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LILLUMINISMO IN ITALIA

il ritardo italiano Nelle pagine precedenti abbiamo dato a lungo la parola agli
scrittori francesi perch la Francia il paese in cui il movimento di pensiero che
chiamiamo illuminismo nasce e si sviluppa. soprattutto qui che - come ha scritto Io
storico Paul Hazard - a una civilt fondata sullidea del dovere, i doveri verso Dio, "
i doveri verso il sovrano, i nuovi filosofi tentano di sostituire una civilt fondata
sullidea del diritto: il diritti delle coscienza individuale, i diritti della critica, i diritti
della ragione. E in Italia?

In questa ideale marcia verso i diritti individuali, lItalia molto in ritardo rispetto
alla Francia e alle altre grandi nazioni europee: perch in Italia molto pi forte il
peso del potere della Chiesa cattolica, un potere che mira alla conservazione dello
stato di cose esistente e che controlla, tra laltro, la censura e (attraverso i gesuiti) la
scuola, decidendo in sostanza che cosa o non lecito nel dibattito delle idee; e
perch lItalia ha vissuto e vive ancora, per gran parte del Settecento, in uno stato di
minorit politica, posto che il suo territorio , per la gran parte, nelle mani di
potenze straniere tuttaltro che illuminate, come quella spagnola.

Dobbiamo per sempre tenere presente che nel Settecento non C una Italia, ci
sono pi Italie: tante quanti sono i regni e i ducati nei quali il territorio italiano
diviso. E dobbiamo anche tenere presente che, nel corso del secolo, le cose mutano
in maniera anche radicale. I cambiamenti maggiori, nella politica e nel pensiero,
hanno luogo in due grandi citt: Milano e Napoli. qui che il pensiero degli
illuministi francesi si dimostra pi fecondo.

LILLUMINISMO A NAPOLI

Larretratezza del Regno di Napoli Allinizio del Settecento, il Regno di Napoli una
delle zone pi arretrate della penisola italiana: una terra nella quale il potere dei
grandi latifondisti e della Chiesa non lasciava spazio allo sviluppo delle industrie e
alla formazione di una borghesia dinamica, come quella che si stava affermando

nel resto dellEuropa. Qualcosa cambia a partire dagli anni Trenta, sotto il regno di
Carlo III di Borbone, che instaura un governo relativamente progressista, anche
grazie allopera di consiglieri illuminati come il suo ministro Bernardo Tanucci, il
quale prese sotto la sua protezione due dei massimi economisti del secolo: Antonio
Genovesi (1713-1769) e Ferdinando Galiani (1728-1787). Ma la verit che
lamministrazione dello Stato borbonico non fu quasi mai allaltezza dei suoi grandi
intellettuali, e anzi spesso li ostacol, e in due casi addirittura li fece morire. Pietro
Giannone (1676-1748), autore della splendida Istoria civile del Regno di Napoli
(1723) e del Triregno (pubblicato dopo la morte dellautore), che prendevano
posizione contro le ingerenze ecclesiastiche nel governo dello Stato, fin i suoi giorni
in una prigione di Torino, perseguitato dalla Chiesa e dimenticato dai Borbone. E alla
fine del Settecento, quando i Borbone tornarono a governare il Regno di Napoli
dopo la breve parentesi napoleonica, finirono sul patibolo molti dei migliori
intellettuali meridionali dellepoca, come il giurista Francesco Mario Pagano
(1748-1799). And meglio a un altro grande giurista, Gaetano Filangieri (1753-
1788), lautore della monumentale Scienza della legislazione, che, da aristocratico
qual era, riusc per tutta la vita a difendere le sue opinioni progressiste in un
contesto - quello della corte borbonica del secondo Settecento - che andava
facendosi sempre pi reazionario.

