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Sociologi

Sociologia e Modernità
Una definizione di sociologia
La sociologia è lo studio scientifico della società, che ha per oggetto di studio la società appunto e
usa un metodo empirico. Rispetto alle altre scienze empiriche, però, la sociologia presenta
alcune differenze, perché la società è una realtà storica, non sempre esistita: gli uomini hanno
sempre organizzato le loro relazioni nei più diversi modi, e la società come la conosciamo è solo
uno di questi modi. Tra la società e la sociologia vi è un rapporto di circolarità riflessiva, nel senso
che la sociologia contribuisce a produrre la società.

L'origine della società


La sociologia inizia a formarsi quando la società diventa autonoma dallo Stato. La costruzione dello
Stato nazionale segna profondamente la storia europea, perché costituisce una forma di
organizzazione sociale dotata di una propria sovranità, incarnata in un territorio e
indipendente dal potere medievale dell'impero e dalla legittimazione religiosa di quel potere.

La politica moderna cerca infatti di istituire un potere che sia fondato sulla razionalità, e non sulla
religione: la vita in comune non viene più vista come un disegno divino ma porta alla riflessione
sulla natura umana e sui motivi che spingono alla vita collettiva. Può essere utile richiamare alcuni
autori:
1. HOBBES: ritiene che l'uomo non è un essere sociale. È mosso solo dai propri bisogni, e i bisogni
degli altri rappresentano una minaccia ai propri. Hobbes definisce questa situazione come 'stato di
natura', in cui gli uomini sono uguali perché mossi da spinte egoistiche, e ciò li rende estranei alla
vita collettiva. La vita degli uomini viene resa molto più difficile, poiché si trovano in una situazione
di tutti contro tutti e devono quindi scegliere in modo razionale ciò che Hobbes definisce come
l'alternativa tra totale libertà e insicurezza e dipendenza e sicurezza.
Si passa così dallo stato di natura allo/Stato una grande macchina costruita
dall'uomo. Con ciò, tutti gli individui hanno fatto un passo indietro, mentre solo il sovrano
rimane nella stessa condizione, poiché non è sottomesso a nessuno.

2. LOCKE: ritiene che esistono relazioni organizzate tra gli individui anche fuori dallo Stato, detti
rapporti della 'società naturale’. Le forme indipendenti dallo Stato sono: la proprietà (singolo
individuo), le relazioni familiari (prodotte dagli affetti) e i commerci (scambio nella società più
ampia).
Soffermandoci sul concetto di proprietà, il diritto ad essa proviene, secondo Locke, dalla Genesi,
precisamente il passaggio in cui Dio fa dell'uomo signore delle cose create, senza però determinare
come queste risorse possano essere distribuite, Esempio: acqua della sorgente che è di proprietà
comune, ma acqua del secchio che è proprietà di chi ha preso il secchio, poiché frutto del suo
lavoro. Il lavoro per Locke è quindi l'applicazione dell'essere uomo alla natura. Qualsiasi cosa,
quindi, che sia stata estratta dalla natura e congiunta al lavoro dell'uomo, diventa automaticamente
proprietà di tale individuo. Nasce però il problema della quantità, e a ciò, Locke pone la seguente
soluzione: tutti possono avere diritto al prodotto del proprio lavoro, a patto che siano lasciate per
gli altri cose sufficienti ed altrettanto buone.

3. ROUSSEAU: ritiene che lo Stato di natura costituisca la felicità dell'uomo, mentre con lo Stato
cessa la felicità ed inizia la subordinazione, Come Hobbes, ritiene che (non ci siano degli intermedi
tra libertà e coercizione, ma invece che criticare una forma di organizzazione sociale rispetto a
un'altra, critica la forma sociale in quanto tale). Egli cerca quindi di pensare ad un contratto sociale
in cui regolamentazione e libertà coincidano.

Ricapitolando: in Hobbes, la dipendenza da qualcuno nega la libertà; in Locke, ci deve essere un


piano di regolamentazione per la società, intesa come naturale, e uno per lo Stato; in Rousseau,
l'obiettivo è trovare una regolamentazione che sia allo stesso tempo libertà.

Società e individuo
Il concetto di individuo ha delle radici cristiane, quindi si può dire che il motivo per cui la nostra
società sia basata sull'individuo sia dato dal fatto che è stata/è cristiana. Il cristianesimo è una
religione per tutti, perché conta sempre di più l'individuo che la sua appartenenza ad una
comunità. L'ebraismo invece, è la religione degli ebrei.
L'individualismo ( il pensare a se stessi e non agli altri) moderno è il risultato del processo di
secolarizzazione che ha subito il concetto cristiano di individuo. Un passaggio importante è stato
dato dalla Riforma, quando gli individui hanno iniziato ad avere la possibilità di realizzare i
principi del cristianesimo, liberandosi così dalle gerarchie ecclesiastiche e sentendosi sempre più
individui.

E’ importante notare inoltre che la liberazione dalle gerarchie sociali apre le porte
all'autonomia degli uomini. Secondo Louis Dumont, la società europea moderna è l'unica a non
essere gerarchica, per via del fatto che ha sostituito il principio individualista egualitario a quello
sociale gerarchico.
Dire che una società sia individualista ed egualitaria non vuol dire che sia una società dove di fatto
tutti sono uguali: è una società in cui individualismo ed uguaglianza sono i criteri morali
ordinatori, e in cui gli individui hanno la possibilità, almeno in potenziale di essere uguali.
All'origine del mondo moderno vi è la borghesia: essa infatti semplifica bene il fatto che nobili si
nasce, ma borghesi si diventa, classe simbolo della mobilità sociale.

- Le grandi Rivoluzioni moderne sono state fatte in nome della difesa di diritti dell'individuo.
L’illuminismo è anche importante perché impone l'uguaglianza non sotto gli occhi di Dio, ma per il
fatto che gli individui hanno gli stessi diritti, con un effetto secolarizzante evidente.
Inoltre, si passa da un individuo che ha fede, alla fede nell’individuo. -

Il metodo sociologico
La sociologia nasce con l'obiettivo di ottenere nello studio dei fatti umani gli stessi
risultati impressionanti conseguiti nelle scienze naturali. Il sapere scientifico fornisce una
base comune riconosciuta da tutte le culture.

Il metodo scientifico si basa su 2 principi fondamentali:


- l’osservazione
- la generalizzazione, applicare o meglio estendere qualcosa.
Non tutto però può venire osservato, e ciò che non viene osservato non può essere indagato
scientificamente, perché la generalizzazione è legata all'esperienza.

Appaiono quindi dei problemi:


1) Viene prima l'osservazione o la generalizzazione? Secondo l’induttivismo (per affermare il
fondamento di una teoria è sufficiente la conferma sperimentale ottenuta con il metodo
induttivo), si parte da una prima osservazione, che poi viene trasformata in proposizioni e
riconfermata con un'altra osservazione. Il deduttivismo invece sostiene che prima
dell'osservazione è necessario già avere in mente una qualche teoria, perché i fatti osservati
sono frutto di una selezione ex ente fatta dal ricercatore. Entrambi gli approcci sono accettabili,
e come obiettivo formulano leggi.

2) Quando può verificarsi il passaggio dalla generalizzazione all'universalizzazione? Secondo


Hume, non possiamo mai avere certezza che ciò che accade regolarmente accadrà sempre.

Esempio: attraverso l'osservazione si può concludere che la mosca ha otto zampe, ma non vuol dire
che tutte saranno per forza così e che quindi se una mosca ha 9 o 7 zampe non è mosca.

Approcci come il positivismo o il naturalismo finiscono per dare alle scienze sociali un senso di
minorità, poiché incapaci di raggiungere gli stessi risultati. Il positivismo sociologico
ottocentesco, con Comte e Durkheim, ha provato a mostrare perché la sociologia è effettivamente
scienza.
Lo storicismo tedesco prova invece a mostrare che le scienze umane hanno bisogno di un
altro metodo di studio, perché i fatti umani sono storici, irripetibili nella loro storicità. In più,
essendo imprevedibili, i comportamenti umani non possono venire spiegati con leggi universali,
ma devono essere compresi nella loro unicità, in base al senso e contesto.

Karl Popper dice che "la scienza è valida fino a prova contraria", ciò che distingue la scienza dagli
altri metodi di studio è proprio il principio di falsificazione. Secondo Popper infatti non esiste nulla
di definitivamente acquisito, solo teorie che finora hanno resistito alla controprova.

Un altro momento importante è dato da Thomas Kuhn, che critica un aspetto fondamentale del
positivismo, cioè, che la scienza sia un processo unibile, egli sostiene che lo studio scientifico viene
caratterizzato da rivoluzioni scientifiche ovvero momenti che cambiano ciò che si sapeva prima e
obbliga a ricominciare da capo. Esiste un paradigma di riferimento che egli definisce come
scienza normale, e quando esso viene smentito, si parla di scienza rivoluzionaria.
Occorre anche ricordare, che, siccome le azioni degli uomini devono essere interpretate,
l'oggettività dell'interpretazione è sempre filtrata da colui che fa da interprete.

Pensare la modernità
Esistono due premesse per lo studio sociologico: gli uomini devono avere ben chiare le relazioni
sociali entro cui sono collocati e l'individuo dev'essere razionale.

Comte e la società industriale


Il metodo
Comte ritiene che la natura umana sia caratterizzata da tre dimensioni: intellettuale, pratica e
morale.
L'ordine sociale si ha quando questi tre aspetti sono d’accordo tra di loro, mentre se parliamo dei
tempi di cambiamento sociale la situazione è opposta.
È il primo ad usare il termine 'sociologia' per indicare la scienza della società, e critica il metodo
comparativo usato da Montesquieu, poiché è impossibile paragonare la società romana a quella
napoleonica senza una teoria dell'evoluzione storica.
Egli ritiene che l'attività intellettuale sia quella principale, e quella pratica e morale ne sono
la conseguenza dello stadio di sviluppo conseguito.

La legge dei tre stadi


Comte ritiene che l'umanità sia passata per tre grandi tappe d'evoluzione: lo stadio teologico,
metafisico e positivo. Passando da uno stadio all'altro, l'umanità migliora e sviluppa un
controllo razionale sul mondo. Successivamente questo controllo razionale diventa anche
riflessivo e può esercitarsi non solo nei confronti della natura, ma anche rispetto ai rapporti sociali,
e nasce così, una prima società razionale.

1) Stadio teologico: prodotto dell'istinto e del sentimento, basato sulla religione. Diviso a sua
volta tra animismo (forze della natura analoghe a quelle umane ma più forti; subordinazione
degli uomini), politeismo (cause dei fenomeni naturali inquadrate in un pantheon di dei;
possibile intervento sulla realtà) e monoteismo (ordine divino più strutturato e coerente, con
un cosmo creato da una volontà). Lo stadio teologico influenza anche l'attività morale
dell'uomo, instaurando un ordine coerente per le sue attività.

2) Stadio metafisico: NON ha divisioni intermedie, è caratterizzato da un sapere critico nei


confronti della teologia, e proprio perché basato sulla critica e non sull'osservazione, non
costituisce un ordine sociale. Esso è solo un passaggio tra stadio teologico e positivo, perché
produce spiegazioni logiche alle forze della natura ma le vede sempre come un prodotto divino.
Successivamente sostituisce Dio con il concetto di natura.

3) Stadio positivo: si spiega il metodo dell'osservazione, in cui ogni generalizzazione viene fatta a
partire dalle cose osservate. Egli cita come grandi esponenti di questo metodo, Bacon con il
quale c'è il rischio di osservare senza pensare, in Descartes, di pensare senza osservare, mentre
solo con Galileo si raggiunge il giusto compromesso, In questo stadio viene anche raggiunto
l'equilibrio tra ordine e progresso (nel primo c'era ordine senza progresso, nel secondo,
progresso senza ordine).
Le idee fondamentali del positivismo secondo Comte sono, quindi, che la scienza è destinata a
sostituire la teologia e la metafisica, poiché il sapere da essa fornito è la base di un controllo
razionale della natura e della società.

La religione dell'umanità
(Parliamo sei Dinamica sociale, perché Comte distingue dinamica sociale e statica sociale)
La società positiva di Comte è scientifica e industriale, mentre quella esistente ma
destinata al tramonto è invece teologica e militare. I sacerdoti e militari verranno quindi
sostituiti dagli scienziati e dagli industriali. Il sapere scientifico sostituirà quello religioso e il lavoro
sostituirà la guerra. Di conseguenza, non ci saranno più le lotte tra le religioni, e unita dalla scienza,
l'umanità potrà riconciliarsi. Di conseguenza, la guerra diventerà inutile e verrà sostituita dal
lavoro, mentre le classi oziose diventeranno laboriose.

La religione cattolica verrà sostituita da una religione positiva, basata su una fede razionale, che
dovrà essere il fondamento del nuovo ordine industriale. Al cuore di questa religione vi è la
venerazione dell'umanità. Il culto dell'umanità è infatti importante perché sostituisce, con lo
stesso uomo, il vuoto lasciato dalla scomparsa di Dio.
Fin qui si è parlato della dinamica sociale, la statica riguarda le condizioni di esistenza di una
società, il suo ordine, mentre la dinamica invece indica il movimento, il progresso.

Per Comte inoltre, l'unità di base di una società è la famiglia e non l'individuo, perché
l'individuo non può essere oggetto di osservazione scientifica. La società è una cooperazione basata
sulla divisione del lavoro, quindi ha una natura intellettuale e in seconda battuta morale, e senza la
divisione essa sarebbe solo un agglomerato di famiglie. La natura della società è quindi quella di
coordinare la cooperazione, e per Comte, tale compito diventerà più difficile man mano che le
società diventano più complesse

Umanità o società?
Essendo a favore di una maggior coordinazione, Comte è contrario al dogma del libero
mercato, ed è anche ostile a ogni tipo di sommossa, perché il vero cambiamento deve coinvolgere
tutta la società, che per Comte è il concetto di ordine sociale, e non di società civile (legata allo
Stato). Lui vuole superare l'idea stessa di società per il fatto che essa sembra raggiungere
un'umanità realizzata, che trascura tutte le divisioni, quelle funzionali (di lavoro) comprese.

Tocqueville e la società democratica


Nonostante fosse di famiglia aristocratica, è sempre stato un sostenitore convinto della repubblica.
Riteneva che la democrazia = l'essenza del mondo moderno, comporta dei vantaggi e degli
svantaggi. Tocqueville sostiene che la democrazia abbia bisogno della religione, perché essendo già
indipendenti politicamente, gli uomini si spaventerebbero con la mancanza di autorità in fatto di
religione. In poche parole, Tocqueville accetta il cambiamento democratico ma teme una possibile
svolta rivoluzionaria alla democrazia; per cui elogia continuamente l'America, dove si ama il
mutamento ma si temono le rivoluzioni. Inoltre, egli sostiene che la democrazia, anche laddove sia
consolidata, possa rappresentare dei pericoli al futuro dei popoli, i quali non risparmiano
nemmeno l'America. Sono problemi che nascono dalla tensione tra eguaglianza e libertà, che non
sempre coesistono. Infatti, così come è possibile la libertà democratica (giusta coordinazione tra
desiderio di eguaglianza e spirito di libertà), è anche possibile il dispotismo democratico (rinuncia
alla libertà in nome dell'eguaglianza).
Il metodo
Tocqueville fu il maestro del metodo comparativo, nel quale è fondamentale la comparazione
tra realtà diverse per genere o anche dello stesso genere in modo da identificare alcune
caratteristiche generali e possibili tendenze evolutive.
Soffermandosi sul tema della democrazia, principalmente per quanto riguardano i paragoni tra
America e Francia, egli la considera non solo un regime politico, ma una
forma di organizzazione sociale; contano i rapporti sociali, e se essi sono ancora tradizionali,
un potere democratico difficilmente riuscirà mantenersi; allo stesso modo, un potere autoritario
non sopravvivrebbe in una società regolata da principi democratici.
La questione centrale da analizzare però non sono i legami politici di una società, ma quelli sociali
(anche perché quelli politici derivano dai secondi). La repubblica negli US infatti non è una forma
politica, ma il risultato di una struttura sociale democratica ed egualitaria ("c'è una società solo
quando gli uomini considerano un gran numero di cose allo stesso modo). Inoltre, essa può

svilupparsi adeguatamente, in modo molto tranquillo lì, poiché è immune dai conflitti e dalle
rivoluzioni così frequenti nelle repubbliche europee.

Democrazia e modernità
Mentre tutta l'Europa era sconvolta da rivoluzioni, l'America restava in pace, con una
repubblica che fungeva da conservatrice dei diritti dei cittadini. Tocqueville infatti vedeva le
sommosse, rivolte, come cose negative, e la pace, la repubblica e i diritti come cose positive.
Caratteristica essenziale della democrazia è l'eguaglianza, ma non intesa come tutti gli
uomini uguali, poiché sarebbe impossibile: essa è un'eguaglianza delle opportunità, dove non
esistono gerarchie di alcun tipo e ogni posizione dev'essere accessibile a tutti. Non è quindi
un'eguaglianza effettiva, ma un'aspettativa, un'eguaglianza in potenziale.
È più che altro un'eguaglianza riferita alla struttura sociale prima che alla dimensione politica, con
uno stravolgimento delle società aristocratiche del passato.
Tocqueville sostiene che con le gerarchie, le famiglie restano per secoli nella stessa
condizione, e ciò rende tutte le generazioni contemporanee. In società del tipo i cittadini
cercano la protezione di qualcuno in un livello superiore e pretende la cooperazione di qualcuno in
un livello inferiore. Nei regimi democratici la devozione diventa più rara e si rompe la cosiddetta
catena che legava le generazioni nell'aristocrazia, lasciando ogni anello per conto suo e
potenzialmente sullo stesso piano.

Generazioni diverse quindi conducono la stessa vita, potendo facilmente immaginare come è stata
la vita degli ante passati e come sarà quella dei propri nipoti.
Tutto questo processo è lungo e coincide con l'avvento della modernità
(per quanto riguarda l'Europa).

