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L’Età UMANISTICA

Quest’epoca si afferma nel XV secolo ed è caratterizzata da importanti mutamenti politici, culturali e sociali
oltre che da una prodigiosa fioritura artistica. Il mito della “rinascita”, attraverso il RECUPERO DELLA
CIVILTA’ CLASSICA, segna infatti la distanza dal Medioevo, bollato come epoca barbara e oscurantista,
sebbene oggi ampiamente rivalutata.
Non a caso si parlerà in seguito di Rinascimento per indicare la fase che ha inizio alla fine del 1400 e si
estende al secolo successivo (1493-1559). Prima di analizzare il nuovo orizzonte culturale, occorre partire
dai principali mutamenti politici. In questo periodo, infatti, le Signorie si trasformano in principati perché il
potere dei Signori viene riconosciuto dalla Chiesa o dall’Impero. Solo a Firenze sopravvive la Repubblica fino
al 1435 quando si imporrà la Signoria dei Medici con il suo capostipite, Cosimo. A suo figlio, Piero,
succederà Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, per la sua capacità di garantire stabilità agli Stati italiani.
Non a caso l’anno della sua morte, il 1492, noto anche per la scoperta dell’America, segnerà uno
spartiacque decisivo, aprendo alla nuova epoca rinascimentale. Del resto in questi anni, oltre a Lorenzo,
anche la pace di Lodi aveva garantito un lungo periodo di stabilità che si sarebbe protratto per la precisione
fino al 1494. Oltre a quella dei Medici a Firenze, occorre ricordare tra le principali Signorie italiane le
seguenti:

- gli ESTENSI a Ferrara;

- i GONZAGA a Mantova;

- i MONTEFELTRO ad Urbino.

-gli SCALIGERI a Verona;

- i DA CARRARA a Padova;

Anche sotto il profilo economico si registra in quest’epoca una fase di rinnovato benessere, favorito dalla
diffusione delle banche, sebbene continui ad accentuarsi il divario tra le classi sociali. Si assiste inoltre
contemporaneamente ad una limitazione delle libertà del cittadino, ormai considerato suddito sottoposto
al signore. Una delle principali caratteristiche di questo periodo è il MECENATISMO. A corte, infatti, i signori
si circondano di letterati, intellettuali e artisti ai quali garantiscono accoglienza e protezione e in cambio
vengono loro affidati incarichi di diverso tipo (politici, diplomatici, come segretari, ecc.…). La loro libertà di
espressione in campo artistico dipende però dall’atteggiamento dei signori. La prodigiosa fioritura artistica
nasce proprio da qui: le Signorie diventano centri di cultura e i palazzi dei signori vengono abbelliti con
affreschi e statue. I letterati cominciano però di fatto a adulare i signori, legandosi ad essi con rapporti di
stretta dipendenza e si distaccano sempre di più dalla realtà cittadina. Tra i principali centri di cultura del
periodo si segnala ancora Firenze. Infatti, nel periodo in cui è ancora una Repubblica, a Firenze assume
importanza la cancelleria della Repubblica, la quale viene affidata ad illustri letterati: Coluccio Salutati,
Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini. Essi sono i rappresentanti del primo Umanesimo fiorentino, definito
come Umanesimo civile. Nel resto d’Italia invece la corte resta, come già sottolineato, il centro di
elaborazione della cultura, ma nel 1400 sorgono anche Accademie, Università e biblioteche, che
favoriscono la discussione e lo scambio di idee. Tra le Accademie più note quella Platonica di Firenze e
quella Pontaniana di Napoli. Nel 1455 viene inventata da Gutenberg la stampa a caratteri mobili e la
bottega dello stampatore diventa un altro luogo di scambio culturale. A Venezia sorge la bottega del più
famoso stampatore del periodo, Aldo Manuzio. Tutti questi fermenti culturali portano alla nascita di tre
distinte tipologie di intellettuali.

