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BIBLIOTECA DI CULTURA

MODERNA
GUIDO DE RUGGIERO
STORIA DELLA FILOSOFIA

PARTE PRIMA

LA FILOSOFIA

GRECA
SECONDA EDIZIONE AMTLIATA

Volume

II

BARI
GIUS.

LATERZA &

FIGLI

TIPOGRAFI-EDITORI-MBKAI 1921

*T *7'*

LA FILOSOFIA GRECA
II

GUIDO DE RUGGIERO

STORIA DELLA FILOSOFIA

PARTE PRIMA

LA FILOSOFIA GRECA
SECONDA EDIZIONE CORRETTA E AMPLIATA

Volume

II

BARI

GIUS.

LATERZA & FIGLI


1921

TIPOeRAFI-ElHTORI-LIBRAI

PROPRIET LETTERARIA

APRILE MCMXXI

57S60

VI

ARISTOTILE

1.

Vita di Aristotile. Nell'Accademia


si

s'irri-

gidisce lo spirito vivo del platonismo; mentre in-

vece

conserva, svolgendosi, nella pi vasta scuola

di Platone,

che va oltre
il

confini ristretti dell'Acca-

demia, e comprende 3S4


a.

pi universale pensatore dele

l'antichit, Aristotile di Stagira. Questi

C, da Nicomaco, medico
Macedonia.

amico
si

della

diciotto anni

nacque nel Aminta, re rec ad Atene,


di
ai

ed entr nella scuola platonica, a cui appartenne per


venti anni, fino alla morte del maestro. Intorno
porti tra Platone

rap-

ed Aristotile durante quel periodo, molto si fantasticato, fin dall'antichit, con un indesiderio di riassumere in qualche aneddoto o motto felice l'opposizione gi latente tra le due mentalit. Ma se assai scarso il valore storico degli aneddoti, invece indubitabile che durante quel lungo periodo di noviziato molte divergenze di vedute si siano create tra maestro e scolaro, ed anche presumibile che quest'ultimo abbia a poco a poco mostrato l'autonomia del proprio atteggiamento. Tut-

LA FILOSOFIA GRECA
contro
le

tavia,

maligna zioni antiche e moderne

sull'ingratitudine e sull'apostasia di Aristotile, sta

l'esempio magnifico di devozione e di fedelt dato

da lui che, malgrado ogni divergenza ed incipiente antagonismo, frequent la scuola per ben venti anni, e l'abbandon soltanto alla morte del maestro. Le relazioni del padre con la dinastia macedone furono ad Aristotile feconde di vantaggi, di onori, ma anche di amarezze. Nel 343-342 fu chiamato alla
corte di Filippo,

come maestro

del tredicenne Ales-

sandro; compito che ademp per tre anni.


cizia dello scolaro gli fu serbata

Ma

l'ami-

anche in seguito,

si

quanto

dimostr oltremodo propizia ai suoi studi, in gli forn i mezzi per compiere quelle imnaturalistiche e storiche, che, com-

mense ricerche
pre-se nella

noderosa sintesi del suo pensiero, ancor


egli ritorn tredici

oggi

ci

stupiscono.

Ad Atene
di Platone,
fica,

anni dopo

la

morte
filoso-

fond nel Liceo la sua scuola


il

che prese
viali

nome
i

di peripatetica, dai jisq tiratoi,

ombrosi

lungo

quali egli, passeggiando, so-

leva discorrere coi suoi discepoli. Appartiene a que-

che si estende nel tempo di dodici anni, composizione delle sue opere, che, a differenza delle platoniche, rivelano tutte unit di piano e masto periodo,
la

turit di concezione.

L'amicizia della corte macedone


nei suoi ultimi anni.

gli riusc

funesta

Nel grande conflitto di tutta la Grecia contro l'invadente Macedonia, quando per
l'ultima volta lo spirito nazionale ellenico,

emergendo

dal particolarismo municipale, visse intensamente, in


ispecial

modo

in

Atene

nell'Atene di Demostene
divenne assai
difficile.

la posizione di Aristotile
gli

In lui

non videro che il maestro di Alessandro, perci indirettamente il nemico di Atene. Cos graateniesi

VI.

ARISTOTILE!

veraente sospettato, egli prevenne

il

bando, e

si

rifuvilla,

gi a Calcide nell'Eubea, dove possedeva

una

lasciando nel frattempo, a capo della sua scuola, Teofrasto.


esiglio,

Ma

l'anno seguente (322) egli moriva nel suo per una malattia di cui soffriva da tempo, e

non per suicidio, come si da taluni sospettato. La nota differenziale della personalit mentale di Aristotile rispetto a quella di Platone non costituita, come a torto si crede, dall'interesse empirico
prevalente nell'una e assente dall'altra, caratterizzata a sua volta dall'arditezza degli slanci speculativi.

Son due
troppo in

fole,

riunite
la

in

una,

quella che
si

Aristotile

rasenti troppo
alto.

terra e che Platone


e l'altro

elevi

L'uno

egualmente

arditi,

e nello stesso

hanno slanci tempo amano la

casistica dei fatti minuti.

Per Platone, basterebbe, a provare quest'ultima tendenza, la minuziosit dei

particolari di cui

abbonda

la

Repubblica, o la sot-

tigliezza filologica del Cratilo, o la pedanteria classificatoria

del

Politico. Platone,

non

si

dimentichi,

ha il gusto del particolare, del plurale, pur compreso nell'universale e nel singolare. Ed Aristotile, non che divergere dai due maestri, ne continua e ne sviluppa l'opera. Soltanto, ed qui la vera differenza, egli intende diversamente da Platone il rapporto del particolare e dell'universale, e cio li compenetra pi profondamente l'uno nell'altro, di modo che l'uno si dimostra assai pi essenziale all'altro, che non nella dottrina platonica. Donde la conseguenza che, mentre in Platone l'interesse empirico non intimamente collegato al sistema "TMi a quindi un valore secondario, in Aristotile invece occupa un primissimo posto. Il che gli conferisce, da una parte, un pi ampio ed organico sviluppo nel pensiero stesso di Aristotile;
scolaro di Socrate, e
lui

come

LA FILOSOFIA GRECA

dall'altra,
tore,
il

un pi potente

rilievo nella

mente del

let-

quale portato poi facilmente all'illusione che

Aristotile possegga

una

facolt,

una

dote, che

manca

a Platone.

La

superficiale ed arbitraria differenza di


tra
i

temperamento

due pensatori s'invera


filosofie.

cos nella

pi intima differenza delle due


tone

Quanto all'arditezza speculativa, essa in Plapi appariscente, in quanto la massima attivit dialettica di lui si svolge in un campo sgombro di ogni empiria, secondo un ritmo puramente ideale. La speculazione aristotelica invece pi aderente a quell'empiria, ed ha quindi un processo meno visibile, per quanto non meno ardito e creativo. La preoccupazione costante di Aristotile di
vincere l'astrattezza e la trascendenza dell'idea platonica, di concretizzare
il

l'universale, d'individuare

concetto.

11

che, se

per un

verso

importa

una

pi intima coesione e disciplina din dati empirici,


dall'altro

l'idea; e d quindi nel


cio

una pi potente idealit altempo stesso un nuovo slantanto all'opera dei sensi quanto a quella del
conferisce
d'

pensiero.

Questa preoccupazione
si

individuare

il

concetto

rivela

gi

nella struttura delle opere di Aristo-

tile.

In Platone

organica della
i

filosofia,

non esisteva ancora una divisione come derivante dal compito


singoli

del pensiero, di particolarizzare l'oggetto uni-

versale

consta. Invece, ogni divisione della filosofia

momenti di cui aveva un valore provvisorio, corrispondente a una data fase


della

scienza nei

dello sviluppo

mentale

di

Platone; e soltanto
egli

nel-

l'ultima di quelle fasi,

quando

s'era spogliato

degli antichi pregiudizi socratici che l'avevano te-

nuto lontano dagli argomenti naturalistici,

si

deli-

neava all'ingrosso

la partizione della filosofia nella

Vt.

ARISTOTILE
rivolta
al

dialettica,

come scienza

conseguimento

dell'idea, nella fsica, nella psicologia, ridotta quasi

esclusivamente alla spiegazione del senso e dell'opinione e all'analisi della memoria, nell'etica, e infine
nella scienza dell'idea stessa,

da

lai

non chiamata

con alcun

nome

particolare.

questa partizione per altro non congrua la

struttura dei dialoghi platonici, la quale anzi ne

attraversata ed intersecata in varie guise, con


groviglio non
soltanto esteriore

un

ed apparente,

ma

insito allo stesso pensiero platonico.

In Aristotile, invece, la partizione della filosofa

risponde ad un'esigenza organica della sua mente. La scienza universale individuata pienamente indie
singole
parti,

ciascuna delle quali realizza,


si

nella

particolarit determinata del suo compito, l'universalit

da cui

origina e a cui confluisce.

La

dia-

lettica,

integrandosi con l'apodittica, forma la logica

aristotelica,

alla filosofia;

prima parte del sistema ed avviamento segue la fsica, analisi dei movimenti

e delie contingenze delle cose naturali, che, postulando come loro principio ci eh' im mutevole ed assoluto, fanno s che la fisica apra la via a quel eh'
di l della fisica, la metafisica,

l'innominata regina

delle scienze di Platone


l'etica,

quest'ultima nelle

Seguono la psicologia e due partizioni del suo va).

sto contenuto,

la morale e la politica ( 2 ). Ciascuna di queste parti a sua volta organicamente distribuita e disciplinata, ed ha una tratta-

fi)

Ma

il

nome

ili

metafisica solo occasionalmente aristotelico,

In quanto deriva dalla semplice posizione dei libri in cui questa scienza
trattata,
i

quali, essendo collocati


cpvoiv..

dopo quelli

vii

fisica,-

furono da A.
lojrico-psi-

chiamati: x \xex tu
(2)

La

sintesi nel

nome

posteriore.

La

Poetica e la Retorica

hanno un contenuto misto,

coIclmco.

10

LA FILOSOFIA GRECA

zinne propri.i, quale s'addice a una vera scienza.

La

logica,

la

fisica, la

metafisica, ecc.,

a differenza della

filosofia

platonica,
la

non sono pi, una serie di


struttura
di

rapsodiche

intuizioni,

ma hanno
la

scienze gi costituite ed organizzate, con

un proprio
si

metodo dimostrativo e con


del trattato.

struttura architettonica

Anche

qui, la differenza

non

spiega

con

la

mera psicologia

dei temperamenti, scientifico e

cattedratico quello di Aristotile, intuitivo e poetico

quello di Platone. Si tratta invece di


insita alle

una differenza
propria spiee

due

filosofie,

che trova
quella

la

gazione nella logica aristotelica. Ivi sou distinte due


sorte
di

dimostrazio'ni:
(cijtoeiy.Tixi'i)

dialettica

quella

apodittica

('),

l'una che assume egual-

due termini della contraddizione, l'altra inil termine vero e lo svolge secondo la sua legge. La prima ha un valore meramente probabile, mentre la seconda ha nel suo

mente

vece che assume soltanto

sviluppo

il

carattere della necessit scientifica.

Procedimento dialettico e procedimento apodittico contraddistinguono pienamente le due filosofie: il dialettismo platonico ha la sinuosit dei discorsi e delle dispute, segue il fluttuare delle opinioni e delle contraddizioni, pur con l'intento di vincerle e stabilire la verit immutevole e certa. L'apodissi aristotelica invece segue un cammino assai pi breve, svolgendo le conseguenze logiche di ci che in principio assume come vero; essa aderisce alla
verit senza preoccuparsi delle mille sinuosit degli
errori;

mira

diritto al

suo scopo senza tuffarsi nel

flusso delle opinioni.


Si

sente
la

in

questo nuovo atteggiamento del pendel

siero

novit

momento

storico

filosofico.

(1)

Anal. post.,

i,

2, li

VI.

ARISTOTILE
sofisti,

11

Platone avea ancora innanzi a s

e g' in-

combeva
trari,

il

compito di trarre

la verit dalle opinioni,


i

epurarla dagli errori, e perci dialettizzare


per crear la scienza.

con-

Una volta compiuto


la sofistica,
il

gere la

quel grande lavoro e debellata compito della filosofia diverso: svolverit con le sue stesse forze, in una sfera

pi alta di quella in cui vero e falso lottano nelle opinioni degli uomini, in una sfera appartata, dove

non entra se non chi iniziato alla scienza, e da cui non parte nessuna luce per illuminare quelli
che
si

affannano nelle pi basse regioni, tra gl'in-

terminabili conflitti del pensiero comune.

La

verit,

che con Socrate era discesa dal cielo sulla terra, ritorna nell'empireo; essa non emerge pi dalle
laboriose dispute della piazza,

ma

conquista di

coloro che s'iniziano alla scienza e ne seguono la

dura disciplina. Ritorna


scritti

la distinzione dell'esoterico

e dell'essoterico, gi nella stessa composizione degli


aristotelici
(').

Ma

la

distinzione

non ha pi

lo stesso significato

che nell'antico pitagorismo; non

pi l'esoterismo del rito, nella formula, bens dilla

scienza; una differenza equivalente a quella che, nel


rispetto politico, intercede tra l'aristocrazia naturalistica di casta e l'aristocrazia

libera degl'ingegni.

2.

La

logica.

La

logica c'introduce nel sistema

Essa svolta nei seguenti scritti: KateyoQiai o predicamene dei giudizi HeQ Q\i^veiaq, sul'AvaAimx noxeQa, sulla proposil' interpretazione;
aristotelico.
;

(1)

Questi

si

distinguevano in lwxeQivt e

in

xQoaxix

^coxegu'.

dicebantur, qmip ad relhorcas rm>ditaliones facultatemque argutiarum ciciliumque rerum notitiam conducebanl; y.goaxix aulem vocabantur
in quibus phiiosopliia remotior subtiliorque agitabalur. Gellios,
A".

A.,

xx,

5.

12

LA FILOSOFIA GRECA
il

zione e

sillogismo; 'Avatamx uateoa, sulla dimoprincipii:

strazione, sulla definizione e sui


sui

Tojnxd,
ekyxatv,

sillogismi

dialettici;

Ileo
Il

aocptarixcv

sulle false illazioni sofistiche.

complesso di queste

opere forma VOQyavov, denominazione non aristotelica, ma fondata sul giudizio aristotelico (') che la
logica sia un potente aiuto (ooyavov) nella conquista
(iella

scienza.

Gli elementi della logica aristotelica

sono due: la
di
si

proposizione

(jiQxaaiq)

il

sillogismo (ovXXoyiaiiq).

La prima
si

Tini

mediato eongiungimento
rccxpcmxg)
2

un sog-

afferma alcunch di qualche cosa. Tutti possibili predicamenti sono da Aristotile ridetti a dieci gruppi generali: ci che si pu affermare o negare di un soggetto non in realt che o la sostanza (ovaia) o il quanto (^oov) o il quale

getto con un predicato, discorso con cui

nega

(xa.xaq>axwq
i

f)

( )

(.-toiv)

o la

relazione
il

(jto? ti)

il

dove
t

(nov)

o
v

il

quando
o
il

(xox) o
(.toiev;

giacere
il

(y.ei'oOai)

o lo stare (e/ eiv)


).

fare

patire (xoyeiv) (

Ciascuno
<

di

questi predicamenti. preso per s,

non afferma

non

dalla congiunzione (ara ffuptkwrjv) col soggenera l'affermazione o la negazione. Verit ed errore starino appunto in questo atto affermativo o negativo; mentre, delle cose che si dicono senza congiunzione, nessuna vera o falsa, come, p. es.,

nega;

ma

getto

si

corre, vince. Ma se il vero e il falso sono neila proposizione, o rome noi oggi diciamo. nel giudizio, non si creano per nel giudizio: vera

uomo, bianco,

e l'affermazione di ci eia- ;
:

falsa,

l'essere pensato e l'essere reale

di ci che non sono diversi l'uno

(l)

Top.,

VII!,
..

1.

i.

I.

il
Lo.

16.

VI.

ARISTOTILE
fa

13

dall'altro, e l'uno

non

che riprodurre
il

l'altro.

Qui,

come
realt,
Il

si

vede, non siamo fuori dal platonismo, cio

dalla concezione

per cui

pensiero riproduce la

ma non
una pi
il

esso stesso la realt.

sillogismo rappresenta, rispetto alla proposialta istanza

zione,
la

mentale. Mentre infatti

proposizione una congiunzione immediata di due

sillogismo una congiunzione mediata di un procedimento riflesso del pensiero, che collega soggetto e predicato merc la loro convenienza a un terzo termine. Esso consta pertanto di due proposizioni aventi un termine comune, e, ci che pi conta, della loro sintesi, che non essendo
termini,
essi, e cio

naturalmente in nessuna delle due, pura opera del pensiero. Nelle due proposizioni: l'uomo animale, Tizio uomo, l'ulteriore inferenza: dunque, Tizio
animale, lavoro riflesso della

mente che,
essi,
1 (

in virt

della propria legge,

ha

la capacit di trarre, dai ter-

mini posti, qualcosa di diverso da

senza bisogno

per altro di alcun sussidio estraneo

).

Questa legge
si

la legge dell'identit, che, nel sillogismo,

applica

non

ai termini,

bens ai loro rapporti. Nella formula


B,

sillogistica:

C,

dunque A
del

C,

il

criterio
e

dell'inferenza l'identit

rapporto

AB

BC.

Quel che per sfugge al sillogismo, in quanto forma suo non discusso presupposto, il criterio della il convenienza dei singoli termini tra loro: perch A B? Il sillogismo dunque presuppone la verit del giudizio, o per meglio dire, la lascia indiscussa. Per conseguenza, l'illazione mentale che forma l'originalit del sillogizzare, affatto sterile, in quanto la

sua sintesi comprende l'identico


lascia sfuggire
il

(i

rapporti)

ma

si

diverso

(i

termini).

(1)

Anal. pr.,

i,

1,

Ub

18.

14

LA FILOSOFIA GRECA
Aristotile distingue tre figure di sillogismi, a se-

conda della diversa posizione del termine medio a (oQoq (loor) nelle due premesse (jTQoxdoeic). Nella l figura, il termine medio funziona una volta da soggetto e una volta da predicato (.4 si predica di tutto
B,

di tutto C,

dunque A

di tutto C); nella 2',


,

il

due premesse; nella 3 a soggetto. La prima figura conclude universalmente e affermativamente, la seconda negativamente, la terza
medio
predicato nelle

particolarmente.
Definiti gli elementi,

compito della logica esa-

minare il loro uso e. il loro valore nella scienza. Questo compito assolto negli Analytica posteriora, mentre il primo nei priora. I due caratteri essenziali
della scienza sono l'universalit e la necessit. Delie

cose contingenti non


tutte le proposizioni
il

si

d vera scienza
si

parte per via del senso

('); n d'altra conosce alcunch, dovendo

procedere per universali, mentre


2
( ),

senso non d l'universale

ma

soltanto

il

sinre-

golare. L'universale (t xaQov)

massimamente

moto da noi; vicinissimo invece il singolare, che tocchiamo col senso; ma questi rapporti di vicinanza e
lontananza
cose

s'

invertono, se dalla considerazione delle


*

rispetto a noi

passiamo
per natura

alla considerazione
.

delle cose quali sono


et

Quivi sono priora

notiora gli universali, pi lontane le cose singole;


la

ed logico che

scienza,

riproducendo l'ordine

naturale della realt,

muova

dagli universali per pro-

cedere ai singoli che ne derivano. Questo procedi-

mento

la dimostrazione scientifica, nelle sue due forme che gi conosciamo, la dialettica e l'apodittica, la quale ultima ha, essa sola, un valore vera-

(1)

Anal. posi.,
I,

I,

30, 87

(2) Ibid.,

81, S7

80.

Vf.

