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1. In che modo locke critica l’idea di sostanza e perché?

La sostanza è inconoscibile, perché non è possibile cogliere le essenze reali, quelle che vanno al di là della
percezione. Si possono conoscere solo le essenze nominali, che si formano individuando le qualità comuni
delle cose tra loro, per elaborare un’idea generale, che è convenzionalmente indicata con un termine
del linguaggio.

2. Descrivi idee semplici e complesse in Locke, spiegando la differenza tra i due tipi

Le idee semplici derivano da singoli dati sensibili, che non possono essere scomposti in altre idee.
Le idee complesse vengono ricavate da collegamenti tra idee semplici, nascono in conseguenza dell’attività
di collegamento delle idee semplici da parte dell’intelletto. Esistono tre tipi di idee complesse: idee di
sostanza (albero), idee di modo (furto), idee di relazione (causa-effetto; padre-figlio).

3. Quali sono i tre tipi di conoscenza individuati da Locke e cosa dimostrano?


Secondo Locke la conoscenza è la percezione della concordanza o discordanza tra due idee,
può essere acquisita tramite intuizione, dimostrazione o sensazione.
- L’intuizione consiste nella percezione diretta e immediata della concordanza o discordanza tra due idee.
L’intuizione per eccellenza è quella della propria esistenza
- Dimostrazione, si ha quando la concordanza o la discordanza tra due idee non può essere colta
direttamente, ma soltanto attraverso una sequenza di passaggi, cioè attraverso la concordanza o
discordanza di una serie di idee intermedie definite «prove».
- Sensazione: permette di cogliere la concordanza tra l’idea di una cosa e quella della sua esistenza nella
realtà esterna; la sensazione qui e ora di un determinato oggetto testimonia infatti inequivocabilmente la
sua esistenza in quel momento.

4. Che differenza c’è tra impressioni e idee in Hume? Come si differenziano con le idee di Locke?
Per Hume le impressioni sono le percezioni dirette di un oggetto in un certo momento; possono essere
semplici o complesse come aveva precisato già Locke, e sono sensazioni e sentimenti intensi e vividi. Le
idee invece sono ricordi o riflessioni sulle impressioni, si presentano quindi come impressioni indebolite. La
differenza tra le prime e le seconde è relativa all’intensità.

Locke, diversamente, non distingue tra impressioni e idee; le idee sono forme di esperienza e possono
provenire dal senso esterno, in questo caso sono idee di sensazione (ES: verde, caldo, dolce…), o dal senso
interno, ovvero idee di riflessione: sono idee che nascono nel momento in cui l’intelletto percepisce le
proprie attività ed è cosciente di sé (idee del pensare, del ragionare, del ricordare, insomma di tutte le
attività della mente umana)

5. In che modo Hume critica la causalità?


Secondo Hume il principio di causalità non può essere fondato né sull’esperienza né sulla ragione; infatti
l’esperienza può solo informarci sul presente (le materie di fatto) ma non sul futuro, e d’altra parte la
ragione può solo portarci a verità che non ci dicono nulla del mondo empirico (come le verità
matematiche).
Il principio di causalità, quindi, non si fonda su un ragionamento filosofico, bensì sulla legge psicologica
dell’abitudine, che è la tendenza della mente a considerare legate da un nesso necessario le percezioni che
si presentano costantemente associate. Insieme all’abitudine, agisce anche un'altra attitudine della mente
umana: il principio di uniformità della natura, ossia la convinzione secondo la quale la natura si comporta
sempre nello stesso modo. In questo modo, facendo esperienza di un fenomeno, ci aspettiamo che si
verifichino gli altri fenomeni a questo associati in esperienze precedenti.

6. Perché non posso dimostrare l’esistenza del mondo esterno e dell’io in Hume?
Perché la realtà esterna, ossia un insieme di sostanze, è qualcosa che crediamo esista indipendentemente
dalla nostra percezione; cioè che esista anche quando non le percepiamo in quel momento (ad esempio, il
libro che ho sul tavolo credo che esista anche se mi alzo ed esco dalla stanza). Questa credenza deriva da
un’abitudine percettiva, e non è sufficiente a dimostrarne l’esistenza.
Anche l’io non si può dimostrare; secondo Hume l’io è come una scena di teatro, dove compaiono le
diverse percezioni. A parte le percezioni non c’è altro; quindi l’io non possiede percezioni, ma È lui stesso
un fascio di percezioni.

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