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1.

Concetto di Comunità nella Cultura Occidentale


L’attuale nozione di Comunità deriva dal Romanticismo Tedesco, ma le radici si trovano sin:
 Nel Pensiero Greco: la Comunità è un’entità sociale i cui membri hanno legami stretti ed il
senso dell’ingroup è radicato in tradizioni etico/politiche profonde: la comunità è un’entità so-
vraindividuale che si impone sull’individuo xchè:
1. E’ depositaria di un bene comune che trascende quello individuale
2. Diviene garanzia e metro del bene individuale (come punto di riferimento etico/morale)
3. Diviene tutela del bene individuale (come luogo in cui si pratica l’attività politica)
E’ la polis di Aristotele, che garantisce lo status di “Uomo libero” e l’appartenenza a un comu- ne
ethos.
Per Aristotele etica e politica sono parte della pratica (cioè della praxis:azione umana) e non della teoria, la teoria
“contempla” ma solo con la pratica l’uomo può esercitare la sua libertà (scegliere e decidere), e l’appartenenza alla
comunità è condizione di questa libertà: la comunità è espressione della natura dell’uomo che è un “animale politico”.

 Nel Pensiero Medioevale Cristiano: si ribadisce il “globalismo” greco che fonde individuo e
gruppo, però connessi dalla promessa della redenzione: seppur responsabili del proprio arbi-
trio,gli uomini trovano solo nella Comunità Ecclesiale la definii. del Bene e la via x pervenirvi.

 Nel Romanticismo: si ritrovano gli stessi elementi dell’idea di “Comunità”, ma la polis


aristotelica e la Repubblica di Platone, nonché la sacra Città Celeste sono modificate dalle
riflessioni illuministe intervenute nel frattempo. L’idea di comunità del romanticismo:
o Contrasta il pensiero greco: l’individuo non è atomon (elemento del mondo) ma un
soggetto con propri pensieri e singolarità che ha in se le fonti per le sue possibilità.
L’individuo diviene centro del discorso etico e politico: x contro, etica e politica si separano
x distinguere il rapporto (del singolo) con Dio dal rapporto tra uomini.
L’individuo diviene centro della sua libertà e direzionalità: le sue caratteristiche sono tali
perché fondate nella sua natura e non nelle istituzioni sociali.
Il sociale non è sovrumano, ma umano, frutto di contrattazioni tra cittadini che negozia-
no politicamente per tutelare i propri interessi armonizzandoli con quelli degli altri.
Principe di Machiavelli e Magna Charta accompagnano queste trasformazioni, la Riv.Fran
cese è l’abbandono dell’idea di una “autorità” che possa arbitrare i diritti dell’individuo e la
nascita del senso di Fratellanza (ossia la solidarietà)
o Contrasta il pensiero cristiano medievale: la sacralità del singolo si sostituisce alla
sacralità della comunità.
Localismo delle esistenze reali: le categorie astratte e generali non bastano a cogliere la
realtà della vita umana, che si svolge in un luogo geografico ma anche esistenziale, luo- go
in cui gli uomini non sono + tutti uguali e la solidarietà, se esiste, è + legata alla con
sanguineità e al vicinato che non alle carte dei diritti. (In questo mondo domina la legge
del + forte e la motivazione self-interest domina la politica e la morale)
Il Romanticismo centra la propria attenzione su questo localismo, ma a differenza dell’
illuminismo, lo fa focalizzandosi sul sentimento anziché sulla ragione:
- Il sentimento permette di avvicinarsi all’infinito e l’assoluto che risiedono nell’uomo:
quell’assoluto esalta la capacità di “andare più in là” di quanto la stessa ragione
consenta, di sfidare cose e dèi;
- Nel contempo permette di cogliere il legame che unisce l’uomo all’uomo in una soli-
darietà fondata sulla reciproca identificazione.

Questa concezione porta a ritrovare le antiche tradizioni, costumi e riti che esaltano l’ingroup (la
patria) contro all’outgroup: si esaltano quindi l’impegno comune x l’indipendenza delle na-
zionalità ma anche il nazionalismo intriso di razzismo che sfocerà nelle ideologie nazifasciste e nel
totalitarismo (nello “stato etico” di Hegel, lo stato diviene la negazione della “comunità” del
pensiero antico e cristiano, schiacciando e travolgendo ogni libertà e diritto individuale in nome
dell’idealità nazionale che rispecchia, in realtà, il volere del gruppo di potere dominante)

Esempio del pensiero “romantico”, centrato sul sentimento, è cmq quello di SCHLEIERMACHER,
(1790) che definisce la comunità un’entità sociale costituita da uno speciale legame tra i suoi
membri, ricco di sentimenti e sostenuto da uno scopo comune (un’entità che racchiude la
coscienza etica e religiosa individuale) a differenza della società che non è dotata di uno scopo
comune e i cui legami tra membri sono sostenuti solo dalle ragioni del contratto (egoismi)
1887: Quella che per Schleiermacher è una categoria morale diverrà categoria sociale con
Tonnies.
Il Romanticismo aveva in sé filoni di pensiero non uniformi che genereranno:
- il positivismo
- l’idealismo

 Positivismo: (francia) esaltazione della scienza agganciata all’oggettività della materia: am


bizione delle scienze sociali è guardare la società con la stessa ottica fattuale e materialistica.
COMTE pensa ad una società come a una “fisica sociale”
DURKHEIM vede la società come un organismo che esiste indipendentemente dagli individui che lo
compongono; il “fatto sociale” predomina l’individualità e la psiche. Naturalmente, nulla di
collettivo può prodursi senza le coscienze particolari, ma la loro presenza non è sufficiente: de-
vono combinarsi ed associarsi in una certa maniera per divenire “vita sociale”.
Nella natura della nuova individualità (il gruppo) vanno ricercate le cause dei fatti che vi si ve-
rificano, e non in quella delle unità componenti: il gruppo agisce diversamente dai suoi membri
isolati. Anche moralmente, il gruppo garantisce la libertà e la dignità del singolo essendo im-
personale e quindi libero da egoismi

 Idealismo: (germania) è il filone + prospero, e quello in cui il romanticismo + si identifica.


L’esaltazione del sentimento sfocia in una preminenza dell’Io: il soggetto pensante e le sue idee
animano e predominano la società.

TONNIES esalta la “soggettività del sociale”, contrapponendo la società alla comunità:


- la società è fondata sul contratto e prodotta dall’utilitarismo e dall’egoismo.
E’ un aggregato meccanico: gli elementi restano separati nonostante tutti i legami.
La piena espressione ne è il mondo urbano ed industriale,1“estraneo” x la comunità.
- la comunità è fondata sulla comprensione ed esprime la volontà umana (collettiva) di
legarsi alla sua comunità (famiglia,paese) nel bene e nel male.
E’ un organismo vivente i cui membri restano uniti nonostante tutte le separazioni.
La piena espressione ne è la comunità rurale.
I 2 concetti di Tonnies esprimono dei “tipi ideali” descrittivi, come poli estremi nel mezzo dei quali
si situano le varie forme reali di collettività urbana o rurale. L’eco del suo pensiero rimane vivo
solo negli USA, la cui “comunità locale” rispecchia maggiormente i tipi di Tonnies, mentre in
Europa decade progressivamente. Anche per questo gli USA presteranno maggiore attenzio- ne
all’idea di comunità rispetto all’Europa.

MAX WEBER distingue tra:


- Comunità: l’orientamento all’azione poggia su una “comune appartenenza” avvertita
soggettivamente (affettiva o tradizionale)
- Associazione: l’orientamento all’azione poggia su un legame razionale di interessi
Ma si rende conto che si tratta di “tipi ideali” che nella realtà tendono a mescolarsi tra di loro: la
maggior parte delle relazioni sociali ha in sé in parte il carattere della comunità e anche quello
dell’associazione.
Weber si rende anche conto che in una società che tende alla razionalizzazione, le risorse indi-
viduali e collettive sfuggono ai meccanismi razionali e vanno ricercate proprio sulle forme asso-
ciative non basate su valori utilitaristici.

L’idea di Comunità di Weber e Tonnies evidenzia alcuni aspetti essenziali:


1. l’interdipendenza tra i membri
2. il forte grado di omogeneità rispetto a valori e norme condivise
3. l’interiorizzazione delle norme condivise
4. la presenza di un forte senso dell’ingroup rispetto all’outgroup circostante

Concretamente, questa idea è rintracciabile nella nozione di “comunità locale” dell’america anni
20-50: la comunità non è una forma associativa in funzione di alcuno scopo, anche collet-
tivo,ma la condizione “basica” della vita in comune e quindi è legata a un luogo e un territorio.

MCIVER distingue tra comunità ed associazione:


La comunità è Integrale: al suo interno si può vivere una vita intera.
L’associazione è Parziale: i suoi scopi sono parziali, non si può vivere un’intera vita all’interno.

ZIMMERMAN distingue 2 tipi di comunità,


che rispecchiano il dualismo americano degli anni ‘30: da un lato la forza della tradizione locale e
dall’altro il fascino del nuovo e la conseguente solitudine di chi non ritrova i rapporti umani:
- comunità localistica: i rapporti tra individuo e comunità sono molto stretti, con
interazioni faccia a faccia, una solidarietà molto forte e spiccato conformismo.
In genere è una comunità chiusa al cambiamento ed isolata
- comunità cosmopolita: si privilegia l’individualità, amicizie e rapporti di vicinato sono
deboli, isolamento e chiusura sono considerate cose vecchie e il cambiamento è vissuto
positivamente.

ROBERT REDFIELD analizzò le fasi di passaggio da culture agricole primitive a culture + aperte e
poi urbane, (dal folk all’urban) in una ricerca condotta nella penisola dello Yucatan.
Nella transizione si evidenziarono 3 processi centrali:
1. la disorganizzazione culturale: le norme sociali si fanno complesse, molte tradizioni si
perdono e tante alternative si aprono, creando conflitto
2. la secolarizzazione: usi e costumi legati alla religione del periodo folk perdono di significato
e si laicizzano
3. la crescita dell’individualismo: il singolo è libero nei confronti del gruppo e della famiglia:
sceglie il lavoro, il compagno etc.

Punto della situazione nel 1900: la Human Ecology in America


Europale scienze sociali seguono Durkheim, che stacca lo psichico dal sociale e ritiene il so-
Ciale un insieme di “fatti” che hanno la consistenza di “cose”
la psicologia segue l’ottica psicofisiologica di Wundt

Usa la psicologia segue James, aperto al sociale ed al cambiamento, e poi il funzionali-
smo di Dewey che costituisce 1 ponte tra individuale e sociale,soggettivo ed oggettivo
le scienze sociali seguono l’idealismo tedesco (e quindi Tonnies, che ne è figlio) im-
bevendosi di elementi psicologici e soggettivistici: la società non è un insieme di struttu re
e processi, ma un insieme costituito dalle interazioni che legano gli individui, sul piano
concreto ma ancor + sul piano mentale.
CHARLES HORTON COOLEY concepisce il gruppo primario come la comunità di Tonnies:
perché esista una società è necessario che delle persone stiano insieme in qualche luo-
go (localismo) e per essere un’effettiva realtà sociale essi devono esistere nelle menti di
altre persone (soggettivismo)
Questa idea di comunità locale corrisponde concettualmente e praticamente al contesto
socioculturale Americano, in cui:
- le città sono giovani
- gruppo ed associazione sn realtà concrete ke fondano/dirigono chiese ed ist.sociali
- le istanze localistiche sono preferite a quelle centralistiche
- competizione e conflitto sono elementi “quasi naturali” e non sociali (h.ecology)

Ricerche delle scienze Sociali in America: la Human Ecology


Le scienze sociali, in questo tipo di realtà, si occupano di risolvere le problematiche: la
famosa ricerca di THOMAS E ZNANIECKI: “Il contadino Polacco in Europa e in America” è un
chiaro resoconto dei problemi degli immigrati polacchi, ed evidenzia la radice sociale dei
problemi personali: (la causa di un fenomeno sociale è sempre la combinazione di un
fenomeno individuale ed uno sociale: vi è dipendenza reciproca tra l’organizzazione sociale
e l’organizzazione della vita individuale)
In questa ricerca sono presenti molti elementi che ritroveremo nella Human Ecology di ROBERT
E.PARK: Park, allievo di Dewey, resta a lungo in Germania, viaggia nel sud degli USA, collabora
con l’università di Chicago e diviene direttore del dipartimento di sociologia nel 1936.
P.trasferì il suo interesse per la città nell’università: grande viaggiatore, finì per considerare la
città, la comunità e la regione come una specie di organismo sociale
La Human Ecology di Park

Una Comunità Umana è un insieme di unità che “simbioticamente” (come avviene per le piante
e gli animali nello stesso habitat) stanno insieme.
Questa comunità ha 3 caratteristiche essenziali:
1. una popolazione organizzata sul territorio
2. la popolazione è radicata + o – fortemente nel territorio che occupa
3. le unità individuali della popolazione sono mutualmente interdipendenti (simbiotici) e
legati insieme da sentimenti ed obiettivi comuni
A differenza delle piante, ha caratteristiche sociali differenti:
- gli individui agiscono indipendentemente uno dall’altro
- entrano in competizione e in lotta per la mera esistenza
- tendono a strumentalizzare l’altro il + possibile

Ci sono quindi 4 processi fondamentali che dinamizzano le comunità umane:


1. la Competizione (forma elementare di lotta per la vita) che presiede in modo darwiniano
l’adattamento della specie
2. il Conflitto: la competizione diviene umana e si carica di elementi personali attraverso i
quali i concorrenti si identificano come rivali o nemici
3. l’accordo: può far cessare il conflitto, generando un accomodamento cmq fragile che può
rompersi facilmente
4. l’assimilazione: è l’unico modo per compenetrarsi e fondersi in ricordi, sentimenti e
atteggiam. altrui, condividendo storie ed esperienze che formano la “cultura comune”
La Human Ecology verrà ripresa in quella ecologia psicologica che diviene una delle basi della
psicologia di comunità: ottica sviluppata sul modello della field theory di Lewin.

ETIMOLOGIA DELLA PAROLA:

Secondo alcuni comunità deriva da

COMMUNIS  Bene Comune


(valore sottostante: EQUITA’)

Secondo altri deriva da

CUM-MOENIA  Mura Comuni


(Valore Sottostante: IDENTITA’. Le mura proteggono chi è dentro ed escludono chi è fuori:
rimanda all’ingropu/outgroup)

CUM-MUNIA  Doveri Comuni


(Valore Sottostante: FIDUCIA e RECIPROCITA’. Le persone sono legate xchè hanno diritti e
doveri comuni.)

La definizione del termine appare complessa anche perché affonda le sue radici in scienze e
prospettive diverse (vedi sopra!)

