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P.

Jedlowski - Il Mondo In
Questione (schemi riassuntivi)
Sociologia
Università degli Studi di Napoli L'Orientale
40 pag.

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“IL MONDO IN QUESTIONE” - P. JEDLOWSKI

CAP. 1 – LE ORIGINI DEL PENSIERO SOCIOLOGICO

Jedlowski definisce la sociologia come l’insieme di discorsi e di pratiche di ricerca che hanno per
oggetto le relazioni e le istituzioni umane. Tuttavia, i diversi sociologi hanno inteso la
sociologia in modi molto diversi tra loro, quindi non le si può dare una definizione univoca.
Tali differenze non possono essere eliminate, ma si può dire che tutte le definizioni di sociologia
hanno in comune il fine di promuovere costantemente l’auto-comprensione della
società.

Sociologia intesa come disciplina autonoma → nasce nell’età moderna.

Per gli storici, l’avvento dell’età moderna


si fa risalire convenzionalmente al 1492,
anno della scoperta dell’America.
Per la storia europea, infatti, questa data
segna un enorme allargamento degli
Prospettiva dei sociologi:
orizzonti, dando il via a conquiste,
inizio della modernità intesa come
commerci, sviluppi e economici e scoperte
cambiamento radicale percepito dalle
scientifiche mai visti prima.
persone del tempo → II metà del 1700
Tuttavia, la gente del tempo non era
ancora consapevole di vivere in un’epoca
di svolta.

I Rivoluzione Industriale Rivoluzione Francese


(rivoluzione economico-tecnologica) (rivoluzione politico-istituzionale)
= avvio del processo di industrializzazione - delegittimazione del potere
che ebbe luogo in Inghilterra in quel periodo. feudale;
Nonostante tale processo sia stato graduale, - nuovo tipo di legittimazione del
viene definito “rivoluzione” perché ha potere → la società civile deve dare
indubbiamente cambiato la storia degli consenso a leggi stabilite razionalmente
uomini, introducendo un nuovo modo di e può eleggere liberamente i propri
produrre (modo di produzione industriale o rappresentati, a cui poi dovrà obbedire;
o capitalistico) capace di accrescere sempre - nasce l’idea che tutti gli uomini
di più la produzione e quindi introducendo debbano avere gli stessi diritti;
le prime forme di idea di “progresso”. - rivoluzioni politiche → nasce l’idea di
normalità del cambiamento.

La concomitanza di questi due eventi e di quelli che successivamente sono stati ispirati da essi,
rappresentò un’accelerazione della storia. Essendo la storia in continuo mutamento, lo è anche
la società, che non può più essere data per scontata e ne va studiato il cambiamento.

È in questo periodo inoltre che si sviluppa il concetto di scienza come insieme di strategie
conoscitive in cui l’osservazione metodica, unita all’applicazione di procedimenti logici di
tipo razionale, mira alla scoperta di regolarità universali che riguardano i fenomeni studiati.
Prima della modernità, la verità era riservata al sapere assoluto ed eterno di Dio, e dunque poteva
derivare solo dalla religione e dalla riflessione filosofica.

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L’idea scientifica secondo cui il mondo naturale sia osservabile e descrivibile razionalmente
viene trasmessa al contesto della società dall’Illuminismo.
Illuminismo = movimento culturale caratteristico del 1700 secondo cui il mondo umano è un
mondo storico, e quindi si dirige sempre verso il progresso. Un ruolo centrale
in questo senso ha la ragione, che si afferma sia come principio di dialogo tra le
diverse parti della società, che di critica nei confronti dei principi divini e
tradizionali.

Filosofia essenzialmente borghese, espressione della nuova classe in ascesa.

Secondo il pensiero illuminista → società = mondo dotato di proprie leggi che possono essere
conosciute e ritrasformate secondo ragione.
Dunque, per Jedlowski, se la sociologia va intesa come un’insieme di discorsi “scientifici” sulla
società, le sue origini vanno rintracciate nell’Illuminismo.

August Comte fu il primo a usare il termine “sociologia”, ma ciò non fa di lui il primo
sociologo.
Su questa questione, il dibattito è aperto. Jedlowski, sulla scia di Durkheim, ritiene che sia stato
Montesquieu, poiché nelle “Lettere persiane” e ne “Lo spirito delle leggi”, osserva la verità delle
istituzioni umane provando a spiegarle e manifesta quell’atteggiamento di curiosità
sociologica che lo porta a constatare la differenza e la relatività dei mondi sociali, desiderando di
conoscerne le cause.

Un altro movimento decisivo in questi termini è l’Empirismo, anch’esso sviluppatosi nel 1700,
ma soprattutto in Inghilterra e in Scozia, in parallelo all’Illuminismo.

Esso condivide con l’Illuminismo lo stesso atteggiamento critico nei confronti dei dogmi,
ma si mostra estremamente scettico nel constatare che la ragione possa venire a capo di tutta la
realtà. Tra gli empiristi che manifestano tale atteggiamento ricordiamo:
◦ Adam Ferguson, secondo il quale il mondo sociale è il risultato
dell’interazione di tutti gli uomini e non di un disegno individuale prestabilito.
◦ Adam Smith, che ritiene che la società appaia come un insieme regolato, mentre non
lo è, grazie al mercato. Smith è famoso per il contributo che ha dato all’economia
politica, verso la quale spesso la sociologia si è dimostrata critica, ma i temi della
divisione armonica del lavoro e dall’autoregolazione della società da lui
elaborati sono alcuni dei temi fondamentali della riflessione sociologica.
Smith infatti sostiene che la ricchezza di una nazione dipenda dalla sua capacità di
produrre e che la sua capacità di produrre dipenda dal grado raggiunto di divisione del
lavoro, ossia quel processo che comporta la specializzazione di ciascuno in una
determinata attività e che quindi accresce la capacità produttive della collettività. Più
aumenta la divisone del lavoro, più i membri della società sono dipendenti gli uni dagli
altri, e quindi si scambiano i prodotti tra loro. Questo sistema di scambi viene regolato
dal mercato, un’istituzione sociale che regola il tutto attraverso la definizione dei prezzi.
[Il mercato, tuttavia, non è l’unica forma di regolazione degli scambi sociali ed economici e
la sua costruzione, essendo un’istituzione sociale, non può essere presupposta come
“naturale”.]

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CAP. 3 – KARL MARX

Il nome di Karl Marx è spesso associato all’idea di comunismo. Tuttavia, Marx non ha inventato il
comunismo ma, se per società comunista s’intende una futura società senza classi, il suo
pensiero è stato decisivo in questo senso.
Anche se non si sarebbe mai e poi mai definito un sociologo, la sua opera è stata molto importante
per il pensiero sociologico, in quanto il suo principale oggetto di riflessione è il movimento
generale della società sorta con la Rivoluzione Industriale; riflessione compiuta
attraverso la critica dell’economia politica.
Cenni biografici:
◦ Nasce a Treviri nel 1818, in Germania;
◦ Studia filosofia a Berlino e lavora come giornalista per la “Gazzetta Renana”,
scrivendo una serie di articoli sulla condizione dei lavoratori nella regione;
◦ La rivista viene soppressa per il suo atteggiamento radicale e così si trasferisce a Parigi,
dove conosce Friedrich Engels, che sarà suo amico per tutta la vita;
◦ Viene espulso da Parigi per la sua attività intellettuale e politica, stabilendosi a
Bruxelles, dove entra in contatto con diverse associazioni operaie e scrive il
“Manifesto del Partito comunista”;
◦ Fine dei moti rivoluzionari del 1848 → Trasferimento a Londra con la famiglia, dove
visse in estrema miseria e morì nel 1883.

Opere principali:
◦ Il Capitale;
◦ Manifesto del Partito comunista (1848), scritto con Engels;
◦ Per la critica dell’economia politica;
◦ L’ideologia tedesca, scritto con Engels e pubblicato postumo.

All’inizio della sua vita intellettuale, Marx è un filosofo hegeliano, in particolare appartenente
alla corrente della cosiddetta “sinistra hegeliana”. L’influenza di Hegel si sente particolarmente per
quanto riguarda i seguenti concetti:
◦ Dialettica (“dialogo”, “discorso fra diversi soggetti”)
= termine hegeliano che indica il movimento del pensiero e della realtà.
La dialettica di cui parla Hegel è triadica, in quanto basato su tre momenti:
1- affermazione (tesi);
2- negazione dell’affermazione (antitesi);
3- superamento di entrambe (sintesi).
Sia Marx che Hegel convergono sull’idea che la storia sia dialettica.
◦ Superamento
= terzo momento della dialettica, che comporta a sua volta l’insieme di altri tre
momenti:
1- conservare;
2- far scomparire;
3- portare a un livello superiore.
Quando Marx parla di un superamento della società capitalistica, intende dire
che essa produce delle contraddizioni al suo interno che conducono necessariamente a
qualcosa che conserva gli sviluppi della società capitalistica, per poi farli scomparire
sintetizzandoli in una nuova formazione “di livello superiore”, ossia il comunismo.

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◦ Alienazione
Altro termine hegeliano, su cui però Marx e Hegel presentano due punti di vista diversi.

- Hegel → alienazione = “negazione” del soggetto (ossia l’oggetto prodotto dal


soggetto). Dunque, essa è un aspetto dell’oggettivazione, che è un elemento
essenziale della vita umana.
L’alienazione può essere superata attraverso l’autocoscienza dell’uomo, che
riconosce l’oggetto come proprio prodotto, riappropriandosene in automatico.

- Marx → alienazione ≠ oggettivazione


Concorda con Hegel sul fatto che l’oggettivazione sia un elemento essenziale della vita
umana, ma ritiene che l’alienazione avvenga solo in una condizione di sfruttamento di
un uomo da parte di un altro uomo. Senza sfruttamento non c’è alienazione,
poiché il lavoro è alienato quando il soggetto produttore non ha il possesso del
proprio prodotto.
La riappropriazione non si risolve con la coscienza, ma deve essere causata da
un’azione pratica, una rivoluzione.

Marx, così, finisce per opporsi alla visione idealista della storia, a favore del
materialismo storico (o dialettico) = modo di pensare che parte dall’analisi delle condizioni
materiali degli uomini.
“Non è la coscienza degli uomini che
determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere
sociale che determina la loro coscienza.”
[da “Critica all’economia politica”]

Marx definisce la storia dell’umanità come progressivo cambiamento dei


modi di produzione, che costituiscono la base materiale di ogni società,
ciò che egli definisce “struttura”.
Le istituzioni giuridiche e le rappresentazioni morali, religiose e filosofiche costituiscono invece la
cosiddetta “sovrastruttura”; dipendono, cioè, direttamente dalle modificazioni della struttura,
pur incidendo a loro volta sul decorso e sulla forma delle lotte storiche.

Modo di produzione = insieme storicamente determinato di forze produttive (o mezzi di


produzione → materie, strumenti, tecniche adottate per la produzione)
e di rapporti sociali di produzione.

Nel criticare l’economia Modo di produzione capitalistico


politica, Marx intende “indagare il modo =
capitalistico di produzione e i rapporti modo di produzione emerso dalla
di produzione e di scambio che gli corrispondono”. rivoluzione industriale; dunque il
[Il Capitale] modo di produzione moderno.

* Nel modo capitalistico di produzione, l’industria è essenziale, ma i due elementi non hanno lo
stesso significato, in quanto nel modo capitalistico di produzione sono contenuti i caratteri specifici
dei rapporti sociali*

“Capitalismo” = società la cui struttura è fornita dal modo capitalistico di produzione.

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Il termine “capitalistico” sottintende che questo modo di produzione sia basato sul capitale.
Ma cos’è il capitale?
Secondo Marx, capitale = lavoro accumulato utilizzato nella produzione, assieme alla forza-
lavoro dei salariati, per ottenere profitto attraverso lo sfruttamento di
questi ultimi.

(Lavoro accumulato = materie prime – strumenti di lavoro – mezzi di sussistenza)


Questo lavoro accumulato diventa capitale solo in una specifica condizione di rapporti
sociali, dove entrano in relazione individui proprietari dei mezzi di produzione
(capitalisti) e individui che non possiedono i mezzi di produzione, ma hanno da offrire la loro
forza-lavoro (proletari).
Questo rapporto tra proletari e capitalisti è mediato dal denaro: infatti, la forza-lavoro è una
merce che viene venduta al capitalista a un certo prezzo, detto salario, che corrisponde
al costo dei beni necessari alla sussistenza e alla riproduzione fisica dell’operaio, in
quanto il prezzo di una merce è definito da ciò che è necessario per produrla.
Il lavoro che egli realizza, però, genera in realtà un valore superiore a quello corrispondente al
salario e a tutti i mezzi di produzione impiegati. Questo valore superiore è il plusvalore generato
dal pluslavoro dell’operaio ed è in esso che risiede il profitto del capitalista.

