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Angioni Federica, IV F

Locke

Capitolo 3:

LOCKE

1. L'empirismo inglese e il suo fondatore


La tradizione indica Locke come il fondatore del cosiddetto empirismo inglese, ossia di quella corrente della filosofia moderna che si sviluppa tra il Seicento e il Settecento, e che risulter essere una delle componenti di fondo dell'Illuminismo. Dal punto di vista filosofico, l'empirismo caratterizzato dalla teoria della ragione come un insieme di poteri limitati dall'esperienza; per esperienza si intende l'origine e la fonte del processo conoscitivo (aspetto che si ricollega a tutta la tradizione anti-innatistica della filosofia occidentale), e il criterio di verit o lo strumento di certificazione delle tesi dell'intelletto (aspetto pi originale dell'empirismo moderno). L'empirismo tende ad assumere un atteggiamento limitativo e critico nei confronti delle possibilit conoscitive dell'uomo e a seguire un indirizzo anti-metafisico che respinge dalla filosofia tutti i problemi riguardanti realt cui l'uomo non pu accedere con gli strumenti mentali che possiede. Dall'empirismo inglese, a cominciare da Locke, scaturisce quel concetto della filosofia come analisi del mondo umano che sar proprio dell'Illuminismo. Nel 1687 e nel 1690 Newton e Locke pubblicarono due opere che costituirono per il secolo dell'Illuminismo un punto di riferimento fondamentale; queste erano strettamente connesse tra di loro: la filosofia di Locke, infatti, da un lato la giustificazione dei procedimenti scientifici che avevano permesso a Newton le sue scoperte, dall'altro lato rappresenta la rielaborazione originale dei nuovi ideali scaturiti dalla Rivoluzione inglese. John Locke nacque nel 1632 a Wrington, e visse gli anni della giovinezza in un periodo segnato dalla prima rivoluzione e dalla decapitazione di Carlo I. Egli studi all'Universit di Oxford e, dopo aver conseguito il grado di maestro delle arti, fu chiamato a insegnare nella stessa universit. Cominci, inoltre, ad occuparsi di medicina e studi naturali, e di problemi economici e politici. Entr a far parte della vita politica attiva quando cominci a lavorare al fianco di Lord Ashley. A causa della condanna per alto tradimento di quest'ultimo, Locke cadde in sospetto e si rec in volontario esilio in Olanda. Qui, dopo aver preso parte ai preparativi della spedizione di Guglielmo d'Orange e della moglie Maria, torn con essi in Inghilterra. In questi anni la sua attivit letteraria si fece pi intensa: nel 1690 comparve finalmente il Saggio sull'intelletto umano. Locke mor nel 1704.

2. Ragione ed esperienza
Secondo Locke, la ragione: non unica o uguale in tutti gli uomini, perch essi ne partecipano in misura diversa; non infallibile, perch le idee sono limitate o non possono concatenarsi tra di loro per comporre dei ragionamenti, e perch pu essere ingannata da falsi principi o dal linguaggio di cui necessita per esistere; non pu ricavare da s idee e principi; questi devono essere ricavati dall'esperienza che, comunque, ha i suoi limiti e le sue condizioni. Sebbene sia debole e imperfetta, la ragione l'unica guida di cui l'uomo dispone per orientarsi nei campi della morale, della politica e della religione. Locke era dell'idea che, prima di affrontare problemi strettamente filosofici, fosse necessario esaminare le capacit dell'uomo, constatare quali fossero i suoi limiti e il suo possibile campo d'azione. Si pu dire che con l'opera Il saggio sull'intelletto umano nata la prima indagine critica della filosofia moderna diretta a stabilire quali siano le effettive possibilit e gli effettivi limiti dell'uomo. L'uomo ha dei limiti poich la sua ragione ha dei limiti; quest'ultima ha dei limiti in quanto si fonda sull'esperienza, anch'essa limitata. La ragione, controllata dall'esperienza, impedisce all'uomo di affrontare tutti quei problemi che sono al di l delle sue capacit, ad esempio quelli della metafisica.