2. Nascita e Sviluppo della Psicologia di Comunità (cap.5 Zani)


La Psicologia Occidentale subisce radicali mutamenti riassumibili in 3 rivoluzioni:

1. PRIMA RIVOLUZIONE NEL CAMPO DELLA SALUTE MENTALE:


Nuova concezione dei malati di mente (non più criminali o indemoniati, ma ammalati
bisognosi di cure) che si diffonderà dalla Francia alla GB e poi agli USA.
FRANCIA: Philippe Pinel, psichiatra, libera i malati di mente dalle carceri di Parigi durante la
rivoluzione francese. Il suo atto risponde all’esigenza occidentale di restituire dignità personale a
tutti gli individui.
USA: Elis Todd, psichiatra, condivide la posizione di Pinel. Todd sottolinea che è la stessa società
democratica americana ad ingenerare speranze di una vita migliore, che spesso sono frustrate ed
accelerano così la caduta nella malattia. La società pertanto è in parte responsabile e deve
prendersi cura delle sue vittime.
Le concezioni di Todd verranno però abbandonate: la crescita delle città americane e l’afflusso di
immigrati portò a ricercare nella scienza (darwinismo sociale) la spiegazione del predominio
anglosassone negli USA, anche a causa delle impostazioni universitarie autoritarie e gerarchi- che
tedesche (gli psicologi nordamericani studiavano in Germania).
Alla fine del XIX secolo la dottrina del trattamento umanitario del malato mentale era ignorata.
XX secolo: William James ritiene possibile formare abitudini mentali positive.
In contemporanea, si crea il movimento delle Settlement Houses: gli operatori che lavorano nelle
houses sono “catalizzatori” della comunità (una mela buona guarisce quelle malate) e le Houses si
diffondono nei principali centri urbani, fornendo cura ed assistenza.
La psicologia si sposta anche nella scuola,
- selezionando gli allievi + dotati e aiutando chi necessitava di compensazione o custodia;
- proponendo il movimento Child Guidance, atto ad accrescere il QI dei bambini e miglio-
rare il loro benessere con programmi ambientali e terapeutici.
Anni ’20: emerge un nuovo interesse per l’area clinica ed il ruolo di psicoterapeuta

2. SECONDA RIVOLUZIONE NEL CAMPO DELLA SALUTE MENTALE :


Nuova concezione della causa delle nevrosi: la malattia mentale è di natura psicologica, e la
società non è responsabile della sua manifestazione (derivato dal lavoro di Freud)
La cura delle nevrosi va quindi affidata ai mezzi psicologici (colloqui terapeutici con un profes-
sionista) e non al trattamento umanitario e all’insegnamento di abitudini mentali sane.
Si crea così la distinzione tra:
- l’esperto, persona in grado di accedere analiticamente a dei processi considerati irrazionali
- la persona profana, non in grado di curare i disturbi mentali.
IIa Guerra mondiale: la necessità di contribuire allo sforzo bellico selezionando ed addestrando le
reclute, diagnosticando e curando i disturbi dei feriti, eleva la psicologia USA allo status di
disciplina della salute mentale.
Questa integrazione della psicologia nell’area della Salute Mentale le costa la primogenitura e la
tradizione accademica: la psicologia clinica diviene parte della medicina, seguendo un modello di
malattia “individualistico” che la allontana dai fattori sociali e la avvicina all’approc-cio medico
convenzionale ai disturbi psicologici.

XX secolo: Ciononostante, la psicologia USA si muove anche in direzione contraria:


- l’incendio in un night Club del Massachussets indusse gli psichiatri del vicino Ospedale a fornire
cure e conforto ai sopravvissuti e parenti delle vittime: ciò che riscontrarono fu un dolore
caratteristico e limitato nel tempo, che considerarono naturale e non patologico.
Elaborarono di conseguenza un approccio all’intervento sulla crisi.
- Curare i soldati vicino alle zone di guerra e rimandarli velocemente alle uinità si rivelò tera-
peuticamente molto più efficace rispetto a trasferirli in ospedali psichiatrici, cosa che ne avrebbe
istituzionalizzato i disturbi.

Anni ’50: in risposta ai tentativi dell’amministrazione politica conservatrice di ridurre i finan-


ziamenti a favore del campo “salute mentale”, venne compiuto uno studio nazionale sulla salu- te
mentale del paese, che evidenziò le necessità del momento: togliere le persone dai manicomi e
curarle nelle comunità; maggiori risorse da destinare alla cura dei malati di mente.
Anni ’60: Gli sconvolgimenti sociali e politici (lotte per i diritti civili e sociali) minano il mito di
una società delle “pari opportunità”, preparando il terreno alla 3° rivoluzione.
E’ infatti di quegli anni l’insoddisfazione generata dalla psicologia clinica, che richiedeva tempo e
fondi e lasciava irrisolti quei problemi sociali tanto urgenti nei ’60.

3. TERZA RIVOLUZIONE NEL CAMPO DELLA SALUTE MENTALE NEGLI USA:


Il nuovo presidente KENNEDY, insediato nel ‘61, utilizza il rapporto della Joint Commission e le
pressioni sociali degli anni ‘60 per dare inizio ad un movimento di Igiene Mentale di Comunità la
cui legge chiave fu il Community Mental Healt Act del 1963,
che sanciva l’impegno della società a fornire benessere e sollievo, mediante:
la riduzione dei ricoveri negli ospedali e la cura del cittadino all’interno della propria
comunità di appartenenza.
La legge concede infatti fondi per la costruzione in tutto il paese di centri di igiene mentale di
comunità, divisi per circoscrizioni, erogandoli solo ai centri in grado di fornire almeno 5 servizi:
residenziali – ambulatoriali - di ospedalizzazione parziale - di emergenza (h 24) –
di consulenza ed educazione.

1965: Conferenza Swapscott


Un ristretto gruppo di psicologi riunitosi a Swampscott (Massachusetts) adottano per la prima
volta ufficialmente l’espressione “psicologia di Comunità”, fondando la disciplina come area
autonoma. Il paradigma di PC che uscì da swapscott fu un modello alternativo

 lo psicologo di comunità è un Partecipant Conceptualizer, (un teorico-partecipante):


è un’ottica “contro” i ruoli di scienziato e clinico senza coinvolgimento personale che
vengono ritenuti inadeguati e rifiutati dalla psico di comunità;
 la formazione dello psicologo di comunità è interdisciplinare, non medica:
include psicologia, scienze sociali e del comportamento
 le aree di ricerca di interesse della neonata disciplina sono:
- le persone considerate nel contesto dei loro ambienti e sistemi di vita (non + le persone
sradicate dal contesto e portate in ospedale, carcere etc.)
- l’utilizzo delle conoscenze acquisite (con le ricerche) per facilitare il cambiamento sociale
(e non + solo per diagnosticare)
- l’orientamento a migliorare la qualità della vita e il benessere della popolazione

1966: Fondazione della Divisione psico Comunità nell’APA (American Psych. Association)
Durante il Convegno, si cambiò il modo di trattare il disagio mentale passando dall’enfasi sull’
individuo (psicanalisi) all’enfasi sulla comunità.
La dichiarazione ufficiale dell’APA era rivolta agli psicologi dei centri di igiene mentale in fase di
costituzione, che avrebbero dovuto:
o Prevenire i problemi, con la diagnosi ed il trattamento precoce, collaborando con le
agenzie sociali
o Fornire Servizi anche a coloro che normalmente non li chiedevano o ne erano esclusi, es.
tossicodipendenti, anziani, alcolizzati, ritardati mentali, delinquenti
o Fornire Consulenza d’Igiene Mentale agli operatori (preti & co) nell’idea di formarli a
svolgere meglio il loro dovere sociale

Sempre in questi anni si assiste alle prime elaborazioni di strumenti d’intervento alternativi
alle modalità cliniche tradizionali:
- Intervento sulla Crisi:
gli psicologi di Comunità intervengono sulle crisi prevedibili (matrimonio) preparando le
persone a quella crisi; x le crisi in atto (terremoto) mobilitano le risorse sociali attorno alla
persona colpita per brevi periodi (la crisi è breve e la persona è flessibile)
- Consulenza di Igiene Mentale:
gli psicologi di comunità la forniscono a chi si occupa di persone con problemi (es preti)
- Cambiamento Pianificato Nelle Comunità Locali:
si attuano programmi di intervento nelle comunità locali con la ricerca-intervento, in cui le
innovazioni vengono programmate, attuate e valutate.

ALLEGATO 1
GERALD CAPLAN (1964) ideò un modello di intervento alternativo a quello classico (cioè un modello atto a
realizzare cambiamenti su larga scala anziché individuale): C.progettò delle strategie per creare comunità sane
tramite la prevenzione, che riduce l’incidenza e la prevalenza delle malattie mentali. Le strategie vennero
incorporate in una struttura di prevenzione a 3 livelli,dal + conservatore al + innovativo, in quella che lui chiama
“psichiatria preventiva”:
3. La prevenzione Terziaria:
Per ridurre la prevalenza della malattia mentale (il tasso e la natura distruttiva) si suggeriva, per i malati
di mente già identificati come tali, una politica di cura day-hospital, per evitare di allontanarli da casa,
lavoro e comunità. A tal scopo vennero create half-way houses (strutture semiresidenziali) e gruppi
appartamento per i pazienti dimessi.
2. La prevenzione Secondaria:
Mira a ridurre durata, diffusione e contagio della malattia, anch’essa già presente, ma stavolta x mezzo
di diagnosi precoce ed il trattamento precoce. In tal senso è possibile:
1. perfezionare gli strumenti diagnostici, eventualmente effettuando dei pre-screening agli adulti nelle
grandi organizzazioni (scuole, industria, esercito)
2. Diagnosticare precocemente le difficoltà nei bambini, lavorando nel contesto scolastico e sviluppando
programmi che favoriscano un ricorso precoce a cure specialistiche.
3. consultare persone chiave nelle comunità ed offrire accesso facilitato ai servizi
1. La prevenzione Primaria:
Si discosta maggiormente dal lavoro tradizionale dell’igiene mentale. Mira a ridurre l’incidenza, cioè il
tasso di nuovi casi di disturbi mentali, annullando gli effetti delle condizioni nocive prima che produ-
cano la malattia nelle popolazioni a rischio. Esempi di prevenzione primaria:
- nella società: ogni iniziativa che promuova qualità della vita e benessere
- nella comunità:la consulenza rivolta alla formazione di persone-chiave ed operatori
- nei piccoli gruppi: interventi ke accrescono le competenze consentendo di affront. le crisi prevedibili.

OSTACOLI CONCETTUALI E DIFFICOLTÀ NELLA STRATEGIA PREVENTIVA (CAP 2 FONDAMENTI)


1.Predominio della concezione eccezionalista: nell’analisi e soluzione dei problemi sociali predomina la
Concezione eccezionalista (che ritiene il problema causato da difetti individuali e quindi favorisce la produ-
zione di interventi mirati all’individuo + che al sistema, alla cura + che alla prevenzione del disagio o promo-
zione del benessere). Seguire una concezione universalista implicherebbe infatti:
- una drastica redistribuzione delle risorse materiali sociali,
- scardinare le stratificazioni sociali esistenti (rendendo meno empowered alcuni gruppi che attualm.lo
sono troppo e trasferendo parte delle risorse economiche a coloro che oggi hanno minore accesso)
- svolgere un’attività (la prevenzione) ben + complessa rispetto alla “cura”, ed inoltre orientata verso gli
interessi a lungo termine, anziché a breve.
2. Scarsa Domanda sociale: gli interventi di prevenzione sono - richiesti rispetto a quelli di cura del disagio,
probabilm. anche xché i successi “medici” derivano dalla lotta a malattie dalle cause univoche e ben identifi-
cabili, mentre nelle scienze sociali i fattori correlati al disagio sono sempre molti e spesso poco conosciuti.
3. Eziologia Complessa del Disagio: identificare l’eziologia dei disturbi mentali è un processo difficile x la
psico di comunità, essendo le cause molto complesse (multifattoriali). E’ più opportuno identificare i fattori di
rischio piuttosto che cercare una singola causa per il disturbo.
4. Operatori poco Formati alla Prevenzione: l’attuazione della strategia preventiva della psico di comunità è
ostacolata anche dalla poco sviluppata competenza degli operatori nell’individuare i contenuti e gli indicatori del
cambiamento da pianificare.

LA PREVENZIONE NELLA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ


Attualmente, la stessa OMS ha riconosciuto la necessità di intervenire preventivamente, di sensibilizzare ai temi
della prevenzione e spostare l’asse di intervento dal piano terapeutico-riabilitativo a quello preventivo e di
promozione della salute, sottolineando la funzionalità di strumenti quali la diffusione delle conoscenze
psicologiche (consulenza d’igiene mentale) e l’attivazione di risorse presenti nel territorio.
La Psico di Comunità agisce in senso preventivo sui livelli + complessi della realtà sociale: privilegia infatti
l’intervento su gruppi e sistemi organizzativi piuttosto che sul singolo. La strategia preventiva della Psicologia di
Comunità è dunque la Prevenzione Primaria.Gli interventi preventivi possono essere:
- di prevenzione “proattiva”: si propongono di migliorare la qualità di vita dell’ambiente (es. ridurre i
fattori ambientali di stress per la comunità, la famiglia, l’organizzazione) esplicati dalla ricerca-intervento
e dall’analisi organizzativa
- di prevenzione “reattiva”: mirano a incrementare le competenze degli individui (es. rafforzare la ca-
pacità delle popolazioni vulnerabili ad affrontare un determinato stress) con delle strategie educative e
formative, la consulenza ad operatori e figure non professionali, la preparaz. alle crisi prevedibili.
Fine ’60: il governo Johnson in America (HEAD START)
E’ un periodo favorevole per la disciplina: Johnson approva le leggi sociali (programmi sui diritti
civili, inaugurando la “guerra alla povertà”)e continuò, ampliandolo, il ruolo degli USA nella guerra
del Vietnam.
Anche per accrescere il consenso pubblico, intaccato dalla vicenda Vietnam, il governo vara
l’Head Start: un programma che prevedeva di “compensare” nello sviluppo educativo, sociale ed
intellettivo i bambini svantaggiati per aiutarli a fruire delle risorse educative e spezzare il ciclo
della povertà.
Il principio era: partecipare alla comunità è essenziale per raggiungere i suoi scopi.

Primi ’70: la Crisi


 L’amministrazione politica conservatrice e la crisi politico-istituzionale (Watergate)
determinano un taglio dei fondi per i servizi sociali e la crescita della psico di comunità subisce un
arresto
 Dal punto di vista scientifico la disciplina entra in un periodo di revisione: gli psicologi di
comunità e la legittimità stessa della disciplina vengono messi in discussione da parte della
corrente principale della psicologia (che auspica un ritorno ai metodi tradizionali), dalla nuova
amministrazione conservatrice e dagli psicologi di comunità dell’ala radicale della disciplina.

1973: Reazione alla Crisi


Stimolata dalle critiche di conservatori e radicali, la psico di comunità approfondisce la sua
riflessione e definisce con maggior realismo le sue metodologie di studio ed intervento.
COWEN tratteggia così la situazione della psicologia di comunità:
- il Modello Preventivo, in sostituzione all’approccio passivo del modello medico (che
attende che la disfunzione sia avanzata per poi curarla come un caso)
- l’uso di non professionisti nel campo della salute mentale
- lo spostamento dell’attenzione verso la prima infanzia, nelle scuole

1975: Conferenza
La conferenza del 1975 ribadisce e completa il lavoro iniziato a Swampscott 10 anni prima:
ora esiste una comunità scientifica di psicologi (ne è conferma il fatto che tale comunità si è
riprodotta: presenzia alla conferenza una nuova generazione di giovani, formatisi in questo
modello) che ha creato nuovi paradigmi, diversi dal modello sperimentale e clinico.

Anni ’70: i mutamenti in Psico di Comunità


Negli anni ’70 la psico di comunità abbandona progressivamente la terminologia dell’igiene
mentale per mutuare ed approfondire concetti derivati dalla psicologia ambientale ed ecologica,
della psicologia sociale, dalla teoria dei sistemi.

(Allegato 2)

1980: Nuova Crisi


I drastici tagli ai programmi assistenziali voluti dal governo Reagan + i mutamenti del clima
sociale che favorisce una rivalutazione del successo individuale creano una nuova crisi per la
psicologia di comunità.

