CONTESTO CULTURALE:
Anche la cultura tende a un processo unificante, sì che il movimento
umanistico interessa i vari centri culturali, come tendenza unitaria
sovranazionale. I dati comuni sono la riscoperta dell’antico (mondo greco
e latino), unita a un nuovo interesse storico e filologico; l’affermarsi di un
ideale di umana razionalità, in antitesi al principio di autorità e alle
gerarchie intellettualistiche del Medioevo; il diffondersi, di conseguenza,
di interessi pedagogici funzionali alla formazione libera e autonoma
dell’individuo, alla sua responsabilità etica e civile. L’umanesimo pone
quindi l’individuo al centro del mondo; esso diviene dunque artefice e
padrone del proprio destino e non risulta più, come accadeva nel
Medioevo, sottomesso alla chiesa e alla religione.
L’umanesimo è un fenomeno culturale omogeneo e unificante, meno per
quanto riguarda la letteratura in volgare, molto più, invece, per quanto
riguarda la letteratura in latino, diffusa e fiorente. Si assiste a un
recupero del latino, dopo il successo del volgare nel corso del Trecento,
ma questo recupero del passato s’associa a un approfondimento degli
studi filologici. La letteratura quattrocentesca si caratterizza per
particolari aree geografiche, con un marcato aspetto plurilinguistico.
L’area fiorentina, la più importante, si distingue per uno specifico
umanesimo civile.
Gli umanisti (secondo già l’esempio di Petrarca), piuttosto che a una
realtà territoriale, sono appartenenti a una comunità di studiosi liberi e
indipendenti, uniti da condivisi ideali culturali. Viene superata la barriera,
tradizionale di area medievale, tra sapere intellettuale e sapere pratico,
per evitare inutili astrazioni, in nome di una compiuta e concreta e
versatile organicità della conoscenza (è l’epoca di Brunelleschi, Alberti,
Leonardo). L’indagine culturale non si dissocia dal pragmatismo della vita
sociale. Esemplare il caso del romanzo Lorenzo Valla, il più celebre dei
filologi umanisti, che tenta di dimostrare falsa la cosiddetta donazione di
Costantino.
Il pensiero umanistico, di cui l’arte è parte essenziale, modifica
profondamente la concezione dello spazio e del tempo, li organizza infatti
in sistema razionale. Nascono coì la prospettiva e la storiografia
moderna: la prima è “la rappresentazione secondo ragione dello spazio”,
la seconda è “la rappresentazione secondo ragione del succedersi degli
eventi”. La prospettiva dà il vero spazio, cioè una realtà da cui è
eliminato tutto ciò che è occasionale irrilevante o contradditorio; la storia
dà il vero tempo, cioè un succedersi di fatti da cui è eliminato ciò che è
occasionale, insignificante, irrazionale. La prospettiva costruisce
razionalmente la rappresentazione della realtà naturale, la storia la
rappresentazione della realtà umana: poiché il mondo è natura e
umanità, prospettiva e storia si integrano e, insieme, formano una
concezione unitaria del mondo. La scoperta e la prima formulazione della
prospettiva sono opera del Brunelleschi; la teorizzazione è dovuta
all’Alberti.
In primo luogo, gli uomini di cultura ricominciano a dare un’importanza
centrale agli “studia humanitas”, cioè alle discipline letterarie e
filosofiche più che a quelle che hanno un’applicazione pratica: la poesia,
la storia, la filosofia morale, la grammatica e la retorica diventano, nel
“sistema elle scienze”, più importanti del diritto o della medicina. In
secondo luogo, prendendo a modello l’antichità greco-romana, le
“humanae litterae” (le discipline che studiano l’uomo) prevalgono di
nuovo su quelle “divinae”, cioè sui testi religiosi attorno a quali,
soprattutto, si era sviluppato il pensiero cristiano medievale. Il fatto che
le “humane litterae” prevalgano su quelle “divinae” non implica che
l’umanesimo sia una tendenza culturale avversa alla religione: molti
umanisti sono ecclesiastici, e uno di loro, il senese Enea Silvio
Piccolomini, diventerà addirittura papa.
