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A partire dal XVIII secolo
Cultura = Concezione moderna: illuminista e socio antropologica
L'illuminismo propone l'idea di un patrimonio universale di conoscenze e valori formatosi nella storia
dell'umanità l'antropologia la descrive come un insieme omogeneo di tradizioni, disposizioni morali,
conquiste intellettuali e tecniche, che esprimono lo spirito più profondo e autentico di un popolo.
Due modi di intendere la cultura in Occidente
Come conseguenza dello sviluppo storico sociale emergono due modi di intendere la cultura
1. Concezione classica, umanistica
2. Concezione delle scienze sociali: antropologia, sociologia, etc.
Concezione umanistica, la cultura come “Ciò di meglio è stato pensato e conosciuto” (Arnold)
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essere insegnato a pensare, sentire, credere ed agire in certi modi che sono più o meno uguali per tutto il
gruppo (…) Questo tipo di comportamento appreso (…) è detto cultura”.
CULTURA e CIVILTÀ
Concezione umanistica classica: cultura ≠ civiltà
Concezione moderna delle sociali: cultura <- civiltà
Il processo di civilizzazione (N. Elias)
Il comportamento a tavola
I bisogni naturali: Il corpo e il pudore, Soffiarsi il naso, Dello sputare
Le relazioni tra i sessi
Elias il processo di civilizzazione
Erasmo da Rotterdam De civilitate morum puerilium 1530
Erasmo invita i precettori e gli adulti ad avere un comportamento civile a fini educativi
CIVILTÀ - definizione
“Complesso di elementi o tratti della cultura, […], materiali o ideali, cui la maggior parte delle società
umane pare avere attribuito in ogni epoca, con esiti tendenzialmente convergenti […] un valore positivo e
progressivo rispetto agli elementi omologhi di cui poteva disporre in precedenza, manifestando tale
valutazione con il preferire […] detti elementi agli altri.”
Gallino, Dizionario di Sociologia
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Elementi della civiltà
Il linguaggio, la scienza, la tecnica e i mezzi di produzione industriale, i mezzi di trasporto, i mezzi di
comunicazione e i mass media, le tecniche dell’igiene pubblica e personale, il diritto, le tecniche
organizzative e burocratiche, etc.
Cultura vs civilizzazione
Cultura: Attività soggettive, variabili e libere. Oppure ciò che esprime il senso profondo di un’epoca storica:
arte, erudizione
Civilizzazione: Attività oggettive, il cui carattere è dato dalla continua accumulazione e dalla irreversibilità:
buone maniere, tecnica, diritto
Forte specializzazione
Strutture del codice genetico – Istinto -> COMPORTAMENTO GENETICAMENTE DETERMINATO
Cultura e controllo
Cultura: “insieme di meccanismi di controllo –schemi, prescrizioni, regole, istituzioni – per governare il
comportamento”. (C. Geertz 1973)
Cultura = Repressione
1. Limitazioni biologiche dell’organismo
2. Limiti posti dall’ambiente fisico
3. Esigenza di un ordinamento sociale stabile
Ambivalenza e paradossalità della soluzione culturale al problema della mediazione con la natura
Da un lato la cultura è un prodotto, una determinazione parziale e contingente della realtà ad
opera delle società umane
Dall’altra essa esige di essere considerata dagli individui che la interiorizzano come
incontrovertibile; è loro chiesto di dimenticare la contingenza e la convenzionalità dei significati
Diversa lettura della contingenza della cultura
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Comportamento umano e soggettività
La rottura immediata del rapporto con il proprio essere naturale che caratterizza l’individuo umano
è rappresentata dalla coscienza.
Intendiamo la coscienza come la consapevolezza di esserci, trasparenza immediata della propria
esperienza di sé. Tuttavia, è proprio tale originaria evidenza di sé a impedire la spontaneità e
l’immediatezza del comportamento umano garantendoci la riflessività.
Gehlen: l’uomo come “essere incompiuto” “manchevole”, “animale indebolito”, non ancora
definito, non specializzato, che per evitare di ricominciare daccapo ogni volta nel suo rapporto con
l’ambiente (in un regime di vita caratterizzato dalla coscienza di sé) utilizza la cultura come modello
di comportamento, forma di mediazione nel rapporto con la realtà.
“C’è un essere vivente che tra le sue caratteristiche più rilevanti ha quella di dover prendere
posizione circa se stesso, cosa per la quale è necessaria un’immagine, una formula interpretativa”
(Arnold Gehelen, L’uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, 1940)
La cultura come sostitutivo sociale del determinismo istintuale.
Un esempio: L’interpretazione dell’agire umano
Se gli esseri umani esprimono sé stessi e i contenuti della loro coscienza (vita psichica) attraverso la
mediazione di forme simboliche, non è detto che le forme simboliche coincidano punto per punto con il
loro contenuto (con i loro pensieri).
Ambivalenze, complessità
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Il senso rimanda alla facoltà della coscienza di interpretare e dare ordine ad una realtà
caratterizzata da un insieme pressoché infinito di possibilità di esperienza e di azione.
Il significato rimanda alle singole e specifiche determinazioni (mediazioni) della realtà che
assumono di volta in volta “corpo” e contenuto nell’esperienza degli uomini e delle società
Il significato si costruisce attraverso segni. Il soggetto che mette in relazione il segno con qualche
altra cosa realizza un processo psichico di significazione
Griswold
Definisce così la cultura: si riferisce al «lato espressivo della vita umana - comportamenti, oggetti e
idee che possono essere visti come espressioni di qualcos’altro» (senso e significati)
Potremmo dire che: la cultura, per la Griswold, è la forma in cui si esprime la facoltà di elaborazione
del senso della vita/specie umana
OC: Pane
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OC…
… è prodotto dagli esseri umani (gente comune, artisti, scienziati, singoli, collettivi, etc.)
… necessita di essere condiviso da altri esseri umani, altrimenti rimane un oggetto potenziale
… gli oggetti culturali, sia chi li crea sia chi li riceve, sono collocati in un contesto sociale (modelli
culturali, bisogni economici, politici, sociali e culturali che caratterizzano un tempo)
Diamante culturale
Diamante culturale
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Teoria del riflesso … Prima rappresentazione
Approccio funzionalista
Le società «esprimono» bisogni
Le istituzioni socio-culturali sorgono per dare risposta ai bisogni della società
Le istituzioni operano in un sistema di mutua interdipendenza per soddisfare i bisogni della società
Problemi
Inattendibilità dell’argomento della «testimonianza sociale»
(l’idea che possiamo conoscere una società direttamente attraverso le sue opere culturali e istituzioni)
Che ne è del soggetto?