L'esperienza americana invece è diversa, perché la società statunitense nasce democratica. Sorge
così il mito del self-made man, che ha nelle mani il proprio destino, una volta che c'è
l'eguaglianza delle opportunità.
Per quanto riguarda la partecipazione politica, in Europa essa è frutto di una conquista
conflittuale e lunga, mentre negli Stati Uniti è un dato di partenza. In Europa inoltre, la
transizione dall'aristocrazia alla democrazia costituisce un processo complicato, poiché è un
conflitto a somma zero', cioè, che può essere risolto solo con il successo di alcuni e la rovina di altri,
Può esserci democrazia in Europa solo se succede un radicale conflitto sociale che abitui gli uomini
alla partecipazione in modo che diventino individui e dopo cittadini.

Internamente a questo conflitto esistono due grandi pericoli che possono rallentare/
frenare il processo di democratizzazione: (primo la mancanza di lungimiranza politica
(mancanza di fede); il secondo l'aspirazione rivoluzionaria che spinge gli attori sociali verso un
conflitto (eccesso di fede). Attraverso le associazioni si può articolare un sistema di diversità
(economiche, culturali, ecc.) che rende eguaglianza compatibile con la libertà. Giornali sono la voce
delle associazioni, fondamentali per contrastare un'opinione pubblica standardizzata e omogenea.
I giornali fanno le associazioni è viceversa, e gli US sono il paese con il maggior numero di giornali
e associazioni. La partecipazione è un rito che dev'essere sempre alimentato, poiché la qualità della
democrazia dipende da essa.

Libertà e partecipazione
Con la rottura della catena che teneva gli uomini attaccati, essi si ritrovano soli e di conseguenza
indifferenti alla cosa pubblica (primo rischio democratico), perché il desiderio di eguaglianza
attenua l'appartenenza alla collettività. Il secondo rischio della democrazia è che prima le classi
erano complementari, ognuna aveva un proprio ruolo nella società. Adesso invece le classi si
confondono tra loro, e mentre prima venivano gestite le diversità e da ciò emergevano le qualità,
ora conta di più la/quantità, poiché c'è una differenziazione generale.
Finisce per dominare l'opinione dei più e si impone la cosiddetta opinione pubblica.
Il terzo è più grave pericolo, prodotto da un'ossessione per l'eguaglianza, è il
riprodursi del potere senza ostacoli. Ciò succede perché prima i ceti aristocratici avevano la
funzione di mediazione e controllo del potere sovrano, e ora che non sono più presenti, non ha più
nessuno che possa contrapporsi ad esso.
Tutti questi pericoli sono quindi legati agli effetti sociali dell'eguaglianza, che produce una minore
attenzione per la libertà. La questione quindi è come rendere possibile una democrazia che sia il
giusto equilibrio tra libertà ed eguaglianza.

Il dispotismo è la combinazione di indifferenza, egualitarismo e concentrazione del potere, che


corrispondono alla fine della libertà e dei diritti. L'alternativa che si dà quindi è tra essere uguali
perché tutti hanno gli stessi diritti (eguaglianza nella libertà) o essere uguali perché nessuno li
possiede (eguaglianza nella tirannide).
Gli americani hanno saputo gestire la democrazia sfuggendo al potere assoluto. Secondo
Tocqueville riescono a salvaguardare la democrazia non tanto grazie a meccanismi politici e
istituzionali, ma soprattutto grazie a meccanismi della sfera sociale e culturale: presenza della
religione, livello di partecipazione e associazionismo dei civili e il ruolo dei giornali nella
formazione dell'opinione pubblica.
1) Religione, humus generale della collettività, insieme di valori che sono un limite al potere
sovrano è il dispotismo che può fare a meno della religione (non la libertà). Per Tocqueville
infatti il dispotismo è impossibile in una società religiosa.
2) Associazioni/partecipazione: sono molto importanti perché consentono una migliore
articolazione degli interessi e un miglior collegamento tra utilità individuale e collettiva
('individuo vede che il suo tornaconto non è molto diverso da quello dei suoi simili).

L'interesse dei gruppi è definito da Tocqueville come 'interesse bene inteso', un interesse non
egoista, virtuoso. Il benessere bene inteso si raggiunge quando il benessere individuale viene
combinato a quello collettivo. Gli americani sono sempre disposti a sacrificare qualcosa di loro per
aiutarsi in nome dello Stato. Il tasso alto di partecipazione consente loro di guardare oltre

Virtù civiche o tirannia?


Tocqueville sostiene che nei tempi moderni, in cui le classi si confondono, è difficile distinguere
i limiti di chi governa e di chi deve obbedire.
Egli ritiene che i costumi e abitudini democratiche non siano necessariamente le migliori ma pensa
anche che sia l'unico mezzo rimasto per essere liberi. Da bravo aristocratico, infatti, non è un
grandissimo entusiasta della democrazia, ma da bravo sociologo sa che le società moderne non
hanno scelta; da uomo politico, è favorevole alla repubblica democratica, poiché basata su libertà
ed eguaglianza.
Come conclusione, egli dice che nei tempi moderni, i ragionamenti e i calcoli sostituiscono la fede e
i sentimenti, e con ciò si pone la scelta tra la forza ragionevole dei diritti (libertà democratica) e
quella irragionevole della paura (tirannide democratica).

Marx e la critica al capitalismo


Scrisse il Capitale è insieme ad Engels il Manifesto del Partito Comunista; è stato uno dei pensatori
che ha più cambiato il mondo.

Il metodo
Marx cerca di essere uno scienziato critico, stabilendo un rapporto tra oggettività scientifica e
critica sociale. Egli ritiene che la sociologia debba criticare sia i saperi non scientifici sia la
società stessa, una critica quindi del metodo e dell'oggetto.
Marx sostiene anche che è impossibile essere neutrali una volta acquisito un sapere vero e
oggettivo sulla storia e sul funzionamento della società borghese: si può decidere di mantenere lo
status quo oppure contribuire al miglioramento sociale, criticando la società borghese.
Emerge qui una delle più grandi contraddizioni del pensiero di Marx, (tra determinismo e
volontarismo) (legge e libertà);

Quale spazio rimane all'azione umana se anche alla storia vengono attribuite delle leggi
scientifiche?

A ciò Marx risponde dicendo che la storia umana si suddivide in una prima fase durante la
quale gli uomini non sono consapevoli delle leggi evolutive e una seconda in cui
l'uomo impara quale sia la vera natura della sua vita sociale.

Egli è libero solo nella seconda fase, in cui acquisisce il sapere: nella prima, mentre è
dominato da miti o dalla religione, non è libero.

Dopo aver acquisito il sapere, l'uomo deve appunto fare la scelta che definirà la sua natura: se
conservare il proprio potere (particolare), solita di chi ha degli interessi da tutelare oppure
scegliere il cambiamento (universale), tipica di chi non ha nulla da perdere.
La storia è il risultato della tensione continua tra particolare e universale, e consente
all'universale di realizzarsi attraverso il particolare: le leggi scientifiche di movimento
della società portano a un mondo senza interessi particolari, dove si dispiega solo l'essenza
universale dell'uomo. -› Marx lega la sua visione utopica di società giusta alla critica scientifica del
capitalismo; essa compre, una visione etico-filosofica dell'uomo e della società che viene congiunta
allo studio scientifico del funzionamento del capitalismo.

La concezione dell'uomo e della storia


La concezione che ha Marx della storia dipende da quella che ha dell'uomo: esso è un
ente generico, perché si coglie come genere, cioè uomo. Questa è la principale differenza dagli
animali, perché l'uomo è consapevole del suo appartenere alla specie.
L'esistenza dell'uomo è solo uno dei modi attraverso cui egli può realizzare la propria essenza.
L'animale ha solo la propria attività vitale, mentre l'uomo realizza la propria essenza attraverso la
vita.
L'uomo può quindi andare oltre l'esistenza, al di là del suo particolare.
L'uomo può realizzarsi attraverso la propria attività, il proprio lavoro, la libera attività consapevole
è una caratteristica specifica dell'uomo, nonostante prima fosse visto come un'attività inferiore, da
essere svolta soprattutto dagli schiavi. Solo con lo sviluppo della modernità e dell'umanesimo
moderno emerge la centralità del lavoro.
Attraverso il lavoro l'uomo produce oggetti in cui riconosce se stesso, poiché prodotti della sua
essenza.

La storia dell'uomo è la storia dei modi di produzione utilizzati e delle lotte di classi, e l'evoluzione
storica l'evoluzione di questi modi. Tutte le altre cose, come l'arte, la religione, la politica, sono
strettamente legate all'attività produttiva, che risulta essere la variabile indipendente dell'umanità.

Esiste quindi per Marx una struttura economica (Grundlage)e una sovrastruttura
(Überbau) giuridica, politica, culturale.
L'uomo, alienandosi, produce oggetti, e con ciò organizza la produzione e organizza le proprie
relazioni sociali; si può quindi dire che l'uomo produce la società e la società poi lo determina.
Marx ritiene che l'obiettivo degli uomini sia costruire una società in cui la realizzazione del singolo,
del particolare, implica quella di tutti, quindi universale. Ciò implica il seguente ordine di fatti:
ogni modo di produzione (stadio di sviluppo storico) è caratterizzato da un certo sviluppo delle
forze di produzione (capacità produttiva dell'uomo).

Queste ultime, a loro volta, vengono determinate dallo sviluppo dei mezzi di produzione e dai
rapporti di produzione che intercorrono tra gli uomini, cioè, le condizioni materiali e sociali.
Successivamente, Marx identifica quattro società con modi di produzione e gradi di sviluppo
diversi: tribale, antica, feudale e capitalista.
Il cambiamento delle forze di produzione risulta essere quindi la precondizione per il cambiamento
sociale, e protagonisti di questi cambiamenti per Marx non sono i singoli individui ma le classi
sociali, forma in cui gli uomini organizzane le loro relazioni dentro le attività produttive.
Le classi sociali, a loro volta, si distinguono a seconda della posizione che hanno dentro il processo
di produzione (classe in sé).
Ogni periodo storico è dominato da una classe dominante, simbolo di sviluppo in quella
determinata fase. Quando iniziano a svilupparsi nuove forme di produzione, i vecchi rapporti
crollano, e emerge una classe dominata che, man mano che acquisisce consapevolezza della propria
forza (classe per sé), tende a contrapporsi alla classe dominante. Passando dal primo al secondo
caso, la classe antagonista acquisisce quindi coscienza di classe e rende possibile un confitto
potenzialmente rivoluzionario che potrà originare una nuova fase di sviluppo della produzione.
Il materialismo storico spiega quindi che si passa da una fase storica a un'altra attraverso il
conflitto tra classi che si contrappongono. Alla fine del processo storico, il proletariato, che secondo
Marx è la classe che rappresenta il particolare e l'universale insieme, riuscirà a raggiungere l'utopia
di una completa realizzazione dell'uomo. Questa utopia è il comunismo.
Critica al capitalismo

L'arrivo della borghesia è rivoluzionario perché, al contrario dei tempi antichi, dove tutto era
stabile e conservato, essa è caratterizzata dal cambiamento e il movimento eterni, Questo poi finirà
per coinvolgere tutto il globo terrestre.

Egli infatti descrive i processi di globalizzazione quando spiega che la borghesia ha compiuto un
salto decisivo nel processo di universalizzazione, grazie all'efficacia delle forze di produzione e
l'estensione del tutto. Un esempio è la religione, che viene criticata da Marx più di ogni cosa
perché nasconde all'uomo la sua vera essenza se la proietta verso un essere superiore.
=
Questa sarebbe l'alienazione al suo massimo livello, perché la forza di Dio non è altro che la forza
che l'uomo toglie da se stesso. L'essere supremo dev'essere l'uomo stesso.

Importante è il rapporto tra borghesia ed illuminismo: Marx ritiene che il dominio economico
debba avere anche un parallelo dominio culturale, dato da false idee sostenute dalla classe
dominante.
Occorre quindi criticare sia la struttura che la sovrastruttura, perché occorre lo sviluppo
delle forze produttive e la liberazione da queste idee. Dopo la religione si critica l'ideologia
borghese.
Marx critica anche Hegel, che sostiene che lo Stato sia sintesi formale delle diversità presenti in
una società: dice che attraverso il parlamento ed altri meccanismo dello Stato liberale, la borghesia
crea una falsa universalità che le consente di continuare il proprio dominio. Il marxismo intende
smascherare tutte le ideologie (ma principalmente quella borghese) in modo di realizzare il
progetto illuminista.

Teoria del valore/lavoro


Marx ritiene che il capitalismo rappresenti la realtà sottosopra: oltre all'alienazione inevitabile
che si ha durante la produzione degli oggetti, si ha anche l'alienazione del lavoro, perché l'oggetto
diventa merce, viene sottratto al produttore e diventa proprietà del capitalista.
Il lavoro e il lavoratore diventano una merce nel sistema capitalista.
Il valore delle merci secondo Marx possono essere di 2 tipi: il valore d'uso (qualitativo) che
indica l'utilità di una merce e il valore di scambio (quantitativo), cioè il rapporto di quantità
secondo cui le merci vengono scambiate.

Lo scambio delle merci avviene nella forma (V-D-MP) l'obiettivo è vendere M (frutta), in modo da
ottenere D (denaro) e acquistare M' (carne). Il denaro è il mezzo dello scambio e rappresenta la
quantità, mentre la qualità è il fine.
Il capitalismo invece intende trasformare il denaro in capitale, e il ciclo € (D-M-D’).
Il denaro non è quindi il mezzo dello scambio, ma il suo fine. Il commercio non segue più una
logica qualitativa, ma quantitativa, secondo cui ha senso solo se D’>D. Il compratore non lascia
andare il denaro a meno che abbia la garanzia che esso ritorni.

La circolazione semplice di merci inizia con la vendita e finisce con la compera, mentre la
circolazione del denaro come Capitale inizia con la compera e finisce con la vendita.

Inoltre, la logica capitalista è indifferente alla qualità della merce, al valore d'uso, dato
che lo scopo ultimo è fare denaro. Importante sottolineare che l'arricchimento del capitalista
non viene inteso come accumulo di denaro, ma come valorizzazione del capitale attraverso
investimenti. Tale valorizzazione, secondo Marx, avviene attraverso un furto mascherato:
riprendendo Ricardo, egli sostiene che il motivo per cui un kg di carne valga di più di un kg di
frutta è perché la carne richiede l'impiego di più lavoro, sia specializzato che non specializzato. Se il
lavoro venisse retribuito perfettamente, D non sarebbe maggiore di D', ma ciò non succede nel
sistema capitalista: il borghese ottiene un plusvalore sopra il lavoro del proletariato quando non lo
retribuisce in modo giusto, ed è qui che smaschera il furto.
In poche parole, il capitale viene valorizzato attraverso una remunerazione incompleta, ma il
capitalista è molto abile nel mascherare questo fatto. Egli acquista la forza lavoro dall'operaio e la
impiega come vuole, poiché il lavoro (e con esso anche il corpo dell'operaio) diventa merce.
L'operaio perde il proprio habeas corpus in favore del salario, e viene sfruttato fino a produrre una
quantità di lavoro più grande della propria remunerazione.
Il primo libro del 'Capitale' intende mostrare scientificamente come avviene la
valorizzazione del capitale, però ci sono due grandi problemi da affrontare: il primo è

legato alle curve di domanda e offerta del regime capitalista, che essendo le responsabili per la
decisione dei prezzi, spesso fissano valori inferiori a quelli effettivi
(dati dalle ore e dal tipo di lavoro).

Marx affronta la questione dicendo che la concorrenza sul lungo periodo farà sì che le merci
vengano vendute al valore giusto. Il secondo problema riguarda la produzione stessa e la
concezione del valore delle merci: Marx dice che il valore è dato solo dal lavoro; se
immaginiamo 2 fabbriche, una con molti lavoratori e un’altra con pochissimi lavoratori ma
altamente robotizzata, dovremmo quindi concludere che quella robotizzata sia meno produttiva ciò
sarebbe assurdo, e quindi occorre aggiungere che il valore della merce dipende anche dalle tecniche
impiegate. In più, il profitto finale del proprietario robotizzato sarà più alto perché potrà vendere le
merci ad un prezzo più basso pur pagando salari più alti ai pochi impiegati.
Il dibattito sull'applicabilità della teoria del valore di Marx si è concluso solo recentemente, con una
risposta negativa. Lo sfruttamento indicato da Marx può anche essere vero, ma se esiste, non è
scientificamente misurabile e dimostrabile.
La teoria dello sviluppo
Per Marx il capitalismo si basa su un furto fatto dai primi borghesi nei confronti di
contadini e piccoli artigiani costretti ad abbandonare le loro proprietà per diventare manodopera a
basso costo nelle prime città industriali.
Ciò viene definito da Marx come accumulazione originaria, e consente ai capitalisti di
formare un capitale da investire nell'industria.
Tra le caratteristiche del processo di sviluppo del capitalismo Marx tratta
1) Della concentrazione del capitale: si passa da una situazione di libera concorrenza a una di
tipo oligopolistico fino alla formazione di verte propri monopoli industriali
2) L’emergere di una classe di manager industriali essa costituisce un indicatore evidente
della scissione tra proprietà e controllo dei mezzi di produzione, perché i manager non devono
per forza possedere le risorse che gestiscono. Essi sono responsabili dell'annullamento
dell'industria privata sulla base del sistema capitalista stesso, consentendo la formazione di un
capitale finanziario, dato che la proprietà esiste sotto forma di azioni
3) Carattere irrazionale ed anarchico del capitalismo: non è possibile organizzare la
produzione in funzione della domanda effettiva di beni, poiché conta solo la valorizzazione del
capitale invece che la soddisfazione di bisogni concreti.

