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La società: Un concetto Complesso e Polivalente

La società una nozione complessa


La società contiene quasi tutto ciò che riguarda la vita degli uomini tranne:
 La natura fisica
 I fatti psichici
 I fenomeni trascendenti
Definizione di un concetto complesso
La società è intesa come "popolazione, collettività insediata (ma in qualche caso nomade) su un territorio
delimitato da cui è escluso, di forza o di diritto, l'insediamento e il transito in massa di altre popolazioni, i
cui componenti - reclutati in maggioranza al suo interno tramite la riproduzione sessuale - condividono da
tempo una medesima cultura, sono coscienti della loro identità e continuità collettiva, ed hanno tra loro
distinti rapporti economici e politici, nonché particolari relazioni affettive, strumentali, espressive,
complessivamente più intensi ed organici che non i rapporti e le relazioni che (eventualmente) hanno con
altre collettività; e dotata, come espressione specializzata di codesti rapporti e relazioni, di strutture - non
necessariamente evolute sino ad assumere forma di organizzazione o di Stato - parentali, economiche,
politiche, militari per mezzo delle quali la popolazione stessa è capace di provvedere ai principali bisogni di
sussistenza, produzione e riproduzione biologica, materiale e culturale - senza che ciò implichi in tutti i casi
una completa autosufficienza o autarchia - di difesa interna ed esterna, di controllo del comportamento
individuale ed associativo, di comunicazione e distribuzione delle risorse" (Gallino L., Dizionario di
sociologia, 1993: 596)
La società una nozione polivalente
La nozione di società è polivalente perché, in Occidente, ogni epoca storica l’ha intesa “a modo suo”:
 Età premoderna
 Età moderna
 Età contemporanea
La nozione di società nell’età premoderna
Per gli antichi la società è un tutto organico (un cosmos) che comprende e sovrasta ogni cosa
 Grecia antica: non esiste la nozione di società, ma quella di polis (la città-stato, un insieme di gruppi
parentali che si dà un ordinamento politico)
 Roma: il latino introduce il termine societas, che abbandona l’idea di tutto organico e naturale, e
indica il farsi socius, cioè un’azione volontaria di un raggruppamento di individui che perseguono
una finalità comune (contratto), come elemento distintivo della società
 Medioevo: riemerge, con la Scolastica, la visione ellenistico-aristotelica di una totalità organica
composta di parti in relazioni naturali, con funzioni precise, ordinate e orientate al bene comune.
La nozione di società nella prima modernità (Le grandi narrazioni)
Si afferma l’idea di società come costruzione artificiale frutto di un processo associativo (contratto) degli
individui
 Hobbes: il Leviatano
 Ferguson, Smith, illuministi: società civile, l’insieme delle relazioni contrattuali e di scambio
economico (ciò che non è Stato o Chiesa)
 Hegel famiglia (società naturale= tesi), mercato (società artificiale = antitesi), Stato etico (sintesi, un
insieme comunitario e contrattuale con un orientamento eticoreligioso). Ritorna un’idea di
organicità, non più però naturale, né esclusivamente contrattuale, ma una combinazione degli
aspetti comunitari e contrattuali a sfondo etico religioso
 Marx: il prodotto delle basi materiali (un’altra forma di organicità, che ribalta la prospettiva
hegeliana perché la sintesi dialettica non è più ideale, ma materiale)
La nozione di società nella modernità
Se nella prima modernità la società era rappresentata attraverso grandi narrazioni (leviatano, società civile,
stato etico) con l’affermarsi del pensiero sociologico si inizia un’opera di decostruzione delle grandi
narrazioni e si utilizza il concetto di società per indicare un piano o livello specifico di realtà, non tutta la
realtà:
 Società è ciò che non è psicologico, biologico, inerente alla natura fisica, trascendente
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 Società politica ed economica
 Società locale e globale
 Società della cultura, dell’informazione e della comunicazione
Il punto di arrivo
Il punto di arrivo odierno della sociologia non è osservare la società attraverso una nuova grande
narrazione (sia essa un originario stato di natura, una macchina/sistema o una grande visione ideazionale),
ma considerarla nel farsi delle relazioni in contesti determinati.
Come si può fare scienza di tutto ciò?
L’eterno dibattito
Individualismo Metodologico:
La società è il risultato delle azioni individuali
Olismo metodologico:
 La società è l’insieme delle istituzioni e delle strutture sociali che orientano e si impongono all’agire
individuale
 La società è un sistema che orienta e si impone all’agire individuale
Fare scienza della società
 Spiegare: dar conto delle relazioni che generano un fenomeno sociale (individuare delle leggi che
governano le relazioni tra variabili)
 Comprendere: mettersi in relazione al proprio «oggetto» di studio cercando di interpretarne il
processo di elaborazione del senso
Leggere il sociale come relazione
Il sociale è la relazione
 Come conseguenza del lungo processo culturale che abbiamo appena descritto la qualità del sociale
è emersa come realtà di genere proprio sempre più differenziata rispetto ad altri tipi di realtà,
finché si è visto che "sociale", in senso specifico, è la relazione che intercorre tra i soggetti in quanto
agiscono riferendosi gli uni agli altri "in un certo modo". (Donati)
 La relazione sociale, non l'individuo o la singola azione qua talis, e nemmeno un pre-supposto
sistema sociale, costituisce la cellula del tessuto sociale (Donati)
L’approccio relazionale: Oltre individualismo ed olismo metodologici
 Il sociale è relazione
 La relazione sociale è un “fenomeno emergente” rispetto alle parti di cui è composta ed è dotata di
una realtà sui generis.
 “La società è una configurazione relazionale che va al di là della semplice somma degli individui e
non arriva mai ad essere un corpo organico. Il che significa che non esaurisce mai le sue possibilità”
(Donati)
Il concetto di relazione
Il concetto di relazione nella modernità matura
 Simmel, Weber, von Wiese, Husserl, Buber, realizzano la “svolta relazionale”:
 la sociologia non deve osservare delle entità individuali ma delle relazioni
Weber una prima definizione di relazione
Weber: primo a definire la relazione sociale, sociologo tedesco individualista
“per relazione sociale si deve intendere un comportamento di più individui instaurato reciprocamente
secondo un contenuto di senso, e orientato in conformità”
(Economia e società, p. 23)
Simmel
I concetti fondamentali:
 Svolta relazionale
 Reciprocità
 Effetto di scambio
Simmel e la costituzione relazionale della società
“L’intuizione che l’uomo è in tutta la sua essenza e in tutte le sue manifestazioni, determinato dal fatto di
vivere in azione reciproca con altri uomini deve certo condurre a una nuova forma di considerazione in
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tutte le cosiddette scienze dello spirito. Non è ora più possibile spiegare i fatti storici, nel senso più ampio
della parola, cioè i contenuti della cultura, i tipi di economia, le norme della moralità partendo dall’uomo
singolo, dal suo intelletto e dai suoi interessi e, dove ciò non riesce, ricorrere a cause metafisiche o magiche
(…) Piuttosto noi crediamo ora di comprendere i fenomeni storici in base all’agire reciproco e all’agire in
comune degli individui, in base alla somma e alla sublimazione di innumerevoli contributi individuali in base
al concretarsi delle energie sociali in formazioni che stanno e si sviluppano al di là dell’individuo”.
(Sociologia 1908, tr. it. p. 6)
Simmel La società come azione reciproca
La società “esiste là dove più individui entrano in azione reciproca. Quest’azione sorge sempre da
determinati impulsi o in vista di determinati scopi. Impulsi erotici, religiosi, o semplicemente socievoli, scopi
di difesa e di attacco, di gioco e di acquisizione, di aiuto e di insegnamento, nonché innumerevoli altri,
fanno sì che l’uomo entri con altri in una coesistenza, in un agire l’uno per l’altro, con l’altro e contro l’altro,
in una correlazione di situazioni, ossia che eserciti effetti sugli altri e ne subisca da altri. Queste azioni
reciproche significano che dai portatori individuali di quegli impulsi sorge un’unità, cioè appunto una
‘società’”
(Sociologia 1908, p. 8)
Simmel Società reciprocità e associazione
“Né la fame o l’amore, né il lavoro o la religiosità, né la tecnica o le funzioni e i risultati dell’intelligenza
costituiscono ancora (…) un’associazione: la costituiscono soltanto quando strutturano la coesistenza
isolata degli individui l’uno accanto all’altro in determinate forme di coesistenza con e per l’altro, le quali
rientrano sotto il concetto generale dell’azione reciproca. L’associazione è dunque la forma, realizzantesi in
innumerevoli modi diversi, in cui gli individui raggiungono insieme un’unità sulla base di quegli interessi -
sensibili o ideali, momentanei o durevoli, coscienti o inconsci, che spingono in modo casuale o che attirano
teleologicamente – e nell’ambito della quale questi interessi si realizzano”
(Sociologia 1908, p. 9)
La relazione sociale
 «In generale per “relazione sociale” si deve intendere “la realtà immateriale (che sta nello spazio-
tempo) dell'interumano”, ossia ciò che sta fra i soggetti agenti, e che -come tale- "costituisce" il loro
orientarsi e agire reciproco per distinzione tra ciò che sta nei singoli attori - individuali o collettivi –
considerati come poli o termini della relazione» (Donati)
 Questa "realtà fra", fatta insieme di elementi "oggettivi" e "soggettivi", è la sfera in cui vengono
definite sia la distanza sia l'integrazione degli individui che stanno in società.
Aspetti soggettivi della relazione
La relazione sociale ha caratteri liberi, razionali, deliberanti, significanti, propriamente e solamente umani.
Aspetti oggettivi della relazione
La relazione sociale ha anche caratteri istintivi, meccanici, automatici, tipici dei rapporti tra esseri viventi
non umani.
Inoltre, la relazione sociale ha caratteri propri strutturali, di legame:
 La relazione ha un'intrinseca struttura reciprocitaria ed emergenziale
 Le relazioni sociali generano una struttura sociale e un sistema culturale che condiziona il
comportamento degli attori
I Caratteri della relazione
 Per la modernità nelle relazioni intersoggettive e generalizzate la relazione sociale è in primo luogo
la referenza (re-fero) di un soggetto ad un altro soggetto mediata dalla società (cultura, stili di vita)
 Ma la relazione sociale è più di una referenza simbolica e intenzionale, essa implica anche uno
scambiare qualcosa, un’azione reciproca nella quale qualcosa passa da ego ad alter e viceversa il
che genera un legame reciproco (re-ligo)
 Lo scambio è il motore propulsivo delle relazioni sociali. Questo passaggio genera una nuova entità
che ha i caratteri della relazione
 La società moderna può essere concepita come la scoperta e costruzione di questa prospettiva
→AMBIVALENZA
Le semantiche della relazione sociale
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 Semantica del re-fero (autonomia dei soggetti)
 Semantica del re-ligo (riferimento reciproco)
 Semantica dell’effetto emergente
Semantica dell’effetto emergente
 La reciprocità, in quanto elemento intrinseco (forma) della relazione sociale, genera effetti
emergenti, gli «effetti di reciprocità».
 La relazione sociale non è solo la somma dei processi connessi all’azione di Ego nei confronti di
Alter e alla reciproca azione di Alter rispetto ad Ego, ma è anche, per via della continua
interdipendenza che caratterizza la realtà sociale, un terzo processo che si forma in quanto i
processi d’azione di Ego e di Alter sono allo stesso tempo causa ed effetto l’uno dell’altro. Tale
effetto emergente ha una realtà di genere proprio, che gli conferisce poteri causali specifici.
Approccio relazionale: i fondamenti sociologico metodologici
 La realtà sui generis della relazione sociale, e del sociale tout court, conferisce loro una natura
emergenziale, si tratta cioè di fenomeni che emergono dalle interazioni tra una serie di termini, ma
non hanno la natura dei termini che li generano (Donati 2006a, 8).
 La relazione, in quanto realtà emergente sui generis, dispone di poteri causali nei confronti dei
termini che collega, i quali però non possono essere determinati in modo univoco e conservano una
loro autonomia. Sostiene infatti Donati che la relazione come realtà immateriale che sta fra i
soggetti agenti “«costituisce» il loro orientarsi e agire reciproco per distinzione da ciò che sta nei
singoli attori individuali o collettivi considerati come poli o termini della relazione” (ibidem, 8, sdr.)
Relazione sociale autentica

La relazione sociale e il dilemma della sociologia


 La relazione sociale è sia il prodotto delle concrete persone umane, sia ciò che le forgia
 La persona è sia il generante sia il generato della società in cui vive

La cultura: concetti base e definizioni


Che cos’è la cultura?
 Un concetto dalla lunga storia
 Un concetto controverso
 Un concetto complesso
La cultura: concetto della lunga storia
Etimologia
Cultura = (lat. colere) Coltivare, lavorare la terra, per estensione “coltivazione dell’animo umano”
In origine (classicità greca)
Paideia = educazione, formazione umana -> cultura. L'individuo colto è colui che assimilando le conoscenze
e i valori socialmente trasmessi (i prodotti simbolici più raffinati dell’umanità) è riuscito a tradurli in qualità
personali.
Fino al XVIII secolo
Cultura = (concezione umanistica o classica) si applica all’educazione delle persone per indicare
l’istruzione/erudizione
Vd. anche Bildung (formazione dello spirito)

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A partire dal XVIII secolo
Cultura = Concezione moderna: illuminista e socio antropologica

L'illuminismo propone l'idea di un patrimonio universale di conoscenze e valori formatosi nella storia
dell'umanità l'antropologia la descrive come un insieme omogeneo di tradizioni, disposizioni morali,
conquiste intellettuali e tecniche, che esprimono lo spirito più profondo e autentico di un popolo.
Due modi di intendere la cultura in Occidente
Come conseguenza dello sviluppo storico sociale emergono due modi di intendere la cultura
1. Concezione classica, umanistica
2. Concezione delle scienze sociali: antropologia, sociologia, etc.
Concezione umanistica, la cultura come “Ciò di meglio è stato pensato e conosciuto” (Arnold)

Concezione delle scienze sociali la cultura come “Quell’insieme complesso …”


Definizione di “cultura” per l’antropologia
La cultura, o civiltà, nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include le conoscenze,
le credenze, l’arte, il diritto, la morale, i costumi e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo
come membro di una società. (E.B. Tylor, 1871)
Cultura e costumi
«In sintesi, si può affermare che la differenza essenziale tra la concezione classica e quella moderna è data
dall'assenza o dalla presenza dei costumi come contenuti specifici della cultura. Se la cultura in senso
classico era costituita da ideali, verità e valori non condizionati dai mores, e se la sua acquisizione
coincideva con una liberazione dagli abiti e dalle consuetudini locali, la cultura in senso moderno è invece
costituita dai costumi, e un'analisi in termini culturali comporta il riconoscimento della loro importanza e
della loro incidenza in una molteplicità di ambiti del comportamento umano»
(Francesco Remotti, Cultura, in Enciclopedia delle scienze sociali Treccani, 1992)
Esito della lunga storia: Oltre 150 definizioni Kroeber e Cluckhohn(1952), Complessità e polivalenza
Più di 150 definizioni.
Una sintesi:
1. La maniera complessiva di vivere di un popolo
2. L'eredità sociale che un individuo acquisisce nel suo gruppo di appartenenza
3. Un modo di pensare, sentire, credere
4. Un'astrazione derivata dal comportamento
5. Una teoria formata dall'antropologo sul modo in cui si comporta effettivamente un gruppo di
persone
6. Un deposito del sapere posseduto collettivamente
7. Una serie di orientamenti standardizzati nei confronti dei problemi ricorrenti
8. Un comportamento appreso
9. Un meccanismo di regolazione normativa del comportamento
10. Una serie di tecniche per adeguarsi sia all'ambiente sia agli uomini
11. Un precipitato di storia, una mappa, un setaccio, una matrice, una bussola

Definizione di “cultura” di C. Kluckhohon


“… Anche processi apparentemente biologici come starnutire, camminare, dormire … possono essere svolti
secondo modalità specifiche. Se agli esseri umani – diversi nella costituzione fisiologica e biologica –può

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essere insegnato a pensare, sentire, credere ed agire in certi modi che sono più o meno uguali per tutto il
gruppo (…) Questo tipo di comportamento appreso (…) è detto cultura”.