In questo periodo nasce e si afferma la filologia, ossia la disciplina
relativa alla costruzione e alla corretta interpretazione dei documenti
letterari di una specifica cultura. In questo contesto sorgono inoltre le
prime biblioteche e le scuole private.
L’umanesimo è contraddistinto da un’assoluta certezza nelle capacità
dell’essere umano.
Gli umanisti principali sono: Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Luigi
Pulci, Matteo Maria Boiardo, Leon Battista Alberti, Lorenzo de’ Medici,
Angelo Poliziano, Leonardo da Vinci, Iacopo Sannazzaro.
CONTESTO STORICO:
Dalla seconda metà del Trecento, il crollo demografico dovuto alla peste
nera aveva indebolito le città e rallentato fortemente l’economia. Intorno
alla metà del Quattrocento, però, la popolazione europea iniziò ad
aumentare secondo un trend che sarebbe continuato per tutto il
Cinquecento. La popolazione si ritira dalle campagne per spostarsi poi
nuovamente verso le città, è il fenomeno dell’urbanizzazione.
Dal punto di vista politico, nel Quattrocento cominciano a consolidarsi i
grandi stati nazionali: la Francia, l’Inghilterra, la Spagna, il Portogallo.
In Italia la forma di governo nel Comune entrò in crisi. Il potere si
concentrò nelle mani di poche famiglie e di pochi individui ai quali
l’imperatore aveva concesso i titoli di duca o di marchese. Intorno alle
città nelle quali si affermò il potere di queste dinastie (come gli Sforza a
Milano, i Medici a Firenze, i Gonzaga a Mantova, gli Este a Ferrara)
vennero ad aggregarsi veri e propri stati regionali, e le corti cittadine
diventarono i motori di un’intensa attività culturale e artistica.
RINASCIMENTO:
ORIGINE DEL TERMINE:
Il termine “Rinascimento” venne usato, tra i primi, da Giorgio Vasari alla
metà del XVI secolo, per sottolineare il concetto di rinascita dell’arte e
della cultura classica a partire dal XV secolo in contrapposizione con il
periodo artistico precedente denominato “età di mezzo” (poi Medioevo),
poiché era visto come un’interruzione tra la classicità e il Rinascimento.
Fu definito in modo sprezzante “gotico”, un termine privo di fondamento
storico, derivante dalla convinzione che i Goti (intendendo con esso i
barbari in generale) avessero distrutto la tradizione artistica rendendo
l’arte mostruosa.
CONTESTO CULTURALE:
Il processo messo in moto da Petrarca e poi rilanciato dagli umanisti del
primo Quattrocento ruotava intorno al concetto di “rinascita”. L’idea che
una rivoluzione delle arti, delle lettere e di tutto il sapere filosofico e
scientifico si potesse riflettere positivamente sull’intera società è alla
base dell’idea stessa di Rinascimento.
Il Rinascimento non è una semplice ripresa dell’antichità classica: si lega
indissolubilmente all’arte medioevale ed è un’arte propria del suo tempo.
Esso è inizialmente fiorentino perché la misura, la definizione di spazi e
volumi, la chiarezza della ragione sono patrimonio tradizionale della città,
che in questo senso è classica.
Grazie al Rinascimento lo stato italiano diviene il centro di questa nuova
cultura, la cui diffusione avviene attraverso diverse corti: Napoli, Roma,
Ferrara, Mantova, Venezia, Milano e Urbino.
Il Rinascimento, come conseguenza della crisi che predomina in vari
campi, è contraddistinto dalla sfiducia e dall’incertezza nelle possibilità
umane. È il secolo della crisi, dei dubbi e della ricerca.
CONTESTO STORICO:
Nel corso del XVI secolo, in seguito alle grandi scoperte geografiche,
l’asse dell’economia europea si spostò verso l’Atlantico, e il Mediterraneo
vide assai ridimensionato il suo ruolo di centro degli interessi delle
principali potenze. L’Italia del Cinquecento cessò di essere politicamente
indipendente. Tra la fine dl XV secolo e la metà del XVI fu un campo di
battaglia per le monarchie di Francia e Spagna e per l’Impero tedesco.
