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ome rileva Berger, nessuno può dubitare che le “visioni del mondo” costruite dai filosofi, dai romanzieri,
C
siano prodotti intellettuali che si sovrappongono alla realtà e la interpretano in maniera più o meno
verosimile. Quando però si analizza la visione del mondo legata all’esperienza di un gruppo sociale o di una
società e che, essendo accettata da gran parte dei membri, definisce il cosiddetto “senso comune”, c’è il
rischio che questa conoscenza della realtà, per il suo carattere realistico sia assunta anche dai sociologi
come un dato poco interessante o comunque non tale da mobilitare un’attenzione specifica. Nessun
sociologo, prima di Berger e Luckmann, ha mai assunto il senso comune come oggetto privilegiato di
riflessione filosofica e scientifica. Per quest’aspetto, il libro non è solo innovativo ma unico. La tesi centrale
di Berger e Luckmann è che la realtà, ossia l’insieme dei fenomeni che sono riconosciuti come indipendenti
dalla propria volontà, è costruita socialmente, tale che in ogni società sono diffuse rappresentazioni della
realtà condivise e date per scontate dai suoi membri.
Il costruzionismo
L ’analisi dei processi attraverso cui questo avviene, costituisce il campo di studio della sociologia della
cultura. Dire che la realtà è una costruzione sociale non vuol dire che ciascuno la immagina a suo
piacimento: la costruzione è sociale, cioè prodotta collettivamente, e trae la sua forza proprio dalla
condivisione. Secondo l’approccio fenomenologico, la realtà sociale è il prodotto dell’interazione dialettica
tra individuo e società. La società è il prodotto dell’attività umana, non esiste senza l’uomo. L’uomo
acquisisce la propria identità all’interno della società, senza la quale dunque non può esistere.
L a costruzione sociale della realtà, che confluisce nel senso comune, vale a dire in una visione del mondo
tipica (ideologica) cui ogni soggetto, in un determinato contesto storico-culturale, aderisce con la
convinzione che essa sia il prodotto della propria personale esperienza, avviene fondamentalmente sulla
base di tre momenti costitutivi della vita sociale: l’esteriorizzazione, l’oggettivazione e l’interiorizzazione.
L ’esteriorizzazione è quel momento del processo dialettico di costruzione sociale della realtà in cui i soggetti
costruiscono il proprio mondo sociale attraverso le proprie azioni. L’ordine sociale è in tal senso un prodotto
dell’uomo: sono i soggetti che creano nuove realtà sociali (es. amicizia/attività economica).
L ’oggettivazione è il processo attraverso cui la vita quotidiana viene percepita come realtà ordinata, che va
oltre i soggetti ed è apparentemente autonoma da essi. La società in tal senso ha conseguenze sull’individuo
poiché “retroagisce” sul suo creatore.
Infine con l’interiorizzazione, l’uomo è un prodotto sociale. L’interiorizzazione per Berger corrisponde a ciò
che Parsons definisce socializzazione: “Gli individui fanno propria la realtà sociale oggettivata” e
interiorizzano norme e valori sociali.
Reificazione e produzione
Il processo può interrompersi attraverso la reificazione, vale a dire la percezione di fenomeni umani come se
fossero cose; può definirsi il grado estremo nel processo di oggettivazione, per cui il mondo oggettivato
perde la sua capacità di essere visto come creazione umana per diventare fattualità non umana. L’uomo,
produttore del mondo, è visto come suo prodotto, e l’attività umana come epifenomeno di processi non
umani. Il dato di partenza è che l’uomo, pur essendo dotato di un’esperienza interiore e di un senso
d’identità personale, vive all’interno di una struttura sociale e in un sistema d’interazione continua con gli
altri.
uesta condizione esistenziale postula che la propria esperienza possa essere comunicata e condivisa con
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gli altri in virtù di una rete di significati comuni. Questa condivisione avviene attraverso i segni linguistici
appartenenti a una struttura che rappresenta un potente esempio di oggettivazione: “In quanto sistema di
segni, il linguaggio possiede la qualità dell’oggettività”. Gli individui sperimentano il linguaggio come una
attualità esterna a se stessi, li costringe nei suoi modelli segnando le coordinate della vita all’interno della
società. Il linguaggio ha origine nella vita quotidiana, e a questa prima di tutto fa riferimento; il linguaggio è
capace di trascendere del tutto la realtà della vita quotidiana in quanto può riferirsi ad esperienze che
appartengono a sfere circoscritte di significato, e può abbracciare sfere separate di realtà.
È su questa base che un prodotto storico finisce con l’agire sul produttore e configurarsi ai suoi occhi come
una dimensione oggettiva, che lo trascende.
