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L’ILLUMINISMO

CONTESTO STORICO-POLITICO ED ECONOMICO


Il Settecento è un secolo di grandi trasformazioni economiche e sociali.
Da un punto di vista di equilibri politici europei, al rafforzarsi dell’egemonia francese a scapito di quella
spagnola vi è l’emergenza di nuovi stati, che nei secoli successivi diventeranno grandi potenze europee,
come il Regno di Prussia, l’Impero Russo e l’Impero Britannico, che vede accrescere la sua importanza come
potenza marinara, anche grazie alle guerre del ‘600 vinte contro le Sette Provincie Unite.
Da un punto di vista di assetto istituzionale, la Gran Bretagna sarà caratterizzata, a seguito della Gloriosa
Rivoluzione, da una monarchia parlamentare, in cui il sovrano conserva essenzialmente solo il potere
esecutivo. In netto contrasto con questa visione dello Stato, l’assolutismo in Europa continua ad essere
l’unica forma di governo presente, con il Regno di Francia come suo maggiore rappresentante.
In Italia, costantemente frammentata e incapace di giocare un ruolo chiave nelle dinamiche politiche
europee, mantengono la propria indipendenza ed essenzialmente invariati i propri confini la Repubblica di
Venezia, che perde parte della propria egemonia marinara sul Mediterraneo, il Piemonte, retto dai Savoia,
e lo Stato Pontificio. La Lombardia entrerà poi a far parte della sfera d’influenza austriaca, mentre il Regno
delle Due Sicilia sarà retto dal vicereame spagnolo in Italia.
Il Settecento fu poi anche il secolo in cui si consumò la Rivoluzione Americana, che diede vita agli Stati Uniti
d’America, secondo l’assetto politico della Repubblica Federale.

Da un punto di vista economico, il Settecento è il secolo della cosiddetta “Rivoluzione industriale” (in
Inghilterra), fenomeno che comporterà l’affermazione di due classi sociali già presenti in passato: la
borghesia, ovvero il ceto imprenditoriale, moderno e dinamico, che dà impulso alle attività commerciali e
intellettuali; il proletariato, costituito principalmente dalle masse di lavoratori che dalle campagne si
trasferiscono nelle città (fenomeno dell’inurbamento) alla ricerca di lavoro, spesso adattandosi a vivere in
condizioni sociali e igieniche molto precarie.
A favorire lo sviluppo dell’economia basata su queste due classi sociali risulta la politica del liberismo, già
presente nel secolo precedente ma teorizzata solo nel 1776 dal filosofo Adam Smith.

Con l’avvento dell’Illuminismo, inoltre, nell’Europa Continentale vi iniziarono ad essere, progressivamente,


sempre più rivendicazioni, da parte degli intellettuali del tempo, di maggiori diritti e libertà personali.
A queste richieste, i sovrani risposero in maniera contrastante: alcuni, come ad esempio Federico II di
Prussia e Caterina II di Russia, si dimostrarono disponibili a concessioni e riforme che garantissero una
maggiore tutela dei diritti dei sudditi, pur rimanendo nell’ambito dell’ assolutismo; altri, come i sovrani
francesi, si dimostrarono poco propensi a fare concessioni di stampo liberale.
[Affermazione cosmopolitismo, secondo cui ogni uomo ha i medesimi diritti fondamentali e “naturali”].
Proprio in Francia, in conseguenza di ciò, le differenze di vedute tra potere costituito e ceto medio e
intellettuale porteranno allo scoppio di una violenta rivoluzione, nel 1789, che andrà poi a coinvolgere,
direttamente o indirettamente, le sorti di tutta Europa.

LA CULTURA DEL PRIMO SETTECENTO


La cultura del primo Settecento è caratterizzata principalmente da una condotta netta dell’esperienza
barocca, in cui è sottintesa l’esigenza di un nuovo senso dell’equilibrio e della misura, da ottenere
sottoponendo i dati della realtà al controllo della ragione. Ciò è evidente nel costante richiamarsi alla
natura e alla ragione, elemento che aveva il proprio fondamento nelle esperienze di Galileo (metodo
scientifico razionale di indagine della realtà senza pregiudizi) e di Cartesio (ragione come unica arma
dell’uomo per comprendere la realtà; cogito, ergo sum).
Una contestazione evidente nei confronti dell’ampollosa poetica barocca è evidente nel trattato Della
perfetta poesia di Ludovico Antonio Muratori, che aspirava ad una poesia più classicamente composta,
frutto di un compendio tra fantasia e intelletto.
La battaglia contro la letteratura barocca era combattuta anche rispetto al tema dell’utilità e della serietà
delle tematiche trattate.
Tra le battaglie caratteristiche della prima metà del secolo vi è quella di Muratori affinché le accademie
possano divenire un luogo di libero scambio di idee filosofiche e letterarie e quella di Giambattista Vico, che
porrà la propria attenzione sullo studio del passato, in modo da fornire una più corretta analisi e
comprensione del divenire storico.