ARISTOTILE

15

mente
cose.

scientifico,

zioni della verit,

Ma

quanto si svolge per affermaaderendo all'essenza stessa delle non tutte le cose sono apoditticamente
in
il

dimostrabili:

principio della dimostrazione, ci


il

da

cui procede tutto

movimento

logico,

non

dimo-

strabile, per l'impossibilit del regresso all'infinito

nella serie delle prove. Questo principio (qxh)

dunque
(jiotaaig

la

forma premessa immediata della dimostrazione &|xeao<; rcoSeilecog) ( ), non suscettibile a sua
x

volta di dimostrazione, quindi anapodittico (dvoutSeixtov),

che
2 (

si

pu soltanto assumere

(kapev)

per

definizione

).

Di qui comincia gi a delinearsi la struttura della


logica aristotelica, tutta piramidale, saldamente con-

nessa e coordinata. Dal vertice anapodittico

si

svolil

gono

le

apodissi:

il

loro organo appropriato

sil-

logismo della

l a figura.

Soltanto con esso


il

si

pu

conquistare l'essenza delle cose:

sillogismo della

figura infatti

non

affermativo, e l'essenza delle

cose non pu essere che affermativa;


3 a figura

quello

delia

non universale, e la definizione dell'essenza universale. I due caratteri, dell'affermazione e dell'universalit, non si ritrovano uniti che nella
la

figura

3 ( ).

Inoltre, appartiene alla scienza,


il

come

organismo pensato, darci

finito e

non

l'infinito.
i

soltanto
finiti.

nel

sillogismo della l a figura

termini

sono

Questo carattere
xaTi]yoQicv

si

rivela gi nei predicamenti,

nelle categorie, che sono di


nsTtgavrai)
.

numero
si

finito (yvr) tcv


il

Finito

inoltre

processo
al prin-

ascensivo nel sillogismo, in quanto

ferma

(1)

Anal. post.,

i,

2,

72 a

7.

(2) Ibid., i, 3,

72 b 22.

(3) Ibid.,

I,

14, 79

32.

16

LA FILOSOFIA GRECA
indimostrabile, che
il

cipio
nito
la

si

definisce

soltanto. Fi-

termine maggiore, perch l'universale, sostanza, che non indefinita, in quanto si defiil

nisce. Finito altres

medio

nelle

premesse

affer-

mative

(*).

L'universale inoltre meglio di ogni altro affermativo, perch la dimostrazione per cause, e l'universale causa. Infine la dimostrazione universale
si

percepisce con l'intelletto, mentre quella partico2 (

lare col senso

).

La dimostrazione affermativa, che ha luogo nel sillogismo della prima figura, migliore della negativa;
infatti

la

negazione non

si

fa

nota che per

mezzo dell'affermazione, la quale prior et notior: la sua precedenza nel campo del sapere riproduce la precedenza dell'essere sul non essere nel campo
della realt
3 ( ).

Una

ulteriore

conseguenza

di questo

principio la preferenza accordata da Aristotile alla

dimostrazione diretta di fronte a quella che procede


per assurdo
4
(

).

L'organismo

sillogistico

riproduce l'ordine essenil

ziale della realt, cio la gerarchia dell'essenza e

procedimento della natura dal suo principio, in senso inverso all'ordine psicologico che in noi segue l'acquisizione delle conoscenze. Per noi, in effetti, la conoscenza dei principii l'ultima delle acquisizioni; ci che Aristotile dimostra, abbozzando nel 2 libro degli Analytlca Post., una fenomenologia dello spirito, che muove dall'immediatezza sensibile, comune a tutti gli animali, e segue le ulteriori trasformazioni

(1)

Anal. post.,
Ibid.,
Ibid.,
i,

I,

22, 84

25.

(2) (3)

24, 85

b 26
34. 27.

86

30.

I, i,

25, 86
26,

(4) Ibid.,

b 87 a

VI.

ARISTOTILE

17

del senso, per opera della

memoria, che

vi

si

ag-

giunge
nera
dei

in taluni animali,

particolarmente negli uo-

mini. Infatti dalle ripetizioni della


l'esperienza
dati

memoria

si

ge-

(^eioia);
l'arte,

dall'universalizzazione

empirici,
la

finalmente

da questa

emerge

scienza con la necessit ed essenzialit


1

dei suoi principii

).

Questo processo psicogenetico apre


tazione,
nei
Topici,

la via alla trat-

che conclude dal probabile, e dell'induzione, per cui si procede dai singoli all'universale. E, conforme a questo suo valore psicologico, l'induzione vien chiadel

sillogismo

dialettico,

mala uno strumento pi


spondente
alle

atto a persuadere, pi

ri-

esigenze del senso e pi


il
2

comune

al

volgo; mentre
Infine

sillogismo ha una forza probatoria


(

pi stringente e rigorosa
il

).

De

Sophistcis elenchis chiude la serie

delle opere logiche con la trattazione degli elenchi,

sillogismi con la conclusione contradittoria.

La
la

rive-

lazione della verit non

si

compie che con

sco-

perta dell'errore.

La

logica di Aristotile, che


linee,
si

abbiamo qui tracciata

nelle principali

dimostra, nella sua intui-

zione centrale, sostanzialmente platonica. La scienza

che in essa viene assunta a modello e criterio la scienza dell'universale puro, senza contatto col particolare dell'opinione e col singolare dei sensi,
i

quali

anzi vengono accuratamente esclusi dal suo dominio.


Il

processo deduttivo o sillogistico non che il perfezionamento di quella dialettica pura delle idee,

abbozzata da Platone, movente dai principii supremi


e procedente per via delle stesse specie, senza sus-

(1)

Analyt. post.,
Top.,
i,

il,

19, 100 18.

8;

v.

anche Metaph.,

i,

1,

980 a 21.

(2)

12, 105

G. de Ruggiero,

La

filosofia

greca

- li.

18

LA FILOSOFIA GRECA
empirici.

sidii

principi! stessi

non sono che

le

idee platoniche, criterii di ogni dimostrazione, non a lor volta dimostrabili, scoperti con una

ma
in-

tuizione immediata > e fissati mediante la definizione.

Quest'ultima viene intesa


e della specie, cio

come

l'unit

del

genere

come

la particolarizzazione del

genere, merc l'ultima differenza specifica. Essa pertanto la base e il coronamento della logica aristotelica, nella

quale

le

idee platoniche ricevono tutta

l'individuazione compatibile con la loro natura e

vengono inquadrate in un rigido sistema. Di una posizione nuova di pensiero non v' che
il

solo

presentimento:

cos,

allorquando Aristotile

riconosce l'astrattezza della categoria, presa per s,

senza congiungimento, egli mostra d'intendere che


la

concretezza del pensiero non nel mero univerbens nella sintesi dell'universale e dell'indi-

sale,

viduale,

nell'immanenza dell'uno

all'altro.

Questo
lo-

presentimento assume anzi, in molti passi della


gica, la forza d'una esigenza, e

come d'un compito


l'individualit,

che Aristotile
dell'idea

si

sia imposto, di

vincere l'astrattezza

separata, e di

riabilitare

guardandola nella luce dell'universale. Ma questi accenni, che pur formeranno

il

tema

principale dei suoi scritti posteriori, inseriti nel piano

generale della logica non hanno neppur la forza di

mutarne l'intonazione fondamentale, e non rappresentano ancora che una semplice discordanza. Platonica non soltanto la concezione dell'universale,

ma

tutta la struttura della scienza nel suo

ideale

oggettivismo.

Essa

infatti

vuol

riprodurre,
e,

copiare fedelmente l'ordine naturale delle cose,

conforme a questa esigenza, dispone tutto il suo macchinario dei principii e delle dimostrazioni, in

modo che aderiscano

alla gerarchia essenziale delle

VI.

ARISTOTILE

19

cose.

Il

pensiero non ha una legge autonoma che


propria attivit,

regga

la

sul suo oggetto.

ma si modella passivamente Epper questa logica non l'organo

della scoperta della verit,

ma

l'organo della verit

in se stessa, qual'era ab aeterno,

indipendentemente

dal

modo come

noi possiamo apprenderla. Essa


pensiero,

non

concerne

l'attivit del

ma

la costituzione

dell'oggetto eterno del pensiero, cio del

pensato;

non

ci

parla della scienza in atto,

ma

dello scibile,

della scienza in potenza. Questo scibile ha nel pensiero aristotelico

quella scienza in atto,


spetto alla

un valore sopraordinato rispetto a come per Platone l'idea riintellezione. Lo scibile, egli dice ( ), pre1

cede

la scienza; tolto lo scibile, tolta la scienza;

non tolto lo scibile, che pergrado di possibilit di scienza. Avviene qui, soggiunge, come nel rapporto del sensibile
tolta la scienza,
siste

ma

almeno

al

e del senso:

tolto

il

sensibile tolto

il

senso,

ma

non viceversa;

solo l'esistenza del

sensibile rende

possibile l'attivit del sentire.

La
spetto

priorit della potenza sull'atto dimostra l'a-

pi caratteristico dell'oggettivismo.

La po-

tenza, la

mera

possibilit, in cui noi

non riconosciamo
nostro apprendi-

che una modalit

soggettiva del

mento

delle cose, trasferita nelle cose stesse; l'om-

bra, che l'attivit del sapere proietta innanzi a s,

come sua condizione come potenza, noi riconosciamo ancora un altro aspetto dell' idea platonica, immutevole ed eterna come un
anticipata allo stesso sapere,
essenziale.

In

questo concetto della scienza

pensiero pensato una volta per tutte. Perci la


gica aristotelica ha
definita
,

lo-

una struttura

cos

compiutamente

perci essa ha potuto sfidare venti secoli di

(1)

Categor.,

7, 7

24.

20

LA FILOSOFIA ORECA

studi e di ricerche, senza esser modificata in nessun punto fondamentale; la sua forza quella delle cose rigide e senza vita, che sfidano il tempo sol perch non lo vivono. Essa ignora la dinamica del pensiero
scientifico,
il

processo della ricerca e della conquista

della

verit;

non concerne
li

il

pensiero vivo,
li

ma

prodotti del pensiero, e


loro elementi.

analizza,

scompone nei

Il suo criterio il principio d'idenscomposizione della sintesi mentale nei suoi elementi identici; opper essa ignora ogni criterio

tit, la

sintetico, ogni principio creativo di verit; riduttiva


e

non produttiva.
lo

Tuttavia
della verit;

sforzo, di Aristotile di

voler

fare

della logica l'organo della ricerca e della conquista

Platone, che mirava a far dell'idea

vente di
il

un assunto non dissimile da quello di un principio viproduzione e di specificazione. In quanto


struttura
del
reale,

sistema logico riproduce la

dove tutte le cose sono causalmente connesse (*), deve nello stesso sistema esservi un principio causale che rispecchi l'ordine delle cause reali. E questo principio, secondo Aristotile; l'universale, che viene perci assunto come causa. Questa, illusione non ha bisogno di essere svelata; gi conosciamo i vani
l'

dare un valore causale aldinamico pu accogliere il sistema della pura possibilit logica; nulla che dall'astrattezza della potenza conduca alla concretezza immasforzi dei platonismo, per

idea. Niente di

nente dell'atto.

Ma
del

noi

ben presto vedremo che questa posizione


la definitiva. Dalla
fisica e
elei

pensiero aristotelico non

considerazione concreta
della metafisica
si

problemi della

svolger una nuova logica, non

(1)

Analyt. post.,

i,

2,

71 b 10.

VI.

ARISTOTILE

21

pi della potenza, del mero pensato, bens dell'atto,


del
della

pensiero vivente, che dar un nuovo organo,

mente

insieme del reale, concepiti nel loro

sviluppo.

3.

principii

del divenire.

Il

divenire cade

tutto fuori della logica.

Come

sapere, esso infatti


acquisizioni,
falso,

un processo

di esperienze, di
il

tinuo discernere

vero dal

un conun intendere le
alla

individualit empiriche nella loro genesi e nei loro


rapporti.

Ora

tutto ci estraneo

logica, che

nelle sue statiche sussunzioni dei generi e delle specie

che i momenti del processo acquisitivo; non conosce n la verit n l'errore, perch contempla un mondo ideale dove tutto semplicementeche non tocca le individualit empiriche, perch alle sue definizioni l'individuo sfugge, e invano s'illude, col particolarizzare le specie, di colmare
cristallizza
;

l'hiatus

tra

l'ultima di esse e

Vindividuum

(mini-

modo determ inatum.

Ma

il

divenire cade fuori della logica anche nelle


specula-

sue forme naturali pi familiari all'antica

zione, e cio nelle antitesi fisiche della quiete e del

movimento, della genesi della corruzione, dell'agire


e del patire. Tutto ci implica un'assunzione di contrari,

cui

la

una concezione dialettica dei loro rapporti, per logica non offre nessun sussidio, irrigidita

com' nei suoi principii d'identit e di contradizione. Bisogner allora concludere che del divenire

non

c' scienza? Cos

aveva detto Platone ed aveva


idee.

circoscritto la scienza soltanto a quello che eterna-

mente
della

al

mondo

delle

E, nell'ultima fase
il

sua speculazione, pur volendo spiegare

di-

venire alla luce dell'essere, era stato costretto a ne-

gare valore di scienza a tale spiegazione e a ricor-

22

LA FILOSOFIA GRECA
gi

rere al ripiego

usato da Parmenide, di attri-

buirvi soltanto la forza di

un discorso probabile,

corroborato dalla credenza. Ma Aristotile ha ben altra consapevolezza della

presenza dell'essere nel divenire, dell'universale nell'individuo.


logica, per

Egli

l'ha

gi adombrato nella stessa

quanto ivi la posizione irrimediabilmente platonica del problema lo costringesse a immobilizzare i termini del rapporto l'uno nell'altro e a sopprimere, cos, senza accorgersene, il divenire. Ma nella fisica, nella psicologia, nella scienza dei primi principii, egli l'iacquista gradatamente quella coscienza e la pone in valore;
blemi, dei quali
g'
il

ivi

l'urgenza di prola

divenire forma tutta

sostanza,
il

impone una considerazione terio non pi nell'Organon,


l'oggetto
lo

scientifica

cui cri-

ma

intrinsecato con
egli

stesso

della

ricerca.

Ed

finisce

con

scoprire nuove categorie, estranee alla logica, e


alla
fisica,

immanenti
le

che tuttavia coesistono con

antiche (anzi talvolta s'intrecciano con esse, otteil

nebrando
rispettivi

suo pensiero) per


gli

dominii
si

categorie
sapere,

il fatto stesso che i appaiono separati, e le nuove svolgono per lui non come forme del

ma

del divenire e dell'essere nel loro rap-

porto. Tuttavia, la separazione

non

che apparente:

l'indagine del divenire, sviluppandosi, passa dalla


fisica alla psicologia,

quindi alla dottrina stessa del

sapere, che ne vien cosi totalmente rinnovata.


si

Come

giustifica allora di fronte a questa la vecchia lo-

gica? Aristotile non

non

ci d nessuna risposta, e noi stupiremo di questa aporia, se consideriamo che ancor oggi, dopo pi di venti secoli, una vecci

chia sedimentazione di abitudini


in vita la distinzione di

mentali mantiene

una

logica,

una

psicologia,
siffatta

una dottrina

della

conoscenza, mentre

di-

VI.

ARISTOTILE

23

stinzione

si

spiega solo nel tempo,

come passaggio

da una

filosofia

a un'altra.

se Aristotile, nel quale si

Che di strano, dunque, andava appena effettuando

quel passaggio, non se ne sia accorto?

L'indagine sul divenire condotta da Aristotile con rara penetrazione, ma anche con una sovrabbondanza di analisi, che ci oscura non poco il nesso sintetico delle varie parti. Per un criterio di opportunit didattica, noi cercheremo innanzi tutto d'isolare i principii fondamentali del divenire, e poi di guardarne l'esplicazione in atto nella fisica. 11 centro di orientamento della ricerca dato dalla

considerazione dell'individualit organica, quella in


cui
il

divenire
luce

si

manifesta nella sua forma tipica


ci

e pi elevata.

Dalla struttura dell'organismo, poi,

riceve

anche

che nella comune consideraanzi, l'intero

zione passa per inorganico;

sistema

cosmico, nei suoi grandi nessi e nella distribuzione ordinata e armonica delle sue parti, appare a sua
volta

come il massimo organismo vivente e animato. Ora l'individuo organico ci si presenta come una
di

sintesi

determinazioni opposte.

Esso innanzi
i

tutto

un individuo,
di
parti,

ma

riassume in s

caratteri

costanti della
lit

specie, dell'universale.

una

plura-

di

funzioni,

ma

contenute

in

una

unit semplice, anzi tanto pi semplice e schietta

quanto pi ricca
tutto materiale,

la

molteplicit sottoposta.

un

impresso in una forma definita; un essere, che tuttavia si fa, si svolge; quindi che nega continuamente ci che , ed include in s il

ma

fermento attivo di un non-essere. Tutte queste opposizioni si possono polarizzare in un'opposizione fondamentale: ogni analisi infatti ci riconduce a

due

principii

costanti, l'uno

dei

quali la radice

24

LA FILOSOFIA GRECA

della pluralit, della molteplicit, dell'indetermina-

zione, l'altro dell'unit, della semplicit, del limite.

Nessuno dei due esiste senza l'altro, eppure nessuno pu risolversi nell'altro; soltanto insieme essi acquistano concretezza e rilievo. Senza un sostrato (&jtoxei|ASvov) del mutamento, senza una materia (vh)) a cui inerisca la forma organica, l'individuo inesplicabile; e similmente senza una forma (ixoQqni)
determinata, senza l'idea impressa
specie
(etSog),

del

tipo,

della

la

materia cade nella mera indeter-

minatezza e confusione. Forma, specie, limite, sono tante espressioni diverse per designare la stessa funzione specificante e determinante, in seno

dunque

alla materia,

che costituisce l'originalit dell'indici


si

viduo. Le idee del platonismo gi


qui, nella loro astrattezza:

rivelano, di
e formanti

come separate

delie sostanze, in s e per se compiute, esse sopra-

stavano
viia;

alla

materia, senza compenetrarla della loro


la

donde
le

vana tortura del ricongiungere quel

ch'era stato irrimediabilmente disunito. Aristotile non

nega gi
l'idea

idee di Platone,

ma

il

loro

modo

di essere
n'

separato, sostanziale. Sostanza

non

la materia

per so presa,

ma

la

loro sintesi; l'unit, se

non

esiste

originariamente,

non potr essere mai


i

pi reintegrata.

Materia
cipii

forma costituiscono cos


il

primi prin-

mutuo rapporto dev'essere inteso dinamicamente. Cio noi non dobbiamo pensare qualcosa che comunque s'incontri o si unisca
dell'organismo, e
loro

con un'altra,
cita

ma

un'energia, un'attivit, che eser-

un'azione specificante e determinante sopra un proprio contenuto e sostrato. Materia e forma per

momenti relativi: ci che forma di una data materia, a sua volta materia di una forma superiore: l'unit del processo organico
s prese sono

VI.

ARISTOTILE
i

25
sostanti-

dunque perduta
vati
in

finch

due termini sono


si

entit

oggettive, mentre

conquista solo
le in-

nell'intuizione di un'attivit formante, che contiene


e

domina l'opposto momento materiale che


(').

trinseco
tra la

Perci Aristotile concepisce


la

il

rapporto

furma e
il

materia anche nei termini di un


il

rapporto tra l'essere e


caratterizzato
e
il

non

essere, dov' meglio

valore di pura idealit dei termini

significato dialettico della loro unione.


toglie tuttavia

Questo

non

che spesso un inconsapevole trasferimento dei rapporti della logica nel dominio della natura immobilizzi falsamente la realt viva del processo naturale; e che la mobile sintesi della materia
e della

forma appaia
i

cristallizzata nello statico

schema

della sussunzione logica.