I caratteri della cultura nella transizione classico -> moderna

CULTURA e CIVILTÀ
Concezione umanistica classica: cultura ≠ civiltà
Concezione moderna delle sociali: cultura <- civiltà
Il processo di civilizzazione (N. Elias)
 Il comportamento a tavola
 I bisogni naturali: Il corpo e il pudore, Soffiarsi il naso, Dello sputare
 Le relazioni tra i sessi
Elias il processo di civilizzazione
Erasmo da Rotterdam De civilitate morum puerilium 1530

Erasmo invita i precettori e gli adulti ad avere un comportamento civile a fini educativi

CIVILTÀ - definizione
“Complesso di elementi o tratti della cultura, […], materiali o ideali, cui la maggior parte delle società
umane pare avere attribuito in ogni epoca, con esiti tendenzialmente convergenti […] un valore positivo e
progressivo rispetto agli elementi omologhi di cui poteva disporre in precedenza, manifestando tale
valutazione con il preferire […] detti elementi agli altri.”
Gallino, Dizionario di Sociologia
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Elementi della civiltà
Il linguaggio, la scienza, la tecnica e i mezzi di produzione industriale, i mezzi di trasporto, i mezzi di
comunicazione e i mass media, le tecniche dell’igiene pubblica e personale, il diritto, le tecniche
organizzative e burocratiche, etc.

Cultura vs civilizzazione
Cultura: Attività soggettive, variabili e libere. Oppure ciò che esprime il senso profondo di un’epoca storica:
arte, erudizione
Civilizzazione: Attività oggettive, il cui carattere è dato dalla continua accumulazione e dalla irreversibilità:
buone maniere, tecnica, diritto

L’ambivalenza della cultura


CULTURA
 Sensibilità nei confronti di “ciò che di meglio è stato pensato e conosciuto”
 Coltivazione dell’animo umano (paideia) e della morale
 Attività soggettiva
 Accusa di filesteismo
 R: Elitismo e opposizione alle norme sociali
 Libertà
CIVILTA’
 Interiorizzazione e apprendimento di un “insieme complesso” di saperi, credenze, arte, costumi,
tecniche…
 Coltivazione dell’etichetta, delle convenzioni e delle conoscenze pratiche
 Attività collettiva e oggettiva
 Accusa di etnocentrismo
 Rischio: Conformismo
 Controllo sociale, repressione
L’ambivalenza tra i due concetti di cultura e civiltà può essere sintetizzata attraverso la
distinzione/opposizione tra forma e contenuto. La civiltà propone forme di comportamento codificato (le
buone maniere), strumenti pratici (tecniche, utensili) che non è detto siano il frutto di un animo umano
colto e «nobile».

La posizione delle scienze sociali


 Congruenza, armonia, integrazione e non opposizione, tra cultura e società: funzionalismo (valori) –
marxismo (struttura)
 Esternalizzazione-Oggettivazione Interiorizzazione (Berger e Luckmann)
 Distinzione tra: cultura esplicita (una sinfonia, un pezzo di pane) e cultura implicita (uno stile di
comportamento, il biglietto da visita)

NATURA vs. CULTURA. Ovvero Perché abbiamo bisogno di significati?


Essere Generico (Gehlen)
Riflessi: assunzione di adeguati meccanismi di risposta a stimoli -> COMPORTAMENTO APPRESO

Forte specializzazione
Strutture del codice genetico – Istinto -> COMPORTAMENTO GENETICAMENTE DETERMINATO

Dalla natura alla cultura


“L’uomo non si inserisce spontaneamente nella realtà naturale del mondo come l’animale, ma si scinde da
essa e le si oppone con i propri fini, lotta, usa violenza e la subisce.” (G. Simmel, 1908)
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La mediazione simbolica sostituto dell’istinto animale
Attraverso la mediazione dei simboli gli esseri umani:
 Interpretano e danno un significato al mondo
 Elaborano i contenuti della loro coscienza
 Esprimono la loro vita interiore
 Interagiscono in modo ordinato con i loro simili (ordine sociale)

Cultura e ordine sociale


 La cultura come sostituto dell’istinto,
 oltre a svolgere una funzione di orientamento dell’individuo nella realtà,
 svolge anche una funzione di promozione dell’ordine sociale, in quanto mette a disposizione degli
schemi d’azione che rendono intelligibile e prevedibile il comportamento altrui

Cultura e controllo
Cultura: “insieme di meccanismi di controllo –schemi, prescrizioni, regole, istituzioni – per governare il
comportamento”. (C. Geertz 1973)
Cultura = Repressione
1. Limitazioni biologiche dell’organismo
2. Limiti posti dall’ambiente fisico
3. Esigenza di un ordinamento sociale stabile

Ambivalenza e paradossalità della soluzione culturale al problema della mediazione con la natura
 Da un lato la cultura è un prodotto, una determinazione parziale e contingente della realtà ad
opera delle società umane
 Dall’altra essa esige di essere considerata dagli individui che la interiorizzano come
incontrovertibile; è loro chiesto di dimenticare la contingenza e la convenzionalità dei significati
 Diversa lettura della contingenza della cultura

Ma come si è giunti a questo punto? È nato prima l’uomo o la cultura?


Concezione stratigrafica vs. interattiva
 Una concezione stratigrafica dell’evoluzione della specie considera che l’uomo sia venuto
sviluppandosi vestendo degli abiti culturali su una base organica razionale.
 Una concezione interattiva ritiene che la base biologico-razionale sia venuta sviluppandosi assieme
all’evoluzione culturale.
«Se i filosofi moderni hanno pensato l'uomo essenziale come 'uomo nudo', dotato naturalisticamente della
sua ragione (oltre che dei suoi istinti e delle sue passioni), gli antropologi hanno invece ritenuto che la realtà
più autentica e completa dell'uomo appaia quando egli indossa i suoi 'abiti' culturali. Il peso di questi abiti è
ovviamente diverso nelle due prospettive, ma in un caso e nell'altro essi si depositano su strutture (razionali
o organiche, e comunque naturali) che conservano la loro autonomia e la loro integrità. Con gli sviluppi più
recenti della teoria antropologica della cultura, il peso della natura umana (se ancora si può utilizzare
questa espressione) si sposta invece decisamente sul versante dei costumi e delle abitudini. Si predica allora
l'irreperibilità dell'uomo al di là delle sue usanze, l'impossibilità di scoprirlo nudo nella sua 'purezza'
originaria e a-culturale. E questa impossibilità sarebbe dovuta non già a un difetto di strumentazione
analitica, che impedisce agli antropologi di superare la foresta impenetrabile dei costumi, bensì a un
presupposto che pretende di essere più fecondo e meno distorcente di quello stratigrafico. Secondo questo
presupposto i costumi non nascondono di certo l'uomo, e nemmeno si limitano a completarne e a
perfezionarne la figura, bensì foggiano direttamente quella variegata e strana realtà che sono gli uomini
nelle loro differenze culturali. I costumi sono la realtà dell'uomo e, per dirla con Blaise Pascal, la sua vera
"seconda natura": non al di là dei costumi, ma nei o tra i costumi va ricercata l’essenza dell’uomo.» (Remotti
1992/2011)

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Comportamento umano e soggettività
 La rottura immediata del rapporto con il proprio essere naturale che caratterizza l’individuo umano
è rappresentata dalla coscienza.
 Intendiamo la coscienza come la consapevolezza di esserci, trasparenza immediata della propria
esperienza di sé. Tuttavia, è proprio tale originaria evidenza di sé a impedire la spontaneità e
l’immediatezza del comportamento umano garantendoci la riflessività.
 Gehlen: l’uomo come “essere incompiuto” “manchevole”, “animale indebolito”, non ancora
definito, non specializzato, che per evitare di ricominciare daccapo ogni volta nel suo rapporto con
l’ambiente (in un regime di vita caratterizzato dalla coscienza di sé) utilizza la cultura come modello
di comportamento, forma di mediazione nel rapporto con la realtà.
 “C’è un essere vivente che tra le sue caratteristiche più rilevanti ha quella di dover prendere
posizione circa se stesso, cosa per la quale è necessaria un’immagine, una formula interpretativa”
(Arnold Gehelen, L’uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, 1940)
 La cultura come sostitutivo sociale del determinismo istintuale.
Un esempio: L’interpretazione dell’agire umano

II Paradossalità della soluzione culturale al problema della genericità dell’essere umano


 Il soggetto umano si rapporta al mondo, agli altri individui e finanche a sé stesso attraverso
mediazioni simboliche.
 Attraverso le mediazioni di simboli l’individuo esprime, oggettiva e comunica la propria vita
interiore
 Dunque, la coscienza ha la facoltà vitale di elaborare senso e significati per mezzo dei mediatori
simbolici, tuttavia come osserva Simmel
 I prodotti simbolici hanno l’effetto di fissare, anzi di irrigidire la vitalità della coscienza: “spesso è
come se la vitalità creatrice dell’anima morisse nel suo prodotto” (Simmel 1911)
 Il contenuto si confonde con la forma che lo esprime

L’ambivalenza della cultura: forma e contenuto


Se gli esseri umani si rapportano al mondo attraverso la mediazione di forme simboliche, non è detto che le
forme simboliche coincidano punto per punto con la realtà, con il loro contenuto.

Se gli esseri umani esprimono sé stessi e i contenuti della loro coscienza (vita psichica) attraverso la
mediazione di forme simboliche, non è detto che le forme simboliche coincidano punto per punto con il
loro contenuto (con i loro pensieri).

Ambivalenze, complessità

Uscire dall’ambivalenza cultura-civiltà attraverso il concetto di significato


Senso - Significato
 Crespi propone di comporre l’ambivalenza dei rapporti coscienza-cultura, natura-cultura, forma-
contenuto, attraverso la distinzione tra senso e significato.

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 Il senso rimanda alla facoltà della coscienza di interpretare e dare ordine ad una realtà
caratterizzata da un insieme pressoché infinito di possibilità di esperienza e di azione.
 Il significato rimanda alle singole e specifiche determinazioni (mediazioni) della realtà che
assumono di volta in volta “corpo” e contenuto nell’esperienza degli uomini e delle società
 Il significato si costruisce attraverso segni. Il soggetto che mette in relazione il segno con qualche
altra cosa realizza un processo psichico di significazione

Verso una definizione di cultura


Geertz: «Una struttura di significati, trasmessa storicamente, incarnati in simboli, un sistema di concezioni
attraverso le quali gli uomini comunicano, perpetuano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la
vita» (1977, p. 141)
Tentativo di contemperare umanesimo (cultura) e scienze sociali (civiltà)

Ruolo del significato


 Il significato consente di distinguere e mettere in relazione vari aspetti:
 Cultura e civiltà: la cultura elevata (patrimonio individuale di simboli selezionati dalla società) e la
civiltà (usi, costumi, buone maniere, tecniche, utensili) sono tutti prodotti simbolici: significati
elaborati dalla facoltà umana di elaborare senso
 Cultura e natura
 Cultura e struttura sociale: consente di parlare di una comunità nei termini della sua cultura
(simboli che rappresentano e orientano il pensiero), e al tempo stesso di parlare della comunità nei
termini della sua struttura sociale (modelli di relazione tra i membri, istituzioni, fattori economici e
politici)

Griswold
 Definisce così la cultura: si riferisce al «lato espressivo della vita umana - comportamenti, oggetti e
idee che possono essere visti come espressioni di qualcos’altro» (senso e significati)
 Potremmo dire che: la cultura, per la Griswold, è la forma in cui si esprime la facoltà di elaborazione
del senso della vita/specie umana

Ruoli di oggetto e diamante culturale


Se il concetto di significato riesce a rappresentare contemporaneamente gli aspetti di cultura e civiltà;
cultura e struttura sociale, occorre individuare le modalità della loro integrazione, bisogna cioè chiedersi
come si studia la cultura?
Griswold risolve la questione attraverso i concetti di
 oggetto culturale
 diamante culturale

Oggetto culturale (OC)


 «un significato condiviso incorporato in una forma» (p. 26)
Geertz: “Una struttura di significati, trasmessa storicamente, incarnati in simboli”
 Espressione significativa udibile, visibile, tangibile
 Una storia che può essere narrata, recitata, cantata, dipinta, scolpita, tatuata, etc.

OC: Pane

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OC…
 … è prodotto dagli esseri umani (gente comune, artisti, scienziati, singoli, collettivi, etc.)
 … necessita di essere condiviso da altri esseri umani, altrimenti rimane un oggetto potenziale
 … gli oggetti culturali, sia chi li crea sia chi li riceve, sono collocati in un contesto sociale (modelli
culturali, bisogni economici, politici, sociali e culturali che caratterizzano un tempo)

Diamante culturale

Sociologia dei processi culturali


Se la cultura è fatta di significati e i significati hanno un carattere sociale (sono attuali solo se condivisi), che
rapporto esiste tra il mondo sociale e i significati? o meglio tra il mondo sociale e i significati condivisi
incorporati in una forma, cioè gli oggetti culturali raccolti in un sistema ovvero la cultura?

Diamante culturale

La cultura come specchio. Teoria del riflesso

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Teoria del riflesso … Prima rappresentazione

Teoria del riflesso. Approcci sociologici


 Marxismo e teoria critica
 Approccio funzionalista

Approccio funzionalista
 Le società «esprimono» bisogni
 Le istituzioni socio-culturali sorgono per dare risposta ai bisogni della società
 Le istituzioni operano in un sistema di mutua interdipendenza per soddisfare i bisogni della società

Problemi
 Inattendibilità dell’argomento della «testimonianza sociale»
(l’idea che possiamo conoscere una società direttamente attraverso le sue opere culturali e istituzioni)
 Che ne è del soggetto?