LA SECONDA METÀ DEL SETTECENTO: L’ILLUMINISMO E LO SPIRITO ENCICLOPEDICO


La tendenza ad un “ritorno alla ragione” che caratterizzerà la prima metà del Settecento si affermerà nella
sua maniera più compiuta intorno alla seconda metà del secolo, nel movimento di uomini ed idee che in
Italia verrà chiamato “Illuminismo” (termine derivato dal francese “secolo dei lumi”, dove i lumi sono quelli
che la mente razionale dell’uomo introduce nel campo della conoscenza, per sconfiggere le tenebre della
superstizione e dei pregiudizi dei secoli passati. In particolare si attacca il Medioevo, considerato un periodo
buio e pieno di ignoranza, le cui conseguenze sono evidenti nel dogmatismo religioso e nell’assolutismo).
Inoltre, se nei secoli precedenti la ragione era stata l’elemento propulsore di un riformismo graduale e
moderato, nel Settecento assume un ruolo di rinnovamento e rottura netta nei confronti del passato,
proponendosi come una concezione filosofica in grado di mutare gli usi e i costumi della società occidentale
La ragione è quindi in netto contrasto con l’ipse dixit e ha il suo fondamento nelle leggi di natura, che
devono informare una concezione del diritto (giusnaturalismo) secondo cui gli uomini nascono liberi ed
uguali. Vi è quindi una rivendicazione dei diritti dell’uomo, che sarà evidente nella Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino nell’ambito della Rivoluzione Francese, nel 1789.
Vi era infine la messa in discussione dei governi assoluti, a favore dello sviluppo di forme di democrazia
rappresentative. Allo stesso tempo vi fu un’intensa opera trattatistica circa il tema dei processi penali e
delle pene, con il rifiuto della pratica della tortura per estorcere confessioni forzate (spesso false) e della
pena di morte (trattato fondamentale sarà Dei delitti e delle pene di Cesar Beccaria, oltre all’opera di Pietro
Verri).

L’esigenza di non accettare più passivamente le “verità” tramandate dalla tradizione portò all’elaborazione
di una ideologia basata su un sistema di valori laici e alternativi. I fondamenti di questi valori trovarono la
propria codificazione nell’impresa letteraria caratterizzante l’Illuminismo: l’Enciclopedia.
L’opera venne diretta da Denis Diderot e contò la collaborazione dei più importanti esponenti
dell’Illuminismo francese. L’edizione finale venne stampata nel 1772 e constava di 17 volumi.
Rispetto alle enciclopedie medievali, espressione di una conoscenza sottratta ad ogni tipo di verifica
sperimentale, l’Enciclopedia illuministica si offriva come un progetto razionale di catalogazione e
illustrazione dei diversi rami dello scibile, prendendo spesso una netta posizione e fornendo un documento
che sarà valido ancora per i secoli successivi.
Le voci in esso presenti non erano tuttavia voci puramente compilative, ma trattazioni degli argomenti di
tipo problematico e costruttivo, volte a risistemar il sapere sulla base di una mutata visione della realtà.
L’opera trovò l’opposizione della Chiesa cattolica.

L’ampliamento degli orizzonti intellettuali porta al tempo stesso ad una comprensione delle diversità e ad
un progressivo abbandono di una visione del mondo eurocentrica per abbracciare le teorie cosmopolite.
L’idea democratica della convivenza umana si basa sulla filantropia, che, riferendosi anche alle condizioni
dell’esistenza pratica, da luogo alla ricerca dell’utile; sul piano personale viene elaborata una teoria del
piacere, che ha il proprio fondamento nella filosofia del sensismo. La condanna del dogmatismo porta
all’elaborazione di una nuova concezione naturale della religione, il deismo, che presuppone l’esistenza di
un essere supremo, creatore, visto come una sorta di intelligenza razionale che presiede alle leggi della
natura.
Le idee dell’Illuminismo sortirono effetti diversi tra Francia ed Italia: se nella potenza unitaria portarono ben
presto allo scoppio di una rivoluzione e quindi del rapido mutamento delle condizioni sociali e culturali, in
Italia l’intento riformatore si esercitò su questioni più circoscritte problemi più concreti, di tipo economico e
giuridico, rifiutando inoltre le soluzioni radicali.
GLI INTELLETTUALI E LE ISTITUZIONI CULTURALI IN ITALIA
Se le novità introdotte dall’Illuminismo aprono nuove prospettive, non per questo viene meno la natura
delle vecchie accademie. Proseguono la propria attività infatti l’Accademia della Crusca, che nella prima
metà del ‘700 pubblicherà una nuova edizione del suo dizionario; particolarmente vivace è invece l’attività
dell’Accademia dell’Arcadia che, fondata a Roma nel 1609, si espande rapidamente in tutta Italia,
promuovendo una nuova concezione, rispetto a quella barocca, dell’esercizio poetico.
Nonostante questa vivacità culturale, si tratta comunque di istituzioni a carattere ufficiale, legate a
cerimoniali convenzionali del passato e senza l’aspirazione di una modifica dell’ordine costituito.
Diversa è invece la natura dell’Accademia dei Pugni, che coinvolgeva un ristretto gruppo di intellettuali che
si riunivano nell’abitazione di Pietro Verri. Il carattere dell’istituzione era quindi non ufficiale, ottimo per la
proliferazione senza vincoli di idee di stampo illuministico. Il nome deriva dalle accese discussioni che
nascevano durante le riunioni degli intellettuali.

Le riviste o periodici sono, inoltre, uno dei fenomeni culturali più rilevanti e indicativi del secolo, segno dello
sviluppo dell’editoria che si verifica nel Settecento ma anche dell’esigenza di una divulgazione che metta al
corrente un ampio numero di persone circa le scoperte e gli accadimenti contemporanei.
Alle origini del moderno giornalismo vi sono sicuramente autori inglesi, cn Joselu Addison e Richard Steele.
L’editoria e la nascita dei giornali prese piede per prima in Inghilterra a causa dell’avvento della Rivoluzione
Industriale, e quindi con la presa di coscienza della propria posizione sociale di classe dominante da parte
della borghesia.
L’Italia anche venne contagiata, seppur in misura minore, da questo slancio dell’editoria: tra i giornali
publicati si possono ricordare il Giornale dei letterati d’Italia, La gazzetta veneta, L’osservatore veneto e Il
caffè. Quest’ultimo era frutto dell’attività culturale dell’Accademia dei pugni: il titolo stesso esplicita
l’aspirazione del periodico, che vuole essere un luogo aperto agli incontri e ai confronti di opinioni, simbolo
del cosmopolitismo.