La realtà come costruzione sociale – Berger e Luckmann
L a realtà viene costruita socialmente, il compito della sociologia della conoscenza è appunto quello di
analizzare i processi attraverso cui questo avviene. La realtà viene definita come una caratteristica propria di
quei fenomeni che noi riconosciamo come indipendenti dalla nostra volontà. Definiamo conoscenza come la
certezza che i fenomeni sono reali e possiedono caratteristiche precise.
li uomini della strada danno per scontate “realtà” diverse a seconda della società a cui appartengono. Il
G
sociologo si pone un interrogativo: la differenza tra le diverse realtà può essere spiegata in relazione alle
differenze tra le varie società?
I primi della classe non sono quelli che riescono nella vita – Paul Arden
Berger e Luckmann
arx: differenza tra “sottostruttura” e “sovrastruttura”: rispettivamente l’una come l’attività umana, l’altra
M
come il mondo prodotto da questa attività. Esiste una qualche sorta di rapporto tra il pensiero e un’altra
realtà sottostante diversa dal pensiero.
S cheler: metodo negativo, relazione tra “fattori ideali” e “fattori reali” che rimandano ai termini di Marx. I
fattori reali regolano le condizioni in cui certi fattori ideali possono apparire nella storia, ma non possono
influire sul loro contenuto. La sociologia della conoscenza è quindi un procedimento con cui si deve studiare
la selezione socio-storica dei contenuti ideazionali, fermo restando il principio che i contenuti stessi sono
indipendenti dalla causalità socio-storica e perciò inaccessibili all’analisi sociologica. La conoscenza umana è
data nella società come un “a priori” rispetto all’esperienza individuale fornendo a quest’ultima un ordine di
significato. Quest’ordine sembra all’individuo il modo naturale di vedere il mondo. Scheler chiamò questo il
modo di vedere il mondo relativo naturale.
annheim: la società era vista come determinante non solo l’aspetto, ma anche il contenuto dell’ideazione
M
umana. Egli distingueva tra i concetti particolari, totali e generali dell’ideologia: tra ideologia che costituisce
solo un segmento del pensiero di un avversario, l’ideologia che costituisce la totalità del pensiero di un
avversario, l’ideologia che caratterizza non solo il pensiero dell’avversario, ma anche il proprio. In generale il
concetto di ideologia afferma che nessun pensiero umano è immune dalle influenza ideologizzanti del
proprio contesto sociale. Coniò il termine “relazionismo” per denotare la prospettiva epistemologica della
sua sociologia della conoscenza: la conoscenza deve essere sempre una conoscenza da una certa posizione.
Il compito della sociologia della conoscenza è di studiare sistematicamente le condizioni sociali della
conoscenza in quanto tale. È la sociologia della verità. Il centro empirico dell’attenzione è stato posto quasi
esclusivamente nella sfera delle idee. L’interesse della sociologia della conoscenza è stato per le questioni
epistemologiche un piano teoretico; per le questioni di storia culturale su un piano empirico. La
conseguenza è che il piano del significato teoretico della sociologia della conoscenza è rimasto incerto.
Il problema delle idee è soltanto una parte del più ampio problema della sociologia della conoscenza che si
dovrebbe occupare di tutto ciò che passa per “conoscenza” nella realtà. La gente conosce come realtà nella
vita quotidiana a livello pre-teoretico o non-teoretico; l’interesse della sociologia della conoscenza deve
essere dunque la conoscenza del senso comune che costituisce il tessuto di significati senza il quale nessuna
società potrebbe esistere.
Durkheim pone la regola fondamentale del metodo sociologico: guardate i fatti sociali come cose.
eber: l’oggetto di cognizione è l’insieme di significati soggettivi dell’azione. Queste due affermazioni non si
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contraddicono: la società possiede effettivamente una oggettiva fattualità e la società è davvero costruita da
un’attività che esprime significati soggettivi. Come è possibile che i significati soggettivi diventino fattualità
oggettive? Oppure, come è possibile che l’attività umana produca un mondo di cose?
hiarificazione di quella realtà che è accessibile al senso comune dei membri ordinari della società. Il
C
mondo cioè della vita quotidiana. La vita quotidiana si presenta come una realtà interpretata dagli uomini e
soggettivamente significativa per loro come un mondo coerente. È un mondo che si origina dal’uomo nel
suo pensiero e nella sua azione, e che grazie a questi mantiene la sua realtà. Si chiarisce che con il termine
“fondamenti della conoscenza della vita quotidiana”, si intendono oggettivazioni dei processi (e significati)
soggettivi per mezzo dei quali il mondo intersoggettivo del senso comune viene costruito. Il metodo più
idoneo a chiarire i fondamenti della conoscenza nella vita quotidiana è quello dell’analisi fenomenologica, è
n metodo puramente descrittivo, e in quanto tale empirico, ma non scientifico. L’analisi si astiene da ogni
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ipotesi causale o genetica, come anche da ogni asserzione sullo stato ontologico dei fenomeni analizzati, il
senso comune comprende innumerevoli interpretazioni pre- e semi-scientifiche della realtà quotidiana che
accetta come ovvie. La coscienza è sempre intenzionale, essa tende sempre o è diretta verso gli oggetti.