Evoluzione della teoria del riflesso e suo superamento


 Dal riflesso come rispecchiamento (riflesso di)
 Al riflesso come riflessione (riflesso su) -> soggettività-Weber
 E oltre … la creazione sociale della cultura

MAX WEBER (Erfurt, 1864 - Monaco, 1920)


La vita
 1892 Termina il rapporto di ricerca sulla situazione dei lavoratori rurali ad est dell’Elba, per il Verein
für Sozialpolitik
 1894 È docente di economia politica all’università di Friburgo
 1896 È docente all’università di Heidelberg
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 1897-1901 Malattia nervosa
 1904-1905 Pubblica “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”
 1906 Esce Il metodo delle scienze storico sociali
 1909 Inizia la stesura di Economia e società
 1913 Scrive il saggio “Su alcune categorie della sociologia comprendente”
 1915-1916 Pubblica Sociologia della religione (Etica economica delle religioni universali)
 1918 Tiene all’università di Monaco due conferenze su: La scienza come professione e La politica
come
 1919 È docente all’università di Monaco
 1920 Muore a Monaco
 1922 Viene pubblicata Economia e società

Teoria del riflesso


 Dal riflesso come rispecchiamento (riflesso di)
 Al riflesso come riflessione (riflesso su) …

Dibattito dello storicismo tedesco


Weber si inserisce nel dibattito metodologico delle scienze sociali e fornisce un importante contributo alla
comprensione sociologica del rapporto tra cultura e società.

Dilthey e lo storicismo tedesco


 Individualità particolare di ogni epoca storica e necessità di un metodo di studio specifico in grado
di comprendere la specifica coerenza interna di significato
 Erlebnis (esperire vivente) unità minima di analisi delle scienze dello spirito.
 Distinzione tra scienze dello spirito e scienze della natura
Distinzione tra:
- comprensione (Verstehen)
- spiegazione (Erklaren)
La spiegazione richiede la produzione di leggi generali, la comprensione l’attribuzione di un significato ad un
“mondo” di significati.
Le scienze dello spirito debbono operare una comprensione dell’unicità e del senso dei fenomeni sociali
attraverso la capacità dell’osservatore di “rivivere” e “riprodurre” il senso dell’esperienza soggettiva.
In sociologia ciò significa che il ricercatore deve cogliere il senso dell’azione soggettiva, immedesimandosi in
un certo senso, con l’attore sociale e cercando di comprendere il contesto nel quale si trova inserito.

Il metodo sociologico
 La conoscenza sociologica intesa come processo di comprensione (Verstehen) dell’agire individuale
non è da considerarsi come descrizione neutrale di un oggetto esterno, ma come incontro tra due
mondi di significato
 Il ricercatore sociale osserva dunque i fenomeni da un punto di vista particolare e a partire dalla sua
esperienza vissuta (Erlebnis).
 Ciò però non vuol dire abdicare di fronte alla oggettività del sapere.
 L’oggettività del sapere dipende dal rigore con il quale, una volta scelto e dichiarato il punto di vista
attraverso il quale osservare il fenomeno, il ricercatore porta avanti la sua ricerca realizzando una
verifica empirica della sua ipotesi di partenza.
 Questa impostazione metodologica ha un’influenza specifica sul modo in cui viene inteso il
rapporto tra cultura e società (struttura sociale)

Una diversa teoria del riflesso


Mostrare l’influenza dei significati culturali sulle strutture sociali (in particolare sulle strutture economiche).

Cultura e relazioni economiche


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 L'opera di Weber è incentrata sulla ricerca delle influenze culturali nel processo di modernizzazione
e razionalizzazione della società.
(Società moderne caratterizzate da: scienze, arti, burocrazie, funzionari ben addestrati, tendenza al
guadagno in un sistema economico capitalistico)
 “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”

Etica protestante e società capitalistica


L’argomento di Weber nell’etica protestante e lo spirito del capitalismo è: “Uno degli elementi costitutivi
dello spirito capitalistico moderno, e non soltanto di questo, ma di tutta la civiltà moderna: la condotta
razionale della vita fondata sull’idea di professione, è nato, ciò vorrebbero dimostrare questi saggi, dallo
spirito dell’ascesi cristiana.” (p.303)

Cultura e struttura sociale. La tesi di Weber.

L'etica protestante: La salvezza è dono della grazia di Dio


“Il mondo è destinato a questo, e solo a questo; a servire all'autoglorificazione di Dio; il cristiano eletto
esiste allo scopo e solo allo scopo di accrescere la gloria di Dio nel mondo, per parte sua, eseguendo i suoi
comandamenti. Ma, Dio vuole l'opera sociale del cristiano, poiché vuole che la conformazione cristiana della
vita abbia luogo secondo i propri comandamenti, e in maniera da corrispondere a quello scopo. Il lavoro
sociale del calvinista nel mondo è semplicemente lavoro “in maiorem gloriam Dei”. E quindi ha questo
carattere anche il lavoro professionale, che è al servizio della vita terrena.”

“Ora, nel suo pathos inumano, questa dottrina doveva avere, per la psicologia di una generazione che era
conquistata dalla sua grandiosa coerenza, soprattutto una conseguenza: il sentimento di un inaudito
isolamento interiore del singolo individuo. Nell'interesse esistenziale che per gli uomini dell'età della
Riforma era il più decisivo: l'eterna beatitudine, l'uomo era costretto a fare la sua strada da solo, incontro a
un destino stabilito dall'eternità. Nessuno poteva aiutarlo. Nessun predicatore[...]. Nessun sacramento:
poiché è vero che i sacramenti sono stati istituiti da Dio per accrescere la propria gloria e quindi devono
essere assolutamente osservati, però non costituiscono affatto un mezzo per ottenere la grazia di Dio, […]
Nessuna Chiesa: […] Infine, anche, nessun Dio: poiché anche Cristo è morto solo per gli eletti, ai quali Dio
aveva deciso, dall'eternità, di dedicare il sacrificio della propria vita.”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

ETICA PROTESTANTE E VOCAZIONE PROFESSIONALE

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“comparivano due tipi caratteristici, e interconnessi, di consigli relativi alla cura delle anime. Da un lato si
afferma addirittura che è un dovere ritenere se stessi eletti e respingere ogni dubbio come assalto del
diavolo, poiché la carenza della sicurezza di sé è conseguenza di una fede insufficiente, dunque di
un'insufficiente azione della grazia (...) E d’altro lato era caldamente raccomandato il lavoro professionale
indefesso, che era considerato il mezzo più eminente per raggiungere quella sicurezza di sé. Esso ed esso
soltanto dissipava il dubbio religioso, e conferiva la sicurezza dello stato di grazia.”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

Etica protestante e spirito del capitalismo


 Come accade che da una tale etica religiosa sia favorito lo sviluppo del capitalismo?
 Occorre innanzitutto comprendere lo spirito del capitalismo ed i suoi nessi con i consigli pastorali
alle anime dei pastori protestanti
Lo spirito del capitalismo
Weber cita un brano di Benjamin Franklin per esprimere sinteticamente lo spirito del capitalismo:
“Considera che il tempo è denaro; chi potrebbe guadagnare col suo lavoro dieci scellini al giorno e per
mezza giornata va a spasso, o poltrisce nella sua stanza, anche se spende solo sei pence per i suoi piaceri,
non deve contare solo questi; inoltre ha speso altri cinque scellini, o meglio li ha buttati via. Considera che il
credito è denaro. Se qualcuno mi lascia il suo denaro esigibile, mi regala gli interessi o quanto ne posso fare
per questo tempo. Ciò ammonta a una cifra considerevole, se un uomo ha molto e buon credito e ne fa buon
uso. Considera che il denaro ha una natura feconda e fruttuosa. Il denaro può generare denaro, e i rampolli
ne possono produrre ancora di più, e così via. Cinque scellini trafficati sono sei, nuovamente impiegati
diventano sette scellini e tre pence e così via, fino alla somma di cento sterline. Quanto più denaro è
presente, tanto più ne produce se impiegato, di modo che l'utile sale sempre di più.”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

Lo spirito del capitalismo e l’ascesi intramondana


Ne scaturisce la seguente sintesi concettuale del capitalismo
“Ma, soprattutto, il “summum bonum” di questa “etica” - guadagnare denaro, sempre più denaro, alla
condizione di evitare rigorosamente ogni piacere spontaneo - e così, spoglio di ogni considerazione
eudemonistica o addirittura edonistica, è pensato come fine a se stesso con tanta purezza, da apparire
come alcunché di totalmente trascendente, in ogni caso, è senz'altro irrazionale, di fronte alla felicità o
all’utilità del singolo individuo. L’attività lucrativa non è più in funzione dell'uomo quale semplice mezzo per
soddisfare i bisogni materiali della sua vita, ma, al contrario, è lo scopo della vita dell'uomo, ed egli è in sua
funzione.”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

Beruf e ascesi intramondana


Nel concetto di Beruf trova dunque espressione quel dogma centrale di tutte le chiese protestanti (...)
secondo cui l'unico modo di essere graditi a Dio non sta nel sorpassare la moralità intramondana con
l'ascesi monacale, ma consiste esclusivamente nell'adempiere ai doveri intramondani, quali risultano dalla
posizione occupata dall'individuo nella vita, ossia dalla sua professione, che appunto perciò diventa la sua
“vocazione” [Beruf]
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

Etica protestante e riv.ne industriale. La vita del mercante tradizionale


“Fino alla metà circa del secolo scorso, la vita di un mercante-imprenditore, almeno in certi rami
dell'industria tessile continentale, era piuttosto comoda, dal nostro punto di vista odierno. Le cose si
svolgevano grosso modo così: i contadini portavano i loro tessuti (…) nella città dove abitavano i mercanti-
imprenditori, e, dopo un esame accurato e spesso ufficiale della qualità, riscuotevano il prezzo corrente.
Clienti dei mercanti-imprenditori, per lo smercio in tutti i paesi più lontani, erano intermediari che si
recavano ugualmente nella loro città, per lo più non compravano ancora secondo i campionari, ma secondo
le qualità tradizionali e del magazzino, oppure ordinavano - in questo caso con grande anticipo -, dopo di

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che l'ordinazione era eventualmente trasmessa ai contadini. Se mai accadeva che i mercanti imprenditori
andassero a visitare i clienti, lo facevano raramente per lunghi periodi, altrimenti bastava la
corrispondenza, e l'invio di campionari che si sviluppava lentamente.”

“II numero delle ore d'ufficio era limitato - forse cinque o sei al giorno, talvolta decisamente meno, di più
nella stagione degli affari, se c'era, il guadagno era discreto, sufficiente per un decoroso tenore di vita, e, nei
buoni periodi, permettere da parte un piccolo patrimonio; nel complesso, una tolleranza reciproca dei
concorrenti relativamente alta, sulla base di un grande accordo sui principi degli affari, visita quotidiana e
redditizia al circolo e, inoltre, secondo i casi, un boccale alla sera, riunione, e in genere un comodo ritmo di
vita.”

“Era una forma di organizzazione “capitalistica» in ogni senso, se si considera il carattere puramente
affaristico e commerciale degli imprenditori, o l'intervento indispensabile di capitali che erano investiti
nell’impresa, o infine se si guarda al lato oggettivo del processo economico, o al modo in cui, erano tenuti i
libri. Ma era un'economia 'tradizionalistica', se si considera lo spirito che animava gli imprenditori: il modo
tradizionale di vivere, il livello tradizionale del profitto, la misura tradizionale di lavoro, il modo tradizionale
di condurre gli affari, il carattere tradizionale dei rapporti con i lavoratori e con una clientela a sua volta
sostanzialmente tradizionale, nonché il modo tradizionale di conquistare clienti e di smerciare i prodotti […].
Ora, a un certo momento questo agio veniva improvvisamente turbato, e spesso senza che avesse avuto
luogo nessun cambiamento di principio della forma di organizzazione (per esempio passaggio all'azienda
chiusa, al telaio a macchina, e simili)”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

Etica protestante e riv.ne industriale. La vita del mercante protestante


“Ciò che accadeva era invece soltanto questo, per lo più: un giovane membro di una famiglia di mercanti-
imprenditori della città si recava in campagna, sceglieva accuratamente i tessitori di cui abbisognava, ne
aumentava la dipendenza e il controllo, e trasformava così questi contadini in operai, ma d'altro lato si
incaricava personalmente dello smercio, con un approccio quanto più diretto possibile agli acquirenti finali -
ai dettaglianti -, si procurava personalmente nuovi clienti, che andava a visitare regolarmente ogni anno,
ma, soprattutto, sapeva adattare la qualità dei prodotti esclusivamente ai loro bisogni e desideri, renderli
loro gradevoli, “appetibili”, e al tempo stesso cominciava ad applicare il principio basso prezzo, grane
smercio”.
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

Etica protestante e rivoluzione industriale


“Ben presto si ripeteva quella che è sempre e ovunque la conseguenza di un processo di ‘razionalizzazione'
siffatto: chi non saliva, doveva scendere. L'idillio crollava, s'infrangeva sotto l'aspra lotta concorrenziale
incipiente, patrimoni cospicui erano guadagnati e non messi a frutto, anzi investiti ripetutamente negli
affari, il vecchio modo di vivere placido e comodo lasciava il posto a una dura sobrietà: e in quelli che
tenevano il passo e salivano, perché non volevano consumare, ma acquisire (i nuovi imprenditori, ndr), e in
quelli che restavano fedeli al passato, poiché dovevano limitarsi (i vecchi mercanti ndr). E - ciò che qui
soprattutto importa - in questi casi di regola non fu un afflusso di nuovo denaro, a provocare tale rivoluzione
[…] la, provocò il nuovo spirito, appunto lo ‘spirito del capitalismo moderno' che aveva fatto il proprio
ingresso. Il problema delle forze motrici dell'espansione del capitalismo moderno non è in primo luogo un
problema della provenienza delle riserve pecuniarie…”

Il paradosso della relazione tra cultura e struttura sociale: la gabbia d’acciaio


"Il Puritano volle essere un professionista, noi dobbiamo esserlo. Poiché in quanto l'ascesi fu portata dalle
celle dei monaci nella vita professionale e cominciò a dominare la moralità laica, essa cooperò per la sua
parte alla costruzione di quel potente ordinamento economico moderno, legato ai presupposti tecnici ed
economici della produzione meccanica, che oggi determina con strapotente costrizione, e forse continuerà a
determinare (…) lo stile della vita di ogni individuo, che nasce in questo ingranaggio, e non soltanto di chi

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prende parte all'attività puramente economica. Solo come un mantello sottile, che ognuno potrebbe buttar
via (…) la preoccupazione per i fini esteriori doveva avvolgere le spalle degli 'eletti'. Ma il destino fece del
mantello una gabbia d'acciaio. Mentre l'ascesi imprendeva a trasformare il mondo e ad operare nel mondo,
i beni esteriori di questo mondo acquistarono una forza sempre più grande nella storia. Oggi lo spirito
dell'ascesi è sparito, chissà se per sempre, da questa gabbia. Il capitalismo vittorioso in ogni caso, da che
posa su di un fondamento meccanico, non ha più bisogno del suo aiuto”.
(L’etica protestante e la spirito del capitalismo, p. 304-305)

Lo scambista culturale
«Sono gli interessi (materiali e ideali), e non le idee, a dominare immediatamente l’agire dell’uomo, ma «le
concezioni del mondo» create dalle «idee», hanno spesso determinato – come chi aziona uno scambio
ferroviario – i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso tale attività»
(1920 Sociologia delle religioni,352)

Teoria del riflesso in Weber

Cultura e società
 Superamento del determinismo materialista
 La cultura concorre a dare forma alla struttura sociale
 Classi – ceti sociali
 Processo di razionalizzazione:
- non è un principio generale, universale, come voleva l’illuminismo,
- è piuttosto il carattere dominante della modernità
- che ha assunto una rigida istituzionalizzazione (burocratizzazione delle relazioni)
- e, pertanto, minaccia di soffocare i valori propri della realizzazione umana
 Rilevanza dell'agire intenzionale dotato di senso
 Scarsa attenzione al ruolo dei movimenti sociali
Dalla cultura come riflessione su alla cultura come creazione sociale.
(fine Weber)

Creazione sociale della cultura (Griswold)


Stando alle analisi di Marx e Weber la creazione della cultura potrebbe essere considerata come il risultato
dell’azione individuale. Un singolo individuo dalle particolari doti e caratteristiche biografiche (un genio)
può essere creatore di cultura (Martin Lutero, Bessie Smith). Ma quest’ipotesi vale per oggetti culturali
come l’arte. La cultura nel senso più ampio, come modello di significato storicamente trasmesso non è
facile pensarla come proveniente da qualche posto o da uno specifico soggetto, sembra piuttosto esserci
stata da sempre. Ma la sua genesi non può essere diretta conseguenza della struttura sociale. La cultura è
comunque creata socialmente.