Per comprendere bene il funzionamento di questo modo di produzione, bisogna capire il concetto
marxiano di merce. Infatti, tutti i beni economici che partecipano a questo sistema sono merci,
perché finalizzati alla vendita sul mercato.

Ogni merce ha un carattere duplice:

Carattere qualitativo, ossia la capacità Carattere quantitativo, che si misura in


di soddisfare bisogni umani termini di tempo di lavoro socialmente
(valore d’uso) necessario alla sua produzione
(valore di scambio)
Esso si esprime nel prezzo della merce stessa.

Il lavoro, dunque, è al contempo


concreto (perché produce merci) e astratto (perché attribuisce a tali merci un valore).

Logica precapitalistica ≠ Logica capitalistica


(circolazione semplice M-D-M) (formula D-M-D¹)
merce-denaro-merce denaro-merce-più denaro
Il venditore possiede una merce (M) e decide di Il capitalista possiede un certo ammontare di denaro
venderla per ricavare denaro (D). Utilizza tale (D), che investe acquistando merci (materie prime,
denaro, poi, per l’acquisto di un’altra merce (M). strumenti di produzione e forza-lavoro) (M) con cui
produce nuove merci che, una volta vendute sul
Quindi i due estremi M hanno la stessa forma mercato, si trasformano in un ammontare di denaro
economica e lo stesso valore di scambio, ma maggiore di quello di cui disponeva all’inizio (D¹)
hanno un valore d’uso diverso.
Quindi tra i due estremi D e D¹ c’è una differenza
Lo scopo di questa logica è di conseguenza il di quantità:
consumo, che si pone come fine della D¹=D+ΔD,
circolazione. dove ΔD è il plusvalore.

Lo scopo di questa logica è di conseguenza il valore


di scambio, la trasformazione di denaro in
capitale.
Inoltre, essa non finisce mai, in quanto il capitalista
cercherà sempre di accumulare più denaro.

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Quindi, il denaro diventa capitale attraverso il movimento D-M-D¹, con la produzione di
plusvalore, che deriva dal consumo della forza-lavoro, ossia dell’unica merce il cui
valore d’uso è la facoltà stessa di produrre valore.

L’economia politica tende a dividere il capitale in fisso e variabile, in base alla sua resistenza.
Marx invece lo divide tra costante e variabile, secondo il fatto che abbia o meno la capacità di
alterare la produzione di valore.
capitale costante = materie prime, macchinari ecc.
capitale variabile = forza-lavoro
//
Ogni società della storia è sempre stata caratterizzata dalla presenza di classi.
Classe = insieme di individui che si trovano nella stessa posizione all’interno dei rapporti di
produzione tipici di un dato modo di produzione. (classe in sé)
Le classi, collocate quindi in posizioni diverse, hanno anche interessi diversi ed entrano in
conflitto per la definizione del potere all’interno della società (lotta di classe).

Borghesia → capitalisti
Modo di produzione capitalistico → 2 classi principali:
Proletariato → lavoratori salariati

Gli interessi della borghesia e del proletariato sono antagonistici:


interesse della borghesia → sfruttare il più liberamente possibile la forza lavoro;
interesse del proletariato → liberarsi dallo sfruttamento.

Alla definizione di classe in sé, Marx affianca la definizione di classe per sé, ossia la classe in
senso pieno → classe = soggetto collettivo capace di intraprendere azioni congruenti ai propri
interessi, elaborando dunque strategie politiche.

[-Dunque, se la classe in sé è data dall’immediata collocazione di individui nei rapporti di


produzione, essa diventa classe per sé quando si realizza nella sua capacità di sviluppare
un’azione collettiva per soddisfare i suoi interessi.-]

//
Prima è stato sottolineato come la visione di Marx si opponga a quella idealista. Ma cosa si intende,
esattamente, per idealista?

Ideologia = insieme di proporzioni che rappresentano il mondo in modo parzialmente falsificato,


occultando le sue condizioni reali.

Il modo più tipico in cui si manifesta, è quello in cui le condizioni sociali contemporanee
vengono viste come condizioni eterne, e quindi vengono giustificate. L’ideologia, dunque,
immobilizza la storia. Essa è infatti la forma di pensiero tipica delle classi dominanti di una
società, il cui scopo è appunto quello di occultare le contraddizioni che costituiscono il
momento negativo della dialettica storica e che conducono al superamento della forma sociale
corrente.
I dominati, a loro volta, spesso tendono a condividere l’ideologia dei dominatori, o per paura o
per incomprensione dei propri interessi. Marx chiama questo atteggiamento “falsa coscienza”.

Dunque, la critica all’economia politica consiste in gran parte nello svelare i presupposti
ideologici su cui si fonda.

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//
Teoria del mutamento:
La storia è dialettica, caratterizzata dall’articolazione continua di tre momenti:
1. affermazione di un modo di produzione
2. nascita di contraddizioni al suo interno
3. superamento.

“A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in
contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà
(che ne sono l’espressione giuridica). […] Allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con
il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca
sovrastruttura […]
Una formazione sociale non perisce mai finché non si siano sviluppate tutte le forze
produttive a cui può dar corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non
subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni
materiali della loro esistenza.”
[Per la critica all’economia politica – Prefazione]

Modo di produzione capitalistico → più potente generatore di mutamento sociale e materiale mai
apparso nella storia.

L’elemento motore di questo processo, sta nell’interesse del capitalista di avere il massimo
profitto possibile, che è generato dal pluslavoro dagli operai. Quindi, egli deve cercare il modo
per aumentare il più possibile la quota di pluslavoro. Esistono 2 modi:

Allungare la giornata lavorativa dei Rendere più produttivo il lavoro degli operai
lavoratori salariati attraverso la crescente introduzione di
macchine
[Questo metodo è stato seguito nelle
prime fasi della rivoluzione industriale [L’introduzione di macchine permette al
finché non è stato fortemente contrastato capitalista di battere la concorrenza
dai limiti fisiologici della resistenza producendo un numero maggiore di merci o
umana e dagli operai stessi, che hanno merci di nuovo tipo o di migliore qualità. Egli
lottato per la riduzione delle ore potrà abbassare il prezzo e invadere nuovi
lavorative.] mercati. I concorrenti allora introdurranno a
loro volta nuove macchine, avviando un processo
infinito.]

Dunque, per raggiungere il massimo profitto, il capitalista è sempre alla ricerca di innovazioni
tecnologiche, il cui sviluppo è favorito dallo sviluppo delle scienze. A questo sviluppo è
collegato un cambiamento nelle condizioni di vita delle persone e un ampliamento del raggio di
azione del capitalista, che invade sempre più mercati.

L’arricchimento del capitalista, però, provoca una crescita parallela della classe operaia, che
diviene più povera ma più numerosa e consapevole della propria forza. Essa, rendendosi
conto che la ricchezza è prodotta collettivamente ma diviene proprietà privata del padrone, può
diventare classe per sé, organizzandosi per attuare una rivoluzione sociale, il cui obiettivo è
quello di fondare una società senza classi e senza proprietà privata, ossia una
società comunista.

//

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Per Marx → uomo = essere sociale
(gli esseri umani non esistono se non in società; l’individuo isolato è pensabile solo in determinate
condizioni storiche)
-“Quanto più risaliamo indietro nella storia tanto più l’individuo […] ci appare non autonomo,
ma parte di un insieme più grande; dapprima in modo del tutto naturale, nella famiglia, e
nella famiglia sviluppatasi a tribù; in seguito nella comunità nelle sue diverse forme, come
essa è sorta dal contrasto e dalla mescolanza delle tribù.”-

Anche la coscienza è prodotta dall’interazione sociale, in quanto la base della coscienza è il


linguaggio, che nasce dalla necessità di rapporti con altri uomini.

Le relazioni tra gli uomini, che costituiscono la società, variano nel tempo con lo sviluppo
della loro capacità di produrre, dal quale nascono nuovi bisogni, nuove forme di convivenza e per il
quale cambiano il mondo e la propria coscienza di sé.

“Solo nel XVIII secolo, nella società borghese, le premesse sociali si presentano al singolo
come un puro strumento per i suoi fini privati […]. Ma l’epoca che genera questo modo di
vedere dell’individuo isolato è proprio l’epoca dei rapporti sociali più sviluppati.”
[paradosso]-→ com’è possibile?
In un sistema dotato di una divisione del lavoro molto sviluppata, i cui prodotti si
ricongiungono nel mercato, quale sistema di rapporti astratti di fronte al quale
ognuno è isolato, gli uomini riescono a immaginarsi come esseri isolati. Questa
immaginazione non è altro che l’ideologia che fonda l’economia politica.

Marx parla raramente della società che spera di veder sorgere dopo il crollo della società
capitalistica, ma dai pochi passi dedicati ad essa si evince che debba essere una società in cui gli
uomini sono liberi di avere relazioni con i propri simili, di avere un rapporto di armonia con la
natura e di appropriarsi di se stessi. → Questa società avrà una storia. Prima di essa, vi è stata solo
preistoria.

//
***** Punti critici del pensiero di Marx *****

1. Problema delle classi intermedie:

Per Marx, nella società capitalistica esistono fondamentalmente due classi:


borghesia e proletariato, in conflitto fra loro. Questa divisione è stata effettuata
a un elevatissimo livello di astrazione. Marx sapeva benissimo che esistevano
anche molte altre classi, ma nella sua prospettiva nel futuro si sarebbe verificata una
polarizzazione di tutte le classi in questi due grandi schieramenti.
Ciò non è accaduto, anzi: sono nati nuovi gruppi dotati di proprie forme di
coscienza.

2. Problema della coscienza di classe:

Per Marx, prima o poi le classi avrebbero dovuto prendere consapevolezza dei propri
interessi e diventare classi per sé. Tuttavia, nel 1900, abbiamo assistito a una
progressiva sparizione della volontà rivoluzionaria fra i membri della
classe operaia. L’adesione al sistema da parte di questi ultimi è infatti, dice
Jedlowski, stata “comprata” attraverso la concessione di una sede di privilegi. Oggi,
le masse sfruttate sono quelle costituite dai lavoratori del Terzo Mondo,
e non dalle classi operaie residenti nei paesi ricchi.

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3. Problema della definizione di borghesia e proletariato:

Marx definisce i proletari come coloro che possiedono solo la propria forza-lavoro.
Questa immagine, nella realtà, non esiste.
Marx definisce i borghesi come coloro che possiedono i mezzi di produzione, eppure
ci sono categorie di lavoratori salariati (manager, amministratori di
multinazionali…) che, per la loro ricchezza, non potremmo mai definire proletari.
Inoltre, non esistono gruppi coesi di borghesia e proletariato. La lotta di classe è
essenzialmente una lotta che sta all’interno delle classi stesse.

//
***Cenni sul marxismo dopo Marx***

• 1864, Londra: Prima Internazionale dei lavoratori (Marx e Engels furono tra i
fondatori) → il marxismo diventa una dottrina ed egemonizza la maggior parte dei
gruppi, dei partiti e dei movimenti operai in Europa.

• Germania → Karl Kautsky: marxismo come teoria scientifica dell’evoluzione


sociale.

• Russia (il capitalismo aveva appena iniziato a svilupparsi e non c’era un movimento
operaio di massa) → Lenin: marxismo come teoria volontaristica, la classe operaia
doveva assumersi il compito di sviluppare la propria coscienza di classe.

• Seconda Internazionale → Eduard Bernstein: revisionismo. Critica alla tesi della


crisi generalizzata che avrebbe seguito il crollo del capitalismo e a quella della progressiva
polarizzazione della società industriale.

• 1917, Rivoluzione Russa → Lenin e i bolscevichi avevano formato un partito che


avrebbe dovuto condurre la classe operaia e i suoi alleati (i contadini) alla conquista del
potere. Con la Rivoluzione, il leninismo divenne una dottrina ufficiale che legittimava la
“dittatura del proletariato” e che acquistò un grande potere condizionante nella
formazione della Terza Internazionale del 1919. In molti paesi europei, infatti, vennero
fondati partiti ispirati al modello sovietico.

• I dopoguerra → Leninismo = visione del mondo dogmatica, che trasforma il marxismo


in una dottrina che legittima l’élite conquistatrice del potere.
In Russia, Lenin doveva innanzitutto provvedere all’industrializzazione del Paese, aprendo
vari dibattiti su quali politiche attuare nel periodo “di transizione” verso il
comunismo.

• Anni ‘30 → Dittatura di Stalin. Fine dei dibattiti, industrializzazione forzata,


collettivizzazione dell’agricoltura.

• 1945, la Cina diventa Repubblica popolare → La visione che Mao Zedong aveva del
marxismo si allontanava sensibilmente da quella sovietica, sia per il ruolo attribuito ai
contadini e sia per sostanziali differenze di tradizione.

