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Locke

Nel 600 ci sono due correnti di pensiero:


-l’empirismo (l’esperienza è l’unica fonte di conoscenza)
-il razionalismo (ragione è l’unica fonte di conoscenza ed essa conosce il
fondamento metafisico delle cose)

Introduzione
Lui è empirista. Tratta di filosofia politica e soprattutto del problema della
conoscenza umana (opera: Saggio sull’intelletto umano). Il problema della
conoscenza è molto vivo nel 600, e questa indagine è spinta dalle nuove scoperte
scientifiche. L’indagine sulla conoscenza è preliminare a ogni altra indagine. Inoltre,
prima di trattare di filosofia pratica bisogna analizzare i limiti della conoscenza.
L’intelletto differenzia gli uomini dagli animali, ma esso è come un occhio che riesce
a vedere tutto ma non sé stesso. Siamo impenetrabili a noi stessi. Locke vuole
invece andare oltre ciò.

Critica fortemente l’innatismo (alla base della metafisica cartesiana) in quanto vede
la mente come camera oscura o come una tabula rasa, che non ha idee senza le
esperienze [in cartesio l’idea di infinito è innata in quanto non può essere derivata
dai sensi. L’idea di infinito è anche il marchio di fabbrica di Dio in quanto egli l’ha
posta in me].
Le idee sono viste come un contenuto mentale concreto (come Cartesio) e non
come delle entità astratte. Le idee Lockiane sono quindi assimilabili a quelle
platoniche. [confronto con Bacone ]
Dimostra l’assurdità dell'innatismo. I principi di identità e non contraddizione sono
universalmente riconosciuti e verità evidenti ma non per questo sono innati. In realtà
anche i bambini e gli idioti (esempi concreti di ignoranza) riescono a distinguere due
cose pur non conoscendo questi principi; ad esempio un bambino riuscirebbe a
distinguere la propria madre da un’altra sconosciuta. Anche dire “il bianco non è
nero” è possibile senza conoscere il principio di non contraddizione
Anche i principi pratici (o morali) sono in nessun caso innati. Ad esempio il principio
di giustizia e osservanza dei contratti che secondo gli innatisti vigeva persino tra le
bande dei ladri. Ciò secondo Locke non ha senso in quanto a priori una banda di
ladri non segue la giustizia in quanto commette i peggiori crimini. Anche la regola del
“si deve fare agli altri ciò che vorremmo sia fatto a noi” non è innata in quanto se ne
potrebbe comunque chiedere spiegazione e ciò può essere data attraverso le ragioni
più disparate. Alcuni principi si sono affermati solo grazie al principio di utilità per la
convivenza degli uomini, ma non sono innati nemmeno in questo caso.
(questo paragrafo è I libro saggio)

L’Esperienza e le idee
Visto che la mente non ha contenuti innati si deve cercare l’origine delle idee. La
conoscenza si basa sull’esperienza (empirismo), che è il fondamento di tutta essa.
Solo grazie alla conoscenza la mente riceve idee. Essa può essere di:

-Senso esterno (o idee di sensazione) : quando si ha esperienza di contenuti al fuori


da noi. L’uomo viene a contatto con una prima idea quando riceve un impulso
dall’esterno da parte di un corpo, questo impulso raggiunge il cervello e crea le
prime idee di sensazione. Quindi prima sensazione = prima idea. Distingue poi tra
qualità primarie (estensione, solidità, figura) e secondarie (colori, suoni, sapori), che
producono nella mente rispettive idee di sensazione (primarie o secondarie).

-Senso interno (o idee di riflessione): percezione delle operazioni interiori della


nostra mente, l’intelletto percepisce sè stesso ed è come se si riflettesse su uno
specchio. Riflessione è quindi capacità dell’intelletto di percepire di stare percependo
e quindi di avere idee, si creano così idee di riflessione. La mente riceve le prime
idee di sensazione e capisce di starle percependo. Le idee di riflessione sono però di
secondo grado, sono subordinate a quelle di sensazione.

Idee semplici: comprendono sia le idee di riflessione che di sensazione.


Le idee semplici sono atomi inscindibili di conoscenza, i materiali di partenza della
conoscenza. L’intelletto è passivo nei loro confronti, una volta che si sono presentate
non può rifiutarle e le accetta passivamente. Le idee semplici da sole non possono
esistere.