Proprio per via degli squilibri tra domanda e offerta si hanno spesso delle crisi economiche, e
paradossalmente, crisi di sovrapproduzione, impensabili nei sistemi precapitalistici che non
riuscivano ad assorbire il problema della carenza di cibo.
L'aspetto fondamentale del capitalismo però è il processo di universalizzazione, che agisce
in tutti i livelli; siccome tutto diventa merce, il processo di valorizzazione del capitale non si arresta.
Inoltre, i mercati locali diventano sempre più un mercato mondiale. Con ciò, si ha
un'universalizzazione dei rapporti umani, e si può parlare di storia dell'umanità, dove tutto
diventa comune. Il problema però, è che ciò avviene per spinta della logica di produzione. La sfida
principale della globalizzazione è quindi emanciparsi dalla logica capitalistica, diventare
un'unità libera dal culto al capitale.

L'utopista liberato dallo scienziato


Gli studiosi di Marx lo hanno interpretato nei più diversi modi, facendolo sembrare liberatore
dell'umanità ma anche ideologo di terribili dittature.
Una volta criticati la teoria dei prezzi e la filosofia della storia, restano sempre attuali due aspetti
del suo pensiero: l'analisi degli sviluppi del capitalismo, che parla dell'universalizzazione,
riassumibile nel processo di globalizzazione; la carica critica del suo utopismo giovanile che
questiona quali condizioni siano necessarie alla realizzazione dell'uomo e delle sue capacità. Da ciò
deriva un universale senso di giustizia, fondato sulla differenza che esiste tra il potenziale
umano di natura e la vera realtà sociale.
Marx cita l'utilitarismo (azione umana parte dall'idea che ognuno deve massimizzare il proprio
utile) come forma più compiuta di morale borghese, che ostacola uno sviluppo della giustizia.
L’etica universale invece non ha una base utilitaristica, ma aspira alla realizzazione dell'uomo,
rendendo possibile la critica a qualsiasi forma di ingiustizia, dato che ha un elevato potenziale di
liberazione. Si hanno quindi i legami tra marxismo e anticolonialismo, femminismo, ecc.

Durkheim e la solidarietà sociale


Ritiene che l'individualismo sia il problema ma anche la risorsa principale della
modernità. Siccome infatti può produrre anomia, e ciò è visibile agli occhi di tutti, si può dire che
la società moderna per Durkheim sia anomica= senza senso.

Il metodo
Nonostante la natura della società non sia materiale, essa esiste e produce effetti. La società per
Durkheim è un fatto morale, un insieme di credenze condivise che costituiscono la coscienza
collettiva; su questa coscienza si basa la solidarietà sociale, il senso di stare insieme degli
individui socializzati.
Se il mondo è un insieme di fatti naturali, la società è un insieme di fatti sociali.

Questi sono 'opera nostra', però ci appaiono esterni, perché diventano autonomi ed esercitano una
costrizione sull'uomo, poiché sono modi di fare più o meno fissati.
A tale proposito, egli introduce il concetto dell'homo duplex, secondo la quale l'uomo ha una
componente individuale e una sociale: ognuno ha la propria individualità, unica, ma ha anche
un'identità data dal fatto che siano nati in una società particolare. I 2 aspetti non sono separati in
modo molto evidente, perciò Durkheim distingue i pensieri dei soggetti tra
rappresentazioni individuali e collettive, e la società per lui esiste in quanto è
possibile separare queste due dimensioni.

Non esiste quindi, secondo lui, una forte tensione tra libertà e costrizione della società, anche
perché la libertà stessa è frutto di una regolamentazione.
Inoltre, la regolamentazione sociale è parte dell'individuo da quando egli è un bambino, e il
rapporto tra società e libertà è diverso all'interno delle diverse società.
Secondo Durkheim, la vita sociale è tutta costituita da rappresentazioni, modi di pensare condivisi.
Il suo approccio intende studiare i fatti sociali come cose, usando il metodo naturalistico, come per
esempio i fisici e i chimici.
La sociologia deve spiegare i fatti sociali attraverso altri fatti sociali, e seguendo sempre il
parametro di quella data società, cioè, secondo la loro coscienza collettiva. La scienza non può
giudicare una società e la sua cultura, può solo studiare i fatti sociali oggettivamente.

Solidarietà sociale
Nelle società tradizionali, secondo Durkheim, esiste una
moralità comune basata sulla coscienza collettiva. Tutti gli individui si comportano allo
stesso modo, seguendo gli stessi valori di riferimento, perciò, lo spazio di autonomia è molto
ridotto, dato che l'individuo semplicemente si conforma alle credenze e pratiche comuni della
società in cui vive.
Gli individui, nonostante non siano obbligati a fare alcune cose (es.: sposarsi in chiesa) le fanno
comunque perché non hanno alternative. Durkheim parla quindi di solidarietà meccanica.

Quando i valori, le credenze e le consuetudini subiscono cambiamenti imposti dall'avvento della


modernità = si cade nell’anomia, quindi si parla di solidarietà diventa organica. Per
contrastare tale anomia, bisogna formare un gruppo nel quale mettere in atto il sistema di regole
che mancano. Tale funzione non può essere svolta dallo Stato o dalla società nel suo insieme; solo
le corporazioni o associazioni professionali possono svolgere questo ruolo.

Le corporazioni però risolvono solo il problema della solidarietà internamente al gruppo; la


coscienza collettiva invece…?

Un comportamento deviante è, secondo Durkheim, quello che si contrappone alle norme sociali
condivise, e perciò sfocia in un atteggiamento conflittuale dell'individuo verso la società. Il
comportamento deviante si riconosce subito perché è quello meno frequente.

La devianza è il prodotto della tensione tra individuo e costrizione sociale, per cui non esiste una
società senza devianza per Durkheim. La devianza, a sua volta, può anche essere utile alla società,
perché pone le premesse al cambiamento.

Oltre alla devianza vi è anche l'analisi di Durkheim sul suicidio, che invece che soffermarsi sugli
aspetti psicologici che portano gli individui a ciò, si concentra nel dare una definizione al suicidio
come fatto sociale, mettendo in evidenza il tasso di suicidi a seconda delle caratteristiche degli
individui. Egli nota, per esempio, che il tasso è più alto tra i protestanti, e con ciò conclude che
il cattolicesimo è meno anomico del protestantesimo, poiché più abile nel fornire saldi
punti di riferimento morale.

Durkheim identifica quattro tipi di suicidi, disposti su due assi di integrazione e regolamentazione.
EGOISTA: dove i legami sociali sono deboli, caso dei non credenti o dei protestanti rispetto ai
cattolici, delle mogli senza figli. Indice alto nei periodi di pace ma basso ne periodi di guerra e
tensione che producono più integrazione.
ALTRUISTA: eccesso di integrazione, individui che credono troppo a qualcosa, come per esempio
il capitano che affonda insieme alla nave o la moglie che si uccide dopo essere diventata vedova.
ANOMICO: bassa regolamentazione sociale, l'assenza di norme lo espone alla frustrazione
continua. Accade spesso nei casi di un rapido cambiamento sociale in cui le regole e la tradizione
vengono a meno e gli orizzonti che si aprono sono infiniti ed incerti.
FATALISTA: tipico di un eccesso di regolamentazione, un dispotismo delle regole sociali,
In conclusione, Durkheim non ritiene che integrazione o regolamentazione siano un male, è solo
che ci sono patologie legate all'eccesso o difetto di entrambe. Una società equilibrata è quella dove
le pulsioni individuali sono in sintonia con la forma sociale.

Sociologia della religione


Durkheim considera la ragione (?????) e la religione entrambe fatti sociali, prodotti dalla
società. La ragione, per esempio, e le categorie con cui l'uomo percepisce la realtà sono un
prodotto del vivere in società. A proposito della religione, Durkheim sostiene che dietro la
religione ci sia la realtà della società. Tutto ciò a cui credono gli uomini quindi, sono un prodotto
collettivo. Gli uomini producono le proprie divinità ma subito ne dimenticano l'origine; si può
credere alle divinità solo se non si è consapevoli che essa è prodotto dell'uomo. Al contrario di
Feuerbach, Durkheim sostiene che l'uomo non crea gli dei per via di un bisogno interiore, ma
per esprimere la realtà delle relazioni sociali. A relazioni sociali deboli corrispondono
divinità deboli, e questo è il caso della modernità secolarizzata, nella quale la religione ha perso la
capacità di fornire valori condivisi.
Durkheim si riferisce a forme elementari di vita religiosa, in particolare il totemismo delle tribù
australiane perché ritiene sia più facile trovarci l'essenza della religione, essendo forme meno
complesse. Ne ricava che l'aspetto fondamentale non è la presenza di divinità, ma la presenza di
cose sacre; esse acquistano una forza che le distingue dalle cose profane, una forza che si libera nei
riti collettivi quando gli uomini perdono la propria individualità e si confondono in un gruppo.
La religione quindi non è altro che l'insieme delle credenze e pratiche relative a cose sacre, e i suoi
rituali vengono eseguiti con lo scopo di semplicemente rafforzare tali credenze.

L'individualismo come religione civile


Il cuore del malessere moderno per Durkheim sta proprio sul fatto che i valori moderni non
sono chiari. Come soluzione, egli propone come unica soluzione possibile, l'individuo, perché
l'individualità è l'unico principio a cui crede l'uomo moderno e l'individualismo è l'unico
sistema di credenze che assicura l'unità morale.

Il culto all'individuo non ha tempi, sacerdoti o simboli, ed è molto più interiore perché creduto da
ognuno di noi in quanto individuo. È da ricordare però che esso non è un individualismo
utilitarista, basato sul calcolo degli interessi, bensì sul valore dell'individuo, che può costituire
la base di una nuova religione laica e civile.

Infatti, questa è l'unica religione possibile una volta che si ha che la religione non è altro che un
fatto sociale.

In conclusione: per Durkheim, ogni società mai esistita è uno specifico modo di gestire la tensione
tra uomo e società, tra parte e tutto, tensione che diventa più complicata nella società moderna
quando l'uomo si emancipa dalla pressione sociale e diventa sempre più un individuo autonomo.

Weber e il processo di razionalizzazione


Il metodo
Weber scartò il positivismo francese, secondo il quale anche le scienze sociali devono portare alla
formulazione di leggi generali, e si basò invece nello storicismo tedesco. Secondo lo storicismo,
le azioni dell'uomo sono uniche ed irripetibili, perciò lo studioso deve cercare di comprendere
l'azione storica nella sua particolarità, a seconda del senso che assume per l'attore sociale che l'ha
compiuta.
La comprensione delle azioni non include però la comprensione di tutta la sequenza, perciò Weber
dà una definizione di sociologia del tutto diversa. Secondo lui, essa ha per oggetto
l'azione sociale, e la storia costituisce l'insieme di queste azioni distribuite nel tempo.

Per studiare l'azione degli uomini, occorre prima comprenderla, interpretarla, altrimenti non si
saprà mai cosa intendevano ottenere con tale azione. Successivamente, la si colloca dentro la
sequenza storica di cui fa parte, attraverso il collegamento con l'azione precedente (che la spiega) e
quella futura (che essa spiegherà).

Solo che sono possibili mille interpretazioni per ogni azione, quindi Weber cerca di generalizzarle,
ma senza dimenticarsi della loro natura particolare. Esempio del quaderno rosso, che non significa
che tutti i rossi sono in quel modo, ma che quello è uno dei possibili toni di rosso.

Il nesso tra le azioni non è poi un semplice rapporto di causa-effetto, poiché ogni fatto storico è il
prodotto di un concatenamento di circostanze e non produce conseguenze predefinite.
Lo scienziato sociale è anche un attore, poiché anche lui compie azioni che hanno degli effetti,
quindi non è neutrale. Per produrre una conoscenza oggettiva, Weber ritiene che si debbano
distinguere i concetti di riferimento al valore e giudizio di valore, e che quest'ultimo debba essere
escluso dall'indagine scientifica, perché lo scienziato deve evitare di esprimere i propri giudizi su
ciò che studia.

Senso e personalità
La concezione sociologica di Weber è individualista, e ciò che conta è la nostra capacità di dare
un senso alla vita, il più coerente possibile, è la possibilità di costruire una propria personalità. Non
tutti però ci riescono.

Weber dice che ciò che definisce veramente l’azione è il senso dato dai soggetti, distingue
quindi tra comportamento e azione. Non tutti i nostri comportamenti sono quindi azioni, perché
spesso sono privi di senso, e in più, non tutte le azioni sono sociali, esse devono essere rivolte ad
altri
(esempio individuo che prega da solo -azione, individuo che prega in chiesa- azione sociale).

Weber identifica 4 tipi ideali di azione (due razionali e due irrazionali): nessuna azione concreta
corrisponde in pieno a uno dei tipi, ma sono piuttosto combinazioni di diverse quantità di ogni
tipo.
AGIRE AFFETTIVO: mosso da affetti, sentimenti, passioni, fa riferimento alla dimensione
pulsionale dell'uomo. É maggiormente imprevedibile, difficilmente inseribile in un nesso di azioni.
AGIRE TRADIZIONALE: basato su abitudini consolidate, facilmente prevedibile se si
conoscono queste abitudini. I soggetti agiscono il tal modo perché tradizionalmente è sempre stato
così.

Il soggetto diventerà autonomo e capace di costruire la propria personalità


solamente attraverso i due tipi di agire razionali.

Due aspetti della razionalità


Agire razionalmente significa, per Weber, agire in modo autonomo, dando un senso alla propria
azione che non sia meccanico o mosso da impulsi. I due tipi di agire razionale vengono decisi
dall'attore a seconda della logica che segue al momento dell'agire in questione, che può essere di
coerenza (agire tradizionale rispetto al valore) oppure adeguatezza
(agire razionale rispetto allo scopo).

AGIRE RAZIONALE RISPETTO AL VALORE: la razionalità viene data dalla coerenza


rispetto a un valore incondizionato, in modo che il soggetto senta garantita la propria personalità
quando compie un'azione coerente con quei valori, La razionalità quindi non proviene dal valore
stesso, ma dal rapporto tra un'azione ed esso. Nessun'azione è poi associabile a massima o nulla
coerenza, ma deve venire ordinata in un continuum cha va da un massimo ad un minimo di
coerenza.
AGIRE RAZIONALE RISPETTO ALLO SCOPO: molto diverso dal primo in quanto non esiste
più un valore al quale il soggetto deve adeguarsi e modellare la propria azione. Il soggetto si
comporta in modo razionale una volta che valuta i fattori esterni come condizioni o mezzi utili per
raggiungere determinati scopi. Le azioni vengono giudicate razionalmente, e non più moralmente,
cioè, in base alla loro probabilità di successo. Per esempio, dire una bugia risulta essere razionale se
contribuisce al raggiungimento di uno scopo.

I due tipi di azione riassumono il bivio ideale-tipico che si pone prima di ogni azione: comportarsi
in un certo modo poiché più coerente ai propri valori oppure comportarsi in un altro modo perché
il più adeguato al raggiungimento di un certo fine.
Ci sono poi 3 punti che distinguono i due tipi di agire:
1) L'agire razionale rispetto al valore consente di isolare ogni azione dal suo contesto e da possibili
giustificazioni: la sincerità dev'essere sempre rispettata, non importa quali siano le
conseguenze o giustificazioni. L'agire razionale rispetto allo scopo invece fa molta attenzione
alle conseguenze, poiché esse possono giustificare una bugia: l'adeguatezza dev'essere misurata
in modo più generale possibile, quindi insieme al contesto in cui si è svolta l'azione;

2) Sono diversi i criteri di misurazione: l'adeguatezza è una questione di misurazione, e può essere
verificata; la coerenza invece viene misurata metaforicamente quando inserita nel continuum;

3) L'azione razionale rispetto al valore ha senso solo se l'individuo comprende il valore di


riferimento: il martirio non ha senso per un non credente. Nell'agire rispetto allo scopo, invece,
viene misurato il grado di adeguatezza dell'azione nel raggiungere il suo fine. Qui prevale
ovviamente la scienza, tema centrale del tema della razionalizzazione di Weber.

I 2 modi di agire sono contrapposti: quanto più un individuo agisce adeguatamente, sarà meno
coerente e viceversa. Dal punto di vista dell'efficacia/adeguatezza, è irrazionale agire
coerentemente, ma dal punto di vista della coerenza, è irrazionale agire efficacemente /
adeguatamente.

Il processo di razionalizzazione

Weber dice che il processo di formazione di personalità è strettamente legato al mondo in cui
l'uomo si rapporta al mondo, quindi, se quest'ultimo si sviluppa, anche l'individuo si sviluppa;
l'uomo moderno è infatti, il risultato di un modo razionale di rapportarsi.

Le religioni sono una prima fase di razionalizzazione che supera la magia, e ognuna ha le sue
caratteristiche. Weber le suddivide tra quelle che giudicano positivamente il mondo
(confucianesimo e taoismo) e quelle che lo giudicano negativamente (induismo, tradizione
giudaico-cristiana).

Per questa seconda categoria, la realtà è sempre corrotta dinanzi la perfezione divina, e cercano di
trovare una redenzione dall'imperfezione mondana, Weber identifica una via mistica e una ascetica
alla redenzione, dove nella prima, la redenzione è possibile solo fuggendo dal mondo corrotto, e
nella seconda attraverso l'agire nel mondo.
Quest'ultima per Weber è quella più capace di mettere in atto il processo di razionalizzazione,
perché implica un agire razionale nel mondo.

Si pensi al cristianesimo, in cui per ottenere la redenzione l'individuo deve avere una condotta
corretta.
Con ciò, Weber conclude che il protestantesimo è la religione di massimo
disincantamento, poiché in esso si dispiegano compiutamente queste regole. Egli aggiunge ai
suoi studi l'idea secondo cui il protestantesimo sia la spiegazione per il capitalismo.

L'etica religiosa produce quindi un'etica del lavoro, fondamentalmente capitalista perché prevede
continui investimenti.

La sociologia politica
Weber vede il processo di modernizzazione anche come un processo di differenziazione: dalla
sfera compatta che era il Medioevo, iniziano a distinguersi i più diversi ambiti, come la politica,
l'economia, la religione, ecc. Ogni ambito ha i propri valori, che spesso sono conflittuali tra di loro,
e l'ordine sociale diventa frammentato.
Per quanto riguarda l'ambito della politica, Weber ritiene che lo Stato moderno sia la miglior
incarnazione possibile del processo di razionalizzazione della società occidentale.