Nonostante tutte le notivtà in ambito culturale, rimaneva la secolare questione del sostentamento dell’
intellettuale: ad occuparsi del problema sarà Vittorio Alfieri che, nel suo trattato Del principe e delle lettere
mette in discussione l’istituto del mecenatismo che, seppur destinato ad esaurirsi, ancora persisteva in
Italia, in particolare nella prima metà del Settecento, con la figura del “poeta cesareo” (Metastasio).
Nel periodo illuminista, tuttavia, l’intellettuale può trarre reddito come consulente dei sovrani illuminati,
come funzionario statale (Pietro Verri) o anche come precettore di ricche famiglie, senza che la propria
produzione letteraria ne risulti influenzata.

IL PROBLEMA DELLA LINGUA: TRADIZIONALISTI E INNOVATORI


Come in ogni secolo, anche nel Settecento vi furono accesi dibattiti circa le sorti della lingua italiana: in
entrambe le metà del Settecento persisterà lo scontro tra tradizionalisti, che si rifacevano alla tradizione
preesistente e al lavoro delle accademie, e innovatori, che nella prima metà del Settecento sembrarono
tuttavia moderati nell’avanzare proposte di modifica alla lingua italiana. Gli intellettuali di questo periodo,
infatti, puntavano ad un ammodernamento della lingua che potesse andare a migliorare la sua
comprensibilità, che si potesse adattare alle nuove esigenze della vita pratica e civile, pur mantenendo
solidi legami con la tradizione passata. A tal proposito Muratori scrive: Chi scrive ad altri scriva per farsi
intendere.
Tra gli intellettuali illuministi invece, oltre a coloro che mantennero linee di pensiero in linea con quelle
degli intellettuali razionalisti, iniziò a formarsi anche un gruppo di intellettuali che aspiravano invece ad una
modifica totale della lingua: particolarmente rilevanti nel difendere questa linea di pensiero in italia
saranno gli intellettuali redattori del Caffè: esemplare è un articolo redatto da Alessandro Verri (Rinunzia
avanti notaio al vocabolario della Crusca) in cui si respinge una letteratura di parole in nome di una
letteratura di cose, che si impegni sui concreti problemi dell’attualità. A tal proposito Verri compie una
scelta linguistica decisamente ostile ad ogni forma di purismo, affermando che se l’introduzione nel
linguaggio parlato di vocaboli provenienti da ogni parte del globo fosse utile a migliorare la comunicazione,
allora sarebbe giusto alimentare e incentivare questo processo.
In generale, però, la situazione linguistica in Italia è ancora lungi dall’essere chiara: la maggior parte della
popolazione è in grado di comprendere unicamente la lingua dialettale, mentre l’italiano resta una lingua
prevalentemente scritta, priva di un particolare senso pratico e dinamico, impegnata oralmente solo in
occasione di cerimonie ufficiali o solenni. La comparsa di nuovi mezzi di comunicazione favorisce un
allargamento dell’area di impiego della lingua unitaria e del pubblico potenziale.
Nel corso del Settecento l’italiano subisce inoltre molte influenze nel lessico e nella sintassi da parte del
francese (lingua ufficiale della cultura illuministica e della diplomazia europea) e accoglie numerosi termini
provenienti da materie di studio tecnico-scientifiche, grazie alla diffusione a macchia d’olio dei trattati.
Il latino è ancora di norma usato nell’insegnamento universitario, mentre i dialetti continuano ad avere
notevole importanza nella produzione letteraria, come dimostrato dalle commedie in dialetto veneto di
Carlo Goldoni.

FORME E GENERI DELLA LETTERATURA


Trattando della lirica, nel primo Settecento questa si sviluppa nell’ambito del’Arcadia, in aperta polemica
nei confronti della poesia barocca. Tra i più significativi interpreti del gusto arcadico ricordiamo Paolo Rolli e
Giambattista Felice Zappi, com Metastasio che si concentrerà principalmente sulla redazione di
melodrammi.
Lo stesso rifiuto dello stile barocco caratterizza la prosa che, auspicando ad un ritorno alla ragione, trova
nella trattatistica di Ludovico Antonio Muratori la sua massima espressione, come invito ad affrontare i
problemi culturali e sociali alla luce di un concreto impegno riformatore. Altri trattai importanti di inizio
‘700 saranno Scienza nuova di Giambattista Vico, dove egli presenta una nuova concezione della storia,
basata sull’’agire umano, e Storia del Regno di Napoli di Pietro Giannone, opera attenta alle ragioni
giuridiche per contestare le pretese del potere religioso sulla laicità dello Stato.
La trattatistica razionalista francese si concentrerà invece sul significato della ragione, ed esprimerà
l’esigenza profonda di un rinnovamento della società che nasca dalla critica nei confronti di ogni visione
dogmatica e assolutistica. Fondamentali, oltre all’Enciclopedia, sono le opere di Voltaire e Rousseau.
Per quanto riguarda la trattatistica Italiana, i trattati che ebbero maggiore risonanza furono a tema
giuridico-penale: Dei delitti e delle pene di Beccaria e Osservazioni sulla tortura di Verri.
Il romanzo moderno nasce invece in Inghilterra e, basandosi su regole ben precise, è molto apprezzato dalla
classe borghese in quanto racconta eventi di vita quotidiana di personaggi appartenenti al ceto medio con
un linguaggio semplice e gradevole. Sin dal Settecento vengono fissate le tipologie del romanzo (fantastico,
epistolare ecc…). In Francia il romanzo assume un aspetto più allegorico e filosofico (Voltaier, Diderot).
Si sviluppano anche le opere autobiografiche e memorialistiche (Vico, Rousseau, Casanova).
La tragedia e la commedia sono rappresentate soprattutto dalle opere di Alfieri e Goldoni.

