto. È come se non potessi fare scelte al di fuori dalla
mia stessa natura; posso scegliere nei limiti di quello che sono, della mia stessa natura.
Siamo prigionieri di noi stessi (non solo schemi mentali del cognitivismo), ma è proprio la
nostra stessa natura differente dagli altri ma che ci fa scegliere all’interno del perimetro di
quello che siamo. Bisogna capire quale è il nostro ruolo.
Il discorso di L. potrebbe deresponsabilizzarci => perché se siamo determinati (nella
mia natura c’è questo aspetto)…., ma la libertà di scelta sta nell’adempiere o meno.
Argomentazione che è stata tirata fuori all’interno dei processi (ammettere o no il
consulente psicanalista ai processi, non tanto per le attenuanti, ma per i suoi vissuti è
portato a perpetuare atti o sono prevedibili alcune derive) e queste argomentazioni non
sono state ammesse

3.5 II parte
Le verità di ragione che appartengono alla necessità di ciò che Dio ha creato e che Dio ha
deciso essere vero. Necessità del cosmo che non dipendono da noi, che dio ha deciso
che questo deve esser il mondo reale.
Altro concetto: necessità ipotetica => espressione apparentemente contradditoria per
descrivere le verità di fatto per descrivere gli individui storicamente esistenti sono
necessari (Dio ha voluto che esistano) allo stesso tempo la loro è una necessità ipotetica
perché si realizza e concretizza in ogni momento in maniera diversa essendo individui
storici. Possono sviluppare questa necessità in modo differente quindi ipotetica.
Cioè se applichiamo nozione di necessità e realtà alle realtà immanenti dio ha voluto che
siano così (necessità) ma abbiamo anche l’aggettivo ipotetica perché queste sostane
individuali necessariamente si realizzano a seconda il flusso della storia e degli eventi.
Devono fare i conti con gli eventi.

Altro discorso su sostanze individuali (uomo) è la questione morale. Per L. il bene morale,
alla luce della accezione di libertà, è un valore oggettivo. Atteggiamento morale
istintivo=> Noi desideriamo una cosa perché è buona, quindi il bene appartiene
oggettivamente alle cose e le desideriamo perché sono buone. Non diventano buone
perché noi le desideriamo, sono buone quindi le desideriamo.
Cosa vuol dire l’uomo desidera il bene? Gli uomini scelgono per istinto ciò che loro appare
buono (scelta istintiva). È una delle poche filosofie in cui si pensa che l’uomo è proteso al
buono e questo atteggiamento è naturale e spontaneo.
Allora dove sta il male? Atteggiamento morale riflesso => noi sceglieremmo le cose
buone, ma poi entra la riflessione razionale che ci porta a dividere se la cosa che ci
23
sembrava buona lo è realmente o no. Nel momento della riflessione razionale spesso
sbagliamo e scegliamo il male. Il male è dato quindi da un difetto di ragionamento, o ci si
lascia condizionare dagli altri o da conclusioni errate. L’uomo non sbaglia quando
desidera ma quando sceglie deliberatamente che cosa desiderare. E si lascia traviare
dalla ragione, dal condizionamento esterno, valutando pro e contro, ma noi istintivamente
saremmo buoni (come Bonaventura).

4.5
MONADI L. utilizza per misurare la forza viva spirituale incorporea che sta alla base
per lui di tutta la realtà. Una sorta di unità di misura, la sostanza individuale nella sua
forma più semplice, è un concetto tra fisico e metafisico. Tiene presente le posizioni
filosofiche di Cartesio che aveva parlato di una res extensa e di una res cogitans e cerca
quasi una via di mezzo, ma ha presente anche quello che diceva Gissenti? che aveva
recuperato l’atomismo degli antichi (Democrito) che la realtà è costituita di particelle
indivisibili. E anche idee di Spinoza per cui esiste un’unica sostanza che è Dio (pensiero
ed estensione non sono che i modi di Dio). Le monadi sono elementi energetici più che
materiali 8forza viva incorporea) la realtà ultima che si contrappone al non essere. Non
sono ulteriormente scomponibili e determinano la realtà sensibile in base alla legge di
continuità della materia (natura non facit saltum) non solo dal punto di vista cronologico,
ma anche spaziale non ci sono intervalli. Monadi elemento più piccolo in cui so scompone
la materia nello spazio. Producono un movimento e sono il principio fondamento di
qualsiasi movimento, li definisce atomi spirituali. Attraverso le monadi L. aveva capito che
la vera realtà dei corpi è la loro forza, l’essenza dei corpi è la forza che li compone sia per
la coesione interna si per la forza che li attrae. È la forza il principio metafisico di L., forza
attiva quando è fonte di movimento e passiva nella sua realtà materiale nella sua
resistenza al movimento.