Idee complesse:
Tuttavia, l’intelletto ha anche un ruolo attivo in quanto può collegare insieme più idee
semplici e formare idee complesse.
Ciò si può fare per:
-combinazione: unendo idee semplici
-confronto: contrapponendo idee semplici (come disponendole una accanto all’altra
per contrapporle)
-separazione: la mente compie il processo di astrazione separando da un’idea
tutte le altre idee che percepiamo in riferimento alla prima. Ad esempio all’idea di
cane sono state tolte tutte le idee associate a cani che ho già visto, ottenendo
un’idea generale

Ne esistono di 3 tipi:
Di modo: devono essere riferite a una sostanza (ad esempio la bellezza o la
gratitudine)
Di relazione: nascono dal confronto tra idee complesse (ad esempio causa-effetto,
maggiore-minore)
Di sostanza: si riferiscono a oggetti unitari autosussistenti per sè (o che hanno
un’esistenza autonoma). Sono singole (uomo, pecora) o collettive (esercito, gregge)
La sostanza
Viene criticata la tradizionale concezione di sostanza come sostrato degli accidenti,
è come se si definisse una colonna come un qualcosa di sostenuto da una base.
Infatti, la mente percepisce che delle combinazioni di idee semplici si presentano
sempre insieme (consuetudine) e presume che debbano essere sostenute da un
sostrato, (convinzione). Non capiamo nemmeno come un’idea semplice possa
sussistere da sè e la leghiamo a questo sostrato. In realtà noi conosciamo solo le
combinazioni di idee semplici che ogni volta si presentano insieme e non il sostrato
che le sostiene. Quindi per lui la sostanza è solamente percepire la coesistenza di
più idee semplici. Quindi ad esempio di un manichino con un vestito sopra noi
percepiamo solo il vestito oppure se percepiamo un piccolo stelo verde con fiore a
cinque petali di colore viola presumiamo che ci sia un sostrato che tiene insieme
queste qualità e ce lo fa chiamare violetta. La sostanza in sé intesa come sostrato è
quindi inconoscibile, oscura, è un incognito = x e ciò vale sia per la res cogitans sia
per la res extensa (le sostanza spirituali e materiali secondo come le aveva chiamate
Cartesio). Lui però in realtà non è scettico della sua esistenza, il problema è sul
piano della conoscibilità, non abbiamo facoltà per conoscerla e non abbiamo idea
della sua struttura intera. Ecco i limiti della ragione. Dunque la sostanza è una
costruzione della mente che non possiamo conoscere a fondo.

In tutto ciò c’è una critica alla metafisica a lui precedente, ovvero la presunzione di
poter conoscere l’essere. Il limite della conoscenza è infatti l’esperienza (è empirista)

Accidenti: qualità casuali che non appartengono necessariamente a un ente ma


possono appartenergli o meno

La conoscenza (IV libro saggio)


Conoscenza certa: percezione dell’accordo o disaccordo tra idee (il bianco non è
nero, c’è disaccordo tra idea del bianco e del nero). è quindi visione delle nostre
stesse idee.
Questa ha diversi gradi perché la percezione di questo accordo o disaccordo non è
sempre chiara ed evidente.

Conoscenza certa per intuizione: massimo grado, è come intuizione cartesiana, si


coglie in maniera immediata concordanza tra idee. è come quando l’occhio
percepisce la luce solo perchè si è posto rivolto verso essa. Pur negando l’innatismo
l’intuizione è il primo grado di conoscenza certa. Locke quindi non è scettico, è solo
ma sostiene un empirismo non troppo ingenuo.

Conoscenza certa per dimostrazione: se la mente non coglie immediatamente


l'accordo o la discordanza sopraggiungono delle specifiche idee, le prove, che
svolgono un ruolo di mediazione. Attraverso esse si effettua una dimostrazione,
ottenendo però un grado di conoscenza inferiore rispetto all’intuizione, inoltre la
dimostrazione presuppone l’intuizione visto che a ogni passaggio della
dimostrazione si devono utilizzare certezze intuitive. Sono dimostrative le
conoscenze matematiche

Conoscenza certa per sensazione (o sensazione attuale): ultimo grado di


conoscenza certa. Fin quando c’è la sensazione c’è esistenza, quando non c’è più la
sensazione non si può sapere se l’oggetto esiste. Quindi grazie a questa
constatazione empirica si può dire che il mondo (o la res extensa) esiste. La
sensazione è considerata nel momento in cui la provo, è una sensazione qui e ora.