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 Durkheim: nelle società arcaiche creazione collettiva attraverso interazioni tra attori, effervescenza
collettiva
 Interazionismo simbolico: analisi delle modalità interattive nelle società complesse
 Subculture:
 nelle società complesse interazione tra cultura dominante e cultura di gruppo.
 Subculture e cambiamento sociale.
 Innovazione e ritardi culturali
 Atteggiamenti dei ricevitori di fronte alla cultura dominante
 Industria culturale:
 Organizzazione della produzione culturale
 I riceventi come collettivo
Definizione sociologica di “cultura”
È un insieme concatenato di modi di pensare, di sentire, di agire più o meno formalizzato che, essendo
appresi e condivisi da una pluralità di persone, servono – in modo a un tempo oggettivo e simbolico – a
costituire queste persone in una collettività particolare e distinta.
(cfr. Enciclopedia Treccani)

La cultura è una “totalità”


La cultura si rivolge e comprende ogni forma di attività umana:

Formalizzazione
I modi di pensare, sentire agire possono essere più o meno formalizzati:

La cultura si trasmette
Niente di culturale è ereditato biologicamente, ma si trasmette mediante:

Carattere collettivo
I modi di pensare, sentire e agire sono condivisi da una pluralità di persone.

Dimensione oggettiva e dimensione simbolica


La cultura contribuisce a creare la collettività in due modi:

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I MAESTRI DEL PENSIERO SOCIOLOGICO
KARL MARX (1818-1883)
Il giovane Marx e il “realismo” filosofico
Negli studi giovanili di filosofia rifiuta l’approccio dualistico di Kant e di Fichte.
Kant oppone ciò che è a ciò che dovrebbe essere, Fichte logica e verità.
Per Marx la filosofia deve “studiare l’oggetto nel suo stesso sviluppo; La ragione della cosa stessa deve
essere resa manifesta nella sua contraddittorietà e trovare la propria unità in sé stessa” (scritti giovanili).

Marx e l’idealismo
Hegel: la realtà è manifestazione dello spirito.
Marx fa una lettura appassionata di Hegel, ma si discosta dal punto di vista politico dal suo conservatorismo
e dal punto di vista filosofico dall’idealismo e si interessa ai lavori della sinistra hegeliana e di Feuerbach.

Marx e la sinistra hegeliana


Punto di partenza è lo studio dell’umanità, è l’uomo reale che vive nel mondo reale.
 Hegel vede il reale come emanazione del divino, dello spirito
 Per Feuerbach il divino è il prodotto illusorio del reale. L’essere e l’esistenza precedono il pensiero.
Il pensiero deriva dall’essere e non viceversa.
 Per Marx la cultura è il risultato dei condizionamenti materiali

Per Hegel lo sviluppo dell’umanità è frutto dell’alienazione di Dio da sé stesso.


 Per Hegel Dio non è una realtà separata dal mondo come nel cristianesimo o nell'ebraismo, ma è
interno ad esso, è immanente alla natura; Hegel chiama Dio con il termine di Assoluto. L'Assoluto si
esprime nelle cose finite e materiali, che costituiscono un'opposizione all'assoluto stesso, che è
infinito; tuttavia, dall'opposizione tra infinito e finito scaturisce quella sintesi razionale che è il
creato.
Per Feuerbach Dio esiste nella misura in cui l’uomo è alienato da sé stesso e ha bisogno di proiettare le sue
facoltà più elevate, ma alienate, sulla divinità.
La filosofia ha il compito di aiutare l’uomo a recuperare il suo io alienato svolgendo una critica della
religione.
Marx si propone di affrontare la critica dell’economia politica, della morale, della cultura...

La sociologia di Marx
 La società è interpretabile a partire dalle basi materiali: unico reale riferimento empirico per lo
studioso.
 Le basi materiali di una società si indagano osservando la distribuzione della proprietà dei mezzi di
produzione.
 Le basi materiali costituiscono la reale struttura della società attraverso le forze di produzione e i
rapporti di produzione
 Tutte le altre strutture: cultura, religione, diritto, economia sono sovrastrutture che hanno la
funzione di mantenere la distribuzione dei mezzi di produzione fornendo una ideologia della realtà.

Forze di produzione:
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1. gli individui che lavorano e costituiscono la forza-lavoro
2. i mezzi di produzione, ovvero tecniche e macchinari;
3. le conoscenze tecniche e scientifiche.
Rapporti di produzione:
- relazioni che si stabiliscono tra gli individui nella sfera della produzione,
- trovano la loro espressione giuridica nei rapporti di proprietà (es: passaggio dal feudalesimo al
capitalismo: esigenza di risorse per i feudatari, appropriazione del plus-lavoro dei contadini,
progressiva perdita di autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro, esproprio dei mezzi di
produzione, espulsione dalle terre, creazione del bracciantato rurale)

 Compito delle scienze sociali è formulare una critica della sovrastruttura (ideologia) svelandone la
dipendenza dalla struttura
 È così possibile realizzare una teoria scientifica della società in grado di cogliere “l’essenza interna”
dei fenomeni, al di là delle apparenze (mediazioni simboliche) ingannevoli

“Ingenuità” del materialismo marxiano


 Marx come i positivisti del tempo crede che, attraverso il materialismo dialettico, sia possibile
addivenire ad una conoscenza dei fenomeni in sé.
 Ciò mostra l’ingenuità della sua prospettiva metodologica.
 Egli, infatti, non sottopone la sua stessa teoria al criterio generale da lui adottato di considerare
l’attività teorica come un riflesso della prassi.
 Mentre critica la teoria economica perché utilizza un modello di uomo figlio di una precisa epoca
culturale (vedi l’homo oeconomicus dell’economia) spacciandolo per un modello di uomo
universale, e mentre critica il socialismo utopico di non considerare le influenze sociali prodotte dal
capitalismo, non si rende conto delle influenze storiche sul suo modello antropologico e
sociologico.

La natura sociale dell’uomo


 La vita umana si distingue da quella animale perché è forgiata dalla società.
 L’individuo è un “insieme di rapporti sociali” e la cultura è un “riflesso” di tali rapporti.
 La stessa coscienza che gli individui hanno di sé è prodotto delle relazioni sociali.
 Non esiste un’autonomia della coscienza umana.
 L’individuo racchiude in sé la cultura delle generazioni che lo hanno preceduto.
L’uomo possiede 5 sensi come gli animali, ma l’uomo li usa in modo diverso, per cogliere e gustare il bello,
per amare, per sottomettere la natura in modo non banale. Queste facoltà sono opera dell’intera storia
universale che ha creato la sensibilità umana.

Alienazione e falsa coscienza


L’uomo non riesce a realizzare la sua umanità perché è alienato dalla società, e non riesce a realizzare il
carattere sociale della propria esistenza. L’individuo che interiorizza i simboli della cultura (ideologia)
dominante vive in una situazione di falsa coscienza (cioè un falso senso dei propri interessi).
Solo la realizzazione di un modello diverso di società può modificare l’orientamento degli individui e
sviluppare il senso di interdipendenza degli individui con la collettività.

Funzioni della cultura


La cultura è sovrastruttura.
Pertanto, per Marx la cultura realizza due funzioni principali nella società capitalista:
 Riproduce le diseguaglianze sociali e le relazioni di produzione della società capitalista.
 Serve a legittimare le diseguaglianze (sotto forma di meritocrazia).

I limiti della sociologia di Marx


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 Visione dicotomica e conflittuale della società
 Non ci sono solo due classi contrapposte
 La relazione tra cultura e struttura è biunivoca, circolare
 Il processo storico-sociale non può essere spiegato attraverso argomentazioni deterministe,
monocausali
 Non sottopone la sua stessa teoria al criterio generale da lui adottato di considerare l’attività
teorica come un riflesso della prassi.
 I difensori di Marx mettono in evidenza una doppia radice del suo pensiero:
- l’una positivista e determinista,
- l’altra dialettica (hegeliana, romantica) che lo spinge, quando parla della rivoluzione a rivalutare gli elementi
soggettivi, attivi, volontaristici della coscienza di classe

EMILE DURKHEIM 1858- 1917


Obiettivi dell’excursus durkheiminao
 Analisi del rapporto tra cultura e società
 La creazione sociale della cultura
 Introduzione alla modernità (scoprire quali sono le caratteristiche essenziali e distintive della
cultura moderna)
Creazione della cultura (Griswold)
Stando alle analisi di Weber la creazione della cultura potrebbe essere considerata come il risultato
dell’azione individuale. Un singolo individuo dalle particolari doti e caratteristiche biografiche (un genio)
può essere creatore di cultura (Martin Lutero, Bessie Smith). Ma quest’ipotesi vale per oggetti culturali
come l’arte. La cultura nel senso più ampio, come modello di significato storicamente trasmesso non è
facile pensarla come proveniente da qualche posto o da uno specifico soggetto, sembra piuttosto esserci
stata da sempre.

EMILE DURKHEIM (Épinal, 1858 - Parigi, 1917)


 1879 Entra all’École Normale Supérieure dove segue le lezioni di Fustel de Coulanges
 1882 Inizia ad insegnare filosofia
 1886 Trascorre un anno in Germania a studiare scienze sociali con Wilhelm Wundt
 1887 È nominato professore di pedagogia e scienze sociali all’Università di Bordeaux
 1892 Tesi di dottorato: Il contributo di Montesquieu nella fondazione della scienza sociale
 1893 Pubblica “La divisione del lavoro sociale”
 1894-1895 Tiene un corso di sociologia sulla religione
 1895 Pubblica “Le regole del metodo sociologico”
 1897 Pubblica Il suicidio
 1898 Fonda l’Année sociologique
 1912 Pubblica “Le forme elementari della vita religiosa”

Biografia
 Nasce in una famiglia modesta ma erudita di ebrei praticanti e, anche a causa delle responsabilità
derivategli dalla morte del padre, rabbino, avvenuta quando lui non era ancora ventenne, sviluppa
un carattere impegnato e severo e la convinzione che al progresso intellettuale gli sforzi e le
sofferenze contribuiscano più delle situazioni piacevoli. L'esperienza di vita di Durkheim è
fortemente condizionata dalla sconfitta della Francia contro la Prussia e gli altri stati tedeschi
(guerra dal 1870-71), infatti a seguito di questa l'Alsazia, terra di origine dei Durkheim, passò alla
Germania. A seguito di ciò il padre di Emile, per non divenire suddito germanico, si trasferì a Parigi.
Fu qui che il futuro sociologo iniziò i suoi studi.
 I suoi successi scolastici gli consentono di accedere all'École Normale Supérieure, dove studia
filosofia. In questo periodo conosce Jean Jaurès, futuro leader del Partito Socialista Francese, come
lui mosso da principi etici rivolti ai problemi della società. Nel 1882 consegue l'Agrégation de
philosophie e fino al 1887 insegna in scuole secondarie di Sens, Saint Quenti e Troyes. Ottiene
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quindi un insegnamento all'Università di Bordeaux dove diventa professore di filosofia sociale e
rimane fino al 1902. Successivamente passa alla Sorbonne,dove diventa ordinario nel 1906 e dove
si occupa con grande impegno di iniziative volte al miglioramento degli insegnamenti.
 Lo scoppio della Prima guerra mondiale, la morte del suo unico figlio sul fronte balcanico e le
accuse dei nazionalisti, che gli rinfacciano di essere di estrazione tedesca e di insegnare una
disciplina straniera, abbattono il sociologo e lo gettano in un grave stato emotivo, preludio di un
ictus che ne causa la morte nel 1917.
Sociologia durkheiminana
 La sociologia studia i fatti sociali
 I fatti sociali hanno una realtà di genere proprio (sui generis), dunque hanno un carattere oggettivo
 In quanto oggettivi i fatti sociali sono esterni e coercitivi rispetto all’osservatore
 Il carattere oggettivo della società non è dato solo dalle sue basi materiali, ma anche dai prodotti
culturali (coscienza collettiva)
 La spiegazione dei fenomeni sociali è da ricercarsi in fatti sociali antecedenti che lo hanno causato e
nella/e funzione/i che svolge
Coscienza collettiva
La coscienza collettiva è “l'insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una
società.” Questo insieme ha una vita propria che non esiste se non attraverso i sentimenti e le credenze
presenti nelle coscienze individuali.
“L’insieme delle credenze e dei sentimenticomuni alla media dei membri della stessasocietà forma un
sistema determinato che hauna vita propria; possiamo chiamarlocoscienza collettiva o comune. Senza
dubbio,essa non ha per substrato un organo unico;essa è, per definizione, diffusa in tuttal’estensione della
società, ma non per questomanca dei caratteri specifici che ne fanno unarealtà distinta. Infatti essa è
indipendentedalle condizioni particolari nelle quali gliindividui si trovano; questi passano, e quellaresta. Ed è
la medesima a Nord e a Sud, nellegrandi e nelle piccole città, nelle diverseprofessioni; così pure essa non
muta ad ognigenerazione, ma al contrario vincola le unealle altre le generazioni successive. E’ dunquealtra
cosa dalle coscienze particolari, perquanto non si realizzi che negli individui; è iltipo psichico della società,
dotato di proprietà,di condizioni di esistenza e di un modo disviluppo che gli sono propri, così come lo sonoi
tipi individuali, benché in maniera diversa.” (La divisione del lavoro sociale, p.101)

LA DIVISIONE DEL LAVORO SOCIALE: IL PROBLEMA


“La questione che è all’origine stessa di questo lavoro concerne i rapporti della personalità individuale e
della solidarietà sociale. Come avviene che, pur diventando più autonomo, l’individuo dipenda più
strettamente dalla società? Come può allo stesso tempo individualizzarsi sempre di più ed essere sempre più
vincolato da legami di solidarietà? E’ infatti incontestabile che questi due movimenti, per quanto
contraddittori, seguono due direzioni parallele. Tale è il problema che ci siamo posti. Ci è sembrato che
questa apparente antinomia venisse risolta considerando la trasformazione della solidarietà sociale,
dipendente dallo sviluppo sempre più considerevole della divisione del lavoro. Ecco come siamo stati indotti
ad assumere questa come oggetto del nostro studio.” (La divisione del lavoro sociale, p.8)