TRE TIPI DI INTELLETTUALI


• INTELLETTUALE LAICO: sopravvive solo nella Firenze repubblicana ed è il cittadino che NON si mantiene
grazie alla sua attività intellettuale, ma ad altre attività. Rappresentanti sono i già citati Coluccio Salutati,
Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini che lavoravano nella Cancelleria della Repubblica fiorentina;

• INTELLETTUALE CORTIGIANO: i letterati che a corte vivono alle dipendenze del signore, ricevendone in
cambio protezione e mantenimento;

• CHIERICI: la condizione clericale offriva infatti grandi vantaggi economici ed era pertanto una delle opzioni
più gettonate.
Continuando la rassegna nei caratteri culturali del periodo l’uomo viene esaltato nelle sue doti fisiche e
intellettuali tanto da collocarsi al centro di quest’epoca. Si parla infatti di VISIONE ANTROPOCENTRICA che
sostituisce quella teocentrica, tipicamente medievale. L’uomo appare più sicuro di sé, forte e dignitoso,
capace (come già ci aveva insegnato Boccaccio) di contrastare i colpi della fortuna. Egli riesce a raggiungere
un equilibrio tra corpo e mente (“mens sana in corpore sano”). Proprio il corpo, infatti, nel Medioevo
ritenuto fonte di peccato, viene ora valorizzato perché la bellezza esteriore è considerata riflesso di quella
interiore. L’uomo allora celebra l’esistenza terrena e rivendica il valore della realtà mondana. Da qui
nascono due tipici atteggiamenti:

- quello edonistico, indirizzato alla ricerca del piacere e dell’evasione;

- quello naturalistico, indirizzato al godimento della natura.

Gli IDEALI di epoca umanistica poi sono numerosi; tra gli altri si ricordano:

- LA DIGNITA’ UMANA;

- IL SENSO DI GIUSTIZIA;

- IL SENSO DELLA MISURA;

- LA PAZIENZA (intesa come capacità di superare le avversità);

- IL RISPETTO PER GLI ALTRI.

Altra connotazione del periodo è l’affermazione del PRINCIPIO DI IMITAZIONE che si ricollega alla riscoperta
del mondo classico. Infatti, si riscrivono le opere del passato cercando di non limitarsi ad un’imitazione
passiva, ma rendendola creativa. Così si riportano in vita le opere di Platone e assieme al platonismo si
afferma il neoplatonismo, che tenta di conciliare platonismo e cristianesimo (Marsilio Ficino ne fu il
massimo esponente); si riscopre anche Cicerone e si esaltano le forme della repubblica romana o del
principato augusteo, descritte negli autori classici. Già con Petrarca e Boccaccio, del resto, si era avvertita
l’esigenza di conoscere i classici latini e greci, riportandoli alla luce e recuperandone il significato storico.
Pertanto, i manoscritti antichi vengono ricercati nelle biblioteche di tutta l’Europa. Al centro della
formazione dell’uomo si collocano gli STUDIA HUMANITATIS, cioè gli studi di umanità: l’eloquenza, la
filosofia, la filologia e la storia, ritenuti indispensabili per una corretta formazione dell’individuo. Da qui
nasce la definizione stessa di Umanesimo. Per gli esponenti fiorentini della Cancelleria l’Umanesimo è civile
perché questi studi possono formare l’individuo anche alla vita politica, cittadina per l’appunto. Con gli
umanisti finisce inoltre per affermarsi una nuova scienza, la FILOLOGIA (“amore della parola”), che studia
criticamente i testi e li ricostruisce in assenza degli originali. Per farlo i filologi confrontano tra loro le copie
delle opere, copie spesso ricche di errori, e cercano di EMENDARLI (correggerli), per realizzare una copia
finale che sia il più simile possibile all’originale. Si riesce così perfino a dimostrare la falsità di molti
documenti. Il falso più clamoroso si rivela quello della “donazione di Costantino”. Si trattava di un
documento con cui l’imperatore Costantino lasciava Roma al papa e legittimava il potere della Chiesa. A
dimostrare che si trattava di un falso fu il filologo Lorenzo Valla, altro grande umanista. Egli dimostrò che il
documento non poteva risalire al IV secolo d.C. e che quindi non poteva che trattarsi di un falso medievale.
Dal punto di vista linguistico invece, in una prima fase si afferma la LINGUA LATINA come lingua letteraria e
il volgare resta relegato per usi pratici (nelle cancellerie, negli atti pubblici, ecc...). Di conseguenza in questa
fase il pubblico è esclusivamente composto da dotti. Verso la metà del 1400 si ha invece un’inversione di
tendenza: si impone infatti il VOLGARE come lingua della cultura, modellata sui classici. Si afferma su tutti il
volgare fiorentino trecentesco su proposta di Pietro Bembo, ma anche questa lingua è parlata da un
numero ristretto di persone (perché le lingue veramente parlate continuano ad essere i dialetti). Pertanto,
si delinea una netta frattura tra lingua letteraria e lingua parlata dalla maggioranza della popolazione.

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