• Europa, anni ‘20 e ‘30 → “marxismo occidentale”: critica radicale degli sviluppi
totalitari del regime comunista in URSS e attenzione agli sviluppi delle scienze sociali.
Molto diversificato al suo interno, in generale punta a una rilettura più hegeliana del
marxismo. Si ricordano Gyorgy Lukàcs, Antonio Gramsci, la scuola di Francoforte
e Louis Althusser.

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CAP. 4 – ÉMILE DURKHEIM

1890-1910 → istituzionalizzazione della sociologia come disciplina accademica.


(Molti studiosi cercano di darle un fondamento teorico e metodologico distinto)

Tra questi, sono da ricordare Durkheim e Weber, il cui programma, differentemente da Marx
che non si definiva un sociologo, era quello di fondare la sociologia.

Cenni biografici:

◦ Nasce nel 1858 a Épinal, in Lorena.


◦ Insegna sociologia all’università di Bordeaux (uno dei primi);
◦ Fonda una rivista dedicata alla raccolta di studi sociologici, “L’Année sociologique”.
◦ Muore nel 1917.

Opere più importanti:


◦ “La divisione del lavoro sociale”;
◦ “Le regole del metodo sociologico”;
◦ lo studio “Il suicidio”;
◦ “Le forme elementari della vita religiosa”.

//

Sociologia = scienza che studia l’insieme dei fatti sociali

norme implicite ed esplicite che regolano il


costume quotidiano, espressione di una
morale (= insieme di valori e credenze)
La società è dunque un
condivisa che costituisce la coesione di una
ordine morale, che si
società e vincola i membri che la compongono:
realizza nella solidarietà tra i
- dall’interno (un individuo è di per sé spinto
suoi membri.
al rispetto delle norme stesse);
- dall’esterno (se infrange una norma,
l’individuo viene punito).

Per Durkheim, la società non si può dunque comprendere analizzando i comportamenti dei singoli,
ma analizzando gli stessi come collettività, che è maggiore della somma dei singoli individui che
la compongono.

In “Regole del metodo sociologico”, Durkheim scrive dei fatti sociali:


“Vi sono modi di agire, di pensare e di sentire che presentano la notevole proprietà di esistere al
di fuori delle coscienze individuali.
Questi tipi di condotta o di pensiero non sono però soltanto esterni all’individuo, ma sono anche
dotati di un potere imperativo e coercitivo in virtù del quale si impongono a lui, con o senza il suo
consenso. Indubbiamente, quando mi conformo ad essi si mia spontanea volontà, questa

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coercizione non si fa sentire, o si fa sentire poco, perché è inutile. Ma essa rimane tuttavia un
carattere intrinseco di tali fatti; lo dimostra il suo affermarsi nel momento stesso in cui tento di
resisterle. Se cerco di violare le regole del diritto, esse reagiscono contro di me in modo da
impedire il mio atto. […] Se non mi sottometto alle convenzioni del mondo, se nel mio
abbigliamento non tengo conto degli usi del mio paese e della mia classe, l’ilarità che provoco e la
distanza a cui sono tenuto producono – per quanto in maniera più attenuata – gli effetti di una
pena propriamente detta. […]
Ecco dunque un ordine di fatti che presentano caratteri molto specifici: essi consistono in modi
di agire, di pensare e di sentire esterni all’individuo, eppure dotati di un potere di
coercizione in virtù del quale si impongono su di lui […]. Ad essi soltanto deve essere
data e riservata la qualifica di sociali. Essa conviene loro; è infatti chiaro che il loro substrato,
non essendo l’individuo, può essere soltanto la società – sia nella sua interezza, sia qualcuno dei
gruppi parziali che racchiude.”

Dunque, i fatti sociali sono fenomeni che esistono nella misura in cui esistono gli uomini, ma
contemporaneamente hanno un’esistenza indipendente che sovrasta la volontà di ciascuno.
Essi sono “come cose”, nel senso che hanno un’esistenza che non si spiega a partire dalle
coscienze e dalle azioni dei singoli individui.
(Un esempio di fatto sociale è il linguaggio, nato dall’interazione di moltissimi uomini in
moltissimo tempo, sull’impulso della loro volontà di comunicare tra loro stessi. Oggi, se lo si usa in
modo scorretto, si viene “corretti” oppure non si viene capiti.)

Metafora organicista → la società è come un organismo, i cui organi sono integrati e cooperano
tra loro. Ogni organo può essere spiegato solo attraverso la funzione
che svolge.

Spiegazione funzionalista del fenomeno sociale, basata


sull’individuazione della funzione di ogni singolo elemento.
[religione → sacralizzare e codificare le norme morali;
diritto → reagire alle infrazioni di tali norme;
economia → sostentamento della vita materiale dei membri della società
ecc…]
-In ogni caso, Durkheim non crede che la spiegazione funzionalistica sia
l’unica possibile per lo scienziato sociale. Essa può essere attuata solo dopo
aver esaminato i nessi causali tra i fenomeni sociali contemporanei e
precedenti.-

Devianza = esistenza di comportamenti che si discostano dalla norma sociale


(qualsiasi comportamento socialmente percepito come “anormale”)

Essa può avere 2 funzioni:


1. Nel momento in cui la devianza viene punita, essa ha la funzione di risaldare la
coscienza collettiva. Infatti, riunita nell’atto di punire, la società riafferma le sue
norme.
2. Nel momento in cui la devianza comincia a manifestarsi in più individui, essa può
costituire un periodo di “sperimentazione” di nuove norme. Spesso, infatti,
essa può diffondersi, venire condivisa da sempre più persone e formare così un
nuovo sistema di norme.

//

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“La divisione del lavoro sociale” → evoluzione delle società umane = movimento da un tipo
di società a un altro.

Diversi tipi di società:

Società semplice Società complessa

- Storicamente, corrisponde alla forma delle tribù - Storicamente, corrisponde alle nazioni
primitive; moderne;
- basata su una bassa divisione del lavoro, in - basata su un’ampia divisione del lavoro, in
cui gli individui svolgono attività poco differenziate cui gli individui svolgono attività molto differenziate
tra loro; tra loro ed esistono molte istituzioni intermedie
che mediano l’appartenenza del singolo all’insieme.
- morale = solidarietà meccanica:
essa si presenta tra individui strettamente uniti gli - morale = solidarietà organica:
uni agli altri da vincoli quotidiani; essa si presenta tra individui o gruppi di individui
molto diversi tra loro ma che devono cooperare per
- coscienza collettiva > coscienza individuale:
la vita dell’insieme sociale da cui tutti dipendono.
le persone pensano in modi molto simili ed c’è
scarsa tolleranza per comportamenti diversi da - individualizzazione delle coscienze:
quelli comunemente condivisi. le persone, svolgendo mansioni differenziate,
sviluppano modi di pensare differenti.
- diritto = leggi punitive
(ogni infrazione è un attentato alla coesione del - diritto = leggi restitutive
gruppo) (l’infrazione del singolo è più spesso considerata
come danno arrecato ad altri in un singolo ambito.
Un attentato alla società nel suo insieme è molto
raro.)

Nelle società complesse, la tenuta di norme condivise da tutti è più debole ma al contempo più
necessaria, poiché deve vincolare tutti, nonostante le grandi differenze, alla cooperazione. È
infatti nelle società complesse che si presenta il più alto rischio di anomia.

Anomia = assenza di norme morali condivise.


(Essa è comune nelle società moderne, in quanto lo sviluppo della divisione del lavoro non è stato
accompagnato da un adeguato sviluppo delle norme morali.)
Conflitti borghesia-proletariato = forme di anomia → i singoli non sono capaci di
cooperare nelle nuove condizioni
generate dal nuovo modo di produzione.
(La solidarietà organica non è ancora stata raggiunta)
Mentre per Marx i conflitti tra le classi sono
il motore della dialettica storica, per Durkheim
sono patologie da curare:
• con il corporativismo (= sviluppo di associazioni
intermedie tra singoli e società, basate sull’
associazione professionale);
• con lo sviluppo dei processi educativi, in modo da
imporre al meglio un sistema morale condiviso;
• con vari processi di socializzazione
(=insieme dei processi che rendono il singolo
capace di essere un membro di una società,
integrandolo in modo coerente alle norme).

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//

“Il suicidio”
(Studio in cui Durkheim tenta di dimostrare come anche un atto estremamente individuale come il
suicidio sia un fatto sociale)

Egli adempie a questa sfida ponendo come oggetto della sua ricerca non il suicidio dei singoli
individui, ma il tasso di suicidi che si incontra in una data società.

I tassi di suicidi dei vari Paesi hanno una tendenza a restare costanti nel tempo; ciò significa che il
numero di suicidi complessivamente presente in una società (“tendenza suicidogena”) dipende
da fenomeni extrasoggettivi, da fatti sociali. Secondo Durkheim, esso è sempre connesso al grado
di integrazione sociale che la stessa società consente all’individuo.

A tal proposito, distingue 3 tipi di suicidio:

1. Suicidio egoistico = suicidio causato da un eccesso di individualità dell’ego, che


rende l’individuo solo e libero di fronte alle proprie scelte.

Un esempio di suicidio egoistico è quello correlato all’appartenenza alla religione


protestante. Infatti, Durkheim osserva dalle statistiche che i membri delle confessioni
protestanti presentano un tasso di suicidi sempre maggiore rispetto a quello presente
dai membri di altre confessioni. Questo perché il protestantesimo è la religione che
meno permette ai suoi membri di integrarsi in una comunità: il singolo protestante è
dunque solo e libero di fronte alla sua coscienza e all’interpretazione della Bibbia.

Lo stesso accade con le persone sposate e non sposate. Il fatto che le persone non
sposate si suicidino in maggior numero, fa pensare che la tendenza al suicidio sia legata
a situazioni in cui le relazioni si indeboliscono.

2. Suicidio anomico = suicidio causato da una diffusa incertezza nei singoli rispetto ai
propri destini e alle norme a cui conformarsi (anomia).

Durkheim ha osservato che il numero dei suicidi, ad esempio, cresce sia quando una
crisi economica è di tipo negativo (cioè comporta miseria) che quando è di tipo positivo
(cioè comporta rapide variazioni di status, che alterano periodi di difficoltà a periodi di
benessere). I periodi di crisi economica sono un esempio di periodi incerti, anemici.

3. Suicidio altruistico = suicidio causato da una fortissima coesione sociale.

Un esempio può essere la morte di un milite in battaglia, che ricollega il suo gesto
all’amore per la patria. Ancora, un martirio religioso.

Il metodo utilizzato da Durkheim in questa ricerca è quello della “variazione concomitante”:


confronto tra due serie diverse di dati, che hanno una correlazione significativa quando variano
simultaneamente. Questo metodo di analisi resterà uno dei più utilizzati dai sociologi.

Inoltre, l’analisi del suicidio rappresenta uno dei primi esempi di ricerca sociologica in cui si
verificano ipotesi teoriche sulla base di un esame di dati empirici.

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***Critiche di rilievo allo studio sul suicidio di Durkheim:

1. Attendibilità delle fonti.


Le fonti a cui Durkheim ha attinto sono statistiche che riguardano il numero dei suicidi
registrati dalle autorità civili, che dipendono dalle registrazioni dei medici.
Si può ipotizzare che, in certe circostanze e in certi contesti culturali, i medici siano stati
costretti dalle autorità a non registrare alcuni suicidi come tali, ma come morti accidentali o
morti per cause organiche. Secondo questa ipotesi, le fonti di Durkheim sarebbero in parte
inattendibili e nessun sociologo deve dimenticare del modo in cui i dati sono costruiti alla
fonte.

2. Pluralità di correlazioni significative.


Un allievo di Durkheim ha dimostrato che la maggioranza della popolazione protestante
vive in città, mentre la maggioranza di quella cattolica in campagna. Ciò spinge a pensare
che forse non è solo la confessione religiosa a rendere l’individuo tendente al suicidio, ma
anche la sua residenza.
La realtà sociale è molto complessa, e l’analisi non può arrestarsi all’individuazione di una
sola correlazione significativa. Spesso il fenomeno che si intende spiegare è infatti prodotto
da più fattori.

3. Metodi quantitativi e qualitativi.


Durkheim si è avvalso perlopiù di un metodo quantitativo per questa ricerca, quando invece
è bene dotarsi di entrambi i metodi per colmare le lacune di uno con i pregi dell’altro.
Infatti, se si fosse dotato anche di un metodo qualitativo (in cui si mettono in luce le
motivazioni soggettive dei singoli), sarebbero potute emergere altri aspetti
sociologicamente significativi del fenomeno.

//

Secolarizzazione = processo della progressiva perdita di rilevanza che le istituzioni, le pratiche e


le credenze religiose attraversano nella modernità.
Essa è il risultato dalla netta distinzione che la cultura europea successiva al XVII secolo ha attuato
tra istituzioni politiche e religiose: le credenze religiose devono essere un fatto privato e quelle
politiche devono essere di conseguenza laiche (= che definiscono regole e diritti che valgono per
tutti a prescindere dalla confessione di appartenenza).