1985: Simposio del XX° anniversario di Swampscott


Per uscire dalla crisi, la Divisione di Psico di Comunità organizzò una serie di simposi invitando sia
i pionieri che i leader della nuova generazione.
Il bollettino della Divisione si trasformò in quegli anni, divenendo un vero e proprio “Journal”.
Le loro decisioni, divise per temi, furono:
o Rivalutazione: la disciplina venne rivalutata al fine di tracciarne una storia + completa
Emersero i legami storici con le prime lotte contro la psicologia clinica tradizionale, ma
anche una concezione della malattia ancora semplicistica che “vincolava” la psico di co-
munità nel suo sforzo di sottolineare l’incidenza dei fattori sociali.
Vennero riconosciuti i successi dei programmi attuati in vari contesti.
Venne sottolineato il tipo di formazione ancora rigidamente accademica e focalizzata sulla
ricerca tradizionale.
Riassumendo, Iscoe sentenziò che i buoni sviluppi della psicologia di comunità erano
dovuti al sua lavorare “nelle comunità” sebbene ancora sotto la luce dell’interesse clinico.
o Riassorbimento: i tagli alle sovvenzioni degli anni 80 costrinsero gli psicologi ad occu-
parsi di consulenza ed educazione per mezzo della psicoterapia (sovvenzionata da fondi
pubblici ed assicurazioni) e gli studenti a formarsi nell’ala clinica, l’unica ancora sovven-
zionata. Alcuni dei “successi” della psico di comunità vennero assorbiti nella corrente
principale della psicologia, (es. studio dello stress) rendendo la psico di comunità un
settore meno specifico.
o Rinascita: Vi furono anche delle proposte di rinnovamento:
- la partecipazione degli psicologi di comunità anche nelle accademie in qualità di teorici-
partecipanti, per modificare la formazione degli studenti
- la condivisione con altre discipline delle proprie conoscenze e competenze;
- la continua partecipazione nei programmi scolastici e di volontariato, essendo questi
gruppi a servizio dei gruppi sociali, ed enormemente funzionali al cambiamento
o Cambiamento di direzione: Si definì che nella psico di comunità alcune aree importanti
erano state trascurate. I sistemi lavoro, chiesa e governo e le relazioni re-ciproche tra i
vari sistemi erano di fondamentale importanza pertanto la psico di comu-nità doveva
orientarsi in quella direzione.

Fine ’80: Crisi Superata


Alla fine degli anni 80 gli psicologi di comunità hanno superato la crisi, continuando a sviluppa-re i
loro programmi nei settori tradizionali (salute, educazione, famiglia) ma anche estendendo la loro
opera in altre aree:
- hanno lavorato con gli psicologi ambientali x risolvere i problemi di inquinamento
ambientale e della questione ecologica
- hanno lavorato nelle aziende svolgendo campagne di prevenzione sanitaria per i dipen-
denti
- hanno creato nuovi setting di intervento alternativi a quelli tradizionali per l’igiene mentale
e la funzione educativa.

Anni ’90: Nuovi Concetti


Negli anni 90 la psicologia di comunità introduce nuovi concetti, che integrano i contributi dell’ala
radicale e moderata, assieme agli apporti della psicologia ambientale, clinica e della teoria dei
sistemi. Si tratta di 3 concetti-ponte che mediano tra il personale ed il politico:
- empowerment - auto e mutuo-aiuto - sostegno sociale

L’Empowerment permette di superare le divergenze tra ala radicale e moderata:


Ala Moderata: pone al primo posto la libertà individuale e la personale responsabilità
nella riuscita o meno della vita.
Le disuguaglianze sociali vengono accettate come inevitabili.
Ala Radicale: è centrata sul commonwealth (bene comune), pone al primo posto la
giustizia sociale e favorisce interventi governativi per ridurre le disuguaglianze.
Si occupa della costruzione di setting alternativi (in sostituzione all’ospedale psichiatrico,
per drogati, anziani, malati) I “RADICALI” CRITICANO I MODERATI PERCHÉ:
- Biasimano la vittima, non considerando le influenze ambientali
- assolvono il sistema sociale, che è invece produttore del disagio (si preoccupano di
alleviare il disagio individuale e non di promuovere cambiam.strutturali nell’ambiente)

Operare sul disagio in seno alla psico di comunità implica superare queste divergenze ideologi-che
e creare un modello complesso basato sui difetti individuali e sulle cause sociali.
Condividendo tale modello, gli psicologi di comunità degli anni 90 optano per delle strategie
capaci di rafforzare le interazioni positive tra individui ed ambiente, tramite la promozione
dell’EMPOWERMENT dei singoli e delle comunità. L’empowerment è:
- un obiettivo cui si arriva tramite l’aiuto-aiuto (che responsabilizza e valorizza il singolo) e
varie forme di sostegno sociale (che riconoscono l’importanza delle interaz.ambientali)
- un programma mirato ad aumentare il senso di potenza personale e la capacità di leggere
i vari sistemi sociali, comprendendone i condizionamenti sulla nostra vita e le opportunità
che offrono.

CAMPI DI APPLICAZIONE:
Interventi sulle minoranze:
Gli psicologi di comunità hanno sempre scelto di intervenire a favore dei gruppi + emarginati,
valorizzando la diversità culturale:
- alcuni hanno tenuto conto dei diversi valori sociali delle minoranze (immigrati
latinoamericani, cinoamericani etc) proponendo progetti di aiuto mirati alle loro esigenze e
rispettosi della loro cultura
- altri hanno affrontato i problemi dell’acculturazione, dello stress ambientale cui gli
immigrati sono sottoposti nei ghetti urbani, hanno progettato un aumento di fondi nelle
scuole per diminuire gli abbandoni scolastici.

Interventi Politici:
Gli psicologi di comunità si sono impegnati nel formare dei “gruppi di pressione” divenendo
advocates, cioè sostenitori di particolari politiche a livello sociale, statale e federale.
La loro presenza a vari livelli istituzionali (con la divulgazione di quanto scoperto, la diffusione
degli esiti delle ricerche etc) consente di ottenere mutamenti legislativi e stanziamenti di fondi.

Interventi Ambientali:
La psico di comunità ha sponsorizzato iniziative congiunte con le Divisioni di Psico Ambientale,
con la quale condivide l’interesse per i problemi ecologico-ambientali.
Il maggior numero di interventi sono stati fatti a favore della psicologia della salute e psicologia
delle donne, mentre la popolazione più studiata è certamente quella degli adolescenti, soprattutto
x la prevenzione del disagio e lo sviluppo di programmi volti a migliorare l’adattamento ed il
rendimento scolastico.

Psicologia della Salute:


I temi ricorrenti negli anni 80-90 sono lo stress, la violenza e la disoccupazione.
Le innovazioni tematiche dei 90 sono le esigenze specifiche di alcune categorie (donne vittime di
abusi sessuali, lesbiche, homeless, malati di AIDS e popolazioni a rischio, immigrati)
ALLEGATO 2 (cap 2 fondamenti + 2 e 5 manuale)
Negli anni ’70 la psico di comunità abbandona progressivamente la terminologia dell’igiene mentale per
mutuare ed approfondire concetti derivati dall’applicazione dell’ecologia allo studio dell’ ambiente sociale, dalla
teoria generale dei sistemi e dalla teoria del campo di Lewin.
In psico di comunità, infatti, permangono influenze multidisciplinari:
 Il contributo di Kurt Lewin
 I principi dell’approccio ecologico (spina dorsale nel quadro teorico della disciplina) di Kelly
 la psicologia ecologica di Barker
 l’ecologia dello sviluppo di Bronfenbrenner
 la sintesi di Murrell (punto dei precedenti lavori)
 La teoria della crisi della Dohrenwend (modello teorico/pratico)

Quadro di riferimento Concettuale della Psico di Comunità di Matrice Americana.


Il modello esplicativo sistemico-ecologico
Teoria dei sistemi e teoria ecologica sono considerate congruenti ed integrabili in un solo modello esplicativo

Prospettiva Ecologica:
La psico di comunità enfatizza la prospettiva ecologica, prospettiva interessata alle relazioni tra individui in
quanto comunità che vede il comportamento umano in termini di adattamento della persona alle risorse ed
alle circostanze. In questa prospettiva, la psico di comunità:
- enfatizza i setting naturali piuttosto che il contesto clinico o il laboratorio
- enfatizza la relazione persona/ambiente, sottolineando che l’ambiente ha effetti significativi sul com-
portamento: pertanto le persone possono spiegare e controllare meglio il proprio comportamento se
comprendono le influenze ambientali e traducono questa comprensione in azioni
- individua come soluzione ai vari problemi non necessariamente un numero maggiore di terapeuti, ma si
basano su altre agenzie o istituzioni non professionali (volontariato, auto e mutuo aiuto)
- considera la ricerca come una collaborazione longitudinale tra ricercatori, abitanti e setting della co-
munità, cioè una ricerca “sul campo”.

GEORGE (JAMES) KELLY (1966) ha formulato l’analogia ecologica in 4 principi guida x pianificare gli interventi
nella comunità.
Questi 4 principi illustrano i meccanismi di influenza reciproca tra ambienti, gruppi e individui e consentono di
predisporre interventi basati sulla conoscenza delle risorse disponibili e delle trasformazioni in atto in una data
comunità.
1. Interdipendenza: i membri di una stessa realtà sociale sono interdipendenti: il cambiamento di una
componente produce cambiamenti in tutte le altre (pertanto l’intervento su un singolo settore della
comunità avrà riflessi non sempre prevedibili su altri settori
(es chiudere un ospedale psichiatrico ha effetti sul sistema giudiziario, sui cittadini, sui servizi territoriali)
2. Ciclicità delle Risorse: in un ambiente dato le risorse vengono create, definite, distribuite e sono
limitate. Pertanto, x attuare un intervento in comunità è fondamentale analizzare i processi di creazione,
definizione e distribuzione al fine di favorire un interscambio basato sulle risorse presenti.
3. Adattamento: è il processo mediante il quale gli individui modificano attivamente le loro abitudini o
caratteristiche per affrontare le trasformazioni ambientali: si ricollega al concetto di nicchia e ampiez-za
di nicchia: i malati ricoverati in ospedale psichiatrico attuano comportamenti in parte dovuti anche alle
limitate risorse ambientali e alle capacità richieste da una struttura custodialistica.
4. Successione: evidenzia le proprietà dinamiche dell’ambiente sociale e la necessità di conoscere la
direzione verso la quale la comunità sta evolvendo, prima di pianificare strategie di intervento. (se si
progettano servizi scolastici bisogna tener conto del decremento delle nascite)

Il Contributo di Kurt Lewin


Lewin lascia alla psico di Comunità il grande contributo della teoria di campo, secondo la quale:
ogni evento è determinato dall’insieme di fattori presenti all’interno del campo psicologico.
Questa teoria è meglio caratterizzabile come “metodo” di analisi delle relazioni causali tra eventi e di elabo-
razione di costrutti scientifici” orientata a fornire una comprensione scientifica dei fatti sociali.

Qualsiasi comportamento o mutamento in un campo psicologico dipende dalla particolare


configurazione del campo psicologico a quel dato momento.
Il comportamento è quindi funzione della persona e dell’ambiente: C = f (P,A)
L’interazione P/A (individuale/sociale) è dinamica, attiva e si concretizza nell’agire delle persone.
DIMENSIONE TEMPORALE: il “campo psicologico” esistente in un dato momento comprende anche i punti di vista
da cui l’individuo guarda al futuro ed al passato. Quindi il “momento” comprende oltre al presente il passato ed il
futuro psicologico
DIMENSIONE DI REALTÀ/IRREALTÀ: il campo comprende pertanto gli eventi possibili ed eventuali.

La persona forma con il suo ambiente una totalità interagente unitaria:


AMBIENTE PSICOLOGICO: Lewin ha un’ottica fenomenologica, concepisce i fattori ambientali non come fattori
oggettivi ma come “ambiente psicologico” (insieme di oggetti, persone, attività e situazioni con cui l’individuo
è in rapporto + o – consapevole e che hanno un peso soggettivo a seconda della percezione soggettiva che ne
ha l’individuo)

il Campo Psicologico è la totalità dei fatti coesistenti, concepiti come interdipendenti:


quindi la causa di un atto è da ricondurre ai rapporti tra le diverse forze presenti nel campo psicologico
(e non alle caratteristiche dei singoli elementi)
Il Campo è quindi un sistema dinamico, cioè un sistema di forze.
FORZE CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO: Lewin ne individua di 2 tipi:
- Fattori interni al soggetto: lewin da importanza al concetto di bisogno (che aumenta la tensione, libera
energie) ed ai fattori motivazionali
- fattori Sociali: appartenenza ad un gruppo, norme, ideologie

I MUTAMENTI DI INTERESSE X LO PSICOLOGO RIGUARDANO 3 AREE:


1. Lo Spazio di Vita: ovvero la relazione PA (persona ed ambiente soggettivamente percepito). Nello
spazio di vita sono inclusi bisogni, motivazioni, ideali.
2. Fatti che accadono nel mondo fisico e sociale senza influenzare lo spazio di vita dell’individuo (non
hanno al momento effetti diretti)
3. Fatti del mondo fisico e sociale che si collocano nella zona di confine (o di frontiera) in quanto posti
tra lo spazio di vita ed il mondo esterno, che influiscono attraverso i processi percettivi

L’Ecologia Psicologica:
La prima analisi di campo venne compiuta dal punto di vista dell’Ecologia Psicologica cui Lewin lavorava prima
di morire: occorre studiare prima i dati non psicologici che condizionano la vita degli individui; quindi si può
procedere all’analisi dei dati psicologici.

Il Gruppo:
Lewin considera il gruppo un “insieme dinamico, qualitativamente diverso dalla somma dei suoi membri, basato
sull’interdipendenza e non sulla similarità”, (un semplice aggregato è gruppo solo se ha legami di
interdipendenza) in cui:
- ogni cambiamento in una parte trasforma la struttura e la dinamica del gruppo e viceversa
- ogni cambiamento del campo psicologico produce effetti su ogni componente del gruppo
Il gruppo è quindi un riferimento essenziale per capire il comportamento individuale: nel gruppo si impara a
confrontarsi, esprimersi, ma anche a limitarsi.
Attraverso l’analisi di gruppo si possono capire i meccanismi delle aggregazioni + ampie.

L’ACTION – RESEARCH
La ricerca-azione o ricerca-intervento, metodo principe in PC, si deve anch’essa a Lewin, che la intende come
ricerca comparata sulle condizioni e gli effetti delle varie forme di azione sociale, che tendono a promuovere
l’azione sociale stessa. Si articola in:
- diagnosi: identificazione del problema
- valutazione delle possibili alternative di intervento x affrontare il problema (pianificaz.dell’azione)
- attuazione dell’intervento e valutazione delle conseguenze dell’intervento
- identificazione dei risultati raggiunti e loro rilevanza per la teoria
La Psicologia Ecologica di Barker
Il termine psicologia ecologica si deve a Barker, allievo di Lewin che concentrò i suoi sforzi sullo studio delle
relazioni tra individuo ed ambiente in condizioni naturali.
Differenza da Lewin: Per Barker l’ambiente è quello OGGETTIVAMENTE osservabile (a diff. Di Lewin) non a
caso definito “ambiente pre-percettivo”
E’ una prospettiva di rottura col metodo tradizionale (sperimentale, in laboratorio) a favore dell’osservazio- ne
sul campo del comportamento umano, principalmente dei bambini.
1947: fonda una stazione di osservazione ad Oskaloosa (Kansas) per l’osservazione sul campo.
 Obiettivo: comprendere come l’ambiente influenza il comportamento (in questo caso dei bambini)
 Metodo: osservazione naturalistica minuziosa volta a cogliere il flusso del comportamento (stream of
behavior) e individuare gli episodi comportamentali
 Unità di analisi: behavior setting, o setting comportamentali, unità ambientale minima in cui si attuano
comportamenti intenzionali significativi.
Sono patterns circoscritti e stabili di comportamenti e ambienti con elevato grado di interdipendenza, sono
entità nell’ambiente ecologico (es nella chiesa e nella scuola è possibile definire dei patterns stabili
indipendentemente dalle persone coinvolte) Un pattern è una entità sovraindividuale che da stabilità e
omogeneità ai comportamenti individuali al di la della varietà di individui partecipanti al setting
 Ruolo dello psicologo: non manipola e controlla gli eventi, è un semplice transduttore (Transducer) che
codifica e trasmette fedelmente i fenomeni osservati in “dati”

Tra le componenti di un setting, 2 indicatori importanti sono:


- il Grado di Penetrazione: le persone sono connesse al setting in base al loro grado di penetrazione
(entrano nel settino per tempi diversi, con responsabilità e gradi di coinvolgimento differenti: ci sono 6
zone di penetrazione, + la zona è centrale + il ruolo è attivo e responsabile, + è marginale, + il ruolo
sarà passivo… es. in una biblioteca il bibliotecario entra in zone proibite all’utente)
- la Ricchezza: si basa sull’eterogeneità dei sottogruppi in grado di penetrare il setting, sul numero di
modalità comportamentali e di azione che si verificano in quel settino (es ad Oskaloosa l’ambiente +
ricco era la farmacia, uno dei punti di aggregazione tra membri anche molto diversi tra loro)

Teoria del Dimensionamento Relativo:


Barker osservò che nelle piccole città c’erano numeri + elevati di behavior settings, e dimostrò che i setting
sottodimensionati (o sottopopolati, undermanned) rispetto a quelli sovradimensionati (overmanned), offrono
agli abitanti maggiori opportunità ed esercitano + pressioni affinché ricoprano ruoli di responsabilità.
Inoltre, è meno probabile che producano degli esclusi (outcast)
Questo studio permise ance di analizzare le caratteristiche delle grandi strutture (ospedali psichiatrici) Vs le
piccole unità residenziali, nel tentativo di spiegare l’impatto della dimensione ridotta del gruppo sul
comportamento umano.