Il metodo sociologico
La conoscenza sociologica intesa come processo di comprensione (Verstehen) dell’agire individuale
non è da considerarsi come descrizione neutrale di un oggetto esterno, ma come incontro tra due
mondi di significato
Il ricercatore sociale osserva dunque i fenomeni da un punto di vista particolare e a partire dalla sua
esperienza vissuta (Erlebnis).
Ciò però non vuol dire abdicare di fronte alla oggettività del sapere.
L’oggettività del sapere dipende dal rigore con il quale, una volta scelto e dichiarato il punto di vista
attraverso il quale osservare il fenomeno, il ricercatore porta avanti la sua ricerca realizzando una
verifica empirica della sua ipotesi di partenza.
Questa impostazione metodologica ha un’influenza specifica sul modo in cui viene inteso il
rapporto tra cultura e società (struttura sociale)
“Ora, nel suo pathos inumano, questa dottrina doveva avere, per la psicologia di una generazione che era
conquistata dalla sua grandiosa coerenza, soprattutto una conseguenza: il sentimento di un inaudito
isolamento interiore del singolo individuo. Nell'interesse esistenziale che per gli uomini dell'età della
Riforma era il più decisivo: l'eterna beatitudine, l'uomo era costretto a fare la sua strada da solo, incontro a
un destino stabilito dall'eternità. Nessuno poteva aiutarlo. Nessun predicatore[...]. Nessun sacramento:
poiché è vero che i sacramenti sono stati istituiti da Dio per accrescere la propria gloria e quindi devono
essere assolutamente osservati, però non costituiscono affatto un mezzo per ottenere la grazia di Dio, […]
Nessuna Chiesa: […] Infine, anche, nessun Dio: poiché anche Cristo è morto solo per gli eletti, ai quali Dio
aveva deciso, dall'eternità, di dedicare il sacrificio della propria vita.”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)
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“comparivano due tipi caratteristici, e interconnessi, di consigli relativi alla cura delle anime. Da un lato si
afferma addirittura che è un dovere ritenere se stessi eletti e respingere ogni dubbio come assalto del
diavolo, poiché la carenza della sicurezza di sé è conseguenza di una fede insufficiente, dunque di
un'insufficiente azione della grazia (...) E d’altro lato era caldamente raccomandato il lavoro professionale
indefesso, che era considerato il mezzo più eminente per raggiungere quella sicurezza di sé. Esso ed esso
soltanto dissipava il dubbio religioso, e conferiva la sicurezza dello stato di grazia.”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)
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che l'ordinazione era eventualmente trasmessa ai contadini. Se mai accadeva che i mercanti imprenditori
andassero a visitare i clienti, lo facevano raramente per lunghi periodi, altrimenti bastava la
corrispondenza, e l'invio di campionari che si sviluppava lentamente.”
“II numero delle ore d'ufficio era limitato - forse cinque o sei al giorno, talvolta decisamente meno, di più
nella stagione degli affari, se c'era, il guadagno era discreto, sufficiente per un decoroso tenore di vita, e, nei
buoni periodi, permettere da parte un piccolo patrimonio; nel complesso, una tolleranza reciproca dei
concorrenti relativamente alta, sulla base di un grande accordo sui principi degli affari, visita quotidiana e
redditizia al circolo e, inoltre, secondo i casi, un boccale alla sera, riunione, e in genere un comodo ritmo di
vita.”
“Era una forma di organizzazione “capitalistica» in ogni senso, se si considera il carattere puramente
affaristico e commerciale degli imprenditori, o l'intervento indispensabile di capitali che erano investiti
nell’impresa, o infine se si guarda al lato oggettivo del processo economico, o al modo in cui, erano tenuti i
libri. Ma era un'economia 'tradizionalistica', se si considera lo spirito che animava gli imprenditori: il modo
tradizionale di vivere, il livello tradizionale del profitto, la misura tradizionale di lavoro, il modo tradizionale
di condurre gli affari, il carattere tradizionale dei rapporti con i lavoratori e con una clientela a sua volta
sostanzialmente tradizionale, nonché il modo tradizionale di conquistare clienti e di smerciare i prodotti […].
Ora, a un certo momento questo agio veniva improvvisamente turbato, e spesso senza che avesse avuto
luogo nessun cambiamento di principio della forma di organizzazione (per esempio passaggio all'azienda
chiusa, al telaio a macchina, e simili)”
(Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)
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prende parte all'attività puramente economica. Solo come un mantello sottile, che ognuno potrebbe buttar
via (…) la preoccupazione per i fini esteriori doveva avvolgere le spalle degli 'eletti'. Ma il destino fece del
mantello una gabbia d'acciaio. Mentre l'ascesi imprendeva a trasformare il mondo e ad operare nel mondo,
i beni esteriori di questo mondo acquistarono una forza sempre più grande nella storia. Oggi lo spirito
dell'ascesi è sparito, chissà se per sempre, da questa gabbia. Il capitalismo vittorioso in ogni caso, da che
posa su di un fondamento meccanico, non ha più bisogno del suo aiuto”.
(L’etica protestante e la spirito del capitalismo, p. 304-305)
Lo scambista culturale
«Sono gli interessi (materiali e ideali), e non le idee, a dominare immediatamente l’agire dell’uomo, ma «le
concezioni del mondo» create dalle «idee», hanno spesso determinato – come chi aziona uno scambio
ferroviario – i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso tale attività»
(1920 Sociologia delle religioni,352)
Cultura e società
Superamento del determinismo materialista
La cultura concorre a dare forma alla struttura sociale
Classi – ceti sociali
Processo di razionalizzazione:
- non è un principio generale, universale, come voleva l’illuminismo,
- è piuttosto il carattere dominante della modernità
- che ha assunto una rigida istituzionalizzazione (burocratizzazione delle relazioni)
- e, pertanto, minaccia di soffocare i valori propri della realizzazione umana
Rilevanza dell'agire intenzionale dotato di senso
Scarsa attenzione al ruolo dei movimenti sociali
Dalla cultura come riflessione su alla cultura come creazione sociale.
(fine Weber)
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Durkheim: nelle società arcaiche creazione collettiva attraverso interazioni tra attori, effervescenza
collettiva
Interazionismo simbolico: analisi delle modalità interattive nelle società complesse
Subculture:
nelle società complesse interazione tra cultura dominante e cultura di gruppo.
Subculture e cambiamento sociale.