LA FUNZIONE DELLA DIVISIONE DEL LAVORO SOCIALE


“A prima vista, nulla sembra più facile che determinare quale sia la funzione della divisione del lavoro. I suoi
effetti non sono forse conosciuti da tutti? In quanto accresce sia la forza produttiva che l’abilità del
lavoratore, essa è la condizione necessaria dello sviluppo intellettuale e materiale delle società; è la fonte
della civiltà.” (La divisione del lavoro sociale, pp.73-74)

Tuttavia, “se la divisione del lavoro non ha altro compito che questo, non soltanto essa non ha alcun
carattere morale, ma è anche impossibile scorgere quale sia la sua ragione d’essere.”
(La divisione del lavoro sociale, p.77)

“Siamo così indotti a considerare la divisione del lavoro sotto un nuovo aspetto. In questo caso, infatti, i
servizi economici che essa può rendere sono insignificanti rispetto all’effetto morale che produce, e la sua
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vera funzione è di creare tra due o più persone un sentimento di solidarietà. Quale che sia la maniera in cui
questo risultato viene ottenuto, è la divisione del lavoro che suscita le società di amici e che imprime loro il
sigillo.”
(La divisione del lavoro sociale, p.79)

Solidarietà meccanica
Le società nelle quali i principali legami di coesione si fondano sulla “solidarietà meccanica” presentano una
struttura segmentata o aggregativa: esse sono cioè formate da una serie di gruppi politico-familiari (clan)
che sono simili gli uni agli altri per l’organizzazione interna. La tribù nel suo insieme costituisce una
“società” perché è una unità culturale; infatti i membri dei diversi clan aderiscono al medesimo complesso
di credenze e sentimenti. Per questo ogni gruppo che compone tale società si può distaccare senza causare
molto danno agli altri gruppi, come avviene in maniera abbastanza simile agli organismi biologici di
struttura semplice che si possono scindere in numerosi esseri egualmente unitari e autosufficienti. Nelle
società primitive di tipo segmentario la proprietà è comune, un fenomeno questo che è solo un aspetto
specifico del basso livello del processo di individualizzazione generale.
(Tratto da Giddens A. Capitalismo e teoria sociale, Il Saggiatore, Milano, 1998 pp. 137-138)

Differenziazione segmentaria

Solidarietà organica
Dove la solidarietà meccanica è la base principale della coesione sociale, la coscienza collettiva “ricopre
esattamente” la coscienza individuale, e quindi presuppone la somiglianza degli individui. La solidarietà
organica, invece, presuppone non la somiglianza ma la differenza tra gli individui nelle credenze e nelle
azioni. Lo sviluppo della solidarietà organica e l’espansione della divisione del lavoro sono quindi
accompagnati dalla crescita dell’individualismo.
Il progresso della solidarietà organica dipende necessariamente dalla diminuzione di importanza della
coscienza collettiva. Ma le credenze e i sentimenti riconosciuti collettivamente non scompaiono del tutto
nelle società complesse; né d’altra parte accade che la formazione delle relazioni contrattuali divenga
amorale e sia semplicemente il risultato della ricerca individuale del proprio interesse.

Integrazione sociale
 In un primo momento Durkheim ipotizza che l’integrazione sociale delle società moderne sia
affidata ai vincoli funzionali che si generano nelle società caratterizzate dalla divisione del lavoro
 Successivamente attribuisce maggior rilevanza ai prodotti culturali della società: alle norme, ai
valori, alla coscienza collettiva.

Il testo “Il suicidio” per gettar luce sul processo di modernizzazione


Concetti generali
Il suicidio come fenomeno oggetto della sociologia.
Tre cause sociali di suicidio:
 Suicidio egoistico
 Suicidio altruistico
 Suicidio anomico

23
IL SUICIDIO EGOISTICO
Il suicidio varia in ragione inversa al grado di integrazione dei gruppi sociali di cui fa parte l’individuo. Ma la
società non può disgregarsi senza che, in ugual misura, l’individuo esca dalla vita sociale, senza che i suoi
fini personali diventino preponderanti su quelli comuni e la sua personalità, in una parola, tenda a porsi al
di sopra di quella collettiva. Più deboli sono i gruppi cui appartiene, meno egli ne dipende, e sempre più,
perciò, fa capo solo a sé stesso e riconosce come regole di condotta soltanto quelle che si basano sui suoi
interessi privati. Se, dunque, si conviene di chiamare egoismo questo stato di eccessiva affermazione dell’io
individuale nei confronti dell’io sociale e ai danni di quest’ultimo, potremo definire egoistico il particolare
tipo di suicidio risultante da una smisurata individualizzazione.

Ma come può il suicidio avere una simile origine? Prima di tutto, si potrebbe osservare che, se la forza
collettiva è uno degli ostacoli più atti a contenerlo, essa non può indebolirsi senza che esso si sviluppi.
Quando la società è fortemente integrata, essa tiene gli individui in sua dipendenza, li considera al suo
servizio e, perciò, non consente loro di disporre di sé a proprio piacere. Essa si oppone allora a che si
sottraggano con la morte ai doveri che hanno verso di lei. Ma quando essi rifiutano di accettare come
legittima questa subordinazione, come potrebbe imporre la sua supremazia? Essa non ha più, a questo
punto, l’autorità necessaria a trattenerli al loro posto e, se vogliono disertano, coscienti della propria
debolezza, essa giunge al punto di riconoscere ad essi il diritto di fare liberamente ciò che non può più
impedire.
(Durkheim, Il suicidio)

IL SUICIDIO ALTRUISTICO
Mentre questo è dovuto ad un eccesso di individualizzazione, quello ha per causa una individualizzazione
troppo rudimentale. Uno deriva dal fatto che la società, disgregata in parte o anche nel suo insieme, si
lascia sfuggire l’individuo; l’altro perché lo tiene troppo strettamente in sua dipendenza. Avendo chiamato
egoismo lo stato in cui si trova l’io quando vive la sua vita personale e obbedisce solo a sé stesso, la parola
altruismo esprime abbastanza bene lo stato opposto in cui l’io non si appartiene ma si confonde con altra
cosa diversa da sé e dove il polo della condotta è situato al di fuori di lui, cioè in uno dei gruppi a cui
appartiene. Chiameremo, perciò, suicidio altruistico quello risultante da un altruismo intenso.
“Ecco perché, nell’interesse comune, il padre è tenuto a non aspettare l’estremo limite della vita per
trasmettere ai suoi successori il prezioso deposito che ha in custodia. Questa descrizione è sufficiente a
precisare da cosa derivino questi suicidi. Ma perché la società possa costringere in tal modo certi suoi
membri a uccidersi, bisogna che la personalità individuale conti ben poco. Tant’è vero che, appena essa
comincia a formarsi, il diritto alla vita è il primo ad esserle riconosciuto; per lo meno, non viene sospeso che
in circostanze del tutto eccezionali come la guerra. Ma quella scarsa individualizzazione non può avere che
una causa. Perché l’individuo abbia così poco posto nella vita collettiva, bisogna che sia quasi totalmente
assorbito dal gruppo e che, di conseguenza, quest osia molto fortemente integrato. Perché le parti abbiano
tanto poca vita propria, occorre che il tutto costituisca una massa compatta e continua. Infatti, abbiamo
dimostrato altrove che questa coesione massiccia è proprio quella delle società in cui si osservano le usanze
suddette. Dato che esse comprendono solo un piccolo numero di elementi, ognuno vive la stessa vita, tutto è
comune a tutti, idee, sentimenti, occupazioni. Nello stesso tempo, sempre perché il gruppo è piccolo, esso è
vicino a tutti e può non perder di vista nessuno; ne consegue che la sorveglianza collettiva è continua, si
estende a tutto e previene più facilmente le divergenze. Mancano perciò all’individuo i mezzi per crearsi un
ambiente speciale al cui riparo possa sviluppare la sua natura e farsi una fisionomia personale.”

Le cause sociali del suicidio

24
IL SUICIDIO ANOMICO
“Non è vero, dunque, che l’attività umana possa affrancarsi da tutti i freni. Non v’è nulla al mondo che
possa godere di un tale privilegio, perché ogni essere, essendo parte dell’universo, è relativo al resto
dell’universo (...)
È caratteristica dell’uomo essere soggetto a un freno non fisico, ma morale, cioè sociale. Egli non riceve la
sua legge da un ambiente materiale che gli s’impone brutalmente, ma da una coscienza superiore alla sua e
di cui sente la superiorità. Proprio perché la maggiore e migliore parte della sua vita trascende il corpo, egli
sfugge al giogo del corpo ma subisce quello della società. Sennonché, quando la società è scossa, sia da una
crisi dolorosa sia da trasformazioni felici ma troppo improvvise, essa è momentaneamente incapace di
esercitare questa azione.
Ed ecco da dove provengono queste brusche ascese della curva dei suicidi (...) Nei casi di disastri economici,
infatti, si verifica un declassamento che spinge bruscamente certi individui in una situazione inferiore a
quella occupata fino allora. (...) Ora, non è che la società possa piegarli in un attimo a questa nuova vita e
insegnare loro a esercitare su sé stessi quel sovrappiù di costrizioni cui non sono abituati. (...) Né
diversamente accade quando la crisi ha per origine un improvviso accrescimento di potenza e di fortuna.
(...) La graduatoria ne è rimasta sconvolta e, d’altra parte, non se ne può improvvisare un’altra. (...) Non si
sa più ciò che è possibile e ciò che non lo è, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, quali sono le rivendicazioni
e le speranze legittime, quali quelle che passano la misura. (...) Lo stato di sregolatezza o di anomia è ancor
più rafforzato dal fatto che le passioni sono meno disciplinate proprio quando sarebbero bisognose di una
maggiore disciplina. (...) (Durkheim, Il suicidio)

LE CATEGORIE DEI FENOMENI RELIGIOSI: CREDENZE E RITI


“I fenomeni religiosi trovano inquadratura naturale in due categorie di fondo: le credenze e i riti. Le prime
sono stati dell’opinione e constano di rappresentazioni; i secondi determinati modi di azione. Tra le due
classi corre lo stesso divario che c’è tra pensiero e movimento.” “Tutte le credenze religiose, semplici o
complesse, a noi note presentano una caratteristica comune: suppongono la sistemazione delle cose, reali o
irreali, in due generi opposti, resi abbastanza bene dai termini profano e sacro. Il tratto distintivo del
pensiero religioso è proprio questa divisione del mondo in due domini comprendenti l’uno tutto ciò che è
sacro, l’altro tutto ciò che è profano”. (Durkheim E., Le forme elementari della vita religiosa, p. 49-50)

Sacro e profano
 Sacro e profano si caratterizzano per la loro eterogeneità, una eterogeneità assoluta: sacro e
profano sono due categorie “radicalmente antitetiche”.
 Il passaggio da uno stato all’altro, certamente possibile, è inteso come una trasformazione della
sostanza (a ciò servono i riti di iniziazione, di “nuova nascita”).
 L’eterogeneità tra sacro e profano “spesso degenera in vero e proprio antagonismo. I due mondi
sono concepiti non solo distinti, ma ostili e gelosamente rivali. Non si può appartenere pienamente
all’uno se non uscendo completamente dall’altro” (Durkheim E., Le forme elementari della vita
religiosa, p. /52)
25
 “Cosa sacra è, per eccellenza, quella che il profano non deve, non può toccare impunemente.”
(p./53)

Definizione di religione
“una religione è un sistema solidale di credenze e di pratiche relative a delle entità sacre, cioè separate,
interdette; credenze e pratiche che uniscono in una medesima comunità morale, chiamata chiesa, tutti gli
aderenti.” (Durkheim E., Le forme elementari della vita religiosa, p. 59)

Religioni totemiche
Origine delle credenze totemiche
 “il totemismo è la religione non di certi animali o di certi uomini o di certe immagini, ma di una
specie di forza anonima e impersonale che si ritrova in ciascuno di questi esseri, senza tuttavia
confondersi con alcuno di essi. Nessuno la possiede per intero e tutti vi partecipano.” (Durkheim E.,
Le forme elementari della vita religiosa, p. 197)
 “Ecco in che cosa consiste realmente il totem: esso non è che la forma materiale sotto cui si
rappresenta alle immaginazioni questa sostanza immateriale, questa energia diffusa attraverso
esseri eterogenei di ogni tipo, la quale è il solo oggetto vero e proprio del culto.” (p. 198)
 Durkheim parla anche di “vaga potenza, dispersa nelle cose.” (p. 207)
 A questo punto l’interrogativo è “come gli uomini abbiano potuto essere spinti a costruire tale idea
e con quali materiali.” (p. 214)

Origine delle credenze totemiche


Nelle riunioni religiose o «corroboree» “il semplice fatto dell’agglomerazione fa da eccitante di eccezionale
potenza. Una volta riuniti, gli individui sprigionano dal loro star vicini una sorta di elettricità, che li trasporta
rapidamente a un grado straordinario di esaltazione. Ogni sentimento espresso va a risuonare, senza
resistenza, in tutte queste coscienze largamente aperte alle impressioni esterne: ciascuna di esse fa eco alle
altre, e reciprocamente. L’impulso iniziale va così ingrandendosi man mano che si ripercuote, come
s’ingrossa una valanga man mano che avanza.” (Durkheim E., Le forme elementari della vita religiosa, p.
/224)
 È facile capire che l’uomo, raggiunto questo stato di esaltazione, non si riconosce più. Sentendosi
dominato, trascinato da una specie di potere esterno che lo fa pensare e agire in modo diverso che
in tempo normale, ha naturalmente l’impressione di non esser più lui. (Durkheim E., Le forme
elementari della vita religiosa, p. 226)
 “Ora il totem è la bandiera del clan. È dunque naturale che le impressioni che il clan desta nelle
coscienze dei singoli - impressioni di dipendenza e di accresciuta vitalità - si colleghino assai più
all’idea del totem che a quella del clan: il clan è una realtà troppo complessa perché intelligenze
così rudimentali possano rappresentarselo nettamente nella sua unità concreta.” (Durkheim E., Le
forme elementari della vita religiosa, p. /228)
 Un emblema, “esprimendo in forma materiale l’unità sociale, la rende più percepibile a tutti”.
(p.237)

La religione come sistema simbolico


 L’idea di dio, che sembra riassumere tutta la religione, è per Durkheim un fenomeno psicologico
legato a un processo sociale.
 Dio è la modalità con la quale coscienze rudimentali rappresentano la società
 “La divinità è espressione simbolica della società”
 “Gli dèi non sono che i popoli pensati simbolicamente”
 Il sacro può essere considerato come la rappresentazione simbolicamente mediata di una identità
collettiva
 La religione può essere dunque considerata come un sistema di simboli attraverso il quale una
società prende coscienza di sé.
 A tale sistema viene riconosciuto un carattere sacro
26
 Il totem è il simbolo (materiale) attraverso il quale viene rappresentata la realtà immateriale della
società.
 Esso “ha il compito non già di raffigurare e di ricordare un determinato oggetto, ma di testimoniare
che un certo numero di individui partecipano di una stessa vita morale”, cioè condividono un
insieme di simboli (rappresentazioni del mondo conoscenze, etc.).
 L’accettazione soggettiva di una serie di simboli in quanto sacri crea il gruppo
 In sostanza “il simbolo” è creato dalla società e crea la società