1° paragrafo Ma cos'è una monade? Si tratta di una sostanza semplice, priva di parti,
inestesa, indivisibile ed eterna. Le monadi sono tutte diverse tra loro per il principio di
identità degli indiscernibili che implica che in natura non vi siano due esseri identici.
È necessario che esistano sostanze semplici perché esistono quelle composte come
aggregato delle sostanze semplici. Le monadi sono i veri atomi della terra. Non hanno
estensione perché non sono fisiche in senso stretto non occupano uno spazio e non
sono divisibili. Natura non facit saltus => è legato al concetto delle monadi ricoprono
tutta quello che è la realtà. Le monadi non si dissolvono (sono eterne), se scomparissero
(ragionamento per assurdo) il non essere prevarrebbe sull’essere. Non hanno fine e
nemmeno inizio non hanno un’origine perché le sostanze semplici non possono essere
determinate da altre sostanze. Non possono cominciare o finire se non per intervento di
Dio. Sono anche immutabili al loro interno perché della monade non si può trasferire
nulla, non avendo parti. Le monadi non hanno finestre dalle quali possa entrare o
uscire qualcosa. Non hanno relazioni con l’esterno che possa alterarle.

2° paragrafo se le sostanze semplici non fossero diverse per qualità non si


spiegherebbero i mutamenti delle cose (cambiamento della realtà). Evidentemente gli
aggregati di queste realtà semplici sono formati da monadi qualitativamente diverse
e il cambiamento della realtà si spiega con il mutamento dell’aggregati non delle singole
monadi. Le monadi sono uguali per quantità e diverse per qualità. Le monadi sono diverse
24
e quindi anche gli aggregati sono diversi tra loro (non ci sono in natura due uomini
uguali).
I mutamenti naturali delle monadi vengono da un principio interno (non esterno, non
derivano da alterazioni di componenti perché la monade non ha componenti); oltre al
principio di mutamento deve esserci nel principio interno anche la sua determinazione, il
suo fine, il suo scopo e sarebbe l’unico motivo che spiega la varietà delle sostanze
semplici.
Attività che svolgono le monadi: compiono 3 tipi di attività
1. La Percezione cioè la monade svolge attività rappresentativa, percepisce è uno
stato transitorio e quindi le monadi che costituiscono insieme l’uomo (aggregato)
determinano la nostra percezione;
2. L’Appetizione principio interno che porta a tendere da una percezione a un’altra, è
la volontà di essere perennemente in movimento, la tensione, il realizzare nuove
percezioni
3. L’Appercezione consapevolezza, la coscienza di sé, capacità di
autocomprendersi. Questa ultimo ruolo è compiuto dalle monadi più elevate che
sono quelle che compongono l’anima umana.

Dicendovi che solo le monadi più sottili e raffinate possono compiere l’appercezione vi ho
introdotto il fatto che ci sono differenti monadi e infatti qualitativamente differiscono tra
loro. Monadi dotate di memoria sono quelle degli esseri animati cioè di tutti quegli esseri
che hanno anima; monadi dotate di ragione esclusive degli spiriti umani; monadi della
materia che non sono in realtà sostanza corporea ma i punti energetici, di forza che
consentono l’aggregazione delle materie e non sono dotate di facoltà più raffinate come
memoria e razionalità.

