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Locke è comunemente riconosciuto il padre dell’empirismo: quella corrente

filosofica secondo cui la fonte della conoscenza è innanzitutto rappresentata


dall’esperienza. La ragione dell’uomo è, difatti, limitata dal “materiale” che le
forniscono i sensi (ciò che vedo, sento, tocco); in secondo luogo, ogni tesi, teoria,
ipotesi per essere valida deve trovare conferma nel mondo esterno. L’uomo,
dunque, non può conoscere ciò che va oltre la realtà di cui fa esperienza.
Da questo punto di partenza nasce il capolavoro di Locke Saggio sull’intelletto
umano, atto a stabilire i confini entro cui può svilupparsi la conoscenza ed in che
modo la ragione deve sempre essere guidata dall’esperienza.

Secondo Locke il primissimo materiale della conoscenza è costituito dalle idee


semplici, e queste ultime rappresentano una ricezione passiva di due tipi di realtà:
 nelle idee di sensazione noi riceviamo tutti quei contenuti appartenenti al
mondo, alle cose esterne: attraverso i nostri sensi riconosciamo nella realtà
naturale una serie di attributi (rosso, duro, grande ecc.);
 nelle idee di riflessione trovano posto tutte le nostre sensazioni interne (il
pensare, l’essere triste o felice ecc.) che sono sempre, in un qualche modo,
collegate con la sensazione esterna (sono sempre felice, triste per qualcosa).

Non sembrerebbero, apparentemente, delle riflessioni così rivoluzionarie se non si


ragionasse sugli esiti di queste teorie. Locke, infatti, riconoscendo che ogni idea
deriva sempre dall’esperienza, nega l’esistenza di idee innate (cioè idee che
possediamo tutti già dalla nascita) e scrive a tal proposito:
Dunque, non esiste un’idea di Dio innata o principi universali validi da sempre e per
sempre.
Ma perché si pensa che possano esistere delle idee la cui origine innata non fa
destare dubbi sulla loro validità? La risposta di Locke è semplice:
«La tesi che esistono principi innati poneva i suoi seguaci nella necessità di
accogliere alcune dottrine appunto come innate: il che voleva dire privarli dell'uso
della propria ragione e del proprio giudizio e porli nella condizione di credere ed
accettare quelle dottrine sulla base della fiducia, senza ulteriore esame. Messi in
questa posizione di cieca credulità, potevano essere più facilmente governati e
diventavano più utili per una certa specie di uomini, che avevano l'abilità e il
compito di dettar loro i principi e di guidarli».
2.2L'organizzazione attiva delle idee
Il processo conoscitivo si base unicamente sul ricevere passivamente il materiale (le
idee semplici) proveniente dall’esperienza? Assolutamente no.
È la nostra mente che, ricevuto il contenuto, lo organizza e lo assembla attivamente.
E lo fa in due modi:
 Producendo le idee complesse che nascono dal raggruppamento di più idee
semplici. Dunque, al contrario delle idee semplici, sono scomponibili.

 Creando delle idee generali che sono nient’altro che segni, nomi che diamo ad
un insieme di cose specifiche. L’idea e il nome generale di “uomo”, per
esempio, nasce dalla visione di tanti particolari esseri (Marco, Roberta,
Giovanni, che sono idee complesse) in cui riconosco caratteristiche simili (che
sono idee semplici). Quando vedremo, dunque, un essere con due gambe,
due braccia, una testa ecc. lo riconosceremo e lo chiameremo “uomo”. Ma,
nota Locke, tale idea non ha davvero una realtà, è solo una convenzione, uno
strumento di classificazione attraverso cui, per rapporti di somiglianza,
leggiamo la realtà.
2.3La conoscenza vera e propria
Dopo aver recepito dall’esperienza le idee semplici e averle organizzate tra loro in
idee complesse e generali, passiamo all’ultimo stadio: quello della conoscenza vera
e propria. Per Locke quest’ultima si realizza nel constatare la concordanza o la
discordanza di due idee.
La conoscenza può dirsi certa quando è raggiunta attraverso:
 l’intuizione: cioè quando realizzo immediatamente ed in modo evidente la
concordanza di due idee. A tal proposito Locke spiega come la concordanza
dell’idea di pensare con quella dell’esistere, ad esempio, appartiene a questo
caso (ciò che pensa deve per forza esistere). O quando mi accorgo
immediatamente che l’idea di giallo è discorde da quella di nero.