SIMBOLO E IDENTITÀ (INDIVIDUALE E SOCIALE) (“Intermediari materiali”)


“l’emblema non è solo un comodo procedimento che rende più chiara la coscienza che la società ha di se
stessa, ma serve a formare tale coscienza, ne è anzi una delle componenti essenziali” (Durkheim E., Le
forme elementari della vita religiosa, pp. /237-238)

Un tassello per la costruzione dell’oggetto culturale

La creazione culturale
Gli oggetti culturali sono significativi per esseri umani che vivono in un mondo sociale.
Al tempo stesso il mondo sociale, di per sé caotico e casuale, riceve senso e significato a partire dalle lenti
culturali attraverso le quali è osservato.
Ma chi crea gli oggetti culturali?
La letteratura e gli esempi analizzati sinora sembrano fornire due risposte:
 Una risposta individualistica; L’opera d’arte, la grande riforma, sono costruzioni del genio artistico,
morale, politico, economico, etc.
 Una risposta tradizionalista: la cultura (gli oggetti culturali) come modelli di significato socialmente
trasmessi ci sono sempre stati
La creazione culturale per la sociologia
 La sociologia fornisce una prospettiva della creazione culturale differente dall’azione del genio e
dalla tradizione culturale.
 Gli oggetti culturali, le opere culturali, sono il frutto di una costruzione relazionale, di una creazione
(rappresentazione) collettiva.
 È l’esperienza delle riunioni corroboree che genera e riproduce nel tempo i contenuti della religione
e, attraverso questi, i contenuti simbolici della società, e la società stessa come “oggetto” sacro, già
dato.
 Gli oggetti culturali non sono il prodotto di un genio, essi sono prodotti da gente che si relaziona ad
altra gente
Le conseguenze per la ricerca sociale
 In sostanza: «le società hanno bisogno di rappresentazioni di se stesse per ispirare sentimenti di
unità e di mutuo aiuto» (Griswold 1994, 75)
27
 Se si vuole comprendere un gruppo di persone, bisogna studiare le modalità attraverso le quali esso
rappresenta se stesso
 Ogni gruppo sociale (una banda giovanile, una chiesa, un’organizzazione produttiva) sviluppa delle
rappresentazioni simboliche (oggetti culturali) attraverso le quali mostra a se stesso e agli altri la
propria solidarietà collettiva
 All’opposto se si vuole studiare un oggetto culturale occorre osservare come viene utilizzato da un
gruppo sociale per rappresentarsi
La produzione collettiva della cultura
Se, nella prospettiva di Durkheim, la cultura è una rappresentazione collettiva, quali sono i meccanismi
attraverso i quali una collettività si autorappresenta:
1. Le interazioni tra la gente: – Cfr. L’interazionismo simbolico – Cfr. Le subculture
2. Le azioni delle organizzazioni – Cfr. industria culturale
In sintesi: Cultura
 La cultura come coscienza collettiva: l’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media
dei membri di una società
 La cultura in quanto insieme di credenze, sentimenti, etc. è creata attraverso relazioni sociali; è
frutto di un processo di rappresentazione collettiva
 La cultura rap-presenta simbolicamente la società
 In quanto tale essa ha la funzione di integrazione degli individui e di formazione del consenso
sociale

In sintesi: Modernità

Critiche
Ponendo particolare attenzione alla relazione tra individuo e società, Durkheim
 rischia di trascurare la dimensione delle interazioni sociali così come avvengono nella vita
quotidiana (cfr. interazionismo simbolico),
 finisce per autonomizzare la cultura e per identificare cultura e società
 considerandole prevalentemente come delle realtà già date, che si impongono agli individui

Sommario
 Modernità: affermazione del valore in sé dell'individuo e della sua autonomia
 Cultura e società: cultura e società quasi si identificano, sono le esperienze sociali (non le basi
materiali) a formare le categorie della cultura
 La relazione individuo-società è caratterizzata da un'ambivalenza vi è una sorta di co-costituzione
tra individuo e società
 La creazione culturale è il risultato di un processo sociale di aggregazione tra gli individui

L’interazionismo simbolico
Carattere di fondo dell’interazionismo simbolico
La maggior parte degli approcci sociologici assume i fenomeni sociali (ad esempio le norme, le istituzioni ed
i ruoli) come dati.
L’interazionismo simbolico si interessa a come la gente nella vita quotidiana costruisce le norme, i ruoli e la
stessa identità (il sé).
Diamante culturale
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Il concetto base
L'interazionismo simbolico è una prospettiva sociologica che esamina le interazioni fra individui e gruppi di
individui, assumendo che il comportamento umano non nasca da una serie di risposte a stimoli, ma
dall'interpretazione dei significati simbolici attribuiti agli stimoli stessi.
Definizione originaria
L'espressione fu coniata nel 1937 da Herbert Blumerche si rifaceva in parte ai lavori di G. H. Mead. Sono tre
i principi dell'interazionismo simbolico, divenuto una vera e propria scuola di pensiero:
1. gli esseri umani agiscono nei confronti delle "cose" (oggetti fisici, esseri umani, istituzioni, idee...) in
base al significato che attribuiscono alle “cose”;
2. il significato attribuito a tali oggetti nasce dall'interazionetra gli individui che ne condividono così il
significato;
3. tali significati sono costruiti e ricostruiti attraverso un "processo interpretativo messo in atto da una
persona nell'affrontare le cose in cui si imbatte"
(Herbert Blumer, Symbolic Interactionism, Berkeley, University of California, 1969).
Le radici intellettuali del padre fondatore George Herbert Mead (1863-1932)
 Scuola di Chicago
 Thomas: definizione della situazione (importanza delle percezioni, credenze e convinzioni
soggettive rispetto ai dati reali)
 Cooley: Io riflesso o Io specchio (1909)

Charles Cooley
L’Io riflesso è costituito di tre elementi:
 Ciò che pensiamo gli altri vedano in noi (“sono convinto che la gente reagirà al mio nuovo taglio di
capelli”)
 Come pensiamo che gli altri reagiscano a ciò che vedono (“credo che pensino che mi stia bene”)
 Come a nostra volta reagiamo alla reazione che percepiamo (“penso che continuerò a farmi questo
taglio”)
George Herbert Mead
 Rilevanza dell’interazione (mediazione simbolica) nel pensiero meadiano.
 L’interazione è fondamentale nello sviluppo del sé (self) del pensiero (mind) e della organizzazione
sociale (society). (Mind Self and Society, 1934)
Mead - Interazione simbolica
 La forma più elementare di comunicazione si esprime attraverso il gesto.
 “Nel gesto si realizza un’interazione fondata sull’adattamento reciproco tra due o più individui
all’interno di un ambito comune di senso”.
 Il gesto è al contempo un atteggiamento esterno osservabile, e un atteggiamento interno
 Se il gesto si realizza come reazione a uno stimolo esso non ha carattere intenzionale (ad esempio il
cane che ringhia induce nell’altro un gesto irriflesso di fuga o di attacco)
 Negli esseri umani si danno situazioni analoghe, ma generalmente il soggetto riflette sulla sua
azione e il gesto che ne scaturisce assume un significato, esso diventa simbolo di una intenzione
interiore, si trasforma cioè in comunicazione, linguaggio.

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“I gesti diventano simboli significativi quando suscitano implicitamente, nell’individuo che li compie, le
medesime risposte che essi suscitano esplicitamente, o si ritiene che suscitino, negli individui ai quali sono
indirizzati” (Mind, Self and Society, 1934, p. 72)
Riflessività-coscienza-interazione-simboli
 L’Io pensa al Me e reagisce ad esso come reagisce nei confronti degli altri
 Il sé dell’individuo si costruisce attraverso l’interiorizzazione dell’altro, dapprima nel processo
dell’imitazione, poi nella fase del gioco libero ed infine nella fase del gioco strutturato, fase nella
quale si interiorizza l’altro generalizzato
«Il rapporto cosciente con il proprio sé e il pensiero emergono quando l’individuo riesce a stabilire con se
stesso un dialogo interiorizzato, analogo a quello che stabilisce esternamente con gli altri: si costituisce così
un ambito comune di significati per tutti gli individui che partecipano a una data società … Senza rapporto
sociale, senza linguaggio non vi sarebbe neppure coscienza, ovvero costituzione del sé […] L’ordine
simbolico (la cultura ndr) è quindi costitutivo dell’attore sociale ed è alla base dell’interazione tra soggetti»
(Crespi F., Manuale di sociologia della cultura, Roma-Bari, Laterza, 1996 p. 64)
Mead in sintesi
 La mediazione simbolica secondo Mead è costitutiva del sé del pensiero e della società.
 Le forme di mediazione simbolica trovano la loro oggettivazione e strutturazione nei sistemi
culturali
 L’individuo è al tempo stesso un prodotto sociale e al contempo parte attiva della produzione delle
strutture socio-culturali
 La stessa cultura ha una posizione ambivalente rispetto al soggetto e alla società

Goffman Il sé come prodotto di una scena


Il sé come rappresentazione sociale
Il Sé “non ha origine nella persona del soggetto, bensì nel complesso della scena della sua azione, essendo
generato da quegli attributi degli eventi locali suscettibili di interpretazione da parte di testimoni” (Goffman
1959, 285).
 Attraverso il processo di socializzazione si “insegna” al sé “ad essere percettivo, ad avere sentimenti
connessi al proprio sé – un sé, a sua volta, espresso attraverso la faccia – ad avere orgoglio onore e
dignità, ad avere riguardo per gli altri, tatto e una certa padronanza di sé” (Goffman 1967, 49)
 La continuità del sé non poggia su una struttura interna, ma su un contesto istituzionalizzato
I concetti fondamentali
1. Interazione faccia a faccia: "l'influenza reciproca che individui che si trovano nell'immediata
presenza altrui esercitano gli uni sulle azioni degli altri”. (p. 26)
2. Espressioni e impressioni: Nell'interazione, l'individuo offre sempre un'immagine di sé (espressione)
e gli altri riportano sempre un'impressione sul suo conto (p. 12).
3. Definizione della situazione: “In ogni situazione in cui gli individui si trovano proiettano una
definizione della situazione. Essa riguarda le regole e le norme che governano le relazioni tra le
persone in quella situazione e il loro ruolo. In genere, le definizioni della situazione proiettata dai
vari membri sono abbastanza in armonia l'una con l'altra “consenso operativo” (p. 20).
4. Il discredito: Durante il processo interattivo possono accadere fatti che contraddicono la definizione
della situazione. L'individuo che proietta una definizione della situazione afferma implicitamente o
esplicitamente di essere una persona di un certo tipo, avanza una richiesta morale nei confronti
degli altri. Il discredito mette in crisi il minuzioso sistema dell’interazione faccia a faccia generando
una situazione di disagio (p.23). Per questo esistono tutta una serie di misure preventive e
protettive.
Rappresentazioni sociali e impressioni
 Quando un individuo si trova in presenza di altri (in una situazione sociale) le altre persone
cercheranno di avere informazioni sul suo conto (status socio-economico, concezione che egli ha di
sé, atteggiamento che egli ha nei loro confronti, capacità di cui dispone, serietà, etc.), sono alla
ricerca di informazioni per comprendere cosa possono aspettarsi da lui e come dovranno agire o re-
agire nei suoi confronti.
30
 Dunque, in una interazione l’attore sociale realizza una rap-presentazione del proprio sé per gli
alter, per il “pubblico”

Elementi della rappresentazione


La rappresentazione nell’interazione sociale utilizza quella che Goffman chiama “la facciata”:
“l’equipaggiamento espressivo di tipo standardizzato” (33) che si distingue in:
 Facciata personale: elementi dell’equipaggiamento espressivo che identificano l’attore: sesso, età,
razza, taglia, aspetto, vestiario, portamento, lessico, gestualità
 Ambientazione: “il mobilio, gli ornamenti, …” lo sfondo della rappresentazione

Rappresentazione Idealizzazione Rituale


«Ci siamo sbarazzati di molti dei, ma l'individuo rimane ostinatamente una divinità di notevole importanza»
(Goffman, Il rituale dell’interazione, 1967, pp.103-104)
Rappresentazione e norme sociali: L’idealizzazione
 Ogni rappresentazione incorpora pretese di validità astratte generali cioè delle idealizzazioni.
 La “rappresentazione tenderà ad incorporare ed esemplificare i valori sociali già accreditati” (47).
 La rappresentazione ha un valore cerimoniale, rituale (Durkheim e Radcliffe-Brown) e produce “un
ringiovanimento espressivo ed una riaffermazione dei valori morali della comunità” (p. 48)

Conseguenze dell’idealizzazione sul comportamento in pubblico


Rappresentare il proprio sé con:
 Rispetto per la «faccia» dell’altro
 Deferenza
 Contegno
 Cura dell’etichetta
 Disattenzione civile
Dissonanze tra apparenza e realtà - Idealizzazione e occultamento
In una rappresentazione gli attori hanno la tendenza a sminuire e a nascondere attività, fatti e motivi
incompatibili con la versione idealizzata della loro facciata (ruolo)
 Errori (i medici seppelliscono i propri errori)
 La fase di elaborazione di un prodotto viene celata e si tende a presentare solo l’opera finita
 Il lavoro “sporco” necessario alla riuscita della rappresentazione (condizionare gli arbitri)
 I motivi strumentali di accesso ad un ruolo sono celati dietro i motivi ideali (faccio il professore per
diffondere la conoscenza del sapere sociologico, retorica dell’addestramento)
 Vantaggi secondari incompatibili con il ruolo (le conoscenze, i viaggi di lavoro)
Dissonanze tra apparenza e realtà - Idealizzazione e unicità del ruolo
 Il requisito dell’idealizzazione della rappresentazione implica che il ruolo (la facciata) sia presentato
come speciale, unico o il più importante tra tutti.
 In realtà gli individui hanno tante facciate quanti sono i pubblici (60)
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 Per proteggere le diverse facciate si realizza una “segregazione dei pubblici” (61)
 La segregazione dei pubblici genera situazioni di “grossolana pseudo-Gemeinshaft” “perché non
esiste quasi rappresentazione, in qualsiasi campo della vita, che non faccia affidamento sul tocco
personale per esagerare l’unicità del rapporto intercorrente fra attore e pubblico” (62)
Conservazione del controllo dell’espressione
Ogni attore è impegnato nel controllo delle proprie espressioni nelle diverse situazioni.
Il pericolo principale è che un incidente possa mettere in discussione la definizione della situazione ufficiale.
Occorre evitare:
- Gesti involontari che derivano dal mancato controllo dei propri muscoli (inciampare, sbadigliare,
grattarsi, accappigliarsi, sbagliare pronuncia o accento, girare col nodo della cravatta sbilenco o una
macchia sul vestito)
- Dare l’impressione di essere troppo o troppo poco coinvolti
- Mettere in scena rappresentazioni con una regia inadeguata
Esistono meccanismi di prevenzione e di recupero (il riso, l’autoironia, le scuse).
Controllo dell’espressione e socializzazione
 “La coerenza espressiva richiesta nelle rappresentazioni indica una netta distanza tra il nostro fin
troppo umano “io” ed un “io” socializzato“(68).
 “Si pretende una certa burocratizzazione dello spirito per garantirsi una rappresentazione
perfettamente omogenea” (68).
 La socializzazione è il processo che realizza la burocratizzazione dello spirito
 Santaiana: la socializzazione “Pietrifica l’anima in un’idea”
Realtà e artificio
 “Abbiamo la tendenza a considerare le rappresentazioni vere come qualcosa di nient’affatto
artificiale, un prodotto non intenzionale dell’individuo che reagisce automaticamente alla situazione
di fatto” (p. 82).
 “Vogliamo … in questa sede sottolineare che una rappresentazione onesta sincera e seria è meno
strettamente connessa con il mondo della realtà di quanto non si potrebbe credere a prima vista”
(p.83)
Per realizzare l’obiettivo di relativizzare la distinzione tra realtà e artificio Goffmann utilizza gli esempi de:
 l’attore professionista per distinzione dall’attore nella vita quotidiana che ha comunque appreso
una serie consistente di competenze drammaturgiche
 lo psicodramma come situazione nella quale si recita la parte della propria vita o dei propri
familiari, perché si è appresa la parte nella relazione quotidiana con quelle persone.
 Ma è utile anche l’esempio dei fidanzati
Realtà, artificio e socializzazione
Ritorna l’idea di socializzazione ed è evidente qui il riferimento all’interazionismo simbolico di Mead:
l’apprendimento delle competenze sociali avviene attraverso l’assunzione del ruolo dell’altro (specifico e
generalizzato).
Socializzazione anticipatoria
 Secondo Goffman in seguito al processo di socializzazione gli individui acquisiscono un repertorio
base di “parti espressive che sono sufficienti per cavarsela in un modo o nell’altro in qualsiasi parte
gli possa essere assegnata” (p.85).
 “L’individuo avrà già una discreta idea di che cosa siano la modestia, la deferenza, l’indignazione
giustificata e potrà cavarsela recitando questi ruoli quando sarà necessario” (pp.85-86)