Queste tre forme di conoscenza costituiscono l’intelligenza. È poi evidente a ognuno


di noi la differenza tra una percezione reale e una richiamata alla memoria, quindi
l’idea del sogno viene smentita. Egli confuta così l’idealismo, per il quale non
esisteva corrispondenza tra realtà e idea.

Il massimo grado di conoscenza si ha nel momento in cui le idee corrispondono alle


cose. Come fa però la mente a stabilire corrispondenza tra idea e cosa visto che
essa percepisce solo le idee? Per le idee semplici la mente è assolutamente passiva
e per le idee complesse (modo, relazione) tranne quella di sostanza c’è sicuramente
corrispondenza, in quanto le idee complesse sono originate da una combinazione
spontanea di idee semplici. Con le idee di sostanza invece può non esserci
corrispondenza perché potrebbero essere state combinate idee in maniera
impropria. Dunque non potrà esistere una conoscenza certa dei corpi, ma solo
probabile.
Locke condivide poi il principio del cogito ergo sum. Con l’intuizione si deduce
l’esistenza dell’io, il dubitare porta all’esistenza della cosa dubitante.

Per quanto riguarda la prova dell’esistenza di Dio, Locke utilizza la prova a posteriori
di Tommaso d’Aquino che usava la ricerca di una causa all’infinito. Questo crea una
regressione all’infinito se non si pone fine ad essa con una causa che non dipenda
da un’altra, ovvero Dio. Locke applica ciò all’io che non ha in sé la causa della sua
esistenza. Grazie all’intuito arriva alla conclusione che è Dio la causa necessaria che
non dipende da altro e che mette fine a questa regressione infinita. Quindi
l’esistenza di Dio si basa sul cogito ergo sum.

Conoscenza probabile:
Ciò che rientra nel cono di luce della conoscenza certa è poco, al di fuori di esso si
utilizza il giudizio. Con il giudizio l’accordo o disaccordo tra idee è supposto solo con
una certa probabilità.I criteri di maggior probabilità riguardano fenomeni di cui si ha
già avuto esperienza e di cui se ne ha una testimonianza.

La condizione dell’uomo è quindi crepuscolare, l’ignoranza è molto più grande della


conoscenza possibile. Questo a causa della mancanza di idee dovuta al limite dei
nostri sensi, che non arrivano a percepire aspetti troppo remoti. Da qui l’uso di
strumenti scientifici.

Pascal
Vita e origini
Nasce nel 1623 a Clermont Ferrand da una famiglia borghese. La madre muore
quando lui era piccolo e verrà quindi istruito dal padre magistrato. Era una sorta di
bambino prodigio, a 16 anni scrive il saggio sulle coniche e crea la pascalina, la
prima calcolatrice per aiutare il padre nei conti. Questo lo rende ancora più famoso.
Avrà un periodo in cui trascorre una vita mondana dedicandosi al calcolo delle
probabilità nel gioco d’azzardo. Entrerà successivamente in contatto con il
monastero di Port Royale insieme ad altri membri della sua famiglia nel 1646, dove
studierà la dottrina giansenista e dove avrà una “seconda conversione”,
allontanandosi dalla vita mondana. Difenderà dalle accuse di eresia questa dottrina
con le lettere provinciali andando contro i gesuiti e inizierà una grande opera che
però rimane incompiuta: L'apologia del cristianesimo. Muore a 39 anni (1659).

Il metodo geometrico
Il metodo di Pascal si basa sulla geometria (come altri autori del ‘600). L’assenso va
dato solo a ciò che appare con certezza ai sensi o alla ragione. Sottolinea anche la
necessità di usare un linguaggio chiaro e privo di ambiguità e aderisce al metodo
sperimentale che Galileo aveva sviluppato, cioè l’esperimento è fondamentale dopo
l’osservazione del fenomeno. Per quanto riguarda il rapporto con le opinioni degli
antichi, egli non è particolarmente critico, però se l’esperienza mostra il contrario
allora queste vanno abbandonate. Infatti secondo lui la verità è rivelata in quanto
viene fuori solo in un momento della storia, ma è rimane comunque eterna. Infine
ribadisce l’importanza delle definizioni in quanto non è possibile accertarsi
dell’esistenza di qualcosa se prima non è stato definito precisamente.

