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IL SETTECENTO: La società e la cultura

Il Settecento rappresenta in tutta Europa il secolo dell’Illuminismo. Le radici di questo movimento


affondano nella cultura inglese, ma certamente il maggior centro di diffusione si trova in Francia, luogo da cui
si espanse in tutta Europa nella seconda metà del secolo.
L’idea comune data dalla metafora della ragione che, come una luce, rischiara il mondo, la civiltà, la
vita stessa dell’uomo dall’ignoranza, dalla superstizione e dal pregiudizio: in pratica da tutto ciò che non è
supportato dalla razionalità e dalla scienza.
L’idea generale è che l’uomo possa essere reso libero e autonomo solo grazie alla ragione, base su cui si
fonda ogni conoscenza. L’uomo esercita la propria libertà di pensiero e di giudizio perché sottopone a verifica
ogni aspetto della realtà o della cultura che fino a quel momento era ritenuto vero perché tramandato o imposto
dalla autorità: ci si oppone quindi alla rigida, rigorosa e chiusa osservanza della tradizione, una società fondata
su privilegi e disuguaglianza, la negazione dei diritti fondamentali dei singoli e dei cittadini.
L’Illuminismo è quindi un movimento culturale che vuole trasformare la società e la vita degli uomini.

Abbiamo già visto che Immanuel Kant scrive un breve testo per dare una definizione di questa corrente
culturale e spiega che: “l’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che deve imputare solo a se
stesso”. L’illuminismo cioè pone gli uomini di fronte al loro stato di minorità, inteso come dipendenza di
ciascuno da un altro individuo, da una dottrina, da una religione, dalla tradizione, e gli offre gli strumenti
intellettuali per prenderne consapevolezza e per liberarsene.
Considerando che l’idea che guida l’illuminismo è la capacità di servirsi autonomamente della propria
intelligenza, una delle principali polemiche fu condotta verso la religione, che è costituita da precetti e dogmi
non soggetti a discussione e a verifica scientifica. Il Settecento è infatti ritenuto un secolo irreligioso, anche
perché si diffonde un’apertura verso l’ateismo. Alla fine del ‘600 il filosofo francese Pierre Bayle aveva
sostenuto che anche chi non crede in un dio può essere una persona giusta e corretta dal punto di vista etico e
morale; in netta contrapposizione con l’idea che sia la religione a fornire la possibilità di vivere civilmente.
Inoltre, questa concezione fu certamente ripresa dalla Rivoluzione francese, che sconvolse i rapporti tra
potere politico e religioso, eliminando i privilegi del clero e assegnando all’amministrazione statale il compito
di formare intellettualmente e moralmente i giovani.

Per quanto riguarda la polemica contro la religione gli illuministi affermano che è necessario servirci
della ragione per discernere le nostre credenze, rifiutando quelle contrarie alla logica o all’esperienza, quindi
non bisogna accettare i dogmi irrazionali. L’esito fisiologico di questa idea non è necessariamente l’ateismo,
anzi la maggior parte degli illuministi adotta una religione naturale, il deismo: che si fonda sulla ragione.
Secondo questa concezione, infatti, esiste un ente supremo che ha creato l’universo e ne garantisce l’ordine,
regolando le relazioni seguendo le leggi della fisica. Questo Dio può quindi essere riconosciuto da tutti con la
ragione.
LA DIFFUSIONE DEL SAPERE
Non è certamente possibile esercitare la ragione se non viene assicurato il diritto all’istruzione e in
questa epoca gli intellettuali si impegnano per diffondere il sapere. In questo contesto, infatti, si realizza
l’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert; si sviluppa inoltre in questo periodo l’opinione pubblica, grazie alla
circolazione di gazzette e opuscoli, ma anche grazie alla diffusione del dibattito pubblico nei caffè e nei salotti.

IL COSMOPOLITISMO
Siccome l’idea di base dell’illuminismo è che gli uomini sono tutti uguali perché sono tutti dotati di
ragione e che godono tutti degli stessi diritti perché la legge naturale che governa tutti i popoli è la stessa, ne
deriva un concetto di fratellanza universale fra uomini che non vivono nel medesimo stato, ma che si
considerano cittadini del mondo. Ovviamente, forti di questa certezza, l’impegno degli illuministi è quello di
creare una cultura comune, fondata sulla tolleranza e su un ordine giuridico e politico che preservi la libertà di
ogni uomo.

L’ILLUMINISMO IN ITALIA
Seppur con ritardo, anche in Italia si diffonde il superamento della tradizione imposta dalla chiesa,
anche se la presenza della stessa non permetteva la libertà intellettuale e religiosa garantita altrove.
Alla cultura della Controriforma si opponevano però le iniziative degli intellettuali, organizzati intorno
ad accademie e giornali, spesso connessi con le realtà degli altri stati: le riviste letterarie diventarono strumento
di giornalismo, si commentavano infatti eventi significativi, nuove pubblicazioni e nuovi temi su cui riflettere,
con l’obiettivo di offrire un diverso punto di vista.
Naturalmente questo accadeva nei principali centri culturali italiani: Milano, Venezia, Napoli, Roma e
Firenze. Le ragioni che spingevano ad una conoscenza e ad un’analisi critica della società e dei meccanismi che
la governavano sono da ricercarsi nella crisi economica e nell’instabilità politica e amministrativa che
caratterizzavano il paese e lo collocavano in uno stato di arretratezza generale, sia culturale che economico.

GLI STUDI DI ECONOMIA


Un ambito del pensiero illuminista che ebbe grande importanza sulla società fu quello dell’economia
politica, la disciplina che studia le leggi e il funzionamento dei sistemi economici. Economisti e giuristi italiani
contribuirono al dibattito in corso in Europa sulla trasformazione del sistema feudale e sull’ascesa del
capitalismo; in questo contesto particolare importanza ebbero le tesi degli economisti della scuola fisiocratica,
che contrapponevano l’agricoltura all’industria e al commercio. L’agricoltura è ritenuta l’unica vera attività
produttiva della società e viene contrapposta all’industria che, invece, si limita a trasformare i beni, e al
commercio, che li distribuisce.

IL DIRITTO CESARE BECCARIA


Cesare Beccaria fornisce uno dei contributi italiani più significativi all’Illuminismo europeo. Nel 1764
pubblica un trattato, Dei delitti e delle pene, in cui, basando la sua tesi su due argomentazioni principali, rifonda
il diritto penale.
La prima argomentazione proposta si basa su dei presupposti legati all’utilità della tortura e della pena di
morte: ne contesta la legittimità e, valutando la loro efficacia, ritiene che la pena non sia né utile né necessaria.
Il secondo presupposto è basato sul fatto che nessuno potrebbe aderire ad un contratto sociale accettando
di poter perdere la propria vita. L’opera ebbe un fortissimo impatto pur ricevendo aspre critiche.

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