Dopo la morte di Francesco I il nuovo re di Francia, Enrico II, spostò l’asse
del conflitto dall’Italia alla Germania. Nel 1556 Carlo V abdicò e divise
l’impero tra il fratello Ferdinando I e il figlio Filippo II. La guerra tra i due
stati si concluse con la pace i Cateau-Cambresis nel 1559. In questo arco
di tempo, l’Europa fu attraversata da conflitti religiosi che ruppero l’unità
della Chiesa cristiana d’Occidente. Il XVI secolo fu inoltre caratterizzato
da un notevole aumento della popolazione che, anche a causa
dell’immigrazione, interessò in modo particolare le città. Alla fine del
secolo, tuttavia, una grave crisi di mortalità segnò un rovesciamento
delle tendenze demografiche. In questo periodo storico la Spagna
conquista l’America del Sud e impone un proprio modello politico e
religioso. All’inizio del Cinquecento si avvertiva da più parti l’esigenza di
una profonda riforma della Chiesa che mettesse fine all’eccessivo
coinvolgimento del papato nelle questioni temporali. Martin Lutero portò
così avanti una riforma, definita protestante, per modificare la situazione
attuale.
II. LA NOVELLISTICA:
DEFINIZIONE:
La novella è una narrazione in prosa breve e semplice (di modesto
respiro), generalmente più breve di un racconto (secondo molti critici, la
distinzione tra le due modalità narrative è labile o nulla), nella quale c'è
un'unica vicenda semplice e in sé conclusa, colta nei suoi momenti
essenziali, i cui personaggi si possono facilmente ritrovare nella vita
quotidiana. Essa nasce, non si sa con precisione dove e quando, nel
contesto della letteratura orale. La novella non è un genere letterario
indipendente, poiché è inglobata all'interno di altri generi.
IN PASSATO:
Tracce di novella sono presenti nelle letterature dell'antico Egitto e della
Mesopotamia (Sumeri, Babilonesi). Il genere è presente nelle letterature
orientali in particolare in quella indiana dove vi sono varie raccolte, tra
cui la celebre Pañcatantra. In India nasce anche la struttura delle novelle
precedute da una cornice narrativa, struttura che poi avrà diffusione
anche in Occidente con il Decameron. La novella ebbe scarsa autonomia
nelle letterature greca e latina. Si ricordano gli arguti e burleschi
Racconti sibaritici e la Fabula Milesia.
Nella letteratura orientale celeberrima è la raccolta “Le mille e una
notte”.
Alla base della struttura che la novella assumerà poi nel Medioevo
troviamo l'exemplum, un genere che si potrebbe definire una forma
semplice di novella ma che possiamo descrivere anche come a metà
strada tra la fiaba e la parabola. Anche l'exemplum è inglobato in altri
generi, come la vita dei Santi perché era usato molto spesso dai
predicatori con finalità educative e morali. I predicatori se ne servivano
allora per ricondurre sulla giusta strada coloro che avevano commesso
qualche peccato. Nel Medioevo il fabliau è un altro antecedente della
novella.
La novella sorge più tardi, in età medievale, nell'ambito di culture molto
diverse tra loro
LA NOVELLA NELL’OTTOCENTO:
L'Ottocento fu un secolo fondamentalmente romantico nella prima parte,
verista nella seconda e la novella ne seguì le correnti.
o Il romantico Giuseppe Giusti, poeta di satire politiche, ma anche
autore di belle pagine di prosa, scrisse alcune novelle argute e
briose.
o Agli ideali romantici s'ispirò anche Edmondo De Amicis, autore del
popolarissimo libro Cuore, scritto principalmente per i ragazzi.
Scrittore per ragazzi fu anche Carlo Lorenzini, noto con lo
pseudonimo di Collodi, autore di Pinocchio ma anche di fiabe e
novelle.