Ma
dato,

concetti di materia e

forma non individuano

ancora, almeno nella formulazione che ne abbiamo


il

divenire concreto dell'organismo. L'organi-

si svolge: ora noi non possiamo intendere questa sua origine come un discendere della forma sulla materia: l'individuo nasce dall'individuo, l'uomo dall'uomo ( 2 ), non dall'idea o dalla specie umana. Occorre dunque ai principii enumerati aggiungerne un terzo, quello della causalit efficiente, cio di un motore, in senso molto lato, che dia l'impulso al processo formativo, e cio traduca in atto quella forma organica che era latente nel germe. Ma il processo allora realmente compiuto, quando ritorna su se stesso, cio quando alla sua realizzazione precostituita l'idea del tipo

smo

generato, nasce,

stotile, coin

(1) Questo concetto relativo della materia non esclude per Arivedremo nella fisica, un altro concetto, assoluto, della materia originaria, come sostrato generale del divenire, a cui, contro

le

sue stesse premesse, culi attribuisce un'esistenza distinta.


(*)

Df

yener.

ti

cor?-,

i,

5,

;O

19.

26

LA FILOSOFIA GRBCA

organico, del fine da realizzare.

Bisogner dunque

porre anche un quarto principio, la causa finale, che integra la causalit efficiente, dando al suo impulso quell'indirizzo che implicito nell'anticipazione del tutto, del fine organico, alla produzione
delle sue parti.

Perch il germe si sviluppi in pianta che la rappresentazione della pianta o dell'animale compiuto sia immanente in fattori determinanti del suo esso e subordini a s sviluppo. Materia (t k\ ori, vk\-\), forma (jaoqcptj, eI8os),
animale,
occorre
i

causa motrice o efficiente

(t 68ev
1

f)

Qyr\ rrjg xivrioecog),


i

causa finale
si

(t ov evexa)

( ),

ecco

principii

in cui

compendia

l'analisi del divenire.

Tra

essi

corrono
con-

alcune strette affinit:

la causalit efficiente si

nette con quella finale, e questa a sua volta s'in-

trinseca con la forma, perch la realizzazione della

nico. Aristotile ci

meta a cui tende lo sviluppo orgad spesso una rappresentazione contratta del processo, con la sola diade materiaforma

appunto

la

Ma per compendiarne tutto il carattere dinamico ed evolutivo egli si avvale di altri due concetti: quelli di potenza e di attualit, dove i momenti gi enumerali sono compresi nella realt del loro spiegamento. In effetti, secondo Aristotile, la forma di una l'atto col quale la sua esistenza si determina e s'individua. La sua materia invece quel che
forma.
suscettibile di questo
tualit o potenza, cio
si

esercita la

e che in s mera viruna indeterminatezza in cui forza determinante dell'atto. La diade


atto,

materia-forma s'intrinseca cos con la diade potenza-arto, (owaing-vQYeia), dove la forma si chiarisce,

(1)

Methaph.,

I,

3,

983 a 2%.

VI.

ARISTOTILE

27

in antitesi col

platonismo,

come

un'attivit specifi-

catrice della materia.

Nell'organismo, da cui questi concetti sono im-

mediatamente
tualit,

attinti,

senza potenza non


insita nel

si

d
la

at-

cio senza
io

una virt

germe non

possibile

sviluppo dell'individuo;

ma

po-

tempo stesso che tende all'atto, presuppone a sua volta un atto il germe non germe se non stato fecondato da una individualit comtenza, nel
:

piuta.

In questo mutuo implicarsi della potenza e

dell'atto, la
si

ragione dello sviluppo: la generazione


all'attualit generatrice:

distende in una serie di regressi e di progressi,


serie

dalla potenza generatrice

che non ha una conclusione temporale, ma che implica un principio estratemporale, il quale pu risiedere solo in un atto che non presupponga

una

nessuna potenza e che sia quindi la fonte spontanea di tutto il processo. L'importanza di questi concetti nella filosofia aristotelica rende necessaria un'analisi pi particolare. Innanzi tutto, v' nella potenza l'unit ancora indifferenziata dell'essere e del non essere: l'esser sano
esclude
in s
il

suo contrario, cio l'esser malato,


1

ma

il

potere esser sano, l'include

( ).

La potenza accoglie

dunque

contrari; essa l'astratta possibilit

che non contiene in se la ragione dello specificarsi degli esseri, ma l'indifferenza primordiale dell'essere e del

non-essere, su

cui

dovr esercitarsi

la

forza specificatrice e determinatrice dell'atto. Solo


in potenza coesistono
i

contrari; in atto n, perch

uno

solo di essi condotto dalla possibilit alla con-

creta ed attuale esistenza.


Il

concetto dei contrari va inteso in un senso re-

li)

Metapk.,

x, 9,

1051

5.

28
strittivo,

LA FILOSOFIA GRECA
per essere adeguato all'idea della potenza. il contradittorio, n il semplicemente

Contrario non

diverso ed eterogeneo.
in
effetti

Tra

eontradittorii
essi
i

composizione possibile,

si

non v' eseludono

reciprocamente; e d'altra parte, tra diversi non v' neppur possibilit di conflitto, n quindi di accordo, in quanto ciascuno sta per s, senza rapporto con l'altro. Invece nei contrari c' l'idea del conflitto della composizione; deve perci essere in essi come un sostrato o fondo comune, un'identit sostanziale pur nella loro differenza. E pertanto i contrari debbono appartenere allo stesso genere, ed esserne delle specificazioni differenti. Tra generi diversi, aveva gi detto Platone, non v' dialettismo; questo invece
t-,

sorge nel seno di ciascun genere, in virt di quella


identit che
il

genere esprime,

che

si

manifesta

nella differenza delle specie.

Questo concetto della contrariet d una maggiore determinazione a quello della potenza.
eontradittorii n
i

Non

diversi coesistono in potenza, bens

i contrari; il che vu"l dire che la potenza non astratta possibilit di qualunque cosa, ma possibilit determinata dal genere stesso delle cose che in essa si esprime. Cos la possibilit del colore bianco la possibilit indifferentemente del bianco e del non-bianco, ma nei due casi, di un colore; non gi di un suono o di un odore. Dunque la potenza non assolutamente indeterminata, ma contiene un principio di determinazione; non l'amorfa materia ricettiva di ogni forma, bens la materia di una data

soltanto

forma.

Ma
che
si

v'odi pi; nella determinazione della potenza


il

verso l'attualit, v' gi

principio di quell'attualit,

esprime come un bisogno, un'aspirazione, una tendenza a realizzarsi. Si ricordi il concetto del-

vr.

Aristotile
il

29

l'ignoranza socratica, come aspirazione verso


pere; o
il

sa-

concetto, espresso nel Filebo, del vuoto,


del vuoto e bisogno di essere riempito.

come senso
Aristotile,

con l'idea della potenza, eleva a formula universale della natura questa tendenza alla positivit eh' inerente al negativo. Egli

vede nel non-

essere

il

germe

che, se non pianta o animale, aspira

a divenir pianta o animale,

ed

in cui la contradizione

dell'esistenza

dell'essenza genera quell'irrequie-

tezza che principio di

movimento

e di

sviluppo.

La potenza
alle cose,

dunque

la

privazione feconda insita


il

l'aspirazione all'attualit;

passaggio

dalla potenza all'atto lo sviluppo del reale, la contrariet del possibile

che s'acqueta nella realizzazione

del che determinato, per risorgere

come nuova
fjv

po-

tenza di un nuovo atto.


Il

principio

dell'antica
le

scienza,

|.io

jtdvta,

erano insieme tutte

cose, s'invera

nel

concetto
(');

aristotelico: tutte le cose

erano insieme in potenza


le svolse,

e l'atto, la causa attiva, la forza che impresse loro


il

movimento,

le

separ e

creando l'indi-

vidualit dell'essere di ciascuna.

L'idea della potenza


dialettica.

ci

offre,

cos,

una nuova

formulazione del non-essere e della sua efficienza

Noi abbiamo imparato a conoscere quattro

posizioni distinte del non-essere, nella storia del pen-

Secondo Parmenide, il non-esnon e l'essere soltanto : la negazione parmenidea del non-essere la negazione del vuoto, e
siero finora percorsa.

sere

l'essere vien quindi affermato

come

realt fisica piena

Democrito invece ammette l'esistenza del non-essere, del vuoto, che si stratifica attraverso l'essere, lo rende discontinuo, discreto, atomico. Nella
e continua.
Metaph., xn,
1069 b 23.

(1)

2,

30

LA FILOSOFIA GBECA

il non-essere, egualmente afferepura ed acquista l'idealit dell'essere di cui forma l'antitesi; esso l'altro, il diverso che trai ace nell'identico, il pi che si compone armo-

posizione platonica,

mato,

si

nicamente con l'uno: e il sapiente arbitrio del demiurgo si avvale di entrambi nella costruzione dell'universo. Ma in tutte queste concezioni, per quanto
realizzino

un grande progresso l'una


il

sull'altra,
i

non

c' ancora

dialettismo fecondo dei contrari,


l'altro,

quali

non

si

richiamano dall'intimo l'un


e
il

non geil

nerano, con la forza stessa della loro antitesi,

movimento

divenire delle cose:

la

loro intrin-

seca e generica identit solo apparente, ed in realt


necessario o
il

un terzo termine estraneo,

la

gravit

demiurgo, che li unifichi e ponga in essere quel movimento che essi sono incapaci a realizzare in maniera autonoma. Nella posizione aristotelica, il
non-essere la potenza, non astratta e indifferente
negativit dell'atto;

ma

genericit gi determinata

negativit gi compresa quanto l'aspirazione all'atto che nella potenza germinazione del positivo dal negativo, impulso verso l'affermazione e realizzazione di quello. Nel solo aristotelismo noi dunque troviamo un motivo autonomo e autoctono del dialettismo, una generazione spontanea del movimento, per ef-

secondo
di

la specie dell'atto;

positivo,

in

fetto della positivit

immanente
aristotelico,

alla negativit della

potenza, che impulso automotore del suo svolgi-

mento. Nel

mondo

il

genere tende
alla
in

al

proprio differenziamento,

l'universale
:

propria

individuazione, la materia a formarsi


la

una parola,

potenza all'attualit.

Da questo punto, spogliando


logica, noi

concetti finora esafisio-

minati della loro troppo limitata significazione

possiamo gi misurare

il

distacco della

VI.

ARISTOTILE

31

nuova posizione speculativa


forma
la

di fronte a quella delia

Logica. Nella logica, la potenza precede l'atto e ne

condizione essenziale: senza scibile, niente

scienza.

Questo concetto, se adeguato all'idea astratta


della scienza, inadeguato alla spiegazione concreta
del reale.

Ogni essere ha

infatti

una forma
il

specifica

e individuale di esistenza, laddove


ancora individuato. L'atto solo

possibile

non

ha una

specifica

determinazione e concretezza. Cos, la generazione non si spiega co! concetto della potenza generatrice

come

preesistente all'essere generato; occorre invece che quella potenza sia preceduta da un ente in atto.

Cos ancora nel movimento, occorre una forza motrice

che attualizzi
l'altra.

la

mobilit del corpo, e l'una

Ma, seguitando per questa via, nell'ordine della formazione psichica e della stessa conoscenza, noi vediamo l'inversione dei due momenti, della potenza e dell'atto, effettuarsi con un significato pi nettamente antitetico a quello presupposto nella
precede
logica. L'attualit del conoscere finisce in tal

modo

con l'essere anticipata allo scibile: sorge cos il criterio di una logica nuova, contrapposta all' Organon, di cui Aristotile stesso ha tracciato le prime e sicure
linee.

infine

il

divenire, che era stato bandito dalla lo-

gica, e quindi dalla scienza, contemplatrice di

un

mondo

di

pura essenza, qui

ci

si

palesa nella sua

profonda verit, nel suo essenziale valore scientifico. Il divenire non l'oscuro e confuso caos materiale
nel suo disordinato
in

movimento; esso

compenetrato,

ogni

momento

del suo corso, di idealit, di forma,

finalit: esso insomma uno sviluppo. I rozzi cominciamenti delle cosmogonie, i mitici passaggi dal caos al cosmo, sono ormai definitivamente eli-

di

32

LA FILOSOFIA OKECA

la

ed stata sempre un cosmo; non pu quindi pi intrudersi nella fisica, che assume ora per la prima volta il carattere di una vera scienza.

minati.

La natura

mitologia

4.

La

fsica.

La' fisica di Aristotile

la

pi

stringente confutazione del


nulla
si

dubbio

di

Gorgia, che

pu essere generato

e prodotto: dall'ente

non

perch gi ; dal non ente nemmeno, perch nulla vien dal nulla ( ). Il divenire rompe l'apparente antinomia dell'essere e del non-essere,
fa l'ente,
!

e ci

mostra

la

realt in via di sorgere dai contrari.


e sostrato del

Come fondamento
stotile

divenire

fisico,

Ari-

pone una materia primaria, assolutamente indeterminata, a cui non si pu attribuire nessuna categoria dell'essere ( 2 ), e che per se stessa inconoscibile ( 3 ): noi non rapprendiamo che per via di analogia, eliminando tutte le determinazioni dell'essere, fino a raggiungere un sostrato amorfo, che non esercita e non riceve nessuna determinazione. Questa materia il residuo ineliminabile del pr cedimento naturalistico: l'abbiamo gi trovata, con
la stessa

indeterminatezza,

in

Platone:

la

ritroviamo

ora in Aristotile,

con una pi profonda discordanza coi principii direttivi della sua filosofia. Noi sappiamo, infatti, che per lui non esiste una materi senza forma, avente per s un'esistenza positiva

ma

Eppure
entit

al margine della sua speculazione, questa appare confusamente, quasi per segnalare l'estremo confine della ricerca scientifica, l'ostacolo

ultimo e insuperabile all'opera della riflessione razionale.


(1)

Phys.,

i,

8.

191 b
3,
li

14.

(2)

Metaph., Metaph.,

vii,

29 a 20
8,

(3)

vii, 10,

1036 a

VI.

ARISTOTILE

33

non ha valore un dato meramente iniziale da cui Aristotile prende le mosse per indagare il primo quid su cui fa presa l'attivit della forma. La forma del mondo fisico il movimento (xirricnc), con cui la potenzialit della materia tende alla pi rudimenl'idea della materia informe

Ma
di

che

un

limite, di

tale e imperfetta attualit.

L'idea del movimento


lica,

nell'accezione aristoteinfatti

vastissima:

essa

comprende

in

s tre

specie differenti di moto:

nel luogo

latto
;

cpo^;
secondo
il

secondo
la

la qualit

variazione akkoiosaiq
e

quantit

accrescimento

diminuzione

averne,

xou <p6iaig

(').

L'imperfezione di questo atto che

moto, sta in ci, che esso non libero da potenza,

quanto presuppone un mobile ( 2 ), n persiste con autonomia e sufficienza nella propria attivit, in quanto presuppone un motore. Mentre nell'atto perfetto (vxelyeia), l'attivit che diretta a un fine in pari tempo il conseguimento del fine: p. es., il pensiero, nella ricerca, in pari tempo lo spirituale possesso del pensato; il. moto invece, nel conseguimento del fine, si spegne: non insieme cammina e cammin, non costruisce e costru; mentre invece: vide e vede, pensa e pens: questo io chiamo atto
in

perfetto e quello

movimento
il

3
( ).

Ma
zione.

nella distinzione dell'atto perfetto e dell'atto


criterio della loro

imperfetto c' ancora


Il

gradua-

primo

infatti

contiene in s tutta l'attivit

che nel secondo,


cosa, che

ma

contiene in pi qualche altra


realt

ne

fa

una

il

movimento

a sua volta

autonoma e sufficiente. non si spiega, non acquista

(1) (2)

Phys.,
Phys.,

vii, 2,

243 a 8.
251 a
9.

vili,

1,

(3)

Metaph.,

ix, 6,

1048 b 17.

G. de Ruggiero,

La

filosofia

greca

n.

34
rei
lu

LA FILOSOFIA GRECA
e

attivit

superiore,

permanenza, se non compreso in questa che continuamente lo rinnova.

Nella fisica aristotelica infatti lo stato d'inerzia la quiete e non il movimento; questo non ha luogo
se

non per effetto di un impulso primario che si comunica alla materia. Il moto originario dunque postula un motore; ma questo non pu esser mosso a
sua volta, perch allora ricadrebbe nella stessa imperfezione e richiederebbe un impulso anteriore. Nella
serie dei

movimenti non pu darsi regresso all' inficomincerebbe: ma necessario un primo, che non si muova a sua volta e senza cui nulla pu muoversi ( ). Questo primo pertanto un motore immobile, la cui considerazione trascende i limiti della fisica ed oggetto della metafisica. A suo tempo noi ne indagheremo la natura ed impareremo a conoscere in esso il Dio supremo della filosofia aristotelica. Ma una nozione anticipata almeno della sua presenza nel mondo fisico ci era necessaria per un doppio ordine di ragioni. Innanzi tutto, il movimento , s, un
nito, altrimenti nulla
1

dato primario nella serie delle nostre acquisizioni

ma ci ehe primo per esperienza ultimo per natura, nell'ordine della sua formazione,
empiriche:
cui scaturisca.

perch presuppone una causa veramente prima da E reciprocamente Dio, realt prima per dignit e natura, posteriore per esperienza alle sue creature, da cui mediatamente la sua esistenza
dedotta.

Inoltre, per il fatto stesso che il moto riceve la sua ragione e giustificazione dal motore immobile, una nozione anticipata di quest'ultimo anche ne-

cessaria per spiegarci l'intrinseca struttura del

moto

(1)

Phys.,

vili, 5,

26

15.

VI.

ARISTOTILE
Infatti,

35

e la

graduazione delle sue forme.


e
la

come

atto

imperfetto, esso presuppone la perfezione e tende ad


essa
;

legge di tale tendenza o conversione


la

per l'appunto
Il

causalit finale.

dubbio se esistono i fini, o se tutto procede secondo necessit, risoluto nel senso del platonismo: vero cbe in un edilzio le varie parti si dispongono secondo il peso e i principii fisici; ma ci non
toglie, anzi postula
al
il

fine.

La

finalit

immanente

moto, che, come imperfezione, tende al perfetto, come divenire tende al principio stesso del divenire
(<Wl)In questa tendenza c'
del
reale;

il

germe
il

dello sviluppo

nel graduale avvicinamento di ci ch'


criterio

imperfetto verso la perfezione, v'

della

graduazione gerarchica delle cose. Questo divenire ben diverso, almeno nel suo motivo, dal divenire platonico, che significava diminuzione della realt piena delle idee, imperfezione derivante dalla presenza inesplicabile dell'altro nell'in?*?. Qui invece il divenire la tendenza dell'imperfetto al perfetto, l'esplicazione della potenza in virt della sopraordinata energia dell'atto; dunque, in senso eminente, sviluppo e progresso del reale, specificazione
e

potenziamento delle sue forme, essenziarsi via via

pi intenso delle cose.

C' dunque una graduazione del movimento e in conformit di essa una graduazione della materia,
di cui
il

movimento forma

l'attualit. Aristotile ac-

cetta

quattro elementi della vecchia fisica: terra,

acqua, aria, fuoco (*), nei quali progressivamente la densit materiale si attenua. Ad essi ne aggiunge un quinto (niiKTov oxoiyeov, quinta esseitia), l'etere, dove
De

(1)

Coelo,

iv,

5,

312 a 25.

36

LA FILOSOFIA GRECA
dissipata:

la materialit si affatto

esso

t'orma

la

sostanza del cielo.

La legge

della loro distribuzione

risiede nella teleologia del moto. C' un moto retto e un moto circolare: l'uno dall'alto e dal basso, l'altro intorno al centro ( ). Il primo appartiene ai corpi pi lontani dal centro attivo d'irraggiamento, dal motore immobile, cio ai corpi in cui pi spessa e densa
1

la materialit.

moto circolare invece un moto semplice (&kXt\ ed appartiene quindi ai corpi semplici, senza densit materiale. Quel che si muove in circolo non pu avere n gravita n leggerezza 2 ); e dev'essere inoltre ingenerato e incorruttibile; ci che si genera muove infatti da o nel contrario, mentre al moto
Il

jcivrjats)

circolare nulla contrario; ci


plica materia,

mentre

il

che si genera immoto circolare esclude ogni


il

materia.