Ci sono 2 tipi di materie:


1. Materia prima passiva che costituisce la massa degli aggregati
2. Materia seconda che è la materia costituita dall’aggregazione delle monadi; non
bruta e semplice, ma è una materia come gli uomini o animali l’elemento materiale
è vitalizzato dalla presenza delle monadi su questa seconda materia si esercitano
le leggi meccaniche dei corpi.
Le anime sono composti di monadi prive di materia non rispondono a leggi della
meccanica, ma sono soggette alle leggi del destino dell’universo e quindi a destini
metafisici.
L’insieme di materie prima e seconda e le diverse categorie di monadi
determinano l’armonia dell’universo e realizzano il piano universale.
Il senso di questa elaborazione del sistema della monadologia è difficile da
comprendere, termini estranei e ci fanno pensare a punti di energia che non hanno
materia concetto tra il fisico e il metafisico (non materia ma nemmeno pura spiritualità)
lo intuiamo pensando ai punti di energia, la fisica quantistica, a quello che sono i
neuroni (onde elettromagnetiche) dobbiamo vedere queste conquiste dietro le parole di
L. che non riusciva ad esprimere in altro modo senza gli strumenti che conosciamo
adesso. Pertanto adesso noi capiamo che aveva avuto fantasia e genialità aveva
capito che tutto è forza ed energia (come l’attività cerebrale era forza più che materia).

25
Esistenza di Dio: può creare o annichilire le monadi; descritto anche nel determinismo
di L. Lo dimostra con due argomenti (S. Tommaso) 1. Cosmologico a posteriori,
conosciamo il cosmo e quindi se esiste qualcosa Dio è causa a posteriori contingente e
necessaria di tutte le cose 2. Ontologico a priori è quello che deduce l’esistenza di
dio dalla sua idea di perfezione (San’Anselmo) Dio è perfettissimo e quindi non può
essere privo di esistenza altrimenti non sarebbe perfetto. L’esistenza di Dio dimostrata
da L. in questo modo Dio non poteva che scegliere il migliore dei mondi possibili
perché fatto da ente perfettissimo.

10.5
SPINOZA 1632 - 1677
Il suo nome era Bento (non me portoghese), poi un nome ebraico Baruck e poi dopo la
sua conversione di cristianesimo Benedictus.
Nel 1632 ad Amsterdam era molto forte la comunista degli ebrei portoghesi emigrati
dal Portogallo a seguito delle persecuzioni dell’Inquisizione e si erano rifugiati ad
Amsterdam, città accogliente. Marrani erano detti gli ebrei rimasti in Portogallo
convertiti al cristianesimo. Ma anche questi ebrei immigrati venivano chiamati marrani
dove marrano era un’offesa (vuol dire maiale); Molti di questi si erano convertiti al
cristianesimo (religione più aperta che consentiva maggiore libertà) e così anche
Spinoza che era figlio di un commerciante e della sua seconda moglie. Ad Amsterdam
Spinoza frequenta le scuole della comunità ebraica ed era bravo tanto che i maestri
avevano puntato su di lui come un possibile futuro rabbino. Nel 1652 iniziano le
disgrazie: al padre affonda un carico di frutta che era un grande investimento per cui la
famiglia cade in povertà. Anche per queste ragioni del 1654 il padre muore Spinoza per
un periodo lo sostituisce negli affari poi di fronte ai processi che si trova a sostenere
perché i creditori del padre si rivolgono contro di lui, abbandona il commercio e
intraprende nuove attività. Da un lato fa il molatore di lenti (per vivere), dall’altro inizia a
dedicarsi alla filosofia (Bacone, Cartesio, Hobbes) studia anche un po' di medicina e
man mano che intraprende questi studi entra in contatto con la comunità ebraica e
quando inizia a scrivere i primi testi di filosofia la comunità lo scomunica perché la sua
concezione di uomo e di Dio contrastava con quella della Torah. Tre tesi vengono
imputate:
1. Dio non è solo spirito ma anche corpo
2. L’anima dell’uomo è mortale
3. Mosè non era tanto un capo religioso ma politico