3. Le idee semplici e la passivit della mente


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Locke

Locke fa partire la sua indagine dalla convinzione che l'oggetto della nostra conoscenza siano le idee. Il primo limite che Locke introduce quello secondo il quale le idee derivano esclusivamente dall'esperienza; esse, quindi, non sono spontanee creazioni dell'intelletto, ma bens il frutto della passivit di quest'ultimo di fronte alla realt. Locke suddivide le idee in: idee di sensazione: derivano dal senso esterno, ovvero dalla realt esterna delle cose naturali. Le idee di sensazione sono semplicemente sensazioni (il caldo, l'amaro..) o in generale tutte le qualit che attribuiamo alle cose. idee di riflessione: derivano senso interno, ovvero dalla realt interna del suo spirito. Idee si riflessione sono il dubbio, il ragionamento, o comunque tutte quelle idee che si riferiscono a operazioni del nostro spirito. Locke, rimando fedele al principio cartesiano secondo il quale avere un'idea significa percepirla, arriva a criticare l'innatismo. Le idee non ci sono quando non sono pensate; per cui ,per l'idea, esistere significa essere pensata. Le idee innate dovrebbero esistere in tutti gli uomini, quindi anche nei bambini, begli idioti, nei selvaggi; ma poich da queste persone non sono pensate, esse non esistono in loro, perci non possono considerarsi innate. Locke fa una classifica, ovvero un inventario, delle idee: idee semplici: ci sono fornite dall'esperienza; idee complesse: sono prodotte dal nostro spirito mediante l'unione di varie idee semplici. L'intelletto umano presenta un limite insuperabile: non in grado di creare o distruggere un'idea semplice non derivante dall'esperienza. Ignorare questo limite, secondo Locke, significa abbandonarsi a sogni utopici. Su questa base Locke distingue la sensazione stessa dalla qualit della cosa che la produce in noi; non ogni idea o sensazione la copia o immagine di una qualit oggettiva. A tale proposito egli riprende la distinzione tra qualit oggettive (chiamate anche qualit primarie) e soggettive (chiamate anche qualit secondarie).

4. L'attivit della mente e le idee


Nel ricevere le idee semplici lo spirito puramente passivo: diventa attivo quando riunisce e organizza in varie modo tali idee. Questa attivit dello spirito pu dare origine a idee complesse o a idee generali. Le idee generali possono essere divise in tre categorie: modi: sono idee che non esistono di per s; sono una sorta di etichetta utilizzata per indicare un insieme di cose; sostanze: sono idee che esistono di per s (uomo, pecora..); relazioni: sono le idee che scaturiscono dal mettere a confronto pi idee. Considerando che varie idee semplici sono costantemente unite tra loro, la nostra mente le considera come un'unica idea semplice; e poich la mente non riesce ad immaginare come un'idea semplice possa esistere di per s, si abitua a supporre un qualche substratum che ne sia la base. Locke afferma che tale substratum, pur essendo una sorta di sostegno sconosciuto, l'idea alla quale noi diamo il nome generale di sostanza. Ci vale sia per la sostanza corporea, sia per la sostanza spirituale: la prima il substrato sconosciuto delle qualit sensibili, la seconda il substrato sconosciuti delle operazioni dello spirito. Tuttavia il concetto di sostanza estraneo all'empirismo, e potr avere una nuova impostazione, molto diversa da quella tradizionale che Locke critica, solo nella dottrina di Kant. L'attivit dello spirito si manifesta anche nel porre o nel riconoscere le relazioni. L'intelletto, infatti, non si limita ma a considerare una cosa nel suo isolamento, ma procede sempre a riconoscere i rapporti in cui essa sta con le altre. Nascono cos le relazioni e i nomi relativi con cui si indicano le cose che sono poste in relazione. Tra le relazioni sono fondamentali quelli causa ed effetto, e di identit e diversit; a proposito di queste ultime Locke affronta il problema dell'identit di persona. Egli scorge tale identit nella coscienza che accompagna gli stati o i pensieri che si succedono nel nostro interno. L'uomo non solo percepisce, ma percepisce di percepire: tutte le sue sensazioni e percezioni sono accompagnate dalla coscienza che il suo io a sentirle o percepirle. Questa coscienza fa in modo che le varie sensazioni e percezioni costituiscano un unico io, ed perci il fondamento dell'unit della persona.
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L'attivit dello spirito si manifesta anche nella formazione di idee generali. Queste non indicano alcuna realt, ma sono soltanto segni delle cose particolari. I nomi generali sono segni delle idee generali, e le idee generali sono segni di un gruppo di cose particolari, tra le quali possibile riconoscere una certa somiglianza. Alle idee generali corrisponde quindi solo un certo rapporto di somiglianza tra le cose particolari. Non c' una realt particolare uomo; il nome, l'idea generale di uomo sono segni di quegli esseri ai quali, date le loro somiglianze, noi appunto riferiamo il termine uomo. E' questa sostanzialmente la dottrina nominalistica.