Esiti più ricchi e vitali ebbe la novella verista.
o Il catanese Giovanni Verga, che del verismo fu il più illustre
rappresentante, scrisse bellissime novelle, le più famose raccolte
sono “Novelle rusticane” e “Vita dei campi”. In queste novelle,
come nel suo più famoso romanzo, “I Malavoglia”, egli s'ispirò agli
stenti, alle fatiche, al duro destino della povera gente della sua
Sicilia e lo fece con una prosa che sarebbe dovuta essere oggettiva
ed impersonale ed invece è personalissima e ricca di tanta umana
empatia.
o Alla gente semplice di campagna toscana s'ispirò, invece, Renato
Fucini, che fu un fecondo autore di novelle, raccolte nei volumi “Le
veglie di Neri”, “Nella campagna toscana”, “All'aria aperta”.
o Grazia Deledda, anche se vissuta tra Ottocento e Novecento, fu
assai vicina all'arte del Verga e alla poetica verista. Il mondo rude e
primitivo della sua Sardegna è scenario di buona parte dei suoi
romanzi e delle sue novelle.
o Gabriele D'Annunzio, anche lui vissuto tra Ottocento e Novecento,
fu poeta, romanziere, drammaturgo ed anche autore di novelle. E
fu proprio con le novelle che compì le prime esperienze letterarie,
che nonostante fossero ancora legate all'arte verista,
intravedevano numerose direzioni di innovamento, segnando la
fine della narrazione del "dato umano" tipica del verismo ed
inaugurando una scrittura che poco dopo darà i suoi miglior frutti
nel versante del decadentismo europeo. Nelle sue raccolte “Terra
vergine” e “Le novelle della Pescara”, l'ambiente è sempre la sua
aspra terra d'Abruzzo, altera, pagana e selvaggia.
o Un posto a parte spetta a Ugo Tarchetti, che, pur essendo vissuto a
metà dell'Ottocento, sembra preludere con la sua narrativa a temi
e gusti che torneranno nel secolo seguente. I suoi “Racconti”,
infatti, ispirati da una pura acrobazia intellettuale, si muovono ai
confini dell'assurdo.
V. IL REALISMO MAGICO:
“Precisione realistica di contorni, solidità di materia ben poggiata sul
suolo e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire, traverso
un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la nostra vita si
proietta”; questa è la definizione del realismo magico fornita da
Bontempelli nel 1938. Fantasia e realtà sono i due elementi cardine delle
opere di Massimo Bontempelli, in equilibrio tra due opposti che,
respingendosi, si attraggono. La libertà assoluta della fantasia e la
consistenza distaccata della realtà conferiscono alla sua arte una volontà
di assoluto, di assurdo ed imprevedibile come una favola: il “realismo
magico”.
Un’altra definizione viene invece data da Giovanni Cappello,
ambasciatore e armatore italiano: su tratta “Di una sorta di ossimoro in
cui vengono opposti e mantenuti in contatto due elementi
semanticamente in contrasto: da una parte ‘realismo’, sostantivo, con
tutte le implicazioni, dalle più ovvie alle più tecniche; dall’altra,
l’aggettivo ‘magico’”.
Verso la prima metà del Novecento si sviluppa una particolare stile
narrativo identificato con il termine di “realismo magico”, il cui iniziatore
è Massimo Bontempelli. Esso è costituito dalla presenza di un fattore
magico e soprannaturale, generalmente neanche spiegabile, ma che
agisce sulla vita dei personaggi, ne determina le azioni ed è inevitabile.
Questo fattore magico, in sostanza, non è altro che la realtà stessa, la
quale è l’inevitabile sovrastruttura sociale e culturale contro cui ognuno
dei protagonisti di un romanzo si trova a confrontarsi nella quotidianità.
Questo particolare stile si basa sull’irruzione del fantastico, dell’inconscio,
dell’assurdo nella banalità della vita quotidiana; vi è inoltre esaltazione di
sorpresa, terrore, umorismo, la presenza di un oggetto in quanto sogno, il
quale funge da mediatore che segnala di passaggio (passaggio dalla
realtà al sogno) e il sogno perturbante. Per quanto riguarda le tecniche
utilizzate gli autori del realismo magico prediligono la descrizione
minuziosa e particolare, l’utilizzo dell’ellissi e della metafora.