 MERITO di BARKER: aver per primo studiato l’ambiente come “entità attiva”
 LIMITE di BARKER non aver considerato il punto di vista fenomenologico soggettivo (di Lewin)

L’APPORTO DI MOOS
Mentre Barker si propone di analizzare le caratteristiche dei setting ambientali indipendentemente dagli individui
presenti, MOOS vuol cogliere proprio il rapporto tra struttura organizzativa e vissuti soggettivi:
il suo approccio studia i climi psicologici: caratteristiche di ambienti definibili (ospedali,classi,comunità) e i loro
effetti sul comportamento degli individui.
=> L’ambiente psicologico è l’influenza congiunta di fattori esterni (ambientali) su attributi umani
Il sistema ambientale include 4 dimensioni principali:
1. il Sistema Fisico: la sua architettura e caratteristiche fisiche (in una scuola concentrata in un
luogo c’è + coesione tra gli allievi)
2. i Fattori Organizzativi: (in una grande università gli studenti sono – coinvolti nella gestione)
3. L’aggregato Umano: età, abilità,c eto e risultati educativi delle persone presenti
4. il Clima sociale (o pressione ambientale) media le altre 3 dimensioni: la pressione ambien-tale
deve fornire coerenza e continuità ad elementi altrimenti separati (es la pressione sotto-linea il
comportamento ordinato se i banchi di una classe sono allineati ed assegnati, i do-centi
ricevono su appuntamento ed esiste una “forma prestabilita” per le varie attività)
Nel modello di Moos il Clima Sociale viene misurato per come è percepito dalle persone presenti, con delle
apposite scale che calcolano punteggi di gruppo.
Un clima sociale possiede dimensioni distinguibili da quelle ambientali complessive: la relazione (misura in cui
le persone sono coinvolte) la crescita personale o l’orientamento allo scopo, il mantenimento del sistema ed il
cambiamento.
BRONFENBRENNER E LA TEORIA DELLO SVILUPPO UMANO NEL CONTESTO

B. critica la prospettiva di Barker per il concetto di Ambiente proposto:


1. è riduttivo poiché limitato al contesto immediato in cui si svolge il comportamento osservato
2. non considera la percezione soggettiva dell’ambiente che ha l’individuo
Collocandosi anch’egli nella tradizione Lewiniana, Bronfenbrenner sottolinea l’inscindibilità dell’individuo
dall’ambiente in cui cresce e si sviluppa, (anche lui studia i bambini)

Pertanto il suo interesse è per l’ecologia dello sviluppo umano: lo studio scientifico del progressivo
adattamento tra un essere umano attivo e le proprietà mutevoli delle situazioni ambientali immediate (NB il
bambino non è piu un contenitore da riempire ma un soggetto attivo.
Il rapporto dinamico individuo-ambiente è quindi al centro degli studi di B.

B. elabora il modello “PROCESSO-PERSONA-CONTESTO-AMBIENTE”, che analizza i processi che regolano


l’interazione tra l’individuo ed il suo contesto in maniera solistica, coerentemente con la teoria sistemica.
Gli assunti sui quali questo modello si basa sono:
- il rapporto individuo/ambiente è caratterizzato dalla reciprocità: sia l’ambiente che l’individuo si
influenzano a vicenda
- anche i contesti remoti, non direttamente sperimentati, possono influenzare il comportamento
- ogni persona è un’entità dinamica che reagisce alle pressioni ambientali ristrutturando il proprio spazio
di vita

L’ambiente ecologico ha un senso + ampio di quello lewiniano: non è il campo psicologico immediato,
direttamente sperimentato dall’individuo, ma deve includere interconnessioni tra + situazioni ambientali che
comprendano dimensioni + ampie. Si tratta di un insieme di sistemi interrelati, delle strutture concentriche tra
loro interdipendenti. B. ne individua 4:
Microsistema: il complesso di relazioni esistenti tra la persona e l’ambiente con cui ha esperienza
diretta (casa,scuola,gruppo di lavoro) che comprende, a diff.di Lewin, quel che lui poneva nello
“spazio di confine”
Mesosistema: un sistema di microsistemi, comprende le interconnessioni tra 2 o + contesti
ambientali cui l’individuo partecipa attivamente e le loro connessioni ed effetti (es casa-scuola)
Esosistema: sistemi con cui la persona non ha esperienza diretta ma che influenzano i suoi sistemi
micro e meso xchè influenzano la vita delle persone che interagiscono con lui (es il lavoro del
partner, la rete amicale dei genitori)
Macrosistema: sistemi di ambito più ampio che determinano l’ideologia e la struttura sociale in cui
operano la persona e condizionano i suoi eso,meso e microsistema (es valori di una comu-nità,
cultura, etc. che vengono trasmessi tramite la socializzazione.)

L’individuo si muove all’interno di questi sistemi, trovandosi in un processo dinamico di continuo cambio di ruolo
e posizione, che bronfenbrenner chiama “Transizione Ecologica”.
La “nicchia ecologica” è invece una zona ambientale particolarmente favorevole o sfavorevole per lo sviluppo
individuale.

CONTRIBUTO della PSICOLOGIA UMANISTICA e dell’APPROCCIO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE


Dalla psicologia Umanistica di Rogers,Maslow etc la PC trae l’enfasi sulle potenzialità individuali, ne deriva
 strategie mirate a valorizzare le risorse positive anziche a curare disfunzioni e disturbi:
- strategie di promozione del coping (affrontare attivamente) individuale
- strategie di rinforzo delle competenze di persone-chiave nelle comunità (self help)

Dall’approccio comportamentale la PC trae la tendenza a compiere interventi empiricamente programmati e


valutati, in particolare per gli interventi su larga scala
CONTRIBUTO DELL’APPROCCIO SISTEMICO E SINTESI DI MURRELL
Teoria dei Sistemi:
Il concetto di sistema, postulato della Gestalt, viene approfondito negli anni 50 nell’ambito della teoria dei
sistemi che lo applica allo studio della comunicazione interpersonale, descrivendone le proprietà fondamentali:
- totalità (un cambiamento in una parte produce cambiamento nelle altre e in tutto il sistema)
- retroazione (il sistema è circolare: ogni comportamento influenza ed è influenzato dal comp.di altri)
- equifinalità e multifinalità (i risultati nn dipendono dalle condizioni iniziali, ma dai processi: uguale
risultato si può ottenere da vari punti di partenza/la stessa partenza può condurre a risultati diversi)
La psico di comunità applica il concetto di “sistema” ai sistemi sociali, concepiti come insieme di rapporti tra
elementi di complessità crescente: individui, piccoli gruppi, organizzazioni, comunità.
La comunità è 1 rete di sistemi sia di tipo formale (organizzazioni) che informale (quartieri, gruppi spontanei)
Ed i sistemi sociali sono di fondamentale importanza nello spiegare il comportamento degli individui.

Murrell applicherà la t.dei sistemi alla psico di comunità.

Nella sua principale opera, “Psicologia di Comunità e Sistemi Sociali” Murrell integra i vari apporti fornen- do
un quadro concettuale della psicologia di comunità:
- la Psico di Comunità studia le transazioni tra reti di sistemi sociali, popolazioni ed individui
(relazione circolare tra sistemi, come Bronfenbrenner, non i sistemi analizzati singolarmente)
- sviluppa e valuta metodi di intervento che sviluppino l’adattamento (fit) persona-ambiente
- da tale conoscenza e cambiamento cerca di aumentare le opportunità psicosociali dell’individuo

Il pensiero di Murrell:
- Le aree-problema: ogni individuo, in base ai suoi particolari bisogni, ha diverse aree-problema di suo
particolare interesse, nelle quali l’uomo cerca di raggiungere i propri obiettivi
- accordo Psicosociale: è la congruenza tra le capacità del soggetto e le richieste/risorse dei sistemi cui
appartiene, e determina il suo benessere psicologico insieme all’
- Accomodamento intersistemico: è il grado di compatibilità tra diversi sistemi sociali nell’interagire con
l’individuo (può accadere che sistemi diversi pongano al soggetto richieste contrastanti)

L’analisi di Murrell
 Scopo dell’analisi: cogliere gli aspetti di congruenza o conflitto nelle transazioni tra diversi livelli sociali, in
modo da migliorare l’accordo psicosociale.
Murrell descrive 6 livelli di intervento, i primi 2 centrati sulla persona:
1. Ricollocamento Individuale: quando un soggetto è del tutto incompatibile con un sistema, lo si può
ricollocare in un altro (se il ricollocamento è temporaneo, il reinserimento sarà un momento
delicatissimo: es. comunità per i tossici)
2. Interventi sull’Individuo: l’obiettivo è potenziare le risorse di una persona per aiutarla ad inserirsi
meglio nel sistema. Lo si fa a condizione che sia la persona a richiederlo e che sia intenzionata a ri-
manere nel sistema (ma secondo Murrell in PC si rischia così di “biasimare la vittima” e sarebbe meglio
tentare di intervenire su livelli + complessi)
3. Interventi sulla Popolazione: l’obiettivo è potenziare le risorse di un gruppo “a rischio” (es migliora-re
la comunicazione genitori/adolescenti) x mezzo di formazione o preparazione alla crisi. Il proble-ma può
essere riuscire a coinvolgere il target a partecipare all’intervento preventivo.
4. Interventi sul Sistema Sociale: si operano mutamenti strutturali nel sistema in modo da facilitare la
gestione dei problemi degli individui (facendo consulenza a persone-chiave del sistema)
5. Interventi Intersistemici: l’azione è diretta su + sistemi x creare un migliore coordinamento ed una
connessione più funzionale (es nell’affrontare la delinquenza non si può intervenire solo sul sistema
produttivo o nelle carceri: bisogna mirare ad enti locali, istituzioni formative, servizi sociali, gruppi). In
questo tipo di intervento lo psicologo di com.si affianca ad altri specialisti e non.
6. Interventi sull’Intera Rete Sociale: a differenza dei precedenti, si rivolgono alla comunità nel suo
insieme (es.attraverso i mass media)
La Teoria della Crisi ed il Modello dello Stress Psicosociale di Barbara Dohrenwend
Nell’ambito della prospettiva ecologica, la teoria della Crisi di Barbara Dohrenwend propone
un modello integrato, basato sul concetto di “ stress psicosociale” (tematica quindi centrata sia sulla persona che
sull’ambiente)
L’analisi evidenzia come le modalità utilizzate per rispondere ad una situazione di crisi dipendano dai mediatori
sociali (sistemi di sostegno sociale) e dai mediatori psicologici (valori, abilità di coping)disponibili.

=> EVENTO STRESSANTE: la reazione allo stress è transitoria, e ciò che segue questa reazione dipende dai
mediatori sociali e psicologici
=> I mediatori sociali e psicologici della relazione stress-patologia, infatti, interagiscono con le reazioni allo
stress per produrre uno dei 3 risultati:
1. Crescita Psicologica: la persona può crescere e cambiare in positivo, se riesce a padroneggiare bene
l’esperienza
2. Nessun Cambiamento Psicologico: ritorna nello stato psicologico per lei normale
3. Psicopatologia: può sviluppare una reazione disfunzionale persistente

Punti di Forza del Modello:


 A differenza della psicopatologia individuale l’attenzione è qui riposta oltre che sulla persona, sulle
circostanze della vita e le risorse disponibili;
 Si può intervenire prima che la psicopatologia sia in atto: “the timing of help” può essere portato in un
momento precedente della reazione allo stress, sotto forma di servizi di “intervento sulla crisi”.
 Il Ruolo dei Mediatori Psicologici: valori ed abilità di coping, se rafforzati , possono aiutare la persona a
sviluppare la capacità di far fronte ad eventi stressanti
 il Ruolo dei Mediatori Situazionali: quando le risorse individuali sono insufficienti, può essere necessario
acquisire aiuti dai sistemi di sostegno sociale (famiglia, amici) o dalle risorse collettive (servizi pubblici o privati
comunitari). Bisogna pertanto potenziare le risorse comunitarie.

GLOSSARIO:
Stress: insieme di processi che comportano transazioni tra persona e ambiente (interazioni)
Coping: (far fronte a) sforzi cognitivi e comportamentali x affrontare richieste valutate come eccedenti le risorse
di una persona
Stili di Coping: (centrati sul problema Vs sulle emozioni)
Risorse di Coping: personali, socio-ecologiche

1.5 La Psicologia di Comunità Oggi: Definizioni.


La psicologia di Comunità non si propone di studiare l’individuo o le strutture sociali separata-
mente, ma studia L’interazione, la reazione circolare esistente tra questi 2 livelli.

ORFORD (GB):
la Psico di Comunità è un’area di ricerca, una disciplina accademica e un patrimonio conosci-
tivo e tecnico che fonda una professione di aiuto.
La Persona nel Contesto ne è l’unità di analisi;
La P.di Comunità si colloca in una posizione di PONTE tra l’ambito psicologico e quello sociale, tra
sfera privata e pubblica dell’esperienza umana: studiare l’individuo nel contesto permette di
cogliere l’interdipendenza costante tra i “campi della persona” e i “campi dell’ambiente”.

RAPPAPPORT (1977)
La Psico di Comunità è un’ideologia basata sull’adozione di un orientamento sistemico-
ecologico, ed il cui focus è la prevenzione.
E’ un insieme di:
- valori: Promozione delle diversità culturali, sviluppo delle competenze dei soggetti
- atteggiamenti: l’impegno verso il cambiamento sociale (il ricercatore diventa parte attiva
del cambiamento)

HELLER
La Psico di Comunità può essere definita come un orientamento:
 Rivolto alla Prevenzione (primaria) più che al trattamento
 Che enfatizza più il rafforzamento delle competenze che non l’eliminazione del deficit
 Che si focalizza sull’interazione persona/ambiente (da Lewin)
AMERIO (2000)
La Psico di Comunità è
 un’area di ricerca e di intervento sui problemi umani e sociali
 che si rivolge all’interfaccia tra sfera individuale e collettiva, tra sfera psicologica e sociale (la
PC non vuol cedere né al riduzionismo psicologico né alle strutture sociali: mira ad interve-nire
sull’interazione dell’aspetto psicologico con quello sociale)
 che intende coniugare la ricerca con un intervento capace di unire il senso di “cura” della
clinica con l’apertura “politica” propria del lavoro nel sociale (ricerca/intervento di Lewin)

EVOLUZIONE DELL’OTTICA ALTERNATIVA DELLA DISCIPLINA:


L’Ottica è universalista anziché eccezionalista:
 Ci si focalizzò sull’origine sociale del disagio e dei disturbi psichici anziché considerare il disagio
“insito nella persona” (contestò l’ottica individualista della psic.clinica dominante)
 L’interesse si sposta dall’ambito dell’igiene mentale alle problematiche della comunità
organizzata
 Si è costruito un quadro di conoscenze teoriche e metodologiche specifiche, come base per
l’azione sociale

OBIETTIVI DELLA PSICO DI COMUNITA’:


1. Analizzare le transazioni (interazioni,legami) tra diversi livelli:
individui-gruppi-sistemi-reti di sistemi
2. Migliorare la qualità della vita:
Operativamente si traduce in azione trasformativi delle condizioni di vita in una comunit
3. Sviluppare le competenze della comunità:
Accrescere la partecipazione dei cittadini (scelte,decisioni)e incrementare la solidarietà

COS’E’ UNA COMUNITA’?