CARATTERI DELLA LIRICA PRIMO-SETTECENTESCA


La lirica del Settecento nasce all’insegna dell’Arcadia, ed ha come punto di partenza la polemica nei
confronti della lirica barocca e delle sue caratteristiche, ritenute di cattivo gusto e artificiose. L’aspirazione è
quella di un ritorno alla naturalezza, che si tradusse in una ricerca di maggiore equilibrio e compostezza
formale. In questo senso i modelli di riferimento erano quelli petrarchisti e i classici latini, con particolare
attenzione all’opera pastorale e bucolica.
Il classicismo a cui aspirano gli autori italiani, tuttavia, non è da confondere con il classicismo
rinascimentale: infatti, nel primo settecento, questo è interpretato soprattutto in chiave sentimentale, nel
senso di un sentimentalismo affidato alla facilità e alla scorrevolezza dell’espressione, nel contesto di una
semplicità che appare molto ricercata. Non a caso la misura più rappresentativa del gusto arcadico è la
canzonetta, caratterizzata da brevi versi e ottima cantabilità.
La lirica arcadica è una poesia a carattere convenzionale, in cui i poeti assumevano il nome di pastori
mentre le donne amate venivano cantate come fossero ninfe.
Tra i più significativi interpreti del gusto arcadico troviamo Giambattista Felice Zappi, Paolo Rolli e Pietro
Metastasio. Nel corso del Settecento, tuttavia, vi saranno anche poeti che apporteranno modifiche allo stile
arcadico, ad esempio componendo in versi sciolti oppure componendo in lingua dialettale (Giovanni Meli,
siciliano).
Nello stesso periodo si inscrive anche la riforma del melodramma operata da Pietro Metastasio.
Questa forma derivava dall’esperienza rinascimentale e consisteva in un testo musicato e recitato. Da una
primitiva trama del libretto decisamente intricata, la prima opera di semplificazione e riforma va attribuita
ad Apostolo Zeno, il quale reintrodusse le classiche unità di luogo e di tempo tipiche della tragedia delò
classicismo francese. Su questa linea di colloca l’opera di Pietro Metastasio, che stabilì la netta supremazia
del libretto sulla musica, portando alla sua massima espressione l’esperienza del melodramma
settecentesco. Metastasio puntò sul coinvolgimento emotivo e sentimentale, affidato soprattutto ai versi
brevi delle ariette, mentre l’elemento discorsivo trova spazio nei recitativi, a conferma della ricerca di
quell’equilibrio tra sentimento e ragione.
Il successo del melodramma di Metastasio si ebbe con la Didone abbandonata del 1724, che gli aprì la
strada per diventare poeta cesareo alla corte viennese in successione ad Apostolo Zeno. I melodrammi che
comporrà nel periodo viennese saranno i più prestigiosi della sua lunga carriera letteraria (es. Clemenza di
Tito, musicata sia da Glück che da Mozart).

LA TRATTATISTICA ITALIANA DEL PRIMO SETTECENTO


Il tipo di trattatistica maggiormente adottato è quello monologico, in contrasto con il tipo di trattatistica
dialogico utilizzato da Galilei, in quanto meglio si presta ad emulare i modi e le forme di una riflessione
razionale, lontana dall’eccentricità barocca.
Particolarmente eloquenti circa tale tema sono i numerosi trattati di poesia che sorgono a inizio secolo,
come il Della perfetta poesia di Muratori o la Ragion poetica di Gian Vincenzo Gravina, noto anche per
l’Istoria della volgar poesia, prima trattazione sistematica di questo genere letterario. In questi trattati vi è
l’attenzione ad un rinnovamento delle prospettive culturali e vi è l’accento ad uno spirito riformatore che
sarà poi caratteristico del periodo Illuminista.
Sul piano della concretezza dei problemi il più importante trattatista è Muratori, il quale redigerà trattati
sulle più disparate materie.
Su un piano diverso si colloca l’opera di Giambattista Vico, il quale offre la proposta di una nuova filosofia
della storia.
Vi è poi Pietro Giannone, che con la sua Storia del Regno di Napoli si concentrerà sulle ragioni giuridiche per
contestare le pretese del potere religioso sulla laicità dello Stato. L’opera non è da intendere in senso
antireligioso, bensì come un desiderio di un ritorno all’originalità missione spirituale del messaggio cristiano

Ludovico Antonio Muratori


Nato a Vignola (vicino Modena) da una famiglia povera, studia presso i gesuiti, viene ordinato sacerdote e
poi trasferito nella biblioteca ambrosiana a Milano; richiamato dal duca Rinaldo I per essere nominato
archivista e bibliotecario di corte, difenderà la propria casata in occasione dell’ espansionismo papale,
scrivendo le Ragioni della Serenissima Casata d’Este.
La sua opera letteraria è caratterizzata da una grande varietà di argomenti trattati:
- In ambito letterario è da ricordare i Primi disegni della repubblica letteraria d’Italia, in cui propone
un rinnovamento delle accademie esistenti, unificandole in un unico disegno che possa interessarsi
delle discipline scientificamente e civilmente utili.
- In ambito di trattatistica estetica il suo Della perfetta poesia italiana è uno dei testi cardine che
propongono il superamento della poesia barocca, con un connubio di fantasia e razionalità.
- Con il trattato Della pubblica felicità affronta inoltre il tema dell’ affrontare i problemi sociali con
l’uso della ragione, mostrandosi favorevole al dispotismo illuminato.
- Il suo interesse per la storia lo porterà inoltre a redigere i 26 volumi del Rerum italicarum scriptores,
che rappresentano la più importante raccolta mai messa insieme di cronache e di documenti di
ogni genere relativi alla storia italiana dall’Alto Medioevo.