Innovazione e ritardi culturali
Atteggiamenti dei ricevitori di fronte alla cultura dominante
Industria culturale:
Organizzazione della produzione culturale
I riceventi come collettivo
Definizione sociologica di “cultura”
È un insieme concatenato di modi di pensare, di sentire, di agire più o meno formalizzato che, essendo
appresi e condivisi da una pluralità di persone, servono – in modo a un tempo oggettivo e simbolico – a
costituire queste persone in una collettività particolare e distinta.
(cfr. Enciclopedia Treccani)
Formalizzazione
I modi di pensare, sentire agire possono essere più o meno formalizzati:
La cultura si trasmette
Niente di culturale è ereditato biologicamente, ma si trasmette mediante:
Carattere collettivo
I modi di pensare, sentire e agire sono condivisi da una pluralità di persone.
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I MAESTRI DEL PENSIERO SOCIOLOGICO
KARL MARX (1818-1883)
Il giovane Marx e il “realismo” filosofico
Negli studi giovanili di filosofia rifiuta l’approccio dualistico di Kant e di Fichte.
Kant oppone ciò che è a ciò che dovrebbe essere, Fichte logica e verità.
Per Marx la filosofia deve “studiare l’oggetto nel suo stesso sviluppo; La ragione della cosa stessa deve
essere resa manifesta nella sua contraddittorietà e trovare la propria unità in sé stessa” (scritti giovanili).
Marx e l’idealismo
Hegel: la realtà è manifestazione dello spirito.
Marx fa una lettura appassionata di Hegel, ma si discosta dal punto di vista politico dal suo conservatorismo
e dal punto di vista filosofico dall’idealismo e si interessa ai lavori della sinistra hegeliana e di Feuerbach.
La sociologia di Marx
La società è interpretabile a partire dalle basi materiali: unico reale riferimento empirico per lo
studioso.
Le basi materiali di una società si indagano osservando la distribuzione della proprietà dei mezzi di
produzione.
Le basi materiali costituiscono la reale struttura della società attraverso le forze di produzione e i
rapporti di produzione
Tutte le altre strutture: cultura, religione, diritto, economia sono sovrastrutture che hanno la
funzione di mantenere la distribuzione dei mezzi di produzione fornendo una ideologia della realtà.
Forze di produzione:
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1. gli individui che lavorano e costituiscono la forza-lavoro
2. i mezzi di produzione, ovvero tecniche e macchinari;
3. le conoscenze tecniche e scientifiche.
Rapporti di produzione:
- relazioni che si stabiliscono tra gli individui nella sfera della produzione,
- trovano la loro espressione giuridica nei rapporti di proprietà (es: passaggio dal feudalesimo al
capitalismo: esigenza di risorse per i feudatari, appropriazione del plus-lavoro dei contadini,
progressiva perdita di autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro, esproprio dei mezzi di
produzione, espulsione dalle terre, creazione del bracciantato rurale)
Compito delle scienze sociali è formulare una critica della sovrastruttura (ideologia) svelandone la
dipendenza dalla struttura
È così possibile realizzare una teoria scientifica della società in grado di cogliere “l’essenza interna”
dei fenomeni, al di là delle apparenze (mediazioni simboliche) ingannevoli
Biografia
Nasce in una famiglia modesta ma erudita di ebrei praticanti e, anche a causa delle responsabilità
derivategli dalla morte del padre, rabbino, avvenuta quando lui non era ancora ventenne, sviluppa
un carattere impegnato e severo e la convinzione che al progresso intellettuale gli sforzi e le
sofferenze contribuiscano più delle situazioni piacevoli. L'esperienza di vita di Durkheim è
fortemente condizionata dalla sconfitta della Francia contro la Prussia e gli altri stati tedeschi
(guerra dal 1870-71), infatti a seguito di questa l'Alsazia, terra di origine dei Durkheim, passò alla
Germania. A seguito di ciò il padre di Emile, per non divenire suddito germanico, si trasferì a Parigi.
Fu qui che il futuro sociologo iniziò i suoi studi.
I suoi successi scolastici gli consentono di accedere all'École Normale Supérieure, dove studia
filosofia. In questo periodo conosce Jean Jaurès, futuro leader del Partito Socialista Francese, come
lui mosso da principi etici rivolti ai problemi della società. Nel 1882 consegue l'Agrégation de
philosophie e fino al 1887 insegna in scuole secondarie di Sens, Saint Quenti e Troyes. Ottiene
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quindi un insegnamento all'Università di Bordeaux dove diventa professore di filosofia sociale e
rimane fino al 1902. Successivamente passa alla Sorbonne,dove diventa ordinario nel 1906 e dove
si occupa con grande impegno di iniziative volte al miglioramento degli insegnamenti.
Lo scoppio della Prima guerra mondiale, la morte del suo unico figlio sul fronte balcanico e le
accuse dei nazionalisti, che gli rinfacciano di essere di estrazione tedesca e di insegnare una
disciplina straniera, abbattono il sociologo e lo gettano in un grave stato emotivo, preludio di un
ictus che ne causa la morte nel 1917.
Sociologia durkheiminana
La sociologia studia i fatti sociali
I fatti sociali hanno una realtà di genere proprio (sui generis), dunque hanno un carattere oggettivo
In quanto oggettivi i fatti sociali sono esterni e coercitivi rispetto all’osservatore
Il carattere oggettivo della società non è dato solo dalle sue basi materiali, ma anche dai prodotti
culturali (coscienza collettiva)
La spiegazione dei fenomeni sociali è da ricercarsi in fatti sociali antecedenti che lo hanno causato e
nella/e funzione/i che svolge
Coscienza collettiva
La coscienza collettiva è “l'insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una
società.” Questo insieme ha una vita propria che non esiste se non attraverso i sentimenti e le credenze
presenti nelle coscienze individuali.
“L’insieme delle credenze e dei sentimenticomuni alla media dei membri della stessasocietà forma un
sistema determinato che hauna vita propria; possiamo chiamarlocoscienza collettiva o comune. Senza
dubbio,essa non ha per substrato un organo unico;essa è, per definizione, diffusa in tuttal’estensione della
società, ma non per questomanca dei caratteri specifici che ne fanno unarealtà distinta. Infatti essa è
indipendentedalle condizioni particolari nelle quali gliindividui si trovano; questi passano, e quellaresta. Ed è
la medesima a Nord e a Sud, nellegrandi e nelle piccole città, nelle diverseprofessioni; così pure essa non
muta ad ognigenerazione, ma al contrario vincola le unealle altre le generazioni successive. E’ dunquealtra
cosa dalle coscienze particolari, perquanto non si realizzi che negli individui; è iltipo psichico della società,
dotato di proprietà,di condizioni di esistenza e di un modo disviluppo che gli sono propri, così come lo sonoi
tipi individuali, benché in maniera diversa.” (La divisione del lavoro sociale, p.101)
Tuttavia, “se la divisione del lavoro non ha altro compito che questo, non soltanto essa non ha alcun
carattere morale, ma è anche impossibile scorgere quale sia la sua ragione d’essere.”
