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ANGIONI FEDERICA L'ETA' UMANISTICA

1. Premessa
Problemi di periodizzazione Nel corso del Quattrocento in Italia si ha una svolta che porta dei cambiamenti nella visione del mondo, nelle rappresentazioni artistiche e letterarie e nel campo delle scienze; tali cambiamenti danno inizio a una nuova era denominata Rinascimento. L'Italia, per quanto riguarda, appunto, l'avvio del Rinascimento, si trovava in una situazione di avanguardia rispetto agli altri paesi europei: Francia, Germania e Stati Uniti, infatti, si trovavano ancora in pieno Medio Evo. Come Come avviene in ogni periodizzazione, impossibile dare una data precisa che indichi l'inizio del Rinascimento, oppure fare una netta distinzione tra Medio Evo e Rinascimento e considerare le due et come et opposte tra di loro. Gi nel Medio Evo, infatti, erano presenti alcuni elementi che facevano capire che da li a presto vi sarebbero stati dei profondi cambiamenti, e ancora nel Quattrocento e nel Cinquecento erano presenti elementi del Medioevo. I termini Medio Evo e Rinascimento, quindi, servono pi che altro per aiutarci a orientarci nella storia, non per distinguere nettamente due et. La distinzione tra Umanesimo e Rinascimento Il Rinascimento stesso pu essere suddiviso in due periodi: Umanesimo: coincide con il Quattrocento. E' l'et in cui si ha la riscoperta dell'antichit e dei classici, e si torna allo studio degli humanitas; Rinascimento vero e proprio: coincide con i primi decenni del Cinquecento. E' l'et in cui si ha il trionfo della nuova civilt, della cultura e delle arti. Entrambi i periodi, comunque, fanno parte della stessa era e, ovviamente, sono legati da elementi fondamentali. I due periodi si distinguono, inoltre, per alcuni episodi politici e storici: la crisi e la perdita d'indipendenza degli stati italiani, lo sviluppo delle tecniche militari e delle vie di comunicazione, lo sviluppo della stampa e della Riforma Protestante. 2. Centri di produzione e di diffusione della cultura La corte Durante il Quattrocento il centro della cultura in Italia era la corte. Qui, il signore, o il principe, si circondava non solo di finanzieri e dignitari, ma anche e soprattutto di artisti e letterati; il signore faceva ci per il proprio interesse culturale, ma anche per far aumentare il prestigio della propria corte. Nella corte si sviluppa il fenomeno definito mecenatismo: il signore offre mantenimento e protezione agli artisti e ai letterati, definiti intellettuali, che, in cambio, compongono opere nelle quali elogiano il proprio signore e mettono in risalto tutti quei principi che andarono a svilupparsi nell'ambiente cortigiano: le buone maniere, la raffinatezza, l'eleganza, la maestosit, ecc... Le opere degli intellettuali, oltre ad essere destinate ai signori, erano anche utilizzate per allietare gli ozi della corte. Gli intellettuali, comunque, non si limitavano solamente a scrivere opere: essi, infatti, dipingevano saloni e cappelle, organizzavano feste e spettacoli teatrali. All'interno della corte, quindi, si svilupp una vera e propria civilt che and ad estraniarsi dal mondo esterno. All'interno della corte, l'intellettuale aveva trovato il luogo ideale per il proprio mestiere: non doveva badare al denaro, poteva scrivere e studiare senza essere disturbato, svolgeva un ruolo fondamentale per la societ ed era continuamente apprezzato. Tuttavia, per il fatto che la corte fosse un luogo chiuso e frequentato sempre dalle stesse persone, gli intellettuali andarono incontri a dei pericoli impliciti: l'intellettuale, stando sempre all'interno della corte e frequentando solamente cortigiani, and ad estraniarsi dalla societ e non poteva quindi essere un cittadino attivo nel proprio paese; and a crearsi una sorta di legame di servit tra il signore e l'intellettuale. Tutto ci avrebbe fatto s che gli intellettuali andassero a produrre una cultura schematica e sempre uguale. 3. Intellettuali e pubblico Intellettuale cittadino e intellettuale cortigiano Durante i primi decenni del Quattrocento sopravvive la figura dell'intellettuale comunale. Questo un intellettuale che vive nelle citt e che trae sostentamento non dalla sua attivit di artista, bens dal altre attivit; un intellettuale che partecipa attivamente nella politica del suo Comune e che continua a ricoprire cariche pubbliche. Tuttavia, la figura di intellettuale che diviene dominante quella dell'intellettuale cortigiano, ossia l'intellettuale che vive nell'ambiente della corte. Un intellettuale cortigiano pu appartenere ad una famiglia