I territori delle rappresentazioni


Territorio
 “qualsiasi spazio che sia delimitato da ostacoli alla percezione”
 Nelle società moderne le rappresentazioni avvengono sempre all’interno di territori, spesso vi sono
anche delle limitazioni temporali. Gli strumenti di delimitazione possono essere diversi: vetri,
pareti, pannelli in legno, etc. Alcuni isolano solo visivamente, altri solo acusticamente, altri sia l’uno
che l’altro.
32
La ribalta
 È il luogo ove si svolge la rappresentazione
 La rappresentazione che avviene sulla ribalta in genere costituisce un tentativo da parte dell’attore
di mostrare che la sua attività entro quel territorio segue certe norme
 L’equipaggiamento semantico (la facciata personale e l’ambientazione) che gli attori utilizzano sulla
ribalta è definito: «scena»
Le norme della ribalta
Cortesia: modo in cui l’attore tratta il pubblico
Decoro: modo in cui l’attore si comporta quando può essere visto dal pubblico, ma non è impegnato a
parlargli:
 Regole morali: sono un fine in sé stesse riguardano ad esempio il rispetto dei luoghi sacri il non
molestare il prossimo, il corretto comportamento sessuale
 Regole strumentali: non sono un fine in sé e si riferiscono ad es. agli obblighi che un datore di
lavoro può richiedere ai suoi dipendenti: conservare le attrezzature, produrre con lena, etc.
Il retroscena
 Ogni rappresentazione (attività svolta in presenza di altre persone) implica l’accentuazione
dell’espressione di certi aspetti e la soppressione di altri che potrebbero screditare l’impressione.
 I fatti e le espressioni accentuate appaiono sulla ribalta
 I fatti soppressi compaiono invece nel retroscena
 Ovvero il luogo nel quale “l’impressione voluta dalla rappresentazione stessa è scientemente e
sistematicamente negata” (p.133)
Il retroscena: funzioni
 Viene costruita la capacità di una rappresentazione di esprimere qualcosa che vada oltre sé stessa
 Vengono create illusioni e impressioni
 Si custodiscono gli arredi scenici che sono parte della facciata personale
 Qui vengono nascosti gli equipaggiamenti disponibili per un dato cerimoniale
 Qui i costumi e le altre parti della facciata personale possono essere accomodati ricercandone i
difetti
 Qui l’équipe può ripassare la sua rappresentazione ricercandone i difetti

Il retroscena: collocazione
 Si trova ad un estremo del luogo ove si tiene la rappresentazione ed è separato da questo da un
divisorio e da un passaggio sorvegliato.
 In tal modo essendo la ribalta e il retroscena adiacenti, un attore che si trovi sulla ribalta può
ricevere assistenza dal retroscena durante la rappresentazione e può momentaneamente
interromperla per brevi periodi di distensione.
 Il retroscena costituisce per l’attore un luogo sicuro
Nel retroscena
Alcune situazioni di retroscena fanno sì che l'individuo metta in disordine il proprio vestiario e sia fuori
gioco, ossia perda quella maschera espressiva che adopera nell'interazione faccia a faccia.
Contemporaneamente all'individuo diventa difficile poter ricomporre la propria facciata se gli accade di
dover improvvisamente essere coinvolto in un'interazione.
Retroscena e zona di confine
Uno dei momenti più interessanti per osservare l’attività di controllo delle impressioni è quello in cui un
attore lascia il retroscena ed entra nel luogo dove si trova il pubblico, o anche quando ne esce.
(cfr. es. camerieri, p. 142)

33
Stabilità e continuità della ribalta
Le decorazioni e le attrezzature permanenti di un luogo dove in genere si svolge una certa
rappresentazione, come pure gli attori che vi si trovano abitualmente, tendono a creargli intorno una specie
di alone magico; anche quando la rappresentazione non è in atto, il luogo mantiene in genere un po' del
suo carattere di ribalta.
Repertori dell’interazione
In tutte le società occidentali esistono almeno tendenzialmente tanto un repertorio informale del
comportamento, che un repertorio formale riservato alle occasioni in cui avviene la rappresentazione.
Il repertorio da retroscena
 Comprende il chiamarsi a vicenda per nome, decidere collettivamente, imprecare, mugugnare,
vestirsi in modo trasandato, stare in posizioni scomposte, usare termini dialettali, borbottare,
urlare, avere scherzose manifestazioni di aggressività o di presa in giro, trascurare la presenza del
prossimo con atti secondari come canterellare, fischiettare, masticare, rosicchiare, ruttare.
 In genere nel retroscena si possono tenere atti potenzialmente offensivi, cosa che non è concessa
sulla ribalta
 Nel retroscena si mettono in atto azioni che gli psicologi definirebbero regressive
Compromessi tra repertori
In ogni situazione concreta si realizza un compromesso tra repertori formali e informali
1. Quando il pubblico non è presente è probabile che ogni membro dell’équipe voglia dare
l’impressione che i segreti dell’équipe possono essergli tranquillamente affidati
2. Vi sono dei momenti nel retroscena in cui gli attori devono sostenersi a vicenda dando
l’impressione che la rappresentazione andrà o sia andata per il meglio
3. Se l’équipe contiene soggetti appartenenti a diverse categorie sociali la libertà d’azione nel
retroscena è volontariamente limitata (uomini e donne nei lavori portuali p. 151)

Familiarità e calore nel retroscena


 Quando diciamo che gli attori si comportano in modo informale, familiare e rilassato nel retroscena
e che sono più circospetti sulla scena, ciò non significa che le piacevolezze della vita interpersonale
(cortesia, cordialità, generosità) siano sempre riservate a coloro che stanno nel retroscena.
 Spesso anzi il segno più inconfondibile di solidarietà del retroscena è quello di considerare “innocuo
l’abbandonarsi ad un umore a-sociale, imbronciato e di silenziosa irritazione”

Retroscena e senso di colpa


 Gli individui che si vedono nel retroscena hanno una cattiva opinione di sé che genera talvolta un
senso di colpa.
 La mobilità sociale ascendente illude l’attore di accedere ad una posizione sociale nella quale non
sarà attore con facoltà di accesso al retroscena e con la conseguente disillusione e senso di colpa

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Il controllo dell’accesso alla ribalta e il terzo territorio
 Per parlare dell’accesso alla ribalta è importante introdurre un terzo territorio che comprende tutti
i luoghi all’infuori di quelli già indicati e che Goffman definisce «esterno». Gli individui che si
trovano in questo territorio sono gli «estranei»
 Generalmente gli edifici contengono gli spazi della ribalta e del retroscena i muri perimetrali
distinguono questi spazi dallo spazio esterno

Il controllo dell’accesso alla ribalta


 Quando degli estranei entrano inaspettatamente nel retroscena e nella ribalta gli attori (anche con
la complicità del pubblico) modificano la loro rappresentazione.
 Sulla ribalta gli attori hanno la tendenza a dare l’impressione che il ruolo che stanno recitando al
momento sia il loro ruolo più importante.
 Ciò richiede una differenziazione delle ribalte e un controllo dell’accesso del pubblico alla ribalta =
«Segregazione dei pubblici»
 Spesso i comportamenti degli attori sono settoriali, pertanto, può accadere che l’arcigno direttore
sia un debole in famiglia

Controllo dell’accesso e segregazione dei pubblici


Il problema della molteplicità dei ruoli e delle diverse rappresentazioni può essere risolto attraverso forme
di «segregazione del pubblico» ovvero di controllo diversificato da parte dell’attore dell’accesso di un
pubblico ad una rappresentazione piuttosto che a un’altra, in modo tale che coloro che vedono l’attore in
una rappresentazione non lo vedano in un’altra.

Livelli di partecipazione al retroscena nel turismo


1. Front region: spazio scenico interamente predisposto per il turista, i cui confini sono invalicabili dal
turista stesso
2. Un palcoscenico allestito per sembrare in alcuni particolari un retroscena (La dentelliere)
3. Un palcoscenico completamente allestito per sembrare un retroscena (la tribù indiana)
4. Un retroscena in cui si consente l’accesso guidato e limitato al turista
5. Retroscena ripulito e ritoccato per essere visitato dai turisti (agriturismo)
6. Pieno accesso al retroscena

Funzionalismo e interazionismo - Modernità e postmodernità

Subculture, innovazioni e ritardi culturali


Che cos’è la subcultura?
Subculture
«Se le relazioni reciproche in un gruppo sociale sono sufficientemente forti da resistere alle influenze
dell’altro generalizzato societario, il gruppo diventa una subcultura» (Griswold 1994, 83)
La subcultura
 Esiste entro un più ampio sistema culturale
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 Ha contatti con la cultura esterna
 Entro il suo dominio opera un potente insieme di significati, simboli, norme comportamentali –
spesso contrapposti a quelli in vigore nella cultura più ampia – che sono oggetto di identificazione e
sono vincolanti per i membri della subcultura

La creazione culturale in una squadra di baseball della little league

Sub-cultura - idiocultura
 L’idiocultura è la cultura del sub-gruppo: ricca di implicazioni, vivacizzata da simboli ed espressioni
noti solo ai membri del gruppo, e utilizzati per separare questi dagli estranei (p. 85)
 Nel gruppo creatore della sub-cultura gli eventi vengono trasformati in cultura

Sub-cultura vs. cultura dominante e mutamento culturale


La sub-cultura può concorrere a riprodurre la cultura dominante, in altri casi le si contrappone, la sfida per
screditarla (Sub-culture delinquenziali), in altri la vuole cambiare (Cfr. l’esempio della Griswold: «Boxer
dello Spirito» -> «Uniti nella giustizia» alla fine della dinastia Qing).

La subcultura della delinquenza (Cohen)


 Cohen, Delinquent Boys 1955
 Il comportamento delle bande giovanili: gratuito, distruttivo, non strumentale, prevaricatore (non
utilitarista)
 Problemi di status, differenza di risorse (non solo i giovani si trovano a competere coi compagni delle
classi medie avendo minori risorse, ma vengono anche valutati secondo i parametri delle classi medie:

36
capacità di posticipare la gratificazione, capacità di definire obiettivi a lungo termine, rispetto della proprietà
altrui)
 Frustrazione da status
 Utilizzo del meccanismo della formazione reattiva
 Modificazione dei mezzi (nuove norme, nuovi criteri per definire lo status, che legittimano le caratteristiche
possedute).
Nuova subcultura

Durata temporale della cultura e mutamento culturale


 Le sub-culture agenti del cambiamento
 Teoria del riflesso
 Ogburn (1936) Ritardo culturale:
- Cultura materiale: case, macchine, materie prime, manufatti, sostanze alimentari, etc.;
- Cultura non materiale: costumi, pratiche quotidiane, istituzioni sociali, etc.;
- Cultura adattiva: quella parte di cultura non-materiale che si adegua ai cambiamenti strutturali
- Occorre sempre un po’ di tempo perché la cultura adattiva si adatti al cambiamento e questo scarto
è detto: ritardo culturale
Possiamo citare numerosi esempi del processo inverso (Weber, consumo di sigarette)

Teoria struttural-funzionalista della dissociazione tra mezzi e fini (Merton)


Tratti essenziali dell’american creed o dell’american dream (attivismo strumentale, individualismo
acquisitivo):
 tutti devono tendere alle stesse mete ambiziose, con la convinzione che esse sono alla portata di
tutti (eguaglianza);
 l’eventuale insuccesso deve essere considerato momentaneo e prelude al successo finale;
 l’unico reale insuccesso consiste nell’abbassare le proprie aspirazioni.
Ogni società socializza gli individui al raggiungimento di determinate mete e mette a disposizione degli
individui un insieme di mezzi legittimi per il raggiungimento di tali mete.

Anomia
 Disgregazione dei valori e assenza di punti di riferimento; disgregazione sociale, debolezza o
assenza del legame morale (Durkheim 1893)
 Demoralizzazione (Thomas 1920 ca.)
 Dissociazione tra valori ultimi (mete) e valori strumentali (mezzi) (Merton 1966)

Thomas Immigrazione Demoralizzazione

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1921: mentre le frontiere statunitensi chiudono progressivamente all'immigrazione transoceanica e al
sogno americano di migliaia di individui, William Thomas, una delle personalità di maggiore spicco della
ricerca sociologica nella Chicago di inizio del secolo, conduce un'analisi dell'insediamento degli immigrati
nella società americana destinata a rimanere un modello insuperato dell'indagine sociale. Il fenomeno che
Thomas ha di fronte è imponente. Una massa enorme di immigrati che provengono essenzialmente dal Sud
e dall'Est d'Europa: italiani, polacchi, ebrei, russi. Di fronte ai processi di demoralizzazione e
disorganizzazione sociale conseguenti al loro tumultuoso aggregarsi, Thomas tende a cogliere le
contraddizioni culturali ma anche e soprattutto la ricchezza potenziale di quei popoli e delle loro
immigrazioni. La raccolta di documenti, lettere, storie di vita, racconti, circolari di associazioni,
testimonianze, mostra la complessità dei processi attraverso i quali i vecchi mondi si trapiantano nel nuovo.
La convinzione da cui Thomas muove è che l'oblio e la rimozione degli elementi che costituivano il
paesaggio mentale e affettivo degli immigrati possano incidere sul processo di assimilazione e sulla
dinamica della riorganizzazione sociale in maniera non già positiva, ma al contrario negativa. Quelle radici,
dunque, non devono essere cancellate: devono piuttosto essere positivamente prolungate e ritradotte;
soprattutto nella prima fase del nuovo insediamento, le singole associazioni nazionali e la stampa svolgono
un ruolo fondamentale, e garantiscono la coesistenza del linguaggio d'origine a fianco di quello nuovo. Più
che una barriera rispetto al nuovo, ogni richiamo alla cultura d'origine deve essere considerato come un
contributo efficace, non solo per il futuro del singolo individuo o del gruppo, ma per quello dell'intero paese
d'arrivo. Storia e memoria dei popoli sono così destinate a saldarsi con il presente, entrando in una
relazione feconda e interagendo con la realtà del popolo nativo statunitense, in una nuova, ampia e
partecipata concezione della democrazia.