La riflessione sull’uomo
L’uomo studia le scienze in quanto non è capace di studiare sé stesso. Esso è
schiacciato tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, ciò è giustificato dal
fatto che per esempio non riusciamo a vedere se c’è troppa o troppa poca luce o se
siamo troppo vicini o troppo lontani. è però qua che sta la grandezza dell’uomo, che
è consapevole della sua miseria nonostante venga sottomesso dalle forze della
natura, mentre l’universo non sa nulla. È la ragione a fare grande l’uomo in quanto
grazie ad essa l’uomo riesce a rendersi conto della sua condizione miserevole. Sotto
questo punto di vista egli è persino superiore all’universo che, al contrario dell’uomo,
non sa nulla. Quindi l’uomo viene paragonato a un giunco che però può essere
spezzato dalla potenza di Dio, è dunque una canna pensante. L’uomo ha però
conosciuto un periodo in cui non era miserabile, prima del peccato originale. Dopo di
esso infatti si è sentito come un re spodestato, dice: “chi si considera infelice di non
essere re se non un re spodestato?”. Quindi non esiste verità assoluta, ogni cosa è
in parte vera e in parte falsa.

Pascal riconduce poi tutta la storia della filosofia a scetticismo (o pirronismo) e


stoicismo e ne approva un’unione . Le due ideologie da sole sono destinate a fallire
perché lo stoicismo porta alla vanità e alla superbia, mentre invece lo scetticismo
all’umiltà. Non si possono però unire due concetti opposti attraverso la filosofia, che
è miope nei confronti del fatto che esistono entrambe allo stesso tempo all’interno di
un uomo e che nel corso del tempo ha pensato di poter eliminare un’ideologia e
considerare solo l’altra solo per ragioni di coerenza. Infatti la vera filosofia deve
sempre superare i propri limiti, unire gli opposti e quindi pensare ciò che non è stato
pensato.

Le facoltà umane
Trattando le facoltà umane Pascal si concentra su queste tre.

I sensi: colgono parte della verità a patto che le capacità sensitive non superino i
limiti del mondo fisico e che non vengano manipolati dalla passione. Cartesio invece
li identificava come fonte di errore o di conoscenza incompleta.

La ragione:
La ragione non mette in dubbio le certezze più salde. Nonostante la ragione non
riesca a dimostrarlo, noi non sogniamo. Questo però non mostra l’incertezza dei
sensi ma solamente la debolezza della ragione che appunto non riesce a
dimostrarlo. Anche se il cuore è più importante la ragione non va abbandonata in
quanto testimonia la grandezza dell’uomo. Essa però non è autosufficiente ed è
limitata da distrazioni, al contrario di come diceva Cartesio che ha affermato cogito
ergo sum utilizzandola come prova dell’esistenza dell’io.

Essa è divisa in
-esprit de finesse: tipo di ingegno utile nelle questioni umane. Si identifica con il
cuore (se ne devi parlare parla del cuore)
-esprit de geometrie: si colgono principi chiari ed evidenti, utili non nelle questioni
umane ma nella scienza. Ad esso sfugge la dimensione spirituale ed esistenziale.
Non potrà mai sconfinare nel campo spirituale dell’esprit de finesse.
La ragione ha quindi dei limiti. Si possono dunque verificare i seguenti casi.
Viene fatta un’asserzione ma questa porta a un qualcosa di assurdo, l’asserzione di
partenza è falsa. Si nega un’asserzione e si ottiene qualcosa di assurdo,
l’asserzione di partenza è vera. Non si può ottenere né un qualcosa di assurdo né un
qualcosa di sensato dell'asserzione di partenza, questa rimane dubbia
Il cuore: coglie le verità profonde come ad esempio l’esistenza dei principi primi
(tempo, moto). Il cuore sente i principi e la ragione li dimostra. Esso viene prima
della ragione perché sente la varietà in maniera immediata, da qui “il cuore ha le sue
ragioni, che la ragione non conosce”. Esso si identifica con l’esprit de finesse e può
anche sconfinare nel campo scientifico se riesce a cogliere principi primi scientifici.