Esso appropriato all'etere,

pi sottile degli

elementi, che costituisce la sostanza del cielo. L'etere

prende la forma di una sfera: una rappresentazione puramente sensibile, visiva, nel suo motivo originario, ma che viene corroborata da ragioni speculative, tratte da ci che la sfera, formata com' da una sola superficie, la pi semplice tra le figure
solide.

sima
so, lo

al

Questa sfera celeste la sostanza pi prosprimo motore: essa concepita in una ri-

voluzione circolare uniforme, e contiene, saldate a


corno, particolare

a ciascuna delle quali attribuito, motore, un essere divino. Al di sotto del cielo delle stelle fsse, si disponstelle fisse,
i

gono

pianeti, tra

cui
il

son compresi
loro

il

sole e

la

luna, che

prendono

movimento dal primo

(1)
(2)

De

Coelo,
I,

i,

2,

2C8 b 21.
19.

Ibld.,

3,

269 b

VI.

ARISTOTILE
fissati

37

cielo, e

sono anch'essi

ciascuno a una propria

sfera di sostanza eterea, concentrica con la terra, che

compie una propria rivoluzione periodica. Al centro dell'universo si dispongono gradatamente gli elementi
materiali, nel loro ordine; fuoco, aria, acqua, terra.

Qui soltanto
siderati

si

attua

il

moto

rettilineo,

principio di gravit. Pesante e leggero

secondo il sono con-

da Aristotile come determinazioni assolute


l

del reale: l'uno e ci che tende al basso e al centro,

che tende verso l'alto ( ). Questa forse la rappresentazione pi armonica e meglio intonata al carattere del proprio genio, che il pensiero greco ci abbia dato dell'universo. , in fondo, una rappresentazione visiva, portata a tale potenza, che nella visione sensibile si concentra tutta la luce dell' intelligenza. L'universo l'immensa sfera che noi vediamo in parte e in parte completiamo con l'immaginazione. La volta convessa che ci sovrasta il cielo, il
l'altro ci

cui

moto

di

rivoluzione costante ci rivelato dal-

l'osservazione delle stelle fisse. Esso prossimo a

Dio:

altrimenti che con

una vicinanza che non possiamo immaginare una rappresentazione spaziale,


si

per quanto
sibile.

sforzi Aristotile nella sua concezione

teologica di rimuovere

una

tale

immaginazione sen-

Ma

alla coscienza religiosa delle et seguenti

doveva pi facilmente sfuggire il concetto speculativo della divinit, che non l'immediata e viva immagine sensibile, la quale balzava con ben altra
evidenza innanzi allo sguardo. A questa prima, potente suggestione, altre poi se ne aggiungevano. La parentela divina del cielo (chiamato ac^a ti 0eiov) (*) si estendeva ai pianeti,

(1)
(2)

Ibid., iv,
Ibid.,
li,

l, 3,

308 a 29. 286 a 10.

38

LA FILOSOFIA GRECA

anch'essi moventisi in

un

circolo (sebbene in

modo

meno
essi

perfetto e uniforme, s che per spiegare le loro

deviazioni era necessario assumere per ciascuno di

una

pluralit di sfere). Insieme, cielo e pianeti,

tino all'orbita della luna,

formavano, con

le

loro

ri-

voluzioni cicliche,
terra,

il

pi spiccato contrasto con

la

immobile nel centro dell'universo, e verso cui movevano con moto rettilineo gli elementi materiali in ragione della loro densit, determinante una tendenza verso il basso. L'identificazione poi del basso col centro correggeva quel che di pi grossolano
vi era nella in

rappresentazione sensibile, e integrava

una visione intellettuale superiore la deficienza della visione puramente sensibile. E nel cielo, puro, armonico, immateriale, lo spirito umano doveva identificare la sua patria vera e migliore: esso che non poteva non sentire tutta la stranezza della sua abitazione terrena, unico ospite immateriale, com'era,
in

un mondo

tutto di materia.

Questa stranezza non


vincolo

sfuggiva neppure ad Aristotile, che pure, pi di ogni


altro pensatore,
tra

aveva

sentito la forza del

l'uomo e

la

sua terra.
celestiali,

E
fatta

tuttavia questa terra, appesantita dalla materia,

remota dalle sedi


fisica

condannata quasi
riflesso

a una indegnit
di

nata certamente per

una indegnit morale era pur sempre il centro dell'universo! Ecco la fonte di nuovi contrasti spirituali: dalla stessa abbiezione risorge un nuovo motivo di

elevazione;

nell'umilt

del

riconoscimento

c' gi un atto di orgoglio. Le venture generazioni


di pensatori, specialmente quelle cristiane,

saranno profondamente travagliate da questi contrasti.


Nella

rappresentazione aristotelica dell'universo


sol

fisico gi implicita l'idea della


,

n vi pu essere che un

sua unit: non vi cosmo; e l'analogia

VI.

ARISTOTILE

39

dell'unit divina
bile.

conferma questa assunzione sensi-

movimento e del modeducono altri corollari, che valgono a meglio individuare il cosmo aristotelico. Dal moto deriva la successione degli il tempo che vien definito con spostamenti: esso la misura del moto secondo la ragione del prima e del poi; continuo, perch del
Inoltre dal concetto del
tore
si

continuo

( ).

lo

spazio anch'esso ricondotto mediatamente


principio,

allo stesso

come

limite nella

serie degli

spostamenti. Esso non forma dei corpi, perch la

forma non divisibile dalla materia, mentre lo spazio separabile da ci che lo riempie: esso come un vaso, o pi precisamente come un limite (rcsQag) immobile del corpo circuente rispetto al corpo circuito ( 2 ). Quel corpo dunque nello spazio, fuori del quale un altro corpo c' che lo contiene. Per conseguenza, Aristotile nega assolutamente che esiste il vuoto, anche in potenza, perch il possibile gi qualcosa, non il puro niente. L' inserzione dell' idea del movimento con quella del tempo porta Aristotile a un'affermazione di grande importanza nella storia del pensiero: quella dell'eternit del movimento, e quindi dell'universo. Movimento e mobile non possono infatti essere anteriore l'uno all'altro, perch si condizionano a vicenda: e nessuno dei due pu avere avuto inizio, perch un inizio implicherebbe un passaggio dal non essere all'essere, cio un movimento e un mobile per
riempire quel passaggio. Aristotile (nel libro Vili
della Fisica) moltiplica le prove a sostegno di questa
tesi,

fondandosi principalmente sull'impossibilit di

(1)

Metaph.,

v 11, 219

(2)

Ibid., tv, 4, 212 a

i!0.

40

LA FILOSOFIA GRECA

un regresso all'infinito nel tempo e dell'esistenza di un tempo vuoto ina la forza probativa dei suoi argomenti riposa sopra una proiezione immaginaria dell'astratto schema temporale sul tempo concreto, che, corno sappiamo, nasce dal movimento e non lo precede. Ma la tesi ha una forza almeno eguale di quella opposta, che fa il mondo principiato nel tempo: l'uria e l'altra affondano in un vuoto mentale, che invano si cerca di colmare con immaginarie proiezioni; e tuttavia ricevono entrambe un valore sto:

rico dal confluire in esse di opposte intuizioni reli-

giose La dottrina aristotelica dell'eternit del mondo apparir contrastante col teismo e sar contestata
dai dottori cristiani

seguaci dello Stagirita, che vi


teistica,

vedranno una deviazione da quella linea

che innegabilmente riconoscibile nella sua teologia. Ma v' con eguale evidenza un altro aspetto, panteistico, della dottrina, irriducibile al primo. Mentre,
nella

implicita quella di
glio

del cielo, abbiamo veduto una divinit trascendente, e meancora vedremo tale trascendenza confermarsi

rappresentazione

nell'intuizione

dell'intelletto

divino;

invece, nella

mondo, siamo condotti a un'ispirazione diversa. La divinit qui infatti manifesta una presenza quasi naturale e involontaria nel mondo, a cui comunica un'azione che partecipa dell'eternit del suo impulso. Dio non che un principio fisico. La divergenza dei due punti di vista,
dottrina
dell'eternit

del

che a noi appare grandissima, perch stata ingigantita dai secoli, per Aristotile assai minore: la

sua divinit non ancora ben


candole,

differenziata,

manla

come vedremo,

ci

che pone in essere la


religiose:

recisa opposizione delle

due intuizioni

personalit.

Vi.

ARISTOTILE

41

4.

L'organismo e l'anima.

Con
infatti
il

la

considera-

zione del
centrale

mondo organico
d'ispirazione di

noi entriamo nel dominio

il

per eccellenza aristotelico. Qui


tutto

motivo
l'unit

sistema:

forma appare nella sua realizzazione pi evidente; la finalit del complesso domina la distribuzione delle
della potenza e dell'atto, della materia e della
vi

parti e presiede al loro sviluppo

il

carattere ciclico
si

del divenire in questa sua tipica manifestazione

spiega con la convergenza armonica di


principii costitutivi.
Aristotile

tutti

suoi

ha lasciato un'orma indelebile

in questo
i

ordine di ricerche, che egli ha approfondito sotto


suoi pi svariati aspetti
:

come

classificatore, stabi-

lendo per primo alcuni aggruppamenti fondamentali


delle specie del

embriologo, studiando
il

regno organico; come fisiologo ed il funzionamento degli organi, loro nesso strumentale nella vita dell'individuo,
leggi

le

della loro
le

evoluzione; come metafisico,

tracciando

grandi linee dello spiegamento della

vita organica, dalle sue forme pi elementari a quelle

pi complesse e perfette.

Parte di questo lavoro naturalmente caduca;


il

finalismo suggerisce spesso conclusioni affrettate

e fallaci; t:into che le scienze naturali, nei tempi moderni, hanno creduto di doverlo bandire, e procedere pi cautamente per via di analisi e riduzioni

fenomeni pi complessi alle condizioni elemenResta tuttavia questo di acquisito dalla teleologia: che quando si vuole rappresentare in qualche modo adeguato il processo sintetico della natura, allora pur sempre necessario ricorrere ai principii informatori della filosofia aristotelica: ed affermare che l'evoluzione del germe organico non possibile se il tutto non preesiste alla formazione delle parti,
dei
tari.

42

LA FILOSOFIA GRECA

se la finalit delle funzioni

non presiede

alla genesi
ci per-

degli organi.

Il

termine stesso di organo

venuto con l'impronta di questo finalismo: organo significa infatti mezzo o strumento, quindi qualcosa
di

subordinato alla distribuzione teleologica del

la-

voro organico. Esso non ha solamente un valore di parte, ma di parte compresa in una totalit ed avente

da questa
cos la

il

suo posto assegnato nell'intero sistema:


veramente

mano non

una mano,

cio

un

organo, se non congiunta alle rimanenti parti dell'organismo; staccata invece^ essa un

qualunque

pezzo di materia.

La generazione
un

in

un senso

si

fa

dall'ente, in

Essa infatti presuppone un ente in potenza, germe o seme, e un ente in atto, a cui quella potenza riferisce la realt del suo essere: sempre da ci che in potenza si. genera
altro senso dal non-ente.

l'ente in atto,

da un ente

in atto,

come l'uomo
gli

dal-

l'uomo

(') .

Coloro che pluralizzano

elementi,

ritengono che la generazione avvenga per azione e


passione mutua.

Ma

necessario,

dice

Aristotile,

aggiungere il concetto dell'unit a quello della pluralit. Se tutte le cose non si generassero dall'uno, non potrebbero vicendevolmente agire e patire: n il caldo raffreddarsi, u il freddo riscaldarsi. merito di Democrito l'aver riconosciuto che agente e paziente debbano avere alcunch di comune, e che diversi agiscano l'uno sull'altro non in quanto
i

diversi,

ma
3
(

in

quanto identici

2
(

).

L'identit dell'ail

gente e del paziente, aggiunge Aristotile,

loro

genere
(1)

);

specie la loro differenza ed opposizione.

(2)
(3)

Metaph., ix, 8, 1049 b 24; Genrr. Gener. et corr., i, 7, 323 b 31.

ci

cori:,

i,

5.

Di qui una definizione dinamica del genere, tolta dal concetto

della generazione (Metaph., v, 28), che contrasta spiccatamente con la

definizione

omonima

della logica.

VI.

ARISTOTILE

43

trari

La generazione muove dai contrari e tende nei con('). Ma non gli stessi contrari passano l'uno nelbens
il

l'altro;

sostrato

comune

riceve

contrari e

subisce la mutazione. Pertanto la generazione implica


il

sostrato, la materia (ujtoxsijtevov, vh])

che

sot-

tostia al processo

generativo

2
(

).

Alla materia corrisponde,

come suo

principio di

specificazione e di organizzazione, la forma, che nel-

l'individuo organico l'anima. Con questo nome,


Aristotile designa
il

generale principio della vita,


e,

vegetale e animale propriamente detta;

attribuen-

del comnega all'anima il carattere di una sostanza in s compiuta e sufficiente. Sostanza non che l'individuo composto di anima e corpo: i due momenti non si separano che nell'analisi scientifica, ma in realt formano un tutto unico e indis-

dovi

il

valore di una forma o

momento

plesso organico, egli

solubile
11

3
(

).

concetto dell'anima

come forma

si

completa

con quello dell'atto: donde le due definizioni di essa, come forma o specie del corpo naturale avente la vita in potenza e come entelechia prima del corpo organico 4 ). A differenza del movimento, che atto
(

imperfetto, essa atto perfetto (cio entelechia);

contiene pertanto in s immanente

il

proprio

fine,

che consiste nel dare animazione, vitalit al corpo. Ogni motivo di trascendenza e di dualismo , per

quanto possibile, remoto da questa concezione.

Come

gi

osservammo

nella teoria del

movimento,

(1) (2)
(3)

Gener.
Ibid.
i,

et

con-.,

IT,

4,

331 a 14.

6,

S22b

18.

L'intrinsecit dell'anima e del corpo spiegata anche con vivaci analogie l'anima sta al corpo come il suggello alla cera, come
:

la visione all'occhio.
(4)

De

an. n,

1,

412 a 27.

44
cosi

LA FILOSOFIA GRECA

anche qui.
e di

in quella dell'organismo, nell'idea

dell'atto, della

mento
lit

il principio di uno spiegauna graduazione organica. La potenzia-

forma, v'

del corpo a vivere, a formarsi, per la presenza

in esso del principio vitale e formante, l'impulso

automotore di uno sviluppo avente come sua meta la forma perfetta dell'organicit. Nell'ordine empirico di questo spiegamento, noi osserviamo il manifestarsi gi

nei pi bassi stadi della gerarchia degli

organismi
la

nelle piante

della

prima forma

vitale,

vegetazione; poscia, negli animali, aggiungersi a questa anche la sensibilit; in ultimo, nell'uomo soltanto, la ragione.

Ma

nell'ordine di natura, vale

il

punto di vista opposto: ci cir pi perfetto precede per dignit, per natura, ci eh' meno perfetto, e,
preesistendo,
in

qualche

modo

ideale, in esso,

d
in

l'impulso
fondo,
la

al

suo svolgimento. L'anima


allo

umana

ragione prima e ultima dell'universale anie

mazione;
chiede
la

studio di

essa Aristotile pertanto

spiegazione degli stadi anche inferiori del processo organico.


In questo studio, vi sono spunti di grande chiarezza; altri invece d'insondabile oscurit. Vegeta-

zione, sensibilit, intelligenza, distribuite nella serie

gerarchica degli organismi, sono tutte presenti nell'uomo. Qual il loro rapporto? Sono esse tre anime
o tre parti

nega

separate di un'unica anima? Aristotile recisamente la tripartizione formulata dalla

filosofia platonica.
tita, clic

Se l'anima per sua natura par-

cosa la terr unita?


l'anima che
,

Non

gi

il

corpo, perch,

al contrario,

unita intanto essa

il corpo ('). perch tale ha coscienza di

tiene'unito

essere: l'anima tutta pensa, sente, vive.

(1)

De Anima,

i,

:">,

-111

VI.

ARISTOTILE

45

Nondimeno un fondamento
v'esserci,

della distinzione de-

perch altro sentire, altro pensare. L'u-

non esclude il molteplice, ma non si disperde L'unico modo di serbare l'una e l'altra cosa, sta nel porre che l'unit stessa si moltiplichi, e cio che la pluralit delle funzioni sia concepita in un unico ordine di sviluppo di uno stesso principio. Ora se l'anima si svolge, vuol dire che c' in essa una potenzialit che si traduce in atto. Vegetare, sentire, pensare, sono appunto potenze delnit
in

esso.

l'anima.

Risorge qui dunque l'idea della potenza, nel seno

Questa potenza diversa da quella che abbiamo incontrata nel mondo della materia inorganica; essa non ha infatti fuori di s
stesso del principio animale.
la forza della

propria attuazione,

ma

in certo

modo
pri-

una potenza energetica,


dall'attualit

attiva. Aristotile la distingue

propriamente detta, dall'entelechia

ma,

e le

il

nome

di entelechia seconda.
si

La

diffe-

renza risulta chiara se


vista
la

considera che altro la


il

come potenza

visiva, altro

vedere; altro

capacit d'intendere, altro l'intendere. D'altra


la

parte, questa potenza dell'organico assai pi pros-

sima all'attualit che non


muoversi, altra
s
la

potenza implicita nelal

l'inorganico. Altra cosa la capacit del mobile

capacit della vista a vedere;

questa, a differenza di quella, ha pi intrinseco in


il

principio della sua realizzazione. Perci la po-

tenza psichica appartiene a un'ordine gerarchico pi


elevato di quella fisica; e l'organismo a sua volta
si

inorganico.
nabile:

pone sopra un gradino superiore rispetto al corpo Tuttavia l'attivit contiene anche in

questo pi elevato stadio un presupposto inelimicio una potenza, per quanto energetica. Ecco perch l'organismo animato postula a sua volta

46

LA FILOSOFIA GRECA

un'attualit ancora pi alta, libera da ogni potenza


e

quindi pienamente sufficiente a se stessa, che ne


la

formi insieme la fonte e

meta.

compiere questa ulteriore ascesa, esaminiamo pi compiutamente le potenze dell'aima test enumerate. Il loro rapporto appare semplice e chiaro finch non ne consideriamo che lo schema generale e l'ordine della graduazione gerardi
li

Ma prima

chica.

Ma

gi, se ci limitiamo a considerare la loro

implicazione ed esplicazione nell'anima umana, sor-

gono

primi dubbi.

Come

si

spiega
al

il

passaggio dalla

vegetazione alla sensibilit,


pi bassa che
possibile,
si

pensiero?

la

forma

muta in quella pi alta? Ci imperch una forma non passa in un'altra:


il

essa per definizione ci che permanente, stabile


nel
tesi

mutamento,
di

quale affetta l'individuo come, sinla

materia e forma e non gi la forma come

tale.

Diremo invece che

forma pi

alta esiste gi
p. es.,

in quella

pi bassa, allo stadio potenziale: cos,


la sensibilit gi in

che nel fanciullo


intellettuale?

qualche modo

Anche

cos le difficolt

non cessano,

che nell'adulto una potenza, diverrebbe allora una potenza di secondo grado; e
perch
l'intelletto,

d'altra parte

poi,

come

si

spiega

il

persistere,

in

uno stadio pi

alto

dell'evoluzione psichica, della

potenza pi bassa accanto a quella pi elevata? Sono difficolt che Aristotile non si propone neppure; e che tuttavia non sono affatto oziose, sia perch intorno ad esse
si

affaticheranno numerose generazioni

di studiosi, sia

perch da esse

si

argomentano

defi-

cienze gravi del sistema aristotelico.


Infatti,

se noi passiamo
in

dall'anima

umana che
come

compendia
ci

s tutte le potenze, all'universo orga-

nico, dov'esse sono disegualmente distribuite,

possiamo spiegare

la loro diversa distribuzione?

VI.