(La divisione del lavoro sociale, p.77)
“Siamo così indotti a considerare la divisione del lavoro sotto un nuovo aspetto. In questo caso, infatti, i
servizi economici che essa può rendere sono insignificanti rispetto all’effetto morale che produce, e la sua
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vera funzione è di creare tra due o più persone un sentimento di solidarietà. Quale che sia la maniera in cui
questo risultato viene ottenuto, è la divisione del lavoro che suscita le società di amici e che imprime loro il
sigillo.”
(La divisione del lavoro sociale, p.79)
Solidarietà meccanica
Le società nelle quali i principali legami di coesione si fondano sulla “solidarietà meccanica” presentano una
struttura segmentata o aggregativa: esse sono cioè formate da una serie di gruppi politico-familiari (clan)
che sono simili gli uni agli altri per l’organizzazione interna. La tribù nel suo insieme costituisce una
“società” perché è una unità culturale; infatti i membri dei diversi clan aderiscono al medesimo complesso
di credenze e sentimenti. Per questo ogni gruppo che compone tale società si può distaccare senza causare
molto danno agli altri gruppi, come avviene in maniera abbastanza simile agli organismi biologici di
struttura semplice che si possono scindere in numerosi esseri egualmente unitari e autosufficienti. Nelle
società primitive di tipo segmentario la proprietà è comune, un fenomeno questo che è solo un aspetto
specifico del basso livello del processo di individualizzazione generale.
(Tratto da Giddens A. Capitalismo e teoria sociale, Il Saggiatore, Milano, 1998 pp. 137-138)
Differenziazione segmentaria
Solidarietà organica
Dove la solidarietà meccanica è la base principale della coesione sociale, la coscienza collettiva “ricopre
esattamente” la coscienza individuale, e quindi presuppone la somiglianza degli individui. La solidarietà
organica, invece, presuppone non la somiglianza ma la differenza tra gli individui nelle credenze e nelle
azioni. Lo sviluppo della solidarietà organica e l’espansione della divisione del lavoro sono quindi
accompagnati dalla crescita dell’individualismo.
Il progresso della solidarietà organica dipende necessariamente dalla diminuzione di importanza della
coscienza collettiva. Ma le credenze e i sentimenti riconosciuti collettivamente non scompaiono del tutto
nelle società complesse; né d’altra parte accade che la formazione delle relazioni contrattuali divenga
amorale e sia semplicemente il risultato della ricerca individuale del proprio interesse.
Integrazione sociale
In un primo momento Durkheim ipotizza che l’integrazione sociale delle società moderne sia
affidata ai vincoli funzionali che si generano nelle società caratterizzate dalla divisione del lavoro
Successivamente attribuisce maggior rilevanza ai prodotti culturali della società: alle norme, ai
valori, alla coscienza collettiva.
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IL SUICIDIO EGOISTICO
Il suicidio varia in ragione inversa al grado di integrazione dei gruppi sociali di cui fa parte l’individuo. Ma la
società non può disgregarsi senza che, in ugual misura, l’individuo esca dalla vita sociale, senza che i suoi
fini personali diventino preponderanti su quelli comuni e la sua personalità, in una parola, tenda a porsi al
di sopra di quella collettiva. Più deboli sono i gruppi cui appartiene, meno egli ne dipende, e sempre più,
perciò, fa capo solo a sé stesso e riconosce come regole di condotta soltanto quelle che si basano sui suoi
interessi privati. Se, dunque, si conviene di chiamare egoismo questo stato di eccessiva affermazione dell’io
individuale nei confronti dell’io sociale e ai danni di quest’ultimo, potremo definire egoistico il particolare
tipo di suicidio risultante da una smisurata individualizzazione.
Ma come può il suicidio avere una simile origine? Prima di tutto, si potrebbe osservare che, se la forza
collettiva è uno degli ostacoli più atti a contenerlo, essa non può indebolirsi senza che esso si sviluppi.
Quando la società è fortemente integrata, essa tiene gli individui in sua dipendenza, li considera al suo
servizio e, perciò, non consente loro di disporre di sé a proprio piacere. Essa si oppone allora a che si
sottraggano con la morte ai doveri che hanno verso di lei. Ma quando essi rifiutano di accettare come
legittima questa subordinazione, come potrebbe imporre la sua supremazia? Essa non ha più, a questo
punto, l’autorità necessaria a trattenerli al loro posto e, se vogliono disertano, coscienti della propria
debolezza, essa giunge al punto di riconoscere ad essi il diritto di fare liberamente ciò che non può più
impedire.
(Durkheim, Il suicidio)
IL SUICIDIO ALTRUISTICO
Mentre questo è dovuto ad un eccesso di individualizzazione, quello ha per causa una individualizzazione
troppo rudimentale. Uno deriva dal fatto che la società, disgregata in parte o anche nel suo insieme, si
lascia sfuggire l’individuo; l’altro perché lo tiene troppo strettamente in sua dipendenza. Avendo chiamato
egoismo lo stato in cui si trova l’io quando vive la sua vita personale e obbedisce solo a sé stesso, la parola
altruismo esprime abbastanza bene lo stato opposto in cui l’io non si appartiene ma si confonde con altra
cosa diversa da sé e dove il polo della condotta è situato al di fuori di lui, cioè in uno dei gruppi a cui
appartiene. Chiameremo, perciò, suicidio altruistico quello risultante da un altruismo intenso.
“Ecco perché, nell’interesse comune, il padre è tenuto a non aspettare l’estremo limite della vita per
trasmettere ai suoi successori il prezioso deposito che ha in custodia. Questa descrizione è sufficiente a
precisare da cosa derivino questi suicidi. Ma perché la società possa costringere in tal modo certi suoi
membri a uccidersi, bisogna che la personalità individuale conti ben poco. Tant’è vero che, appena essa
comincia a formarsi, il diritto alla vita è il primo ad esserle riconosciuto; per lo meno, non viene sospeso che
in circostanze del tutto eccezionali come la guerra. Ma quella scarsa individualizzazione non può avere che
una causa. Perché l’individuo abbia così poco posto nella vita collettiva, bisogna che sia quasi totalmente
assorbito dal gruppo e che, di conseguenza, quest osia molto fortemente integrato. Perché le parti abbiano
tanto poca vita propria, occorre che il tutto costituisca una massa compatta e continua. Infatti, abbiamo
dimostrato altrove che questa coesione massiccia è proprio quella delle società in cui si osservano le usanze
suddette. Dato che esse comprendono solo un piccolo numero di elementi, ognuno vive la stessa vita, tutto è
comune a tutti, idee, sentimenti, occupazioni. Nello stesso tempo, sempre perché il gruppo è piccolo, esso è
vicino a tutti e può non perder di vista nessuno; ne consegue che la sorveglianza collettiva è continua, si
estende a tutto e previene più facilmente le divergenze. Mancano perciò all’individuo i mezzi per crearsi un
ambiente speciale al cui riparo possa sviluppare la sua natura e farsi una fisionomia personale.”