Primi disegni della repubblica letteraria d’Italia


Muratori avverte il venir meno del ruolo delle vecchie accademie, e quindi propone una riforma all’insegna della
ragione e volta alla trattazione dell’utile che possa sopperire al vuoto formalismo a cui si sono ridotte.
Di qui nasce il rifiuto delle frivole e inconcludenti esercitazioni, come quelle che riguardano la “logica” e la
“metafisica”, mentre si propone il rafforzamento di quelle discipline che trattano della concretezza dei problemi reali.
Nell’affrontare il problema della tradizione aristotelica, inoltre, Muratori ricalca le polemiche di Galilei contro chi
segue ciecamente quanto affermato da Aristotele (ipse dixit).
Secondo Muratori, inoltre, non bisogna solo selezionare ciò che di meglio possono offrire le varie accademie,
incanalandolo verso la creazione di un nuovo grande progetto culturale nazionale; gli sforzi di tutte le accademie si
devono coordinare per evitare di venire dispersi, per dare vita ad una repubblica di letterati in grado di orientare, in un
paese politicamente diviso, la vita culturale italiana.

Giambattista Vico
Se Muratori si rivolge alla storia con l’interesse dell’erudito, Giambattista Vico ne ricerca le leggi del
divenire da un punto di vista filosofico. Nei suoi Principi di scienza nuova (1744) Vico muove dalla
concezione del verum per factum, secondo cui l’uomo può conoscere solo quello che fa.
La vera conoscenza riguarda quindi la storia, che è creazione umana, e non la natura, creata invece da Dio.
La possibilità della sua conoscenza è data dalla filologia, che permette di raggiungere la conoscenza del
certo, mentre la filosofia contempla la ragione, onde viene la coscienza del vero.
Le tre età in cui Vico divide la storia (primitiva, del sentimento, della riflessione) corrispondono alle età
dell’individuo, dalle fantasie infantili alla ragione dell’età adulta.
Per l’interesse dimostrato nei confronti della poesia (Dante e Omero) e delle tradizioni dei popoli antichi
Vico piacerà in modo particolare ai romantici, esercitando la sua influenza anche nel Novecento.

L’ILLUMINISMO FRANCESE: TRATTATISTICA E ROMANZO


Con il delinearsi del pensiero illuminista in Europa vengono profondamente rinnovati i contenuti e le forme
della comunicazione, che imposta su basi diverse il rapporto fra l’individuo e la società, nell’ottica dei diritti
da riconoscere ad ogni cittadino.
Una pietra miliare è il trattato Lo spirito delle leggi di Montesquieu, che formula i principi fondamentali
della moderna concezione del diritto e tripartizione dei poteri.
Ad un idea di governo democratico giungerà il trattato Il contratto sociale di Rousseau, dopo aver
precedentemente sostenuto la tesi ben più radicale secondo cui l’uomo nasce buono e la società lo
corrompe. Rousseau tratterà, nell’Emilio e l’educazione, il problema dell’educazione, con una polemica ne
confronti delle istituzioni sociali soffocanti e repressive.
Per quanto riguarda l’elaborazione e la trasmissione delle idee lo stesso trattato tende a modificare i suoi
statuti, cercando una maggiore scioltezza nella scrittura e una maggiore agilità nell’argomentazione.
Sul modello della forza saggistica essenziale ed incisiva dell’Enciclopedia Voltaire scriverà il Dizionario
filosofico, una summa del pensiero dell’autore e della stessa cultura illuminista di stampo più radicale.
Le tesi degli illuministi francesi, oltre che nella saggistica, troveranno spazio anche in una narrativa ricca di
elementi e di umori filosofici, che presenterà anche punti di vista molto lontani e diversi da quelli della
società occidentale.

Denis Diderot
Nato nel Nord-Est della Francia da una famiglia medio-borghese, dopo la laurea in lettere esordì come
autore con i Pensieri filosofici e altre opere che gli costarono l’arresto.
Intorno alla metà del secolo iniziò a lavorare sul progetto dell’Enciclopedia, di cui curò tutte le fasi a 360
gradi. A causa di ciò, egli dovette aspettare la pubblicazione definitiva dell’opera per potersi dedicare alla
redazione di altri scritti. Alla base della sua intensa attività letteraria vi è lo stesso pensiero alla base
dell’Enciclopedia: combattere i pregiudizi, giudicando la realtà alla luce di una filosofia “sperimentale”,
eclettica che rifiuti ogni forma di chiusura sistematica o a priori.
Scrive opere di vario genere: inaugura il moderno dramma borghese (problemi di vita familiare quotidiani)
con Il figlio naturale, scrive circa questioni teoriche e pratiche del teatro, può essere considerato precursor
della critica d’arte grazie alle recensioni scritte sulle opere messe in mostra nei Salons, scrive opere
narrative e romanzi, di cui si ricorda in particolare Jacques il fatalista e il suo padrone, dove affronta in
maniera ironica il problema del libero arbitrio e l’assurdità dei sistemi filosofici assoluti.

