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Hume

È un empirista scettico non radicale secondo cui l’uomo è sia soggetto del pensiero che
oggetto di riflessione ecco allora che scrive il trattato sulla natura umana in cui considera tutte le credenze
e di sentimenti dalla scienza alla religione come fenomeni naturali o principi della natura umana. Hume
riprende Hobbes e Locke: Hobbes perché secondo lui la conoscenza comprende sia corpi che la natura
mentre Lock perché la conoscenza era basata sull’esperienza sensistica. Per Hume l’osservazione dei
sentimenti e delle passioni mostra i fondamenti della conoscenza, della morale e della religione.
Nel primo libro del trattato sulla natura umana indaga l’estensione ed i limiti della
conoscenza per chiarire le basi morali e della religione attraverso una descrizione della mente umana
basata su osservazioni. Ricava un metodo secondo cui dall’osservazione si giunge a leggi generali di
fenomeni mentali.
Con questo metodo trova una via di mezzo tra le due filosofie: la filosofia facile che formula
precetti che riguardano i sentimenti, è quella preferita da tutti perché tocca la quotidianità e che Hume
condivide solo per la centralità dell’osservazione del sentimento, diversa dalla filosofia rigorosa e
profonda che è più difficile perché sfocia in questioni insolubili, quella che lui definisce una falsa
metafisica, e che prende come esame l’intelletto e principi generali ed è proprio questo che apprezza
Hume: l’indagine rigorosa della mente umana.
Per indagare la conoscenza parte dalle percezioni ovvero dai contenuti mentali dati per
l’esperienza.
Le percezioni si dividono in impressioni che sono percezioni immediate di intensità
maggiore ed in idee che sono la riflessione delle impressioni e sono più deboli e non esisterebbero senza
l’impressione.
Possono nascere idee di oggetti non empirici come una montagna d’oro o come un Dio
inteso come essere super intelligente e buono. L’idea di Montagna doro nasce dall’unione di dea di
montagna dall’idea di loro mentre l’idea di un Dio come essere supremo intelligente buono nasce
dall’idea di sapienza e bontà che troviamo in noi stessi ma in modo più esagerato.
Da qui giunge la conclusione che idee astratte ed idee innate non esistano e dunque alcuni
concetti della metafisica sono parole senza senso.
Hume osserva che le idee si presentano nell’uomo con una certa regolarità e dunque capisce
che esiste un principio universale che è una forza associativa che si presenta per somiglianza: per esempio
il ritratto conduce naturalmente il pensiero alla persona che in esso è rappresentata; per contiguità nel
tempo e nello spazio: è il ricordo della stanza di una casa rimanda automaticamente a quello delle stanze
adiacenti; per causa effetto secondo cui se pensiamo ad una ferita ci ricordiamo il dolore che nel seguito.
Hume distingue due tipi di conoscenza, due tipi di oggetti della ragione: la conoscenza che ha come
oggetto relazioni tra idee, cioè quella intuitiva e dimostrativa che possiede caratteri a priori, caratteri certi
come la matematica e dunque caratterizzate da una verità necessaria dunque negarle significherebbe
contraddirle e l’altro tipo di conoscenza è la conoscenza empirica che ha come oggetto le materie di fatto
dunque possiede un carattere a posteriori non necessario, caratterizzata da probabilità; queste possono
essere contraddette (perché per esempio potremmo dire “il sole sorgerà domani” ma non lo sapremo mai
perché potremmo morire o potrebbe succedere qualsiasi cosa e noi il sole sorgere non lo vedremo.
Allora Hume si chiede da dove nascono le conoscenze empiriche: si basano sul principio di
causalità cioè quel principio secondo cui a ogni causa segue sempre necessariamente un certo effetto e per
Hume non ha nessun fondamento razionale. Hume si interroga sull’origine dunque del principio di
causalità: parte dal fatto che quando la mente collega causa ed effetto forma un’idea di una connessione
necessaria tra due eventi. Questo tipo di conoscenza è dimostrativo e dunque i filosofi razionalisti dicono