Antonio Genovesi

Antonio Genovesi non visse una vita lunga (nacque nel 1713 e mor nel 1769), ma
fece moltissime cose, ed ebbe un impatto profondo e duraturo sulla cultura e sulla
vita civile del Regno di Napoli. Come molti intellettuali del suo tempo, prese gli
ordini religiosi nel 1737, dopodich cominci, giovanissimo, a insegnare filosofia
alluniversit di Napoli: e le sue idee poco ortodosse (leggeva gli illuministi francesi,
conosceva bene Hobbes e Locke, proponeva di limitare le ingerenze della Chiesa
nella vita civile) lo misero spesso in urto con la gerarchia cattolica. Nella seconda
parte della sua vita, Genovesi prese a interessarsi di questioni meno astratte della
metafisica, e divenne unautorit nei campi dellagraria, della pedagogia, del
commercio e delleconomia. Nel 1754 and a occupare la prima cattedra di
Economia pubblica, e negli anni 1765-1767 pubblic le Lezioni di commercio, che ne
fecero uno degli intellettuali pi rispettati dEuropa.
LILLUMINISMO A MILANO
Nel corso del Settecento, il ducato di Milano uno degli stati europei che godono di
quello che si definisce un dispotismo illuminato: la dinastia austriaca degli
Asburgo controlla il ducato attraverso un suo governatore, e limperatrice Maria
Teresa (1717-1780) prima e limperatore Giuseppe II (1741-1790) poi, portano
avanti un programma di riforme in campo amministrativo, economico, fiscale,
culturale. Se la grande stagione dellIlluminismo francese sono soprattutto gli anni
Cinquanta (quando comincia a uscire lEnciclopedia, e si pubblicano opere come il
Saggio sui costumi di Voltaire e il Discorso sullorigine della diseguaglianza di
Rousseau), quello milanese d i suoi frutti migliori nel decennio successivo, quando
nella casa del giovane aristocratico Pietro Verri (1728-1797) si riunisce con regolarit
un gruppo di intellettuali che d vita a una sorta di club che verr chiamato
scherzosamente Accademia dei Pugni, per sottolineare la libert e il carattere acceso
dei dibattiti che Vi si tengono: dibattiti che ispireranno saggi come quelli di Cesare
Beccaria (Dei delitti e delle pene) o dello stesso Verri (Osservazioni sulla tortura). Ma
al di l delle iniziative individuali, conta soprattutto la partecipazione di questi
intellettuali a unimpresa comune, cio alla realizzazione di un giornale periodico,
intitolato Il Caff, che usc ogni dieci giorni per due anni, dal 1764 al 1766, e che
tratt, sempre in una prospettiva progressista, temi connessi alla vita civile come
leconomia, la giurisprudenza, larte, la morale pubblica. Lostacolo pi forte che
incontrano le arti tutte e le scienze a perfezionarsi si legge in uno degli articoli la
prevenzione della maggior parte degli uomini in favore delle cose vecchie. Perci,
quando uno scritto non facesse altro che dare delle viste agli uomini onde
giunghino ad esaminare le loro opinioni, e a non crederle le vere, le sicure,
unicamente perch sono opinioni loro, quello scritto [...] sarebbe da chiamarsi
utile. Riesaminare la tradizione, mettere in discussione le idee ricevute, portare in
Italia le novit del pensiero europeo in campo filosofico, economico, tecnico
scientifico (il motto della rivista era, non a caso, Cose, non parole) e tutto questo
adoperando uno stile chiaro e preciso, aperto anche alle lingue straniere: questo il
proposito degli intellettuali de Il Caff. Ed un proposito che non rimane astratto:
molti di loro, infatti, negli anni della maturit avranno un ruolo di primo piano nel
governo della citt di Milano
Pietro Verri

Un intellettuale pubblico un uomo, o una donna che, oltre a studiare e a


scrivere per gli specialisti di un determinato ramo, partecipa alla vita civile
collaborando con i giornali o impegnandosi in prima persona nel governo della citt
o della nazione. Data questa definizione, Pietro Verri (1728-1797) il prototipo
dellintellettuale pubblico. Nato in una famiglia milanese aristocratica, negli anni
Sessanta mette a disposizione il suo palazzo per le riunioni dellAccademia dei Pugni,
che riunisce le intelligenze pi brillanti dellIlluminismo lombardo, e insieme a loro
fonda Il Caff, sul quale Verri pubblicher ben 37 articoli di argomento
disparatissimo, dalleconomia alla giurisprudenza, dalla lingua alla normativa fiscale.
Negli anni della maturit, Verri metter queste riflessioni al servizio della sua citt,
occupando le pi alte cariche dellamministrazione milanese. Oltre agli articoli per
Il Caff, vanno ricordati i suoi scritti filosofici, come le Meditazioni sulla felicit
(1763) e le osservazioni sulla tortura (uscite postume nel 1804, e importanti anche
perch. in dialogo ideale con esse Manzoni scrisse la sua Storia della colonna
infame), e i suoi scritti tecnici, come il Saggio sulla grandezza e decadenza del
commercio di Milano sino al 1750 (1761) e le Meditazioni sulleconomia politica
(1771)