ARISTOTILE

47

Il

mondo

vegetale non ha che la prima potenza sol-

tanto; gli animali

aggiungono a quella

la sensibilit,

l'uomo infine la ragione. Ora, dobbiamo noi intendere lo spiegamento della forma organica in senso evoluzionistico, tale cio che dalle piante si generino
gli

animali e da questi

gli

uomini? Per

Aristotile,

questa interpretazione impossibile: una forma non

nasce da un'altra.

d'altra parte possibile qui

ammettere, come per l'anima umana, l'altra ipotesi che le potenze pi alte preesistono nelle pi basse. In tal caso non si spiegherebbe perch la continuit del processo evolutivo debba bruscamente arrestarsi ai confini del mondo animale e di quello umano, e che il processo, iniziatosi in uno dei regni organici, si pietrifichi in un certo punto in esso e si risvegli
in

un

altro.

La
rico.

verit che, per Aristotile, lo sviluppo

ha un

significato ideale, trascendentale, piuttosto che sto-

Conforme
egli

al

concetto platonico delle forme e


un'eternit di
tutte
le

specie,

postula

specie
ori-

organiche, poich, non potendosi attribuire una

gine nel tempo alle essenze, n concepirle in s e per


s,

fuori del

congiungimento con

la

materia,

necessario ammettere che anche le specie organiche

non abbiano un'origine empirica. Coesistono dunque


ab aeterno piante, animali, uomini:
il

passaggio dalle

une

agli altri trascende la considerazione della loro

realt empirica;

e implica

una genesi diversa che

trova nella causa suprema e trascendente, pi che


nella realt del processo organico, la sua ragione.

Se

il

tema

dello sviluppo delle potenze sta in

uno

sfondo un po' vago, l'analisi delle singole potenze

invece condotta da Aristotile con grande precisione e chiarezza. La pi bassa funzione psichica, comune

48

LA FILOSOFIA GRECA
alle piante,

anche

quella del vegetare.

Manca

nel

testo aristotelico

una designazione unica per questa


(Gqejttixi yv/j])',
il

funzione:
di

il

termine che pi spesso ricorre quello

anima

nutritiva

ma

oltre alla ca-

pacit di nutrirsi,

mondo

vegetale ha anche quella

di riprodursi; donde una seconda denominazione, di anima generativa (yeyvt\xvnr\ tyv%r\). Quest'ultima per in certo modo secondaria, per estensione se non per valore, perch non compete a tutti g' individui or-

ganici: alcuni dei quali,

pi bassi, nascono per

generazione spontanea
Il

( ).

nutrirsi
Il

invece una funzione comune agli

organismi.
mile o
stotile
il

dubbio se

il

simile sia nutrito dal

si-

contrario dal contrario, risoluto da Ariil

nel senso che, in quanto


il

nutrimento non

assimilato,

contrario

si

nutre dal contrario; in

quanto assimilato, il simile dal simile ( 2 ): una distinzione che si ripresenter anche negli stadi superiori della vita organica, e di cui potremo allora apprezzar meglio l'importanza. Tra il nutrimento e l'accrescimento v' una distinzione in qualche modo formale: se si considera l'essere animato come quantit, si ha accrescimento; se si considera come un quid determinato, che conserva la sua forma ed esiste perch si nutre, si ha per l'appunto nutrimento.

Ma

il

fine proprio della


la

funzione vegetativa

la

generazione, mediante

quale ogni essere produce

un essere simile a
si

s,

e la caducit dell'individuo

solleva e

si

eterna nella vita della specie. Aristodi questa


i

tile

ha un senso profondo
il

minor tal ita, che

trascende

singolo vivente, e di cui esso tutta-

(1) (2)

De an.
Ibid.
il,

n,
4,

3,

415 a 23.
6.

416 b

VI.

ARISTOTILE

49

via distributore e ministro: piante, animali, uomini


tutti

soggiacciono alla stessa legge. Un'immortalit

individuale, nel significato del platonismo,

inam

missibile; e coloro che nell'avvenire vorranno trarla

per forza, dall'interpretazione e dal riadattamento


dei testi aristotelici, urteranno contro difficolt as

gravi e susciteranno reazioni vivaci da parte degli


interpreti pi fedeli.

L'analisi della vita sensibile condotta


stotile

da Ariin-

con insuperata finezza. La sensazione

nanzi tutto una passione, un subire l'impressione

un oggetto esterno. Come passione essa dunque presuppone un'azione corrispondente. Il loro concorso non pu evidentemente verificarsi nell'agente stesso, nell'oggetto, che non a sua volta modificato: cos, una impressione uditiva non affetta il corpo sonoro, ma il senziente. Nel soggetto per conseguenza concorrono i due momenti dell'agire e del patire. Ma ad una considerazione pi approfondita essi si sdoppiano: l'agire dell'oggetto non soltanto un agire, ma presuppone a sua volta un patire il suonare di un oggetto, presuppone il suo essere sonoro. E d'altra parte, anche il patire del soggetto
di
:

si sdoppia: non soltanto un ricevere il suono, ma anche un udire. Ora che vi di comune nella doppia azione e

passione? Questo: che l'atto per cui il corpo sonoro in realt suona, lo stesso atto per cui il soggetto
sensibile sente. Nell'atto,

getto e l'oggetto

s'

identificano, e cos

dunque, del sentire, il sogprofondamente,

che in alcune sensazioni ci mancano perfino i termini per distinguere l'atto del sensibile da quello

mentre per l'udito noi abbiamo due termini dell'udire e del sonare, nella vista invece abbiamo un nome solo, il vedere, mentre l'atto
del senziente. Cos,
i

G. de Euggiero,

La

filosofia

greca

- il.

50

LA FILOSOFIA GRKCA

del colore non ha nome; Tatto del gusto detto degustazione, mentre l'atto del sapore non ha nome ('). Le due potenze invece, che il comune atto pre-

sappone, sono distinte e diverse: l'oggetto sensibile


altro dal soggetto fornito di sensorio.
rit

La
fa

peculia-

della sensazione sta


si

appunto

in ci che,
si
il

da quel
simile.

che era altro

fa

uno, dal dissimile

Di qui Aristotile pu dare una confutazione esauriente alle due opposte dottrine della psicologia dei presocratici, secondo l'una delle quali la sensazione
nasce dal dissimile, mentre secondo l'altra dal simili-. Ci ch' dissimile nella potenza si fa simile
nell'atto
laterali.
2
(

):

ecco

l'

inveramento delle due

tesi

uni-

La sensazione, diranno

in seguito gli ales-

sandrini, assimilazione.

Un grande
sofia:
attivit,

risultato vieti cos acquisito alla filodella sensazione ci


il

ha svelato una punto d'inserzione del soggetto e dell'oggetto; e tale attivit ci per giunta conola passivit

che forma

sciuta in udire,

termini soggettivi, come un vedere, un un gustare, che esprimono, nel linguaggio del soggetto, un atto che ha anche una realt oggettiva. La passivit non tuttavia eliminata, perch
l'atto

del sentire presuppone la potenza del sensi-

bile e del senziente. Aristotile

non spinge l'indagine

liao

come mai

lo strano paradosso: secondo l'essere duplice, si faccia uno nell'atto; n intravvede la possibilit che quel duplice sia posteriore piuttosto che ante-

al

fondo,

per spiegarsi

ci

che

riore all'atto e rappresenti un'analisi successiva a

una originaria

sintesi. Egli

invece accetta

il

presup-

posto della potenza, e conclude che la sensazione

abbia pertanto una attualit imperfetta.


se^.

(1) (2)

Ibid. ni,

2,

426 a

'.'

Ibid. n, 417 a 20.

VI.

ARISTOTILE

51

E da
e

tale

presupposizione

nasce
nella

l'esigenza

di

spiegare in qual
del

modo

le

due potenze del sensibile


sensazione;
e

senziente
di

s'incontrano

quindi

creare

un passaggio (irrimediabilmente
fisico a ci

equivoco) da ci ch'
costretto

ch' psichico. Egli

ad ammettere che le qualit sensibili siano inerenti all'oggetto e si trasmettano all'organo col movimento, attraverso un mezzo interposto. Si prenda per esempio la sensazione visiva perch avvenga, essa presuppone un organo, cio la vista: un oggetto visibile, la cui visibilit costituita dall'esser colorato; ma occorre insieme un mezzo trasparente, diafano, attraverso cui il colore sia trasmesso all'organo. Ma, data questa posizione, necessaria un'altra assunzione ancora: non basta l'essere visibile o colorato per esser veduto; non basta un mezzo che trasmette la qualit del colore: occorre qualcosa che traduca in atto la possibilit del colore
:

e l'attitudine del
l'atto
(il

mezzo diafano:
!

la luce.

La luce

del diafano, che realizza la potenza visibile


(

colore) dell'oggetto

).

Ci troviamo cos di fronte a

verso da quello in cui


e condizione di esso:
l'alto,

si

un nuovo atto, dicompendia la sensazione,

un atto irriflesso, incidente dalche costituisce il Deus ex machina della visione. L'assunzione di esso della pi grande importanza, almeno sotto un aspetto negativo, in quanto denuncia la manchevolezza della dottrina aristotelica. Noi ritroveremo un principio analogo anche
nella spiegazione

della conoscenza razionale. Esso

sta a testimoniare la necessit di

un estraneo e trascendente concorso, oltre di quello dell'oggetto e del soggetto propriamente detti, per porre in moto l'atti)

Ibid.

li,

7,

418 b 3 segg.

52

LA FILOSOFIA GRECA

tivit sensibile.
tesi

Sempre che

si

presuppone

alla sin-

della visione la sua condizione oggettiva, bisoall'attualit sua un'at-

gna anticipare inevitabilmente


tualit diversa
sia invincibile, si

come determinante.

E, che
ci, in

il

bisogno

argomenta anche da

questa entit non apparirebbe necessaria


pia
dati di cui dispone, con

che dove rapporto

all'oggetto da spiegare, Aristotile la inventa, o sdopi

indescrivibile confu-

sionismo.
Si

pongano per esempio

in

rapporto la vista e

l'udito. Gl'ingredienti della- vista

sono

il

sensorio e

il

l'oggetto colorato la ,cui attualit

comune

ve-

dere un colore; ma c' in pi il coeineiente della luce , che invece non esiste per l'udito, dove dell'oggetto sonoro e del sensorio
nel
il

si fa
il

l'udire

che

tempo

stesso,

come sappiamo,

suono.

Dunque

suono l'atto stesso del sentire. Eppure, il bisogno di dare, anche in questo ordine di sensazioni, un che di corrispondente a quel che nella vista
la luce, fa
s.

affermi,
si

testualmente che
i

che Aristotile dia tale funzione al suono, come senza la luce


colori, cos

non

vedono

senza suono non

si
il

sente

l'acuto e grave

(') .

Cosicch, in conclusione,
del

suono
pre-

viene compreso una volta come sensazione, un'altra

come

un'attualit

mezzo

cio

come un

supposto della sensazione. Un'altra conseguenza, che


quella che
la

si

desume

dalla fun-

zione oggettivistica della psicologia aristotelica,


il

senso riceva
la

le

qualit materiali senza

materia,

come
la

cera riceve l'impronta del sugsi

gello,

senza

materia di esso. Le qualit

distac-

(i)

Ibid

ii.

8,

420 a
2,

27.

Si

ponga questo passo

in raffronto

con

l'altro pia citato (hi,

426 a 9 segg.), e se ne osserver tutta la dis-

sonanza.

VI.

ARISTOTILE

53

cano cos in qualche modo dall'oggetto per imprimersi sul sensorio la loro natura schiettamente oggettiva. Parrebbe quindi venir meno quella distinzione che gi s'intravvedeva nella psicologia degli atomisti, tra alcune qualit primarie ed altre secon:

darie.

Ma
con

la distinzione

risorge sotto

verso, e pi fondatamente che nel sistema di


crito,
la partizione

un aspetto diDemoproprii e
dei

dei

sensibili

sensibili

comuni.
proprio
ci

Sensibile
colore che

che percepito da un

senso particolare e non percepite da un altro:


il

come
suono

non pu essere

se

non veduto,

il

se non udito, ecc. Ma esistono alcuni sensibili a cui non appropriato alcun senso particolare, come la grandezza, il movimento, la figura, alla cui percezione concorrono pi sensi in una volta ('). Aristotile non esita ad attribuire anche ad essi un'oggettivit;

ma

qui

il

suo merito principale

egli indaga

come possa aver luogo

nel senziente quel concorso,

per cui due o pi contenuti sensibili danno la percezione di una grandezza o di un movimento. Noi
gi conosciamo un'indagine analoga nel Teeteto platonico:
il

pregio di Aristotile sta nelPaver mostrato


alla

immanente

stessa

sensibilit

questa

funzione

coordinatrice delle singole sensazioni, attribuendola


a un organo sensibile primario cui tutti
i

(il

senso comune) in

particolari contenuti dei sensibili proprii


confluire.
Il

vengono a
il

senso

concetto della coscienza

comune adombra gi come centro unico di ri-

ferimento della pluralit sensibile.


lore tanto pi fondato, in

questo suo va-

quanto Aristotile conferisce ad esso un carattere che va reputato essenziale


alla coscienza: quello cio di distinguere dalle

qua-

(1) Ibid.

li,

6,

418 a

18.

54
lit sensibili

LA FILOSOFIA GRECA
che formano l'oggetto della sensazione presenza di fronte al sogsi

anche
la

il

fatto della loro

getto. Colui

che vede un colore ha nel tempo stesso


sdoppia, nel me-

coscienza di vederlo, e cio

desimo atto in cui si unifica col proprio oggetto. Come contenuto rappresentato alla coscienza, la sensazione gi una percezione: bench manchi in Aristotile questo secondo termine, e i due concetti
siano compresi sotto l'unico
0Tioig).

nome

di sensazione

(a'a-

Insieme, poi, dalla funzione rappresentativa

della coscienza, si svolgono le

vita sensibile,
la

forme pi alte della immaginazione e la memoria, finch vita psichica va a sboccare, attraverso le general'

lizzazioni empiriche dell'opinione (!a), nell'attivit


intellettuale.

Questa costituisce una

funzione
il

specificamente

diversa e superiore. Mentre

senso del partico-

lare, l'intelletto coglie l'essenza universale e

immu-

tevole delle cose, spoglia d'ogni contingenza materiale.

Aristotile spinge questa esigenza di smateriasi

lizzazione che

esplica nel lavoro intellettuale, fino

ad affermare che l'intelletto sia separato da ogni organo corporeo, rompendo cos quell'unione del corpo e dell'anima che veniva postulata con la definizione dell'anima come forma del corpo organico.

funzionamento dell'attivit ingiova della distinzione, che gli familiare, della potenza e dell'atto. Come il sentire presupponeva un sensorio e un oggetto sensibile, cos l'intendere presuppone una capacit intellettuale (che Aristotile chiama intelletto in potenza) e un oggetto intelligibile. Questa dualit s'intrinseca nell'atto dell'intendere, dove l'intelletto e l'intelliNello spiegare
il

tellettuale, Aristotile si

gibile sono uno.

VI.

ARISTOTILE

55

Fin qui
chiara,

la teoria
si

ma

fa oscurissima,
il

a determinare

appare abbastanza semplice e non appena si passa carattere di quell'atto. Noi abbiamo

gi appreso, nella dottrina della sensazione che, in

quanto

la

sentire, la

potenza sensibile anticipata all'atto del produzione di quest'ultimo a sua volta


ir-

condizionata da una diversa attualit, del tutto


riflessa

vedere .inticipata l'attualit della luce. Similmente avviene


ed incidente dall'esterno: cos
al

per l'intelletto, dove necessario un principio attivo che agisca sull'intelligibile come la luce sui colori.

Ma

l'estrema oscurit della dottrina aristotelica con-

siste in ci,

che

due

atti,

l'uno che propriamente


quello
di

quello

dell'intendere,

l'altro

un'attivit

incidente dall'esterno e che attualizza l'intelligibile,

non vengono qui

distinti,

ma

confusi in un solo.
I soli dottori

questa

la

chiave del labirinto aristotelico, in


si

cui molti interpreti


dievali,

son perduti.

me-

che hanno approfondito questa dottrina a un punto mai pi toccato, hanno mostrato di avere inteso il nodo delle difficolt, distinguendo da un
intelletto

agente un intelletto in atto ( ). La confusione dei due principii nel pensiero


4

di

Aristotile

fa

che,
la

dove

la

sua speculazione par


l'

che raggiunga
ficazione
del

massima concretezza con


il

identi-

pensiero e del suo oggetto,


nel

esso

sfuma
ch' la

nella

massima astrazione; e che suprema attivit umana, appaia


la

pensare

tempo
il

stesso qualcosa di estraneo all'uomo.

Ma, anche rivelata

confusione, resta

vizio

del procedimento, quello stesso vizio che

abbiamo

(1)

del

De Anima,

Particolarmente controverso nella storia del pensiero il passo ni, 5, per il cui esame si veda il 3 volume della mia

Filosofia dei cristianesimo, Bari, Laterza, (p. 22 segg.)-

56

LA FILOSOFIA GRECA

riscontrino nella dottrina della sensazione. Presup-

posto l'intelletto in potenza e la realt intelligibile che deve comunicarglisi, perch l'atto del pensare

avvenga
attualizzi

necessaria un'attivit trascendente, che


l'intelligibile

come

intelligibile.

con-

fondendo con questa


finisce

la stessa intellezione, Aristotile

col

trasferire

anche

l'attivit

del

pensiero

fuori dell'uomo.

Non
Je entit

a torto

comentatori, per dipanare questo

groviglio di concetti sono stati spinti a moltiplicare


intellettuali, a creare al

disopra dell'intel-

una intelligenza agente superiore; e, poich Aristotile aveva chiamato divino l'intelletto atletto attivo

tivo, a disputare sull'attribuzione di

questo carattere

divino all'una o all'altra entit.


Districare

compiutamente questo groviglio non


tale

possibile in sede d'interpretazione della pura filosofia aristotelica:

compito stato assunto dall'a-

ristotelismo nel corso della sua storia. Qui possiamo

soltanto tracciare le fondamentali tendenze del pensiero aristotelico

chiarezza pure attraverso


a

intravvedono con sufficiente il miscuglio dei concetti. Esse sono due e presentano tra loro un contrasto prima vista paradossale. La dottrina aristotelica
che
si
il

tende da una parto a straniare


a
far,

pensiero dall'uomo,

dell'intendere, un

influsso

luminoso

che

si

comunica dall'alto. Il pensiero un'attivit divina pi che umana. L'uomo non ha di proprio che una intelligenza meramente potenziale, che non sappiamo come mai sia scissa da quella attuale: anzi
qualche pensatore tenter perfino di sottragliela. Questo pensiero non ha nulla in comune con gli organi corporei; ha una destii.azione autonoma, indi-

pendente da quella delle rimanenti funzioni nima. Non essendo mescolato al corpo, esso

dell'ainfatti

Vi.

ARISTOTILE!

57

immortale: un attributo perfino superfluo, una volta


che questa immortalit non concerne l'individuo nel suo complesso, e che il pensiero per deiinizione qualcosa di divino. Inoltre, dato il carattere
irriflesso

del

pensiero attivo (simile alla luce) esso

conquista immediatamente, senza bisogno d'indagine


il proprio oggetto e vi s'intrinseca quasi con una specie di tatto intimo. I massimi principii intelligibili, che stanno a fondamento delle scienze,

e ricerca,

sono appunto cos percepiti, con una intuizione intellettuale, che li assume senza bisogno di riflessione o di critica. Tale pensiero per conseguenza al di
sopra della
distinzione
del

vero e del falso;

esso

non pu pi errare, perch vede ed insieme il proprio oggetto. Teismo, intuizionismo trascendente, misticismo: ecco l'indirizzo di questa tendenza del
pensiero aristotelico.
e

La
lo

filosofia

neoplatonica antica
il

medievale ne dar

sviluppo e

coronamento.