I sensi e la ragione entrano spesso entrano in conflitto ingannandosi


vicendevolmente. L’unico modo per evitare ciò è riconoscere gli specifici compiti di
ognuno di essi

La piccolezza dell’uomo nell’universo rendono la sua condizione ancora più


miserabile, l’uomo deve quindi occupare la mente con altre attività, il divertissement
(da latino devergo, volgere altrove). Tutte le attività umane si prestano, sia quelle
futili che non. Il divertissement è anche una via di fuga dalla noia, che opprime tutti
coloro che non hanno occupazioni, l'uomo infatti “non cerca le cose ma la ricerca
delle cose”. Ciò li farebbe pensare alla loro condizione. Infatti i re hanno una corte
che li intrattiene.

La fede
La filosofia e la ragione da sola non riescono a dare risposte alla situazione umana e
lasciano all’uomo degli svaghi che lo distraggono dall’indagine sulla propria
condizione esistenziale. C’è quindi bisogno di utilizzare la ragione ma di non affidarsi
completamente ad essa e andare oltre alla filosofia senza andare in contraddizione
con essa. L'utilizzo eccessivo della ragione porterebbe infatti a una fede dogmatica e
fanatica, un uso eccessivo della ragione porta invece all’ateismo in quanto la ragione
pretende di negare l’esistenza di Dio. Secondo pascal bisognerebbe quindi
raggiungere un equilibrio tra fede retta e retta ragione. La dottrina cristiana poi non
contraddice né i sensi né la ragione ma semplicemente dice qualcosa di più.

è il cuore la facoltà che ci avvicina di più della ragione a Dio e con esso possiamo
riuscire ad amare veramente Dio e non solo a conoscerlo, per quello basterebbe la
ragione. Gesù Cristo diventa quindi centrale in quanto il fatto che Dio si sia fatto
uomo è quello che più manda in crisi la ragione.

Considera inutile poi ogni tentativo di dimostrazione dell’esistenza di Dio, in quanto


se si riuscisse a convincere qualcuno, questa convinzione durerebbe poco tempo.
Secondo Pascal non ci è indifferente che dio esista o meno e ha un’importanza
centrale per la vita di ogni uomo.
Pascal introduce quindi l’argomento della scommessa, dove l’esistenza di Dio viene
ricondotta a puro calcolo di probabilità. Se si lancia una moneta le probabilità di
vincere o perdere sono uguali e quindi la somma che, eventualmente, si può vincere
o perdere è uguale (marco e andrea giocano 1€ a testa). Posso però fare in modo di
rendere la situazione molto vantaggiosa per un giocatore (marco gioca €3, andrea
gioca €1 e chi vince prende tutti i €4), il gioco è quindi pioù vantaggioso per Andrea.
Nella realtà ciò che si punta è la vita terrena: se in caso di vittoria se ne ottenesse
un’altra in cambio il gioco sarebbe pari, ma in realtà si ottiene la vita eterna che vale
molto di più della vita terrena e ci siamo così ricondotti al secondo caso dal punto di
vista di chi gioca poco per poter vincere tanto. Quindi è sempre conveniente
scommettere sull’esistenza di Dio perché scommettendo poco possiamo realizzare
un guadagno molto grande, la vita eterna.
Inoltre siamo obbligati a prendere parte alla scommessa a causa della situazione
esistenziale dell’uomo.

Quindi in generale la scienza, pur usando il metodo geometrico ha dei limiti. Non può
spiegare la condizione umana, i dubbi esistenziali e nemmeno l’esistenza di Dio

Hobbes filosofia politica


Stato di natura
È lo stato in cui gli umani si troverebbero se venissero a meno le istituzioni politiche
in grado di far rispettare le regole di convivenza.
Il mondo non si è mai trovato simultaneamente in questa condizione, cioè lo stato di
natura non è la condizione dell’uomo delle caverne. Lo stato di natura più che altro è
quella condizione di inesistenza delle istituzioni politiche, quello sfondo di violenza
civile onnipresente ma nascosto in uno stato.