Spinoza partiva da un concetto molto semplice: voleva superare la teologia tipica per
approdare a una concezione di Dio molto più personale in cui Dio era anche natura e
sostanza. Userà una metafora per spiegare questo rapporto tra Dio e la realtà immanente
=> la metafora del mare = mare come intero e onde come suo fenomeno. Vediamo le
onde sempre diverse e ci soffermiamo al fenomeno visibile, ma tra mare e onde non c’è
differenza né di acqua né di sostanza, la realtà immanente sono le onde, siamo anche noi
e Dio è il mare che ci abita e ci forma (è la sostanza l’acqua). Il mare è la totalità e noi
siamo i fenomeni.
Filosofia teoretica: Etica testo più noto pubblicata postuma nel 1677 con questa opera
raggiunge la fama. Opera particolare perché l’etica è un trattato di filosofia con struttura
geometrica divisa in parti. 5 parti:
26
1.Riguarda Dio; 2. La mente che conosce; 3. Origine e natura degli affetti; 4. Schiavitù
umana; 5. Potenza dell’intelletto, la libertà.
Si chiama di struttura geometrica rispettando il senso del rigore e alla scientificità tipica del
‘600 l’opera passa da una definizione come un assioma a una serie di postulati per
arrivare ai teoremi e corollari e alle spiegazioni (=scoli). Questa suddivisioni a seconda
dell’universalità è portatrice dei valori fondamentali di Spinoza della semplicità e
precisione. Per l’obiettivo di sintesi e precisione non poteva che adottare questa struttura
geometrica/matematica. Le definizioni sono delle proposizioni che enunciano il significato
dei termini che poi lui va a usare => chiariscono l’essenza delle cose. Gli assiomi, sono
proposizioni auto-evidenti e generalissime; i teoremi sono proposizioni che attraverso
procedimenti logici asseriscono alcune verità dimostrabili; i corollari sono conseguenze dei
teoremi; gli scoli sono dei commenti o brevi chiarimenti. È proprio di Spinoza questo stile
che aspira al rigore scientifico, uno dei modi di scrivere filosofia, nel suo genere è unico.
[Socrate non scriveva, dialoghi Platone trattati Aristotele, lettere di Seneca e Epicuro,
confessioni di San Agostino….quale è il modo migliore per fare filosofia? Domanda
fondamentale perché la filosofia è anche la forma cioè la scrittura. Siamo sicuri che basti
una struttura geometrica, rigorosa per rendere la filosofia più valida?]

Inizio dell’Etica:
DEFINIZIONI
1a definizione = ‘Per causa di sé’ intendo l’essenza che implica l’esistenza (definizione
di causa di sé) = sostanze che hanno in sé l’esistenza che sono indipendenti da qualcosa
di esterno;
2a definizione = cosa si può definire come finito? Un qualcosa che è delimitato da
un’altra cosa della stessa natura definito da qualcosa maggiore che lo comprende.
Un pensiero è delimitato da un altro pensiero
3a definizione = per sostanza si intende ciò che è in sé ed è concepito per sé cioè è
qualcosa di autonoma (in sé) e posso separarla dalle altre (concepita per sé). Il cui
concetto non ha bisogno del concetto di un altro concetto.
4a definizione = ‘per attributo’ intendo ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come
costitutivo (caratteristico) della sua essenza, ci consente di rappresentare la sostanza.
5a definizione = ‘per modo’ intendo le affezioni della sostanza. Gli attributi sono le
caratteristiche essenziali i modi sono caratteristiche secondarie che non sono
determinanti.
6° definizione = intendo infinito (Dio) la sostanza che consta infiniti attributi di cui
esprime eterna ed infinita essenza Dio= ente assolutamente infinito con attributi infiniti
ed eterni. La definizione di Dio è composta a partire dalle definizioni precedenti: sostanza,
infinitezza assoluta e non finitezza nel proprio genere, infiniti attributi.
La parte successiva si intitola ‘SPIEGAZIONE’ che riguarda Dio e libertà. Libera = quella
cosa che esiste per sola necessità della sua natura e così si determina ad agire da sola.
Libera è un attributo o un modo della sostanza. La parte successiva sono GLI ASSIOMI:
1° assioma = tutte le cose che sono, sono in sé o in altro
2° assioma = ciò che non può concepirsi per altro deve concepirsi per sé.
3° assioma = da una determinata causa segue necessariamente un effetto (e se
nessuna determinata causa è data non può esserci un effetto)
4° assioma = ???