Oggetti differenti si presentano alla coscienza come costitutivi di differenti sfere di realtà. La mia coscienza
quindi è in grado di muoversi attraverso sfere differenti di realtà; io ho coscienza del mondo come costituito
di realtà molteplici. Quando mi muovo da una realtà ad un’altra io sento il passaggio come una specie di
choc causato dal trasferimento dell’attenzione che il passaggio comporta. La realtà della vita quotidiana ha
una posizione privilegiata e viene designata come realtà dominante. Io percepisco la realtà della vita
quotidiana come realtà ordinata. I suoi fenomeni sono predisposti in modelli che sembrano indipendenti
dalla mia percezione di essi e che si impongono su quest’ultima. Questa realtà appare già oggettivata, cioè
costituita da un ordine di oggetti che sono stati designati come oggetti prima della mia comparsa sulla
scena.
Il linguaggio segna le coordinate della mia vita nella società. E riempie quella vita di oggetti significativi. La
realtà della vita quotidiana non è tuttavia esaurita da queste presenze mediate, ma abbraccia fenomeni che
non sono presenti nell’hic et nunc; si presenta inoltre come un mondo intersoggettivo, un mondo che io
condivido con altri. Gli altri hanno nei confronti di questo mondo una prospettiva che non è identica alla
mia. La realtà della vita quotidiana viene data per scontata come realtà. Essa non richiede una verifica
ulteriore oltre alla sua semplice presenza; essa c’è semplicemente come fattualità auto evidente e
indiscutibile. Io so che è reale. È divisa in settori che vengono percepiti in forma di routine, ed altri che mi
mettono di fronte a problemi di un genere o di un altro. Finché continuano senza interruzione, le routines
della vita quotidiana sono percepite come non problematiche. Quando la continuità è interrotta c’è la
comparsa di un problema.
aragonate alla realtà della vita quotidiana, altre realtà appaiono come sfere di significato circoscritte,
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situate inevitabilmente all’interno della realtà dominante, contrassegnate da significati e modi di esperienza
limitati. Queste sfere di significato sono caratterizzate dalla loro capacità di distogliere l’attenzione dalla
realtà della vita quotidiana. Mentre vi sono certamente scarti nell’attenzione all’interno della vita
quotidiana, lo scarto verso una sfera circoscritta di significato, è di una specie molto più radicale.
Il linguaggio comune di cui dispongo per oggettivare le mie esperienze è fondato sulla vita quotidiana e
continua a rinviare ad essa, anche quando lo impiego per interpretare esperienze in sfere circoscritte di
significato. È inevitabile perciò che io distorca la realtà di queste esperienze non appena comincio ad usare il
linguaggio comune per interpretarle, e cioè che io ritraduca le esperienze non quotidiane nella realtà
dominante della vita quotidiana. Il mondo della vita quotidiana è strutturato sia spazialmente che
temporalmente.
L a situazione in cui ci si trova faccia a faccia è il prototipo dell’interazione sociale. Quando ci si trova uno di
fronte all’altro, la soggettività dell’altro mi è accessibile in modo diretto, anche se io posso fraintendere
alcuni dei suoi atti. Le relazioni con altri, nell’incontro diretto sono ampiamente flessibili. La realtà della vita
c omune contiene schemi di tipizzazione nei cui termini gli altri vengono percepiti e trattati negli incontri
diretti. Finché non sono messe in dubbio le tipizzazioni guideranno e determineranno fino a nuovo avviso le
mie azioni nella situazione. Le tipizzazioni dell’altro sono suscettibili alla mia interferenza, come le mie alla
sua. In altre parole, i due schemi di tipizzazione entrano in un continuo “negoziato” nell’incontro diretto.
Nella vita quotidiana è probabile che tale negoziato sia esso stesso predisposto in un modo tipico, come nei
tipici procedimenti di contrattazione tra acquirenti e venditori. Le tipizzazioni dell’interazione sociale,
diventano progressivamente anonime via via che si allontano dalla situazione dell’incontro diretto. È
importante distinguere tra carattere diretto o indiretto dell’esperienza. In ogni momento dato è possibile
distinguere tra consoci con cui interagisco in incontri diretti ed altri che mi sono puramente contemporanei,
di cui ho solo ricordi più o meno dettagliati, o che conosce per sentito dire. L’anonimia aumenta via via che
si passa dal più vicino al più lontano, perché l’anonimia delle tipizzazioni per mezzo delle quali percepisco le
persone che mi sono di fronte è costantemente “riempita” dalla molteplicità dei sintomi vivi che si
riferiscono ad un concreto essere umano. Il grado di anonimia che caratterizza l’esperienza degli altri nelle
vita quotidiana dipende tuttavia da una altro fattore, il grado di interesse e di intimità influenzano
l’interazione.