Cesare Beccaria

Se oggi in gran parte dellOccidente non esistono pi la tortura e la pena di morte, lo


dobbiamo anche a Cesare Beccaria, che nel suo saggio Dei delitti e delle pene (1764)
port argomentazioni molto solide tanto contro luna quanto contro laltra pratica.
Non stato, da Beccaria in poi, un percorso breve o lineare. La tortura stata usata
ancora a lungo dagli inquirenti come mezzo per estorcere confessioni [e in molti
paesi e in molte circostanze viene usata tuttora). Quanto alla pena di morte, il primo
governante ad abolirla, in Europa, stato il granduca di Toscana Pietro Leopoldo, nel
1786; in Italia venne abolita dal codice Zanardelli, nel 1889 (ma fu poi reintrodotta
dal governo fascista, nel 1926, e poi abolita definitivamente nel 1944); ma in Francia
labolizione non arriv che nel 1951, e in molti stati americani (come in molti altri
stati del mondo) ancora in vigore.
Cesare Beccaria nacque a Milano nel 1738 in una delle pi importanti famiglie della
citt. Comera normale, a quel tempo, per i membri dellaristocrazia, lasci presto la
famiglia per essere educato in collegio (un destino simile toccher qualche decennio
dopo ad Alessandro Manzoni). And a Parma, nel collegio Farnesiano gestito dai
gesuiti, e vi rest fino al 1754. In una lettera della maturit indirizzata al su
traduttore francese Andr Morellet definir leducazione ricevuta in quegli anni
fanatica e servile, e contraria ai sentimenti dumanit; ma e unEducazione che
comunque d buoni frutti: quattro anni dopo aver Iasciato il collegio, Beccaria si
laurea in Giurisprudenza a Pavia. Dovrebbe intraprendere la carriera legale, ma nel
biennio 1760-1761 la sua vita prende una direzione diversa. In primo luogo,
sinnamora della sedicenne Teresa Blasco e decide di sposarla, nonostante parere
contrario del padre (i Blasco sono una famiglia borghese, e la dote di Teresa molto
scarsa): dal matrimonio nascer di l a poco una figlia, Giulia, che sar madre di
Alessandro Manzoni. In secondo luogo, Beccaria incontra uno degli intellettuali
milanesi pi in vista, Pietro Verri, di dieci anni pi vecchio di lui fa entrare
nellAccademia dei Pugni. , per Beccaria, un incontro decisivo, perch
approfondisce lo studio di autori come Montesquieu, Helvtius, Diderot, Condillac,
Rousseau, e perch le discussioni con i fratelli Veni e con gli altri accademici gli
fanno venir voglia di approfondire il tema della legislazione penale. Il modo in cui
nasce il trattato Dei delitti e delle pene interessante, perch qualcosa di molto
simile a un lavoro di gruppo.

Il libro - opera dunque di Beccaria, ma aiutato e consigliato dagli amici


dellAccademia dei Pugni - usc nel 1764, quando lautore aveva solo ventisei anni,
ed ebbe subito un enorme successo. Dopo aver pubblicato Dei delitti e delle pene,
Beccaria parte per Parigi, dove viene accolto con grandi onori, e pu finalmente
conoscere quegli intellettuali francesi dei quali aveva studiato le opere. Ma a Parigi
non si trattiene a lungo: una crisi nervosa motivata probabilmente dallumanissima
nostalgia di casa - lo costringe a tornare a Milano. Il legame con i fratelli Verri e gli
altri accademici si allenta, ma Beccaria non smette di scrivere n di lavorare: scrive
relazioni e saggi di argomento economico, e dal 1768 ottiene la cattedra di
Economia politica nelle Scuole Palatine di Milano (un impegno che per non gli
impedisce di continuare a riflettere sulle questioni storiche e giuridiche che gli
stavano a cuore: nel 1770 escono le sue Ricerche intorno alla natura dello stile). Nel
1771 diventa membro del Supremo consiglio di economia, e da quel momento in poi
occupa cariche sempre pi importanti allinterno dellamministrazione. Muore nel
1794.

Dei delitti e delle pene Dei delitti e delle pene un libretto breve, diviso in 47
paragrafi altrettanto brevi, nei quali Beccaria tocca tutti i principali aspetti del
sistema penale, dal modo in cui si debbono dosare le pene alla tortura, dal furto
allomicidio, dalle tecniche di interrogatorio alla prescrizione. probabile che
proprio la concisione sia stata una delle ragioni del suo successo: Beccaria non
appesantisce le sue pagine citando, per approvarlo o per criticarlo, il parere di altri
studiosi, o dei grandi filosofi del passato: va dritto al punto, dice lessenziale, espone
con risolutezza il suo punto di vista, fissa sulla carta - con uno stile tuttaltro che
privo di verve e di passione - alcune idee che, si pu dire erano nellaria, ma che
nessuno aveva saputo formulare in maniera tanto efficace e convincente.

A cura di Carbone Nicola

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