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IL SUICIDIO ANOMICO
“Non è vero, dunque, che l’attività umana possa affrancarsi da tutti i freni. Non v’è nulla al mondo che
possa godere di un tale privilegio, perché ogni essere, essendo parte dell’universo, è relativo al resto
dell’universo (...)
È caratteristica dell’uomo essere soggetto a un freno non fisico, ma morale, cioè sociale. Egli non riceve la
sua legge da un ambiente materiale che gli s’impone brutalmente, ma da una coscienza superiore alla sua e
di cui sente la superiorità. Proprio perché la maggiore e migliore parte della sua vita trascende il corpo, egli
sfugge al giogo del corpo ma subisce quello della società. Sennonché, quando la società è scossa, sia da una
crisi dolorosa sia da trasformazioni felici ma troppo improvvise, essa è momentaneamente incapace di
esercitare questa azione.
Ed ecco da dove provengono queste brusche ascese della curva dei suicidi (...) Nei casi di disastri economici,
infatti, si verifica un declassamento che spinge bruscamente certi individui in una situazione inferiore a
quella occupata fino allora. (...) Ora, non è che la società possa piegarli in un attimo a questa nuova vita e
insegnare loro a esercitare su sé stessi quel sovrappiù di costrizioni cui non sono abituati. (...) Né
diversamente accade quando la crisi ha per origine un improvviso accrescimento di potenza e di fortuna.
(...) La graduatoria ne è rimasta sconvolta e, d’altra parte, non se ne può improvvisare un’altra. (...) Non si
sa più ciò che è possibile e ciò che non lo è, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, quali sono le rivendicazioni
e le speranze legittime, quali quelle che passano la misura. (...) Lo stato di sregolatezza o di anomia è ancor
più rafforzato dal fatto che le passioni sono meno disciplinate proprio quando sarebbero bisognose di una
maggiore disciplina. (...) (Durkheim, Il suicidio)
Sacro e profano
Sacro e profano si caratterizzano per la loro eterogeneità, una eterogeneità assoluta: sacro e
profano sono due categorie “radicalmente antitetiche”.
Il passaggio da uno stato all’altro, certamente possibile, è inteso come una trasformazione della
sostanza (a ciò servono i riti di iniziazione, di “nuova nascita”).
L’eterogeneità tra sacro e profano “spesso degenera in vero e proprio antagonismo. I due mondi
sono concepiti non solo distinti, ma ostili e gelosamente rivali. Non si può appartenere pienamente
all’uno se non uscendo completamente dall’altro” (Durkheim E., Le forme elementari della vita
religiosa, p. /52)
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“Cosa sacra è, per eccellenza, quella che il profano non deve, non può toccare impunemente.”
(p./53)
Definizione di religione
“una religione è un sistema solidale di credenze e di pratiche relative a delle entità sacre, cioè separate,
interdette; credenze e pratiche che uniscono in una medesima comunità morale, chiamata chiesa, tutti gli
aderenti.” (Durkheim E., Le forme elementari della vita religiosa, p. 59)
Religioni totemiche
Origine delle credenze totemiche
“il totemismo è la religione non di certi animali o di certi uomini o di certe immagini, ma di una
specie di forza anonima e impersonale che si ritrova in ciascuno di questi esseri, senza tuttavia
confondersi con alcuno di essi. Nessuno la possiede per intero e tutti vi partecipano.” (Durkheim E.,
Le forme elementari della vita religiosa, p. 197)
“Ecco in che cosa consiste realmente il totem: esso non è che la forma materiale sotto cui si
rappresenta alle immaginazioni questa sostanza immateriale, questa energia diffusa attraverso
esseri eterogenei di ogni tipo, la quale è il solo oggetto vero e proprio del culto.” (p. 198)
Durkheim parla anche di “vaga potenza, dispersa nelle cose.” (p. 207)
A questo punto l’interrogativo è “come gli uomini abbiano potuto essere spinti a costruire tale idea
e con quali materiali.” (p. 214)
La creazione culturale
Gli oggetti culturali sono significativi per esseri umani che vivono in un mondo sociale.
Al tempo stesso il mondo sociale, di per sé caotico e casuale, riceve senso e significato a partire dalle lenti
culturali attraverso le quali è osservato.
Ma chi crea gli oggetti culturali?
La letteratura e gli esempi analizzati sinora sembrano fornire due risposte:
Una risposta individualistica; L’opera d’arte, la grande riforma, sono costruzioni del genio artistico,
morale, politico, economico, etc.
Una risposta tradizionalista: la cultura (gli oggetti culturali) come modelli di significato socialmente
trasmessi ci sono sempre stati
La creazione culturale per la sociologia
La sociologia fornisce una prospettiva della creazione culturale differente dall’azione del genio e
dalla tradizione culturale.
Gli oggetti culturali, le opere culturali, sono il frutto di una costruzione relazionale, di una creazione
(rappresentazione) collettiva.
È l’esperienza delle riunioni corroboree che genera e riproduce nel tempo i contenuti della religione
e, attraverso questi, i contenuti simbolici della società, e la società stessa come “oggetto” sacro, già
dato.