L’eclettismo filosofico, dall’Enciclopedia


La voce relativa all’Eclettismo esemplifica la visione filosofica anti-dogmatica di Diderot: per lui, infatti, l’eclettico è
quel filosofo che rifiuta ogni tipo di autorità, che non ha nulla da insegnare ma tutto da imparare, e che basa la propria
filosofia subordinando la alle verifiche dell’esperienza e della ragione (Galilei e Cartesio); la sua potrebbe essere
definita come una filosofia aperta a tutto e a tutti, che insegna a vivere in mezzo agli altri uomini rispettandone usi e
costumi. All’opposto si colloca la figura del settario, che tenta di imporre dall’alto l’idea che dall’alto ha appreso.
L’eclettismo, filosofia dei sani ingegni, sarebbe rinato tra Cinquecento e Seicento, e in questo periodo avrebbe avuto i
suoi massimi esponenti, citati nell’articolo: pur nella diversità degli orientamenti vi è un’indipendenza di giudizio ce li
caratterizza tutti, secondo la convinzione che la vera conoscenza sia quella garantita dalla ricerca sperimentale,
condotta secondo le leggi della natura e il lume della ragione.

Voltaire
François-Marie Arouet nacque nel 1694 a Parigi. Figlio di un magistrato, dopo aver presto abbandonato gli
studi giuridici presso i gesuiti decise di dedicarsi alle lettere, ottenendo un buon successo con le sue prime
tragedie. A seguito di una lite con un aristocratico venne incarcerato e poi esiliato a Londra, dove venne a
contatto con le idee liberali e progressiste. Tornato in patria verrà arrestato a causa della pubblicazione
delle Lettere filosofiche, nelle quali difendeva ed elogiava i principi di libertà e tolleranza.
Appassionato agli sviluppi del progresso scientifico, scrisse gli Elementi della filosofia di Newton.
Nel 1735 pubblica a Berlino, sotto la protezione di Federico II, Il secolo di Luigi XIV, un’opera nel quale
Voltaire prende posizione contro l’autoritarismo e l’intolleranza politico-religiosa.
Per quanto riguarda le sue opere filosofiche più mature, la più compiuta esposizione del suo pensiero è da
ricercare nel Dizionario filosofico (tascabile) che nacque con l’idea di creare un libro che contenesse i
principi della concezione illuministica, da portare con sé perché più maneggevole (e anche meno moderato
nelle intenzioni) dell’Enciclopedia. Tra le altre opere filosofiche vi sono il Trattato della tolleranza, Idee
Repubblicane e La legge naturale.
Circa la sua produzione di romanzi il più importante è sicuramente Candido o l’ottimismo nel quale Voltaire,
attraverso il consueto impianto fantastico e assurdo, irride quelle visioni ottimistiche della realtà che ne
davano un’interpretazione semplicistica, rifiutando ogni visione più complessa dei problemi.

Contro il fanatismo dogmatico, dal Dizionario filosofico


Il carattere tagliente della scrittura di Voltaire trova qui un esempio nell’impostazione ironica del passo che immagina
un’ascesa al cielo in cui l’autore ha modo di assistere ad un giudizio universale.
A giudicare i morti non è Dio, bensì gli uomini che hanno insegnato e praticato le virtù che Dio esige da noi, coloro che
sono riusciti a realizzare in terra gli ideali filantropici illuministi.
Davanti a loro si presentano alcune importanti personalità del mondo cattolico e protestante che rivendicano i meriti
delle loro azioni compiute; ma le persone che erano a conoscenza della loro vita vengono chiamate a testimoniare, e
ne ribaltano il giudizio, mostrandone tutta la crudeltà e la falsità. In questo modo Voltaire vuole smascherare
l’arroganza di un potere dogmatico che, ritenendo di essere l’unico depositario della verità, può commettere le
peggiori colpe e ingiustizie.
È quindi messa in discussione l’ipocrisia di chi separa le parole dai fatti, così come una fede che, estranea alla realtà,
non è utile in alcun modo nei confronti del prossimo. Ne deriva l’idea di una giustizia divina che valuta e condanna in
base alle azioni, non alle “stravaganti concezioni”, al contrario di quanto scritto in tanti editti emanati dalla Chiesa.