L a struttura sociale è la somma totale delle tipizzazioni e dei modelli ricorrenti di interazione stabiliti per il
loro tramite. Io sono in relazione anche coi predecessori e coi successori, eccetto coloro con i quali ho
interagito in passato, io sono legato ai miei predecessori per mezzo di tipizzazioni fortemente anonime.
L’anonimia di queste tipizzazione non impedisce loro però di entrare nella realtà della vita quotidiana,
talvolta in modo rilevante.
L ’espressività umana è in grado di oggettivarsi; essa si manifesta cioè in attività che sono accessibili sia ai
loro produttori che agli altri in quanto elementi di un mondo comune. Queste oggettivazioni servono come
indici più o meno durevoli dei processi soggettivi dei loro produttori, permettendo alla loro utilizzabilità di
estendersi aldilà dell’incontro diretto, in cui possono essere percepiti direttamente.
L a realtà della vita quotidiana non è soltanto piena di oggettivazioni, è possibile esclusivamente grazie a
loro, io sono costantemente attorniato da oggetti che “proclamano” le intenzioni soggettive dei miei
consimili.
L a significazione è la produzione umana di segni. Un segno può essere distinto da altre oggettivazioni per la
sua esplicita intenzione di servire come indice di significati soggettivi. Un segno non ha che lo scopo di
indicare l’intenzione soggettiva di colui che l’ha tracciato, è anche oggettivamente accessibile nella realtà
comune che io e lui condividiamo con altri uomini. Il segno vale per il suo produttore come un oggettivo
richiamo alla memoria della intenzione originaria con cui l’ha fatto. I segni sono riuniti in una quantità di
sistemi. I segni e i sistemi di segni sono oggettivazioni nel senso che sono oggettivamente accessibili aldilà
dell’espressione di intenzioni soggettive nell’hic et nunc. Segni e sistemi sono caratterizzati dalla capacità di
distacco. Il linguaggio che possiamo qui definire un sistema di segni vocali, è il più importante sistema di
segni della società umana. L’espressione vocale è divenuta capace di distacco dall’immediato hic et nunc
degli stati soggettivi. Le oggettivazioni comuni della vita quotidiana si mantengono prima di tutto grazie alle
s ignificazioni linguistiche. Il linguaggio ha origine nella situazione dell’incontro diretto, ma può essere
agevolmente separato da essa.
Il distacco del linguaggio si fonda in modo ben più decisivo sulla sua capacità di comunicare significati che
non sono espressioni dirette della soggettività nell’hic et nunc. Nella situazione dell’incontro diretto il
linguaggio possiede un intrinseco carattere di reciprocità che lo distingue da ogni altro sistema di segni. Un
altro modo di esprimere lo stesso concetto è il fatto che io “conosco meglio” l’altro che me stesso
nell’incontro diretto. Questo fatto apparentemente paradossale è stato spiegato con l’accessibilità massiccia
continua e preriflessiva del modo di essere dell’altro, rispetto alla riflessione che mi è richiesta per l’accesso
al mio modo di essere. Quando io oggettivo il mio modo di essere per mezzo del linguaggio, esso diviene
massicciamente e continuamente accessibile a me stesso, nel momento in cui è accessibile a lui e io
possono spontaneamente reagire ad essa senza l’interruzione della riflessione deliberata.
Il linguaggio ha origine nella vita quotidiana, e a questa prima di tutto fa riferimento. Esso si riferisce
soprattutto alla realtà di cui faccio esperienza in stato di veglia cosciente e che è dominata dal movente
pragmatico, cioè dall’insieme di significati che riguardano direttamente le azioni presenti o future, e che io
condivido con altri in un modo che do per scontato.
In quanto sistema di segni, il linguaggio ha la qualità dell’oggettività, io incontro il linguaggio come una
fattualità esterna a me stesso, e coercitiva nei suoi effetti su di me. Il linguaggio mi costringe nei suoi
modelli, mi fornisce di una possibilità “prefabbricata” per la continua soggettivazione dello svolgimento
della mia esperienza. Ha un’ampiezza e un’elasticità tali da permettermi di oggettivare una grande varietà di
esperienze, classifica inoltre le esperienze permettendomi di incasellarle in categorie generali nei cui termini
esse hanno significato non solo per me stesso, ma anche per i miei simili. A causa della sua capacità di
trascendere l’hic et nunc, il linguaggio collega differenti zone all’interno della realtà della vita quotidiana e le
integra in un tutto significativo. Come risultato di queste trascendenze, il linguaggio è capace di rendere
rpesente una varietà di oggetti che sono spazialmente, temporalmente e socialmente assenti nell’hic et
nunc. Il linguaggio è capace di trascendere del tutto la realtà della vita quotidiana in quanto può riferirsi ad
esperienze che appartengono a sfere circoscritte di significato, e può abbracciare sfere separate di realtà.