Ma
come

d'altra parte, nella concezione del pensiero


attivit, in cui
il

soggetto e l'oggetto s'intrinstesso di Aristotile, per in-

secano, c' un tema profondo, non disconoscibile,

d'immanenza. Lo sforzo
del divenire, qualcosa
di

seguire di potenza in atto, attraverso tutte le forme


fisso,

che non

sia a

sua

volta condizionato da altro e che rappresenti un'attualit affatto libera da potenza, uno sforzo verso una mela immanentistica. Egli non trova, vero, questa assoluta immanenza in nessuna delle creature, ma solo in Dio, cio in un principio trascendente e supremo, ma ci non toglie il valore della conquista. In Dio si svolger appunto questa immanenza superiore. Tutto del resto non perduto per l'uomo. Dio e l'uomo infatti si toccano in un punto: nel pensiero, nello spirito. Il pensiero, magari, non umano, ma

58

LA FILOSOFIA GRECA
partecipa all'uomo, e gli conferisce, anche
il

si

per

riflesso,

suo valore.

Dal pensiero cos inteso, sotto specie divina, procede gi una nuova logica ben diversa da quella
dell'
la

Organo. Qui
al

lo scibile

era anteposto alla scienza,

realt

pensiero, che

veniva degradato a uno

specchio fedele e inerte.


vit,
lo

Ma

nel

sapere

come

atti-

non forma pi un presupposto della scienza, anzi la presuppone: nulla pi anticipato al pensiero, che non riceve la propria legge dall'oggetto ma la contiene in se stesso. Anzi, producendola da s, l'impone anche alle cose, perch la scienza in atto identica alle cose. Questa nuova logica, non pi del mero pensato, ma del pensiero in quanto ha in s il proprio oggetto, luminosamente abbozzata da
scibile

Aristotile.

La sua legge

che

il

pensiero conosce

le

cose producendole: cos la propriet delle figure geo-

metriche
identit

1 si scoprono col produrle ( ). Tale unit o dinamica del pensiero e del pensato per altro limitata a quelle produzioni che sono scevre di materia: quivi soltanto valgono i principii dell'identit del soggetto e dell'oggetto, (rj vi]crig tm

voou^iivo) jAia) della

scienza e della cosa

(f)

zmaxy\\x,r\

t nQyiia

= verum

factum). Vi sono qui presentimenti

meravigliosi delle grandi scoperte della filosofia mo-

derna.
11 problema da esaminare ora : come si spiegano queste due divergenti, anzi opposte tendenze del pensiero aristotelico? 11 lettore che ci ha seguito

nella laboriosa indagine, trover la seduzione chiara:


il tema della trascendenza non che momento di un immanentismo superiore. Aristotile estrania il pensiero dall'uomo, appunto per potere svolgere,

(i

Metaph.,

ix,

9,

iui

VI.

ARISTOTILE
le

59

senza gl'impedimenti e
la

deficienze
al

umane,

tutta

potenza dell'attivit mentale fino


si

punto in cui

essa

rivela

autonoma

e sufficiente a s.
lo

se con-

sideriamo per un istante

sviluppo posteriore della

filosofia, dobbiamo concludere che bisognava appunto che questa umanit superiore il pensiero fosse sublimata in Dio, divinizzata, per poter poi

divenire una piena umanit. Lo sviluppo della contradizione


dell'aristotelismo
si

svolge

nell'ambito

della filosofia neoplatonica e cristiana,

dove noi

ri-

troviamo
pito

lo

stesso

tema

iniziale,

intuizionistico

mistico, per

cui

il

pensiero sembra che venga ra-

nell'empireo.

Ma, nell'apparente alienazione,


il

esso in realt sviluppa tutta la potenza delle sue categorie, assorbe in s

mondo;

che sar poi

ri-

dato all'uomo
sta

sar ripreso dall'uomo

in

que-

in

nuova ricchezza. Il pensiero di Dio si pu dire un senso schiettamente storico lavora per l'uma-

nit e fruttifica all'umanit.

Fin qui abbiamo considerato il pensiero come pura attivit razionale, che si esplica nella visione, nell'immediato contatto dei primi principii dell'essere, delle forme, idee od essenze del reale. Questo pensiero, si visto, non suscettibile d'errore, perch

non

ricerca,

discorsiva

ma

non indaga, non insomma un'attivit intuitiva, e non ha interferenze con

la sensibilit.

Si tratta
lit

ora di vedere come la pura universa-

ideale

si

connetta

al particolare dei sensi,

nelin-

l'esperienza empirica.

Anche qui
il

Aristotile

non

problema, che pulsi propone. Ci si spiega col fatto che egli ha troppo separato il pensiero puro, e gli ha dato tale autonomia e sufficienza a se stesso, che non si vede a
tuisce con sufficiente chiarezza

(30

LA FILOSOFIA GRECA
gli

che mai

abbisognino

dati sensibili.

tuttavia

la stessa dottrina aristotelica dello

sviluppo delle po-

tenze impone tale problema; perche, se per natura


il

pensiero in atto precede ogni altra cosa, nell'oril

dine delle acquisizioni empiriche, invece, presuppone la sensibilit e lavora sopra


essa gli fornisce. Platonismo ed

pensiero
dati che

empirismo s'incro-

ciano, cos, nella

mente

di Aristotile, senza tuttavia

l'adottare

comporsi in una salda sintesi. Ed egli finisce con una connessione in certo modo estrinseca tra la sensibilit e il pensiero, affermando che il senso, nella sua produzione pi generalizzata e astratta, che l'immagine, fornisca al pensiero la materia del suo lavoro. Non gi che l'immagine diventi essa stessa
intelligibile;
ligibile,

ma

soltanto essa contiene in s l'intel-

che
1

l'attivit intellettuale poi

ne distriga ed

astrae
Si

( ).

forma

in

tal

modo

il

pensiero discorsivi), che

esso solo suscettibile di verit e di errore. Al

sommo

e all'infimo gradino dell'attivit psichica queste possibilit

non esistono: ne

il

senso pu errare, perch


il

esso non giudica,

ma

sente semplicemente, n

pen-

comprensione che esso ha del proprio oggetto un contatto immediato, una visione, e cio quasi una sensibilit superiore. 11 vero
siero puro, perch la

il

falso esistono invece


si

nei giudizii, nei quali


la

la

forma intellettuale
sibile.

compone con

materia sen-

6.

La metafisica.

Gi dall'analisi

fisica e psi-

cologica emergono alcuni concetti di una metafisica

idee,

profondamente distinta dal sistema platonico delle che formano il primo nucleo del pensiero oriin De an.
in,

8,

'_>

3.

VI.

ARISTOTILE concetto del

61

finale di

Aristotile. Nel

divenire c'

l'esigenza di dare all'essere

una determinazione me-

diante

la

negativit

diviene, diviene
(t8e
ti),

un

che

vincente in

che determinato e individuato concretezza l'essere astratto da


attiva del non-essere. Ci

cui

si

origina; similmente nel concetto della genera-

zione v' l'esigenza della specificazione del genere,


della definizione reale, intesa
trice e individuatrice

come immanente alla

attivit defini-

stessa natura.

Questa esigenza, di concretare l'universale, decisamente formulala nella Metafisica, e costituisce il


centro della critica aristotelica al sistema delle idee.

Le

idee, concepite

come essenze separate

e trascen-

non sono che un raddoppiamento delle cose esistenti, una molteplicit ideale che si stratifica al
denti,
di

dominarla. Esse non spiegano


la specificazione delle cose,

sopra della molteplicit sensibile, senza affatto il differenziamento e

non sono causa

di

movison

mento

e di generazione; la concezione, che esse siano


ai quali gli esseri

esemplari e modelli conforme


formati,

non che un'immagine poetica: chi che agisce guardando alle idee? Manca ad esse ogni principio interno di
attivit,

che

si

esplichi nelle cose,

e sia fattore del loro sviluppo. Anzi le idee, secondo


la loro natura, son piuttosto
di

causa d'immobilit che movimento. Intervengono esse forse nella generazione? un esemplare ideale che quivi pone in essere un individuo, e non invece un atro individuo? L'innatismo delle idee soggetto ad una critica ironica e sprezzante: meraviglioso, dice Aristotile,

che, senza saperlo, possediamo la maggiore

delle scienze!

infine

il

sistema delle cause nella filosofa pla-

tonica dichiarato affatto insufficiente: Platone non

riconosce che due specie di cause, l'efficiente e la

6-2

LA FILOSOFIA

GlF.OA

ignora la causa formale e la finale. Quepunto senza dubbio inesatto: Platone, come sappiamo, fa largo uso delle cause finali nella sua fisica; solo che per lui la finalit ancora esterna e non interna come per Aristotile ( ). Quel che invece realmente manca al platonismo,
materiale
st'ultimo
; l

che forma la vera scoperta di Aristotile,


(ixoQcpi], e!5og),

il

con-

cetto della causa formale

principio at-

tivo di specificazione e di sviluppo, nella sua stretta

connessione con

la

materia.

La concretezza

del reale

nella sintesi di questi opposti, nel sinolo (x avvolov),

V individuimi omuimodo determinatimi, che materia

compresa nella forma, genere determinato


cie,

nella speindivi-

potenza realizzata
Il

nell'atto, universale

dualizzato.
tre
la

sinolo la vera sostanza prima;

men-

forma astrattamente intesa, l'universale (t /.aU/.ou o anche t ti tjv elvca) fuori della sua reale individuazione, non che una sostanza meramente secondaria. Questo tentativo di classificazione delle eause secondarie e primarie ( 2 ) dissimula la grave difficolt non risoluta da Aristotile: reale il singolo
o l'universale? l'essere affermato

nella Metafisica o
il

l'essere

affermato nella Logica? Se

progresso da

questa a quella fosse completo, non potrebbe esservi


esitazione nella risposta al grave quesito; ma,

come

vedremo meglio
si

in seguito, molti residui della

Logica

ritrovano nella Metafisica, ed Aristotile resta per-

plesso nell'alternativa, mostrandosi infine propenso

(!)

[.a critica del

platonismo
vii, 3,

in

gran parte contenuta nella

fine

del

libro della Metafisica.

(2)

Altrove (Metaph.,

1028 b 33) la sostanza


xt fjv

vien divisa in

quattro (lassi: l'essere eterno (x


il

etvaO, l'universale (x xcxGaov),

genere (x yvo;) e il sostrato (x iijioxsiu.evov); ma queste classi non sono che la suddivisione della sostanza secondaria, di cui desi-

gnano

aspetti diversi, e

si

contrappongono tutte egualmente al ovvo-

aov, sostanza prima.

VI.

ARISTOTILE

63

ad accettar l'una e l'altra soluzione. la grandiosa inconseguenza del pensiero aristotelico: grandiosa, se si pensa che tutto il Medio Evo si affatic sul problema lasciato aperto da Aristotile, e che molti
furono necessari per dare sua vera equazione. La tendenza fondamentale della metafisica di accordare massima realt al sinolo, sintesi di materia e forma, cio determinazione della materia merc la forma, e quindi progressiva specificazione del reale. V' nella sintesi qualcosa di pi che negli elementi ( ),
secoli di vita speculativa
al

pensiero di lui

la

ed

l'attivit stessa in virt della

quale

si

compon-

gono. Questa attivit espressa dalla forma,


finale (xlo-) del divenire della rola,

come

forza formatrice, causa speeificatrice (elboq) e insieme

materia; in una pa.

come

atto (evQyeia,

vxe.7.yeia)

che aspirazione alla forma, quindi


solo

La materia non mera potenza;

quando

nella

forma

Come
precede

specie e

come
2

fine, la

veramente in atto. forma precede la mail

teria, l'atto la
le

potenza. In ogni sistema finale,


( ),

tutto

parti

l'organismo

gli

organi,

come

piano totale idealmente presente nella formazione


delle parti singole.

dell'atto di fronte alla potenza da Aristotile non solo sotto il rapporto della generazione e del tempo, ma anche sotto il rapporto della sostanza. La potenza, in quanto accoglie in s i contrari, corruttibile; mentre l'atto eterno; la materia imperfetta, mentre l'atto perfetto; ora ci che eterno e perfetto deve precedere ci eh '
stabilita

La precedenza

corruttibile e imperfetto

3
(

).

Pertanto ogni regresso

(1)

Metaph.,

vii,

17, 1041

b
28.

li

(2) (3)

Ibid., vii, 10, 1034

Metaph.,

ix, 8, J050

6.

64

LA FILOSOFIA GRECA

dall'atto alla potenza che lo condiziona, p. es., dal-

l'individuo al germe di cui


col regresso ulteriore

si origina, va integrato da quella potenza a un atto

precedente che l'attualizzi;


tivit generatrice di

p. es.,

dal

un

altro individuo.
tali

serie di regressi,

che son

solo

germe all'atCon questa nell'ordine emla

pirico del nostro apprendimento,

mentre secondo

natura delle cose sono progressi, si esplica la dialettica della potenza e dell'atto, come processo generativo che va da individuo a individuo, da sinolo
a sinolo.

Secondo

la

considerazione materiale, questo

processo pu apparire infinito;


atto primo,

ma

l'infinit
effetti,

im-

perfezione inerente alla materia: in

senza un

che

sia l'origine assoluta della serie, la

si spiega. Questo atto, per essere veramente primo, dev'essere libero dalla contraddizione inerente alla potenza; cio non deve a sua volta implicar regresso a una nuova potenza, ma essere in s compiuto e sufficiente. La sua realt pertanto si compendia in una piena adeguazione della potenza e dell'atto, che non altro significa se non liberazione dalla passivit inerente alla potenza: atto puro. Questo concetto, formulato nei termini del rapporto tra la materia e la forma, pu esprimersi col dire che questo Primo, che vien postulato, forma

serie stessa

non

pura, affatto libera da materia;

e,

formulato nel
si

lin-

guaggio dei

fini,

significa

un

fine

che

possiede nella

sua eterna realizzazione


Nell'analisi fisica, noi

(vre/li^eia jtookn.).

abbiamo gi osservato

la

contraddizione inerente
del

al

moto, e l'esigenza che essa


ci si ripre-

postula di un primo motore immobile, causa assoluta

movimento. Un'analoga esigenza

sentata nella dottrina delle forme organiche o psichiche, che nella loro

massima esplicazione sono


si

so-

spese a un'attualit pura in cui s'appaga e

queta

F irrequieto divenire

della vita.

VI.

ARISTOTILE
le

bO

Noi non abbiamo ora che a riunire


delle precedenti analisi del

sparse

file

mondo

fisico e

organico.
altro

Nel moto, potenza


il

e atto

non s'intrinsecano:

motore, altro ci eh' mosso; donde un regresso

dall'

un termine

nel concetto di

all'altro, che non si arresta un motore non mosso a sua


tutti
si
i

se

non

volta e

sorgente assoluta di
ganica, l'opposizione

movimenti. Nella vita orsostanza di quel

fa pi intrinseca, e ci rivela

infine, nel pensiero puro, la

mo-

tore, clic appariva, nella fisica,

ancora nell'indeter-

minatezza del suo essere naturale. Infatti, quale l'atto in cui l'attivit rivolta a un fine in pari tempo il conseguimento del fine? Si ricordi il profondo passaggio aristotelico: non

cammina

cammin, non costruisce e

costru,

ma

pensa e pens. Il pensiero dunque, a differenza del movimento, si possiede nel fine e non si esaurisce
nella realizzazione di esso;

ad esso

la finalit

imma-

nente e

si

esplica nel suo ciclo compiuto. In quale

attivit v' l'adeguazione piena dell'atto e della po-

tenza? Solo nel pensiero, perch


intende se stesso possedendo
xov votitoO),
siero, di
e
il

il

pensiero

(vr\aic,)

pensato (xax

\izxdly\\[tiv
il

il

pensato

si

genera toccando

pen-

modo che

pensiero e pensato sono una sola

medesima cosa

(*).

Pensato e pensiero, intelligenza

e Intelligibile s'
tale,

intrinsecano

dunque

nell'attivit

men-

che identit dinamica del pensiero e del suo oggetto, la cui adeguazione reciproca sta nel prodursi eternamente l'uno
in cui l'attivit dall'altro,
Il

con un circolo

non

si

disperde.

principio

supremo
la-

del reale

il

pensiero: un pensiero in cui tutta

realt delle

cose sublimata e ne forma l'oggetto


Il

eterno e immanente.

pensiero delle cose,

la loro

(1)

Metaph., xn,

7,

1072 b 20.

G. de Ruggiero,

La

filosofia

greca

n,

QG

LA FILOSOFIA GRECA

non pi come per Platone un mero pensato, un pensiero che non si pensa, ma un pensato immanente a un'attivit pensante, a un pensiero che pensa in essa se medesimo: pensiero del
realt intelligibile,

pensiero

(voi'ioeoog
il

vT]trig).

Dio della metafsica aristotelica, meritevole assai pi del Dio platonico degli attributi divini. Infatti pregio sommo di una dottrina, che

questo

alle cose una sostanza mentale, riassumere il pensiero sparso nelle cose in una coscienza unica, attiva e presente, che attualizzi eternamente la sparsa

potenzialit di tutte le forme del

reale. Il pensiero

divino, contemplando se stesso, contempla tutta la


realt della natura, elevata
fino a lui

come imma-

nente oggettivit: qui dunque la natura appare per la prima volta concentrata in un sol foco e rivela Punita della sua essenza, l'unit del suo sforzo, che
nel fine unico e divino da essa destinato a realizzare.
Il

divino delle cose, quel divino che nell'in-

genua intuizione delle antiche filosofie era sentito ma non compreso, qui veramente si comprende, nella suprema adeguazione della natura a Dio.
temente, che

accade qui, come si gi notato precedenil punto dove par che Aristotile tocchi la massima concretezza anche il punto in cui il suo pensiero dilegua nel massimo astrattismo. Dal
concetto dell'attivit suprema,

Ma

che vince infinitaDio inattivo e immobile del platonismo, risorge inaspettatamente il platonismo con tutta la passivit del suo ideale contemplativo. La somma attivit non che contemplazione.

mente

in valore

il

Nessun altro agire pu competere infatti a Dio, perch ogni agire o produrre, secondo il significato pi circoscritto d questi termini, presuppone un desiderio, un bisogno, una mancanza, imcompatibili con la perfezione dell'essere supremo.

VI.

ARISTOTILE

67

la

contemplazione divina non pu avere per


la divinit stessa,

oggetto che

come

il

solo oggetto

anche logicamente adeguato all'attivit del pensiero puro. Nel pensare se stessa la felicit divina, pura, non toccata da ogni estraneo influsso mondano. Il rapporto che Aristotile istituisce tra Dio e il mondo, perfettamente consono a questa premessa teologica: Dio muove il mondo come l'oggetto amato muove ci che ama, senza essere a sua volta toccato
che non solo degno di Dio,

ma

dall'aspirare e dal tendere di questo. Nell'attrazione

non c' reciprocit: Dio attrae a s il mondo, ma non ne attratto a sua volta, lo tocca e toccandolo lo muove, ma non ne vien toccato n mosso. La trascendenza divina emerge cos, ferrea e superba, da quello stesso sistema che pareva conferire
al

mondo

tanta intimit, tanta

immanenza

divina!

Se noi infatti poniamo mente alle conseguenze re-

ed etiche di questa teologia, vediamo il con motore immobile tradursi in quello di una piena estraneit dell'uomo e di Dio. Tra l'uno e l'altro, come espressamente riconosce Aristotile, non vi pu essere nessun vincolo di amore. L'uomo, che nella luce della speculazione credeva di aver raggiunto Dio, se ne sente separato da un abisso. Ci che individua l'uno non che l'esclusione di ci che forma l'altro: il ponte tra l'infimo e il supremo non ancora lanciato. Lo lancer soltanto il cristianesimo con la pratica e la dottrina dell'amore, che colma la distanza freddamente misurata
ligiose

cetto del

dall'intelletto.