Diritto di natura
È il diritto di ognuno nello stato di natura ad appropriarsi di ciò che serve
all'autoconservazione e alla sopravvivenza. Ognuno ha infatti diritto su tutto e non
c’è uno stato che emana leggi e che quindi può parlare di giusto e ingiusto. In questa
situazione si creerebbe una situazione di guerra di tutti, ovvero un conflitto
generalizzato in cui ogni uomo è il lupo del prossimo (homo homini lupus) e ognuno
è legittimato appunto dal diritto di natura. Ciò potrebbe anche applicarsi agli animali
ma l’ uomo è dotato di ragione e quindi riesce a calcolare le necessità future che può
avere. Così nasce il desiderio di ricchezza, potere e onore. In realtà la quantità di
risorse non sarà mai grande a sufficienza per soddisfare in maniera assoluta tutte le
necessità. Nello stato di natura vige quindi una situazione di precarietà e instabilità in
cui nemmeno le arti e le scienze, che rendono la vita più piacevole e sicura,
possono svilupparsi. L’uomo non è quindi uno zoon politikon (animale sociale) come
avevano sostenuto gli autori del passato, forse è il meno sociale poihcè vive in
isolamento e in continuo scontro con i suoi simili. Poi, secondo Locke, gli uomini
sono sostanzialmente uguali malgrado alcune differenze di intelligenza e forza fisica
e quindi nessuno è al sicuro da aggressioni o addirittura dalla morte violenta.

Le leggi di natura (diverso da diritto di natura)


Sono 19 indicazioni di comportamento (le prime tre sono le più significative) fornite
dalla ragione per sfuggire allo stato di natura, perché questo non conviene a
nessuno. La ragione quindi, pur avendo reso gli uomini degli egoisti calcolando le
necessità future, suggerisce all’uomo il modo per uscire dallo stato di natura. Esse
sono:
-Ricercare la pace e, se non è possibile raggiungerla, prepararsi alla guerra
-Rinunciare al diritto su tutto che porta inevitabilmente alla guerra
-Rispettare i patti stipulati

Il contratto
Non è detto però che ognuno sia disposto ad accettare le leggi di natura e a
rinunciare al diritto di natura su tutte le risorse. Se si imponessero le leggi di natura
con la forza allora si tornerebbe al punto di partenza creando un circolo vizioso.
L’unico modo efficace di risolvere questa situazione è con la stipula di un contratto,
con cui ogni uomo (i sudditi da subditus = sottomesso) si accorda con l’altro per
cedere ogni suo potere a un terzo (il sovrano) che non avrà altro potere al di sopra di
lui. Quest’ultimo, grazie al potere che gli è stato conferito potrà sanzionare chi non
rispetta la condizione di pace e le leggi di natura. L’unico diritto che non viene ceduto
è il diritto alla vita, in quanto per salvaguardarlo (evitando lo stato di natura) gli
uomini cedono tutti gli altri. Il potere non viene quindi da Dio ma dalla popolazione.
Il sovrano è però una persona giuridica e non per forza una persona fisica. Una
persona giuridica è un’entità che ha diritti e doveri (ad esempio un'azienda che può
esercitare le sue attività economiche ma deve comunque pagare le tasse). Il sovrano
quindi può essere un re (si ha uno stato monarchico), un’assemblea di pochi membri
(aristocrazia) oppure un’assemblea con la totalità degli individui (democrazia).

Il contratto però comprende allo stesso momento:


-Il patto di soggezione: gli uomini si sottomettono a un sovrano e formano lo stato.
-Il patto di unione: con questo gli uomini si uniscono e formano la società civile. È la
società civile che nasce dopo la formazione dello stato e non viceversa (quindi prima
lo stato e poi la società). Infatti la società nasce grazie all’azione pacificatrice dello
stato.

Una volta costituito lo stato viene definito ciò che è giusto o ingiusto e l’uomo passa
dal diritto naturale a quello positivo (positivo da positus, stabilito dallo stato).

Il Leviatano
Il leviatano è il termine con cui Hobbes definisce il sovrano, che ha un ruolo passivo
nel contratto. Esso infatti non fa altro che ricevere il potere dai suoi sudditi senza
impegnarsi in nulla, mentre invece di solito un contratto è unilaterale (ognuno ha
diritti e doveri). Egli ha solo diritti e nessun dovere. Da qua il nome sovrano assoluto
da absolutus = sciolto, sciolto da qualsiasi obbligo. Il nome leviatano deriva
dall’omonimo mostro del libro di Giobbe nella Bibbia, potentissimo, a cui Locke
assimila lo stato. Questa potenza che può intimorire è l’unica a poter salvare l’uomo
dallo stato di natura.
Contesto storico
Hobbes ha queste idee in quanto è egli stesso a trovarsi nello stato di natura, vive
infatti la guerra civile inglese con cui Cromwell salirà al potere. A lui sarà quindi più
congeniale una forma di potere assolutistica

Locke filosofia politica


I fondamenti sono uguali a quelli di Hobbes ma la trattazione è però una
confutazione del suo pensiero assolutistico e di quello di Robert Filmer. Filmer al
contrario di Hobbes sosteneva però che il potere del sovrano discendesse
direttamente da Dio.
Dunque rimane il contrattualismo (lo stato nasce da un patto comune tra gli uomini
per il loro vantaggio). Lo stato di natura è la condizione prima del costituirsi dello
stato politico.