Ogni tema significativo che getta così un ponte tra diverse sfere di realtà può essere definito un simbolo, e il
modo linguistico in cui tale trascendimento viene compiuto può essere chiamato “linguaggio simbolico”. Il
linguaggio costruisce ora immensi edifici di rappresentazioni simboliche che sembrano torreggiare sulla
realtà della vita quotidiana come presenze gigantesche appartenenti ad un altro mondo.
Il linguaggio è capace di riportare indietro questi simboli e presentarli come elementi oggettivamente reali.
Il linguaggio costruisce campi semantici, o zone di significato che sono linguisticamente circoscritte. La
conoscenza comune include la consapevolezza della mia situazione e dei suoi limiti. Poiché la vita
quotidiana è dominata dal movente pragmatico, la conoscenza normativa, cioè quella limitata alla
competenza pragmatica nelle operazioni abituali occupa un posto preminente nella cultura comune. Una
buona parte del bagaglio sociale di conoscenze inoltre mette a disposizione gli schemi di tipizzazione
richiesti per le principali routines della vita quotidiana. La validità della mia conoscenza della vita quotidiana
è data per scontata da me stesso e da altri fino a nuovo avviso, cioè fino a che non sorge un problema che
non può essere risolto nei suoi termini. La realtà della vita quotidiana appare sempre come una zona chiara
dietro la quale c’è uno sfondo di oscurità. La mia conoscenza della vita quotidiana si limita a ciò a cui io do
importanza. Un elemento importante della mia conoscenza della vita quotidiana la conoscenza dei campi di
interesse degli altri. le strutture di pertinenza fondamentali che si riferiscono alla vita quotidiana si
presentano a me prefabbricate dal bagaglio sociale di conoscenze.
S i ha una distribuzione sociale della conoscenza, cioè è posseduta in modo diverso da diversi individui e tipi
di individui. La distribuzione sociale della conoscenza comincia così col semplice fatto che io non conosco
tutto ciò che conoscono i miei simili, e viceversa culmina in sistemi di competenza straordinariamente
complessi ed esoterici.
L a relazione dell’uomo col suo ambiente è caratterizzata dall’apertura di fronte al mondo. Il processo
attraverso cui l’uomo si forma si realizza in una interrelazione con un ambiente. Questo ambiente è insieme
naturale e umano, cioè costituito da un ordine culturale e sociale. La natura umana esiste nel senso di
costanti antropologiche che delimita e permette le formazioni socio-culturali dell’uomo. Ma la forma
specifica entro cui questo “essere uomo” si modella è determinata da quelle formazioni socio-culturali ed è
relativa alle loro numerose variazioni. L’uomo produce se stesso.
Il periodo durante il quale l’organismo umano si sviluppa fino a completezza in relazione con l’ambiente è
anche il periodo durante il quale si forma l’identità umana. La formazione dell’io, dunque, deve essere
anche compresa in rapporto al crescente sviluppo dell’organismo e al processo sociale in cui l’ambiente
naturale e quello umano sono mediati dall’influenza degli altri. Il carattere dell’io come prodotto sociale non
si limita alla particolare configurazione che l’individuo identifica come se stesso, ma comprende anche tutto
il bagaglio psicologico legato alla sua particolare configurazione. L’autoproduzione dell’uomo è sempre
un’impresa sociale. Gli uomini insieme producono un ambiente umano, con la totalità delle sue formazioni
socio-culturali e psicologiche.
n dato ordine sociale precede ogni sviluppo dell’organismo individuale, l’apertura di fronte al mondo cioè,
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sebbene intrinseca alla configurazione biologica dell’uomo, è sempre occupata in precedenza da un ordine
sociale à teoria dell’istituzionalizzazione.
gni azione che venga ripetuta frequentemente viene cristallizzata secondo uno schema fisso. Le azioni
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abitualizzate conservano il loro carattere significativo per l’individuo anche se i significati in esse implicati
vengono immagazzinati come routines nel bagaglio generali di conoscenze. Questi processi di
consuetudinari età precedono ogni istituzionalizzazione.
L e istituzioni devono sottostare a due condizioni: avere uno sviluppo storico e fornire uno schema di
condotta a coloro che ne fanno parte, fissando dei modelli prestabiliti (è presente un controllo sociale). Le
istituzioni si manifestano all’esperienza come dotate di una realtà loro propria, una realtà che si trova di
fronte all’individuo come un fatto esterno e coercitivo.