E’ un’Entità Sociale Globale con legami stretti tra i membri, senso di appartenenza forte e
radicato in tradizioni profonde.
E’ anche un’Entità Sovraindividuale, depositaria di un bene comune che trascende quello
individuale, di cui è garanzia e tutela.

10. Educazione Socio-Affettiva

Cos’è l’educazione socioaffettiva.


FRANCESCATO: E’ una metodologia finalizzata al potenziamento delle risorse personali e all’
acquisizione delle competenze sociali
LANG, studioso inglese: è la parte del processo educativo che si occupa di atteggiamenti, cre-
denze ed emozioni degli studenti.

Fondamenti Teorici
Questo approccio ha i suoi fondamenti teorici ne:
- la Psicologia Umanistica di Maslow e Rogers
che si focalizza sullo sviluppo del potenziale umano (guarda alle tendenze positive
dell’essere umano e non come il behaviorismo su “cosa non funziona”)
- la Psicologia di Comunità
che sottolinea l’importanza dell’empowerment di gruppo

Obiettivi
L’educazione Socio-Affettiva si propone di indurre a:
 Riconoscere i propri sentimenti e le proprie emozioni (e saperli capire)
 Accrescere la propria autostima e l’autoefficacia sociale
(capacità di pensare bene di è e di agire con competenza nei contesti sociali)
 Aumentare i comportamenti prosociali e di mutuo aiuto
(imparare ad aiutare gli altri e se stessi, cioè imparare a ricevere e dare aiuto)

Destinatari
I destinatari privilegiati, cui l’educaz.socioaffettiva ambisce sono:
- studenti
- insegnanti e genitori (affinché aiutino allievi e figli a capire e gestire meglio le emozioni)
- educatori, coordinatori di gruppi, associazioni rivolte ai giovani

Il Metodo Integrato
Il metodo integrato si propone di apportare 3 miglioramenti:

1. Migliorare il rapporto insegnante-classe (metodo Gordon)


2. Migliorare il rapporto tra compagni (circle time)
3. Promuovere l’autoconsapevolezza emotiva (tramite esercizi psicomotori)

3. AUTOCONSAPEVOLEZZA EMOTIVA:
Si promuove l’autoconsapevolezza emotiva dei ragazzi tramite esercizi psicomotori che possono
aiutarli a capire le emozioni (specialmente le emozioni negative come rabbia ed ira che possono
dar luogo a comportamenti distruttivi)
L’obiettivo è quello di aumentare invece i comportamenti prosociali.

3. La diffusione della Psico di Comunità in altri Paesi

Anni 70/80: la PC si diffonde anche in altri paesi.

Culturalmente il predominio della disciplina resta USA, ma i paesi del III Mondo hanno una visione
più impegnata della psico di comunità:
- mutuano dagli USA l’approccio di base (enfasi sulla prevenzione e sulla ricerca)
- e poi usano le strategie di intervento + idonee alle loro problematiche.

La rapidità della diffusione dipende anche dallo status della psicologia:


- in Canada e Nuova Zelanda si diffonde velocemente xchè la psicologia è insegnata da anni
e lo psicologo è un professionista riconosciuto
- nei paesi del III mondo trova pronta accoglienza vista l’urgenza delle problematiche
- in Europa trova + ostacoli xchè la psicologia viene riconosciuta in ritardo.

Lo sviluppo negli altri paesi della PC dipende anche dal grado di:
- disaffezione x la psico clinica tradizionale
- partecipazione degli studenti universitari
- interesse x lo sviluppo di modelli teorici e approcci applicativi.

Primi Paesi in cui si diffonde la PC: Canada, Australia, Nuova Zelanda (lingua inglese).
 CANADA.Anni 70:l’approvazione di leggi progressiste, centrate sulla promozione della salu- te
+ che sulla cura, e l’istituzione di gruppi di auto-aiuto favorirono la diffusione della disciplina
1981: Apre la Sezione di PC e nasce il “Canadian Journal of C.Mental Health”
 AUSTRALIA. 1971: nasce la PC come disciplina accademica, ma ha origini nel movimento di
igiene mentale di comunità. Si pubblica “Network” una rivista che riporta ricerche e notizie.
Azione: la PC australiana studia soprattutto problematiche ambientali ed ecologiche.
 NUOVA ZELANDA.anni 70: gli psicologi di comunità lavorano con i loro colleghi australiani
Azione: sviluppo di progetti comuni per gli aborigeni neozelandesi ed australiani, numerosi in-
terventi per lo sviluppo di comunità rurali e progetti di promozione della salute.

 ISRAELE: la PC non è una disciplina accademica, la maggior parte degli psicologi ha impo-
stazione clinica, ma si compiono
Azione: ricerche sugli effetti dello stress da guerra sui bambini; progetti di intervento sui rap-porti
e sui problemi etnici tra ebrei ed arabi; programmi di prevenzione e diagnosi precoce dei problemi
psicologici dei soldati.
 SUD AFRICA: 1985: si insegna la PC.
Azione: effetti della violenza razziale sui bambini, degli abusi sessuali su donne e bambini, ef-fetti
dell’apartheid su vari gruppi sociali.
 AMERICA LATINA: si diffonde nei Carabi, Cuba, Panama, Santo Domingo, Costa Rica,
Messico, Colombia, Venezuela e Brasile: tutti questi paesi condividono l’eredità del colonialismo
spagnolo ma sono molto diversi x regime politico e contesto multietnico.
Forse proprio queste differenze culturali rispetto ai paesi anglosassoni permettono lo sviluppo
dell’ala radicale della disciplina: i paesi del III Mondo hanno una visione + impegnata della PC,
non solo come disciplina ma come strategia d’aiuto per gli strati + oppressi della società.
Azione: operativamente gli psicologi sono riuniti in un gruppo omogeneo ed attivo. Accademi-
camente, invece, la disciplina non è ugualmente diffusa:
- Cuba: la PC non esiste come termine, è incorporata nella “medicina nella comunità”
- Venezuela: insegnata solo all’U.di Caracas, ha cmq prodotto interventi nei ghetti urbani
- Messico: insegnata in diverse università
- Colombia: comincia a diffondersi x l’insoddisfazione dei risultati ottenuti dai clinici
- Brasile:anche qui nasce dal malcontento degli psicologi clinici, stanchi della psicoterapia

DIFFUSIONE DELLA PC NEI PAESI EUROPEI

Anni 70/80: la Pc si diffonde con forme diverse in questi anni in:

 SPAGNA: l’impulso allo sviluppo della disciplina si deve all’avvento del governo socialista che
sviluppa i servizi sociali di comunità, promuovendo interventi con le popolazioni a rischio (dro-
gati, disoccupati, residenti nei ghetti)
Tuttavia prevalgono ancora gli psicologi clinici, anche se i buoni risultati ottenuti convincono
sempre un maggior numero di enti pubblici e privati ad adottare empowerment ed autoaiuto.

 PORTOGALLO:nel 1992 Ornelas organizza a Lisbona il primo congresso internazionale,


che metteva a confronto esperti europei e statunitensi (Stark, Francescato, Kelly, Rappapport)
Azione: programmi di empowerment, intervento su gruppi a rischio e creaz.gruppi di volontari

 GRAN BRETAGNA: 1976 il Primo testo di Bender. Ci sono diverse strategie attuate da
decenni ma mancava una posizione teorica forte che integrasse il tutto in una prospettiva.

 GERMANIA: è stata maggiormente influenzata falla PC statunitense: gli psicologi di comu-


nità tedeschi sono ancora alla ricerca di un’identità, ma gli interventi non mancano

 OLANDA: i servizi psichiatrici di comunità hanno preceduto la fondazione della PC negli USA.

 POLONIA: le influenze della PC statunitense sono state minime: è stata influenzata dalla
psicologia sociale britannica.

 NORVEGIA: la PC è insegnata da decenni, esiste una forte associazione degli psicologi di


comunità e molta sensibilità verso i temi trattati. Ha ospitato la 3° conferenza europea a
Bergen

Anni 90: gli psicologi di Com.europei hanno iniziato a riunirsi e promuovere un approccio di
comunità + adatto al contesto europeo.

CONVEGNO DI LISBONA,1992: al 1° convegno internazionale, STark, Francescato e Orne- las


decidono di promuovere più scambi tra gli psic.dicom. europei: nonostante il “debito di gra-
titudine” verso gli USA, le differenze tra realtà europea e statunitense erano evidenti.
- realtà americana troppo astorica e politicamente ingenua
- + interessati all’azione che alla riflessione teorica
- + interessati a cambiare l’individuo che non il gruppo o il tessuto sociale

CONGRESSO DI ROMA,1995: il primo congresso europeo di PC, durante il quale è stata fondata
l’ENPC (european network of community psychology)
Nei convegni successivi si è delineato “l’approccio europeo alla PC”
LA PSICO DI COMUNITA’ IN ITALIA
La PC inizia a svilupparsi in Italia dalla 2° metà degli anni ’70.
1977: Francescato pubblica il primo libro che introduce la disciplina al paese.

FATTORI TRAINANTI:
1. L’ INNOVAZIONE LEGISLATIVA DEGLI ANNI 70.
Come negli USA, la PC si sviluppa soprattutto per esigenze di tipo pragmatico:
negli anni 70 si approvano leggi (sotto la spinta di fattori sociali e culturali) che indicano nuove
finalità x i servizi sociosanitari ed educativi: la realizzazione di questi obiettivi presuppone me-
todi di analisi ed intervento mirati + a prevenzione e cambiamento che non alla cura individua- le.
Aumenta così l’attenzione per le teorie sistemiche che possano guidare l’azione mirata al
miglioramento della qualità di vita e della competenza della comunità.

Fra le leggi approvate in quegli anni:


1971: Istituzione delle Unità territoriali di riabilitazione
1974: Istituzione dei decreti delegati nella scuola
1975: trasferimento delle competenze dello Stato alle Regioni e agli enti locali
1975: riforma carceraria / legge sui consultori / norme su tossicodipendenza e sostanze stup.
1977: inserimento portatori di handicap nelle classi normali
1978: legge sull’assistenza psichiatrica / riforma sanitaria / norme sull’aborto
La Riforma Sanitaria, in particolare, riassume i principi che ispirano tutte le norme promulgate:
- Unitarietà, Globalità e Decentramento Per tutti i servizi
(Vs le strutture separate e gestite verticisticamente dagli enti assistenziali)
- Partecipazione dei cittadini alla gestione Sociale dei servizi (almeno col feedback)
- Orientamento verso prevenzione oltre che verso la cura
Dopo circa 15 anni rispetto agli USA, le condizioni socioculturali italiane favoriscono l’intro-
duzione della nuova disciplina: lo stimolo legislativo, unito ai fattori ideologici (anni 60) pro-
muove l’inserimento di strategie di intervento come la consulenza, il lavoro di gruppo, l’atten-
zione ai gruppi emergenti (studenti e donne) & co.
 Si sviluppano molte forme di “associazionismo” + o meno formalizzate: dai gruppi ambien-
talisti ai gruppi religiosi o di volontariato sociale, o ancora di animazione nei quartieri.
Ciò dimostra la diffusione di una Weltanschauung vicina a quella della PC.

2. LA PUBBLICAZIONE DI ARTICOLI E LIBRI IN ITALIANO


Sia come riflessione ideologica (Palmonari, Zani) che come confronto tra modelli di intervento ed
esperienze realizzate (Francescato, Sberna, Garofalo,Dini)

3. IL RICONOSCIMENTO ACCADEMICO
1979: Primo convegno Italiano sulla materia, a Brescia
1980: nella Società Italiana di Psicologia si istituisce la Divisione di Psicologia di Comunità
1985: Si istituisce il Corso di Laurea in P clinica e di Comunità
L’attuale riforma Universitaria ha introdotto la PC sia in alcune lauree brevi che specialistiche, è
stata inoltre proposta l’attuazione di lauree specialistiche in PsicoClinica di Comunità e PsicoSo-
ciale di Comunità, alcuni Master in PC, una Scuola di Specializzazione 4ennale in “psicologia
clinica e di comunità”, un Master Europeo.

1999: sul tariffario dell’Ordine degli psicologi compare un settore di attività proprie della PC:
Organizzazione/conduzione di focus groups; Stesura di profilo psicologico di comunità; Relazio-
ne di analisi di comunità; Consulenza di empowerment; Programmazione di ricerca-intervento.
ELEMENTI DI OSTACOLO:
Sono esistiti ed esistono ancora ostacoli di carattere:
- politico (decisa avversione del fascismo)
- culturale (diffidenza di ampi settori della cultura italiana verso la psicologia)
- professionale (assenza di Cdl fino al 71 e di Albo e Ordine Professionale fino al 73)
- sociale (predominanza del modello di psicologo clinico fino quasi ad oggi: ora il processo di
evoluzione dell’identità professionale dello psicologo è avviato)
LIMITI DEGLI APPORTI TEORICI STATUNITENSI.
Già nel primo testo pubblicato in Italia nel 77, la Francescato sosteneva che alcuni modelli teorici
e modalità di intervento avrebbero dovuto tener conto del differente contesto socio-po-litico
europeo.

1. Interazioni tra Ambiente Sociopolitico e Sviluppo di Una Disciplina


Esiste sempre, infatti un’interazione tra l’ambiente sociopolitico di un paese e lo sviluppo di
specifici aspetti di una disciplina. Bisogna dunque tener conto di:
 Come gli psicologi hanno concepito la loro professione
 Con quale mandato sociale hanno operato nei vari periodi storici
 Come i loro postulati teorici siano man mano cambiati col mutare della società
 Come elaborazione e diffusione di determinate teorie psicologiche e modalità di inter-vento
abbiano contribuito a questo mutamento del clima sociale.
Amerio aggiunge che è necessario pensare a trovare una base di “psicologia di comunità euro-pea
ed italiana” perché i metodi elaborati sinora sono spesso poco capaci di collegare la sfera
individuale e quella sociale.

2. CARENTE ELABORAZIONE TEORICA


Negli USA c’è molta chiarezza relativamente ad obiettivi, valori, aree tematiche della PC, ma non
c’è una teoria-guida unificante di questa disciplina.
Gli americani sono stati reputati:
- troppo pragmatici: interessati all’azione e poco inclini alle riflessioni teoriche
- centrati sul presente e poco attenti all’evoluzione storica dei contesti comunitari
- ingenui politicamente: “mitizzano” il concetto di comunità senza vederne gli aspetti
potenzialmente oppressivi
- strumenti troppo centrati sui singoli o al massimo sui piccoli gruppi e non sufficiente-
mente connessi ad una teoria della pratica.

PRINCIPALI DIFFERENZE TRA EUROPA ED USA.


Gli Europei e gli Americani condividono la critica all’ottica individualistica e naturalistica della
psicologia tradizionale, che vede i processi psicologici come puramente interni all’individuo.