Gli oggetti culturali non sono il prodotto di un genio, essi sono prodotti da gente che si relaziona ad
altra gente
Le conseguenze per la ricerca sociale
In sostanza: «le società hanno bisogno di rappresentazioni di se stesse per ispirare sentimenti di
unità e di mutuo aiuto» (Griswold 1994, 75)
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Se si vuole comprendere un gruppo di persone, bisogna studiare le modalità attraverso le quali esso
rappresenta se stesso
Ogni gruppo sociale (una banda giovanile, una chiesa, un’organizzazione produttiva) sviluppa delle
rappresentazioni simboliche (oggetti culturali) attraverso le quali mostra a se stesso e agli altri la
propria solidarietà collettiva
All’opposto se si vuole studiare un oggetto culturale occorre osservare come viene utilizzato da un
gruppo sociale per rappresentarsi
La produzione collettiva della cultura
Se, nella prospettiva di Durkheim, la cultura è una rappresentazione collettiva, quali sono i meccanismi
attraverso i quali una collettività si autorappresenta:
1. Le interazioni tra la gente: – Cfr. L’interazionismo simbolico – Cfr. Le subculture
2. Le azioni delle organizzazioni – Cfr. industria culturale
In sintesi: Cultura
La cultura come coscienza collettiva: l’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media
dei membri di una società
La cultura in quanto insieme di credenze, sentimenti, etc. è creata attraverso relazioni sociali; è
frutto di un processo di rappresentazione collettiva
La cultura rap-presenta simbolicamente la società
In quanto tale essa ha la funzione di integrazione degli individui e di formazione del consenso
sociale
In sintesi: Modernità
Critiche
Ponendo particolare attenzione alla relazione tra individuo e società, Durkheim
rischia di trascurare la dimensione delle interazioni sociali così come avvengono nella vita
quotidiana (cfr. interazionismo simbolico),
finisce per autonomizzare la cultura e per identificare cultura e società
considerandole prevalentemente come delle realtà già date, che si impongono agli individui
Sommario
Modernità: affermazione del valore in sé dell'individuo e della sua autonomia
Cultura e società: cultura e società quasi si identificano, sono le esperienze sociali (non le basi
materiali) a formare le categorie della cultura
La relazione individuo-società è caratterizzata da un'ambivalenza vi è una sorta di co-costituzione
tra individuo e società
La creazione culturale è il risultato di un processo sociale di aggregazione tra gli individui
L’interazionismo simbolico
Carattere di fondo dell’interazionismo simbolico
La maggior parte degli approcci sociologici assume i fenomeni sociali (ad esempio le norme, le istituzioni ed
i ruoli) come dati.
L’interazionismo simbolico si interessa a come la gente nella vita quotidiana costruisce le norme, i ruoli e la
stessa identità (il sé).
Diamante culturale
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Il concetto base
L'interazionismo simbolico è una prospettiva sociologica che esamina le interazioni fra individui e gruppi di
individui, assumendo che il comportamento umano non nasca da una serie di risposte a stimoli, ma
dall'interpretazione dei significati simbolici attribuiti agli stimoli stessi.
Definizione originaria
L'espressione fu coniata nel 1937 da Herbert Blumerche si rifaceva in parte ai lavori di G. H. Mead. Sono tre
i principi dell'interazionismo simbolico, divenuto una vera e propria scuola di pensiero:
1. gli esseri umani agiscono nei confronti delle "cose" (oggetti fisici, esseri umani, istituzioni, idee...) in
base al significato che attribuiscono alle “cose”;
2. il significato attribuito a tali oggetti nasce dall'interazionetra gli individui che ne condividono così il
significato;
3. tali significati sono costruiti e ricostruiti attraverso un "processo interpretativo messo in atto da una
persona nell'affrontare le cose in cui si imbatte"
(Herbert Blumer, Symbolic Interactionism, Berkeley, University of California, 1969).
Le radici intellettuali del padre fondatore George Herbert Mead (1863-1932)
Scuola di Chicago
Thomas: definizione della situazione (importanza delle percezioni, credenze e convinzioni
soggettive rispetto ai dati reali)
Cooley: Io riflesso o Io specchio (1909)
Charles Cooley
L’Io riflesso è costituito di tre elementi:
Ciò che pensiamo gli altri vedano in noi (“sono convinto che la gente reagirà al mio nuovo taglio di
capelli”)
Come pensiamo che gli altri reagiscano a ciò che vedono (“credo che pensino che mi stia bene”)
Come a nostra volta reagiamo alla reazione che percepiamo (“penso che continuerò a farmi questo
taglio”)
George Herbert Mead
Rilevanza dell’interazione (mediazione simbolica) nel pensiero meadiano.
L’interazione è fondamentale nello sviluppo del sé (self) del pensiero (mind) e della organizzazione
sociale (society). (Mind Self and Society, 1934)
Mead - Interazione simbolica
La forma più elementare di comunicazione si esprime attraverso il gesto.
“Nel gesto si realizza un’interazione fondata sull’adattamento reciproco tra due o più individui
all’interno di un ambito comune di senso”.
Il gesto è al contempo un atteggiamento esterno osservabile, e un atteggiamento interno
Se il gesto si realizza come reazione a uno stimolo esso non ha carattere intenzionale (ad esempio il
cane che ringhia induce nell’altro un gesto irriflesso di fuga o di attacco)
Negli esseri umani si danno situazioni analoghe, ma generalmente il soggetto riflette sulla sua
azione e il gesto che ne scaturisce assume un significato, esso diventa simbolo di una intenzione
interiore, si trasforma cioè in comunicazione, linguaggio.
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“I gesti diventano simboli significativi quando suscitano implicitamente, nell’individuo che li compie, le
medesime risposte che essi suscitano esplicitamente, o si ritiene che suscitino, negli individui ai quali sono
indirizzati” (Mind, Self and Society, 1934, p. 72)
Riflessività-coscienza-interazione-simboli
L’Io pensa al Me e reagisce ad esso come reagisce nei confronti degli altri
Il sé dell’individuo si costruisce attraverso l’interiorizzazione dell’altro, dapprima nel processo
dell’imitazione, poi nella fase del gioco libero ed infine nella fase del gioco strutturato, fase nella
quale si interiorizza l’altro generalizzato
«Il rapporto cosciente con il proprio sé e il pensiero emergono quando l’individuo riesce a stabilire con se
stesso un dialogo interiorizzato, analogo a quello che stabilisce esternamente con gli altri: si costituisce così
un ambito comune di significati per tutti gli individui che partecipano a una data società … Senza rapporto
sociale, senza linguaggio non vi sarebbe neppure coscienza, ovvero costituzione del sé […] L’ordine
simbolico (la cultura ndr) è quindi costitutivo dell’attore sociale ed è alla base dell’interazione tra soggetti»
(Crespi F., Manuale di sociologia della cultura, Roma-Bari, Laterza, 1996 p. 64)
Mead in sintesi
La mediazione simbolica secondo Mead è costitutiva del sé del pensiero e della società.
Le forme di mediazione simbolica trovano la loro oggettivazione e strutturazione nei sistemi
culturali
L’individuo è al tempo stesso un prodotto sociale e al contempo parte attiva della produzione delle
strutture socio-culturali
La stessa cultura ha una posizione ambivalente rispetto al soggetto e alla società
Il retroscena: collocazione
Si trova ad un estremo del luogo ove si tiene la rappresentazione ed è separato da questo da un
divisorio e da un passaggio sorvegliato.