Diritto di natura
Consiste nel diritto di ognuno su ciò che gli appartiene, quindi anche del suo corpo
(diritto alla vita). Comprende anche il diritto alla libertà perché ognuno può fare ciò
che vuole del suo corpo.
La proprietà è un’estensione dell’individuo il quale la lavora. Un esempio potrebbe
essere un appezzamento di terra che può essere preso dalla natura e trasformato
mettendo un recinto per evitare che venga danneggiato dagli animali selvatici e
crescere degli ortaggi. Un uomo però potrebbe voler raccogliere un frutto da un
albero per sfamarsi, ma quell’albero potrebbe essere proprietà di qualcun’altro e in
quel caso non potrebbe farlo. Se invece l’albero non è di nessuno allora l’uomo
sarebbe libero di raccogliere il frutto.
Facendo così, nessuno è in grado di produrre da sé tutti i beni necessari al proprio
sostentamento, rendendo necessario il baratto. QUesto però può rivelarsi poco
pratico in quanto si potrebbe non aver bisogno di un bene che viene dato in cambio.
Ecco quindi che nasce il denaro, un bene non deperibile come un metallo prezioso
che però in quanto non deperibile è facilmente accumulabile. In questo modo
chiunque potrebbe comprare più terreni e soprattutto pagare qualcuno per coltivarli,
creando un ceto di individui che non ha un loro terreno e che coltiva quello di un
altro. Si generano così profonde disuguaglianze sociali e una potenziale situazione
di conflittualità e tensione

Il contratto
Nella società naturale non è scontato che tutti rispettino il diritto di natura (di
proprietà, della persona e della vita), e quindi chi ritiene di essere stato privato di uno
di questi può reagire con la violenza e creare una situazione di guerra. Quindi la
ragione suggerisce agli uomini di siglare un patto con cui attribuire a uno o più
individui il potere necessario a mantenere la pace. Quindi qua la società nasce prima
dello stato, la società già esiste nello stato di natura. Qui lo stato serve per far
funzionare meglio la società. Lo stato politico non è negazione dello stato di natura
come lo era in Hobbes, ma solo un modo per tutelare il diritto naturale di cui gli
uomini godevano anche prima della formazione dello stato. Qui gli uomini devono
solo rinunciare all’uso della forza mentre in Hobbes dovevano rinunciare a tutto
tranne che al diritto alla vita. Quindi la ragione non definisce le regole di
funzionamento della società ma interviene per migliorare una condizione già
esistente.

Il ruolo del sovrano


Secondo Hobbes il sovrano non aveva obblighi ma solo un potere assoluto.
Secondo Locke il sovrano deve utilizzare il potere che gli è stato conferito per
garantire la pace interna, la difesa da attacchi esterni e i diritti naturali (proprietà,
persona, vita). Addirittura i sudditi, nel caso il sovrano non rispetti le condizioni
sottoscritte, sono autorizzati a ribellarsi al sovrano e a deporlo. Viene così legittimata
la rivoluzione. Il sovrano deve anche avere un’ingerenza minore possibile nella vita
degli individui

Secondo Locke la divisione dei poteri è la più grande garanzia di difesa dei diritti dei
sudditi. Infatti egli prevede che il potere legislativo (produrre ed emanare leggi)
competa al parlamento inteso come assemblea rappresentativa dei ceti proprietari, e
che il potere esecutivo (governare facendo applicare le leggi) competa al governo.
Inoltre solo il parlamento potrà imporre le tasse per soddisfare le esigenze
finanziarie dello stato. Ciò prenderà poi il nome di liberalismo.

Contesto storico
Lui ha queste idee perché vive durante la restaurazione inglese, che stava
degenerando in un regime assolutista, quindi il problema più pressante non è tanto
la guerra civile come nel caso di Hobbes ma l’assolutismo, quindi il potere doveva
essere il minore possibile compatibilmente con il mantenimento della pace all’interno
della società

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