che l’effetto è contenuto nell’idea della causa. Di contro Hume sostiene che la relazione tra causa ed
effetto non ha nessuna giustificazione a priori cioè sono eventi distinti non possono essere collegati, non
hanno nulla in comune. Solo se ci basassimo su esperienze precedenti potremmo capire quali effetti
possano seguire una causa. Per esempio se spostiamo una pallina di biliardo ne urta un’altra mettendola in
movimento ma il contrario è possibile. Ogni relazione causale è quindi ricavata dall’esperienza.
L’esperienza ha tre caratteristiche: la continuità spaziale tra la prima pallina che tocca la seconda; la
successione temporale tra i due movimenti e la connessione costante tra il movimento della prima e il
movimento della seconda tutte le volte che venga riprodotta questa stessa situazione. Tuttavia queste
caratteristiche possono essere solo dei casi perché per esempio il movimento di B che ha seguito quello
di A non esclude il fatto che in futuro le cose possono andare diversamente. Quindi i principi che
corrispondono alla nostra idea di un ordinamento causale del mondo restano sconosciuti.
Hume però allora dà una spiegazione psicologica della nostra credenza nel legame causale e
questa credenza è l’abitudine o consuetudine. La spiegazione psicologica dell’abitudine spiega anche il
formarsi della nostra rappresentazione del mondo esterno è: noi siamo portati a credere nell’esistenza
ininterrotta degli oggetti fisici anche quando non sono osservati, lo stesso ragionamento vale per
l’esistenza dell’io: siamo percepiti come fascio di percezioni successive in cui impressioni ed idee sono
unite ma diverse e mutevoli. L’io è come un teatro in cui compaiono e scompaiono diverse percezioni.
Hume comprende che il principio di causalità non costituisce una spiegazione razionale
delle nostre credenze per cui si confronta con lo scetticismo definendosi un moderato infatti sostiene che i
limiti della ragione non comportano la mancanza di ogni certezza anzi credere nella validità delle nostre
conoscenze con le sue basi psicologiche è efficace per sviluppare la quotidianità.
Il secondo libro del trattato approfondisce le passioni umane. Le passioni sono impressioni
di riflessione. Questo tipo di impressioni deriva o in modo diretto o attraverso la mediazione di altre idee.
Essendo le passioni impressioni la ragione non può controllarle o modificarle. Dunque lo stesso vale per
libertà o necessità della volontà. La volontà è un’impressione che avvertiamo quando muoviamo una
parte del corpo abbiamo una nuova percezione mentale e di conseguenza Hume afferma che non esiste il
libero arbitrio inteso come la capacità di determinare razionalmente le proprie azioni perché la ragione e
inevitabilmente schiava delle passioni la vera libertà non è dunque libero arbitrio ma consiste nell’assenza
di costrizioni esterne rispetto alla messa in atto delle nostre inclinazioni.
Tuttavia confondiamo libertà e libero arbitrio perché ignoriamo le circostanze, gli eventi che
determinano le nostre azioni.se neghiamo libero arbitrio non distingueremo virtù e vizio oppure azioni
morali e quelle immorali.
Hume introduce allora un sentimento morale che ogni uomo ha in sé stesso. È un sentimento
naturale e spontaneo che permette di valutare la bontà o la cattiveria di azioni e comportamenti senza
ricorrere al ragionamento.si fonda sulla simpatia cioè sul con patire e consiste nel condividere le passioni
degli altri uomini in prima persona.
La ragione non è in grado di conseguire certezze teologiche: non può dimostrare l’esistenza
di Dio né giustificare la presenza del male nel mondo. La religione ha origini psicologiche perché nasce
dalla paura e dalla speranza che l’uomo prova rispetto alle sorti della propria vita e alla potenza della
natura. La storia della religione ha visto alternarsi concezioni politeiste e monoteiste: le prime favoriscono
la superstizione, le seconde l’intolleranza e frustrano l’immaginazione umana con una rappresentazione
astratta di un Dio spirituale ed infinito.