In tal modo essendo la ribalta e il retroscena adiacenti, un attore che si trovi sulla ribalta può
ricevere assistenza dal retroscena durante la rappresentazione e può momentaneamente
interromperla per brevi periodi di distensione.
Il retroscena costituisce per l’attore un luogo sicuro
Nel retroscena
Alcune situazioni di retroscena fanno sì che l'individuo metta in disordine il proprio vestiario e sia fuori
gioco, ossia perda quella maschera espressiva che adopera nell'interazione faccia a faccia.
Contemporaneamente all'individuo diventa difficile poter ricomporre la propria facciata se gli accade di
dover improvvisamente essere coinvolto in un'interazione.
Retroscena e zona di confine
Uno dei momenti più interessanti per osservare l’attività di controllo delle impressioni è quello in cui un
attore lascia il retroscena ed entra nel luogo dove si trova il pubblico, o anche quando ne esce.
(cfr. es. camerieri, p. 142)
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Stabilità e continuità della ribalta
Le decorazioni e le attrezzature permanenti di un luogo dove in genere si svolge una certa
rappresentazione, come pure gli attori che vi si trovano abitualmente, tendono a creargli intorno una specie
di alone magico; anche quando la rappresentazione non è in atto, il luogo mantiene in genere un po' del
suo carattere di ribalta.
Repertori dell’interazione
In tutte le società occidentali esistono almeno tendenzialmente tanto un repertorio informale del
comportamento, che un repertorio formale riservato alle occasioni in cui avviene la rappresentazione.
Il repertorio da retroscena
Comprende il chiamarsi a vicenda per nome, decidere collettivamente, imprecare, mugugnare,
vestirsi in modo trasandato, stare in posizioni scomposte, usare termini dialettali, borbottare,
urlare, avere scherzose manifestazioni di aggressività o di presa in giro, trascurare la presenza del
prossimo con atti secondari come canterellare, fischiettare, masticare, rosicchiare, ruttare.
In genere nel retroscena si possono tenere atti potenzialmente offensivi, cosa che non è concessa
sulla ribalta
Nel retroscena si mettono in atto azioni che gli psicologi definirebbero regressive
Compromessi tra repertori
In ogni situazione concreta si realizza un compromesso tra repertori formali e informali
1. Quando il pubblico non è presente è probabile che ogni membro dell’équipe voglia dare
l’impressione che i segreti dell’équipe possono essergli tranquillamente affidati
2. Vi sono dei momenti nel retroscena in cui gli attori devono sostenersi a vicenda dando
l’impressione che la rappresentazione andrà o sia andata per il meglio
3. Se l’équipe contiene soggetti appartenenti a diverse categorie sociali la libertà d’azione nel
retroscena è volontariamente limitata (uomini e donne nei lavori portuali p. 151)
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Il controllo dell’accesso alla ribalta e il terzo territorio
Per parlare dell’accesso alla ribalta è importante introdurre un terzo territorio che comprende tutti
i luoghi all’infuori di quelli già indicati e che Goffman definisce «esterno». Gli individui che si
trovano in questo territorio sono gli «estranei»
Generalmente gli edifici contengono gli spazi della ribalta e del retroscena i muri perimetrali
distinguono questi spazi dallo spazio esterno
Sub-cultura - idiocultura
L’idiocultura è la cultura del sub-gruppo: ricca di implicazioni, vivacizzata da simboli ed espressioni
noti solo ai membri del gruppo, e utilizzati per separare questi dagli estranei (p. 85)
Nel gruppo creatore della sub-cultura gli eventi vengono trasformati in cultura
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capacità di posticipare la gratificazione, capacità di definire obiettivi a lungo termine, rispetto della proprietà
altrui)
Frustrazione da status
Utilizzo del meccanismo della formazione reattiva
Modificazione dei mezzi (nuove norme, nuovi criteri per definire lo status, che legittimano le caratteristiche
possedute).
Nuova subcultura
Anomia
Disgregazione dei valori e assenza di punti di riferimento; disgregazione sociale, debolezza o
assenza del legame morale (Durkheim 1893)
Demoralizzazione (Thomas 1920 ca.)
Dissociazione tra valori ultimi (mete) e valori strumentali (mezzi) (Merton 1966)
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1921: mentre le frontiere statunitensi chiudono progressivamente all'immigrazione transoceanica e al
sogno americano di migliaia di individui, William Thomas, una delle personalità di maggiore spicco della
ricerca sociologica nella Chicago di inizio del secolo, conduce un'analisi dell'insediamento degli immigrati
nella società americana destinata a rimanere un modello insuperato dell'indagine sociale. Il fenomeno che
Thomas ha di fronte è imponente. Una massa enorme di immigrati che provengono essenzialmente dal Sud
e dall'Est d'Europa: italiani, polacchi, ebrei, russi. Di fronte ai processi di demoralizzazione e
disorganizzazione sociale conseguenti al loro tumultuoso aggregarsi, Thomas tende a cogliere le
contraddizioni culturali ma anche e soprattutto la ricchezza potenziale di quei popoli e delle loro
immigrazioni. La raccolta di documenti, lettere, storie di vita, racconti, circolari di associazioni,
testimonianze, mostra la complessità dei processi attraverso i quali i vecchi mondi si trapiantano nel nuovo.
La convinzione da cui Thomas muove è che l'oblio e la rimozione degli elementi che costituivano il
paesaggio mentale e affettivo degli immigrati possano incidere sul processo di assimilazione e sulla
dinamica della riorganizzazione sociale in maniera non già positiva, ma al contrario negativa. Quelle radici,
dunque, non devono essere cancellate: devono piuttosto essere positivamente prolungate e ritradotte;
soprattutto nella prima fase del nuovo insediamento, le singole associazioni nazionali e la stampa svolgono
un ruolo fondamentale, e garantiscono la coesistenza del linguaggio d'origine a fianco di quello nuovo. Più
che una barriera rispetto al nuovo, ogni richiamo alla cultura d'origine deve essere considerato come un
contributo efficace, non solo per il futuro del singolo individuo o del gruppo, ma per quello dell'intero paese
d'arrivo. Storia e memoria dei popoli sono così destinate a saldarsi con il presente, entrando in una
relazione feconda e interagendo con la realtà del popolo nativo statunitense, in una nuova, ampia e
partecipata concezione della democrazia.
Teoria struttural-funzionalista
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Produzione distribuzione e recezione della cultura
La cultura come prodotto e merce
In una società caratterizzata dalla produzione su larga scala di carattere industriale e capitalistico, la
produzione di oggetti che incorporano simboli, credenze e valori estetici diviene uno specifico settore
merceologico, che segue le stesse leggi che governano la produzione industriale di altri tipi di beni.