ANGIONI FEDERICA aristocratica e, quindi, trae sostentamento dalla sua stessa condizione sociale, come nel caso di Matteo Maria Boiardo; pu essere il signore stesso della citt, come nel caso di Lorenzo De' Medici; pu essere, come accade nella maggior parte dei casi, un intellettuale alle dipendenze del signore. Quest'ultimo tipo di intellettuale riceve protezione e mantenimento dal signore e, in cambio, offre a questo i suoi servizi. Le differenze esistenti tra l'intellettuale comunale e quello cortigiano sono principalmente due: la subordinazione con il signore; la professionalit della propria attivit. La dipendenza dalla corte e la condizione clericale Le mansioni svolte dagli intellettuali erano varie, e dalle mansioni svolte dipendeva la dipendenza pi o meno stretta dal signore. Vi erano alcuni intellettuali che svolgevano unicamente l'attivit di letterati o di artisti; alcuni svolgevano compiti politici e diplomatici (erano, quindi, ambasciatori o consiglieri); alcuni svolgevano il compito di segretari o cancellieri; altri erano bibliotecari; ad alcuni, invece, era affidata l'educazione dei figli dei signori. L'unica alternativa alla dipendenza dal signore era la condizione clericale. Questa condizione permetteva di godere di benefici ecclesiastici, prendendo solamente gli ordini minori che implicavano solo il celibato. Tale condizione fu assunta da molti, tra i quali Petrarca e Boccaccio. La condizione clericale non implicava obblighi ideologici in quanto i chierici, comunque, erano assolutamente indipendenti dal signore e, inoltre, bens questi intellettuali fossero legati alla chiesa, non dovevano necessariamente trattare tematiche religiose nelle loro opere. Il ruolo di prestigio e la mobilit degli intellettuali Durante il Quattrocento la cultura letteraria assume un'importanza centrale; si ritiene, infatti, che solo chi possiede questo tipo di cultura pu elevarsi spiritualmente per divenire un membro dell'lite cortigiana. Gli intellettuali di questo periodo sono caratterizzati da alcuni elementi: innanzitutto dalla consapevolezza di avere un ruolo centrale nell'ambiente cortigiano, e, per questo motivo, essi affermano di essere coloro che elaborano i principi attorno ai quali ruota la societ, e di formare i ceti governanti. In secondo luogo, questi intellettuali sono caratterizzati da un'estrema mobilit: in Italia, infatti, sono presenti numerose corti, e gli intellettuali viaggiano sia per cercare chi offra loro una migliore protezione e un miglior mantenimento, e sia per sfamare la loro curiosit. Da ci deriva un movimento di intellettuali e una diffusione di idee che fanno si che tutte le corte siano accomunate da alcuni elementi: la riscoperta degli antichi, lo studio dei classici e dell'humanitas. 4. Le idee e le visioni del mondo: l'Umanesimo Il mito della rinascita Tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento in Italia si svilupp quel fenomeno definito mito della rinascita. Questo fenomeno nacque dall'esigenza di rendere alla cultura classica la sia autentica fisionomia, una fisionomia che era stata deformata e rovinata durante il Medio Evo. Secondo gli intellettuali di questo tempo, infatti, il Medio Evo era stato un periodo caratterizzato da rozzezze e barbarie, un periodo che aveva per cos dire rovinato la cultura classica. In realt, oggi sappiamo che il Medio Evo fu un periodo caratterizzato non da una cultura inferiore, bens da una cultura diversa. Inoltre, gi nel Medio Evo erano presenti alcuni elementi che facevano presumere uno sviluppo durante il quale gli intellettuali avrebbero ricominciato a studiare i classici e gli autori antichi. Da ci, dunque, la consapevolezza che il Medio Evo era ormai un'et