I seguenti elementi si ritrovano in molti romanzi del realismo magico, ma
non tutti si possono trovare in ogni romanzo e molti si ritrovano in
romanzi che ricadono in altri generi.
o Contiene un elemento magico e sovrannaturale (o paranormale).
o L'elemento magico può essere intuito ma non è mai spiegato.
o I personaggi accettano invece di mettere in questione la logica
dell'elemento magico.
o Esibizione di ricchezza di dettagli sensoriali.
o Distorsioni temporali, inversioni, ciclicità o assenza di temporalità.
Un'altra tecnica è quella di collassare il tempo in modo da creare
un'ambientazione in cui il presente si ripete o richiama il passato.
o Inversione di causa ed effetto, per esempio un personaggio può
soffrire prima che una tragedia avvenga.
o Incorporare leggenda e folklore.
o Presentare eventi da prospettive multiple, ad esempio il credere ed
il non-credere o il colonizzatore e il colonizzato.
o Può essere una evidente ribellione contro un governo totalitario o
contro il colonialismo.
o Può essere ambientato in o provenire da un'area di mescolanza
culturale.
o Usa un riflettersi del passato e del presente, dei piani astrali e fisici,
o dei personaggi.
Il termine "realismo magico" può non essere visto solo come uno
specifico movimento storico-geografico, infatti spesso viene inteso come
un elemento di stile che può essere rilevato in una grande varietà di
romanzi, poesie, dipinti e opere cinematografiche non solo del
Novecento. Ad esempio ultimamente il realismo magico è stato ripreso
dal regista messicano Iñárritu, che grazie al successo dei suoi film lo ha
portato ad un pubblico più vasto.
TRAMA:
Antonio Morro, proprietario di una vasta tenuta boschiva muore lasciando
in eredità a suo nipote Sebastiano Procolo e al nipote di quest’ultimo,
Benvenuto Procolo, il suo bosco. Lo scambio per il colonnello (il sig.
Procolo) sembrava ineguale: a lui era toccata una parte piccola della
tenuta, il Bosco Vecchio, ed una casa in cima ad una collina appena fuori
il bosco centenario, mentre a Benvenuto una parte più vasta. Appena
Procolo arriva alla sua nuova villa e vede il bosco pensa che tutta quella
legna gli sarebbe fruttata bene; ma i suoi sogni vengono infranti dal
signor Bernandi, membro della commissione forestale. Sebastiano cerca
in tutti i modi di sopraffare il Bernardi per poter abbattere il bosco e di
uccidere il nipote Benvenuto per acquisire la sua parte di foresta. I sogni
del colonnello prendono forma quando conosce, dopo averlo liberato
dalla sua prigionia, il vento Matteo che per gratitudine gli promette che lo
avrebbe servito fino alla sua morte. Il vento fa vari tentativi per uccidere
il nipote di Procolo, ma tutti falliscono a causa della sua prolungata
prigionia. Però una notte Sebastiano attratto da voci provenienti dal
Bosco Vecchio ne scopre il segreto: il bosco è abitato da genii, e fra
questi c’era il sig. Bernardi. Nel frattempo il vento Matteo scopre che è
stato rimpiazzato da un altro vento: il vento Evaristo, dopo una cruenta
battaglia fra i due il secondo vince sul primo che si ritira isolandosi. Il
colonnello decide così di uccidere con le sue mani suo nipote, lo porta nel
Bosco Vecchio con l’intento di abbandonarlo, ma si perdono entrambi.
Procolo perde le tracce di Benvenuto, passa alcuni giorni solo nel bosco,
finché non ritrova il nipote vivo, riportandolo così alla sua tenuta.
Dopo di ciò il colonnello viene processato da un tribunale di uccelli e
condannato colpevole di aver tentato di uccidere di uccidere il proprio
nipote. Come condanna la sua ombra si rifiuta di essere l’ombra di un
assassino. Dopo alcuni giorni Benvenuto si ammala gravemente,
nemmeno i dottori lo potevano aiutare, così Sebastiano va dal Bernardi e
poiché lui è un genio gli chiede di aiutare suo nipote. Il genio lo fa, ma in
cambio vuole che Procolo smetta di tagliare la legna al Bosco Vecchio.