Teoria struttural-funzionalista

Teoria struttural-funzionalista della dissociazione tra mezzi e fini (Merton)

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Produzione distribuzione e recezione della cultura
La cultura come prodotto e merce
In una società caratterizzata dalla produzione su larga scala di carattere industriale e capitalistico, la
produzione di oggetti che incorporano simboli, credenze e valori estetici diviene uno specifico settore
merceologico, che segue le stesse leggi che governano la produzione industriale di altri tipi di beni.

La cultura tra industria e democratizzazione


Se alle origini le moderne scienze della cultura avevano polarizzato il dibattito attorno ad un'idea per così
dire nobile ed elitaria dei prodotti della cultura (pittura, letteratura, musica, etc.) contro un'idea socio
antropologica e popolare che la intende come insieme di norme, valori, credenze, tecniche, linguaggi, etc.,
l'industria culturale finisce per favorire un processo di produzione in serie dei contenuti della cultura elitaria
(letteratura, musica, pittura, scultura, etc.) che potenzialmente annulla la polarizzazione tra concezione
elitaria e popolare.

Mediatizzazione e serialità della cultura


L'introduzione della stampa realizza una “rivoluzione inavvertita” (Eisenstein 1995) che ha costituito le
premesse per la genesi dell'industria culturale caratterizzata dal fenomeno definito “mediatizzazione della
cultura” (Thompson 1998)

Apocalittici e integrati il ritorno del dibattito delle origini


 Habermas (1962) in un saggio sull'origine dell'opinione pubblica mostra come inizialmente i
prodotti culturali (la letteratura e la stampa) venissero realizzati con il preciso fine di essere oggetto
di discussione e di critica nei salotti borghesi del 700.
 La produzione in serie (industriale) ha poi favorito la fruizione privata ed individuale dei prodotti,
sostituendo all'attività critica dei salotti il consumo tendenzialmente passivo, acritico, conformista,
manipolato e massificante dei beni cultuali.

Mediatizzazione ed esperienze
L'uso dei mezzi di comunicazione ha radicalmente modificato l'esperienza soggettiva consentendo forme
mediate di esperienze di pseudo-ambienti, l'esperienza soggettiva è stata al contempo ampliata e
segregata.

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La ricezione
Nonostante il significato di un oggetto culturale sia inizialmente suggerito dai creatori, chi riceve l’oggetto
lo elabora.
Problema: Con quale grado di libertà i ricevitori rendono significativi gli oggetti culturali?

Differenziazione dei capitali


 Capitale economico: livello di reddito e livello professionale
 Capitale culturale: cultura trasmessa dalla famiglia, livello e tipo di istruzione,
 Capitale sociale: quantità e qualità delle relazioni sociali

Mappa dello spazio sociale

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Studio empirico dei gusti

HABITUS
«Un sistema di disposizioni durevoli e trasponibili che, integrando tutte le esperienze passate, funziona in
ogni momento come matrice di percezioni, valutazioni e azioni, e rende possibile compiere compiti
infinitamente differenziati, grazie al trasferimento analogico di schemi, di risolvere problemi simili, che si
autocorregge grazie ai risultati ottenuti.»
Bourdieu (1972) Esquisse d’une théorie de la pratique, 261-2

Capitali e gusti individuali: La musica

Orizzonti di aspettative
 Hans Robert Jauss (accademico tedesco – 1921-1997) Teoria della ricezione
 «Quando un lettore prende un libro, non vi si relaziona come se fosse un recipiente vuoto pronto ad
essere riempito … piuttosto lo colloca in un «orizzonte di aspettative» plasmato dalle sue precedenti
esperienze letterarie, culturali e sociali».

Orizzonte di aspettative
Il lettore interpreta il testo sulla base del suo orizzonte di aspettative, compie un’operazione critica del
testo e al tempo stesso modifica il suo orizzonte di aspettative.

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Le teorie della ricezione

2. Oggetto culturale forte- ricevitore debole (mass culture) Sottende tutte le paure legate ai mass media
(Scuola di Francoforte), in cui il ricevente è fortemente condizionato dal contenuto. I contenuti si
impongono alle persone perché i prodotti culturali sono costruiti con tecniche che aggirano le difese delle
persone.

Riferimenti bibliografici
 Griswold W., Sociologia della cultura, Il Mulino, Bologna 2005, nuova ediz., capito 4: pp. 105-129.
 Bourdieu P., La distinction; critique sociale du jugement, (1979), Il Mulino, Bologna, 1984.
 Hirsh P.M., Processing Fad and Fashions. An Organizational Set Analysis of Culture Industry System,
in « American Journal of Sociology » 1977, pp. 639-659.

Cultura sviluppo della civiltà


Diritto alla cultura
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) art. 27
1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere
delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

Costituzione della Repubblica italiana (1948) art. 9


La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il
patrimonio storico e artistico della Nazione.

Convenzione sui diritti dell’infanzia (1989) art. 31


1. Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad
attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica
2. Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita
culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi
appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali

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Elementi della cultura
La cultura è:
 «Una struttura di significati, …, incarnati in simboli» (Geertz)
 «Un significato condiviso incorporato in una forma» (Griswold p. 26)
 «E’ un insieme concatenato di modi di pensare, di sentire, di agire più o meno formalizzato» (Voce
Cultura Enciclopedia Treccani)

Di che cosa è fatta la cultura?


Gli elementi di base della cultura

Ambiti di produzione della cultura


 Sistema giuridico
 Processi, mezzi e sistemi di comunicazione
 Arte
 Processi e agenzie di socializzazione
 Scienza
 Economia
 Politica
 Religione (Riti, Miti)

Le strutture di aspettative (Luhmann)


 Aspettative cognitive: se la realtà smentisce l'aspettativa, quest'ultima viene modificata;
 Aspettative normative: se la realtà smentisce l'aspettativa, quest'ultima viene conservata e il
comportamento riproposto (il comportamento del soggetto è considerato come un mezzo per la
realizzazione della norma o del valore)
 Aspettative affettive: si è attenti alle smentite della realtà, ma ci si attende una conferma dal
comportamento altrui

Elementi della cultura e strutture di aspettative


 Aspettative cognitive: conoscenza empirica;
 Aspettative normative: conoscenza esistenziale, valori, norme
 Aspettative affettive: riti, miti, prodotti artistici

An Essay Concerning Human Understanding (Locke)


John Locke, nel suo Saggio sull’intelletto umano, parlando dello studio dei segni scrive:
«Il suo compito è di considerare la natura dei segni di cui fa uso la mente per l'intendimento delle cose, o
per trasmettere ad altri la sua conoscenza. Poiché, le cose che la mente contempla non essendo mai, tranne
la mente stessa, presenti all'intelletto, è necessario che qualcos'altro, come un segno o una
rappresentazione della cosa che viene considerata, sia presente alla mente: e queste sono le idee»

Semiotica
 Studio dei segni: come sono strutturati e prodotti i segni. Dal greco semeion = segno
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 Aliquid stat pro aliquo (Agostino d’Ippona)
 Ferdinand de Saussure (1916)
 Peirce

Conseguenze della teoria di de Sassure:


 Arbitrarietà
 Autonomia “ontologica” del segno: trascura la realtà cui il segno si riferisce e trascura chi usa i
segni: l’emittente, il ricevente, etc.
Conseguenze della teoria di Peirce:
Il segno è l’intermediario tra la realtà (esistente al di là della sua rappresentazione) e la mente
dell’interprete. Si tratta di una posizione realista e non costruttivista. Essa assume come punto di partenza e
causa del processo di significazione la realtà.

Struttura del segno

Semiotica interpretativa di Pierce


Segno “qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche aspetto e capacità” (Pierce)
Classificazione del segno in base alla relazione significante significato:
Icona: ogni segno caratterizzato da una relazione di somiglianza o analogia tra significante e significato (es.:
l’omino stilizzato per indicare il bagno maschile, la mappa di una città, primavera di Vivaldi)
Indice: ogni segno caratterizzato da una relazione di contiguità/continuità fisica tra significante e significato.
(es.: impronta sulla sabbia, la colonnina di mercurio per la temperatura)
Simbolo: ogni segno caratterizzato da relazione arbitraria tra significante e significato (es.: la parola
“cavallo” per il mammifero quadrupede, con la criniera; ma anche simbolo di velocità e di potenza: cavallo
vapore, i cavalli dell’automobile)
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Una classificazione in base all’arbitrarietà della relazione tra significante e significato
Segno – Segnale: il significato è una quantità/qualità precisa e finita. Nella relazione tra significante e
significato vi è un nesso arbitrario, ma diretto. L’interpretazione non si presta ad ambiguità (ad esempio
l’indice, o anche, per certi versi, l’icona); nella forma più semplice è qualcosa che sta per qualche altra cosa:
Segno - Simbolo: nel simbolo il nesso tra un significante e il suo significato è meno diretto, è più ampio ed è
soggetto a, anzi necessita della, interpretazione dell’attore.
I simboli sono rilevanti in sociologia: le attività di costruzione e negoziazione sui simboli sono componenti
fondamentali della vita sociale di singoli e gruppi.

Significazione
Relazione tra un significante e un significato
 Nel caso del segno il processo di significazione si basa su una relazione biunivoca tra significante e
significato. Il cavallo rimanda al quadrupede con la criniera e gli zoccoli.
 Nel caso del simbolo il significante rimanda ad un ambito più complesso di significati. È richiesto un
processo di interpretazione da parte del soggetto. Il cavallo diventa simbolo di velocità, di potenza
(i cavalli del motore)

Simboli e società
 La società è una foresta di simboli
 La società produce simboli e, al tempo stesso, i simboli generano socialità

Perché abbiamo bisogno di simboli?


 Gli esseri viventi si sviluppano e agiscono in accordo con istruzioni codificate nei loro geni. Nel caso
degli animali chiamiamo istinto questa molla genetica (specializzazione).
 Nel caso dell’uomo i geni non forniscono informazioni sufficienti alla sopravvivenza (essere
generico). La cultura compensa l’incompletezza genetica, fornendo interpretazioni del mondo.

“Percepiamo l’ambiente che ci circonda nei termini di un mondo dotato di significato, ma tale significato
non è un attributo intrinseco degli oggetti della nostra esperienza ma il frutto di un processo interpretativo”
(De Biasi)

 I significati e le interpretazioni del mondo sono contingenti. Come osserva Berger ciò genera la più
grande paura dell’uomo: la paura del caos.
 Dal punto di vista sociologico la cultura costruisce un argine contro il dilagare del caos, essa
“fornisce significato e ordine attraverso l’uso dei simboli” essa è costituita di “oggetti culturali che
convogliano un significato” (Griswold, 39)

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Le funzioni di simboli

Conoscenza empirica

“Rosso di sera, bel tempo si spera”

Il senso comune
Concezione elementare del mondo e dell’esistenza comune alla maggior parte dei membri di una società, e
utilizzata da quasi tutti loro con un grado minimo di consapevolezza, tale da permettere di predicare come
“ovvi” e “dati” i più diversi stati e variazioni di oggetti, fenomeni, accadimenti sociali e culturali. (L. Gallino)

Conoscenza esistenziale (Le credenze)


Spesso quand’io ti miro
star così muta in sul deserto piano,
che, in suo giro lontano, al ciel confina;
ovvero con la mia greggia
seguirmi viaggiando a mano a mano;
e quando miro in ciel arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono…
(G. Leopardi)

Conoscenza esistenziale
A questi interrogativi né la scienza, né la conoscenza empirica possono rispondere.
Ogni cultura costruisce la propria cosmogonia -> Sistemi religiosi, ideologici e filosofici che intendono
spiegare il mondo.

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I CODICI
 Un codice è costituito da un insieme di simboli (cui è attribuito convenzionalmente un significato) e
da un insieme di regole per la loro combinazione.
 La lingua è uno dei codici culturali fondamentali

La lingua (Definizione)
 La lingua è un sistema di comunicazione proprio di una comunità umana che usa suoni o simboli
con significati arbitrari ma strutturati. *
 Indica il modo concreto e determinato storicamente in cui si manifesta la facoltà del linguaggio
umano.
*La lingua (dal latino lingua; probabilmente dalla radice protoindoeuropea dang-va) detta anche idioma (dal
latino idioma, dal greco ιδίωμα, "peculiarità", "idiosincrasia", "proprietà")
Le funzioni del linguaggio

I codici per la regolazione delle relazioni sociali


I mezzi/codici simbolici generalizzati
La lingua svolge la funzione di consentire la comprensione reciproca tra gli interlocutori, ma non quella di
garantire il coordinamento dei comportamenti.

Cosa sono i valori?


“Un valore è una concezione del [buono e del] desiderabile, esplicita o implicita, distintiva di un individuo o
caratteristica di un gruppo, che influenza la selezione fra modi, mezzi e fini disponibili” (C. Kluckhohn)

Dimensione cognitiva
I valori si presentano sotto forma di enunciati del tipo:
 “X è buono”
 “Y è bello”
 “Z è giusto”
I valori implicano una consapevolezza e una capacità argomentativa da parte dell’attore sociale.

Dimensione affettiva
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 I valori coinvolgono gli affetti e i sentimenti delle persone
 Conformarsi ad essi è ritenuta una “cosa buona” in sé, indipendentemente dal vantaggio che se ne
può ricavare (es. evitare una punizione)

Dimensione selettiva
I valori orientano l’agire sociale, in quanto forniscono le motivazioni dei comportamenti.

I valori (caratteristiche 1)
 Sono “ideali” ma hanno la stessa consistenza della realtà perché dirigono il comportamento degli
uomini.
 Giudizi di valore ≠ giudizio di realtà
 Nelle società ci sono alcuni valori dominanti che segnano in modo particolare

Valori e norme

Giudizio di realtà e giudizio di valore


 Giudizio di realtà: Proposizione che dice come una cosa è.
 Giudizio di valore: Proposizione che attribuisce qualità e valore alle cose.
“Il crocefisso è un cadaverino nudo che spaventa i bambini musulmani”
“Porta a porta”
Responsabile comunità islamica in Italia

Valori e società

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A cosa servono i valori?
Le funzioni sociali dei valori

Le pattern variables (T. Parsons)

Le norme (sistemi di orientamento)

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