“Bisogna coltivare il proprio giardino”, da Candido, cap. XXX


Alla conclusione dell’opera si tirano le somme delle esperienze vissute dai protagonisti, che ovunque sono andati incontro a pericoli
e sofferenze. Nonostante tutto, Pangloss continua a sostenere che si vie sempre nel migliore dei mondi possibili, anche se ormai
non ci crede più.
Di fronte ad una realtà che non ha spiegazioni si prova a chiedere al “miglior filosofo di Turchia” perché l’uomo sia stato creato, la
domanda ultima sul destino mano e sul significato della vita. A questo problema, a cui nessuna filosofia sa dar risosta, il filosofo non
darà alcuna risposta concreta, anche se lascerà intendere che se c’è un creatore, egni non ha alcun interesse in noi e nella nostra
condizione di vita. Inutile, quindi, addentrarsi in una “metafisica” che non è in grado di decifrare il mistero dell’essere.
Una lezione più utile deriva dal vecchio che, in nome della sua saggezza, si accontenta della sua povera esistenza, trovando in essa
la gioia di un ambiente sereno e confortevole, accettando di lavorare senza ragionare.
Il messaggio finale non è semplicistico: c’è una correlazione dialettica tra l’ideologia del lavoro e il rifiuto di “ragionare”, che non
significa la negazione del pensiero, ma la condanna delle filosofie assolute come quella di Leibniz a cui Pangloss si rifaceva. Così la
fiducia nel lavoro non è subordinata alla ricchezza individuale ma rientra nella sfera illuministica dell’utile, e va intesa come
responsabile accettazione del dovere da compiere.
Charles-Louis de Montesquieu
Charles-Louis de Secondat, barone di la Brède e di Montesquieu, nacque a La Brède nel 1689. Dopo gli studi
giuridici iniziò a prendere parte alla vita politica cittadina. Dopo la pubblicazione e il successo delle sue
Lettere persiane, tra il 1728 1 il 1731 fu impegnato in una serie di viaggi che lo portarono in Mitteleuropa e
Nord Europa, dove ebbe modo di riflettere sulle varie forme di governo dei vari paesi e, in particolare, su
quella inglese.
Al ritorno in patria si ristabilì a La Brède, dove rimase fino alla morte, nel 1755. A questi anni risalgono le
sue opere più importanti, tra cui le Considerazioni sulle cause della grandezza dei romani e della loro
decadenza, opera in cui i mutamenti della storia vengono indagati con esclusiva attenzione alle ragioni
umane che determinano i progressi e le crisi delle civiltà.
Altra opera fondamentale è lo Spirito delle leggi, che ebbe una vasta risonanza europea e si pose all’origine
delle trasformazioni in senso moderno e democratico sia dei sistemi giuridici che delle forme di governo.
Montesquieu, confrontando le varie forme di governo e di legislazione, arriva alla conclusione di una
monarchia costituzionale che si regge sulla separazione de tre poteri, condizione che sarà alla base del
liberalismo moderno. Da segnalare anche la chiarezza dello stile, essenziale e mordente, che ricorda quello
delle Lettere persiane. Un romanzo, quest’ultimo, che contiene una satira brillante e incisiva nei confronti
della vita parigina occidentale ad opera di un signore persiano, Usbeck, che, viaggiando per l’Europa, ha
modo di mettere a confronto in maniera tutto sommato imparziale i vari stili di vita, rifiutando ogni idea di
una presunta superiorità ideologica e culturale. Non mancano tuttavia critiche al sistema musulmano, reo
di tenere in condizione di schiavitù le donne.

Le dispute sulla religione, dalle Lettere Persiane


Nell’opera le differenti concezioni di vita (occidentali e orientali) si mettono costantemente in discussione, senza
arrivare ad una conclusione definitiva circa quale sia la migliore.
In questo testo il confronto nasce dal giudizio che le tre religioni monoteistiche danno di uno stesso comportamento,
facendo intendere la possibilità di considerare le cose da diversi punti di vista, senza che per forza l’uno prevarichi
l’altro. Sul piano religioso la soluzione degli illuministi è il deismo, una religione non dogmatica e universale, in grado
di comprendere le ragioni dell’altro, difendendo quelle idee di tolleranza e rispetto caratteristiche dell’Illuminismo.
Accanto a queste indicazioni vi è la critica all’ipocrisia di chi, pur professando incessantemente dogmi e principi
religiosi di ogni tipo, sia il primo a violarli senza alcun tipo di limite o remora.

LA TRATTATISTICA DELL’ILLUMINISMO ITALIANO


Uno stretto rapporto dell’Illuminismo italiano con quello francese si stabilisce a Milano, soprattutto nel
piccolo gruppo che fa capo all’Accademia dei Pugni.
Rispetto all’Illuminismo francese, tuttavia, l’Illuminismo italiano si può dire che sia maggiormente legato
alla soluzione di problemi pratici, di tipo soprattutto giuridico ed economico, che si frapponevano come
ostacoli al miglioramento delle condizioni civili e sociali. Sono queste le tematiche riformatrici affrontate
sulla rivista Il Caffè, in cui assume un particolare ruolo di rilievo Pietro Verri che, nelle Meditazioni
sull’economia politica, si faceva promotore di un moderato liberalismo economico. Scrive anche le
Osservazioni sulla tortura, opera nella quale condanna la pratica barbara attraverso una trattazione
storicamente documentata, riferita al processo contro gli untori nella Milano del 1630.
Una trattazione più teorica sui temi della pena di morte e della tortura sarà attuata da Beccaria,
affrontando sia il problema giuridico che il problema dell’”utile”. Per l’autore, infatti, la crudeltà delle pene,
oltre ad impedire la riabilitazione del colpevole, non giovava di certo ad una società civile ben oridnata,
contro ogni tipo di eccesso.
A Milano altri autori che trattano di economia e di commercio sono Gian Rinaldo Carli e Giambattista Vasco
Anche la situazione dell’Illuminismo napoletano risulta particolarmente vivace, con gli autori che,
rifacendosi a Giannone e Vico, trattano di temi economici e giuridici. Importanti esempi sono Antonio
Genovesi (Lezioni di commercio ossia di economia civile), Ferdinando Galiani (Dialoghi sopra il commercio
dei grani) e Francesco Maria Pagano (Saggi politici), professore di diritto criminale che venne condannato a
morte per aver aiutato a redigere la costituzione della breve Repubblica Partenopea.