L ’oggettività del mondo istituzionale è umanamente prodotta e costruita. Il processo mediante il quale i
prodotti esteriorizzati dell’attività umana attingono il carattere dell’oggettività è l’oggettivazione.
E steriorizzazione e oggettivazione sono momenti di un continuo processo dialettico. Il terzo momento di
questo processo, è l’interiorizzazione (in virtù del quale il mondo oggettivato è reintrodotto nella coscienza
nel corso della socializzazione).
La società è un prodotto umano. La società è una realtà oggettiva. L’uomo è un prodotto sociale.
Il mondo istituzionale richiede una legittimazione, cioè degli strumenti attraverso cui possa essere spiegato
e giustificato.
L a logica non risiede nelle istituzioni e nelle loro funzionalità esterne, ma nel modo in cui queste sono
trattate quando si riflette su di esse. La riflessione sovrappone la qualità della logica all’ordine istituzionale.
Il linguaggio provvede alla fondamentale sovrapposizione di logica sul mondo sociale oggettivato. Dal
momento in cui l’individuo adeguatamente socializzato sa che il suo mondo sociale è un insieme coerente,
egli sarà costretto a spiegare sia il suo funzionamento che le sue disfunzioni nei termini di questa
conoscenza.
iò che nella società si dà per scontato come conoscenza viene a coincidere col conoscibile, o comunque
C
fornisce l’intelaiatura entro cui qualunque cosa non ancora conosciuta sarà nota in futuro. Questa è la
conoscenza che viene appresa nel corso della socializzazione e che media l’interiorizzazione nella coscienza
individuale delle strutture oggettivate del mondo sociale.
L a conoscenza della società è così una realizzazione nel doppio senso della parola: nel senso della
percezione della realtà sociale oggettivata, e nel senso dell’ininterrotta produzione di questa realtà.
L a sedimentazione (coagulazione delle esperienze nella memoria) intersoggettiva avviene quando è stata
oggettivata in un sistema di simboli di qualche genere, cioè esiste la possibilità di una oggettivazione
reiterata delle esperienze comuni.
n sistema di simboli fruibile dalla società attribuisce uno stato di incipiente anonimità alle esperienze
U
sedimentate distaccandole dal loro contesto originario di concrete biografie individuali e rendendole
generalmente accessibili a tutti coloro che le condividono nel sistema di simboli in questione.
ormalmente il sistema di simboli è quello linguistico. Il linguaggio rende oggettive e accessibili a tutti le
N
esperienze comuni all’interno della comunità linguistica, divenendo così la base e al tempo stesso lo
strumento della cultura collettiva.
I ruoli rappresentano l’ordine istituzionale a due livelli: l’atto di ricoprire il ruolo rappresenta se stesso; il
ruolo rappresenta un intero nesso istituzionale di condotta che lo mette in relazione con gli altri ruoli.
In virtù dei ruoli che ricopre, un individuo viene introdotto in aree specifiche di conoscenza socialmente
oggettivata, di norme, valori ed anche emozioni.
L a reificazione è la percezione di fenomeni umani come se fossero cose. La reificazione può definirsi il grado
estremo nel processo di oggettivazione, per cui il mondo oggettivato perde la sua capacità di essere visto
come creazione umana e si fissa come fattualità non umana. L’uomo, produttore del mondo, è visto come
suo prodotto, e l’attività umana come epifenomeno di processi non umani.
L a legittimazione in quanto processo può essere definita una oggettivazione di secondo grado del
significato. La legittimazione produce nuovi significati che servono a integrare i significati già attribuiti ai
diversi processi istituzionali. La funzione della legittimazione è di rendere oggettivamente accessibili e
soggettivamente plausibili le oggettivazioni di primo grado che sono state istituzionalizzate.
L a legittimazione spiega l’ordine istituzionale attribuendo validità conoscitiva ai suoi significati oggettivati, e
lo giustifica conferendo dignità di norma ai suoi imperativi pratici.
Il livello più complesso di legittimazione comprende gli universi simbolici, cioè la matrice di tutti i significati
socialmente oggettivati e soggettivamente reali. La cristallizzazione degli universi simbolici segue i processi
di oggettivazione, sedimentazione e accumulazione.
L a stessa funzione legittimante appartiene alla correttezza dell’identità soggettiva dell’individuo. Essa
dipende dalle relazioni dell’individuo con le persone per lui importanti, che possono cambiare o sparire.
L’identità riceve la legittimazione definitiva quando viene posta nel contesto di un universo simbolico.
I meccanismi concettuali che difendono gli universi simbolici comportano sempre la sistematizzazione delle
legittimazioni cognitive e normative che erano già presenti nella società in una forma più ingenua, e che si
erano cristallizzate nell’universo simbolico in questione.