Mediatizzazione ed esperienze
L'uso dei mezzi di comunicazione ha radicalmente modificato l'esperienza soggettiva consentendo forme
mediate di esperienze di pseudo-ambienti, l'esperienza soggettiva è stata al contempo ampliata e
segregata.
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La ricezione
Nonostante il significato di un oggetto culturale sia inizialmente suggerito dai creatori, chi riceve l’oggetto
lo elabora.
Problema: Con quale grado di libertà i ricevitori rendono significativi gli oggetti culturali?
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Studio empirico dei gusti
HABITUS
«Un sistema di disposizioni durevoli e trasponibili che, integrando tutte le esperienze passate, funziona in
ogni momento come matrice di percezioni, valutazioni e azioni, e rende possibile compiere compiti
infinitamente differenziati, grazie al trasferimento analogico di schemi, di risolvere problemi simili, che si
autocorregge grazie ai risultati ottenuti.»
Bourdieu (1972) Esquisse d’une théorie de la pratique, 261-2
Orizzonti di aspettative
Hans Robert Jauss (accademico tedesco – 1921-1997) Teoria della ricezione
«Quando un lettore prende un libro, non vi si relaziona come se fosse un recipiente vuoto pronto ad
essere riempito … piuttosto lo colloca in un «orizzonte di aspettative» plasmato dalle sue precedenti
esperienze letterarie, culturali e sociali».
Orizzonte di aspettative
Il lettore interpreta il testo sulla base del suo orizzonte di aspettative, compie un’operazione critica del
testo e al tempo stesso modifica il suo orizzonte di aspettative.
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Le teorie della ricezione
2. Oggetto culturale forte- ricevitore debole (mass culture) Sottende tutte le paure legate ai mass media
(Scuola di Francoforte), in cui il ricevente è fortemente condizionato dal contenuto. I contenuti si
impongono alle persone perché i prodotti culturali sono costruiti con tecniche che aggirano le difese delle
persone.
Riferimenti bibliografici
Griswold W., Sociologia della cultura, Il Mulino, Bologna 2005, nuova ediz., capito 4: pp. 105-129.
Bourdieu P., La distinction; critique sociale du jugement, (1979), Il Mulino, Bologna, 1984.
Hirsh P.M., Processing Fad and Fashions. An Organizational Set Analysis of Culture Industry System,
in « American Journal of Sociology » 1977, pp. 639-659.
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Elementi della cultura
La cultura è:
«Una struttura di significati, …, incarnati in simboli» (Geertz)
«Un significato condiviso incorporato in una forma» (Griswold p. 26)
«E’ un insieme concatenato di modi di pensare, di sentire, di agire più o meno formalizzato» (Voce
Cultura Enciclopedia Treccani)
Semiotica
Studio dei segni: come sono strutturati e prodotti i segni. Dal greco semeion = segno
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Aliquid stat pro aliquo (Agostino d’Ippona)
Ferdinand de Saussure (1916)
Peirce
Significazione
Relazione tra un significante e un significato
Nel caso del segno il processo di significazione si basa su una relazione biunivoca tra significante e
significato. Il cavallo rimanda al quadrupede con la criniera e gli zoccoli.
Nel caso del simbolo il significante rimanda ad un ambito più complesso di significati. È richiesto un
processo di interpretazione da parte del soggetto. Il cavallo diventa simbolo di velocità, di potenza
(i cavalli del motore)
Simboli e società
La società è una foresta di simboli
La società produce simboli e, al tempo stesso, i simboli generano socialità
“Percepiamo l’ambiente che ci circonda nei termini di un mondo dotato di significato, ma tale significato
non è un attributo intrinseco degli oggetti della nostra esperienza ma il frutto di un processo interpretativo”
(De Biasi)
I significati e le interpretazioni del mondo sono contingenti. Come osserva Berger ciò genera la più
grande paura dell’uomo: la paura del caos.
Dal punto di vista sociologico la cultura costruisce un argine contro il dilagare del caos, essa
“fornisce significato e ordine attraverso l’uso dei simboli” essa è costituita di “oggetti culturali che
convogliano un significato” (Griswold, 39)
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Le funzioni di simboli
Conoscenza empirica
Il senso comune
Concezione elementare del mondo e dell’esistenza comune alla maggior parte dei membri di una società, e
utilizzata da quasi tutti loro con un grado minimo di consapevolezza, tale da permettere di predicare come
“ovvi” e “dati” i più diversi stati e variazioni di oggetti, fenomeni, accadimenti sociali e culturali. (L. Gallino)
Conoscenza esistenziale
A questi interrogativi né la scienza, né la conoscenza empirica possono rispondere.
Ogni cultura costruisce la propria cosmogonia -> Sistemi religiosi, ideologici e filosofici che intendono
spiegare il mondo.
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I CODICI
Un codice è costituito da un insieme di simboli (cui è attribuito convenzionalmente un significato) e
da un insieme di regole per la loro combinazione.
La lingua è uno dei codici culturali fondamentali
La lingua (Definizione)
La lingua è un sistema di comunicazione proprio di una comunità umana che usa suoni o simboli
con significati arbitrari ma strutturati. *
Indica il modo concreto e determinato storicamente in cui si manifesta la facoltà del linguaggio
umano.
*La lingua (dal latino lingua; probabilmente dalla radice protoindoeuropea dang-va) detta anche idioma (dal
latino idioma, dal greco ιδίωμα, "peculiarità", "idiosincrasia", "proprietà")
Le funzioni del linguaggio
Dimensione cognitiva
I valori si presentano sotto forma di enunciati del tipo:
“X è buono”
“Y è bello”
“Z è giusto”
I valori implicano una consapevolezza e una capacità argomentativa da parte dell’attore sociale.
Dimensione affettiva
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I valori coinvolgono gli affetti e i sentimenti delle persone
Conformarsi ad essi è ritenuta una “cosa buona” in sé, indipendentemente dal vantaggio che se ne
può ricavare (es. evitare una punizione)
Dimensione selettiva
I valori orientano l’agire sociale, in quanto forniscono le motivazioni dei comportamenti.
I valori (caratteristiche 1)
Sono “ideali” ma hanno la stessa consistenza della realtà perché dirigono il comportamento degli
uomini.
Giudizi di valore ≠ giudizio di realtà
Nelle società ci sono alcuni valori dominanti che segnano in modo particolare
Valori e norme
Valori e società
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A cosa servono i valori?
Le funzioni sociali dei valori
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