Tornando a casa il colonnello scopre che la sua ombra rea tornata. Il
giorno della vigilia di capo d’anno, durante la notte Matteo da una notizia
al suo padrone: Benvenuto era stato travolto da una slavina mentre
sciava. Appena il vento se ne va via il colonnello va a cercare suo nipote,
lo cerca ma non lo trova, nella foresta intanto si sparge la voce e molti
animali accorrono a vedere, dopo una lunga ricerca nella neve
Sebastiano Procolo è appoggiato morente ad un albero. Matteo accortosi
di ciò rivela al suo proprietario che era tutta una burla per tirarlo su di
morale per il primo giorno dell’anno, così Procolo prima di morire chiese
scusa al suo servo per avergli mentito riguardo ai suoi sentimenti per
Benvenuto. Il vento va in fine dal nipote del deceduto a dargli la
spiacevole notizia, spiegandogli che anche lui si sarebbe disciolto col suo
padrone. Benvenuto decide di seguirlo fino alla sua fine, al momento
della morte del vento egli disse al ragazzo che sarebbe diventato un
degno successore di suo zio, e che dal giorno successivo sarebbe tutto
cambiato, lui non avrebbe più sentito le voci della foresta.
Altra trama: racconta le vicende di Sebastiano Procolo, colonnello in
pensione dal carattere rigido e meticoloso, che riceve in eredità una
porzione di tenuta boschiva, chiamata Bosco Vecchio dagli abitanti del
luogo, presso la località Valle di Fondo. Presto gli interessi del Procolo
vengono a scontrarsi con le ragioni degli spiriti abitanti della foresta, che
cercano di opporsi al taglio degli alberi voluto dal nuovo padrone. Il
colonnello riesce poi a stabilire un patto con gli spiriti silvani grazie
all’alleanza con un’entità temuta in tutta la foresta, il Vento Matteo. É
così che, stabilita la propria supremazia sul Bosco Vecchio, Sebastiano
comincerà a provare l’oscuro e perverso desiderio di uccidere il nipote
Benvenuto, dodicenne orfano residente in un collegio poco distante e
beneficiario della porzione di bosco più ampia, per godere pienamente
delle sostanze lasciate in eredità.
IL MITO:
I protagonisti sarebbero, dunque, dei veri e propri archetipi; il saggio
“Figure mitologiche e immagini archetipiche” di Vittorio Caratozzolo
mette in relazione la figura di Sebastiano a quella mitica di Urano e
Crono/Saturno, i quali “con violenza rifiutano i propri figli per timore di
esserne detronizzati”. Il personaggio di Benvenuto, invece, sarebbe
accostabile all’immagine del fanciullo divino, creatore di conflitti
all’interno dell’uomo. La figura del Bosco Vecchio sarebbe, secondo
Caratozzolo, accostabile all’Ade, a cui viene attribuita, nell’analisi
psicologica del mito, la funzione di regno delle anime e dell’inconscio.
Dunque, una volta chiarite le rispettive immagini archetipiche che si
celano dietro a queste tre figure, è facile giungere ad una sensata
conclusione interpretativa. Benvenuto, figura dionisiaca, riesce a
comunicare col Bosco Vecchio, cioè con l’inconscio, cosa che Sebastiano
non è più in grado di fare e per questo adotta un atteggiamento
aggressivo verso il ragazzo, minaccia di una primitività caotica. Questa
linea di lettura dell’opera è avvalorata dal fatto che “Il romanzo di Buzzati
sembra addirittura giovarsi del vento propulsivo che al tempo stesso
sospinge Jung nelle sue ricerche sull’inconscio collettivo”.