Cesare Beccaria
Sicuramente la personalità più nota dell’Illuminismo italiano, nacque in una famiglia della nobiltà milanese
e adottò le teorie illuministe in seguito alla lettura delle Lettere persiane di Montesquieu. Collegatosi con il
gruppo dell’Accademia dei Pugni e della rivista Il Caffè, scrisse un’opera di argomento economico, Del
disordine e de’ rimedi delle monete nello stato di Milano, per poi redigere il suo capolavoro, Dei delitti e
delle pene, nel 1764. Nell’opera Beccaria auspicava una radicale riforma del processo criminale, che
ponesse fine alla pratica della tortura e della pena di morte, di cui dimostrava, con lucida chiarezza
argomentativa, l’inutilità e l’assurdità. L’opera subì violenti attacchi ma ebbe anche entusiastiche adesioni;
accolto trionfalmente a Parigi come uno dei massimi esponenti del pensiero illuminista, l’autore milanese
decise presto di far ritorno a Milano, dove morì, rifiutando poi l’invito, da parte dell’imperatrice Caterina di
Russia, di recarsi a San Pietroburgo per collaborare alla riforma del sistema giudiziario russo.

Pietro Verri
Nato a Milano, Pietro Verri lasciò gli studi di giurisprudenza per occuparsi di problemi economici e filosofici.
Animatore della vita culturale milanese, fu tra i fondatori dell’Accademia dei Pugni e della rivista Il Caffè,
dove ebbe modo di dibattere le nuove idee delle riforme illuministiche. Intraprese poi una brillante carriera
amministrativa, diventando consigliere del governo austriaco e proponendo un’ardita riforma fiscale.
Dopo essersi occupato del sistema monetario e del commercio del grano, pubblicò nel 1771 le Meditazioni
sull’economia politica, in cui sostenne come ideale di governo il dispotismo illuminato, propendendo poi
per una forma di monarchia costituzionale. Ritiratosi a vita privata, si dedicò alla filosofia; pubblicò le
Meditazioni sulla felicità e il Discorso sull’indole del piacere e del dolore, opere nelle quali affronta il
problema della felicità individuale a partire dal Sensismo. Dopo i Ricordi alla figlia uscirono due volumi di
una Storia di Milano. Solo postuma sarà la pubblicazione delle Osservazioni sulla tortura, le cui differenze
con il testo di Beccaria sull’omologo tema sono già state citate.

IL GIORNALISMO
Nonostante sia necessario ribadire che l’articolo di giornale di per sé non corrisponda ad un preciso genere
letterario, l’agilità nella scrittura e i contenuti innovatori ne fanno una forma breve particolarmente duttile
e variabile dove non è difficile individuare aperture illuministiche o di tipo progressista. Queste riguardano
sia il compito di vigilare sulle scelte delle istituzioni, sia l’intento educativo di orientare i gusti e correggere i
costumi di una nascente opinione pubblica, contribuendo alla formazione di una mentalità libera e
consapevole. Partendo dall’Inghilterra e da Addison, in Italia la rivista più importante è sicuramente Il Caffè,
fondata dai fratelli Verri, dove vengono affrontati i più importanti temi di attualità economica e politica.

“Cos’è questo Caffe?”, dal Caffè, Pietro Verri


Attraverso brevi domande e succinte risposte Pietro Verri intende illustrare il carattere della rivista con un
pragmatismo esemplificativo dello scopo della “pubblica utilità” a cui aspira, omaggiando inoltre i padri del
giornalismo inglese.
Dalla dichiarazione d’intenti si passa alla descrizione del luogo scelto, quel caffè che, sostituendosi alle consuetudini
formalistiche delle accademie, viene scelto per esemplificare il significato e il valore della battaglia illuministica.
Se le accademie solo luoghi chiusi e riluttanti al cambiamento, il caffè è un luogo dinamico e aperto, dove dare vita a
dibattiti o riflettere in autonomia. Qui vi si possono trovare i giornali provenienti da tutta Europa, simbolo del
cosmopolitismo. Inoltre, l’elemento distintivo del caffè è una luce che rischiara ogni cosa, vincendo le tenebre della
notte. Il caffè è scelto anche in virtù della sua caratteristica energetica, in grado di risvegliare anche le menti più
assonnate.
L’efficacia del testo consiste nel taglio narrativo diretto e privo di astratte presentazioni teoriche. Viene poi presentato
il tema della diversità nel greco che si trasferisce a Milano per aprire il Caffè, con un netto rifiuto ad ogni idea di
superiorità delle proprie convinzioni (Lettere persiane).
Alessandro Verri
Fratello minore di Pietro Verri, Alessandro partecipò alla fondazione dell’Accademia dei Pugni e del Caffè,
sul quale pubblicò una trentina di articoli. Le posizioni sulla lingua che esprimerà nell’articolo Rinunzia
avanti notaio al Vocabolario della Crusca verranno da lui stesso smentite nell’età matura, nei romanzi da lui
scritti con uno stile classicistico ampolloso e ridondante. Amante di teatro, tradurrà l’Amleto di Shakespear
Rinunzia avanti notaio al Vocabolario della Crusca, dal Caffè, Alessandro Verri
Il brano ha un valore esemplare sia per quanto riguarda la funzione del giornalismo del tempo, sia per la capacità di
affrontare nel senso della modernità un problema decisivo come quello della lingua. Di qui la polemica verso
quell’ideale della lingua classico rappresentato dall’Accademia della Crusca, che contrastava con l’esigenza di
un’immediatezza di espressione.
Alessandro Verri rivendica quindi la facoltà di inventare nuove parole, affermando che la lingua non è un organismo
compiuto, ma può e deve essere arricchita e migliorata. In una realtà cosmopolita, inoltre, deve essere possibile
italianizzare parole straniere se queste favoriscono una più semplice comunicazione.
La conclusione è quindi che sia l’utile il principale scopo verso cui muovere per un arricchimento ed una
semplificazione della lingua. L’autore, infine, non rinuncia al confronto, anzi lo chiede; a condizione che esso coinvolga
i veri “filosofi” e non quegli “antifilosofi” che sono i difensori della vecchia cultura.

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