conclusa. La visione antropocentrica Durante il Medio Evo si ha una visione del mondo teocentrica: Dio al centro dell'universo e della storia, e quest'ultima frutto del disegno provvidenziale di Dio. Durante il Rinascimento, invece, si ha una visione del mondo antropocentrica: l'uomo posto al centro dell'universo, ed artefice e protagonista della propria storia. Durante il Medio Evo l'uomo considerato una creatura fragile, debole e pescatrice; si afferma che la vita terrena dell'uomo solo una vita di passaggio, in quanto la sua vera patria il cielo. Nel Medio Evo l'uomo non ha libert di scelta, in quanto egli si limita a scegliere tra il bene e il male. Durante il Rinascimento, invece, l'uomo considerato forte e capace di essere artefice del proprio destino e della propria storia: egli, inoltre, ha una pi ampia libert di scelta. Il valore del mondo terreno e il rapporto con i classici Sebbene durante il Quattrocento si affermi una concezione laica dell'universo, il sentimento religioso non va a diminuire. Anzi, in questi anni si cerca di riportare il messaggio iniziale alla

ANGIONI FEDERICA sua iniziale fisionomia, in quanto si riteneva che essa, durante il Medio Evo, si fosse deformata. Non viene negata, quindi, la vita ultraterrena; si afferma solamente che l'uomo, prima di vivere in cielo, si realizza nella vita terrena vivendo e collaborando con gli altri uomini tra gli agi e le ricchezze che egli stesso si procurato. Si sviluppa, quindi, quell'atteggiamento che pu essere definito edonistico, cio teso al piacere senza sensi di colpa, accompagnato dal naturalismo, ossia al godere della natura. Gli uomini del Rinascimento si rifanno alla cultura classica, specialmente a quella romana, in quanto anche gli antichi romani erano naturalisti e davano una grande importanza alla vita terrena, alla vita attiva politicamente e socialmente. Gli uomini del Rinascimento, quindi, si rifanno agli uomini antichi per capire meglio se stessi. Il principio di imitazione Si sviluppa quindi il cosiddetto principio di imitazione, secondo il quale gli uomini del Rinascimento si rifanno agli uomini antichi per riuscire a raggiungere la loro perfezione. Nel Rinascimento, quindi, si costruiscono edifici secondo gli stili antichi, si riporta in vita la filosofia di Platone, si scrivono opere secondo lo stile di Cicerone, e si cerca di costruire un governo simile alla Repubblica Romana. Il presente, comunque, rimane diverso dal passato, per cui imitare passivamente gli antichi sarebbe stato totalmente inutile: bisognava rispondere alle esigenze del presente prendendo spunto e rifacendosi agli antichi. A questo punto, quindi, unendo lo studio degli antichi con la pratica, che, pur basandosi sugli antichi, rispondeva alle esigenze del presente, si arriv allo sviluppo di una delle civilt pi fiorenti della storia italiana. La riscoperta dei testi antichi e la conoscenza della cultura greca Con Petrarca e Boccaccio nasce anche la curiosit di riscoprire i testi di quegli autori latini che, ormai, non erano pi presi in considerazione. Petrarca, infatti, durante i suoi viaggi in Europa, amava frugare nelle biblioteche alla ricerca di questi testi antichi. In questi anni, quindi, si avvio una sorta di ricerca ai manoscritti antichi i quali, in poco tempo, riuscirono ad arricchire enormemente la cultura latina. Contemporaneamente si sviluppa anche l'esigenza di conoscere la letteratura e la filosofia greca, in quanto essere erano i presupposti del latino. Anche in questo caso Petrarca e Boccaccio si impegnarono negli studi, anche se nessuno dei due riusc mai ad avere il pieno dominio della lingua greca. La coscienza del distacco dall'antico Durante il Rinascimento non solo aumento il numero di conoscenze culturali, cambia anche la qualit del modo di approcciarsi con l'antichit. Nel Medio Evo, infatti, sebbene si conoscesse la cultura antica, si si conosceva bene il distacco esistente tra essa e il presente, e, per questo motivo, si tendeva ad assimilare la cultura classica e a sovrapporla con il presente. Ad esempio si leggeva Virgilio e contemporaneamente si leggeva l'Eneide; quest'ultima, per, veniva