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La sostanza è inconoscibile, perché non è possibile cogliere le essenze reali, quelle che vanno al di là della
percezione. Si possono conoscere solo le essenze nominali, che si formano individuando le qualità comuni
delle cose tra loro, per elaborare un’idea generale, che è convenzionalmente indicata con un termine
del linguaggio.
2. Descrivi idee semplici e complesse in Locke, spiegando la differenza tra i due tipi
Le idee semplici derivano da singoli dati sensibili, che non possono essere scomposti in altre idee.
Le idee complesse vengono ricavate da collegamenti tra idee semplici, nascono in conseguenza dell’attività
di collegamento delle idee semplici da parte dell’intelletto. Esistono tre tipi di idee complesse: idee di
sostanza (albero), idee di modo (furto), idee di relazione (causa-effetto; padre-figlio).
4. Che differenza c’è tra impressioni e idee in Hume? Come si differenziano con le idee di Locke?
Per Hume le impressioni sono le percezioni dirette di un oggetto in un certo momento; possono essere
semplici o complesse come aveva precisato già Locke, e sono sensazioni e sentimenti intensi e vividi. Le
idee invece sono ricordi o riflessioni sulle impressioni, si presentano quindi come impressioni indebolite. La
differenza tra le prime e le seconde è relativa all’intensità.
Locke, diversamente, non distingue tra impressioni e idee; le idee sono forme di esperienza e possono
provenire dal senso esterno, in questo caso sono idee di sensazione (ES: verde, caldo, dolce…), o dal senso
interno, ovvero idee di riflessione: sono idee che nascono nel momento in cui l’intelletto percepisce le
proprie attività ed è cosciente di sé (idee del pensare, del ragionare, del ricordare, insomma di tutte le
attività della mente umana)
6. Perché non posso dimostrare l’esistenza del mondo esterno e dell’io in Hume?
Perché la realtà esterna, ossia un insieme di sostanze, è qualcosa che crediamo esista indipendentemente
dalla nostra percezione; cioè che esista anche quando non le percepiamo in quel momento (ad esempio, il
libro che ho sul tavolo credo che esista anche se mi alzo ed esco dalla stanza). Questa credenza deriva da
un’abitudine percettiva, e non è sufficiente a dimostrarne l’esistenza.
Anche l’io non si può dimostrare; secondo Hume l’io è come una scena di teatro, dove compaiono le
diverse percezioni. A parte le percezioni non c’è altro; quindi l’io non possiede percezioni, ma È lui stesso
un fascio di percezioni.