Esso consiste nel rapporto di dominazione di alcuni uomini su altri che poggia sul monopolio
legittimo della forza.
Non tutte le forze sono legittime ovviamente: quella dello Stato lo è perché riconosciuta in base al
criterio di legittimazione. Essa può essere di tre tipi:

1. tradizionale: basato sulla tradizione, sull'eterno ieri, sul fatto che è sempre stato così;
2. carismatico: basata sulla qualità personale del carisma del leader;
3. legale: si basa sul rispetto della legge e sul riconoscimento di nome promulgate ritenute valide.

Il primo potere viene dal passato, il secondo da caratteristiche personali del leader e il terzo ha una
natura formale, che lo rende il più razionale dei tre.

Il potere legale dello Stato funziona sulla base di procedure standardizzate. La sua manifestazione
classica è costituita dalla burocrazia. Il burocrate ritiene che la cosa più importante non sia il fine
della procedura che si compie, ma il rispetto della procedura stessa. Weber vede che lo Stato
moderno sta diventando una grande macchina regolata da procedure formali priva di vera capacità.
Il carisma, per quanto irrazionale, è la forza dell'uomo politico capace di fare la storia, e viene
intrappolato dalla burocrazia. L'alternativa a questo processo è un capo politico Ideale capace di far
rispettare le procedure dopo aver indicato fini utili e razionalmente perseguibili.

Questa è una significativa differenza rispetto allo scienziato sociale: egli dev'essere valutativo,
quindi non può indicare fini perseguibili.

La scienza è il punto di arrivo del disincantamento; dalla magia alla scienza razionale, il sapere
umano occidentale segue questo percorso, Occorre anche precisare che il processo di
razionalizzazione non sta a significare che tutti gli individui sapranno tutto, ma vuol dire che se
volessero avrebbero i mezzi per farlo, una volta che si è consapevoli che non ci saranno forze oscure
nascoste da qualche parte.
La scienza però non può dire se certi fini meritano di essere perseguiti; perciò Weber introduce 2
tipi di comportamento etico (ideali, quindi nessun comportamento coincide al 100% con uno dei
due tipi), essi possono seguire l'etica della convinzione e l'etica della responsabilità.

Una scelta etica cercherà di rendere compatibili le due vie, facendo sì che gli individui seguano la
propria convinzione ma prendano responsabilità delle conseguenze prevedibili.

Uomini maturi
Come si nota anche dal processo di globalizzazione, le forme di razionalizzazione Weberiane si
stanno diffondendo in tutto il mondo, La tendenza è che subentri il dominio unico della scienza e
della tecnica, che ci terrà intrappolati. L'alternativa a ciò è combinare razionalità e personalità. Un
individuo maturo è colui che ha un sistema di credenze a cui mantenersi coerente senza avere un
mondo magico di miti, religione e rituali.

Simmel e il processo di intellettualizzazione


Il metodo
Simmel prende distanza dal positivismo, poiché ritiene che nessuna scienza sia fatta solo di
fatti oggettivi. Inoltre, tutto passa per un'interpretazione soggettiva, quindi non esistono fatti
sociali, ma forme che vengono colte dallo spirito soggettivo. Forma e interazione sociale/effetto di
reciprocità sono i concetti fondamentali della sociologia di Simmel, e sono allo stesso tempo
opposti e complementari.
Se l'individuo è già complesso, ancor di più saranno le relazioni create con altri individui. Gli effetti
di reciprocità sono il risultato dell'incontro tra individui che si attraggono e si respingono. Queste
relazioni sono il vero oggetto della scienza per Simmel, cioè, egli vede la società come
l'insieme delle interazioni tra gli individui, non come una realtà autonoma.
Le relazioni acquistano tale centralità nel pensiero di Simmel per il fatto che ci sono mille
sfumature possibili e la vera ed autentica esperienza soggettiva è irripetibile

Il problema della sociologia


Simmel ritiene che l'uomo sia determinato dal fatto che vive in azione reciproca con altri uomini.
Quest'azione può darsi in impulsi umani di vario tipo (religioso, sessuale o semplicemente
socievole). Questi impulsi a loro volta sono il contenuto della società, ma non ancora la società in
sé: l'associazione/società si dà quando gli individui raggiungono insieme un'unità, realizzabile in
tanti modi diversi.

La società è la combinazione di un contenuto (impulsi umani) più una forma specifica che
assumono. Forma e contenuto sono inseparabili dentro al processo che è la storia umana. Quindi,
per produrre un'associazione tra uomini, l'impulso umano deve avere un'influenza reciproca su
altri esseri umani, e questa influenza deve avere una forma specifica. La sociologia separa il
contenuto dalla forma per studiare le forme storiche dell'azione reciproca tra gli uomini.

Individuo e società sono due elementi diversi: l'individuo è il punto di incontro delle relazioni e
delle interazioni, mentre la seconda è l'insieme delle reti di relazioni, ma siccome sono fatti delle
stesse interazioni, si implicano reciprocamente. Le forme dipendono dal contatto tra gli individui,
totalmente autonomo dalle ragioni del contatto. Esse sono per esempio la concorrenza,
l'imitazione, la divisione del lavoro.

Le società non possono avere tutte le possibili forme sociali, ma non può non averne nessuna.
Inoltre, non esistono azioni reciproche in quanto tali, ma determinate forme di azione reciproca.
Simmel sostiene che i fenomeni storici possono essere osservati da tre punti di vista: quello
dell'individuo; quello delle forme d'azione reciproca; quello dei contenuti astratti, in
cui non si coglie più né l'individuo né la forma, ma il significato oggettivo degli avvenimenti, in
modo da vederli come espressione dell'economia, dell'arte, della scienza, ecc.

La differenziazione sociale
I processi di differenziazione sociale e individualizzazione, centrali nell'opera di Simmel, sono
connessi e si alimentano reciprocamente: una società più differenziata implica un aumento
dell'individualizzazione e viceversa. Al fondo dei 2 processi si colloca la problematica del rapporto
tra individuo e gruppo sociale e le forme che tale rapporto può assumere.
Simmel nota che tanto più c'è integrazione tra gruppo ed individuo, tanto più l'individuo ha la
tendenza di scomparire perché verrà assorbito dal gruppo e saranno più bassi i livelli di
differenziazione ed individualizzazione.

In merito a ciò, Simmel tratta la questione della responsabilità collettiva: nelle società
primitive, la responsabilità dei crimini veniva sempre attribuita al gruppo e non al singolo
individuo. Con l'espansione del gruppo sociale (similmente a Durkheim), diminuisce la pressione
ricaduta sul gruppo e aumenta l'individualizzazione, ma succede anche che la forza del gruppo
viene meno mentre quella dell'individuo aumenta.

Quanto più aumenta il livello di differenziazione aumenta anche il numero delle cerchie sociali a
cui può appartenere l'individuo, e se esse sono incompatibili, succede il fenomeno
dell’intersecazione delle cerchie sociali, e egli si ritrova nella situazione di dover scegliere, e
individui diversi compiranno scelte diverse.

Simmel introduce quindi anche il concetto di differenziazione individuale, che sta ad


indicare che la differenziazione penetra dalla società dentro l'individuo.
Potrebbe succedere però, che con l'aumento del processo di individualizzazione, l'identità
dell'individuo venga frantumata, principalmente se è incapace di fronteggiare i problemi che
provengono dall'esterno.

La forma denaro e la tragedia della cultura


Per studiare la vita spirituale occorre unire sociologia (scienza) e filosofia in modo complementare:
la filosofia fornisce un riquadro utile dei problemi, che a sua volta costituisce il presupposto del
lavoro scientifico. Poi, i contenuti offerti dalla scienza vengono inseriti in una visione del mondo.

La filosofia del denaro non è altro che l'analisi degli effetti che esso ha sugli altri aspetti della vita,
sugli individui, sulla loro vita interiore e sulla cultura. Diversamente da Marx, che si concentrava
sui rapporti di produzione, Simmel mette in evidenza i rapporti di scambio, poiché sono loro a
produrre i valori economici. Simmel si avvicina molto agli economisti che sostengono la teoria
dell'utilità, perché dice che il valore di un bene è dato dall'utilità che procura al soggetto.

Il principio di Simmel dice che gli scambi non avvengono nella società intesa come entità; essi sono
semplicemente rapporti tra individui che interagiscono. Lo scambio è una delle forme
principali di interazione, che acquista poi una certa oggettività attraverso la realizzazione dei
contenuti concreti, risultando nell'introduzione del denaro.

Il processo di concretizzazione delle forme sociali è essenziale ed inevitabile, perché è attraverso


esse che si danno le relazioni concrete. Il denaro rappresenta una vera svolta rispetto allo scambio
per mezzo del baratto: nel baratto ciò che viene ceduto non è solo mezzo, ma anche merce, ed è
soggetto a distruzione.

Essendo diventato un mezzo, il denaro rende lo scambio più quantitativo che qualitativo.
Così si può anche pensare a uno scambio il cui fine sia avere più denaro, si passa allora dalla
concezione del denaro come mezzo a quella del denaro come fine.
Il denaro poi produce delle conseguenze sulla personalità dei soggetti, influenzando le loro
interazioni.

Simmel cita l'individuo cinico, colui che non si cura del valore delle cose, ma resta comunque
interessato alla loro qualità specifica; e l'individuo blasé, completamente disinteressato.

Il passaggio all'economia monetaria consente maggiore libertà, perché crea i legami di dipendenza
personale. Allo stesso tempo però succede che la divisione del lavoro rende i rapporti troppo
impersonali e il soggetto sparisce offuscato dalle funzioni, con l'elemento umano che tende a venire
meno e le relazioni umane che vengono dominate dall'indifferenza. La sostituzione della funzione
alla persona va di pari passo con la divisione e la specializzazione del lavoro ed è così collegabile al
processo di differenziazione sociale. Paradossalmente quindi, il denaro produce più libertà ma
anche spersonalizzazione.
Simile alla razionalizzazione di Weber è l'intellettualizzazione di Simmel, processo che fa sì che
il sapere venga sempre più dominato dal calcolo.

Altre forme sociali: lo straniero e l'uomo metropolitane


Simmel ritiene che sia impossibile offrire una visione onnicomprensiva della società o identificare
fenomeni centrali da studiare. (Contrariamente a Marx). Egli tratta per esempio del
tema dello spazio sociale: ogni società è definita da uno spazio, e uno spazio è la gestione di un
confine, un fatto sociologico che si traduce in forma geografica.

Il rapporto tra individui e territorio varia da un massimo di legame a un massimo di libertà. Tempi
fa c'era molto più attaccamento al territorio, ma l'uomo moderno è più libero perché ha molto più
territorio a disposizione.

Si delinea così il concetto di distanza sociale, cioè il rapporto tra vicinanza e lontananza di ogni
rapporto sociale: dentro a un piccolo villaggio le relazioni sono dominate da una maggior vicinanza
rispetto a una metropoli, dove è più diffusa l’indifferenza.

Lo straniero non è un tipo sociale, ma la forma che assume un certo rapporto tra individui, quindi
non si deve pensare allo straniero come straniero, ma alla forma del rapporto che si tiene con lui.
Lo straniero poi, non è estraneo al territorio: non viene per dopo andarsene, ma viene per
rimanere, ed è contemporaneamente vicino e lontano.

Importante sottolineare che tutte le volte che gli stranieri vengono chiamati l'americano, la
spagnola", non vengono sentiti come individui ma stranieri di un certo tipo. Il fatto poi che
abbiamo in comune solo alcune caratteristiche generali accentua le diversità che ci sono, ma la
forma dello straniero è riassumibile in relazioni di differenza ed indifferenza.
La metropoli è anch'essa un insieme di interazioni e la forma che assumono. Essa è l'essenza della
vita moderna, la sua forma più evidente.
Nelle metropoli tutto è sfuggente, occasionale e fortuito, e l'abitante tipico è l'individuo blasé,
indifferente alle cose, atteggiamento in sintonia con l'eccesso di occasioni e opportunità. Con
l'eccesso di stimoli, l'individuo non può viverli pienamente tutti, quindi sceglie la via della
leggerezza e della superficialità.
L'analisi di Simmel è quindi sempre ambivalente: la libertà si paga con l'indifferenza, l'autonomia
con l'artificialità dei rapporti, l'eccesso di possibilità con la superficialità delle esperienze.

Una cultura in frantumi


L'essenza della modernità per Simmel è il movimento, la capacità di cogliere l’attimo. Ciò si
traduce nella moda, nella vita metropolitana e nei gusti mutevoli.
La modernità porta con sé anche un nuovo tipo di uomo, superficiale, inquieto e nervoso.

La sociologia non è solo una scienza sistematica e coerente; essa è anche l'espressione di una
curiosità attenta e infinita, anch'essa mutevole come la società moderna.

Lo studio della modernità di Simmel consiste nella messa in luce delle sue contraddizioni.

La ragione, viene sostituita dall'intelletto, che si concentra di più sulla calcolabilità,


La cultura moderna è frantumata, afferma e nega allo stesso tempo la libertà dell'individuo.

La formazione di un linguaggio sociologico


Gli autori fin qui studiati hanno offerto delle definizioni su determinati concetti:
1) MODERNITÀ secondo…
COMTE: passaggio da società teologica e militare a una scientifica ed industriale, con scienziati ed
imprenditori protagonisti del cambiamento;
TOCQUEVILLE: essenza della modernità è la democrazia, contrapposta alle società democratiche, con
individualismo ed egualitarismo protagonisti del cambiamento;
MARX: capitalismo è l'essenza della modernità, prodotto della lotta di classe tra aristocrazia e borghesia e
dell'attività rivoluzionaria del proletariato;
DURKHEIM: modernità è anomica e va contro l'integrazione morale;
WEBER: la caratteristica essenziale del processo di modernizzazione è la razionalizzazione, che sostituisce
all'incantamento di un universo con una fredda realtà di un agire disincantato ma efficace;
SIMMEL: modernità è intellettualizzazione, cioè separazione tra sapere oggettivo e soggettivo;

CONCLUSIONE: la società moderna è industriale, democratica, capitalista, anomica, razionalizzata ed


intellettualizzata.
In più, Tocqueville analizza la modernizzazione politica, Comte e Simmel quella culturale, Marx quella
economica e Weber e Durkheim quella sociale.

2) Tutti gli autori, tranne per Comte, hanno un ATTEGGIAMENTO CRITICO nei confronti della
modernità:
TOCQUEVILLE: democrazia esposta al pericoli di una dittatura egualitaria e della maggioranza; MARX:
mondo capitalista è alienante e dev'essere superato da un conflitto sociale profondo e radicale;
DURKHEIM: società anomica incapace di trovare un ordine stabile e durevole nel tempo, quindi è soggetta
a tensioni prima sconosciute;

WEBER: necessario trovare una via di uscita dalla razionalizzazione per evitare il dominio di un mondo
insensato e meccanizzato;
SIMMEL: mondo moderno minaccia l'identità dell'individuo, perché lo sottopone a interazioni sociali
sempre mutevoli e instabili.

3) Un DENOMINATORE COMUNE della critica è:


La progressiva sostituzione della quantità alla qualità, della forma rispetto al contenuto. Gli autori (con
eccezione di Comte), ritengono che ci sia un'indifferenza verso i bisogni dell'individuo, proprio perché
dominato dalla logica della quantità.

4) Idea della modernità come MONDO incompiuto, sottoposto a un cambiamento continuo ed irreversibile.

5) Stretto legame tra sviluppo della modernità e PROCESSO DI SECOLARIZZAZIONE, cioè il


progressivo venir meno della centralità della religione.
COMTE: scienza sostituirà in toto la religione;
DURKHEIM: il venir meno della religione è il vero problema della modernità, perché il suo ruolo principale
è fornire valori condivisi sui quali si basa la coesione sociale.
MARX; religione è una falsa coscienza da superare in modo da ottenere maggiore autoconsapevolezza
"religione è il sospiro della creatura oppressa, oppio dei popoli";
WEBER: nella sua modernità razionalizzata non c'è più spazio per la religione.

6) Esaltazione del ruolo del lavoro, visto come una condizione penosa dal mondo classico che diventa
centrale ed essenziale nell'espressione della natura umana.
LOCKE: lavoro alla base dei rapporti di proprietà;
MARX: uomo si realizza solo con il pieno dispiegamento della sua attività pratica, ma il capitalismo rende
ciò impossibile; importante anche il concetto di divisione del lavoro.

7) Possibilità di un fondamento razionale per la società;


COMTE: risposta ambivalente, 'religione scientifica base delle società moderne;
DURKHEIM e WEBER: società ha fondamenta morali e non razionali, e ciò che tiene insieme gli individui
sono credenze condivise e diffuse. È una lezione data dalla critica romantica all’illuminismo.

8) PORTATA UNIVERSALIZZANTE della modernità: la relazione tra individuo e società riguarda la


struttura tipica del mondo moderno, e la relazione tra particolare e universale la portata di questa struttura.
Esistono due modi di interpretare questo fenomeno:
DURKHEIM e COMTE si rifanno all'idea di Kant di una repubblica universale insieme all'umanità
pacificata;
MARX pensa che il comunismo possa realizzare la prospettiva di un'umanità realizzata-non è chiaro però
come possono essere articolate le differenze in questa prospettiva;
WEBER ritiene che la diffusione del mondo moderno e del sistema capitalista in tutto il pianeta sia data
dalla razionalizzazione-questi modi incarnano le due possibili facce della globalizzazione, una positiva ed
emancipatoria, che coincide con l'Occidente e i diritti umani e una negativa ed alienante che porta il dominio
tecnico e lo sfruttamento.