letta in chiave allegorica cos come, giustamente, si dovevano leggere in chiave allegorica le opere di Virgilio. Nel Rinascimento, invece, si ben consapevoli del distacco esistente tra antichit e presente, ed proprio per questo motivo che si cerca di riportare la classicit alla sua vera fisionomia che stata deformata durante il Medio Evo. In secondo luogo, durante il Medio Evo le opere degli antichi venivano considerate come delle verit assolute che non dovevano essere messe in discussione, al massimo si poteva cercare di interpretarle; nel Rinascimento, invece, si ha la consapevolezza che queste opere possono essere capite solo se vengo collocate nel loro preciso contesto storico. Dunque, sebbene le espressioni del mondo antico sono espressioni perfette, devono essere riformulate per far si che rispondano alle esigenze del presente. La filologia umanistica L'esigenza di rendere alla classicit la propria fisionomia e di collocarla in un determinato contesto storico, fa nascere un nuovo metodo con il quale accostarsi ai classici. Tale metodo si basa su alcuni punti molto importanti: la perfetta conoscenza dell'uso del latino antico: il latino parlato durante il Medio Evo, infatti, era diverso dal latino che Cicerone e Virgilio utilizzavano per scrivere le loro opere; l'eliminazione degli errori nei testi: durante le copiature fatte nel Medio Evo, infatti, i testi si erano impregnati di errori che dovevano essere assolutamente eliminati. Per fare ci era necessario confrontare il maggior numero di testi possibile per far si che le copie risultassero il pi uguali possibili all'opera originale; la conoscenza dei fatti storici: per riuscire a capire adeguatamente un'opera era necessario conoscere perfettamente i fatti storici avvenuti durante il periodo nel quale l'opera dev'essere collocata. Per fare ci necessario documentarsi. In questo modo nasce la filologia, ossia la scienza della parola e del testo.

ANGIONI FEDERICA Con la filologia, inoltre, si afferma il fatto che nulla deve essere considerato come una verit assoluta solo perch un qualcosa che viene tramandato dalla tradizione: tutto deve essere sottoposto a critiche, deve provenire da fonti certe, e deve essere documentato.

ANGIONI FEDERICA IL POEMA EPICO CAVALLERESCO 1. I cantari cavallereschi Un genere destinato a un pubblico popolare Durante il Medio Evo diviene molto importate il poema epico-cavalleresco. Questo erano un componimento narrativo in versi che trattava le avventure di cavalieri e paladini, e che veniva cantato nelle piazze dai giullari; era, quindi, un componimento destinato ad un pubblico non colto. Nel poema epico-cavalleresco si ha l'unione tra i personaggi del ciclo carolingia e l'ambiente del ciclo bretone: si fa strada la ricerca della pura avventura e del meraviglioso. Assume una grande importanza la tematica amorosa, un tempo che nel primitivo ciclo carolingio era del tutto assente, e il tema comico: i giullari, infatti, rovesciano in chiave buffonesca le figure degli eroi tradizionali. Per il fatto che il poema epico-cavalleresco un poema destinato ad un pubblico non colto, gli autori cercano di utilizzare metodi narrativi molto semplici: effetti a sorpresa e ripetizione di scene; ovviamente, anche la metrica e lo stile sono molto semplici e rozzi. Le opere principali e la loro influenza sui poeti successivi Il poema epico-cavalleresco ebbe una grande importanza anche per i poeti successivi. Questi, come ad esempio Boiardo ed Ariosto, ripresero tali poemi e cercarono di portarli a livelli pi elaborati ed elevati per far si che divenissero poemi adatti all'ambiente di corte. 