Allo stesso tempo, però, gli Europei condividono valori culturali diversi da quelli americani:
1. Gli Uomini Non nascono “Liberi” ed “Uguali” (come dice la costituz.americana
Gli europei sanno (per memoria storica) che ogni persona nasce in un contesto sociale
gerarchico creato storicamente(cioè dagli uomini), che può facilitare o limitare ed
opprimere un individuo.
L’individuo può però influenzare e modificare i setting sociali con cui interagisce a 2° della
posizione sociale che occupa: IMPORTANTE!!! Perché se il contesto fosse uguale, naturale
e voluto da Dio non potremmo intervenire efficacemente.
2. Più peso all’analisi Storica: Come le diverse ideologie politiche legitti-
mano le stratificazioni gerarchiche facendole apparire “naturali”.
Gli Usa sono una società giovane ed orientata al futuro.
Gli europei invece danno molta importanza all’analisi storica, es. FRANCESCATO :
- le gerarchie ecclesiastiche/politiche hanno fatto credere “naturali” delle presunte diffe-
renze tra uomini e donne x far sembrare immutabile il predominio dei M sulle F
- molti psicanalisti e clinici hanno preso il posto di filosofi e sacerdoti nel mantenere in vita
alcuni stereotipi sulle differenze di personalità dei 2 sessi (donne + passive e orien-tate
alla cura, uomini orientati all’azione) finendo x legittimare la segregazione lavorati-va
sessuale: donne + impiegate nei servizi e nelle istituzioni educative,( settori – pagati e
socialmente - valutati)uomini + impiegati nel mondo politico e nell’alta finanza.
3. Differenti “Miti”: dall’uomo che si fa da sé al legame tra Empowerment
individuale e lotte sociali.
USA: è diffuso il convincimento che ogni individuo sia pienamente responsabile della sua
vita, e se vuol avere successo deve vincere la rat race (corsa del topo) Questa visio ne
enfatizza la bontà della corsa x la sopravvivenza, in cui i migliori avranno successo e chi
non ha successo si autobiasima (se perdo è colpa solo mia)
EUROPA: non si crede nel mito dell’”uomo che si fa da sé”: si ritiene che raramente una
persona disempowered possa divenire empowered in virtù dei suoi sforzi: in Europa sia-
mo + consapevoli del fatto che i diritti dell’individuo sono stati conquistati attraverso lotte
collettive!

Al giorno d’oggi: la globalizzazione avvicina sempre + la cultura europea a quella USA,


basata sul successo individuale e la ricerca di divertimento e forti emozioni, i cui valori deri- vanti
sono: famiglia, amore, amicizia, soldi, divertimenti e lavoro.
La politica diviene noiosa e poco interessante,
non è + sentita come una vocazione o una missione.
Molti giovani, tuttavia, non hanno ricevuto molta informazione politica, se non dalla TV, pertanto
non conoscono la storia e gli ideali che sostengono i partiti!
Si assiste così al loro “dare per scontati” i diritti ed il benessere, e al loro disinteresse per il bene
comune e la “polis”

Gli Psicologi di Comunità cercano di promuovere nei giovani la consapevolezza del


legame storico tra il processo di valorizzazione (empowerment individuale) delle libertà
individuali e le lotte sociali che hanno dato ai cittadini europei i diritti di cui godono oggi:
se i futuri adulti continueranno a sottovalutare questo legame, perderanno la possibilità di
sperimentare la potente dimensione dell’empowerment.

4. Connessioni tra Comunità locali, Globali e Virtuali.


USA: gli psicologi di Comunità si focalizzano sulla dimensione locale/territoriale di una
comunità, senza esplorare il complesso rapporto tra la comunità locale e le altre entità
territoriali (regioni, nazioni, comunità sopranazionali es CEE)
Europa: gli psicologi di comunità hanno esplorato queste connessioni, poiché vedono la
comunità locale come un sistema immerso in una rete di sistemi + vasti.
Per affrontare i problemi dell’immigrazione, della disoccupazione etc., i comuni e le co-
munità locali non possono agire da soli:occorre coordinare iniziative a livello locale, sta-
tale, nazionale ed internazionale per promuovere la crescita dei 3 capitali: quello
economico, umano e sociale.

Il predominio del Capitalismo ha prodotto un aumento dei primi 2 e un decremento del 3°:
Il capitale sociale (insieme di legami basati sulla fiducia reciproca che si creano quando ci sono
scambi positivi tra le persone, che formano un tessuto sociale compatto, trasformando un
quartiere in una comunità)incide su:
- la salute (nei paesi + sviluppati l’incidenza di malattie è minore dove il tessuto sociale è
più compatto e le differenze di reddito meno marcate) + (chi ha più contatti umani sta
meglio di chi conduce un’esistenza isolata)

USA: la diminuzione del Capitale sociale è dovuta al liberalismo e alla ricerca del successo
individuale, accompagnati da una diminuzione della partecipazione dei cittadini alla vita politica e
sociale. (organizzazioni civiche, incontri amichevoli, partecipazione ai giochi di squadra, alle
attività di volontariato) e ad una diminuzione della fiducia negli altri, con aumento di litigiosità e
cause legali, nonché episodi di violenza.

ITALIA: una recente ricerca dimostra la nostra “anoressia relazionale emergente”:


- calo di varie forme di partecipazione sociale,
- giovani e single + attivi socialmente degli anziani
- anziani che vedono + spesso personaggi televisivi che non persone in carne ed ossa
- giovani che cercano e trovano rapporti sociali su internet.
Vista l’influenza dei Media, diviene importante per gli psicologi di comunità occuparsi anche delle
comunità virtuali e mediatiche.
Verso una Teoria della Tecnica in Psicologia di Comunità
Europei: + interessati alla costruzione di basi teoriche forti per la PC, ossia alla
Formulazione di una “Teoria della Tecnica” (per tecnica si intendono tutti gli strumenti di
ricerca e intervento utilizzabili nella pratica)
Cos’è la teoria della Tecnica?
Mirando la PC ad operare sulle interazioni tra psichico e sociale, una teoria della tecnica deve
individuare i concetti centrali che permettono i collegamenti tra i 2 ambiti.

FRANCESCATO SULLA SEPARAZIONE CONIUGALE


Individua, esplorando l’interfaccia tra individuale e sociale, soggettivo ed oggettivo, come si
tendano a trovare spiegazioni individuali ed interpersonali.
In realtà, una separazione è mediata da 4 concetti ponte, tra individuale e collettivo che deter-
minano qualità di vita molto differenti dopo la separazione:
1. la Crisi: in una società può essere interpretata come catastrofica o potenzialm. positiva
2. il Sostegno Sociale: è diversificato a seconda della società
3. il Racconto:il modo in cui una storia viene trasformata in racconto diviene mito sociale e
identità personale
4. l’Empowerment: l’essersi sentiti potenti o impotenti dopo la separazione

ORFORD SULLA PERSONA E L’AMBIENTE


I 2 campi “persona” ed “ambiente” sono collegati da 3 concetti-chiave, che facilitano il collega-
mento: l’identità, lo status sociale e l’autostima.
Tutti e 3 i concetti sono condizionabili dai contesti sociali di appartenenza.

4 Modalità Ambientali facilitano o ostacolano lo sviluppo di identità, autostima e status:


1. ricoprire un ruolo socialmente valorizzato
2. possedere o sviluppare un senso di controllo
3. poter usufruire di sostegno sociale
4. avere opportunità di vita future
Queste 4 risorse intervengono a 3 livelli del sistema sociale:
- microlivello: i sistemi sociali di appartenenza (famiglia, scuola)
- comunità locale (+ difficile da definire: può essere un condominio o la città)
- cultura: norme e strutture politiche, legali, sociali e religiose (stato e nazione)

RAPPAPPORT E IL RUOLO DELLE NARRATIVE CULTURALI


Secondo R. lo psicologo di comunità deve analizzare le narrative culturali dominanti, così
come le storie locali o personali, perché le storie personali sono influenzate dalle narrative rac-
contate nelle comunità in cui viviamo:
capendo le narrative si capisce la cultura ed il contesto, nonchè i suoi effetti sulle vite
individuali. Una comunità non è tale senza una narrativa condivisa, e la n.opprime o facilita (es la
risorsa narrativa non è distribuita equamente:le classi sociali dominanti hanno + strumenti per
diffondere e creare le loro narrative, in modo da mantenere lo status quo)

CRITICHE AGLI IDEALI COMUNITARI


Rispetto agli americani, gli europei hanno esplorato anche gli aspetti negativi dei movimenti
comunitari del passato: gli USA enfatizzano i community buildings, che vedevano la comunità
come depositaria del bene comune.
Gli europei invece, esaminando l’evoluzione del concetto comunità, hanno rilevato come spesso
gli ideali comunitari siano stati trasformati in fonti di oppressione.

AMERIO ed altri psicologi di comunità hanno sottolineato come la PC debba integrare aspetti della
Psico Clinica tradizionale, delle dimensioni politiche e storiche (critiche comprese) del contesto
sociale. In quest’ottica, la PC pone al centro:
 l’individuo,visto come principio e valore (riconosciuto tale grazie alla sua dimens.sociale)
 la partecipazione alla costruzione di quel bene comune che è alla base della comunità
(depositaria di valori umani)
INTEGRARE I PARADIGMI DELLO PSICO TRADIZIONALE ED IL COSTRUZIONISMO SOCIALE
Francescato; per creare supporti teorici adeguati alla PC che mira al cambiamento individuale e
sociale, occorre integrare i paradigmi scientifici della psico tradizionale e gli apporti dei teori-ci del
costruzionismo sociale:
- i paradigmi classici saranno utili per individuare elementi ripetitivi e regolarità, e per capire
come si comporta un individuo in un determinato setting ambientale. Cercano cioè le
invarianze.
- i paradigmi costruzionisti saranno utili per capire il significato che un essere umano da alle
sue interazioni con l’ambiente, cioè come può egli operare un cambiamento.
(i costruzionisti hanno pratiche simili a quelle dei narrativisti)

Una teoria della tecnica in PC dovrebbe quindi , riassumendo, integrare:


o il modello paradigmatico (basato sulla formulazione di ipotesi che devono essere
testate)
o il modello narrativo (obiettivo: raccontare la storia di un fenomeno nel suo contesto)
i criteri di accettazione si basano sulla coerenza della storia.

COSTRUZIONISMO SOCIALE
I fautori rigettano le idee della scienza:
nel mondo reale non ci sono oggetti che aspettano di essere scoperti, misurati e capiti
al contrario: gli oggetti sociali sono creati.

L’uomo non è una “persona che si adatta” ma un soggetto attivo (agente sociale)
Cioè un soggetto attivo, storicamente situato, che costruisce significati nelle sue interazioni.

L’ambiente è un contesto gerarchico con disuguaglianze non naturali ma storiche e quindi


modificabili.

Le radici del costruzionismo provengono dalla Scuola di Chicago, in particolare:

 dall’interazionismo simbolico: alla base dell’agire umano c’è il significato che l’individuo
attribuisce all’interazione.Tale significato è frutto di continue negoziazioni compiute dagli attori.
Di conseguenza, x il costruttivismo i problemi passano dall’individuale al sociale:
le “patologie” sono prodotte + dall’interazione che da processi intrapsichici.

 dalle rappresentazioni sociali di Goffman: la vita quotidiana è una rappresentazione teatrale


in cui gli individui si impegnano a dare impressioni positive di sè

 dall’etnometodologia di Garfunkel: il mondo sociale esiste perché non ne discutiamo l’esis-


tenza, ma ne diamo descrizioni e spiegazioni nelle nostre pratiche quotidiane.

La PSICO di COMUNITA’
Deve trovare modalità di “rompere” il tacito consenso con cui individui e gruppi accettano sistemi
di convenzioni: diventano così pensabili nuovi copioni!
Le narrative,ad esempio, analizzate da diversi studiosi, hanno mostrato come nelle loro trame si
riscontri l’influenza di processi sociali e la perpetuazione di realtà opprimenti (es la differenza di
genere)

Insomma, creazionisti e psicologi di comunità hanno in comune:

1. Letture Molteplici della Realtà Sociale : quella che la psicologia tradiziona- le


presentava come UNA ed UNICA
2. Considerare l’approccio clinico limitante e limitato.

Strategie d’Intervento in PC (i principi guida per una teoria della Tecnica):

 Incoraggiare interpretazioni Pluralistiche di un Problema Sociale:


o Integrando le conoscenze oggettive e soggettive
o Aumentando i punti di vista da cui una situazione può essere considerata
o Usando strumenti di diverse discipline
o Facendo emergere le conoscenze prodotte localmente dalle persone coinvolte

 Esaminare le origini Storiche del Problema Sociale:


la disuguale distribuzione del potere di accesso alle risorse del contesto sociale
la legittimazione da parte delle narrative dominanti di questa ineguale distribuz.

 Dar voce ad altre narrative Minoritarie esistenti:


che rompano il tacito consenso con cui si accettano le convenzioni
promuovendo nuove narrative che rendano pensabili nuovi copioni e ruoli “em –
powering”

 Promuovere progetti di Empowerment che creino legami tra le persone che condivi-
dono un problema ed aumentino il capitale sociale

 Identificare i Punti di Forza su cui far leva per ottenere i cambiamenti auspicati

 Identificare chi ha il potere di risolvere i problemi identificati come “prioritari”


(quali possono essere risolti nel gruppo coinvolto nel progetto di empowerment e quali richiedono
interventi ad altri livelli: stato, regione, comunità etc)

4. LE POLITICHE DI WELFARE.
Il welfare state è un progetto sociale in seno al quale gli operatori dei servizi sociali, sanitari,
educativi e culturali situano la loro professionalità.

1700: si sviluppano le prime forme di beneficenza laica, ispirate all’illuminismo, che trasferi-
scono l’assistenza ai bisognosi dalla chiesa agli stati.

Riv.Industriale: è dopo questa rivoluzione che si compie il 2° passo:nascono le assicurazioni per


il lavoro, per le malattie e la vecchiaia, dapprima private ma dalla fine dell’800 divengono
“Previdenza Sociale”

II Guerra Mondiale: nel 1942 in Inghilterra il “rapporto Beveridge” pone le basi alla moderna
concezione di Sicurezza Sociale:
ad ogni cittadino dev’essere garantita una “soglia di sussistenza” ed un”minimo di benessere”
indipendentemente dai contributi assicurativi versati, grazie ad un massiccio intervento finan-
ziario dello Stato.

Il Welfare State in Italia

ANNI 60 : MODELLO DEI SERVIZI SOCIOSANITARI DI TIPO SETTORIALE E CENTRALISTICO.


Nel corso dei secoli si era radicato un sistema caritativo e di beneficenza come espressione della
chiesa e delle congregazioni religiose.
Le Opere Pie divennero punto di riferimento per le comunità locali, diventando nei secoli delle
istituzioni (dal 1890 si chiamano IPAB- Istit.Pubblici di Assistenza e beneficenza)
Sono istituzioni “totali” deputate all’assistenza totale (dei ricoverati) di tipo settoriale:
 Diversi istituti per gli orfani (separati tra loro: orfani di guerra/civili etc)
 istituti per gli sbandati ed i miserabili
 istituti per i matti
 istituti per i minori
Strutture separate, che non dialogano tra loro, la cui logica è:
- da un lato, fornire assistenza alle categorie svantaggiate (secondo il pensiero cattolico,
venivano considerate “beneficenza”)
- dall’altro “difendere” la “parte bene” della società, tamponando le emergenze e non
rendendo visibili le disfunzioni sociali.
In tal modo, si verificava una separazione tra:
- ambito sanitario
- ambito sociale. Il sociale era escluso da queste strutture.

Inoltre si assisteva al Pluralismo del Sistema Assistenziale:


o L’intervento Pubblico (di scarsa qualità)
o L’intervento Privato (“nodo delle IPAB”, ex Opere Pie, di alta qualità.)

Anni ’50: si è tentato di migliorare la prassi assistenziale (in attesa di una riforma assisten-
ziale) qualificando nuove figure professionali laiche: assistenti sociali, sociologi, educatori.

Anni ’60: La politica da assistenziale si fa sociale, si estende da alcune categorie all’intero tes-
suto sociale, fornendo servizi a tutta la cittadinanza anche x effetto dei movimenti culturali di
contestazione del sistema sociale.
La logica non è + quella della “Povertà da lenire” ma quella dei “diritti della cittadinanza” da
promuovere e tutelare.

ANNI ’70: SEGNALI DI MUTAMENTO.


Negli anni 70, il DPR del 77 riorganizza il sistema sociale, sopprimendo molti “enti inutili”,
decentrando ai comuni il riferimento istituzionale e ipotizzando un “secondo modello” che avrebbe
potenzialmente generato reazioni degli interessi economici e corporativi che sarebbero stati lesi.