5. La conoscenza e le sue forme


L'esperienza fornisce il materiale della conoscenza, ma non la conoscenza stessa; questa consiste nella percezione di un accordo o di un disaccordo delle idee tra di loro. Come tale, la conoscenza pu essere di vari tipi: conoscenza intuitiva: quando l'accordo o il disaccordo di due idee visto immediatamente e in virt di queste idee stesse, senza l'intervento di altre idee (ad esempio si percepisce immediatamente che il bianco non nero). Questa conoscenza la pi chiara e certa che l'uomo posa raggiungere ed quindi il fondamento della certezza e dell'evidenza di ogni altra conoscenza; conoscenza dimostrativa: quando l'accordo o il disaccordo di due idee non percepito immediatamente ma viene reso evidente mediante l'uso di idee intermedie, chiamare prove. La conoscenza dimostrativa consiste evidentemente in una catena di conoscenze intuitive: infatti, ogni passo di un ragionamento che tende a dimostrare la relazione di due idee apparentemente lontane tra loro fatto mettendo in rapporto queste due idee con idee intermedie che a loro volta sono tra loro in rapporto intuitivo. La certezza della dimostrazione, quindi, si fonda su quella dell'intuizione. Ma specialmente nell lunghe dimostrazioni, quando le prove sono pi numerose, l'errore diventa possibile, per cui la conoscenza dimostrativa molto meno sicura di quella intuitiva; conoscenza delle cose esistenti al di fuori delle idee. Dall'impostazione della dottrina di Locke sorge un problema: in che modo si pu giungere a conoscere una realt diversa dalle idee? Secondo Locke certo che la conoscenza vera solo se c' una conformit tra le idee e le cose reali. Ma come pu essere verificata questa conformit, se le cose reali ci sono conosciute solo attraverso le idee? Ci sono tre ordini di realt, e altrettanti modi di giungere alle loro rispettive realt: L'io: lo conosciamo attraverso l'intuizione. Riprendendo il procedimento di Cartesio, Locke afferma che io penso, ragiono, dubito e con ci intuiscono la mia esistenza e non posso dubitare di essa; Dio: lo conosciamo attraverso la dimostrazione. Riprendendo la prova causale della tradizione, Locke afferma che il nulla non pu essere stato prodotto dal nulla; se qualcosa c', significa che stata prodotta da un'altra cosa, e non potendo risalire all'infinito, si deve ammettere un essere eterno che ha prodotto ogni cosa. Poich questo essere rappresenta la fonte di ogni potenza e di ogni intelligenza, sar onnipotente e onnisciente. Questo essere Dio. Le cose: le conosciamo attraverso la sensazione, precisamente attraverso la sensazione attuale. Sebbene non ci sia alcun rapporto necessario tra l'idea e la cosa a cui si riferisce, in quanto l'idea potrebbe esserci anche se non ci fosse la cosa, il fatto che noi riceviamo attualmente l'idea dell'esterno ci fa conoscere che qualcosa esiste in questo momento al di fuori di noi e produce in noi l'idea. Secondo Locke, a garantire la realt esterna delle cose, basta la certezza dell'esistenza della cosa che produce in noi la sensazione. Una fiducia nelle nostre facolt indispensabile dal momento che non possiamo conoscere queste stesse facolt se non utilizzandole. La certezza che la sensazione attuale ci d dell'esistenza delle cose, pur non essendo assoluta, sufficiente per tutti gli scopi umani. Locke, tuttavia, ritiene che essa possa essere confermata da alcune ragioni: le sensazioni sono prodotte da cause esterne che colpiscono i nostri sensi: se ci manca l'organo di senso, infatti, le idee vengono meno; le idee sono prodotte da cause esterne in quanto noi non possiamo evitare che esse siano prodotte dal nostro spirito;
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molte idee sono prodotte in noi con piacere o con dolore, mentre quando sono solamente ricordate non sono pi accompagnate da piacere o dolore: ci significa che solo l'oggetto esterno provoca in noi piacere o dolore quando colpisce i nostri sensi; i sensi si fanno testimonianza reciproca. Ad esempio il tatto e la vista confermano l'esistenza di una cosa e rafforzano la certezza dell'esistenza delle cose. Queste ragioni valgono solo per l'istante in cui la sensazione ricevuta. Quando l'oggetto non pi testimoniato dai sensi, la certezza della sua esistenza sparisce ed sostituita dalla probabilit. Per questo motivo, alle esistenze certe dell'io, di Dio e delle cose, Locke affianca la conoscenza probabile. Quest'ultima quella nella quale si afferma la verit o la falsit di una proposizione in conformit con l'esperienza o con la testimonianza di altri uomini. La conoscenza certa e quella probabile costituiscono il dominio della ragione. Dalla ragione si distingue la fede, che fondata soltanto sulla rivelazione. La ragione rimane tuttavia il criterio della fede stessa perch solo essa pu decidere sull'attendibilit e sul valore della rivelazione. Perci la fede non pu n turbare n negare la ragione, ma solo condurla l dove non potrebbe arrivare da sola.