3. La riproposta dei valori cavallereschi: l'Orlando innamorato di Boiardo I cantari venivano recitati per lo pi nelle piazze e, quindi, continuavano a mantenere i caratteri dell'oralit; ci finch alcuni autori, come Ariosto o Boiardo, non decisero di portare tali poemi ad un livello pi elevato, e di farli rivivere nella corte. I poemi epico-cavallereschi rivivono nella corte per due motivi: innanzitutto, rappresentano il tipo di svago e di divertimento perfetto per i cortigiani; in secondo luogo, la corte ha in se quegli ideali cavallereschi che rispecchiano i poemi. La corte di Ferrara ebbe una grande importanza in questi anni. Qui, infatti, lavorarono alcuni grandi autori, tra i quali Boiardo e Ariosto. Quest'ultimo, proprio nella corte di Ferrara, lavor all'opera intitolata Orlando innamorato. Matteo Maria Boiardo I. La vita Matteo Maria Boiardo nacque nel 1441 da una famiglia dell'antica nobilt feudale, e ad appena 20 anni si ritrov a governare un feudo presso Reggio Emilia. Tuttavia, qui trascorse pochi anni, in quanto in seguito fu impegnato a svolgere alcune missioni diplomatiche e durante il tempo libero si dedicava alla caccia o agli studi umanistici. Nel 1476 si trasfer stabilmente a Ferrara, per poi trasferirsi, nel 1487, nuovamente in Reggio Emilia, dove mor nel 1494. II. Le opere minori e gli Amorum Libri Boiardo scrisse alcune opere in latino e alcune liriche in volgare. III. L'Orlando innamorato: la materia del poema L'Orlando innamorato, l'opera pi importante di Boiardo, cominci ad essere scritta nel 1476. I primi due libri dell'opera furono pubblicati nel 1483 in 60 canti, mentre la composizione di un terzo libri venne interrotta alcuni mesi prima della morte dell'autore. Gi il titolo dell'opera fa capire che questa sar un'opera innovativa: racconta, infatti, le avventure di Orlando, un guerriero prode e valoroso che cade in preda all'amore, cos come era successo ad uno dei protagonisti del ciclo bretone. Boiardo, quindi, conclude la fusione tra il ciclo carolingio e quello bretone gi cominciato nei secoli precedenti. Le avventure hanno come protagonisti personaggi carolingi, ma le vicende si svolgono in un ambiente tipicamente arturiano; il poeta stesso giustifica questa scelta nell'opera: afferma che la corte di Re Art era pi adatta alle vicende in quanto essa fu sempre aperta nei confronti delle armi e degli amori, al contrario della corte di Carlo Magno, che, invece, fu sempre chiusa nei confronti dell'Amore. Amore e Forza sono per Boiardo gli ideali principali, le uniche virt che possono far si che un cavaliere abbia onore e gentilezza. IV. Valori cavallereschi e umanistici nell'Orlando Innamorato Boiardo, essendo un autore umanistico-rinascimentale, tende a spogliare la cavalleria dei valori medievali (religiosit, politica, etica), e a farle assumere dei valori pi rinascimentali. Ad esempio, la prodezza non viene pi considerata come la forza o il valore del cavaliere, considerata come una virt indispensabile del cavaliere che deve riuscire a superare prove e ostacoli, e ad imporre il suo dominio sulla Fortuna. Nel poema, quindi, vi un nuovo tema: la virt: tale tema viene sviluppato molte volte nel poema, e ha la sua massima concretizzazione

ANGIONI FEDERICA nella vicenda nella quale Orlando, dopo vari tentativi e dopo aver superato vari ostacoli, riesce a raggiungere la fata Morgana, simbolo della Fortuna inafferrabile. La prodezza tende a divenire individualismo, ossia la tendenza da parte del cavaliere a primeggiare sugli altri e ad avere onore. Anche la lealt e la cortesia assumono significati diversi: essi si concretizzano nella tendenza ad essere rispettoso e tolleranti nei confronti delle diversit altrui (diversit riguardanti la personalit, le credenze, ecc). Tuttavia la prodezza e l'individualismo devono essere accompagnati dalle doti intellettuali e dalla cultura. L'importanza della cultura l'aspetto che meglio dimostra quanto il poema sia intriso di valori umanistici. Anche l'Amore perde il significato medievale: le donne, ad esempio, non sono pi quelle tipicamente stilnovistiche (donne angelo), sono donne con una propria personalit, un proprio carattere, una propria psicologia. V. La struttura narrativa e lo stile La narrazione del poema gira attorno a moltissime vicende intrecciate tra di loro: duelli, battaglie, incontri con personaggi fiabeschi, ecc. La narrazione sembra poter continuare all'infinito; sembra che essa non abbia una conclusione. Il linguaggio del poema molto vivo: vi sono vocaboli toscani, padani e latini. Tale linguaggio rispecchia la vivacit della narrazione.

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