Bacone - Galileo - Hume - Kant

Empirismo scettico

Scetticismo non radicale, scetticismo della ragione che affonda le radici nell’empirismo di Locke e sarà
liberatorio nei confronti del razionalismo cartesiano.

Hume è la porta che va attraversata per arrivare a comprendere Kant

1711, Edimburgo - 1776

Per indagare la conoscenza dell’uomo riprende una parte dalle riflessioni di Hobbes e Locke ed una parte
dall’empirismo. Hobbes aveva detto che le scienze dell’uomo doveva avere sempre a che fare con i corpi
e con la natura, non si può prescindere da questi. Locke aveva aggiunto che ogni conoscenza poggia
sull’esperienza e la mente compie delle operazione sulla base sensistica.

Lo scetticismo di Hume parte dall’assunto della mente come tabula rasa alla quale l’esperienza dona
materiale sul quale lavorare. Secondo Hume però tutte le scienze e tutte le conoscenze umane rinviano
all’uomo, ai suoi sentimenti, ai suoi istinti e alle sue capacità conoscitive. L’uomo è sentimento, istinto e
capacità di conoscenza e ogni conoscenza umana ha a che fare con questa dimensione umana. Ogni
conoscenza ruota intorno all’uomo.

L’uomo è istinto, sentimento e ragione. Conoscenza antropocentrica, uomo soggetto e oggetto


conoscitivo. Società, natura, politica ruotano intorno all’uomo e alla sua esperienza.
L’uomo è l’esperienza che fa, sono tali esperienze a produrlo come tale.
Non si può prescindere dall’uomo.

Metodo conoscitivo
Ogni conoscenza inizia dalla percezione, ovvero tutto ciò che l’uomo porta nel suo spirito, nella sua
interiorità, nella sua natura. Tutte le percezioni ci portano ad immagazzinare dati e ci porteranno ad avere
uno sviluppo nella realtà.
L’uomo è percezione, le immagini accumulate durante il corso della vita.

Le percezioni si dividono in impressioni e idee.


Le impressioni sono le percezioni immediate che il corpo umano riesce a cogliere. Le impressioni sono
vive, immediate, forti e trasmettono potenza perché le si vive al momento.
Le idee sono il ricordo delle impressioni.

Impressione è la percezione in atto, l’idea è il ricordo dell’impressione. (Aristotele)

La mente umana compie delle operazioni (Locke), delle associazioni. Le idee vengono raccolte nella
nostra mente e vengono organizzate in base a tre principi:
1. La mente associa per somiglianza, mentre io ho una percezione in atto può la mia mente
collegare quella percezione a qualcosa che assomiglia a quella percezione.
2. La mente associa per contiguità nel tempo e nello spazio.
3. La mente associa per causalità. La causalità non è una regola della natura (differenza con
Spinoza) ma è la nostra mente che sa collegare gli eventi in base al principio di causa ed
effetto. Avendo un impressione, si ricostruisce una scena precedente. L’impressione in
questo caso ha sempre un’idea come causa.
La causa e l’effetto sono alla base della fisica, che ne indaga la relazione delle stesse.
(Newton)

In base alle nostre esperienze in atto noi abbiamo delle conoscenze, che sono credenze. Noi sappiamo che
delle cose accadranno per abitudine. La credenza e l’abitudine sono inclinazioni pratiche, non
ragionamenti, che accadono probabilmente.
Il comportamento deriva da una pratica abitudinaria, ci si adatta praticamente a qualcosa.

L’apprendimento si costruisce sull’abitudine e ci si può abituare sia con il premio che con la punizione.

Per avere la certezza che ad una conseguenza ci sia alle spalle una determinata causa bisogna avere
un’impressione in atto.

Secondo Hume il valore delle associazioni è un valore pratico, dal punto di vista della certezza
conoscitiva tali associazioni sono nulle, associare implica produrre delle anticipazioni rispetto alle
impressioni che non hanno validità ultima perché andrebbero sempre verificate.
Se il principio di causalità si riduce alla probabilità viene meno la possibilità di fare scienza.

La necessità è un’abitudine.
Noi non abbiamo una visione della natura che va al di là della percezione. Nel momento in cui costruiamo
collegamenti abbiamo forte possibilità di cadere in errore.