TEMATICHE:
o L'irrazionale ossequio a una regola inconoscibile e tirannica;
o L’angosciosa ricerca di un senso della vita;
o Luoghi metafisici, immagini simbolo della solitudine e della
impossibilità di sfuggire al proprio destino (qui Bosco Vecchio,
come in Barnardi delle montagne la montagna e nel Il deserto dei
Tartari il deserto);
o L'inesorabilità dello scorrere del tempo ("...l'assillante scansione
delle ore, del tempo, delle stagioni";
o La sacralità della natura, qui rappresentata dal Bosco Vecchio
popolato di geni, alberi viventi e animali parlanti;
o Il passaggio dall'infanzia alla maturità, dalla fantasia alla
razionalità: è il percorso compiuto da Benvenuto, che abbandona
un mondo costituito da spiriti del bosco e altre creature fantastiche,
per entrare nell'età della coscienza, nel mondo degli uomini spesso
fatto di cattiverie e crudezze;
o La caduta e la redenzione: Sebastiano, divorato dal demone
dell'avarizia, riscopre il contatto con la natura e l'altruismo fino al
sacrificio. Indicativa in tal senso la narrazione della perdita
dell'ombra di Sebastiano, che sembra alludere allo smarrimento
dell'immagine di sé come causa di depressione, dalla quale l'uomo
si risolleva (l'ombra ritorna) ritrovando l'affetto per il nipote. È
inoltre presente una tematica di tipo ecologico con riflessioni sulla
necessità della convivenza tra l'uomo e l'ambiente naturale per la
sopravvivenza di entrambi;
o La paura e il rifiuto della vita di città, il cui emblema, di contro alla
nuda e sincera verità della montagna, è la pianura: il luogo di esilio;
o La dimensione onirica, manifesta il bisogno di immergersi nella
potente e incontrollabile forza della natura, rigeneratrice e
devastante; il recupero di un contatto con le presenze animali e
vegetali, proiezioni fantasmatiche che popolano e animano il
“regno segreto” di Buzzati, colorano e accompagnano l’inevitabile
commistione tra il piano realistico, caparbiamente difeso dal
colonello Procolo, e quello fantastico, dato dall’aura che avvolge
tutti i personaggi umani e non del racconto;
o È un percorso iniziatico, una prova di coraggio, una ricerca di
sentimenti puri e di umanità che deve portare al trionfo del bene
sul male; proprio come nelle favole. Sebastiano Procolo è
intenzionato ad abbattere il bosco per fini speculativi e spinto dalla
bramosia vuole impossessarsi anche della parte di proprietà che è
toccata a Benvenuto; la sua avidità lo condurrà persino a stipulare,
contraddicendo la sua razionalità di uomo dell’esercito, un’alleanza
col terribile vento Matteo per progettare l’omicidio del nipote. Alla
fine però Sebastiano fa spazio nel suo cuore all’affetto per il nipote
e rimedia alla situazione che tragicamente precipita sacrificando sé
stesso. Il romanzo quindi è un vero e proprio percorso di
formazione che riflette sul senso delle occasioni perdute e sulla
solitudine, e porterà il colonnello e il nipote ad essere persone
diverse alla fine della loro storia; entrambi mutano i propri punti di
vista, il colonnello riacquista dignità, il nipote saggezza: c’è chi
cresce e c’è chi muore.
RIFLESSIONI PERSONALI:
La riflessione che questo libro vuole infondere è da ricercarsi nell’ultima
frase che il vento Matteo dice a Benvenuto prima di svanire: «Tu domani
sarai molto più forte, domani comincerà per te una nuova vita, ma non
capirai più molte cose: non li capirai più, quando parlano, gli alberi, né gli
uccelli, né i fiumi, né i venti… rideresti anzi di queste cose». Questa
frase, secondo me, sta a significare che solo se si resta semplici come
bambini si possono scoprire o apprezzare cose che se così non fosse non
si sarebbero nemmeno notate. l segreto del Bosco Vecchio è, dunque, un
invito a riscoprire la parte più intima e genuina nascosta in noi, alla
ricerca del piccolo Benvenuto che può aiutarci a ristabilire, o, almeno, a
ricordare l'entusiasmo con cui da fanciulli sapevamo guardare alla vita.
IX. LA SCRITTURA:
DEFINIZIONE DI SCRITTURA:
La scrittura si definisce come l’insieme dei diversi comportamenti
che la producono e non tanto e non solo come prodotto finale.