“Forme elementari della vita religiosa”:

▪ L’elemento fondamentale della vita religiosa è la distinzione elementare (= che


si ritrova in tutte le espressioni di credenze religiose) tra sacro e profano.
▪ La vita religiosa si esprime in credenze (che articolano la visione del mondo
propria del gruppo che le condivide, rafforzandone la solidarietà) e riti (pratiche
simboliche finalizzate alla ricreazione periodica dell’ordine nel quale si crede).

▪ La funzione della religione è la sacralizzazione dei fondamenti della morale;


cioè fondare e preservare gli ideali collettivi della società.

▪ Ciò che gli uomini adorano nei loro culti è in realtà espressione di attributi che
sono propri della società ma che appaiono a ciascuno come trascendenti.

Dunque religione = “sistema solidale di credenze e di pratiche relative a cose sacre le quali
uniscono in un’unica comunità morale tutti coloro che vi aderiscono.”
oppure
“sistema di simboli mediante i quali la società prende consapevolezza di sé.”

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Per quanto riguarda la religione, Durkheim quindi concentra la sua sociologia su come le sue
credenze riproducono se stesse. Tuttavia, su come le credenze abbiano origine, non sviluppa a
fondo la sua teoria dell’effervescenza collettiva, secondo cui ci sono momenti della vita
collettiva in cui gli uomini affermano e proiettano fuori di sé delle credenze che sono dentro di loro
ma a cui attribuiscono il carattere di rivelazioni superiori.

Paradosso del mondo moderno e contemporaneo:


Esso da un lato riconosce che gli uomini fondano le proprie azioni e la propria convivenza
su credenze per nulla razionali, dall’altro però svela razionalmente la falsità di tali credenze,
svelando le basi del funzionamento della società ma allo stesso tempo minandolo.

//

Come si sviluppa la conoscenza?

Riguardo a questo argomento, Durkheim divide le teorie della conoscenza dei filosofi in 2
posizioni:
- quella degli empiristi, che credono che la conoscenza si sviluppi a partire da sensazioni che
vengono poi coordinate nel corso dell’esperienza;
- quella di chi, come Kant, crede che la conoscenza nasca dall’incontro dei dati sensoriali con
l’intelletto umano, che è dotato di categorie che esistono a priori.

La soluzione di Durkheim si può considerare uno sviluppo del pensiero di Kant:


Indubbiamente, le sensazioni vengono coordinate dall’intelletto con un apparato di categorie che
non derivano dall’esperienza, bensì organizzano l’esperienza stessa.
Questa categorie, però, pur essendo “date” all’individuo, non sono naturali o universali. Esse sono
sociali, poiché si costituiscono dall’interazione tra gli uomini e tra gli uomini e l’ambiente che li
circonda, e vengono trasmesse con la cultura.
Dunque, la nostra conoscenza del mondo ha origine sociale e varia al variare della
società.

//

Jedlowski conclude il capitolo su Durkheim affermando che, nella cultura francese del XIX secolo,
altri autori avevano elaborato una scienza sociale che aveva oggetto temi molto vicini a quelli
durkheimiani, anche negli stessi anni in cui egli sviluppava i primi studi.
Tuttavia, però, nessuno di loro ha esercitato un’influenza paragonabile a quella esercitata da
Durkheim, sia per la sua posizione nel sistema universitario e sia per l’importanza assunta anche
dai suoi collaboratori intorno a “L’Année sociologique”.
Questo però non significa che il suo sistema sia privo di lacune e coerente in tutte le sue
formulazioni. Anzi, molti concetti come quello di società e di fatto sociale, sono spesso indefiniti e
vaghi. In ogni caso, l’importanza di Durkheim sta nella sua capacità di individuare il sociale come
un oggetto irriducibile all’analisi del comportamento e delle intenzioni dei singoli.
La sociologia intesa come insieme di teoria e indagine empirica, dice Jedlowski, nasce con lui.

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CAP. 6 – MAX WEBER

1800 → Dibattito sul metodo

Approccio positivista Approccio idiografico


(nomotetico)

Durkheim Weber
(posizione intermedia)
Ricerca di una “nomoteticità sostenibile”,
secondo cui è possibile che il sociologo faccia
generalizzazioni, ma comunque entro un certo limite.

Cenni biografici:
• Nasce a Erfurt nel 1864;
• famiglia → alta borghesia tedesca;
• carriera accademica → docente di economia politica;
• partecipa alla fondazione della rivista “Archivio per le scienze sociali e la politica sociale” e
dell’Associazione tedesca di sociologia;
• verso la fine del secolo, ha un esaurimento nervoso che lo costringe ad abbandonare
ogni attività intellettuale;
• durante la I guerra mondiale, partecipa a delle missioni diplomatiche;
• muore a Monaco nel 1920.

Opere più importanti:


• “L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale”;
• “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”;
• “Sociologia delle religioni”;
• “Economia e società”.

Si può dire che le preoccupazioni teoriche di Weber riguardino essenzialmente 3 campi di indagine:
> campo metodologico → metodo delle scienze sociali / rapporto scienza-giudizi di valore
(“L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale”);
> campo storico-comparativo → genesi, specificità e destino della civiltà moderna
occidentale
( “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” + “Sociologia delle religioni”);
> campo sistematico → definizione sistematica e coerente dei concetti della sociologia
(“Economia e società”).

Tuttavia, tale divisione conviene per comodità di studio, perché in realtà queste questioni sono
tutte interconnesse tra loro.

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Sociologia = scienza che si propone di intendere in virtù di un procedimento interpretativo
l’agire sociale e quindi di spiegarlo causalmente nel suo corso e nei suoi effetti.
[“Economia e società”]

Questa definizione può essere scissa in 2 momenti: la comprensione e la spiegazione causale.

1) Comprensione:

“intendere in virtù di un procedimento interpretativo” → verstehen


(“comprendere”,“intendere il senso”)
La sociologia è una scienza comprendente e il suo primo obiettivo è quello di
comprendere l’agire sociale.
“agire” = atteggiamento umano (sia esso un fare, un tralasciare o un subire)
a cui è attribuito un senso soggettivo dallo stesso individuo che
agisce.
(L’agire è tale solo se vi è connesso un senso)

È proprio la comprensione che rende le scienze sociali diverse dalle scienze


naturali. Nelle scienze naturali, infatti, i fenomeni non sono agiti da soggetti che danno
loro un significato.

2) Spiegazione causale:

“spiegare causalmente” = rintracciare la causa del fenomeno che si intende spiegare.

Questo è ciò che accomuna le scienze sociali con le scienze naturali. Nelle scienze naturali,
infatti, gli scienziati ricercano le cause dei fenomeni.

Tuttavia, nelle scienze sociali è impossibile dare una spiegazione causale perfettamente
esaustiva. Dunque, bisogna ricercare pazientemente le condizioni che sono sempre
presenti quando il fenomeno che s’intende spiegare si manifesta.

//

Lo scienziato sociale si serve di particolari costruzioni di pensiero come strumenti conoscitivi per
comprendere il senso dell’agire. Essi sono detti idealtipi (o tipi ideali o idee-tipo).

Un idealtipo non è una descrizione esaustiva della realtà sociale, ma è


un’astrazione, uno strumento per comparare una molteplicità di
esperienze concrete e trarne generalizzazioni.

L’agire sociale 1. Agire razionale rispetto allo scopo


può essere determinato (il soggetto agisce per conseguire un determinato fine, calcolando in
secondo 4 idealtipi modo razionale gli strumenti e le risorse che ha a disposizione)
che corrispondono a
2. Agire razionale rispetto al valore
un diverso tipo di senso
(il soggetto agisce a prescindere dalle conseguenze, poiché il senso
che il soggetto agente da
della sua azione risiede nel valore in sé dell’azione stessa.
alla sua azione:
Es → comportamenti etici, religiosi, estetici…)
3. Agire affettivo
(il soggetto agisce impulsivamente, secondo emozioni e sentimenti)
4. Agire tradizionale
(il soggetto agisce per abitudine)

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L’utilità della classificazione dei tipi di agire è prettamente analitica, in quanto spesso, nelle azioni,
si mescolano i diversi orientamenti di significato.
Secondo Weber, mondo moderno → predominio dell’agire razionale rispetto allo scopo
(l’atteggiamento mentale predominante è cioè quello del
calcolo relativo al perseguimento dei fini)

//

Uno dei temi fondamentali della riflessione di Weber è quello sulla definizione delle caratteristiche,
delle origini e del destino della civiltà occidentale moderna che, dal punto di vista
dell’organizzazione economica, ha il suo perno nel capitalismo.

Atto economico capitalistico = atto orientato a perseguire, in modo sistematico, continuo nel
tempo e formalmente pacifico, un profitto.
(Dunque, capitalismo = sistema economico in cui i soggetti agiscono al fine di conseguire un
guadagno in modo formalmente pacifico utilizzando le congiunture dello scambio.)
Il tipico soggetto di questo sistema è l’impresa capitalistica.

Questa definizione del capitalismo, però, non corrisponde a quella di capitalismo occidentale
moderno. In quanto, dice Weber, “capitalismo e imprese capitalistiche ci sono stati in tutti i paesi
civili del mondo”.
Ciò che infatti caratterizza il capitalismo occidentale moderno è l’organizzazione
razionale del lavoro formalmente libero (= utilizzo di lavoratori salariati giuridicamente
liberi). Quindi,
capitalismo occidentale moderno = sistema di imprese collegate tra loro attraverso il
mercato in cui ognuna di esse agisce per conseguire il
profitto e organizza le proprie attività conformemente a tale
scopo in modo razionale, utilizzando lavoro
formalmente libero (= lavoratori salariati).
La società è capitalistica se la soddisfazione dei bisogni dei suoi membri ha luogo
prevalentemente con l’attività di tali imprese e il consumo delle merci che producono.

(Weber ≠ Marx → assenza della tematica dello sfruttamento, poiché la denuncia di tale
aspetto è per Weber una critica morale che non ha nulla a che vedere con la definizione
scientifica del capitalismo)

Fattori storici che sono stati necessari allo sviluppo del capitalismo:
• disponibilità di lavoro formalmente libero (-→ fine della schiavitù e del servaggio);
• sviluppo di mercati aperti (-→ apertura progressiva a un sistema di relazioni commerciali
più vaste);
• separazione tra sfera domestica e sfera del lavoro, appurato che avessero due
logiche diverse;
• sviluppo di un diritto formalmente statuito che consenta alle imprese condizioni in cui
le norme dettate dal potere non siano soggette a continui mutamenti.
Questi fattori sono stati presenti in molte epoche e in molte civiltà, ma solo in quella occidentale se
n’è avuta la combinazione.

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Tra le condizioni che hanno decretato il sorgere del capitalismo, Weber pone l’accento sull’ethos
razionale, definendolo lo “spirito” del capitalismo.

Saggio “L’etica protestante e lo spirito del


capitalismo” : questo ethos razionale va ricercato
all’interno di aspetti specifici della cultura europea, tra
cui l’etica protestante e, più in particolare, quella
calvinista.
• Beruf (“professione” - “vocazione”) → carattere sacro del lavoro, dell’occupazione
professionale del singolo in quanto definizione della
propria posizione nel mondo.

• Ascesi dal mondo → il volere divino è indipendente dalle azioni degli uomini, che non
possono cambiarlo o influenzarlo. Tuttavia, se il credente pecca non può essere perdonato e
viene destinato alla dannazione. Così, tenta di fuggire da ogni forma di tentazione.

Per Weber, beruf + ascesi dal mondo = ascesi intramondana


(essere presenti attivamente nel mondo attraverso il lavoro ma rinuncia al godimento del mondo
stesso)

Questo atteggiamento rispecchia lo spirito del capitalismo. Infatti, chiunque voglia sviluppare
un’impresa, all’inizio deve dedicarsi nel modo più razionale possibile alla propria professione, ma
deve al contempo rinunciare al desiderio di spendere i guadagni per goderne, in quanto essi sono
destinati al reinvestimento al fine della crescita della produzione.

Nel suo corso, però, il capitalismo tende a perdere l’etica su cui si fonda, in quanto procede
meccanicamente, quasi per inerzia. Infatti, l’etica puritana favorisce la produzione di
ricchezza, ma la ricchezza, una volta prodotta, favorisce la “tentazione”. (paradosso)

//

riferimento ai valori ≠ giudizio di valore


(soggettivo riferirsi a certi valori nella (affermare che certi fenomeni sono
propria condotta) “giusti o sbagliati”)

Lo scienziato sociale non può non riferirsi ai valori, perché sono il senso che gli attori
attribuiscono al proprio agire e che la sociologia è orientata a comprendere. E poi, essendo
umano, non può farne a meno: egli studia una cosa se la ritiene rilevante.

Ciò che garantisce l’oggettività della sociologia, allora, cos’è?