Secondo Hume la ragione non sarà mai una ragione assoluta, ma scettica e probabilistica, sulla quale non
si può stabilire alcun piano certo, a differenza della visione Cartesiana. Per avere la certezza bisogna
avere la certezza empirica, che è qui ed ora.
Il principio di causalità non porta certezza, ma solo inclinazioni pratiche.
Per Hume non esiste la possibilità di fare scienza, possibilità che verrà ripresa da Kant che cercherà di
fondare le scienze.

L’uomo deve saper usare la ragione come guida pratica. Hume diventa un teorico di una ragione
moderata, una ragione anti fondamentalista, tipica dei dogmi, in particolare delle religioni.

Il sapere assoluto non esiste, le scienze sono da Hume esaltate ma non da considerare in maniera assoluta.

Liberale progressista, società delle libertà che abbandona il fondamentalismo poiché porta alla battaglia.
Serve una ragione che dica già che non esiste il sapere assoluta. Esistono delle verità più probabili di
altre, ma mai assolute. (Es. Non bisogna mai imporre il proprio stile di vita)
No autorità, ma autorevolezza, bisogna avere delle regole da rispettare che convengono a tutti gli uomini
per vivere bene insieme.

Non esiste la libertà di agire assoluta, poiché ogni azione avviene sempre per una causa ancora
conseguente. Siamo liberi perché decidiamo cosa fare, ma siamo soggetti alle cause.

Hume nemico della metafisica.

In ambito religioso e morale bisogna sempre perseguire la ragionevolezza, evitando il fondamentalismo e


le superstizioni.

La natura è indifferente nei confronti dell’uomo perché la natura ha il suo corso, è l’uomo che deve dare
valore ad essa. Il male nel mondo è un ragionamento che aggiungiamo noi uomini, è una riflessione
dell’uomo a partire da quello che egli è in quel momento. Il male morale dipende dall’uomo e dalle sue
azioni, non bisogna dedurlo da enti metafisici. Nessun evento viene definito da enti divini, la natura segue
il suo corso in maniera meccanicistica.

Morale umana da un punto di vista empirico:


La morale non è astratta ma fattuale, si inserisce tra ragione e sentimento. Il sentimento ha importanza
centrale perché guida la nostra morale più della ragione. La ragione è in difficoltà nel reprimere i
sentimenti che sono un mare che sospinge le nostre azioni.
Anche quando con la ragione interpretiamo un fatto, lo stesso fatto lo interpretiamo anche con le
emozioni. La ragione può mostrarti i lati irragionevoli delle azioni etiche e morali e deve esserci
un’educazione emozionale che va seguita e questa è la simpatia.

Bisogna agire in base alla simpatia individuale e collettiva. Se l’uomo agisce in maniera egoistica facendo
del male agli altri può creare una situazione all’interno della quale egli si ritroverà vittima. (Es. Creazione
degli stati)

La giustizia è un problema che si propone quando ci sono scarsità di vivere bene insieme. Quando c’è
cooperazione, c’è meno ingiustizia perché ci sono meno conflitti. Il modo migliore per vivere insieme è
vivere collaborando.

L’uomo per natura vuole stare bene con gli altri ma la carenza di benessere fa in modo che l’uomo agisca
in maniera egoistica rispetto agli altri. Per questo motivo è necessaria la collaborazione.

Simpatia come guida morale, la morale piacevole. Essere morale ti porta ad avere molte più persone che
vivono bene con te.

Stato di natura

- Hume: critica il contrattualismo perché è uno studioso di storia ed allora ogni decisione di sovranità
nel corso dei secoli è sempre stata ottenuta con la violenza. Gli uomini si uniscono per utilità perché
per natura, l’uomo è individualista ed avere un sovrano riesce a placare questo istinto. I vari poteri
devono essere bilanciati e proporzionati tra loro. Predilige la monarchia inglese parlamentare dove il
potere esecutivo e quello parlamentare sono divisi, impedendo che l’uno sovrasti l’altro.
- Locke: è un liberale; esistono solo il diritto positivo: non è uno stato di guerra di tutti contro tutti. La
legge serve a confermare il diritto di natura.

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