Resta,

nell'aristotelismo,

tutta

la

stranezza

di

un'oziosa contemplazione che conchiude l'ansioso mo-

vimento del reale; tutto ci che da questo movimento traeva la sua ragione essenziale ed esistenziale con-

68

LA FILOSOFIA GRRCA
al

corre
il

moto

suo termine come al suo annullamento finale: all' immobile, il materiale all' immateriale, il
la realt si unifica,

contingente all'eterno. In Dio


per rinunciar*'
al

ma

suo dramma, alla sua vita. Quel

Dio
ci

infatti non accoglie in s la materia, con tutto che accessorio della materia: esso unifica annullando, riducendo, e non gi vivificando. Dio non discende fino al mondo della materia per imprimergli

le

proprie impronte divine,


lui,

ma eleva

quel

mondo
Il

fiuo

privandolo della sua viva materialit.

consi

cetto platonico, che la materia sia imperfezione,

tramanda, bench attenuato, nell'aristotelismo, e si tramander attraverso di questo anche ad altre filosofie. L'adeguazione della materia e della forma, del pensiero e del pensato, della potenza e dell'aito in Dio, non che vuota formula, una volta che esula da essa la ricca e concreta materialit delle cose; Dio non si possiede nella pienezza del reale, ma nell'attenuata immagine eli essa. Egli resta il Dio isolato e solitario del platonismo, forma astratta, attivit senza sviluppo, fine eternamente realizzato, epper senza il dramma della realizzazione. Come pu questo Dio ozioso e contemplativo esser causa di movimento e di generazione? come ci spiega il progressivo differenziarsi del reale?

sorge,

dall'impotenza stessa del

nel platonismo, la necessit di

produzione delle cose, la

Dio, come una concausa della necessit di una materia


il

anteriore all'atto divino, che spieghi

differenzia-

che nell'immobile e inerte pensiero divino non trova la sua causa motrice. L;i materia, invano svalutata e diminuita,
e la specificazione del reale,

mento

rivendica
tro Dio.

il

proprio

diritto

all'immortalit,
e,

non
con-

pi in Dio,

ma

fuori

di

Dio,

direi

quasi,

VI.

ARISTOTILE

69

N
effetti
11

il

Dio aristotelico, n

il

creatori della materia,

ma
al

Dio platonico sono in la presuppongono.


concetto della creaal

pensiero greco non giunge

zione, che
L'attivit

appartiene soltanto
divina secondo
causale;
causa.
il

mondo

cristiano.

il

pensiero greco

non

creativa

ma

massimo

sforzo della specu-

lazione platonico-aristotelica la concezione del pensiero


Il

come

procedimento della filosofia greca pertanto un procedimento regressivo, che si svolge secondo la serie delle cause, fino alla causa prima; ma incapace a mostrarci il progresso da questa a quelle. La causa, anche intesa come causa prima, non libera da presupposti. Nel solo concetto della creazione v' la liberazione completa da ogni presupposto: l'attivit creatrice inizia la serie delle cose con assoluta
spontaneit.
il

sar conquista della mentalit cristiana

concetto del pensiero

come

attivit creatrice ed ori-

ginale: creatrice ex nlhilo, nei primordi della speculazione cristiana, creatrice ex


se.se,

dalla potenza ine-

sauribile della propria attivit, nella maturit della

moderna. Dio aristotelico non pu essere creatore, perch, pur essendo pensiero, non soggetto, non persofilosofia
Il

nalit.

Se era inesplicabile l'idea suprema dei plato-

nismo, realt pensata senza una mente che la pensasse,

non

meno
quali

inesplicabile

il

Dio aristotelico,

pensiero trasumanato, fuori di quelle condizioni soggettive


nelle

soltanto

noi

possiamo pensare
il

l'esplicazione della sua attivit. L'attivit del pensiero

non

intelligibile che nella soggettivit:

solo

soggetto forza produttiva e creativa; l'oggetto non


che

soggettivit
e

momento, posizione, che fuori della vita della si tramuta in una ipostasi, assoluta stasi inattivit. Ora il Dio aristotelico , o vuol essere,

70

'--A

FILOSOFIA GRECA

un'oggettivit pensante; che


inerte, qualcosa

come

dire un'attivit

insomma

di contradittorio. Certo, la

contraddizione, cos formulata, non nella mente di


Aristotile,

che non conosce ancora

l'antitesi del sog-

getto e dell'oggetto; e tuttavia nella doppia, inconciliabile posizione

mentale: da una parte di un Dio


del reale
in
s,

concepito

come

oggettivit

come

pensiero che non pensiero nostro, umano, ed


fuori della legge del

pensiero

umano;

dall'altra di

un Dio, che

attivit in s riflessa, cio coscienza,

cio soggettivit.
L'insufficienza del
aristotelica deriva

massimo principio
dall' aver

della filosofia

appunto

trasumanato ed

oggettivato

il

pensiero, dall'averlo sottratto alle sue

condizioni reali di vita, dove la forma vive nella

concretezza del contenuto, l'atto nella realizzazione infinita della potenza; e dall' aver dato un campo

vuoto e irreale all'esplicazione della sua attivit. Fuori di un mondo in cui tutto sforzo e lavoro, dove ogni forma di esistenza tende penosamente ad

emergere dalla densa materialit che l'opprime, il pensiero, che pur la massima forza per questo lavoro e per l'esplicazione di questa tendenza, non pu che rivolgersi oziosamente sopra se stesso, in una vana e sterile contemplazione. Ridotto a questa formula, il pensiero si estrania dal mondo, ridiviene il
Dio trascendente del platonismo, si chiude nell'oggettivit impenetrabile del proprio essre. E cos rende vane tutte le aspirazioni del mondo che tendevano a lui, al possesso intimo del divino, che per sempre
precluso a
teriale,
tutti gli esseri,

pei quali vita

ed essere

l'impossibilit di liberarsi dal pesante fardello

con cui tuttavia non

si

maconcede l'accesso al

tempio.

VI.

ARISTOTILE
radice di

71

7.

L'Etica.

La

una dottrina

della

moralit sta nella distinzione dell'intelletto in teoretico e pratico.

La comunanza

del genere intellet-

due specificazioni, gi ci mostra che Aristotile non attribuisce alla pratica un valore autonomo di fronte al pensiero e quindi non la riferisce a un proprio principio: il volere, ma l'include in una distribuzione dei valori intellettuali. Gi nella forma pi rudimentale della vita psichica, nella sensazione, insieme col primo germe conoscitivo si manifesta la prima tendenza pratica; dal sentire le cose si sveglia, nel soggetto, una percezione di piacere e di dolore, e quindi un moto di attrazione verso l'oggetto o di repulsione da esso. Nello sviluppo della razionalit, le immediate tendenze sensibili vengono non gi annullate, ma comprese in una visione e in una valutazione superiore. Non soltanto l'uomo che ragiona distingue piacere da piacere, ma considera ogni piacere non pi in rapporto con ci che lo rendeva tale nella sua immetuale
nelle

diatezza, bens con la propria dignit e destinazione d'uomo. Qui siamo nel centro del socratismo: il piacere elevato a eudemonia, a felicit, cio ad uno stato duraturo dell'anima, conquistato con l'attivit
selettiva e coordinatrice della ragione.

Ad
sto

Aristotile

non sfugge che

la

creazione di que-

equilibrio

superiore molto dipende dalla capadi raffrenare e

cit

che ha l'uomo

dominare

le

pro-

prie passioni, quindi, in ultima istanza, dalla libert

non potrebbe anche esservi n virt meritoria n imputazine. E la libert egli ammette non in un senso indeterministico,- come possibilit astratta di fare o non fare; ma in un senso, potrebbe dirsi, deterministico, come capacit dell'uomo di determinarsi secondo la propria natura
del suo agire, senza cui

migliore, cio razionalmente.

72

LA FILOSOFIA GRECA
Dalla graduazione dei momenti affettivi e di quelli

razionali nella

vita,

morale scaturisce un doppio or, rispet-

dine di virt, etiche e dianoetiche, in cui

tivamente, accentuato
razionale.

il

motivo affettivo e quello


e integrandosi, esse poi for-

Componendosi
delle

mano

il

concetto compiuto della virt.


virt etiche

Nessuna

proviene

in

noi
il

da

natura; nessuno porta con s dalla nascita


della distinzione del

senso
o

bene e del male;


la

ma

l'acquista

con l'esercizio, con


cattive.

pratica delle azioni

buone

La

virt etica

appunto una

tale pratica

della bont, consolidatasi in un'abitudine (e8og, e|ic)

invincibile dell'animo. Questo concetto della virt

come
rito

abito

certamente pi elevato del concetto


In quest'ultimo, ogni
e

della virt
delle
lo

come natura.
azioni

me-

buone scompare,

che
egli

strumento irresponsabile di
possiede, e

l'uomo non una facolt che

da cui anzi posseduto. L'oge morale cos si palesa nel modo pi brutale ed antiumano, annullando ogni

non

gettivismo
efficienza

metafisico

formatrice dell'educazione e della prassi.

Invece, nel concetto della virt

come

abitudine, gi

adombrata

la forza

soggettiva del carattere, l'azione


ch' bene e ci

della personalit che discerne ci

ch' male, e tende a consolidare ed accrescere l'uno


e ad eliminar l'altro. In realt,
di
affetti

non ogni abitudine


tale quell'abito

virt etica,

ma

sorge da una selezione degli


giusto mezzo.

affetti,
il

che includendo quelli

soltanto che evitano l'eccesso e


il

difetto e

conservano

La virt appunto una iizax^q ('), una mediet fra gUestremi, un contemperamento
delle passioni, da cui
si

genera quell'equilibrio

spi-

(1)

E ih.

Nic

Vi.

ARISTOTILE

73

rituale, in

cui

il

pensiero

greco vede

la

massima
abito di

perfezione spirituale.

Donde
proporsi
noi.

la definizione

della virt,

come

quel che consiste nella niediet verso di

La determinazione della mediet e dell'equilibrio evidentemente un lavoro, un'azione, che non rientra nella sfera stessa degli affetti, e quindi della virt

etica. Gi, l'idea stessa del proporsi (itQoo.Qeoi<;) quella

che integra
sione dei

mediet implica una funzione razionale e mentale, la sfera etica, illuminandola con la vifini

che l'uomo

destinato

a realizzare.

La

virt etica cos richiama e coimplica la virt

dianoetica: con la prima noi non usciamo dal


della virt

campo

meramente

fisica (geri] <fvaixr\), dell'abito

quasi naturale, mentre la seconda unita alla prima


ci

la

vera virt (pet^ xvqo), costituzione non

pi naturale, bens morale dello spirito. La definizione della virt vien quindi integrata: essa un
aiuto

conforme

alla retta
la retta

ragione (gOg ^yog), anzi

Donde la massima, che non possibile esser buono propriamente senza saggezza, n saggio senza virt etica. Questo concetto vale a risolvere la vexata quaestio del socracongiunto con
ragione.

tismo: se la virt sia scienza, e se possa per con-

seguenza essere insegnata. La virt non scienza ( ), risponde Aristotile, ma e abito con la scienza; renJ

derla

insegnabile
si

pertanto

riconoscere

la

vin

dianoetica che

acquista con l'educazione e con

l'insegnamento;

ma

disconoscere

la virt etica, che,

come

presuppone le azioni, resempio del bene, e non pu prescinderne. In questa maniera, soggiunge Aristotile, si potrebbe anche sciogliere il ragionamento di coloro che sostengono
abito,
prassi,
(i)

come

Eih. Sic, vi,

5,

1.40 b

2.

74
le virt essere

LA FILOSOFIA RECA

per

questo pu darsi non essendo l'uomo egualmente inclinato verso tutti gli affetti; ma non per quelle secondo le quali uno pu essere assolutamente chiamato buono perch nella saggezza, che una sola,
separate tra loro
:

le virt naturali,

ci

son tutte

le

altre virt insieme.


il

Col concetto della ragione,


dell'abitudine, attenuato

naturalismo

dell'eli?,

ma non

vinto. Se la virt

un abito, una prassi consolidatasi in natura buona dell'uomo, siamo noi veramente padroni di
noi stessi, siamo responsabili di questa nostra na-

tura ideale, o non .essa piuttosto un'oggettivazione


di noi a noi stessi,

cai-attere? Aristotile stesso intuisce questa


colt,
le

una impersonalizzazione del nostro grave diffi-

con una lucida intuizione della differenza tra

azioni e le abitudini. Delle prime, egli dice, noi

siamo padroni dal principio fino alla fine, avendo conoscenza dei particolari in cui versano; degli abiti invece siamo padroni al principio, ma poi ci sfugge il loro accrescimento per effetto dei singoli atti, come avviene nelle infermit. Questa considerazione ci riconduce alle fonti stesse
della moralit, al centro attivo della creazione del

bene: l'azione. Con una meravigliosa chiarezza, Aristotile

intuisce
egli

la.

genesi degli abiti dagli

virt,

dice

in

atti. Le un passaggio memorabile che

giova riprodurre per intero ('), noi acquistiamo essendo stati prima attivi, siccome avviene nelle altre
arti.

Poich

le

cose che per farle bisogna

prima
la

averle
cos,

imparate, queste noi impariamo facendole:


si

edificando,

diviene edificatori, suonando


cos

cetra, citaredi.

E
1,

anche diveniamo

giusti ope-

(1)

Etti.

Nic,

il,

1103 a 31; riproduciamo questo passo nella tra-

luzione del Carlini: L'Etica Nicomackea, Laterza, 1913.

VI,

ARISTOTILE

75

rando cose giuste, temperanti operando cose temforti operando cose forti. Fa fede di ci anche quel che avviene nelle citt, dove i legislaperate,

fanno buoni i cittadini abituandoli al bene; questo l'intento di ogni legislatore; e quanti non
tori
lo

portano bene ad

effetto,

errano: di qui la
l'altra,

diffe-

renza tra una cittadinanza e


l'altra

Puna buona,

arte) si

(e cos ogni genera e perisce dalle medesime cose e mediante le medesime cose: dal suonar la cetra vengon fuori i buoni e i cattivi citaredi. Analogamente, per

malvagia. Ancora: ogni virt

gli

edificatori
si

per

tutti gli altri

che, edificando

bene,

diviene in seguito

buoni edificatori; edi-

male, cattivi. Se cos non fosse, non ci sarebbe nessun bisogno del maestro, ma tutti naficando

scerebbero buoni o cattivi. Lo stesso vale appunto

anche per le virt: perch, nel modo relazioni con gli uomini, ci facciamo,
gli
altri

di agire nelle
gli

uni giusti,

ingiusti; e nel

modo

di

agire nei pericoli,

temere o ad osare, diventiamo gli E similmente per quel che riguarda le brame e le ire. Gli uni diventano saggi e miti, gli altri intemperanti e irascibili: portandosi,
e abituandoci a

uni forti e

gli altri vili.

in quelle circostanze, gli uni in


in

un modo,

gli

altri

un

altro. In

una parola:

gli

abiti

derivano dagli

atti di

ugual natura. Perci bisogna rendersi conto

della qualit degli atti, perch secondo la differenza


loro conseguita la differenza negli abiti.

stato:

Qui veramente il centro della moralit conquil'uomo principio e genitore delle sue azioni

cos

come
il

dei

figli;

in

poter suo la virt, cos


in

come
ivi

vizio.

Perch, dov'

poter nostro

il

fare,
dis.

in nostro potere

pende da noi il Con questa potest delle


della responsabilit.

anche il non fare; e dove no, ivi dipende da noi anche il


azioni,

sorge

il

concetto

?<3

VA.

FILOSOFIA GRtCA

Il

principio socratico che nessuno volontaria-

la sua confutazione decisiva ('): quanto l'uomo padrone di s, padrone di scegliere tra il bene e il male, tutti i vizi gli sono imputabili, e non solamente quelli dell'anima, ma ancora quelli del corpo. Certo, nessuno biasima coloro che son brutti per natura, ma quelli che son tali per negligenza e per mancanza di ginnastica. Qui noi siamo in presenza di una di quelle magnifiche divinazioni del pensiero aristotelico, che col loro slancio competono con quelle della metafisica

mente cattivo riceve

in

e della psicologia.

D'un

tratto,

la lucida volta delil

l'oggettivismo greco rotta, ed erompe

pi ardito

soggettivismo, nella sua pi pura modernit. Bene


e male non sono pi gli enti trascendenti che fanno buone o cattive le cose per partecipazione, ma son

funzioni della nostra volont, creature della persoDi fronte all'azione, l'abito, che pur secondo Aristotile ben diverso dalla mera potenza, divien non altro che una potenza (-), che vinta dall'apriorit originale dell'atto. All'agire dell'uomo
nalit nostra.

non

pi anteposta la fatalit invincibile delle sedimentazioni del suo carattere, non la forza naturalistica
di

ci

ch'egli

fu:

questa
l'atto,

natura,

questa
e
si

potenza, segue e non procede

e ne vien do-

minata.

L'azione sorge

come energia spontanea


il

incondizionata,
traccia da se

crea

volontariamente

bene,

medesim a la propria via. Questi acnon risuoneranno che nella filosofia moderna, nella filosofia della libert; ed da stupire che un greco li abbia per la prima volta pronunziati.
centi

(1)

Eth. Sic

vii, 5,

1146 b 21.

(2) Elfi.

Sic,

n, 5, 1106

14.

VT.

ARISTOTILE

77

lo

Ma, come gi nella Metafisica e nella Psicologia, strappo all'oggettivismo, per quanto profondo, non che parziale. Il soggetto emerge per un mo-

menti) nella sua pi intensa luminosit,


eclissato

ma

subito
di

dalla volta convessa dell'oggettivismo,

nuovo ricomposta
sorgono
gli

e fatta impenetrabile. Dalle azioni

abiti,

che con

le loro ispessite

sedimen-

tazioni ci sottraggono la vista del soggetto e ripro-

ducono nell'uomo una natura oggettiva e ideale. E la virt, negli abiti, non gi negli atti. Il felice squilibrio dell'azione creativa cede nuovamente il posto all'equilibrio della \itaoxr\q, e l'intuizione armonica ed artistica della vita greca riprende il primato
sul

dramma
Come

intimo delia soggettivit, che Aristotile

aveva intravvisto
la

ma non

vissuto.

gi nella Metafsica, cos ancora nell'Etica,

sconfessione finale della


vita

concezione

energetica
il

della

l'ideale

supremo
felicit,

della vita morale,

concetto della perfetta


plazione, in
il

riposto nella contem-

una

tecogri'nxrj

ti?

hiqytia^), che imita


cui

viver degli di. e riproduce sub specie homnis

l'eterno

ed

ozioso

circolo

in

si

compendia

il

principio

supremo

della Metafsica.

8.

La politica.

L'etica

la
la

dottrina

della

moralit

individuale; la

politica

dottrina della

moralit sociale. Lo Stato un organismo morale, condizione e complemento dell'attivit morale degl'individui. Se da un punto di vista relativo e temporale l'individuo, la famiglia, precedono lo Stato, da

un punto

di vista assoluto

il

rapporto precisamente
totalit

inverso. Allo Stato spetta la supremazia ideale, in

quanto rappresenta quella


Elh. Sic, x,
1178 b 2i.

che nel sistema

(1)

8,

<

LA FILOSOFIA GRECA

finale dell'universo

precede

le parti

che

la

compon-

gono. La
tiene,

mano

a un tutto

veramente mano in quanto apparorganico; ma, questo distrutto, la

sola definizione verbale della


la

mano

resta identica;

funzione invece scompare, e con essa la sostanza.