È la sua avalutatività = disciplina secondo cui lo scienziato sociale deve evitare di
emettere giudizi di valore rispetto ai fenomeni che studia.

È in questo senso che Weber cerca di legittimare la sociologia come scienza,


attraverso una “nomoteticità sostenibile”, cioè non precisissima come quella positivista.

Se lo scienziato sociale inserisse nella sua ricerca o nel suo insegnamento giudizi di valore, si
collocherebbe nei campi dell’etica o della politica, che non hanno nulla a che vedere con la scienza.

//

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In “Etica e società”, Weber, oltre a parlare di filosofia comprendente, agire agire sociale, parla
anche di:

Relazione sociale → essendoci più attori sociali compresenti, il senso dell’azione di


ciascuno si riferisce all’atteggiamento dell’altro, in modo che le
azioni siano reciprocamente orientate tra loro.
Essa può produrre una:

Società (o associazione) Comunità


se la relazione sociale si basa su una se la relazione sociale si basa sul
convergenza di interesse degli individui sentimento di una comune
che ne prendono parte. appartenenza da parte degli
Infatti, essa può eventualmente poggiare individui che vi partecipano.
su stipulazioni (= impegni reciproci [agire affettivo]
presi esplicitamente dai suoi membri).
[agire razionale rispetto allo scopo]

Questi due idealtipi di relazione sociale


pongono entrambi l’accento sull’integrazione
degli individui in questione

Lotta
(= relazione sociale in cui ciascun attore
non mira all’integrazione con l’altro,
ma alla sua sopraffazione.

[Per questo aspetto, Weber ≠ Durkheim, perché quest’ultimo enfatizzava la coesione del mondo
umano. Questo concetto di “lotta” ricorda un po’ Marx, ma Weber ≠ Marx perché non inserisce
nella sua analisi un tipo particolare di conflitti (come Marx fece con la lotta di classe) e non li
ritiene elementi parte di una dialettica storica.]

relazioni sociali aperte ≠ relazioni sociali chiuse


(la partecipazione all’agire sociale reciproco (la partecipazione all’agire sociale reciproco
è possibile per chiunque) non è possibile per chiunque in quanto ci
sono degli ordinamenti che ne limitano
l’accesso)

Insieme di relazioni sociali chiuse = raggruppamento sociale

diventa raggruppamento politico se:


Stato = raggruppamento politico che - occupa un dato territorio con continuità nel
dispone del monopolio della tempo;
violenza legittima su di un
- esiste la possibilità di minacciare il ricorso alla
determinato territorio, resa tale
dalla validità dell’autorità forza fisica per imporre il rispetto di regole
che la impone.

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potere = capacità di un soggetto di produrre effetti;
potere sociale = capacità di un soggetto di produrre effetti su altri;
potere politico = potere sociale che coincide con il potere di governo all’interno di un
raggruppamento politico: possibilità che un comando trovi obbedienza.

potere
potere sociale

potere politico

Nell’ambito del discorso sulla legittimità della violenza, Weber si interessa appunto al
potere politico

Macht Herrschaft
(“potenza”) (“potere”)
Possibilità di far valere entro una relazione Possibilità che un comando trovi
sociale la propria volontà, anche di fronte a obbedienza presso certe persone, che
un’opposizione. obbediscono perché ritengono legittimo il
Chi la subisce è costretto ad obbedire. potere che li impone.
È questo, per Weber, il vero e proprio
potere politico.

3 tipi di legittimazione del potere:


1. Legittimità tradizionale
(che poggia sulla credenza nel carattere sacro di tradizione ritenute “valide per
sempre”, perché provengono dal passato).
Essa non permette mutamento.
2. Legittimità carismatica
(che poggia sul carisma di un individuo, ossia alle sue qualità personali che
siano esse ritenute sacre, eroiche, valorose e così via.)
Essa permette mutamento, m quando questo individuo muore lascia il problema
di conservare gli ordinamenti o i messaggi che questi ha creato →
“routinizzazione del carisma”.
3. Legittimità razional-legale
(che poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti. Infatti,
l’obbedienza non è prestata a una persona, ma a delle leggi impersonali
prodotte in modo razionale sulla base di una discussione formalmente
pacifica.)
Essa è tipica delle società moderne e permette un mutamento continuo e
controllato.

Nei raggruppamenti politici in cui il potere è ritenuto legittimo, la forza viene monopolizzata in
virtù di tale legittimazione per reprimere la minoranza che si oppone.
Se la forza o il numero dell’opposizione cresce, può essere creato un nuovo potere che può essere
sia una mera situazione di potenza o ispirato a nuovi criteri di legittimità.

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Ogni forma di potere legittimo ha una sua forma tipica di apparato amministrativo.

Potere legittimo razional-legale → burocrazia [= apparato di individui con funzioni


specializzate (funzionari) espressamente organizzati per
l’espletazione di compiti amministrativi sulla base di procedure
definite esplicitamente dalla legge o da appositi regolamenti
(standardizzate) e obbedendo ad un’autorità impersonale.]

Essa si fonda su:


• l’esistenza di servizi e competenze definiti da leggi e regolamenti;
• una gerarchia delle funzioni;
• il criterio della non-proprietà personale della carica;
• il possesso di una formazione specifica ed esami per l’assunzione
dei funzionari;
• la retribuzione dei funzionari mediante salario erogato dallo Stato.

Tuttavia, oggi è molto discusso il problema del controllo delle burocrazie, in quanto i singoli
funzionari potrebbero sviluppare i propri interessi particolaristici.

//

Stratificazione sociale = modo in cui gli individui e i raggruppamenti di individui sono


differenziati e ordinati gerarchicamente nella società in modi formali
o informali, impliciti o espliciti.
≠ Marx,
che invece riteneva la nozione di
Diversi ordinamenti classe cruciale per la stratificazione.
in cui la stratificazione si presenta con criteri differenti: Ogni altra posizione dell’individuo,
infatti, per Marx deriva dalla classe
sociale a cui appartiene.

Economico Politico Culturale

Classe = insieme di individui che La stratificazione si realizza Ceto / Gruppo di status


condividono le stesse possibilità di nelle cariche politiche che =
procurarsi beni economici si possono ricoprire negli privilegio effettivo, positivo o
finalizzati alla soddisfazioni di apparati politici e negativo, nella considerazione
bisogni. amministrativi di un gruppo sociale.
sociale
Possedendo dunque determinati Esso dipende dalla condotta,
beni e occupando posizioni simili dalla nascita, dalla
nel mercato, gli individui professione, dall’educazione
appartenenti alla stessa classe ricevuta, dall’appartenenza a
hanno interessi economici simili. gruppi in cui si entra in virtù
di requisiti specifici.

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CAP. 11 – LA SOCIOLOGIA AMERICANA NEGLI ANNI DELLO
STRUTTURAL-FUNZIONALISMO: TALCOTT PARSONS
(Contesto → Vedi Lentini Cap. 8)

Pasons è la figura più imponente nella sociologia americana del XX secolo.


Egli infatti si pone come obiettivo la conciliazione del bisogno di crescita delle scienze del
comportamento con i quadri di riferimento liberal-democratici di matrice europea, rispondendo in
modo appropriato alla domanda proveniente dal nuovo compromesso fra valori e bisogni
conoscitivi della giant corporation e i valori liberal di matrice progressista e socialdemocratica.
[Lentini]

Cenni biografici:

• Nasce a Colorado Springs nel 1902;


• dopo gli studi universitari, compie un periodo di perfezionamento in Europa;
• Nel ‘27 è chiamato ad insegnare ad Harvard e da qui in poi esercita una grande influenza
sulla sociologia americana e su quella europea successiva alla II Guerra Mondiale.
• Muore nel 1979.

Opere più importanti:

• “La struttura dell’azione sociale” (1937) → in cui formula una teoria dell’azione;
• “Il sistema sociale” (1951) → in cui formula una teoria del sistema.

Infatti, le due opere corrispondono alle 2 fasi fondamentali da attraversare per capire come si
mantiene l’equilibrio in un sistema sociale (= suo obiettivo):
I. definire le istituzioni del sistema;
II. analizzare il cambiamento.

Tradizionalmente, l’approccio di Parsons viene detto “struttural-funzionalista”, anche e


Jedlowski lo definirebbe più un approccio sistematico, in quanto il concetto di sistema è
quello cruciale.
Struttura = insieme delle relazioni che collegano tra loro i diversi elementi della società.
Il significato di ognuno di tali elementi è determinato dalla funzione che svolge per
l’insieme, nonché dai rapporti che intrattiene con gli altri.

(Lo struttural-funzionalismo si può dunque definire come l’approccio che cerca di cogliere la
struttura di fondo della società in base alla funzione che gli elementi di essa svolgono nell’insieme)

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Evidenti sono i richiami sia a Weber che a Durkheim:
Weber → comprendere l’agire degli individui;
Durkheim → comprendere come l’azione si inserisce in un quadro sovraindividuale, cioè la
società.

Tuttavia, fase matura del suo pensiero → prevalenza della prospettiva di Durkheim.
Infatti, affascinato dalle scienze naturali e dall’economia neoclassica (che ricercava l’equilibrio
generale del sistema economico), si concentrerà sempre di più sull’idea di sistema.

//

“Struttura dell’azione sociale” (1937) Nella sua teoria dell’azione,


Parsons dice di richiamarsi a
Weber, quando in realtà la sua
Azione/atto = unità elementare di cui la sociologia si occupa. nozione rispecchia solo l’agire
razionale rispetto allo scopo.
Inoltre, mentre lo scopo di Weber
era interpretare l’agire, quello di
Esso richiede: Parsons è descriverla
• un attore (colui che compie l’atto); scomponendo la nei suoi
elementi.
• un fine (una situazione futura verso la quale l’azione è orientata);
• un situazione (i cui sviluppi possono differire più o meno dal fine verso sui è orientata
l’azione)
divisa in:

condizioni mezzi
(non modificabili) (modificabili o controllabili)

Nella scelta delle alternative per l’atto si ha un orientamento normativo, in quanto ogni attore
agisce in base a un insieme di norme (= modelli di condotta espliciti o impliciti) di origine sociale
solidali a una certa cultura, cioè a un certo insieme di valori e credenze.
Lo spazio non è rilevante ai fini dell’atto, poiché esso è un processo nel tempo.
La possibilità di errore deriva dall’incapacità di conseguire i fini o di scegliere i mezzi.
Questo schema è soggettivo, perché deve essere letto dal punto di vista dell’attore e può essere
utilizzato:
• a livello concreto → per una funzione descrittiva;
• a livello analitico → per separare gli elementi normativi da quelli non normativi
dell’azione.

//

“Il sistema sociale” (1951)

Sistema = insieme interrelato di parti che interagisce con l’ambiente ed è capace di autoregolarsi.

Ogni parte svolge una funzione necessaria alla riproduzione dell’intero sistema.

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Ogni sistema deve essere in grado di svolgere 4 funzioni, che Parsons riassume nello
schema AGIL:
A: adaptation → adattamento all’ambiente (sia sociale che naturale, attraverso l’erogazione di
risorse);
G: goal attainment → definizione dei propri obiettivi (e adempimento, attraverso l’adattamento e
l’impiego delle risorse a disposizione);
I: integration → integrazione delle proprie parti (attraverso la formulazione di
norme comuni e coerenti);
L: latent pattern maintenance → conservazione della propria organizzazione (attraverso la
trasmissione delle norme sovracitate)

Nel caso del sistema sociale, ognuna di queste 4 funzioni è svolta da un sottosistema specifico:
Adattamento → sottosistema economico;
Definizione di obiettivi → sottosistema politico;
Integrazione → sottosistema giuridico;
Conservazione dell’organizzazione → sottosistema educativo.

Il sistema sociale mette dunque in relazione individui che agiscono, ma è bene considerare che
questi individui hanno delle personalità che permettono loro di ricoprire dei ruoli.
Ruoli = insiemi di comportamenti regolati da norme attraverso cui l’individuo interagisce con gli
altri e orientati all’espletamento di una funzione. Spesso sono complementari.
Il sistema sociale è un sistema di ruoli, poiché esercitando il proprio ruolo, l’individuo
contribuisce alla riproduzione del sistema.

Le nostre azioni spesso corrispondono alle conseguenza dell’interiorizzazione di


aspettative degli altri principi di una cultura comune

L’interiorizzazione si realizza attraverso la


socializzazione ( = processo con cui l’individuo
acquisisce valori e norme per poi essere capace di
ricoprire i ruoli richiesti dalle istituzioni), che avviene
soprattutto nella prima infanzia, grazie alla famiglia.
[*concetto ripreso dal Super-Io freudiano, ossia
l’istanza psichica che è costituita da tutte le regole che
vengono inculcate nella prima infanzia e che
trattengono l’uomo dall’obbedire alle sole pulsioni.*]

In passato questa non era l’unica funzione svolta dalla famiglia. L’istituzione familiare infatti
svolgeva anche funzioni assistenziali, religiose ed economiche.
Ma evoluzione della società = specializzazione e differenziazione delle istituzioni
(moltiplicazione dei ruoli come risposta adattiva all’ambiente).