9) CONCETTI INTRODOTTI DA OGNI AUTORE:


COMTE: sociologia, ordine sociale, statica e dinamica sociali, famiglia e umanità-piano metodologico:
osservazione e generalizzazione;
TOCQUEVILLE: democrazia, eguaglianza, opinione pubblica, associazione, interesse bene inteso-
metodologia: analisi comparativa;
MARX: modi, tecniche, forze e rapporti di produzione, classi sociali, coscienza e conflitto di classe,
stratificazione sociale (struttura delle diseguaglianze), ideologia, valore, alienazione;
DURKHEIM: solidarietà sociale, coscienza collettiva, rappresentazione individuale e collettiva, devianza,
suicidio, sacro, individualismo morale-metodo: fatto sociale;
WEBER: azione sociale, relazione sociale, razionalizzazione, istituzioni, carisma, legittimazione, potere,
burocrazia, Stato-metodo: avalutatività;
SIMMEL: distinzione tra forma e contenuto, effetto di reciprocità, interazione sociale, sociazione,
differenziazione, straniero, individuo cinico/blasé.

10) DISTINZIONI CONTRAPPOSTE/RICORRENTI: alcuni autori mettono in evidenza l'individuo e


altri la società (Weber, Simmel - Comte, Marx, Durkheim). I due autori che possono essere definiti come
estremi opposti sono Weber e Durkheim.

La modernità in questione
La Grande Guerra fu una svolta nella storia mondiale ed è uno spartiacque anche per la sociologia,
L'ottimismo del positivismo e dell'evoluzionismo dell'800 subisce un duro colpo, perché oltre alla
crisi economica che portò disoccupazione e povertà, arrivò anche una crisi sociale e politica.
La società moderna sembra diventare una struttura fragile, divisa e problematica
La modernità appare quindi come un problema, dato che lo sviluppo economico porta a delle
tensioni sociali inconciliabili, la democrazia non risponde al desiderio di partecipazione dei ceti
emarginati e il fatto che il costante cambiamento dissolva il vecchio ordine sociale e cancelli
tradizioni consolidate lascia in realtà solo vuoto e disorientamento. La conseguenza è che appaiono
nuovi capi populisti che puntano sul risentimento e sconcerto collettivi.
La sociologia abbandona quindi le proprie ambizioni progressiste e positiviste e sviluppa un
atteggiamento disincantato verso la modernità.

La Scuola di Chicago e l'interazionismo simbolico


La fine della guerra contribuisce allo sviluppo e affermazione degli US come potenza mondiale, e
cresce anche il piano culturale e scientifico.

Mead e il concetto di interazione


La sociologia americana si sviluppa particolarmente con la Scuola di Chicago, cioè, intorno al
dipartimento di sociologia e antropologia fondato nella città. Il personaggio più influente fu Mead,
filosofo e psicologo sociale.

Il metodo
Mead fu influenzato da John Watson, noto esponente della psicologia comportamentista. Egli
studia la coscienza umana, che, se esiste, deve abbandonare qualsiasi riferimento all'anima se si
studia la coscienza da un punto di vista scientifico. Il comportamentismo decide di studiare la
condotta esterna degli uomini e degli animali, poiché è impossibile analizzare il percorso di
introspezione di ogni individuo. Per gli psicologhi più radicali, non resta quindi niente delle
esperienze interiori e soggettive, ma per altri autori, come ad esempio Watson, la differenza tra
agire e pensare non è qualitativa, ma solo di accessibilità, dato che ritengono che la condotta può
essere osservata da molte persone ma il pensiero solo da noi stessi.
Mead invece critica quest'ultima impostazione, dicendo che non bisogna essere né solo
introspezionisti né solo comportamentisti, Inoltre, il comportamentismo ha molto più senso
quando analizza le relazioni nel contesto di cooperazione di un gruppo.
Ed è questo l'approccio della psicologia sociale: spiegare la condotta dell'individuo nella sfera
sociale per poi capire il suo pensiero/coscienza.

Assumere l'atteggiamento dell'altro


Mead ritiene che il senso nasce dentro le interazioni e le interazioni, avendo prodotto il senso, sono
il luogo dove si forma il sé e la società. La psicologia sociale e la sociologia studiano perciò le
concrete relazioni e la loro dinamicità. Il mondo sociale è una realtà dinamica, che non ha una
struttura né regole da essere seguite, e non esiste soggetto che non interagisca con altri. Soggetto e
società sono quindi il risultato di un processo che li coinvolge entrambi.
Alla base delle interazioni umane ci sono gesti significativi, che poiché sono basati su simboli
linguistici, costituiscono una vera forma di comunicazione che inoltre deve venir interpretata.
Questo è, in maniera semplificata, il meccanismo del pensiero, la cui esistenza dev'essere preceduta
da simboli (in genere gesti vocali) che suscitino la stessa reazione in tutti e due gli individui.
Per Mead il sé è un prodotto della società, perché ci riconosciamo quando facciamo nostro
l'atteggiamento che l'altro ha nei nostri confronti dentro un'interazione sociale che abbia senso.
Un tipo di interazione significativa è data dal gioco; i bambini quando giocano nascondino si
aspettano gli uni degli altri di nascondersi, L'atto esterno del bambino (il nascondersi) viene
interpretato come espressione del suo essere e della sua capacità di riflettere sulle interazioni
simboliche.
Mead inoltre distingue alcuni tipi di interazione, a seconda del tipo di gioco, che può essere
semplice o complesso. Nei giochi semplici l'ego deve far proprio l'atteggiamento di alter nei suoi
confronti e reagire positivamente ad esso. Nei giochi complessi invece, ego deve assimilare

l'atteggiamento di molti alteri, ognuno con uno specifico atteggiamento nei confronti di ego. Ego è
quindi spinto a far proprio l'insieme organizzato di senso di un gioco complesso, cioè, le sue regole,
un altro generalizzato, generalizza le regole cui tutti si attengono.
Per Mead la società è un grande gioco, l'insieme strutturato di tante interazioni simboliche assunte
dal soggetto nella sua interiorità. É l'Altro generalizzato più generale che si possa pensare.
Mead rimane un comportamentista per la questione metodologica, cioè, l'osservazione del
comportamento che poi porta alla ricostruzione della soggettività dietro a quel comportamento. Il
sé è per Mead un prodotto sociale.
Il concetto fondamentale che lo rende diverso da altri comportamentisti è l'intersoggettività dentro
l'interazione, quindi il comportamento non è solo ciò che si vede dall'esterno ma soprattutto il
processo di costruzione simbolica di cui è espressione.

Dal “me” all' "io”


Solo l'animale risponde immediatamente allo stimolo esterno, mentre l'uomo lo fa riflessivamente.
Nonostante la coscienza rimanga una dimensione interna, essa può essere conosciuta solo nelle sue
manifestazioni esteriori, nelle interazioni caratterizzate dalle azioni sociali.
È nel processo di interazione che si dà il senso all'azione sociale.
Esistono due flussi che caratterizzano il processo sociale che dà origine all'interazione: il primo che
proviene dall'esterno e porta alla costruzione di un 'me', e un secondo che dall'interno produce
l'esterno e dà origine all' 'io'. Il sé è per Mead l'insieme di me e io: il primo è il risultato
dell'assunzione interna di atteggiamenti esterni e il secondo la connotazione specifica della risposta
che l'interno dà alle regole sociali.
Tutti i portieri cercheranno di parare il rigore, perché tutti hanno colto l'Altro generalizzato che
sono le regole del gioco, ma ognuno lo farà a modo suo. Ciò è quindi espressione della libertà del sé,
che però non è chiara nemmeno al soggetto stesso. Egli è consapevole del me ma non del proprio
io.
L'io rimane non oggettivabile, ma comunque fa parte della coscienza umana insieme al me.

Per una società democratica e razionale


Il principio per l'organizzazione sociale umana è, per Mead, la comunicazione implicante la
partecipazione dell'altro. Quando l'altro viene assimilato, Il controllo dell'azione dell'individuo può
avere luogo nella condotta dell'individuo stesso, e questo controllo fa progredire l'attività
cooperativa.
Ciò lo rende in grado di governare e dirigere la propria condotta in modo consapevole e critico,
diventando non solo cosciente del sé, ma anche critico del 'sé'.
La continua dialettica tra individuo e società, interno ed esterno, incarnata nel rapporto tra io e me
all'interno del sé fa sì che le istituzioni sociali non siano restrittive per l'individualità dei soggetti.
In più, la società non costringe gli individui a rimanere dentro schemi di comportamento prefissati.
Secondo Mead, lo stretto rapporto tra dimensione individuale e sociale che sta alla base della
psicologia sociale dovrebbe portare a una concezione scientifica e razionale della democrazia.
L'avvento del mondo moderno è inoltre responsabile per l'aumento del raggio della socialità, con
relazioni sociali sempre più universalistiche. Mead crede che questa intersoggettività diventerà
sempre più ampia e democratica, anche a livello internazionale, superando i confini e le barriere tra
le nazioni.
Mead ritiene che l'essenza della democrazia sia l'assunzione del punto di vista altrui come forma di
cooperazione reciproca, Non si tratta tanto di trovare una piattaforma ideologica, come per
esempio liberalismo e socialismo, ma di valorizzare il processo concreto delle interazioni collettive
in modo da evidenziare il loro carattere cooperativo ed universalistico.
Anche i modelli educativi devono migliorare in una direzione meno ristretta e più universalistica:
l'Altro generalizzato deve allargarsi ad orizzonti sempre più ampi in modo da consentire la migliore
espressione possibile di quella società in questione.

Ulteriori sviluppi della Scuola di Chicago


La Scuola di Chicago perde la sua influenza durante gli anni '30, quando viene sostituita dal
funzionalismo parsonsiano che diventerà il modello sociologico dominante negli US. Verso gli anni
'60 invece, si torna a guardare all'approccio interazionista, con i cosiddetti 'neo-chicagoans'.
Tra i loro contributi più interessanti c'è la teoria interazionista della devianza. Essa parte dal
presupposto di Mead che noi ci vediamo più o meno nello stesso modo in cui ci vedono gli altri, e
ritiene che non esistono atti o soggetti devianti, ma atti e soggetti che diventano devianti quando

vengono definiti in tal modo dalla società. Tale teoria viene anche chiamata “dell'etichetta mento",
perchè sostiene che si diventa soggetti devianti solo dopo aver sviluppato una 'carriera deviante'.

Il funzionalismo
Alla base del funzionalismo c'è il concetto di funzione, che in senso biologico sta ad indicare
un'attività utile a mantenere la vita, È un concetto astratto, che non coincide con un organo
specifico.
Durkheim può essere considerato come un precursore del funzionalismo, perché quando parla di
solidarietà organica fa riferimento alla cooperazione funzionale degli individui e le rispettive
attività lavorative.
Parsons invece intende liberare il concetto di funzione da quello di organicismo, perchè la società
non deve essere più vista come un grande corpo; il funzionalismo, proprio perché astratto,
dovrebbe portare a compimento il processo di fornire un modello teorico capace di spiegare
interamente la società.
La questione centrale del funzionalismo è però definire la funzionalità, in base a quale criterio lo si
può fare? Durkheim ritiene che un organismo sia funzionale quando sopravvive, Luhmann sostiene
che non ci sia un fine esterno e Parsons assume una posizione intermedia.
Parsons e il processo di differenziazione funzionale
La sociologia è una disciplina che tenta di spiegare il sociale senza fare riferimento ad altre materie,
come l'economia politica o la psicologia, ma semplicemente usando spiegazioni anch'esse sociali.
Parsons identifica la natura sociale delle azioni come oggetto centrale della sociologia, cioè,
l'impulso volontaristico di ogni azione che implica una scelta fatta seguendo un senso e che
rimanda a valori socialmente condivisi.
Parsons, più di chiunque altro, cerca di formulare una sociologia che sappia spiegare la società
indipendentemente dal contesto storico, quindi non parte dall'individuo moderno, semplicemente
applica qualsiasi società a un modello astratto, applicabile a passato, presente e futuro. Egli
intende, inoltre, trovare ciò che accomuna le diverse civiltà, piuttosto che evidenziare le loro
diversità.
Con ciò, egli non intende andare a cercare similitudini e differenze tra le società, ma si basa
all'antropologia funzionalista per definire, per esempio, che alcuni concetti diversi svolgono la
stessa funzione (p.e., clan, gens, famiglia sono cose diverse, con strutture diverse che però hanno la
stessa funzione).
Parsons viene quindi definito funzionalista perché pensa che la sociologia debba identificare le
funzioni fondamentali che l'umanità, nelle diverse società, tende a gestire in un particolar modo.
Siccome sono concetti destoricizzati, si parte dalla teoria per poi osservare la realtà.
Il lavoro di Parsons può quindi venir diviso in due momenti: il primo quando definisce un modello
astratto di sistema sociale, e il secondo, l'applicazione di questo modello alle varie società storiche
per ricostruire il processo di evoluzione sociale fino ad arrivare alla modernità.

Sistema d'azione e sistema sociale


Parsons sviluppa una teoria volontaristica dell'azione, capace di spiegare qualsiasi azione sociale
dentro qualsiasi contesto e qualsiasi momento storico, senza rimandare ad altri elementi. Per ciò
occorre mettere in luce ciò che egli definisce atto elementare. Esso è caratterizzato da quattro
elementi: colui che agisce, l'attore; un fine dell'azione; una situazione in cui si dà l'azione (elementi
controllabili dall'attore, mezzi ed elementi, condizioni); una relazione specifica tra i vari elementi.
L'interdipendenza dei quattro elementi costituisce il cosiddetto 'sistema d'azione sociale'
-Il collegamento, la relazione tra gli elementi dell'azione non è scontato, ma è uno tra possibili
alternative, quindi comporta necessariamente una decisione. Per esempio, un ambientalista
radicale si comporterà in modo diverso da uno moderato, e ciò fa sì che fine, mezzi e condizioni
vengano declinati in modo diversi da attori con orientamenti normativi diversi.
Parsons inoltre pone un particolare accento sugli orientamenti normativi, che sono alla base del
carattere volontaristico di ogni azione, non riconducibile cioè a una legge generale. Gli stimoli sì,
provengono dall'ambiente, ma è poi l'attore a darci un vero senso alle sue azioni. Egli richiama
anche Durkheim che dice che la società è un insieme di credenze collettive che orientano l'azione
sociale e sono l'essenza della società.
Parsons inoltre formula l'esistenza di tre sistemi d'azione diversi: il sistema sociale, il sistema della
personalità e il sistema della cultura. L'interazione tra essi spiega come sia possibile l'ordine

sociale, cioè la stabilità di un sistema d'azione, Inoltre, l'equilibrio tra struttura e funzione di quella
determinata società darà origine ai livelli più o meno alti di stabilità/ mutamento caratteristici.
Per quanto riguarda il sistema sociale, esso è un insieme integrato di ruoli e funziona perchè gli
individui hanno assimilato le aspettative sociali dei ruoli che ricoprono.
Il concetto di ruolo è indipendente dalla persona, e si integra con altri ruoli sociali (esempio del
professore di sociologia che insieme ad altri docenti costituisce l'università) per formare un sistema
sociale. Inoltre, il ruolo viene definito dalle aspettative poste su di esso, e coordinato con altri ruoli
mette in atto azioni sociali specifiche; è una relazione caratterizzata dalla reciprocità delle
aspettative. Un sistema sociale si mantiene come tale se la struttura dei ruoli interni viene
mantenuta nel tempo e se gli individui hanno interiorizzato i valori alla base delle aspettative su di
loro.
Prendendo spunto da Freud, Parsons chiarisce come la coscienza collettiva venga interiorizzata e
fatta propria attraverso i processi di socializzazione. Tanto più l'individuo interiorizza i valori
sociali, tanto più il suo Super lo sarà forte e strutturato e l'individuo agirà in base alle aspettative
sul suo ruolo.
I processi di socializzazione, che seguono gli individui durante tutta la vita, vengono messi in atto
dalle agenzie di socializzazione, come la famiglia, i mass media, la scuola, i partiti, ecc.
Il sistema d'azione culturale svolge qui un ruolo importante, cioè quello di garantire la permanenza
degli orientamenti che vengono interiorizzati. Laddove però non ci sono credenze stabili e coerenti,
la personalità avrà difficoltà a formarsi.
Parsons enfatizza il ruolo delle agenzie di controllo per opprimere la devianza (nonostante
l'individuo sia socializzato, egli può sempre non fermarsi al semaforo).
Esistono poi 5 dilemmi legati alla natura volontaristica, definiti da Parsons come variabili
strutturali:
1) AFFETTIVITA/NEUTRALITA: le azioni possono venir caratterizzate da legami affettivi, e allora
saranno istintive e non faranno entrare in gioco le altre variabili; se invece sono azioni neutrali,
entrano in gioco le altre variabili.
2) DIFFUSIONE/SPECIFICITA: un'azione può venir inserita in una prospettiva ampia o più
ristretta, a seconda della prossimità (relazione diffusa) o lontananza (idraulico che viene a riparare
il bagno).
3) UNIVERSALISMO/PARTICOLARISMO: un'azione può essere ispirata da criteri universalistici
(giudice che applica la legge) o particolaristici (madre che rimprovera il figlio).
4) REALIZZAZIONE/ASCRIZIONE: al momento di compiere un'azione, decidere tra considerare
fattori acquisibili (titolo di studio, competenze) oppure fattori indipendenti (sesso, età, ecc).
5) ORIENTAMENTO VERSO IL SE/ORIENTAMENTO VERSO LA COLLETTIVITA: se i criteri
sono stati elaborati dal soggetto o se sono quelli sociali tout court.
Parsons costruisce infine il sistema AGIL, culmine del funzionalismo. Esso formula i quattro
fondamentali imperativi funzionali di ogni sistema sociale e rende possibile, insieme alle variabili
sopra citate, la comparazione tra società diverse. Essa ha una dimensione spaziale (esterno/
interno) e temporale (presente/futuro).
L'Adaptation si riferisce alla funzione del sistema di procurare dall'ambiente le risorse necessarie e
renderle disponibili all'esterno e al futuro.
Il Goal attainment rende disponibile i mezzi e le energie necessarie a raggiungere gli scopi del
sistema sociale, facendo riferimento all'esterno e al presente.
L'Integration cerca di mantenere l'ordine interno tra i vari sottosistemi interni nel presente.
La Latent pattern maintenance o Latency serve al mantenimento delle credenze per garantire la
stabilità interna nel futuro.
RIASSUMENDO: ogni sistema sociale deve procurarsi i mezzi provenienti dall'ambiente esterno
(A) utili a raggiungere i suoi fini esterni (G); per raggiungere invece la stabilità interna (I) deve
venir istituzionalizzato un modello si credenze e risorse simboliche (L).
Ad ogni funzione corrisponde poi un sottosistema funzionale del sistema sociale: uno economico
che si occupa dell'adattamento (A), uno politico per il raggiungimento dello scopo (G),
l'integrazione sociale (I) e il sistema fiduciario della latenza (L). Questi quattro sottosistemi
interagiscono in un sistema di interscambio funzionale, ognuno con un suo mezzo simbolico di
interscambio, uno strumento specifico per agire con gli altri sottosistemi, e essi sono: il denaro (A),
il potere (G), l'influenza della comunità (1) e l'impegno di valore(/cultura?) (L). > Parsons
paragona inoltre il potere al denaro. Critica la concezione del potere a somma zero, che lo v. come
una quantità fissa distribuita tra le persone, e dice invece che la quantità di potere varia a seconda
dei processi di interscambio tra i sottosistemi. I parallelismi con il denaro sono molti: la consegna

di potere ai politici può venir paragonata a quando consegniamo soldi alle banche; la periodicità
delle elezioni può venir paragonata agli orari di apertura delle banche, ecc.