L a terapia comporta l’applicazione del meccanismo concettuale allo scopo di assicurare chi i devianti
rimangano entro le definizioni istituzionalizzate della realtà. La terapia si serve di un meccanismo
concettuale per tenere tutti all’interno dell’universo in questione. Dall’altra parte, l’annichilazione si serve di
un meccanismo analogo per liquidare concettualmente tutto ciò che si trova al di fuori di quell’universo
(legittimazione negativa, perché nega la diversità).
T utti gli universi socialmente costruiti subiscono dei cambiamenti. La maggior parte delle società moderne
sono pluralistiche, hanno cioè un universo-nucleo comune a tutti e dato per scontato, e diversi universi
parziali che coesistono in uno stato di reciproco accomodamento.
ella vita di ogni individuo c’è una successione temporale nel corso della quale egli viene introdotto alla
N
partecipazione della dialettica societaria. Il punto di partenza di questo processo è l’interiorizzazione: la
percezione o l’interpretazione immediata di un evento oggettivo come esprimente un significato, cioè come
una manifestazione di processi soggettivi di un altro che così diventa soggettivamente significativo per me
stesso. L’interiorizzazione è la base di una comprensione dei propri simili, e della percezione del mondo
come una realtà significativa e sociale.
L ’individuo è un membro della società solo quando ha completato questo grado di interiorizzazione, che
avviene attraverso la socializzazione. La socializzazione primaria è la prima socializzazione che un individuo
intraprende nell’infanzia, attraverso la quale diventa un membro della società. Socializzazione secondaria è
ogni processo successivo che introduce un individuo già socializzato in nuovi settori del mondo oggettivo
della sua società.
gni individuo nasce in una struttura sociale oggettiva entro cui incontra le persone che hanno cura della
O
sua socializzazione. Il bambino si identifica con le persone che influiscono su di lui in una varietà di modi
emotivi. L’interiorizzazione avviene solo quando avviene l’identificazione. L’io è un’entità riflessa, che riflette
gli atteggiamenti degli altri nei suoi confronti; l’individuo diventà cioò che lo chiamano le persone per lui
importanti.
L ’appropriazione soggettiva dell’identità e del mondo sociale sono due diversi aspetti dello stesso processo
di interiorizzazione. La socializzazione primaria crea nella coscienza del bambino una progressiva astrazione
dai ruoli e dagli atteggiamenti degli altri in particolare ai ruoli e agli atteggiamenti in generale (si forma
l’altro generalizzato).
In questo modo avviene l’interiorizzazione della società in quanto tale e della realtà oggettiva ivi istituita e,
allo stesso tempo, l’affermazione soggettiva di un’identità coerente e continua. La società, l’identità e la
realtà vengono soggettivamente cristallizzati nello stesso processo di interiorizzazione.
È il linguaggio che più di ogni altra cosa è necessario interiorizzare. Con il linguaggio vari schemi
motivazionali e interpretativi vengono interiorizzati come istituzionalmente definiti. Infine, c’è
l’interiorizzazione di almeno i rudimenti dell’apparato legittimante: il bambino impara perche i programmi
sono così.
L a socializzazione primaria termina quando il concetto dell’altro generalizzato è ormai instaurato nella
coscienza dell’individuo, che a questo punto è un membro effettivo della società e ha il possesso soggettivo
di un’identità e di un mondo.
E ssa presuppone sempre un processo di socializzazione primaria, deve trattare con un io già formato e un
mondo già interiorizzato, e ogni contenuto da interiorizzare deve in qualche modo essere integrato a questa
realtà già presente.
Il carattere di realtà e la valenza emotiva nella socializzazione secondaria sono più elastici rispetto alla
socializzazione primaria, questo fa sì che sia possibile staccare una parte dell’io e la sua realtà concomitante
e considerarla pertinente solo alla situazione legata a un ruolo. L’individuo crea così una distanza tra il suo io
totale e la sua realtà da una parte, e l’io parziale legato a un ruolo e la sua realtà dall’altra.
E sistono dei meccanismi destinati a preservare la realtà soggettiva, cioè la realtà com’è percepita dalla
coscienza individuale. La realtà di tutti i giorni si salvaguarda da sola incarnandosi in routines, viene
incessantemente riaffermata dall’interazione dell’individuo con gli altri. nel processo sociale di
conservazione della realtà è possibile distinguere tra persone importanti per un individuo e persone meno
importanti. Le prime sono i principali agenti per la preservazione della sua realtà soggettiva. Le persone
meno significative funzionano come una specie di coro.
Il veicolo più importante della preservazione della realtà è la conversazione. La maggior parte della
preservazione che avviene durante la conversazione è implicita. Per poter preservare efficacemente la realtà
soggettiva, l’apparato della conversazione deve essere continuo e coerente. Le fratture nella continuità o
nella coerenza costituiscono una minaccia alla realtà soggettiva in questione.