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Famiglia moderna = famiglia “nucleare”
(cioè composta solo dalla coppia dei genitori e dai
figli / il resto della parentela è isolata)

Il due coniugi hanno ruoli differenziati:


• moglie/madre = casalinga (=colei che provvede ai bisogni materiali primari)
“leader espressiva” (=colei che dirige la dimensione affettiva dei
rapporti familiari);
• marito/padre = bread-winner (=colui che procura il denaro necessario al
sostentamento della famiglia);
“leader strumentale” (=colui che dirige i rapporti famiglia-ambiente
esterno).
Anche se la posizione della famiglia nel sistema sociale dipende maggiormente dalla professione
del padre, i due ruoli sono complementari. L’uno non può esistere senza l’altro. L’uno sostiene la
personalità dell’altro. L’uno vincola l’altro con norme. Queste norme cooperano alla
socializzazione dei figli, in quanto forniscono un esempio.
(Questa descrizione corrisponde alla famiglia americana, ma dato che la società americana è la più
evoluta del mondo, la definisce “moderna”. Tuttavia, soprattutto questa è stata una delle teorie più
criticate, in quanto:
- subordina la donna all’uomo, negandole l’indipendenza economica;
- in realtà, nel resto del mondo ma anche in America, il nucleo familiare raramente allontana il resto della
parentela;
- questo modello sembra rappresentare lo schema ideale di una famiglia americana, anglosassone, bianca
e di ceto medio così come i suoi membri vorrebbero che fosse, soprattutto gli uomini. Così facendo, Parsons
ha confuso l’ideale con la realtà empirica, dando ad esso lo stesso valore di una norma sociale.)

//

Variabili strutturali (ultime opere) = scelte binarie riguardanti alcuni atteggiamenti


culturali di fondo riscontrabili in ogni sistema d’azione.
Esse sono parametri per distinguere società e culture
diverse.

• PARTICOLARISMO / UNIVERSALISMO
(riguardo l’interazione tra soggetti: prevale un atteggiamento imparziale o meno?)
• ASCRIZIONE / ACQUISIZIONE
(riguardo l’attribuzione di ruoli: essi sono definiti dalla nascita o acquisiti nel tempo?)

• DIFFUSIONE / SPECIFICITÀ
(riguardo la minore o maggiore specializzazione dei ruoli)

• AFFETTIVITÀ / NEUTRALITÀ
(riguardo il significato dell’azione: è affettivo o strumentale?)

• ORIENTAMENTO VERSO INTERESSI COLLETTIVI / PRIVATI


[variabile più incerta, che Parsons ha infatti sviluppato in minor misura]

Società tradizionali ≠ Società moderne


(particolarismo – ascrizione) (universalismo – acquisizione)

//

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Evoluzione della società → susseguirsi di stadi (= modelli organizzativi)

universali evolutivi
(perché si incontrano a tutte le società) (perché promuovono un adattamento migliore)

I. Stadio dello sviluppo delle società primitive


[universali evolutivi = linguaggio, religione, parentela, tecnologia]
II. Stadio della rivoluzione neolitica (nascita delle città e dell’agricoltura)
[universali evolutivi = stratificazione sociale, legittimazione dell’assetto politico]

III. Stadio della società moderna


[universali evolutivi = burocrazia, mercato, norme universalistiche, democrazia]

burocrazia-mercato → efficienza organizzativa ed economica;


norme universalistiche → liberazione dalle appartenenze ascrittive;
democrazia (leadership elettive/suffragio universale) → consenso diffuso.

LE “TEORIE DELLA MODERNIZZAZIONE” NORDAMERICANE

II dopoguerra:
(anni successivi al 1945)

• processo di decolonizzazione in Asia e Africa;


• Guerra Fredda tra USA e URSS, che cercano di attrarre i nuovi Paesi nella propria orbita;
• USA = nuova potenza egemone.

È in questo contesto che nasce l’espressione “Terzo Mondo”


(= insieme dei Paesi che non appartengono né al “Primo Mondo” capitalista né al “Secondo
Mondo” comunista.)

Teorie della modernizzazione = insieme di studi americani che, negli anni ‘50 e ‘60, si sono
occupate dei processi di mutamento in corso nei Paesi non
occidentali, ispirandosi allo struttural-funzionalismo di Parsons,
soprattutto per quanto riguardava la divisione tra società moderne e
società tradizionali.

Come aiutare i Paesi del Terzo Mondo a svilupparsi come quelli del Primo?
Attraverso uno sviluppo graduale e non rivoluzionario (al contrario di come sosteneva il
comunismo), fondato sull’universalità dei caratteri del progresso occidentale.

Walt W. Rostow, “Gli stadi dello sviluppo” → modernizzazione in 4 stadi validi per ogni
Paese e per ogni contesto.

Gli ostacoli allo sviluppo, più che economici, sono culturali,


in quanto le società del Terzo Mondo sono ancora basate
sull’ascrizione e sul particolarismo, quindi su un atteggiamento
tradizionalistico. Tuttavia, l’influenza dei Paesi centrali può
superare questi ostacoli.

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I Paesi centrali infatti dovrebbero incentivare:
- la diffusione di macchine e fonti di energia inanimate;
- lo sviluppo di istruzione e media;
- il sostegno alle élites locali animate da spirito imprenditoriale.

Tuttavia, queste teorie hanno mostrato presto i loro limiti, che Jedlowski individua:
• attenendosi agli studi di Gino Germani, nel fatto che l’occidente è progredito un passo
dopo l’altro, dunque non può pretendere che i Paesi del Terzo Mondo colmino le loro
“lacune” tutte insieme;
• nella grossolanità della contrapposizione tra società tradizionali e moderne, dal
momento che mette in secondo piano sia la realtà storica che le immense diversità locali,
nonché il fatto che nelle società “moderne” non manchino le tradizioni, così come hanno
affermato anche autori vicini a Parsons stesso;
• nella selettività dello sviluppo della modernità (si sviluppa in ambiti diversi
autonomamente) e nella non esistenza del nesso modernizzazione economica-
democratizzazione della vita politica (spesso regimi autoritari sono stati fautori dello
sviluppo economico di certe aree del mondo). Gli stessi Paesi europei hanno seguito
percorsi diversi.

Inoltre, alle teorie di modernizzazione si contrappongono con forza le teorie della dipendenza,
sviluppatesi soprattutto in America Latina da autori come Gunder Frank, secondo cui
l’integrazione dei Paesi “in via di sviluppo” nel mercato mondiale si configura in uno “sviluppo-
sottosviluppo”, che costituiscono due facce della stessa medaglia. Il modo di produzione
capitalistico produce uno scambio ineguale, poiché ne traggono vantaggio solo i Paesi del centro,
che senza la povertà dei Paesi periferici non potrebbero essere così ricchi.

L’ANALISI FUNZIONALE: ROBERT K. MERTON

Anche al nome di Merton è comunemente associato un orientamento funzionalista.


Tuttavia, egli non condivide l’approccio di Parsons.

Merton ≠ Parsons
- Teorie di medio raggio - Grand theory
(posizione intermedia tra universalismo ed (universalismo);
empirismo: teorie parziali che possono essere
collegate tra loro); - Concetto di funzione centrale per costruire un
approccio globale;
- Concetto di funzione utile per un’analisi
funzionale, ossia come strumento utile alla - Unità funzionale della società
ricerca (i singoli sono considerati funzionali al sistema
(e non come concetto centrale per la costruzione di complessivo);
una teoria onnicomprensiva della società:
relativizzazione della funzionalità); - Essendo ogni elemento funzionale, la società è in
uno stato di coesione.
- Rigetto dell’unità funzionale della società
(i singoli soggetti non devono essere considerati
funzionali al sistema complessivo);
Insieme di teorie di medio raggio
- Esistenza nella società del conflitto tra elementi
appartenenti a un determinato campo di
funzionali ed elementi disfunzionali, che
studio = paradigma.
produce cambiamento. Il paradigma liberal-marxista è quello più
vicino alla realtà.

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Merton distingue per ogni fenomeno
funzioni

Manifeste Latenti
funzione apparente funzione nascosta

Esempio: compro un automobile non solo per provvedere al mio bisogno di spostarmi più
rapidamente, ma ne compro una costosa per rafforzare il mio status sociale agli occhi
degli altri.
Acquisto dell’automobile = fenomeno;
bisogno di spostarmi = funzione manifesta;
bisogno di mostrare la mia ricchezza ai vicini = funzione latente.

Gli uomini, non essendo sempre coscienti dei loro scopi, non lo sono neanche delle funzioni che
assolvono i loro comportamenti. Questo vale sia per i singoli attori che per le istituzioni. Spesso
funzione latente e manifesta sono in contraddizione, più spesso si affiancano l’una all’altra.

//

Merton estrae e amplia concetti anche di altri autori a lui precedenti, come Durkheim.
Per Durkheim, devianza = insieme di comportamenti che si discostano dalla norma sociale.
Ebbene, Merton individua 4 tipi di devianti:
• Innovatori → utilizzano mezzi inconsueti per raggiungere scopi consueti;
• Ritualisti → utilizzano mezzi consueti per raggiungere scopi non consueti;
• Rinunciatari → rifiutano sia i mezzi che gli scopi consueti e si ritirano dalla scena
sociale;
• Ribelli → rifiutano sia i mezzi che gli scopi consueti e lottano per affermarne il
cambiamento.

Per Durkheim, anomia = assenza o incertezza di norme sociali condivise.


Per Merton, anomia = disgiunzione tra scopi proposti dalla cultura comune e possibilità
concrete di raggiungerli. Perciò, molti propendono a raggiungerli con
comportamenti devianti.

Anomia tipica delle società contemporanee = difficoltà a raggiungere il successo


personale, scopo comune. Dunque, spesso viene raggiunto attraverso comportamenti
devianti o illegali.

//

Nei suoi studi, Merton si è molto interessato alla relazione tra società e scienza, creando una
vera e propria “sociologia della scienza”.
Infatti, egli osserva che la scelta dei temi di cui gli scienziati occupano dipende in gran parte dagli
interessi del mondo circostante.

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Inoltre, l’idea che ha reso l’esistenza della scienza possibile, cioè che la verità sia accertabile
razionalmente mediante osservazioni empiriche, è scaturita dalla cultura dell’età moderna.
(cosa che aveva intuito anche Weber in “Etica protestante e spirito del capitalismo”)
Jedlowski acconsente nel affermare che la scienza non può esistere senza una cultura che la
legittima, che ponga le domande a cui essa deve rispondere e che dia agli scienziati uno status.

Dunque, scienza = istituzione sociale


Tuttavia, essa ha una propria autonomia perché:
• si basa su procedure caratteristiche
(esperimento – osservazione – formalizzazione – ricerca di costanti…)
• si fonda su uno specifico ethos, che prevede:
- il valore del dubbio sistematico;
- la verificabilità intersoggettiva di ogni affermazione;
- il dialogo aperto tra gli scienziati;
- la disponibilità universale dei risultati;
- la valutazione di merito.

Per questo, la comunità scientifica può entrare in contrasto con la società che la circonda,
anche se non tutti suoi membri si conformano a questo ethos.

CAP. 13 - VERSO LA SOCIOLOGIA CONTEMPORANEA

Sessantotto → movimento antiautoritario di studenti e giovani.

Esso fu internazionale, ma articolato e differenziato localmente.


In particolare, è stato caratteristico dei Paesi più ricchi del mondo.

• USA → diritti civili dei neri / opposizione alla guerra in Vietnam;

• Europa (soprattutto in Italia) → lotte operaie;

• Germania → opposizione alla rimozione della memoria dell’Olocausto;

• Europa centro-orientale → dissidenza nei confronti del regime sovietico.

Negli anni ‘70, in gran parte in Italia e in Germania, minuscole parti del movimento, ispirate al
marxismo-leninismo, tentarono la lotta armata i cui risultati furono disastrosi per l’insieme del
movimento, accelerandone la fine.

I componenti del movimento erano i figli di coloro che avevano gestito la ricostruzione post-bellica.
I genitori dicevano di aver costruito la democrazia, i figli ne criticavano gli esiti.
Il risultato fu, in diversi Paesi, un ampliamento dei diritti civili, un maggiore impegno
democratico delle istituzioni, la promozione di rapporti sessuali liberi, una certa parità
tra uomini e donne e la sperimentazione di nuove forme di convivenza e di lavoro.

Spesso si dice che il Sessantotto non abbia conseguito risultati politici di rilievo. Ma la sua
influenza sull’opinione pubblica contribuì alla caduta delle ultime dittature fasciste in Europa e
contribuì in tutti i paesi occidentali alla crescita dei servizi pubblici e alla realizzazione di migliori
condizioni di lavoro per la classe operaia.