Negli anni 80 infatti vi fu questa reazione politica (ma anche dell’opinione pubblica) volta a
conservare la logica del Centralismo e delle Corporazioni.

Negli anni 90 il sistema assistenziale si trova così, tra vecchio e nuovo.

IL Modello Decentrato, Unitario ed Integrato


Il sistema dei servizi sociali a rete sul territorio è figlio del ripensamento critico sul sistema
assistenziale fondato sulla beneficenza, ma anche del movimento di rafforzamento delle auto-
nomie locali.
Già nel dopoguerra, infatti, sin dalla Resistenza, si tenta di superare le varie istituzionalizzazio-ni,
non solo manicomiali: il punto di vista ideologico è la “Priorità della Persona” cui l’organiz-zazione
assistenziale deve piegarsi (e non viceversa)
Si rifiutano gli interventi settoriali e centralistici, ribaltando il sistema:
- alla pletora di enti assistenziali dei 60 si sostituisce una zonizzazione sub-regionale con un
unico ente locale di riferimento per area
- alla totale autonomia dei singoli operatori si sostituisce il lavoro di gruppo interprofes-
sionale, con programmazione e valutazione degli interventi

NB:Questa fase di “passaggio” è durata circa 20 anni e nei ’90 è stata ritrattata con la cd “Contro-
riforma Sanitaria”

Anni 70: si era partiti con: (legge 833 1978 – RIFORMA SANITARIA che istituisce il Servizio
Sanitario Nazionale)
- l’effettiva attribuzione alle Regioni di funzioni programmatorie e legislative:
si suddivise il territorio regionale in “zone adeguate” intercomunali, con piani e bilanci di
zona, demandando alle Regioni la realizzazione del servizio
- la riorganizzazione radicale dei servizi:
i servizi non erano distinti “Per funzioni” ma per unità territoriali (i Distretti di base)
I Distretti di Base lavoravano su:
- la Prevenzione, individuando e rimuovendo cause di disadattamento
- il servizio a domicilio (cure nell’ambiente di vita)o se necessario in presidi residenziali
- il lavoro interprofessionale che consente l’apporto multidisciplinare sui problemi com-
plessi.
- la partecipazione dei cittadini:
tramite organi collegiali, accedevano e partecipavano al sistema
la popolazione era informata e partecipe in merito a procedure di accesso agli stessi,
funzioni delle strutture, dislocazione
Crisi del Welfare State negli anni 90
Nei paesi industrializzati si sono andate tipologizzando diversi tipi di esperienze, riassunte da
Ferrera che distingue tra:
- Modelli Occupazionali Puri
La solidarietà pubblica copre ogni categoria di persone, in quanto lavoratori, in relazione ai
contributi per queste versati.
- Modelli Occupazionali Misti (Italia)
- Modelli Universalistici Puri
La solidarietà pubblica copre tutti, in base al “bisogno”
- Modelli Universalistici Misti.

L’italia è attualmente un modello Occupazionale Misto, che dispone di:


- un sistema sanitario nazionale ad ispirazione universalistica
- un sistema pensionistico occupazionale
Tale sistema entra in crisi negli anni 90, a causa di:

 cambiamento delle premesse socioeconomiche su cui il modello è stato edificato,


o l’economia non è + in rapida crescita, quindi non + capace di produrre entrate sufficien-ti
da essere ridistribuite sotto forma di protezione sociale.
Le prestazioni erogate non paiono cmq proporzionali ai sacrifici imposti.

 Cambiamento di dati sociali importanti:


o la popolazione sta progressivamente invecchiando
o sono nate nuove emergenze dall’ingresso degli extracomunitari
o le aspettative negli anni 60 erano morigerate, ora invece vogliamo il massimo dai soggetti
pubblici e collettivi, restando insoddisfatti anche da standard avanzati

 Fallimento dell’obiettivo di ridistribuire la ricchezza:


o Non è stato realizzato il principio alla base del Welfare State: le politiche sociali hanno
finito per premiare la classe media, lasciando fuori i veri drop-out, gli emarginati.

La Crisi deriva dunque dallo squilibrio tra bisogni e risorse disponibili (tra domanda ed offerta di
prestazioni)e dall’incapacità del sistema di adattarsi ai nuovi bisogni emersi.

Linee Per una Riprogettazione del Welfare State:


- Collaborazione tra pubblico e privato (attualmente in fase di crescita) in particolare riferito
al privato “sociale” (volontariato, cooperative sociali, associazionismo)
- Nuovo equilibrio tra servizi per tutti (universalismo) e selettività delle prestazioni (in base
alle condizioni di reddito e bisogno)
- Nuovo ruolo per il pubblico: meno dedito a gestire e + orientato a programmare e con-
trollare che gli obiettivi del welfare state rimangano garantiti (equità e giustizia)

Queste modifiche ed i nuovi equilibri creatisi tra stato, mercato e terzo settore nonché
Il diverso rapporto tra universalità e selettività ci portano a passare dal concetto di “welfare state”
a quello di “Welfare Community” e “Welfare Society”:
queti 2 concetti propongono un’adeguata relazionalità tra sistema politico-amministrativo e
società autoorganizzata,

1. METODO GORDON: rapporto insegnante-classe


Dal nome dello psicologo ideatore, il metodo Gordon comprende un insieme di strategie di co-
municazione efficace, per risolvere i conflitti interpersonali.
L’idea di Gordon è che:
- una delle ragioni del conflitto interpersonale è il fatto che comunichiamo male, in maniera
inefficace
- una buona relazione insegnante-allievo sia indispensabile per poter insegnare ed
apprendere, ed un buon rapporto è basato su: empatia, accettazione, valorizzazione

Tecniche utilizzate:
Il metodo Gordon punta appunto ad ottenere una buona relazione insegnante-allievo, per mezzo
di 3 diverse tecniche, utilizzate a seconda del tipo di problema in atto.
Secondo Gordon, in presenza di un problema è necessario porsi alcune domande-chiave:
o Questo comportamento chi danneggia? A chi impedisce di lavorare?
Ossia:
o Il Problema appartiene all’alunno oppure a me?
Riconoscere l’appartenenza del problema significa individuare limiti e confini tra sé e l’altro,
significa chiedersi: “chi sta a disagio in questa situazione?” .
La risposta a questa domanda determina la scelta della tecnica da usare.
(es. se un ragazzo picchia un altro ragazzo durante la lezione, l’insegnante dovrà interromperla e porre fine alla
lite: problema dell’insegnante. Se invece un ragazzo sta quieto ma non segue la lezione, l’insegnante può
continuare a lavora-re ma il ragazzo non apprenderà: il problema è del ragazzo)

1. “MESSAGGIO IO” se il problema è del docente


2. “ASCOLTO ATTIVO” se il problema è dello studente
3. “PROBLEM SOLVING” se il problema è di tutti e 2

1. Messaggio Io
Quando il problema è dell’adulto, si emette un “Messaggio Io” (che è il contrario dell’
ascolto attivo) cioè si dirà “Quando tu fai così, io mi sento così…e vorrei che tu facessi..”

2. Ascolto Attivo
Quando il problema è del ragazzo, io devo imparare ad ascoltarlo e farlo arrivare alla
soluzione del problema DA SOLO, in modo da favorire la sua autonomia.
E’ la cosa + difficile da fare, e se si usa se ne vedono immediatamente gli effetti proprio
perché abitualmente non lo usiamo!
Gli insegnanti ed i genitori efficaci, che hanno un buon rapporto con figli ed allievi, sono
capaci di ascolto attivo, e l’ascolto attivo provoca EMPATIA perché comunica 2 cose:
o sono interessato a te
o ho fiducia in te
Cos’è l’ascolto attivo?
Una comunicazione empatica, da una posizione di ascolto senza giudizio,
e non si tratta di ascolto passivo poiché si ascolta dando a capire che lo si sta facendo.

FASI DELL’ASCOLTO ATTIVO:


1. Ascolto Passivo:
primo momento di silenzio in cui si permette all’altro di esporre, senza essere in-
terrotto, i propri problemi. (non si può parlare mentre l’altro parla)
2. Messaggi di Accoglimento:
seconda fase in cui si fa capire all’altro che lo si sta ascoltando con attenzione, per
mezzo di segnali non verbali (cenno,sorriso) o verbali (ti ascolto)
3. Ascolto Attivo (feedback):
La fase più difficile, bisogna essere stati attenti per dare un feedback (perché questo
feedback non è un “cosa penso io del tuo problema” ma è una RILETTURA di quel che
mi hai detto, per verificare se ho capito.

E’ in questa fase che compiamo i GRAVI ERRORI, che Gordon elenca come “i dodici
errori della Comunicazione” (v. sotto)
I dodici errori della Comunicazione (GORDON)

Ordinare Non vengono assolutamente presi in considerazione i sentimenti dell’alunno, per cui
non si sente capito.
(es: 1 bambino parla di un problema “Mamma mi annoio non so cosa fare” ed io gli ordino, usando l’autorità:
“Vai subito a pulire la tua stanza” lui reagirà non sentendosi capito)

Avvertire, Minacciare  Questo atteggiamento induce una difesa o un contrattacco, oppure


vi è sottomissione.
(ogni volta che si avverte o si minaccia qualcuno, anche tra adulti, lo si induce alla difesa o a contrattaccare,
come avviene nelle coppie che si rinfacciano anche vecchie questioni)

Esortare, Moraleggiare  si colpevolizza il ragazzo, che si sente irresponsabile


(se il ragazzo ha combinato qualcosa ed io gli faccio la morale, lo colpevolizzo perché lo ritengo irresponsabile
e lui mi dimostrerà ancora la sua irresponsabilità)

Consigliare, Suggerire Soluzioni  non si ha fiducia nelle capacità del ragazzo


(suggerire una soluzione ad un figlio equivale a dirgli che non si ha fiducia nelle sue capacità: il docente si libera
di un problema suggerendone la soluzione, ma trasmette al ragazzo il messaggio “ti devo dire io come fare
perché tu non ci arriveresti”)

Persuadere con Argomentazioni Logiche  si umilia il ragazzo che si sente inferiore e


incapace
(è un errore - frequente, che fa chi usa la “logica” come strumento: persuadere il ragazzo con argomentazio- ni
logiche a far qualcosa di diverso è come dire “TU non hai pensato a queste cose perché non ne 6 capace”

Giudicare, Criticare  si danneggia l’immagine del giovane e si distrugge la sicurezza e la


fiducia in sé
(tra gli errori più frequenti: i bambini spesso diventano incapaci di autostimarsi perché i genitori, di fronte ai loro
problemi, invece di criticare un comportamento generalizzano e giudicano “Sei Incapace!” ETICHETTANDO il
comportamento e distruggendo l’autostima del ragazzo)

Complimentare, Approvare  Quando i complimenti non sono meritati, possono ferire al


pari delle critiche
(il ragazzo li percepisce falsi ed immotivati, quindi come 1 valutazione inadeguata:si sfugge all’ascolto attivo)

Umiliare, Ridicolizzare  il ragazzo comprende l’ironia del messaggio e si sente offeso


(le prese in giro davanti ai compagni, es “vai dietro alla lavagna” offendono il ragazzo davanti a tutti, lo umilia e
rende difficile la costruzione di una buona autostima e di una comunicazione efficace

Interpretare  se l’interpretazione è giusta il bambino si sentirà offeso, se invece è errata si


sentirà incompreso
(se io dico “tu fai così perché sei stanco” ed è un’interpretaz.giusta, lui penserà “ma allora sono io che non
capisco”… se invece è sbagliata si sente incompreso.)

Rassicurare, Simpatizzare  il bambino pensa che si sminuisca il problema xché non lo


capiamo (Es, “Quando crescerai, questo problema andrà via” il msg che diamo al bambino è “Non voglio darti
attenzione per questo problema, non è un problema e tu 6 ridicolo a ritenerlo tale”. Un problema simile può
essere la paura del buio…ma non è utile dirgli “L’ho avuto anch’io” perché ora il problema lo ha LUI)

Informarsi  spesso involontariamente si sottopone il bambino ad un interrogatorio: il risultato


è che lui si chiude in modo difensivo in se stesso
(se mi informo troppo quando il bimbo ha un problema, lui si chiuderà)

Schivare, Deviare, Beffarsi  si comunica al bambino che il suo problema non è importante,
che ci sono cose o persone che meritano maggiore interesse di lui.
(quando l’insegnante fa finta che il problema non esista trasmette al bambino il msg: “hai sbagliato ad esporre
questo problema”)
2. CIRCLE TIME (migliorare il rapporto tra compagni)
Il metodo del circle time nasce in Inghilterra e negli USA per promuovere una comunicazione
efficace tra i ragazzi su aspetti non cognitivi e non scolastici.
Il Gruppo di amici a scuola, in Italia è importantissimo: i ragazzi restano nella stessa classe per
molti anni, (all’estero cambiano classe ogni anno) per cui se un bambino è sbeffeggiato dal
gruppo sarà così per 3/5anni e potrebbe diventare un ragazzino problematico.
Inoltre, vista la quantità di episodi di bullismo e violenze nelle scuole, è fondamentale cercare di
eliminare questi comportamenti antisociali e promuovere i comportamenti prosociali.
Obiettivi del Circle Time:
1. Promuove la conoscenza reciproca più approfondita (amicizia) e lo sviluppo di
comportamenti prosociali positivi (aiuto reciproco)
I ragazzi, disposti in cerchio, scelgono l’argomento di cui vogliono parlare e ne discuto-no
tra loro. IN tal modo si cerca di sviluppare il senso di appartenenza al gruppo e la
coesione, per promuovere comportamenti prosociali di aiuto e comprensione.
2. Promuove lo Scambio di Opinioni su argomenti Diversi da quelli scolastici:
Si discute di qualsiasi argomento essi vogliano, in modo che ci sia un tempo per riflet-tere
su come si sentono e cosa pensano dei vari argomenti

Ulteriori Obiettivi rispetto agli USA (Francescato)


- Acquisire alcune conoscenze rispetto ai fenomeni di gruppo e determinate
competenze nella conduzione e nell’osservazione di gruppi di discussione:
Siccome i bambini a scuola (e soprattutto gli adolescenti, in negativo!!!) sono molto
influenzati dal gruppo di pari, è importante che capiscano cosa avviene in un gruppo e
come il gruppo influenza il singolo (perché, ad es.a volte in gruppo ci si comporta come da
soli non si farebbe mai)
- Promuovere Comportamenti di Mutuo Aiuto e di Sostegno Reciproco
E’ stato dimostrato che tra pari si apprende come o più che dai professori: a tal fine si
promuove il mutuo aiuto (i bambini imparano ad insegnarsi l’un l’altro per apprendere
meglio) ed il sostegno reciproco (sostenere gli altri bambini nei momenti di crisi.)

Tecnica
1 volta a settimana (inizialmente, poi ogni qual volta i ragazzi lo richiedono, quando impare-
ranno ad usarlo: “maestra, abbiamo voglia di fare il circle line”)
l’insegnante dispone le sedie in cerchio e diviene un facilitatore (di solito sono tutte rivolte al
prof e la comunicazione è discendente, mettendole in cerchio la comunicazione diviene circolare,
quando Paolo parla risponde un compagno e non il maestro. Si è infatti scoperto che la
disposizione a cerchio favorisce la comunicazione tra pari)
 per 50 minuti si parla, poi 10 minuti di feedback degli osservatori (Nel circle time all’inglese i
ragazzi parlavano e poi tornavano ai loro posti. La Francescato ha introdotto il feedback degli
osservatori, inserendo l’elemento “gruppo”: siccome è una comunicazione di gruppo, si posso-no
verificare dei fenomeni di gruppo che vanno capiti (es.sovrapposizione delle voci). Per ca-pirli,
sono necessarie le osservazioni: in ogni gruppo, a turno, ci saranno degli osservatori che non
partecipano ma osservano su una griglia di difficoltà crescente a seconda dell’età “chi parla a chi”,
chi partecipa, chi non partecipa etc. Osservare serve anche a controllarsi perché bisogna star zitti
e non intervenire mai.
Nei 10 minuti di feedback, gli osservatori diranno cosa hanno osservato e il docente o lo psico-
logo di Comunità che conduce il Circle Time rifletterà sui fenomeni avvenuti nel gruppo.
Perché è importante?
Perché si è osservato che in questo “osservare e poi riflettere” sui fenomeni di gruppo si attiva un
migliore apprendimento, (che coinvolge il “vissuto” e dunque le emozioni) rispetto alla le-zione
teorica: i bambini impareranno sia a parlare meglio che ad osservare meglio ed anche a
facilitare meglio.