L a realtà soggettiva dipende dunque da precise strutture di plausibilità, cioè dalla particolare base sociale e
dai processi sociali richiesti per la sua preservazione. La struttura di plausibilità è anche la base sociale per
quella particolare sospensione del dubbio senza la quale la definizione della realtà in questione non può
essere mantenuta in coscienza. Qui specifiche sanzioni sociali contro simili dubbi disintegratori della realtà
sono state interiorizzate e vengono continuamente riaffermate. Il ridicolo è una di queste sanzioni.
L ’identità è formata da processi sociali; una volta cristallizzata, viene mantenuta, modificata o anche
rimodellata dalle relazioni sociali. I processi sociali implicati sia nella formazione che nella preservazione
dell’identità sono determinati dalla struttura sociale. D’altra parte le identità prodotte dall’azione reciproca
di organismo, coscienza individuale e struttura sociale a loro volta si ripercuotono sulla struttura sociale,
conservandola, modificandola o anche rimodellandola completamente.
oiché le teorie psicologiche sono elementi della definizione sociale della realtà, la loro capacità di generare
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realtà è una caratteristica che hanno in comune con altre teorie legittimanti; comunque, la loro capacità di
realizzazione è particolarmente grande perché è attuata da processi di formazione di identità fortemente
cariche di emotività.
L ’uomo è biologicamente predestinato a costruire e ad abitarvi in comune con gli altri. Questo mondo
diventa per lui realtà dominante e definitiva. I suoi limiti sono posti dalla natura, ma, una volta costruito,
esso influisce a sua volta sulla natura. Nella dialettica tra la natura e il mondo socialmente costruito lo stesso
organismo umano viene trasformato e in questo modo l’uomo produce la realtà e se stesso.
Il Costruttivismo radicale: il terapeuta dalla parte del paziente
TERAPIE BREVI
Le principali correnti che hanno influenzato il lavoro del Mental Research Institute (MRI) sono:
L’ipnosi, portata da J. Weakland e J. Haley attraverso i loro numerosi contatti con M. Erickson a Phoenix,
In questo articolo ci soffermeremo su quest’ultima corrente e proveremo a riflettere su come i suoi principi
giochino un ruolo importante nei processi terapeutici odierni, nei quali i pazienti sono sempre di più
portatori di consapevolezze e saperi che non sempre li rendono disponibili ad adattarsi alle teorie del
professionista.
I principi fondamentali del suo costruttivismo radicale sono proposti in quattro punti:
La conoscenza non viene ricevuta passivamente né attraverso i sensi né grazie alla comunicazione;
L a funzione della conoscenza è adattiva, nel senso biologico del termine, e tende verso l’adattezza o la
“viabilità”;
L a conoscenza serve all’organizzazione del mondo esperienziale del soggetto, non alla scoperta di una realtà
ontologicamente oggettiva.
Il costruttivismo nell’approccio strategico
L ’approccio strategico (di cui parliamo anche nei nostri Open Day gratuiti) non si presenta come una verità
assoluta ma come un modello che offre verità diverse a seconda delle differenti realtà. Le realtà che noi
percepiamo sono il frutto del nostro modo di vedere, sentire, gustare, ragionare. E’ per questo che non
esiste una sola realtà, unica, immutabile ma tante realtà determinate dalle svariate relazioni tra noi e il resto
del mondo.
ome nell’ottica strategica, inoltre, il costruttivismo è interessato a “come” noi consociamo piuttosto che al
C
“perché” o al ciò che conosciamo.
In linea con queste considerazioni, il costruttivismo sostiene che gli esseri umani costruiscono la conoscenza
piuttosto che ottenerla osservando bene il mondo reale. Gli eventi e gli oggetti che gli uomini
“percepiscono” e “conoscono” e a cui ci riferiamo nella comunicazione interpersonale, sono costruzioni che
emergono come risultato dei modi specifici di vedere il mondo.
iò che le persone chiamano “realtà” è il risultato della comunicazione tra di noi. La realtà è quindi il
C
risultato di come noi comunichiamo su quello che è attorno a noi.
L a comunicazione diventa uno strumento per organizzare le azioni. Attraverso la comunicazione, infatti, il
terapeuta costruttivista può:
Trovare le risorse per rimodellare la realtà disfunzionale e individuare le parti di se stessi da integrare,
Il Costruttivismo radicale ci insegna come non c’è una verità o un unico mondo reale. Accettare che esistono
diverse versioni della realtà e del mondo, tante quante sono le persone, permette al terapeuta di essere
sempre dalla parte del paziente, costruttore attivo della propria la realtà, delle sue credenze e dei suoi
valori.
Simonetta Bonadies
Psicologa, Psicoterapeuta
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