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Creando delle idee generali che sono nient’altro che segni, nomi che diamo ad
un insieme di cose specifiche. L’idea e il nome generale di “uomo”, per
esempio, nasce dalla visione di tanti particolari esseri (Marco, Roberta,
Giovanni, che sono idee complesse) in cui riconosco caratteristiche simili (che
sono idee semplici). Quando vedremo, dunque, un essere con due gambe,
due braccia, una testa ecc. lo riconosceremo e lo chiameremo “uomo”. Ma,
nota Locke, tale idea non ha davvero una realtà, è solo una convenzione, uno
strumento di classificazione attraverso cui, per rapporti di somiglianza,
leggiamo la realtà.
2.3La conoscenza vera e propria
Dopo aver recepito dall’esperienza le idee semplici e averle organizzate tra loro in
idee complesse e generali, passiamo all’ultimo stadio: quello della conoscenza vera
e propria. Per Locke quest’ultima si realizza nel constatare la concordanza o la
discordanza di due idee.
La conoscenza può dirsi certa quando è raggiunta attraverso:
l’intuizione: cioè quando realizzo immediatamente ed in modo evidente la
concordanza di due idee. A tal proposito Locke spiega come la concordanza
dell’idea di pensare con quella dell’esistere, ad esempio, appartiene a questo
caso (ciò che pensa deve per forza esistere). O quando mi accorgo
immediatamente che l’idea di giallo è discorde da quella di nero.
la sensazione attuale: abbiamo la certezza che esiste una cosa esterna solamente
quando ne facciamo esperienza diretta ed in quel momento. Se percepisco
un’idea che proviene dall’esterno (per esempio un libro), è sicuro che ci deve
essere qualcosa fuori di noi che l’ha prodotta (quel libro che mi sta davanti
esiste).
Ma la conoscenza dell’esterno smette di essere certa e diventa probabile quando
l’oggetto non è più da me percepito in quel dato momento. La sua esistenza
probabile sarà, dunque, testimoniata da qualcun altro per me affidabile o dalla
coerenza con la mia esperienza passata.