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Il Sessantotto ha indubbiamente influenzato la sociologia.
Prima: emergere dei movimenti collettivi = espressione di conflitti di classe o di condizioni di
particolare deprivazione;
Adesso: emergere dei movimenti collettivi = uno dei fattori più potenti e ricorrenti del
mutamento sociale.

Numerosi sociologi cominciarono a studiare le loro forme organizzative, le loro risorse, i diversi
modi di mobilitare i propri membri, e via dicendo.

In questo quadro, però, un ruolo rilevante fu assunto dai movimenti delle donne.

Neofemminismo (≠ da quello delle suffragette di fine 1800), molto


attivo negli anni ‘70 e ‘80 → radicale messa in questione della
subordinazione femminile e promozione
Conseguenze sociologiche
dell’emancipazione in ogni ambito.

• Rivoluzione della sociologia della famiglia;


• Teorizzazione della costruzione sociale dei ruoli di genere;
• Rovesciamento dei modi di intendere alcuni temi tradizionali, come quello del lavoro, che
ha modificato tutto il campo della sociologia economica.

Così facendo, gli studi delle donne hanno proposto problemi e oggetti che il pensiero sociale prima
tendeva ad ignorare.

//

Per quanto riguarda la sociologia recente, quella che segue gli anni ‘60 fino ad arrivare ai giorni
nostri, Jedlowski individua 2 approcci diversi:

Rinnovamento dell’individualismo Sviluppo di un approccio


metodologico sistemico
(per certi versi ispirato alla teoria di Weber) (maggiore esponente: Niklas Luhmann)
2 versioni: Ispirato dalla teoria di Parsons.
Luhmann presenta 3 nozioni:
posizioni di Mondo → insieme di tutto ciò che esiste;
“teoria della Raymond Boudon Sistema → selezione di alcune possibilità nel
scelta razionale” Il principio della razionalità mondo, escludendo tutte le altre;
(frequente negli dell’attore si riduce al fatto Ambiente → definizione di ciò che è esterno al
USA) che esso ha delle ragioni per
sistema e di ciò con cui esso può rapportarsi.
La realtà sociale è composta cui compie l’azione,
da aggregazioni di azioni che siano esse legate a
individuali intrecciate tra loro. un’utilità, all’ Il sistema è:
Gli esiti sono imprevedibili, ma adesione a una - autoreferenziale (definisce l’ambiente);
sono dipendenti da decisioni norma, a un - autopoietico (i suoi sviluppi sono il risultato
che i soggetti compiono in vista ideale ecc. delle sue capacità)
di una massimizzazione di un’
utilità (=capacità di soddisfare
La realtà in cui viviamo è costituita da una
determinate preferenze riguardanti
molteplicità di sistemi e dunque da una
beni potenzialmente raggiungibili).
molteplicità di insiemi di relazioni.
Essa è ispirata all’economia neoclassica,
secondo cui gli individui sono esseri
razionali che agiscono per il Il concetto di sistema non intende l’esistenza di
proprio tornaconto. una cosa, ma è il modo in cui noi siamo capaci di
descrivere la realtà.

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Limiti della teoria della scelta razionale:
- essa ignora gran parte del pensiero sociale del Novecento, che si proponeva di andare oltre le
spiegazioni economiche dei comportamenti umani in quanto esistono azioni “non logiche”;
- essa ammette che gli esseri umani si comportino come esseri nazionali in relazione a determinati
fini, ma non spiega come questi fini vengano scelti.

Limiti dell’approccio sistemico di Luhmann:
- vorrebbe, come Parsons, creare una teoria onnicomprensiva, ma gli sfugge;
- tralascia le dinamiche del mutamento sociale.

//

La maggior parte delle ricerche sociologiche recenti, tuttavia, non si richiamano del tutto a queste
teorie, ma tendono più a prediligere posizioni intermedie tra individualismo metodologico e
approccio sistemico.

Due esempi di rilievo possono essere Anthony Giddens e Pierre Bourdieu.

Anthony Giddens (sociologo inglese) è l’autore, per Jedlowski, che meglio ha saputo raccogliere
e ricomporre le istanze volte al rinnovamento della sociologia sentite a partire dagli
anni ‘70.

“La costituzione della società” → esposizione della sua proposta teorica complessiva.

Teoria sociale ≠ Sociologia


(tocca argomenti riguardanti (disciplina specifica prevalentemente
tutte le scienze sociali per rivolta allo studio delle formazioni
formulare concetti sulla sociali moderne)
natura dell’uomo e della
società. Essa è a servizio
della ricerca empirica, “La costituzione della società” è un
rendendola consapevole dei libro di teoria sociale.
propri limiti.)

Obiettivo di Giddens → superare la contrapposizione teorie dell’azione-teorie


strutturaliste/sistemiche (aspetti “micro” e aspetti “macro”)

Teoria della strutturazione:


Le forme della vita sociale sono sia imposte agli individui come un dato e sia costituite dall’azione
degli individui stessi.
Struttura e azione sono congiunte dalle pratiche → forme di condotta attraverso le quali gli
individui riproducono gli assetti istituzionali entro cui si collocano, conservando tuttavia la
possibilità di mutarli attraverso nuovi modi di agire.

Dualità della struttura:


gli assetti istituzionali sono al contempo:
- vincoli all’azione (perché s’impongono come abitudini, significati e norme dati per
scontati);
- risorse grazie alle quali si compie l’agire.

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Dunque, struttura = insieme di istituzioni (= forme organizzate di regole e di ruoli)

Essa non è assolutamente rigida, poiché dipende dalla disponibilità di aderirvi da parte
degli individui.

Se umani = attori → capacità di trasformare le cose e di astenersi dal farlo ,


allora capacità di agire = potere (in certe misure, perché non è quasi mai uguale per tutti).

[Contrariamente alle teorie che spiegano il comportamento collegandolo a spiegazioni di cui gli
uomini non sono al corrente (es. “falsa coscienza” di Marx, “funzione” di Parsons), Giddens ritiene
che gli uomini dispongano di coscienza e capacità riflessiva, anche se spesso implicite.]

I modi in cui i singoli interpretano la propria realtà producono quindi conseguenze concrete.
Tuttavia, queste conseguenze quasi mai corrispondono a quello che gli attori intendevano ottenere.
Questo perché:
• l’uomo può autoingannarsi, non essendo pienamente trasparente a se stesso;
• non conosce quasi mai perfettamente i contesti in cui agisce;
• le conseguenze delle azioni di un individuo si mescolano con quelle causate da altri,
sfuggendo ai singoli attori.

La sociologia e le scienze sociali devono dunque interpretare le varie interpretazioni.

Giddens, tra l’altro, rivendica l’importanza dello studio dello spazio e del tempo per la sociologia.
Infatti, le strutture sociali cambiano nel tempo e configurano incessantemente lo
spazio:
-Società premoderne → interazioni e relazioni in contesti spazio-temporali ristretti.
-Società moderne → mezzi di trasporto e comunicazione → relazioni e interazioni che si pongono al
di là della compresenza dei soggetti
coinvolti nello spazio.

Per Giddens, la fase attuale consiste in una “modernità radicale” (o “seconda modernità”).

Fine del XX secolo → radicalizzazione delle sue premesse, fondate sul dominio razionale
dell’uomo sulla natura e sul progresso. Adesso, la razionalità è messa in discussione in quanto
essa stessa sia credenza extra-razionale e lo stesso vale per il progresso, alla luce di una serie
di rischi artificiali che potrebbero portare all’autodistruzione dell’esistenza umana che esso
stesso ha prodotto. (es. bomba atomica, surriscaldamento globale, incidenti nucleari).
Giddens è però ottimista. Egli ritiene che l’incertezza e il rischio siano conseguenze naturali della
libertà e che la conoscenza prodotta dalle scienze sociali abbia il compito di riprodurre
responsabilità e riflessività.

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Pierre Bourdieu è noto soprattutto per “La riproduzione. Elementi per una teoria del
sistema scolastico”, in cui confermava bene o male una parte di quello che i movimenti del
Sessantotto affermavano: le istituzioni scolastiche incorporano un tipo di istruzione solidale alla
cultura delle classi superiore e legittimano l’esclusione di chi proviene da classi inferiori,
certificandone l’insuccesso dietro la maschera della meritocrazia.
Tuttavia, il suo interesse non era quello di fornire argomenti ai movimenti studenteschi. Più che
altro, Burdieu era particolarmente interessato alle disuguaglianze sociali e alla loro
riproduzione, ma soprattutto a ciò che “conta” per avere una posizione vantaggiosa nella
stratificazione sociale.
A questo proposito, Burdieu distingue 3 principali tipi di capitale (-→ valenza simbolica; tutto
ciò che è “spendibile”):
• economico (ricchezza);
• culturale (educazione familiare, istruzione, credenziali educative);
• sociale (relazioni).

Per Burdieu, il capitale sociale è quello più rilevante, in quanto è la capacità di aver credito,
di suscitare fiducia e di mobilitare l’aiuto degli altri.
Questi 3 non sono gli unici tipi di capitali esistenti, in quanto ce ne sono di diversi per ogni campo
o sottocampo sociale.

Campo = area della vita sociale caratterizzata dalla condivisione di determinati interessi, dalla
presenza di posizioni reciproche, di certe pratiche, certe regole e certi rapporti di forza.

- Esistono innumerevoli campi e ognuno è parzialmente autonomo e da forma a un particolare


tipo di capitale per il cui possesso si lotta.

- Le caratteristiche rilevanti di ogni attore sociale dipendono dal campo in cui si trova la sua azione.

- Il “campo dei campi” è lo Stato, che coordina tutti gli altri definendo le regole universali.

- La scienza stessa è un campo e per lavorarci bisogna comprenderne bene le caratteristiche


(autoriflessione → riconoscimento dei propri condizionamenti oggettivi).

Habitus = modo di porsi nei confronti del mondo che il soggetto apprende nel corso della
permanenza in un certo campo sociale.

Con questo, Burdieu non intende dare a questo concetto una valenza deterministica (come fece
Parsons con l’interiorizzazione delle norme). L’habitus è infatti il versante sociale del “carattere” e
della “personalità” di ognuno. Egli dedica poca attenzione a quello che rende il soggetto libero dai
propri condizionamenti, ma è chiaro che esso può opporsi al corso degli eventi.

Pratiche = modi di fare, condotte che per il soggetto tendono a standardizzarsi e a ripetersi.

Esse non costituiscono una routine, in quanto sono il riflesso di un certo modo di rapportarsi con il
mondo, appunto l’habitus.

//

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Cultural studies → studi sociali secondo cui la cultura è indissolubilmente intrecciata con le
pratiche degli attori sociali perché si riproduce nella vita dei soggetti concreti
e da questi viene costantemente riformulata e innovata.

[In questo caso, parlando ci cultura non si parla solo di religione, di valori,
norme o di filosofia. E neanche di arte canonizzata, bensì anche di ciò che si
esprime nelle abitudini quotidiane.]

Center for Contemporary Cultural Studies (fondato a Birmingham negli anni ‘60)

Gli studiosi di Birmingham intendono la cultura in questo senso e sono particolarmente affascinati
dal lavoro di Gramsci, autore in cui trovare un marxismo capace di tematizzare la cultura come
campo di lotta per l’egemonia delle classi. Infatti, in una stessa società possono esserci
orientamenti culturali differenti e in conflitto tra loro.

Cultura → costante divenire: alla scomparsa di alcune “sottoculture”, segue il fiorire di altre.

Anni ‘80 → particolare attenzione sul tema dell’influenza dei media sulla vita quotidiana e
sui consumi a cui essi sono associati.

Media = strumenti più efficaci utilizzati dalle classi dominanti per imporre la propria egemonia.

Tuttavia, questi studiosi si oppongono all’idea della società “di massa”, poiché esistono e si creano
nuove differenziazioni. Inoltre, il pubblico della pubblicità, dell’informazione e dei media non è
passivo, ma attivo e capace di interpretare in modi diversi i messaggi che ricevono.
Il soggetto non è completamente libero, ma i media non sono onnipotenti.

Alcune ricerche empiriche hanno confermato come variabili come l’istruzione, il genere, l’età,
l’appartenenza etnica, la collocazione professionale determinino in modo sostanziale il modo in cui
i soggetti accolgono questi messaggi.

CAP. 14 – OLTRE I MARGINI

Anni ‘90:
• Comparsa del World Wide Net (insieme di tecnologie dell’informazione incorporate in
computer collegati tra loro su scala mondiale) → influenza notevole su certi aspetti della
vita economica, politica e sociale → nuove forme di potere, di inclusione/esclusione e
di stratificazione sociale;
• (1991) Scomparsa dell’URSS → fine dell’ordine bipolare;
• (1991) Prima Guerra del Golfo avviata dagli USA dopo l’invasione del Kuwait da parte
dell’Iraq → nuovi conflitti per il controllo delle fonti energetiche.