27
Gli assiomi non prevedono dimostrazioni sono criteri che chiariscono.

11.5
Comprendere la natura umana per S. è comprendere le passioni umane e nel parlerà
dell’odio, dell’amore dell’ironia della superbia. In che modo affronta questi sentimenti?
Partendo dal presupposto che l’uomo non va visto interpretando queste emozioni come
caratteristiche della sua fragilità umana ma “sub specie aeternitatis” come astratti dalla
contingenza. Astratti dalla contingenza per cogliere l’ineluttabile funzione causale per
cogliere di questi sentimenti la loro funzione decisiva quando agiamo. Dal punto di vista
gnoseologico ci servono per capire la natura umana in base a quali criteri ci comportiamo.
È importante perché è una sorta di distanza da noi stessi che ci consente di vedere le
nostre emozioni. C’è una sorta di necessità causale e necessariamente siamo fatti così, è
intrinseca la nostra natura questa componente emotiva e che piuttosto che negarla è
opportuno conoscerla, la conoscenza elimina sia il giudizio negativo sulla debolezza
umana sia anche il timore. La conoscenza disinnesca la forza delle passioni, il
timore di essere padroneggiati dalle passioni, ci libera dal timore di subire le
passioni. Alcuni hanno detto che questo percorso ci consente di trasformare le passioni
da elementi negativi (pratiche di morte) in energia vitale (pratiche di vita), si tratta di
imparare a gestire la propria emotività evitando l’autodistruzione. Per eliminare il timore
delle passioni dobbiamo anche liberarci di quelli che sono i pregiudizi (non come gli idola
di Bacone):
1. Primo pregiudizio consiste nel fatto che tutte le cose naturali agiscano in vista
di un fine comune => il fine comune non lo conosciamo e condizionare la vita a
questo pregiudizio diventa deleterio. questo pregiudizio che nasce dall’ignoranza e
ci porta all’illusione di essere liberi per cui noi perseguiamo l’utile, il nostro scopo
ignari delle cause che ci spingono ad agire. Identifichiamo come bene ciò che
desideriamo e male ciò che ci ostacola nei nostri propositi, privo di riferimenti
oggettivi perché tutto nasce dal pregiudizio del fine che ci proponiamo. Se non
realizziamo il fine, viviamo la frustrazione; potremmo collegarlo all’io che vorremmo
realizzare.
La natura è qualcosa di divino e perfetto, ordinata secondo una volontà superiore e
quindi deve avare un fine, ma per quanto riguarda noi non sappiamo verso che fine
dobbiamo procedere. il pregiudizio che tutti noi agiamo per un fine ci condiziona nel
momento in ciò andiamo ad agire ognuno di noi identifica il fine diventa deleterio
perché crea tensioni, sbalzi di umore. Il fine primo è quello di controllare le passioni

2. Pregiudizio antropocentrico è la credenza degli uomini di sentirsi al centro


dell’universo …della creazione divina. Questo tipo di credenza è stata cristallizzata
in noi perché l’uomo si è immaginato creato a somiglianza di Dio. L’uomo si è visto
come strumento del piano di Dio. La visione antropocentrica fa perdere all’uomo la
capacità di porsi all’interno della natura e rende la religione uno strumento di
sottomissione e di obbedienza invece che di liberazione. Difetto intrinseco alla
nostra natura; anche questo porta sensi di colpa e qualcosa di diverso da quello che
la natura umana può essere.

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