Evoluzione per differenziazione funzionale e generalizzazione


Lo schema evolutivo che viene usato da Parsons per spiegare l'evoluzione da società più semplici a
quelle più evolute richiama il processo di differenziazione funzionale della biologia. In sintesi, le
società premoderne (ameba, con una cellula che svolge tutte le funzioni) sono meno differenziate di
quelle moderne (mammiferi, con diversi apparati e organi).
Ciò però non significa che siano meno complesse: esse possono avere una struttura ricca ma non
avere una differenziazione funzionale molto sviluppata. Basta pensare alle società teocratiche: il
potere politico non ha raggiunto ancora una vera autonomia, ma esse possono essere abbastanza
complesse ancora prima della secolarizzazione, Parsons inoltre ritiene che la condizione
fondamentale di stabilità di un sistema è che questo si conformi a un sistema condiviso di credenze.
L'idea fondamentale di Parsons sta sulla centralità dell'individuo e il fatto che esso sia la
caratteristica tipica della società moderna. La modernità stessa si dà solo quando la società diventa
un sottosistema autonomo, indipendente dalla religione e dalla politica che si basa sulla 'fede
nell'individuo".
Al contrario delle società premoderne, quella moderna non tenta di stabilire ciò che l'individuo
deve fare o chi deve essere, ma offre un orientamento generale che come unica esigenza impone
agli individui di essere autonomi e liberi. L'ordinamento è quindi più astratto, poiché deve
accettare gli infiniti modi in cui ognuno può essere individuo.

Una società di individui


Parsons vede la modernità come occidentale come il sistema sociale più evoluto di tutti.
Paradossalmente, quanto più l'individuo moderno afferma la propria libertà e sostiene di essere
autonomo, più appartiene alla società, perchè così essa ci permette di affermare la nostra
soggettività.
Parsons ritiene che il sistema d'azione migliore, più potente degli altri sia quello economico, poiché
grande sostenitore degli US, ritenuti da lui il punto d'arrivo della modernità e dell'evoluzione
sociale.

Ulteriori sviluppi
Merton allievo di Parsons, ritiene che la sociologia non sia ancora pronta per teorie generali, ma
che deve piuttosto concentrarsi su teorie di medio raggio, più facilmente verificabili.
Egli inoltre sviluppa una teoria della devianza, che non la vede come prodotto della povertà o del
disadattamento, ma come conseguenza della tensione tra sistema culturale e sociale; quando il
sistema culturale produce valori non realizzabili dal sistema sociale, si crea una tensione che spinge
il soggetto a usare mezzi illeciti per raggiungere le sue mete.
Il funzionalismo viene portato alle estreme conseguenze dal tedesco Luhmann, che rovescia
l'approccio strutturale-funzionalista di Parsons trasformandolo in funzionale-strutturalista: egli
non pensa a quali funzioni sono essenziali per far funzionare una struttura sociale nel tempo, ma
pensa alle strutture sociali che si producono attraverso la messa in atto di alcune funzioni. La
dinamica (funzione) prende il sopravvento sulla statica (struttura).

La sociologia della conoscenza


La sociologia della conoscenza studia i rapporti tra pensiero e società, evidenziando il modo in cui
ogni forma culturale è legata al contesto sociale in cui è sorta e il modo in cui il pensiero, il sapere
influenza il contesto sociale.
La sociologia della conoscenza non intende associare ogni tipo di sapere all'epoca che lo ha
prodotto, in modo da evitare di cadere nel relativismo culturale, ma bensì cerca di mostrare che in
ogni società è ricorrente il nesso tra sfera sociale e culturale. Esistono alcune premesse per la
sociologia della conoscenza: 1) ogni epoca è caratterizzata da una struttura materiale e una
culturale; 2] esse si influenzano reciprocamente; 3) questa influenza risulta in un processo di
continua costruzione sociale.

Mannheim e il metodo
Mannheim pensa che le scienze della cultura debbano avere un loro metodo specifico, perché sono
molto diverse dalle scienze della natura, che si occupano di aspetti specifici e non si impegnano a
ristrutturare l'insieme. Per le scienze della cultura è impossibile ignorare la totalità a cui
appartengono i singoli aspetti studiati.
Si prenda come esempio il teorema di Pitagora, Se studiato insieme al suo contesto storico, esso
può venir interpretato come un documento d'epoca. Esiste quindi un collegamento esistenziale tra
il pensiero e la società in cui è stato prodotto.
L'indagine sociologica in tal senso non mette in discussione il pensiero in quanto tale; analizzare il
contesto sociale entro cui Newton formula la legge della gravitazione non porterà a smentire tale
legge.
Mannheim sottolinea il fatto che mettere in luce il collegamento esistenziale non è il sinonimo di
dire che il pensiero viene determinato esclusivamente dal contesto. E sono poi le procedure
tecniche ed empiriche a dimostrare se i contributi hanno un impatto utile per l'uomo.
Egli ritiene che ci siano tre livelli di validità a cui corrispondono tre modelli di razionalità:
1) UNIVERSITA-SOSTANZIALE: riguarda gli aspetti interni al pensiero-esempio è ciò che fa della
fisica la descrizione della realtà naturale; 2) EFFICACIA-STRUMENTALE: riguarda l'applicabilità
tecnico-razionale del pensiero-esempio è la fisica come base per l'energia nucleare; 3)
OGGETTIVITA-ESISTENZIALE: riguarda il legame sociale a cui rimanda il pensiero-esempio è ciò
che fa della fisica un oggetto culturale legato ad alcuni personaggi e un'epoca storica.

Dall'ideologia alla sociologia della conoscenza


Secondo Mannheim, gli uomini hanno inizialmente una concezione particolare dell'ideologia data
dall'Illuminismo, che la fa coincidere con la menzogna: per abbattere un avversario politico occorre
smascherare la falsità delle sue idee. L'avversario può essere corretto perché in quanto individuo
razionale è capace di ammettere il proprio sbaglio. Anche Marx usa il concetto di ideologia in
chiave negativa, dicendo che essa è l'insieme di norme e credenze che vengono usate dalla
borghesia per mantenere il dominio sul proletariato. Questa è una concezione totale, perchè il
borghese non può venir corretto in quanto incapace di pensare correttamente. Tutti i contendenti
(intesi come classi sociali) vogliono imporre la propria verità agli altri, e quindi abbiamo un uso
generale del concetto totale di ideologia, perchè ogni sapere viene ricondotto alla realtà sociale di
chi l'ha prodotto, ai suoi interessi e visione del mondo, poiché esso è vero solo per il proprio autore.
Secondo Mannheim, se tutte le posizioni sono socialmente condizionate, niente più è ideologia e il
concetto svanisce. Ciò che succede è che il processo di smascheramento lascia solo vittime e nessun
vincitore, nessuno ha una posizione veramente valida e esiste un relativismo generalizzato. La
situazione viene dominata dall'anomia e dal binomio di irrazionalità sostanziale (la ragione ha
perso il suo potere chiarificatore) e razionalità strumentale (il progressivo dominio della tecnica).
Occorre avviare una ricostruzione culturale e sociale che superi il relativismo, stemperi i conflitti e
proponga un nuovo modello di democrazia, In questo contesto nasce la sociologia della
conoscenza.

Totalitarismo e democrazia
Con l'uso generale della concezione totale di ideologia, non è più possibile distinguere tra un
pensiero vero e uno ideologico, perché tutte le posizioni sociali sono socialmente condizionate. Con
ciò però concetto di utopia diventa impraticabile, ed è stata una presenza costante in tutta la storia
dell'umanità poiché porta con sé un modello da seguire. Così gli uomini sono incapaci di avere una
idea di futuro.
Contemporaneamente abbiamo la crisi delle classi sociali, che perdono la propria coscienza di
classe e diventano masse disorientate desiderose di un capo, fenomeno molto diffuso negli anni '20
e '30 del '900, in particolare in paesi con struttura politica ed economica debole, che affrontavano i
drammi del primo dopoguerra (Italia, Spagna e Germania).
Mannheim infatti ritiene che il nazismo e il fascismo non hanno una vera e propria ideologia (per
essere tale deve implicare un minimo di razionalità), ma sono il prodotto della fine delle ideologie.
Due regimi infatti sviluppano mitologie nazionaliste e razziali per esercitare influenza sugli
individui che hanno rinunciato all'uso collettivo della ‘ragione’. Questi regimi inoltre utilizzano
forme di controllo molto eradicate, come per esempio la scuola, il lavoro, il tempo libero, ecc. In
modo da poter organizzare la vita sociale seguendo lo spirito del regime.

Mannheim infatti ritiene che la cosiddetta pianificazione totalitaria sia la perversa combinazione di
irrazionalità sostanziale (miti nazionalisti e razziali) e razionalità strumentale (efficacia delle
tecniche di controllo). Mannheim include in questa categoria anche il comunismo sovietico, poiché
il totalitarismo è la forma sociale in cui declinano le società in tempi di crisi. Mentre la fine
dell'ideologia costituisce la sfida della sociologia della conoscenza, la crisi del liberalismo,
producendo totalitarismo, è la sfida della democrazia, Mannheim ritiene che democrazia e
sociologia combattono la stessa battaglia, la prima sul piano culturale contro il relativismo e la
seconda nel piano sociale contro il totalitarismo.
Per quanto riguarda la democrazia, sarebbe impossibile tornare in dietro dal punto di vista tecnico,
quindi deve subentrare la pianificazione democratica. Mannheim più o meno anticipa quello che
sarebbe il ruolo dello Stato democratico nel welfare State. Ciò non significa che si opponga al
liberalismo; egli ritiene solo che l'autorità pubblica debba avere un ruolo più attivo e determinante.

Il concetto di sintesi
L'insegnamento base della sociologia della conoscenza è che ogni posizione sociale è particolare,
nessuna detiene tutta la verità, Mentre per Marx esisteva l'ideologia erronea della borghesia e il
sapere vero del proletariato, per Mannheim esistono tanti diversi punti di vista che sono
espressione del pluralismo di tutti i gruppi sociali parte della società. Infatti, in quanto espressione
di gruppi esistenti, esse non sono completamente false.
Occorre poi ricondurre le diverse prospettive all'unità, come una sintesi sociale, cioè, la
ricomposizione dei punti di vista dei diversi soggetti, Così la sociologia della conoscenza ha un
ruolo democratico perché insegna a non assolutizzare i propri punti di vista e a cercare di farli
conciliare.
Inoltre, egli sottolinea l'importanza dell'allargamento delle basi della classe intellettuale nelle
società moderne: con l'educazione accessibile a tutti, si è liberi dai condizionamenti sociali delle
classi di appartenenza
Mannheim ritiene che la sociologia della conoscenza costituisca il punto di arrivo della critica
illuminista al sapere tradizionale.

La teoria critica
Nel primo dopoguerra si sviluppa in Germania la Scuola di Francoforte, un gruppo di intellettuali
d» diverso tipo che avevano in comune l'essere marxisti, in un periodo in cui l'alternativa era il
socialismo moderato della Repubblica di Weinmar o il modello rivoluzionario bolscevico,
differenza per esempio del marxismo sovietico che è al servizio del potere.
Uno degli aspetti più interessanti della critica al capitalismo della Scuola di Francoforte è Il
tentativo di coniugare la teoria dell'alienazione di Marx a guella weerfana delira razionalizzazione:
la realta alienata e alienante perché razionalizzata. I domini delta tecnica costituisce una nuova
forma di oppressione.

Adorno e la critica all'illuminismo - critica del metodo


Esistono due grandi approcci opposti per il metodo di studio sociologico: il primo, prodotto della
riflessione di Durkheim, ritiene che la società sia prodotta dagli individui ma finisce per diventare
una realtà autonoma; il secondo, richiamando Weber, ritiene che la sociologia abbia come oggetto
il senso delle azioni dei soggetti, che deve venir interpretato e non può venire ridotto a una cosa.
Adorno ritiene che entrambe le prospettive sono vere, ma giustamente per questo i due metodi
sono sbagliati: cercano una forma di sapere oggettivo irraggiungibile. La teoria critica ritiene sia
sbagliato pensare la società come una realtà esterna che si impone all'individuo, e perciò non è
sociologia.
La società è una realtà reificata, prodotto dell'azione degli uomini, e quando viene messa in
discussione, emergono i rapporti di potere che devono venire mantenuti dalla società stessa.
Quando vengono rispettate le regole sociali, vengono in realtà obbediti i soggetti sociali dominanti,
nascosti dietro la falsa oggettività della totalità sociale, espressione di un dominio.
La contraddizione essenziale tra particolare-universale e individuo-società è espressione della
natura reificata dell'insieme sociale, e il loro rapporto conflittuale viene articolato dalla verità, che
mette in luce le ragioni per cui particolare ed universale non possono andare d'accordo e si rifiuta
di assecondare la falsa stabilità del rapporto.

Il metodo della teoria critica consiste semplicemente nel 'criticare', articolato in reificazione,
contraddizione e totalità, e deve partire dalla non accettazione della natura reificata della società.
Infatti, se non è critica, la teoria diventa 'cieca', perché non vede l'evidente falsità dell'oggetto
studiato.
Davanti alla falsità inoltre, non può esserci nemmeno l'avalutatività, la neutralità.
In particolare, la critica deve mettere in luce la differenza tra ciò che la società ritiene di essere e ciò
che è, perché solo in tal caso il sapere potrà rispecchiare la verità dell'oggetto, espressione della
conciliazione tra totalità sociale e individualità particolare.
La società vera per Adorno è quella dove non esistono differenze tra individuo e società, dove è
consentita 'autodeterminazione degli uomini e nessun rapporto si maschera dentro l'apparente
oggettività dei rapporti; è un traguardo difficile da raggiungere, ma è bene averlo presente per
accorgersi dell'orrore che si vive ogni giorno

La dialettica dell'illuminismo o "Il tutto è falso"


Per Adorno, la sofferenza ci consente di vedere cose che altrimenti non saremmo in grado di
vedere. La sofferenza aguzza la vista e diviene il luogo della critica, perché ogni sofferenza è il segno
della perfetta identità tra società e individuo, cioè, il miglior indicatore del fatto che essa non
permette la realizzazione delle persone.

Il totalitarismo e la società americanizzata


Secondo Adorno, la società è sempre e solo parziale, la cui unica verità possibile è contenuta nello
Scarto tra i desiderio di auto-realizzazione individuale e le reali possibilità di soddisfare tale
desiderio.
È proprio questa la sofferenza, specialmente diffusa grazie al capitalismo moderno.
Inoltre, caratteristica tipica della società moderna è la combinazione perversa di alienazione e
razionalizzazione: l'alienazione penetra nei rapporti sociale perché tecnica; il nazifascismo è un
esempio evidente di questo nuovo dominio sugli uomini, con ideologie che rappresentavano la
sofferenza per tutte le parti e che sono riuscite a consolidarsi grazie alla tecnica della propaganda.
L'avvento della società 'americanizzata' dopo la fine della guerra costituisce il definitivo dominio
dello scambio e della merce, che sostituisce l'ideologia e la religione con il desiderio di consumo.
Infatti, molti francofortesi ritengono che il consumo di massa sia l'elemento centrale del mondo
sociale moderno.
Consumare diventa la forma di gratificazione collettiva che regge l'ordine sociale. Vivere significa
acquisire, illusi da una realtà che promette a tutti il benessere.
Tutto ciò non viene costruito come un sistema di repressione; ma l'individuo è più che contento di
consumare, senza vedere che dietro tutto ciò, anche egli viene visto come una merce. Dal momento
in cui anche la cultura diventa merce, si raggiunge un apice, un punto di non ritorno.

Illuminismo della dialettica


Horkheimer e Adorno ritengono che l'illuminismo sia la salvazione, ma che debba anche essere
criticato. Loro propongono infatti una critica alla ragione illuminista per le speranze deluse, una
cosiddetta critica razionale della ragione, una critica illuminista dell'illuminismo, in modo da
evitare di cadere nell'irrazionalità.
La redenzione del mondo è possibile solo se la ragione emancipa se stessa, cioè, se l'illuminismo si
affida alla forza liberatrice del pensiero.

La sociologia fenomenologica
La fenomenologia è lo studio dei fenomeni, delle cose per come appaiono. Essa limita la
conoscenza autentica a ciò che appare immediatamente alla coscienza, lasciando da parte il
giudizio. Essa riprende l'idea che bisogna mettere in discussione ciò che viene dato per scontato,
nonostante il mondo sia l'insieme di tutto ciò che è scontato.
I soggetti costruiscono la società e il mondo sociale, ma la società fornisce i concetti con cui
vederlo.