Efficacia
Svariate ricerche confermano l’efficacia del metodo su insegnanti e genitori che lo apprendono e
su allievi dalle materne all’università.
Esempio: Il primo lavoro in una scuola materna in cui ci hanno chiamato, in Ottobre, perché dei
bambini si picchiavano e rubavano le merendine degli altri.
Abbiamo scelto la classe di controllo, che aveva lo stesso problema ma in misura inferiore.
Abbiamo impiegato il metodo sulla classe sperimentale, su bambini di 4/5 anni che, disposti in
cerchio, facevano il CIRCLE TIME.
A Maggio abbiamo di nuovo registrato i comportamenti:
- nella classe sperimentale: i bambini avevano imparato a parlarsi e ragionare con le parole
anziché picchiarsi (Es.: “tu hai preso la palla ma è il turno di Anna”)
- nella classe di controllo: si era verificato l’apprendimento dai pari: i bambini che ad ottobre
non picchiavano avevano imparato a farlo dagli altri bambini!!!

Come si può Usare il Circle Time?


Viene prevalentemente usato nell’educazione socioaffettiva, cioè nell’educazione, ma è un metodo
flessibile che può essere usato per vari tipi di educazione empowering (mirata a rendere più
potenti le persone che lo usano):
- Ambientale (es per far capire ai ragazzi il loro rapporto con l’ambiente)
Interculturale (per promuovere l’integrazione dei ragazzi di altre culture che nel circle time
possono raccontare le loro usanze e tradizioni)

11. Empowerment Psicologico e Sviluppo di Comunità

EMPOWERMENT: concetto
Il costrutto dell’Empowerment è tra i temi prioritari della PC, poiché tale concetto opera una
mediazione tra dim.individuale e sociale, ed integra gli apporti teorici di quelle discipline che sono
il fondamento della PC: psicologia sociale, ambientale, teoria dei sistemi e psico clinica.

Anni 60: il concetto di Emp. Appare nella letteratura ma diviene parte della PC negli 80.
Empowerment deriva da “to empower” (favorire l’acquisizione di potere, rendere in grado di…) ed
indica contemporaneamente:
 un Processo (il percorso x raggiungere un certo risultato)
 un Risultato (cioè lo stato stesso di essere empowered dell’individuo)

PRESUPPOSTI TEORICI DI BASE


L’empowerment ha alcuni presupposti di base che lo definiscono:
- è una variabile continua (non dicotomica: c’è/non c’è, può esserci in gradazioni diverse)
- può mutare nel tempo in maniera non necessariamente lineare (un soggetto può spe-
rimentare espansioni o regressioni del suo livello di empowerment)
- si connota in relazione al contesto ed alla popolazione (cioè assume forme diverse per
persone diverse x età,bisogni,fascia sociale e anche a seconda dei contesti)
- è un costrutto articolato su più livelli: individuale, di gruppo, organizzativo, di comunità

DEFINIZIONI
Rappapport: E’ un processo che mira a favorire l’acquisizione di potere,
cioè ad accrescere la possibilità delle persone (singoli, gruppi, organizzazioni, comunità)
di controllare attivamente la propria vita.

In questa definizione di Rappapport ci si focalizza sul CONTROLLO, condizione necessaria ma non


sufficiente per definire il costrutto, che si fonda su 3 pilastri:
1. Controllo: capacità, percepita o reale, di influenzare le decisioni
2. Consapevolezza Critica: comprensione del funzionamento delle strutture di potere, dei
processi decisionali, della gestione e delle risorse
3. Partecipazione: attuare azioni per ottenere i risultati desiderati (questa è la particola-
rità del significato di “partecipazione”: non solo “Prender parte a qualcosa” ma “prende- re
parte per INTERVENIRE!!”

COSTRUTTO MULTILIVELLO
Come già detto, l’empowerment si articola su + livelli
Il livello di EMPOWERMENT PSICOLOGICO-INDIVIDUALE
Relativo alla persona nel suo rapporto con gli oggetti esterni: passività/proattività, locus of
control interno/esterno, sentimento di autoefficacia etc.)
il livello di EMPOWERMENT ORGANIZZATIVO
relativo alle variabili organizzative (strutturali e relazionali) in grado di promuovere
coinvolgimento e responsabilizzazione degli attori che vi partecipano, con la Mobilitazione delle
risorse sociali e le Opportunità di Partecipazione
ed il livello di EMPOWERMENT SOCIALE e DI COMUNITA’
aggiunge le variabili sociopolitiche (risorse ed ostacoli) che possono facilitare o meno i processi di
crescita ed emancipazione in un determinato contesto.

Misurazione dell’empowerment: è molto difficile da farsi poiché l’emp. non è un tratto stabile di personalità, ma una costruzione
dinamica guidata dal contesto (è un concetto diverso a sec delle persone e dei luoghi) e per di più è sia processo che risultato.

Finalità di un intervento orientato all’Empowerment


 Aiutare le persone ad utilizzare le proprie forze, abilità e competenze verso la conquista di una
maggior autonomia decisionale
 Aiutare le persone ad ampliare le proprie possibilità di scelta
 Rafforzare il potere di scelta dei singoli, migliorandone le competenze e conoscenze in una
ottica non solo terapeutica e riabilitativa, ma politico-emancipatoria.
EMPOWERMENT PSICOLOGICO
BRUSCAGLIONI: E’ un processo di Ampliamento
(attraverso il miglior uso delle proprie risorse attuali e di quelle potenzialmente acquisibili)
delle possibilità che il soggetto può praticare e rendere operative.
(Bruscaglioni parla di “aumento delle opportunità di scelta dell’individuo”: l’allargamento della gamma di
alternative disponibili equivale alla crescita, cioè all’ampowerment)

KIEFER: E’ l’acquisizione di abilità, conoscenze e potere sufficiente da influenzare la


propria vita attraverso:
1. Lo sviluppo di un potente senso di sé in rapporto col mondo, che promuove il coinvolgi-
mento sociale attivo
2. La capacità di fare un’analisi critica dei sistemi sociali e politici che definiscono il proprio
ambiente
3. L’abilità di sviluppare strategie d’azione e coltivare risorse e utilizzarle per raggiungere i
propri scopi
4. la capacità di agire in modo efficace in collaborazione con altri per definire e raggiunge- re
scopi collettivi
(K.parla di potere: è “potente” o empowered chi è in grado di controllare la propria vita e, partecipando attiva-
mente ad associazioni/organizzazioni acquisisce potere e aumenta la percezione della propria competenza)

ZIMMERMAN parla di Empowerment Psicologico come Prodotto del Processo che porta dalla
LEARNED HELPLESSNESS (IMPOTENZA APPRESA)
(passività appresa, senso di sfiducia e sconforto nell’affrontare i problemi) allo stato di
LEARNED HOPEFULNESS (SPERANZA APPRESA)
(acquisizione e utilizzo di abilità di problem solving e conseguimento del controllo percepito)
SI passa da uno stato all’altro attraverso 3 processi:
1. processo di attribuzione di cause
2. Processi di valutazione
3. processi di prefigurazione del futuro

COMPONENTI DELL’EMPOWERMENT PSICOLOGICO


Le componenti dell’empowerment psicologico possono essere così elencate:
- caratteristiche di personalità:
o attribuzione interna a sé dei risultati delle proprie azioni: locus of control
- dimensioni cognitive:
o percezione di competenza
o percezione di autoefficacia
- componenti motivazionali
o Motivazione all’azione e alla partecipazione
o Speranza Appresa
o Ideologia del Cambiamento Possibile

TIPI DI INTERVENTO
In base al focus del problema personale, si può lavorare sull’empowerment di:
1. DIMENSIONE INDIVIDUALE:
Si lavora sul singolo bisognoso di assistenza valutandone bisogni e risorse
2. DIMENSIONE INTERPERSONALE:
Si lavora x fornire competenze ed abilità per padroneggiare compiti di ogni specifica
situazione lavorando su piccoli gruppi per stabilire reti di relazione e sostegno
3. DIMENSIONE ORGANIZZATIVA:
si lavora x cambiare il contesto immediato dell’utente, imparando quali sono le risorse
disponibili, come accedervi, come comunicare con gli apparati della burocrazia e con i
professionisti
4. DIMENSIONE MACROAMBIENTALE O SOCIOPOLITICA:
si lavora x coinvolgere gli utenti negli aspetti politici dei problemi, aiutando le persone a
cogliere i legami tra problemi personali e dinamiche sociali ed incoraggiandoli a parteci-
pare ad azioni sociali e collettive.

EMPOWERMENT SOCIALE
A livello di comunità, il costrutto dell’empowerment è definito:
un processo intenzionale e continuo attraverso il quale le persone di una comunità lo
cale possono accedere più facilmente alle risorse e accrescere il controllo su di esse.

 SCOPO: favorire lo sviluppo di una Comunità Competente, che è definita da 3 fattori:


1. Ha un repertorio di possibilità ed alternative (Potere)
2. Sa dove e come ottenere le risorse (Conoscenza)
3. Chiede di essere autonoma (motivazione ed autostima)

 COMPITO DELLO PSICOLOGO DI COMUNITA’:


sostenere il processo di empowerment sociale, favorendo l’assunzione di responsabilità da parte
della comunità, per mezzo di 2 tipi di intervento:
- lo Sviluppo di Comunità (strategia cooperativa)
- l’azione Sociale (strategia potenzialmente conflittuale)
Che cmq nella realtà spesso si intrecciano tra di loro

L’Azione Sociale ritiene che le risorse siano limitate e distribuite in modo diseguale, le diffe-
renze tra i diversi interessi della comunità difficilmente conciliabili, pertanto le soluzioni ai pro-
blemi sociali sono di carattere politico (e pertanto potenzialmente conflittuali)
Gli obiettivi dell’azione sociale sono:
- accrescere la consapevolezza degli svantaggiati
- ridistribuire le risorse
- modificare gli equilibri di potere senza l’uso della violenza.

Le strategie di Sviluppo di Comunità assumono invece che la comunità abbia in sé le cono-


scenze, le risorse ed il potenziale per realizzare un cambiamento costruttivo.
Lo sviluppo di Comunità è un processo che mira a creare condizioni di progresso sociale ed
economico attraverso la partecipazione attiva della comunità e la condivisione
(cooperazione ed auto-aiuto dei cittadini)
Partecipazione+Condivisione sono per la PC principi-guida, ma anche obiettivi da perseguire per
realizzare i programmi sociali.
(Partecipazione e condivisione esprimono i presupposti dell’ala radicale della disciplina, che privilegiava
l’attenzione alla crescita ed allo sviluppo rispetto all’ottica “riparativa”.)

OBIETTIVI DELLE STRATEGIE DI SVILUPPO DI COMUNITÀ.


Lo Sviluppo di Comunità si può ottenere con diversi tipi di intervento, tutti però mirati a:
 Sviluppare un senso di coesione sociale (accrescere senso di appartenenza ed
aumentare il “capitale sociale” di relazioni)
 Sensibilizzare i Cittadini sulle problematiche + importanti e proporre azioni comuni:
coinvolgimento e partecipazione.
 Sensibilizzare i cittadini a sviluppare la coscienza civica ed il rispetto per le etnie e le
culture diverse presenti
 Promuovere Leader Locali identificare e promuovere le capacità dei leader locali
 Usare le competenze dei Professionisti per sostenere la mobilitazione di gruppi di
pressione e cambiamento sociale (favorire le esperienze di auto organizzazione: self
development ed offrire formazione sulle tecniche di gestione dei conflitti e di soluzione dei
problemi) )
 Favorire reti di collaborazione tra servizi formali ed informali
 Promuovere il senso di responsabilità sociale (sostenere e sviluppare le esperienze di
auto-aiuto e volontariato)
Molte di queste funzioni sono racchiuse nel termine advocacy che significa sostegno, difesa,
azione a tutela dei diritti di certi gruppi sociali.
Il fine ultimo di tutte le strategie dello Sviluppo di Comunità è :

Accrescere il senso di Comunità

IL “SENSO” DI COMUNITA’
SARASON lo definisce come qualcosa di soggettivo e relazionale, è una “percezione” soggetta a
continua verifica e a mutazioni ed influenze del vissuto dei soggetti:
Il senso di comunità è la percezione di similarità con altri
Una riconosciuta interdipendenza con altri
Una disponibilità a mantenere questa interdipendenza”
Offrendo ad altri ciò che ci si aspetta da loro
La sensazione di essere parte di una struttura pienamente affidabile e stabile ”

Similarità: è l’elemento fondamentale della comunità, definita in rapporto ad altre comunità


Interdipendenza: mutua relazione di necessità con la particolarità del “riconoscimento” e la
volontà di ammettere e mantenerne l’esistenza
Disponibilità a dare: agli altri, ciò che è riconosciuto come necessario (reciprocità)
Struttura Stabile ed affidabile: spiega la perdita del senso di comunità che si registra in
strutture svalutate in cui si verificano frammentazione e sottogruppi

MCMILLAN e CHAVIS,invece,definiscono il “Senso di Comunità” come dato dai seguenti fattori


Il senso di comunità è dato dal condividere un senso di appartenenza
Dall’essere importanti gli uni per gli altri ed influenti nella comunità,
dalla possibilità di soddisfare i propri bisogni attraverso l’impegno (e come conseguen-
za) dello stare insieme.

Senso di Appartenenza: è dato dal livello di identificazione sviluppato, dalla certezza di essere
accettato, di avere un ruolo e disponibilità a sacrificarsi per il bene comune

Influenza: la possibilità di influenzare direttamente i destini della struttura incentiva la parte-


cipazione al gruppo ed è in rapporto all’ampiezza del gruppo

Soddisfazione dei Bisogni: i bisogni soddisfatti tramite il gruppo sono un rinforzo dell’appar-
tenenza al gruppo: un gruppo vincente aumenta la sua coesione

Connessione Emotiva Condivisa: il contatto, il successo, la condivisione di eventi emotiva-


mente importanti (anche drammatici) sviluppano un maggiore senso di appartenenza e rinfor-
zano la comunità stessa.

Strumenti di Misura del Senso di Comunità: La Scala Italiana del Senso di Comunità
Elaborata dalla prof.ssa Prezza (1999) come adattamento dalla Sense Of Community Scale di
Davidson e Cotter, che era stata costruita in riferimento alla definizione di McMillan e Chavis.
La Scala misura il senso di Comunità su base territoriale (cioè in riferimento ad un quartiere o
un paese o una città, a seconda della grandezza: in una metropoli non si può avere un senso di
comunità ed in tal caso si sceglierà il quartiere)
Per mezzo di 18 item con un range di 4 risposte (4=fortemente d’accordo, 3=d’accordo, 2=in
disaccordo, 1=fortemente in disaccordo)

In Italia, sono emersi i seguenti fattori:


 senso di appartenenza e connessione emotiva
 soddisfazione dei bisogni ed influenza
 clima sociale
 piacevolezza casa e zona

NB1: Accrescere il senso di comunità porta i membri a saper affrontare eventi importanti,
sviluppando solidarietà di fronte ai pericoli e alle difficoltà. Diventa evidente che, in quest’otti- ca,
i problemi di salute non sono più considerati di pertinenza esclusiva dei professionisti o degli
esperti ma vengono ridefiniti come responsabilità dell’intera comunità.
NB2: l’empowerment è collegato anche alla salute: la mancanza di potere può essere patogena e fonte di
disturbi per coloro che la vivono. Viceversa, una comunità empowered sperimenta un maggior benessere.

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