6. La politica Il diritto naturale


Locke intraprese questioni circa: la morale. Egli affermava il carattere razionale e dimostrativo dell'etica. Le regole della morale, infatti, devono essere dettate secondo ragione, la quale si identifica nell'utilit per il benessere e la conservazione della societ; la politica e la religione. A tale proposito, Locke scrisse alcune opere che lo hanno reso uno dei primi e pi efficaci difensori delle libert dei cittadini, della tolleranza religiosa e della libert delle Chiese: da qui il carattere liberista di Locke. Dai suoi trattati sappiamo che, secondo lui, esisteva una legge di natura che la ragione stessa in quanto ha per oggetto i rapporti tra gli uomini e che prescrive la reciprocit perfetta di tali rapporti. Locke, come Hobbes, connette la legge di natura con l'uguaglianza originaria di tutti gli uomini; ma, a differenza di Hobbes, ritiene che questa legge limiti il diritto naturale di ciascun uomo con il pari diritto degli altri. Nello stato di natura, essa la sola legge valida, e fa si che la libert degli uomini consista nel non sottostare ad alcune volont o autorit altrui ma nel rispettare la norma naturale. Il diritto naturale dell'uomo limitato alla propria persona ed quindi diritto alla vita, alla libert e alla propriet, e quindi anche diritto di punire, ma sempre con una reazione proporzionata alla trasgressione.

Stato e libert
Lo stato di natura, quindi, non necessariamente uno stato di guerra, come affermava Hobbes; tuttavia pu diventare tale nel caso in cui una o pi persone ricorrano alla forza per ottenere un controllo sulla libert e sulla vita altrui. Proprio per evitare questo stato di guerra, gli uomini si pongono in societ e abbandonano lo stato di natura. La costituzione di un potere civile, comunque, non toglie agli uomini i diritti che possedevano nello stato di natura, tranne quello di farsi giustizia da s. Se la libert naturale consiste per l'uomo nell'essere limitato soltanto dalla legge di natura, la libert dell'uomo nella societ consiste nel non sottostare a nessun potere legislativo tranne che a quello stabilito che, quindi, non altro che un atto e una garanzia di libert dei cittadini medesimi. Pertanto la legge di natura non implica, come invece affermava Hobbes, che il contratto che d origine a una comunit civile formi un potere assoluto o illimitato. L'uomo che non possiede alcun potere sulla propria vita, non pu, con in contratto, rendersi schiavo di un altro e porre se stesso sotto un potere assoluto.

7. Tolleranza e religione
L'epistola sulla tolleranza tratta della libert di coscienza, e in particolare presenta argomenti a
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favore della libert religiosa e del non intervento dello Stato in materia religiosa. Nella sua opera Locke mette a confronto lo Stato e la Chiesa, indicando con il termine tolleranza il punto d'incontro tra i compiti e gli interessi delle due istituzioni. Locke afferma che lo Stato una societ di uomini costituita per conservare e promuovere soltanto i beni civili, intendendo per beni civili la vita, la libert, l'integrit del corpo, il possesso delle cose esterne. Questo compito dello Stato stabilisce i limiti della sua sovranit. La Chiesa, invece, una libera societ di uomini che si riuniscono spontaneamente per onorare Dio per ottenere la salvezza dell'anima. L'unico strumento di cui lo Stato dispone la costrizione; ma la costrizione incapace di condurre alla salvezza, perch nessuno pu essere salvato suo malgrado. La salvezza dipende dalla fede e la fede non pu essere imposta negli animi con la forza. Dall'altro lato, n i cittadini n la Chiesa possono chiedere l'intervento del magistrato in materie religiosa. Come societ libera e volontaria, la Chiesa non fa n pu far nulla in materia di propriet di beni civili o terreni, n pu far ricorso alla forza per alcun motivo. Nell'Epistola, Locke afferma che, sebbene e la Chiesa abbia il diritto di scomunicare coloro le cui credenze sono incompatibili con i propri principi, la libert di coscienza deve essere sempre rispettata. Al contrario dei libertini che tendevano a spogliare la religione di ogni valore tradizionale, Locke afferma e difende la possibilit del carattere razionale della religione e riconosce nel cristianesimo una religione razionale.

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