Schutz e il senso comune


Il problema al cuore del suo lavoro è mostrare come viene costruito il senso intenzionato
soggettivamente, come esso possa venire interpretato e diventare un senso comune, richiamando
l'Altro generalizzato' di Mead. Schutz ritiene che il mondo sociale sia costruito dagli individui
attraverso tipologie, chiamate tipizzazioni, che vengono trasmesse dai loro gruppi sociali di
appartenenza.

Senso e tempo
La sociologia di Schutz intende approfondire la tematica weberiana secondo cui il senso è un
prodotto degli individui, ma anche una realtà indipendente; la società è un prodotto degli individui
e viceversa.
Per analizzare questa produzione, occorre sapere che alla base di tutto c'è il tempo, poichè il
concetto di senso intenzionato è legato alla nozione di tempo: nella vita quotidiana, si dà per
scontato che le azioni abbiano un senso, senza che ci sla necessità di indagarsi su questo senso, Le
azioni sono intenzionali, non meccaniche o istintive, ma dando per scontato il loro senso, esso non
ci appare riflessivamente. C’è intenzionalità nel fermarsi al semaforo, ma non ce riflessività, perché
il senso dell'azione è scontato.
Il senso per Schutz è l'uscita dalla continuità temporale. La riflessione infatti inverte il flusso
temporale indiviso di Bergson, perché separando l'attimo, esso diventa vissuto, passato.
ll senso dell'azione inoltre si dà solo quando è possibile il cosiddetto progetto d'azione, che ritiene
che un'azione è tale solo se possiamo pensarla prima che si realizzi, se può venire progettata.
Da tutto ciò derivano alcune conseguenze:
1) Un'azione è infinitamente scindibile, perchè se riflettere è separare, essa può venire scomposta
all'infinito, per evitare di perdersi, è utile concentrarsi sull'azione ritenuta fine uitimo del processo
(p. e, scrivere un libro); 2) lI senso non può venire compreso attraverso la semplice osservazione,
esso è evidente solo se si risale all'azione anticipata dal soggetto;
3) Riflessività critica: compare la società, Il 'noi' alla base del senso oggettivo, il senso
L'insieme delle relazioni tra ego e gli alter viene chiamata da Schutz ' mondo dei contemporanei.
Esso è diverso dal mondo ambiente però, perché il flusso delle azioni non è continuo. Per esempio,
quando leggo un articolo, la relazione con il giornalista è indiretta e mediata, ma egli comunque fa
parte del mio mondo di contemporanei e condividiamo un senso comune.
Il comportamento tipico in determinate situazioni (chiedere il biglietto all'autista dell'autobus) è
per
Schutz un processo di ripetizione che sedimenta strati di senso che diventeranno 'tipici'.
Le tipizzazioni infatti sono un insieme di conoscenze costituite attraverso l'esperienza che ormai
sono parte del nostro possesso. Ogni azione è caratterizzata da un grado di tipicità, come per
esempio il postino, che se mette la lettera direttamente nella cassetta compie un'azione
massimamente tipica, ma se invece la conserva in ufficio o la butta sotto la porta compie azioni
parzialmente tipiche.

Opacità verso la validità


Schutz ritiene che senza tipicità non può esistere una società. Si pensi a Robinson Crusoè e venerdì:
dal momento in cui esiste un senso nelle loro relazioni concrete, essi fanno società, e ciò vale anche
per un terzo soggetto che entra nel loro ambiente.
Esiste però il pericolo che le tipizzazioni vengano assunte come universali: ciò succede quando si
tipizza che un tedesco è una persona che beve birra, ed è una situazione che viene definita come
opacità verso la validità, cioè, dare per scontato che le cose si facciano in un determinato modo e
non in un altro.
Il compito della sociologia per Schutz è sollevare il velo di opacità, mettendo in discussione ciò che
viene dato per scontato, cercando dietro l'ovvio ciò che non è ovvio.

Goffman e il soggetto come attore


Ritiene che l'oggetto di studio della sociologia siano le interazioni, specialmente quelle faccia a
faccia. Ritiene che i soggetti siano attori, che sul palcoscenico sociale recita dei copioni socialmente
costruiti.

Il metodo
Goffman intende spiegare l'agire a partire del significato che ha per gli altri, non dalle sue cause.
L'azione è sociale se ha un significato comprensibile per gli altri, sensato.
La sociologia deve gettare lo sguardo sulle interazioni concrete tra gli individui, in modo da
verificare l'insieme di significati a disposizione. Può essere definita come una specie di etologia
umana. * Il suo metodo si basa inizialmente su ciò che si vede, sui luoghi comuni che emergono,
ecc. Poi procede a descriverli ironicamente.
Lo studio di Goffman può venire definito come microsociologia, poiché si dedica ai fatti quotidiani,
le piccole cose, piuttosto che ai macroprocessi sociali, Egli ritiene che nell'interazione sociale si
costruiscano l'ordine sociale e il soggetto.
Egli ritiene inoltre che l'ambito dell'interazione sociale è autonomo, che può spiegare altre
situazioni sociali ma non può venire spiegato.
Analizzando le intrazioni faccia a faccia si notano le caratteristiche proprie che emergono. Per
esempio, nel suo discorso di neopresidente eletto all'American Sociological Association, egli dice
che tutti i presidenti sfoggiano le proprie arti retoriche cercando di farsi piacere. Dice dopo che
studia 'non gli uomini e i loro momenti, ma i momenti e i loro uomini".

Il soggetto e la maschera
Si può studiare l'interazione sociale tra un professore e i suoi studenti in due modi: partendo da
alcune macrostrutture come l'università e le regole di potere al suo interno oppure partendo dal
senso oggettivamente intenzionato dei soggetti.
Goffman ritiene entrambe le prospettive sbagliate perché sottovalutano l'importanza
dell'interazione faccia a faccia. Occorre mostrare in modo approfondito come nascono i soggetti e
l'ordine sociale (ritenuti processi instabili e fragili) a partire dall'interazione.
Per quanto riguarda il soggetto, Goffman ritiene che il sé sia il prodotto di una scena che viene
rappresentata, quindi noi non vediamo soggetti che agiscono per certi motivi, ma vediamo copioni
che vengono recitati. Il soggetto è solo un effetto dramaturgico, e la scena sociale un palcoscenico.
Un cameriere, un medico, un farmacista, uno studente, giocano tutti a recitare il loro ruolo,
seguendo ciò che l'immagine sociale richiede loro. In tal modo, chi entra a far parte di una
posizione trova già un sè, deve solo aderire alle pressioni del ruolo.
Il rapporto tra individuo e ruolo è alquanto complesso, e possono esserci tre possibili situazioni:
impegno, attaccamento e assorbimento. Esistono anche le situazioni di distanza dal ruolo, cioè,
quando, recitando un copione, si prendono le distanze da esso, come se il soggetto stesse cercando
di dire che sta compiendo tale atto per obbligo, ma che ciò non rappresenta in realtá il suo io reale.
Ciò è evidente nelle scontrosità, borbottii, ironie, sarcasmi. Esempio dell'alunno che suggerisce di
usare lo scotch.
Ci sono alcune situazioni, normalmente quelle che implicano imbarazzo, in cui sarà possibile
recitare il copione solo se la distanza dal ruolo è massima. Per esempio, un adulto che va sulla
giostra per bambini-eseguirà gesti che lo distinguono da un bambino che esegue la stessa azione.
Tutto questo è possibile perché il soggetto fa riferimento alla molteplicità simultanea di sé, cioè,
mantiene tutte le sue altre qualità identitarie.
In poche parole, secondo Goffman si assiste a una 'danza di identificazioni' nella vita sociale.

L'ordine dell'interazione
Ogni azione in gruppo richiedono una capacità di agire insieme, una coordinazione. Tale capacità è
tipica delle interazioni umane e consiste nella possibilità di assumere il punto di vista dell'altro e
farlo proprio. Questa 'simpatia' è alla base di ogni interazione, poiché costituisce appunto il
cosiddetto ordine dell'interazione.
Tutto questo si vede ancora meglio dentro le cosiddette istituzioni totali, cioè, manicomi, carceri,
monasteri, ecc. In questi contesti, la vita quotidiana di chi è dentro viene ricostruita in base alle
esigenze dell'istituzione. L'identità del soggetto viene limitata; se prima aveva modo di
rappresentare una molteplicità di copioni, ora è costretto a recitare solo uno. Dentro un

manicomio, per esempio, si è solo matti, e dio rende a loro impossibile gestire altre situazioni
tipiche del mondo esterno, almeno temporaneamente.
A proposito di malati mentali, essi sono del tutto diversi da un malato di appendicite, ad esempio,
perché va in gioco tutta l'identità del soggetto. Goffman ritiene che la malattia mentale sia una
costruzione sociale, perché è il modo che le persone normali gestiscono chi non sembra normale.
Una situazione simile si ha anche nella vita quotidiana, con soggetti che sembrano essere diversi da
noi, come prostitute, ciechi, mutilati, ecc..che vengono ingabbiati in un copione e costretti a
recitare dalla società. Essa esercita una pressione cosi forte al punto di cancellare l'individualità del
soggetto. La maschera qui è uno stigma da cui non ci si può liberare.
Lo storpio deve fare la parte dello storpio, perché la gente diventa sospettosa se esso non si adegua
alle aspettative.

Il dio delle piccole cose


Goffman ritiene che ci siano delle costanti universali, valide per tutte le culture, nell'interazione
sociale.
Dice che nelle società moderne i macroprocessi prendono il sopravvento sulle microinterazioni
Goffman ritiene, richiamando anche Durkheim, che il rito di celebrazione dell'individuo è la vita
quotidiana, che esso è il dio delle piccole cose celebrato nei piccoli riti della vita di tutti i giorni.
L'individualità è fragile e insatbile, per questo che deve essere verificata in ogni interazione
quotidiana.

Lo strutturalismo
Il concetto di struttura è molto importante per la sociologia; esso indica un insieme di relazioni
relativamente stabili che collegano elementi del sistema sociale. Anche cose materiali hanno una
struttura, come per esempio le biblioteche: senza la struttura, che conferisce un certo ordine
mettendoli in appositi scaffali, sarebbe solo un mucchio di libri.
Esistono due direzioni di pensiero: la prima pensa alla struttura come una realtà conoscibile e
indipendente (realismo) e l'altra a una forma che imponiamo noi alla realtà (realismo critico/
costruttivismo), che diedero origine, nel secondo dopoguerra, a una corrente di pensiero.

Foucault l'analisi del potere


Depresso per via della sua omosessualità.
Protesta contro lo schoà e ciò gli procura accuse di filoislamismo.
Il tema centrale della sua ricerca è il rapporto tra sapere e potere, che ritiene siano espressione
del principio di volontà. Volontà di potenza e di sapere sono strettamente connessi nel suo
pensiero.

Il metodo
Ogni disciplina ha sempre un aspetto restrittivo e costrittivo, e essere sociologi significa
accettare e subire il potere che l'ordine del discorso produce. Significa accettare un insieme di
procedure che consentono il controllo dei discorsi e dei saperi.
Foucault studia cose molto concrete, fatti sociali e culturali nelle loro manifestazioni più marginali.

Egli ritiene che la fine del soggetto sia il risultato di un imporsi progressivo di saperi codificati, che
rendono il soggetto una costruzione sociale.
L'episteme della modernità è invece l'idea di uomo, soggetto che rappresenta il mondo. Il passaggio
dal Rinascimento alla modernità, dato da varie fratture, fa si che l'uomo si metta sempre di più al
centro della conoscenza, perdendo, paradossalmente, la possibilità di conoscere se stesso. Fine
della storia e fine del soggetto sono processi legati.
Al contrario di Comte, che riteneva che ci fosse un'evoluzione data dal progresso intellettuale,
Foucault pensa che l'evoluzione storica sia il risultato di fratture epistemiche, cioè, forti rotture
con il passato.
Così ogni epoca diventa una cosa autonoma, perché finisce l'idea stessa di storia concepita come
evoluzione verso il meglio.

Ogni cultura vede i suoi valori, come per esempio la concezione dell'uomo, come gli unici validi.
L'analisi scientifica deve invece smascherare questa illusione, mostrando come tale concezione ha
delle basi storiche e cercando di comprendere su quali sapere si fonda e quali rapporti di potere
produce.
Per fare ciò, Foucault fa uso della genealogia, la storia delle pratiche di potere e
dell'archeologia, storia delle forme di sapere.

Razionalità e follia
Il discorso moderno è basato sulla razionalità, che insieme all'ordine/struttura sono cardine del
processo di costruzione della modernità, un ordine razionale. Inoltre, quanto più la ragione diventa
consapevole di sè, tanto più imprime la sua natura sull'ordine dei pensieri e delle cose.

La contrapposizione medievale tra salute e malattia viene quindi sostituita da quella tra razionalità
e follia: i lebbrosi venivano separati dai soggetti sani e il folle anche, poiché visto come una
minaccia all'ordine razionale.
Foucault ritiene che la volontà di potenza e volontà di sapere siano connesse, e si esprimono in
saperi e pratiche sociali come la medicina e la chiusura in manicomi che portano all'esclusione e
alla conferma della normalitá. Ed è proprio in queste strutture che egli riconosce i meccanismi
teorici e pratici che strutturano la vita quotidiana degli individui.

Potere, sessualità e bio-politica


Foucault riprende il pensiero di Nietzsche, che ritiene che la morale sia il prodotto delle violenze
che l'umanità ha interiorizzato durante la storia. Foucault divide questo processo in tre fasi di
trasformazione del potere:
1) Esclusione: il nucleo dell'azione è l'espulsione dal contesto civile, come per esempio i roghi
medievali. Manifestazione più brutale è l'eliminazione fisica,
2) Integrazione normativa: la violenza viene sostituita da norme morali, che disciplinano il
diverso; si pensi per esempio ai manicomi. L'oggetto riformato non è più il corpo, ma l'anima',
3) Detenzione: a contrario dell'esclusione, che ha un processo segreto e pena pubblica, essa
consiste in un processo pubblico con pena segreta, scontata nelle prigioni, Per Foucault è tipico
della modernità.
La combinazione di repressione e disciplinamento porta a degli effetti costruttivi.

es. Si pensi al Panopticon di Bentham, un carcere con celle concentriche osservati da una torre di
sorveglianza. Se la guardia se ne va ma i prigionieri non lo sanno, si comporteranno comunque
perché il controllo ormai diventa autocontrollo. Inoltre, il Panopticon potrebbe funzionare in tanti
altri contesti, a patto che gli spazi vengano sottoposti a una disciplina razionale) Foucault vede il
Panopticon come una metafora della nostra società, il cui potere non ha la funzione di vietare, ma
di costruire il soggetto basandosi su norme morali.

Il potere per Foucault non è una risorsa che può essere posseduta. Non è re distribuibile come la
ricchezza, quindi gli effetti non sono repressivi come ritiene il marxismo. Il potere è invece una
rete produttiva, anonima e diffusa che circola nella società in modo continuo e
ininterrotto; non si manifesta quando qualcuno lo esercita su qualcun altro ma sui grandi
apparati impersonali, come la burocrazia, la scuola, la famiglia, ecc., che ci inducono a essere,
pensare e fare determinate cose.

Foucault ritiene che si debba 'tagliare la testa al re', poiché il potere non è detenuto da qualcuno.

Analizzando la sessualità si possono osservare tutti questi meccanismi di potere: essa è un prodotto
del potere piuttosto che il potere sia stato repressione della sessualità. Infatti, sulla sessualità viene
applicato un disciplinamento simile a quello dei manicomi e dei carceri. Il sesso viene visto come
ciò che si nasconde, come per esempio nelle confessioni cristiane che inducono a ammettere gli
impulsi più intimi in confidenza.
Tutte le discipline del corpo fanno parte di ciò che Foucault definisce bio-potere. La bio-politica è la
forma che assumono i dispositivi di controllo che si esercitano sull'uomo moderno.

"Non domandatemi chi sono”


Il potere vero non reprime il sapere, ma lo produce, facendo sì che volontà di potenza e di sapere
siano riassumibili nel concetto di volontà di verità, di padroneggiamento.

Foucault critica così il potere socialista stalinista e quello delle partitocrazie liberal-
democratiche, perché entrambi non riescono ad essere vicini alle vite delle persone e tener conto
dei drammi degli esclusi, discriminati, emarginati.
Occorre innanzitutto sottrarsi al dominio, rompere la sua logica, attraverso il pensiero e la ragione.
Riferendosi alla regola che richiede che l'autore sia coerente, Foucault dice 'non domandatemi chi
sono; è una morale civile, solo sui documenti. ‘Lasciatemi libero al momento di scrivere'. Così
riesce sottrarsi dal sistema.

Ulteriori sviluppi
Nei suoi ultimi lavori Foucault sostiene che il soggetto sia l'unica istanza dotata di libertà
capace di mettere in discussione l'ordine del discorso, consentendo una possibile via d'uscita dalla
prigione della bio-politica.

Sviluppi della teoria critica


La teoria critica è portatrice di un marxismo critico, sia contro la rivoluzione operaia che
contro la riforma socialdemocratica, È quindi una critica contro ogni posizione dogmatica,
anche contro la forma della società capitalista e consumista,
Habermas: agire comunicativo e democrazia deliberativa.

Habermas
Il metodo
Habermas ritiene che le scienze della natura e le scienze dell'uomo siano legittime
nei loro rispettivi ambiti. Il lavoro degli scienziati è suddiviso in due fasi:

1. La prima in cui cercano di manipolare la natura


2. La seconda in cui cercano l'intesa reciproca.

La storia inoltre è riconducibile a due modalità: il lavoro, che è il modo in cui gli uomini si
rapportano con la natura, e l'interazione, il modo in cui interagiscono con i simili.
I due momenti sono interconnessi ma distinti da due modalità diverse d'azione,
l'agire strumentale e l'agire comunicativo; da due tipi di atteggiamento, tecnico e
conoscitivo, e due forme di sapere, cioè, scienze naturali e quelle storico sociali.