Già a partire dagli anni ‘60-’70, trasformazione del capitalismo → capitalismo azionario delle
multinazionali e delle corporations → nuovo movimento dei capitali, non più sotto la gestione
diretta delle imprese.

Nuovo assetto del modo di produzione → “post-fordista” (termine coniato negli anni ‘80):
regime di accumulazione di capitale che tende alla “flessibilità” → si sposta rapidamente laddove
è più redditizio.
La produzione viene quindi dapprima decentralizzata e poi spostata sempre più spesso nei Paesi
dove il lavoro è più a buon mercato (vedi Wallerstein: runaways factories).

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La stessa flessibilità è richiesta nel lavoro, che diventa sempre più “informale” (nel senso che
non è regolato da contratti ben precisi), e il lavoratore deve essere sempre più capace di adattarsi a
mansioni di vario tipo.

Si avviano infatti in questi anni molte ricerche sulle trasformazioni del lavoro.
Si è osservato che:
• Sviluppo tecnico → sostituzione sempre più diffusa del lavoro umano con le
macchine (alcuni sono anche arrivati a parlare di “fine del lavoro”, ma Jedlowski
ritiene che questo pensiero sia esagerato, poiché il lavoro di fatto non è scomparso e
continua ad essere la prospettiva di vita per chi si affaccia alla vita adulta);
• Paradossalmente, sono cresciute, nei paesi occidentali, contemporaneamente sia
l’occupazione che la disoccupazione:
- occupazione → comparsa di nuove professioni (anche se in forme precarie);
- disoccupazione → crescente offerta di lavoro da parte delle donne;
• La vendita, almeno in Occidente, è diventata più cruciale della produzione
nell’ambito della creazione di nuove occupazioni: il marketing e la pubblicità
diventano quindi sempre più importante;
• Essendo quindi fondamentale il consumo, il sistema economico promuove
atteggiamenti sociali che permettano l’incessante circolazione di nuove merci;
• La rivoluzione informatica, oltre ad aver fornito nuove tecnologie, ha fornito
nuove opportunità di mercato;
• L’innovazione è diventata l’elemento decisivo per misurare la capacità delle
imprese di competere sul mercato, quindi vengono avviate molte ricerche sulle
condizioni che la favoriscano e su come i consumatori adottino queste innovazioni.

Politica → anni ‘80: diffusione di politiche “neoliberiste”, quindi:


➢ I servizi garantiti dal welfare smettono di crescere e cominciano anche a diminuire;
➢ gli Stati lasciano le imprese private più libere di agire sui mercati.

Tutto ciò crea notevoli conseguenze sulla stratificazione sociale:


le società occidentali, grazie ai nuovi assetti del mercato del lavoro e dalla riduzione delle garanzie
pubbliche, tendono sempre di più a una polarizzazione tra quelli inclusi nel godimento del
benessere e quelli che invece ne sono esclusi o sono minacciati di esserlo, come ad esempio il ceto
medio occupato nel settore terziario (cioè né nell’agricoltura e né nell’industria)

Anni ‘80 → sorgono nuovi movimenti, o meglio contromovimenti, completamente opposti a


quelli che abbiamo visto finora: essi sono movimenti di stampo conservatore e si mobilitano in
difesa delle proprie posizioni di relativo privilegio.

Nel frattempo, soprattutto in Europa, vi sono nuovi flussi migratori provenienti dalle aree del
mondo più povere o politicamente instabili. Ciò alimenta la creazione di una nuova classe
subalterna di persone che offrono lavoro a basso costo ma che restano escluse da gran parte dei
diritti civili. Per questo, alcuni “contromovimenti” di stampo etnico o neonazionalista sviluppano
una forte xenofobia.

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Pensiero “neo-conservatore” → corrispettivo dei contromovimenti nelle riflessioni che
riguardano la società.

Sviluppato negli ultimi decenni soprattutto negli USA


ad opera di autori che operano perlopiù in fondazioni private.

Tra questi, vi è un filosofo tedesco emigrato negli USA a fine anni ‘30: Leo Strauss.
Egli difendeva strenuamente i valori della cultura occidentale, opponendosi a tutto ciò
che vi si differenzia o vi si contrappone. La sua opera è però complessa e difficilmente
classificabile, a tratti contraddittoria: infatti, la democrazia è parte della cultura
occidentale che si vuole difendere, ma i neoconservatori propongono ai governanti pratiche
non democratiche, come la disinformazione delle masse, poiché ritenute facilmente
abbindolabili dai demagoghi.
Si può dire però che essi ambiscano quasi tutti al campo di influenza delle relazioni
internazionali, invitando ad innalzare barriere nei confronti del resto del mondo,
considerato minaccioso e pericoloso.

“Globalizzazione” → termine che ha iniziato a diffondersi negli anni ‘80 per indicare le attività
economiche, politiche e culturali che mettono in relazione gli Stati e le società
della “comunità mondiale” in modo da creare un rapporto di forte
interdipendenza.

Queste interdipendenze sono particolarmente evidenti:


- nel sistema finanziario,
- nel sistema dell’informazione e dell’intrattenimento,
- negli effetti della produzione e degli stili di vita sull’ambiente naturale. L’inquinamento è infatti
un problema mondiale e sono molto discusse le misure da adottare per contenerlo e la scelta di
chi debba pagarne i costi.

Primo rapporto dei ricercatori del


Massachusetts Institute of Technology
sull’ambiente: “I limiti dello sviluppo”.
Il problema dell’inquinamento è stato preso in carico, Vennero presentate delle simulazioni
all’inizio solo da alcune minoranze attive nella sfera matematiche di possibili futuri e, secondo il
pubblica internazionale. Poi si sono formati rapporto, la situazione attuale renderà
movimenti che rivendicano la possibilità e la necessità
di elaborare modelli di sviluppo alternativi. Solo in
impossibile ogni sviluppo ulteriore entro pochi
misura minore, la consapevolezza del problema è stato decenni. Tuttavia, nei successivi aggiornamenti,
assunto da alcune imprese e da alcuni Stati, in hanno ammesso che è ipotizzabile che nuove
particolare dall’UE. tecnologie e regolazioni del mercato migliorino
la situazione, ma solo in presenza di uno sforzo
consapevole e condiviso.

“società post-industriale” Espressioni utilizzate per indicare che nella società attuale
/ le risorse non sono più materiali, ma immateriali, come
“società dell’informazione” conoscenza e formazione.

Jedlowski ritiene però che queste definizioni siano un po’ ambigue, sia perché l’informazione può
essere gestita in modo industriale e sia perché la produzione materiale non è scomparsa, ma è stata
semplicemente spostata in Paesi diversi da quelli in cui era collocata prima.

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Diversa è invece l’espressione “società post-moderna” → essa ha diverse accezioni, ma in
sociologia indica, prevalentemente grazie
all’opera di Jean-François Lyotard, l’idea che la
società e la cultura contemporanee non
possano più essere descritte secondo le
categorie proprie della modernità.

Infatti, sia il pensiero sociale che quello scientifico postmoderni riconoscono adesso
che non esiste un linguaggio unificante per definire la realtà. Nessun sapere può
essere universale o assoluto. Il mondo è oggetto di un’infinità di
interpretazioni ugualmente plausibili, così come anche la storia.
Ciò è derivato in parte dalla fine della fiducia per il progresso, che si è rivelato
promotore di una serie di rischi che potrebbero generare catastrofi vere e proprie, e
dall’invasività dei nuovi media elettronici, che hanno messo in dubbio l’idea
stessa di realtà, ormai per alcuni quasi indistinguibile dalla simulazione.

Tuttavia, come ha rimarcato Umberto Eco ne “I limiti dell’interpretazione”, non bisogna dare a
tutte le storie e tutte le interpretazioni lo stesso valore conoscitivo. Posso dare alla favola di
“Cappuccetto Rosso” un’interpretazione psicoanalitica, posso anche interpretarla come storia del
folklore, ma non posso dire che il cappuccio sia verde o che il lupo non ci sia.
Lo stesso vale per il mondo sociale: posso interpretarlo e raccontarlo in vari modi, ma
non posso reinventarlo a mio piacimento.

Data al pensiero postmodernista una definizione, per capire se ci troviamo o meno in una società
postmoderna dobbiamo chiederci cos’era, per noi, la modernità.
Jedlowski nel suo manuale l’ha definita come epoca del mutamento incessante e del sistema
economico capitalistico. Dunque, per lui, non ne siamo ancora usciti e forse il postmoderno è
solo una logica culturale. Allo stesso tempo, però, si percepisce il passaggio verso una nuova epoca,
però ancora molto difficile da interpretare.

* Postmodernismo:
In architettura: anni ‘60; corrente opposta al modernismo razionalista, che, improntato sul
funzionalismo, implicava che gli edifici fossero simili tra loro.
Il postmodernismo invece invitava a stili variegati e ibridi, capaci di rappresentare e di
interagire con le diverse tradizioni locali.
Nelle altre arti: atteggiamento di “democratizzazione” della produzione della cultura, di rifiuto
della cultura d’élite.

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Oggi, nessuna scienza sociale può limitare la propria attenzione ai soli Paesi occidentali

Interdipendenza e comparazione tra fenomeni osservati in diverse parti del mondo

Immanuel Wallerstein Einsenstadt

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Eisenstadt ha coordinato e realizzato una serie di ricerche comparate in cui, mettendo a
confronto i diversi modi in cui le civiltà hanno recepito la diffusione della “modernità occidentale”,
arriva a constatare che la “sfida” occidentale abbia in realtà fatto sviluppare “modernità
multiple” in diverse parti del mondo.

Wallerstein, formatosi nell’ambito dello struttural-funzionalismo, si concentra invece sui


rapporti che sussistono tra le diverse aree de globo partendo proprio dalla critica radicale delle
teorie della modernizzazione di stampo struttural-funzionalista, riprendendo alcune critiche
mosse dalle teorie della dipendenza.
Innanzi tutto, egli sostiene che l’unità di analisi Stato-nazione sia ormai obsoleta, dal momento che
tutti gli Stati sono legati da un’unica economia-mondo, e che le periferie non debbano essere
considerate “società tradizionali”, in quanto sono tali poiché sono state incluse in un certo modo
nel sistema.
Scinde il globo in aree centrali (più potenti, dove si formano oligopoli), periferiche (aree
subordinate che generano profitti minori) e semiperiferiche (che scambiano vantaggiosamente
con le periferie e svantaggiosamente con il centro). Le posizioni dei diversi Stati possono variare
nel tempo.
In alcuni casi, si verificano crisi che preludono variazioni più ampie, come quella che ora stiamo
vivendo, ma si trattano di processi di lunga durata.

//

Globalizzazione → necessità di strumenti analitici capaci di muoversi su reti spaziali ridefinibili


di volta in volta

Competenze multidisciplinari
(le barriere che dividono i saperi cominciano a scalfirsi, aprendosi a contaminazioni)

La sociologia, più nello specifico, è sempre più divisa in sottodiscipline, ma ora sguardi e voci
provenienti da tutto il pianeta s’intrecciano tra loro.

Jedlowski si focalizza in particolare sui postcolonial studies

Studi trans-disciplinari che intendono il passato coloniale come


Si ricordano in particolare un’eredità che contribuisce in modo sostanziale allo sviluppo del
Edward Said, che mostra presente.
come il discorso coloniale (“post-” → prefisso che non si appoggia alla modernità ma a quello
crei la realtà stessa che che le teorie relative ad essa hanno sempre rimosso.)
pretende di descrivere Il colonialismo è stato legittimato da una serie di ideologie che
(esprimendo valori e l’hanno reso plausibile, influenzando anche gli scienziati sociali.
credenze che legittimano la Questi studi ne prendono atto, ponendo l’accento sulle nozioni di
dominazione) e Frantz diaspora (“migrazione”) e di ibridazione (“meticciato”) delle
Fanon, che analizza le culture.
differenze razziali che
hanno legittimato il
dominio dei bianchi anche
agli occhi dei neri.

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Jedlowski termina il suo discorso complessivo dicendo che, essendo il mondo in questione, bisogna
mettere in questione anche la sociologia che, in realtà, è in questione da sempre.
Essa è una scienza capace di rinnovare i propri oggetti di studio e aperta al confronto con le altre
discipline, che si propone di rispondere a bisogni organizzativi.
Ma fondamentalmente sociologia = ciò che i sociologi definiscono sociologia
A cosa serve? Essendo una scienza, esprime un desiderio di conoscenza. La conoscenza può servire
scopi pratici, ma è anche essa stessa un fine, poiché conoscere tutto è impossibile, ma conoscere
qualcosa è meglio che non conoscere niente.
Secondo Jedlowski, la sociologia permette di chiarire almeno in parte i condizionamenti a cui
siamo sottoposti e quindi amplia la nostra libertà, permettendoci di controllare in una certa misura
le conseguenze delle nostre azioni.

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