 la dimostrazione: consiste in un ragionamento, fondato su una catena di


intuizioni collegate tra loro (idee intermedie), teso a dimostrare la relazione di
due idee che inizialmente sembrano molto lontane tra loro. Risulterà chiaro
l’esempio proposto da Locke sulla prova dell’esistenza di Dio: conoscendo
l’effetto (il mondo) riesco a risalire all’esistenza di Dio mediante l’idea di una
causa (Dio) che deve averlo generato senza essere stata, al tempo stesso,
generata da nient’altro.

 la sensazione attuale: abbiamo la certezza che esiste una cosa esterna solamente
quando ne facciamo esperienza diretta ed in quel momento. Se percepisco
un’idea che proviene dall’esterno (per esempio un libro), è sicuro che ci deve
essere qualcosa fuori di noi che l’ha prodotta (quel libro che mi sta davanti
esiste).
Ma la conoscenza dell’esterno smette di essere certa e diventa probabile quando
l’oggetto non è più da me percepito in quel dato momento. La sua esistenza
probabile sarà, dunque, testimoniata da qualcun altro per me affidabile o dalla
coerenza con la mia esperienza passata.

3 Locke, il padre del Liberalismo


Locke ha lasciato una grandissima impronta anche per quanto riguarda la politica.
Difatti, nei Due Trattati sul governo e nella Lettera sulla tolleranza, il filosofo si fa
paladino delle libertà degli uomini e del principio di tolleranza religiosa.
Locke immagina un ipotetico stato di natura in cui tutti gli uomini vivono in una
situazione di profonda uguaglianza di diritti. Difatti ogni uomo gode del diritto alla
libertà, alla vita e alla proprietà (cioè al prodotto del proprio lavoro). L’esercizio di
questi diritti è limitato alla sua persona in quanto esiste una “legge di natura” (cioè
la ragione) che «insegna a tutti gli uomini…che essendo tutti uguali e indipendenti,
nessuno deve danneggiare l’altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella
proprietà».
Secondo Locke la pacifica convivenza degli uomini potrebbe però trasformarsi in uno
stato di guerra quando qualcuno con la forza potrebbe andare contro la legge di
natura e violare i diritti altrui.
Per evitare questa situazione, gli uomini decidono quindi di creare uno stato civile
che salvaguardi, attraverso le leggi, i diritti dei cittadini. È dunque uno stato che
nasce dal consenso e che si fa unicamente tutore della difesa della libertà dell’uomo.
Ma che poteri ha dunque questo Stato?
Lo stato non può in alcun modo avere un potere assoluto perché non può esistere
un uomo (un sovrano) che possa privare un altro uomo dei suoi diritti naturali. La
libertà, la proprietà e la vita sono diritti che non sono stati concessi dal sovrano e,
quindi, non possono in alcun modo essere tolti.
Lo stato nasce da un accordo, un “contratto” tra i cittadini e tra questi e il sovrano.
Infatti, se quest’ultimo non rispetta la sua funzione (che è semplicemente quella di
tutelare i diritti dei cittadini) e non si sottomette egli stesso alla legge e al diritto, i
cittadini possono ribellarsi.
Lo stato non deve intervenire nelle questioni di fede. Locke è un assiduo
propugnatore del principio di tolleranza e della libertà religiosa.
Il potere legislativo e quello esecutivo non devono mai essere affidati ad un’unica
persona ma devono essere divisi, in modo da potersi controllare reciprocamente.
Per questa visione dello Stato come esclusivo garante, attraverso le leggi, dei diritti
dei cittadini, Locke è considerato il padre del liberalismo.

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