Se le scienze sociali diventano tecnologia sociale, si trasformano in ideologia, mascherando


'irriducibilità dell'interazione umana.
L'interazione umana è, per Habermas, il luogo dell'intesa reciproca, raggiungibile
attraverso valori, norme e culture comuni. Egli infatti centra il suo lavoro nel tentativo di
trovare una teoria che renda possibile l'intesa reciproca, valide in generale,
indipendentemente dal contesto storico-sociale.

Sfera pubblica e agire comunicativo


Habermas ritiene che il processo di razionalizzazione agisca in più livelli: a quello tecnico,
con la rivoluzione informatica, a quello economico con i processi di concentrazione
capitalisti, a quello sociale con l'organizzazione del lavoro.

Ogni livello ha una propria specificità, e l'efficienza a livello tecnico, per esempio, non è la
stessa che a quello economico. Occorre perciò separare, come dice anche Weber, il dominio
dei fini (ciò che gli uomini vogliono) dal dominio dei mezzi
(ciò che consente di perseguire quei fini).

Infatti, spesso l'uomo sembra dimenticarsi l'obiettivo fondamentale della propria esistenza,
riducendola alla semplice quantità di beni posseduti. La critica si incentra infatti contro
l'indebita invasione della logica tecnico-economica in altri ambiti.

Habermas ritiene che ci sia una forma d'azione indipendente dalla logica della tecnica, cioè il
discorso argomentato che ha come fine l'intesa reciproca. Egli studia, più specificatamente,
la forma di discorso pubblico tra la sfera pubblica borghese, che costituisce l'opinione
pubblica.
Così il potere non solo incontra un limite democratico, come viene reso più evidente cosa sia
razionalmente meglio in termini di decision-making. Il criterio di legittimità si basa
sull'argomento migliore che si afferma nel pubblico dibattito. Con esso si possono avviare i
processi di liberazione del singolo e della società dallo stato di minorità. Ciò sarà possibile
però solo in una sfera pubblica autonoma, luogo specifico dove si può realizzare
l'emancipazione.
Habermas però ritiene che la sfera pubblica borghese sia capace di mantenere le proprie
promesse di emancipazione solo in parte, per due principali ragioni: nonostante sostenga di
essere aperta a tutti, essa in realtà è accessibile solo da coloro in possesso di denaro e
cultura; inoltre, l'autonomia della sfera pubblica viene sempre più rovinata dal progressivo
intervento dello Stato sociale; che trasforma i cittadini in clienti di servizi-l'industria
culturale, per esempio.
L'opinione pubblica cessa gradualmente di essere critica e diventa oggetto di manipolazione,
una specie di consenso prefabbricato.
Nonostante tutto, rimane comunque viva l'idea di una sfera indipendente di discussione, in
cui possano venir coinvolti tutti i cittadini di una nazione.

Per quanto riguarda la teoria dell'agire comunicativo, essa intende mettere in luce un
potenziale razionale della prassi comunicativa quotidiana. Egli identifica il linguaggio
come elemento centrale della teoria, poiché esso è la base di tutta la società.

Esiste innanzitutto una logica dell'intesa, cioè, il fatto che noi parliamo con gli altri
partendo dal presupposto che ci capiranno e viceversa. Non sempre ciò accade, ma se non ci
fosse l'intesa comunicare sarebbe del tutto inutile, senza senso. Ovviamente può anche
succedere che, per cercare intesa con Alter, Ego faccia uso della forza, dell'inganno, ecc,
nonostante ciò sia contrario alle regole del linguaggio.
Nella normatività del linguaggio si possono identificare 3 pretese di validità: quella di verità,
sincerità e correttezza. Ciò significa che ogni espressione verbale deve essere vera, sincera e
corretta. Il riconoscimento di queste tre pretese viene fatto da Alter, che ha la possibilità di
criticare.
Habermas formula la possibilità astratta di una situazione discorsiva ideale, in cui tutti i
discorsi sono veri, sinceri e corretti perché gli attori sono mossi dallo scopo di trovare intesa
con gli altri.
La critica sociale può venire fatta solo in base ai criteri che definiscono una società perfetta.
Habermas formula una teoria dell'evoluzione sociale più articolata rispetto a quella di
Marx. Essa non può venire ridotta allo sviluppo delle forze di produzione, ma deve tener
conto anche del livello di razionalizzazione dentro l’interazione.

Perciò egli distingue 2 ambiti da prendere in considerazione.


1. Il primo è quello dei sistemi sociali, con l'agire strumentale e strategico orientato al
successo; il secondo è quello dei mondi della vita, con l'agire comunicativo orientato
all'intesa. Il primo si traduce nella sfera economica e in quella politico-amministrativa,
dove è importante raggiungere obiettivi.
2. Il secondo è il sinonimo di famiglia, associazioni, club, movimenti dove l'importante è
realizzare se stessi.

La razionalizzazione si dispiega in modi diversi nei 2 ambiti. Habermas identifica 3 principi


di organizzazione che rispecchiano tre fasi di sviluppo sociale. La 1 è data dalla centralità
delle strutture di parentela, poco complesse e con un alto livello di integrazione poiché é uno
dei mondi della vita. La 2 fase è caratterizzata dal progressivo affermarsi dello Stato come
primo ambito sistemico. La 3 fase infine produce la completa distinzione tra ambiti sistemici
e mondi della vita.
Nel mondo moderno quindi c'è la separazione tra sfera sistemica e ambiti del mondo.

Habermas ritiene che il rischio più grave della modernità è la colonizzazione del mondo della
vita, cioè il processo in cui la logica dei sistemi cerca di imporsi alla logica del mondo della
vita, in un rapporto squilibrato in cui la razionalità strumentale invade quella comunicativa e
le possibilità di intesa vengono soffocate. Stato e mercato soffocano la possibile
emancipazione e il cittadino diventa solo cliente e consumatore.

Democrazia deliberativa
Essere marxisti significa assicurare i potenziali di emancipazione presenti nella
razionalizzazione. La razionalizzazione scientifica è positiva se rimane entro i limiti; quella
dei mondi della vita invece deve innanzitutto liberarsi dall'invasività della razionalizzazione
tecnica e dopo fare uso dell'emancipazione data dalla razionalità comunicativa.
L'agire comunicativo è potenzialmente razionale; una società sarà più giusta se sarà più
capace di adeguare il linguaggio alle tre pretese di validità. I mondi della vita inoltre sono
capaci di influenzare l'ambito produttivo, come per esempio nel caso di battaglie
ambientaliste.
Habermas inizia un secondo percorso per definire un modello radicale di democrazia che
consenta piena autonomia ai mondi della vita, superando miti come il nazionalismo.
L'obiettivo è accettare i processi di razionalizzazione dello Stato, senza criticare, ma allo
stesso tempo fronteggiando il vuoto lasciato quando questi processi fanno uso di ideologie
patriottiche, religiose, nazionaliste. Egli propone infatti di lasciar perdere la fedeltà ai vecchi
principi, e di adottare, per esempio, un patriottismo della
Costituzione, un nazionalismo che rispetti i principi costituzionali.
Per quanto riguardano le norme, egli introduce il concetto U (universalizzazione), secondo
cui una norma è valida solo se tutti accettano le possibili conseguenze che possono derivare
da essa. Con ciò
Habermas non specifica ciò che è giusto, ma come è possibile decidere cosa è giusto, cioè in
un pubblico discorso libero. Il diritto invece viene definito come il mediatore tra sistema e
mondo della vita, garante della norma morale, sostituendo il compito che in passato era
svolto dalla religione. Egli intende quindi fondare la legittimazione del diritto in sintonia con
l'agire comunicativo. Perciò definisce un principio che deve essere valido sia per le norme
morali che per quelle giuridiche, detto principio D generale. Esso dice che sono valide quelle
norme che possono essere approvate dagli interessati attraverso discorsi razionali. Da esso
deriva il principio U, valido per le norme morali, e anche il principio democratico, valido
quindi per le norme giuridiche.
La democrazia deliberativa quindi non è altro che una grande arena pubblica in cui i cittadini
devono definire ciò che è bene per la propria vita in comune, dopo aver discusso sulla
soluzione migliore.
Inoltre, la sua qualità non dipende da una comune identità dei cittadini: il fatto che sia
universalista giustamente garantisce il pluralismo delle appartenenze in modo da far valere
l'argomentazione migliore.

Pubblicità e illuminismo
Habermas ritiene che chiunque sappia usare pubblicamente la ragione può venire definito
illuminista, richiamando anche Kant. L'essenza della ragione è giustamente questa sua
pubblicità, che permetterà di attuare l'illuminismo tra gli uomini.

Ulteriori sviluppi
Honneth, assistente di Habermas, disse che egli si era dimenticato di considerare il conflitto,
riducendolo ad aspetti contrapposti dei processi di razionalizzazione. Honneth ribadisce
l'importanza del conflitto, visto come la lotta per il riconoscimento intersoggettivo.
L'immagine che ognuno ha di sé non è altro che il prodotto della sua continua riconferma da
parte dell'altro.
Se esiste il conflitto, è perché manca questo riconoscimento, strutturato in spregio, offesa e
umiliazione. La risoluzione al conflitto corrisponde rispettivamente a: fiducia in se stessi-
prodotta dall'amore, rispetto di sé-prodotto dal riconoscimento dei diritti e l'autostima-
accettazione della propria forma di vita sociale.
La tematica del riconoscimento è diventata molto importante nella modernità, dato che in
una società multiculturale esistono conflitti tra identità diverse

La modernità globalizzata
Negli ultimi decenni molti studiosi hanno iniziato a parlare di fine della modernità, dato che
molti dei suoi tratti caratteristici sembravano cambiare. Alta fine degli anni '70 viene
formulato il concetto di post-modernità, cioè, dopo la fine dei movimenti sociali, crisi delle
ideologie, tramonto dei miti. La crisi della società rappresenta anche una crisi dell'individuo,
perché la carenza di punti di riferimento (partitici, religiosi, culturali, etnici) costringe
l'individuo a dipendere da se stesso e gestire da solo la complessità sociale.
I cambiamenti sociali degli ultimi anni furono definitivamente molto veloci, ed ecco come la
sociologia li ha interpretati:

1)Il lavoro non è più il nucleo della vita degli individui: il tempo si riduce, sia in termini di
anni lavorativi che di ore al giorno. La svolta più importante è che la vita degli uomini non si
articola più intorno al lavoro come era invece nella prima modernità, con una gerarchia
sociale definita a seconda della posizione occupata nel mondo del lavoro, Attualmente invece
l'industria fordista organizzata intorno al lavoro non esiste più; inoltre, la società è ora
caratterizzata dalla flessibilità, cioè, i soggetti hanno lavori flessibili con un'identità
relativamente incerta, mentre prima l'identità veniva data dal lavoro, che era praticamente
fisso.

2) Con la fine del lavoro arrivano anche i processi di individualizzazione e una crisi
dell'identità in generale, anche perché tramontano le ideologia e le religioni, che diventano
progressivamente più personali e le appartenenze partitiche (anche elettorali) perdono
stabilità. Per individualizzazione si intende un processo che trasforma l'identità da una cosa
data a una scelta libera dell'individuo; per quanto sia interessante poter fare queste scelte
liberamente, l'individuo, che prima faceva affidamento a un'identità coesa e organica, si
ritrova in un contesto di identità puzzle, con appartenenze non sempre coerenti, Inoltre, un
individuo che si libera dalle tradizioni deve costruire la propria identità interamente da solo,
e le appartenenze e le rispettive conseguenze possono entrare anche in conflitto. Un cristiano
non deve necessariamente andare d'accordo con tutti i principi del cristianesimo, non deve
votare un determinato partito, ecc.

3) Cambiamento della concezione di tempo e spazio: la modernità ha sempre l'idea di un


futuro migliore in mente, nonostante sia una società che si concentra al presente con il breve
periodo, ecc. Tutto diventa presente, in maniera frenetica, e non esiste più un'idea del futuro.
Le tecnologie hanno anche un ruolo importante per la questione, con il miglioramento dei
mezzi di comunicazione, e anche per la concezione dello spazio con il miglioramento dei
trasporti: niente è più lontano e vivere da qualsiasi parte è possibile, poiché non c'è più
l'attaccamento alle tradizioni.

4) La sfida moderna contro i rischi della natura è caratterizzata da lotte contro la fame,
malattie, il clima, ecc. Attualmente però alcuni rischi sono prodotti dall'uomo e dalla tecnica,
come per esempio le centrali nucleari, Richiamando Habermas, nonostante siano razionali
dal punto di vista tecnico, non vuol dire che lo siano anche dal punto di vista sociale, cioè,
non è sempre intelligente costruirne. Tutto ciò implica anche un sapere dei rischi, cioè, la
consapevolezza che vivere a Chernobyl non sia la cosa più sicura al mondo, senza che
nessuno lo debba dire. Importante ricordare che la società del rischio non ha confini, è
universale come i rischi stessi.

5) I giovani sono quelli che vivono più da vicino i processi di cambiamento e sono più
flessibili. Inoltre, la giovinezza stessa è difficile da definire, perché sembra iniziare prima ma
non finisce mai. Prima esistevano tre momenti che definivano la fine della giovinezza (fine
della formazione, ingresso nel mondo del lavoro, costituzione della famiglia). Attualmente
l'istruzione si prolunga più a lungo, l'ingresso nel mondo del lavoro è flessibile in molti sensi
e costituire famiglia, oltre ad essere un'opzione, può avvenire in diversi modi e viene spesso
rimandata. Inoltre, con l'aumento dell'aspettativa di vita, la giovinezza dura di più.

6) Il pluralismo delle società moderne è anche molto importante; la società attuale è


multiculturale, e lo sarebbe anche senza i processi di immigrazione (not?). Occorre
paradossalmente, che nonostante il multiculturalismo sia radicato, esiste la questione
cruciale del riconoscimento delle identità: l'eguale diritto al riconoscimento si traduce in
realtà in un'affermazione delle diversità. Si pensi alle quote rosa (cotas) per promuovere
l'eguaglianza: esse sono paradossali poiché intendono raggiungere l'eguaglianza imponendo
una diversità. Analizzando la questione dell'immigrazione islamica, si pensi a chi è
favorevole, che sostiene che tutte le culture devono essere ugualmente riconosciute e a chi è
contrario, che sostiene che i diritti dell'uomo sono universali.

7) Weber, Marx e Comte ritengono che il processo di secolarizzazione sia una caratteristica di
fondo della modernità, che fa sì che la religione perda significato sociale. Ciò è vero solo
parzialmente, perché troviamo anche nuove forme di fervore religioso in alcuni paesi del
mondo. Casanova dice che definiamo secolarizzazione tre processi diversi: secolarizzazione
come declino, differenziazione e privatizzazione. Il primo non è vero, perché non significa
che ci sia un declino della religione, il secondo è vero perché esiste una separazione tra sfera
politica e religiosa e il terzo dipende da cosa si intende per privatizzazione, perché
effettivamente ai giorni di oggi credere è una scelta privata.

8) Uno dei problemi di fondo è il rapporto tra individuo e società. L'individuo è un prodotto
della società e viceversa. Nonostante i modi di vivere siano comuni, ogni soggetto ha una
propria organizzazione autocentrata, e ciò può portare a conflitti. La cultura ci fornisce le
basi per come comportarci, rendendo i rapporti umani relativamente prevedibili, ma l'agire
non è totalmente riducibile alla cultura.

Modernità globalizzata
La globalizzazione è l'universalizzazione dei processi moderni e dei 2 principali elementi, lo
Stato e l'impresa industriale. Con l'abbattimento dei confini e la fine delle economie
nazionali, lo Stato perde suo ruolo di protagonista delle politiche economiche.
Tutto ciò viene reso possibile anche da Internet, che tiene tutto in contatto con tutto, e
l'industria culturale porta a una standardizzazione della cultura e dei modi di fare, mettendo
a dura prova le culture locali.
La cultura europea del XVII secolo è stata capace di lasciare indietro le proprie radici e il
proprio territorio per diventare trapiantabile da qualsiasi parte, Ciò è sicuramente possibile
grazie alle radici cristiane, poiché il cristianesimo è l'unica religione fondata sull'individuo e
quindi non è espressione di specifiche comunità. Ma tale standardizzazione non è completa,
perché ogni popolo vuole comunque autorappresentare la propria civiltà e l'idea di umanità è
comunque legata a idee occidentali. Con tutti i meccanismi di universalizzazione, si può dire
che la modernità diventa sempre di più un'idea, un'ideologia, che si basa su dei concetti
diversi, Il primo è la razionalizzazione tecnico-strumentale, che abbatte i confini economici e
politici nazionali, mentre il secondo è l'emancipazione universale, incarnata nei diritti
universali umani, che appoggiano sul modello democratico. La questione diventa la
possibilità di avere democrazia e diritti senza sviluppo o se quest'ultimo sia la garanzia dei
primi due.

Fine della società?


La società, nonostante sia autonoma dallo Stato, rimane dentro a dei precisi confini stabiliti
da esso. La società mantiene il suo carattere politico stabilito dalla prima modernità
Con la crisi dello Stato, è anche implicito che la società sia coinvolta in tali problematiche.
Anch'essa subisce spinte all'universalizzazione da un lato e alla particolarizzazione dall'altro.
Si pensi all'Europa, che non diventerà uno Stato-nazione e quindi non implicherà la
formazione di un'identità europea. Ma si pensi anche alle spinte localistiche e
particolaristiche che trovano appoggio nella crisi dell'unità dello Stato. Scozzesi, catalani,
padani, baschi, ecc., rivendicano un'autonomia non garantita dagli attuali assetti giuridico-
istituzionali.
> La modernità globalizzata mostra quindi due tendenze, una particolaristica e una
universalistica. Sono due aspetti talmente connessi che portano a parlare di una dimensione
global, cioè, global e local. Infatti è difficile pensare a un individuo totalmente globalizzato,
senza radici e che vive in costante movimento senza una fissa dimora, ma allo stesso tempo
non esistono individui indifferenti alla globalizzazione.

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