Le cose si definiscono dagli atti che esse compiono; ma, quando questa loro abitudine viene a cessare, non si pu pi dire che siano le stesse. Similmente gl'individui, fuori dell'organismo statale, in un completo isolamento, non sono neppur pensabili. Solo un bruto o un dio pu esser concepito nella totale solitudine. La natura umana invece spinge istintivamente tutti gli uomini all'associazione politica.
L'uomo, secondo la celebre definizione aristotelica, un animale essenzialmente politico: dvOQoojtog qpiioei jioX.mxv 'Qfov. Il primo che istitu un'associazione politica, soggiunge Aristotile, comp una grande

opera: perch se l'uomo, giunto alla sua massima


il primo degli animali, invece l'ultimo, quando vive senza legge e senza giustizia. Nulla

perfezione,

v'

di

pi mostruoso che l'ingiustizia armata. .La

giustizia
(t|i;)

una necessita

sociale,
1

perch
).

la regola

dell'associazione politica

Sul
siste

principio unitario dello Stato, Aristotile indi Platone,

ma nel significato pecusecondo cui unit organismo, cio distribuzione e articolazione di parti in un tutto vivente. Questo senso della pluralit nell'unit assai
non meno
sua
liare della
filosofia,

pi scarso in Platone, al quale perci Aristotile

muove

l'appunto, che col processo inflessibile verso l'unit,


la
JtA.15 finisce col perdere completamente la sua genuina fisonomia. Procedendo su questa via, essa finirebbe con l'annullarsi, 0, non annullandosi, me-

li) Poit.,

I,

2,

1253 a 3i

VI.

ARISTOTILE

79

nerebbe vita assai grama; e sarebbe lo stesso che si volesse ridurre l'accordo musicale a un sol tono e il ritmo a una sola misura. Conviene invece creare con l'educazione l'unit e la socievolezza nella citt, senza pregiudizio della molteplicit dei suoi elementi ('). Il vizio dell'unit troppo inflessibile, voluta da Platone, viene mostrato da Aristotile proprio l, dove appare pi rovinoso al libero sviluppo dello
stato: nella distruzione della famiglia

e della

pro-

priet privata. All'ideale comunistico, egli contrap-

pone

la

massima che
non

due sono

le

molle principali

della sollecitudine degli uomini, la propriet e l'affetto; e

possibile che alcuno dei

due sentimenti
di
collettivi-

trovi

luogo nella repubblica a

2 ( ).

base

smo

Quindi,
intesa

la priorii dello stato sull'individuo

non

assorbimento di questo in quello ed abdicazione completa del proprio essere: l'univertotale

come

non entit trascendente ma attivit immanente, che si esplica nei singoli, potenziando, non riducendo la loro vita. Ci implica, innanzi tutto, che la sfera dei diritti privati non venga pi manomessa come nella concezione platonica riconosciuta la propriet privata, prima estrinsecazione dell'attivit individuale; ed lasciata all'individuo una sfera di libert nella famiglia. Per il platonismo non esisteva
sale aristotelico
:

questo nucleo intermedio tra l'universale e


nella concezione aristotelica invece,

il

singolo;

dove la realizzazione dell'universale un processo, uno sviluppo, la famiglia forma un momento della gerarchia morale dell'universo, e un primo addentellato delle pi alte forme di organizzazione umana. Per conse-

(1) Polii., (2)

il, il,

1263 b 9-!0. (Trad. Oostanzi, Bari, Laterza).


126;

lbid.,

i7.

80

LA FILOSOFIA GRECA

guenza, v' nella famiglia qualcosa che si sottrae all'arbitrio individuale, e, come rispondente ad un
elevato interesse pubblico, rientra nella sfera d'in-

gerenza dello Stato. Sotto questo aspetto, primeggia


la

funzione educativa, a cui Aristotile attribuisce

un'importanza non inferiore a quella che vi d Platone, perch risponde alla stessa finalit etica dello
Stato.

Anche
giore

nella sfera del diritto

pubblico, la
in

mag-

autonomia dell'individuo,

confronto della

concezione platonica, si rivela nel pi largo riconoscimento della reciprocit tra esso e lo stato. Un

dominio statale degno di questo nome non quello che pu esercitarsi sopra servi ma sopra liberi, ed destinato ad accrescere, non a ridurre la loro forza. Tale libert o dominio di s fa dell'individuo un
cittadino, e gli conferisce
i

diritti

pubblici inerenti

a questa funzione.

Tuttavia,

il

concetto

del

cittadino non esprime

ancora

il

valore dell'individuo in tutta la sua uni-

il singolo non in quanto uomo; quanto appartenente a una determinata comunit politica. Per Aristotile l'amanita non supera i confini della Jt/U;, n le istituzioni della kXic', lo straniero per lui il nemico, il barbaro, che non pu avere altro rapporto col cittadino se non quello di dipendenza. E dallo stesso concetto deriva la ce-

versalit. Cittadino

ma

in

lebre dottrina aristotelica della


cessit
ristretto

schiavit

come

ne-

naturale,
fosse

che

ci

dimostra
politico

quanto
del

ancora
elevato

l'orizzonte

pi

pensiero della classicit ellenica.


Aristotile

accetta

la

comune

tripartizione delle
di

forme

di

governo

come

governo

un

solo, di

pochi e di molti

delle rispettive

degenerazioni

storiche. Egli intreccia

anche questo studio

come

VI.

ARISTOTILE

81

gi Platone

con

la

ricerca delle condizioni e degli

elementi dell'ottimo Stato.


la

Ma

cos qui

come

altrove,

sua indagine ha un carattere tutto particolare, in armonia col suo temperamento realistico e con l'indirizzo

Stato

fondamentale della sua filosofia. L'ottimo non si distacca dalla realt empirica con la
:

stessa linea netta della Repubblica platonica


sulla stessa linea di

esso
esi-

sviluppo delle costituzioni

stenti

che

lo

attualizzano per quanto possibile,


rivela

secondo il grado della loro maturit. L'acutissimo senso politico di Aristotile


nel formulare opportuni accorgimenti: che

si

non semvi

pre ci che in

ottimo riesce tale applicato a

coloro che non son pronti a riceverlo;


popoli induriti nella schiavit ai quali

ma

son

un'improvvisa e impreparata costituzione liberale sarebbe dannosa. Perci egli ammonisce che non bisogna generalizzare troppo, ma sempre tener presenti le .condizioni speciali dei popoli. Vi sono infatti popoli che hanno bisogno per natura di essere governati da un despota, altri da un re legittimo, altri di avere un governo libero, ed giusto e giovevole a ciascuno di essi di avere questi governi ('). Quindi nell'esaminare le forme tipiche di governo egli si attiene a un criterio di giudizio molto realistico, valutando ciascuna per quel che positivamente , pi che per quel che non sia o che dovrebbe
essere. Principio essenziale dello stato l'autarchia,
il

bastare a se stesso; suo scopo e fine, l'assicurare

il

benessere ai soggetti. Pertanto l'indagine delle forme di governo che costituiscono i mezzi appropriati al conseguimento della finalit dello stato intesa a mostrare come ciascuna di essa soddisfi

(I) Ibid.,

in, 1287

io.

G. db Ruggiero,

La

filosofia

greca

- il.

S2

LA FILOSOFIA GRECA

al proprio assunto, o

in

venendo meno e pervertendosi uno scopo pi basso, si converta nella forma dege-

nerativa corrispondente.

Le

tre

forme tipiche sono

la

monarchia,

l'aristo-

crazia, la polita; che, degenerandosi,

danno luogo

rispettivamente alla tirannide, all'oligarchia alla de-

mocrazia. Il criterio distintivo non meramente numerico, nel senso che prevalgano rispettivamente i molti, i pochi o l'uno, o che, nel governo dei molti abbiano voce i nullatenenti, in quello dei pochi i
plutocrati, e quello di

un

solo

si

appoggi agli uni


le

o agli altri secondo la sua origine o struttura. Questi


criteri quantitativi

valgono piuttosto per

forme de-

generative anzich per quelle tipiche, dove ha maggior rilievo

l'elemento qualitativo di ciascuna.


alla

La

monarchia risponde all'esigenza unitaria


stato;

in seno allo

l'aristocrazia

specificazione ed elezione

dei migliori, in seno alla massa,


di

come i pi degni democrazia intine, non nel senso peggiorativo (a cui meglio si adotterebbe il termine di demagogia) ma nel senso tipico e normale, che Aristotile inclina a far coincidere con quello di polita, governo dei liberi e degli eguali. Egli preferisce quest'ultima forma, in cui vede la possibilit d'includere e di contemperare leprecedenti. Innanzi tutto, da un punto di vista storico, gli appare che lo sviluppo delle citt conduca ad essa, esigendo un progressivo allargamento della base di governo ( ). Inoltre, se vero che i compocomandare;
la
d

nenti di

una

collettivit,

presi

singolarmente, val-

gono meno dell'uomo


collettivit nel suo

perfetto,

anche vero che

la

insieme giudichi meglio del sinaccessibile alla corruzione,

golo,

che

sia

meno
8.

meno

(1) Ibid., ni,

1286 b

VI.

ARISTOTILTC

83

Ma
di

facilmente traviata dagl'impulsi e dalle passioni (*). c' ancora, nel governo democratico, l'attuazione

un profondo principio
il

di giustizia.

giusto cio

che nessuno abbia


e si alterni la

potere pi di quanto lo subisca,

del

condizione del governante con quella governato: in ci consiste la legge; e l'ordine


dire

con la legge ( 2 ). che nella sana democrazia, non debba essere sovrano il popolo come moltitudine, n che la moltitudine nella sua composizione sia indiffepolitico s'identifica

Ci vuol

Dove la sovranit rimane nella moltitudine e non nella legge, il regime si perverte, e imperano in realt i demagoghi; mentre la sovranit della
rente.

legge equivale alla sovranit di Dio e della mente, la


sovranit dell'uomo equivale a quella dell'animale
:

poich

la

cupidigia e

le

passioni traviano anche gli


al potere.

3 ( ).

uomini migliori, quando sono


intelligenza senza passioni

Ma

la

legge

La composizione
di

qualitativa della massa, poi,


la

primaria importanza per


citt

stabilit del regime.

debbono essere composte di elementi quanto pi. possibile tra loro eguali e omogenei il che si riscontra sopratutto nella classe media. Ne consegue dunque che il miglior governo sar quello della citt
:

Le

in

cui prevale la classe media, che l'elemento na-

turale della

comunanza

medio
si

poco

civile (*). Se invece il ceto numeroso, qualunque delle due parti

prevalga, sia quella dei ricchi, sia quella del popolo,

va incontro o ad un'oligarchia esclusiva, o ad una democrazia estrema, o alla tirannide, per gli eccessi commessi d'ambo le parti. Perci Aristotile manife(1)
(2) (3)
(4)

Ibid., in, 1286 a 5-6.


Ibid., ni, 1287
Ibid..

a b

4.

Ibid., iv, 1295

6.

84
sta la

FILOSOFIA ORBCA
in cui

sua propensione per uno stato

prevalga

l'elemento agricolo, in cui meglio che altrove vede


realizzata la mediet della condizione sociale
(').

Anche Platone,

nelle

Leggi, aveva

mostrato

la

una determinazione del patrimonio medio, per mezzo della legislazione. Al che Aristotile, giustamente
stessa tendenza: solo, che egli voleva giungere a
obietta,

che conviene piuttosto pareggiare


sostanze, e ci

desideri

non possibile se non con l'educazione opportunamente regolata con leggi ( 2 ).


che
le

Anche
duce

qui, l'esame della struttura sociale ci ricon-

alle

esigenze pedagogiche dello Stato. L'edu-

cazione soltanto, operando sopra condizioni propizie,

pu formare una classe veramente mediana, capace


di equilibrare le

sproporzioni opposte e di stabiliz-

zare

la

vita sociale.
il

su questa classe pu fare spe-

cialmente presa
al le leggi

senso della legalit, che essenziale

mantenimento di qualunque costituzione: perch non possono adattarsi che alla media degli uo-

mini la cui condizione politica e i cui natali presso a poco si equivalgono ( 3 ). Infine, per poter realizzare sopra una base democratica una vera politia, biso-

gna contemperare l'eguaglianza a base

di

numero

con l'eguaglianza a base di merito ( 4 ). Ci implica un criterio qualitativo di scelta, che avvicini la democrazia all'aristocrazia. E tale appunto l'ideale aristotelico: un contemperamento delle due forme, cos intimo, che una medesima costituzione possa
apparire insieme democratica e aristocratica, e armonizzare insieme la libert di tutti con la capacit dei pochi, e il merito con la ricchezza.

(1) (2)

Ibid., iv, 1296

8-10.
5.

Ibid.,

li,

1266 b

(3) Ibid.,
(4)

ni, 1284

Ibid., v, 1302

a 2. a 8.

VI.

ARISTOTILE

85

Non

possibile qui seguire fin nei particolari lo

svolgimento della Politica aristotelica. Quest'opera ancor oggi viva, attuale: vi si trova una fenomenologia delle forme di governo, condotta con
nella
storia del

una

penetrazione politica di cui non v' altro esempio


pensiero; una critica sagace delle
costituzioni vigenti nell'et antica;

un abbozzo

si-

curo di diritto costituzionale, con la tripartizione dei


poteri e con la netta separazione tra la costituzione
e le leggi ordinarie. E stato un grave danno per l'umanit che quest'opera sia rimasta sconosciuta

per molti secoli, e che nel medio evo n

cristiani

gli

arabi abbiano potuto giovarsene nella forma-

zione della propria coscienza politica e giuridica.


Sorpassata, quasi sul nascere, dalla storia, nei suoi
aspetti

pi contingenti,

come
e

dottrina della nli-,

dello stato particolaristico che veniva


travolto, essa

rapidamente
ai

ha

resistito

resister

secoli

nel

suo aspetto pi centrale e largamente umano: come


dottrina che ha penetrato fino in

fondo gl'impulsi

e le ragioni delle associazioni politiche.

9.

La Poetica.
consistere

La
in

concezione aristotelica delquella platonica,


nella mimesi,
dell'arte

l'arte

ha solo questo

comune con

che

fa

l'essenza

Ma, mentre per Platone l'arte degradata a imitazione del fenomeno sensibile, quindi a ombra d'un'ombra, per Aristotile invece
cio nell' imitazione.

essa assorge a imitazione del


versalit. In

reale sulla

sua uni-

che cosa precisamente consista questo universale e in che si distingua dalle pure essenze che la filosofia contempla, Aristotile lascia intravvedere nell'esame particolareggiato delle singole arti
pi che non spieghi con
concetti.

un'analisi

preliminare di

86

LA FILOSOFIA GRECA

avviamento sicuro a questa individuazione in cui egli concepisce la mimesi storica e quell'artistica: la prima delle quali concerne cose realmente accadute, la seconda cose che possono in date condizioni accadere, cio che siano possibili secondo le leggi della verosimiglianza o della necessit. Perci, soggiunge Aristotile, la poesia qualcosa di pi filosofico ed elevato della stodato dall'antitesi
ria
:

Un

la

poesia tende a rappresentare piuttosto l'uniil

versale, la storia

particolare

(').

Ma, a rimuovere
la

il

dubbio che

si

possa considerare

distinzione del

particolare e dell'universale

come una
fatti

distinzione

di oggetti, Aristotile soggiunge, che

pu anche acrealmente ac-

cadere a un poeta di poetare su

caduti; solo- che, anche in questo caso, egli

non

li

considera per quel che realmente accaddero,

ma

quali

sarebbe stato possibile o verosimile che accadessero.

Di qui comincia a chiarircisi l'universalit dell'arce,

che non un
le cose,

modo

d'essere oggettivo e sopra-

sensibile,

ma un modo,

direi quasi soggettivo di rap-

presentar
;i

sciolte dai

legami del loro reale

ecadere (che costituisce la particolarit storica),

ma

legate tra loro con

un nesso propriamente

poetico.

Questo nesso fatto consistere nelle leggi del verosimile e del necessario: termini che esprimono molto

meno di quel che Aristotile voglia in realt dire, e che lascia comprendere dall'analisi della tragedia. Egli intende infatti significare con essi l'intrinseca
coerenza spirituale degli elementi della rappresentazione artistica, e non la loro commisurazione a un modello oggettivo. L'universalit dell'arte non consiste

dunque nella comprensione delle essenze, libere da ogni contatto con ci che particolare, ma in
{;)

Poet.,

9,

1451 b 5.

VI.

ARISTOTILE

87

un modo
sua

di vedere il particolare stesso fuori della contingenza empirica, rivissuto e idealizzato dallo spirito dell'artista. La verosimiglianza esprime pertanto, pi che un carattere positivo, il momento negativo di questa idealizzazione, cio lo sciogliersi

dei fatti dall'empiricit del loro accadere.

Da questa premessa
tare che anche
stotile
il

si

pu facilmente argomen-

termine di mimesi, usato da Ari-

per caratterizzare l'essenza dell'arte, inadeguato al suo concetto: anche lo storico imita, anzi egli pi propriamente imita; mentre l' imitazione dell'artista scevra da una tale passivit, e il suo riprodurre , con verit maggiore, un produrre. In effetti al poeta, e specialmente al tragico, non si
\

chiede di copiare

la realt,

ma

di viverla e

rappre-

sentarla con vivacit ed evidenza

(vuQyeia).

Nel

comporre le sue favole, bisogna che il poeta si ponga quanto pi possibile dinanzi agli occhi lo svolgimento dell'azione; che, per quanto pu, s'immedesimi
perfino negli atteggiamenti dei suoi personaggi. Infatti
i

poeti che riescono pi persuasivi sono quelli

che,

movendo da una eguale

disposizione di animo

vivono di volta in volta le stesse passioni che vogliono rappresentare. E perci il poetare proprio di colui che ha da natura o una vercoi loro personaggi,
satile

genialit

un temperamento entusiastico o
di Aristotile sull'arte sono con-

esaltato

).

Le considerazioni
modello di perfezione
trice di

centrate nell'analisi della tragedia, elevata a tipo e


artistica. In effetti, l'ideale ari-

stotelico quello di un'arte riproduttrice o produt-

un'azione;

la

liricit

non entra, che come

un momento

di questa, nel fatto che l'artista s'im-

(1)

Ibid., 17, 1455

a 22 segg. (Trad. Valgimeli, Bari, Laterza).

88

LA FILOSOFIA GRECA
e vive
i

medesima coi suoi personaggi menti. La legge del verisimile e


si,!

loro

senti-

del necessario acqui-

solo nell'azione la sua esplicazione massima, determinando coerenza, unita, distribuzione armonica delle parti. L'epopea, che segue la tragedia nell'or-

dine della perfezione, ha, di fronte ad essa, lo svantaggio della sua struttura narrativa e della minore
unit di

composizione. La tragedia viene definita


e in

come
stessa,

mimesi di un'azione seria con una certa estensione;


di

compiuta in se un linguaggio

abbellito

varie

specie di

abbellimenti,

ma

cia-

scuno a suo luogo nelle parti diverse; in forma drammatica e non narrativa; e mediante una serie di avvenimenti che suscitano piet e terrore, ha per
effetto

di

sollevare e purificare
('j.

l'animo da

siffatte

passioni
favola,
i

Gli elementi
il

suoi essenziali

sono

la

caratteri,
tutti,

pensiero, la di/ione:

pi imdel-

portante di
l'azione.

la favola,

a cui gli altri elementi


la

concorrono, e che costituisce appunto

mimesi

requisito

indispensabile

della

favola

l'unit

dell'azione, che

coordina e distribuisce arartistica

monicamente le varie parti ().. Il coronamento della riuscita produzione


fetti.

la catarsi (xdOagatg) cio la purificazione degli af-

stotile,

Questo concetto appena adombrato da Arie noi dobbiamo per conseguenza guardarci
quel significato universale e pieno di
di fronte alla

dall' attribuirvi

liberazione spirituale, che la visione artistica, nella

sua trasparenza e serenit, conquista

(1)

Ibid., 5, 1449

li

25.

(2) Nella storia dell'aristotelismo avvenuto poi che alcune sporadiche osservazioni della Poetica, come, p. es., quella che l'aziono si

conchiude
luogo e
di

di

lej*si, e si sia

nel volgere di un giorno, siano state elevate a formata la dottrina della triplice unit, di azione, di tempo. Aristotile enuncia, propriamente, solo la prima.
solito

VI.

ARISTOTILE

89

folla
teria.

tumultuosa degli affetti che formano la sua maTuttavia la catarsi aristotelica prelude a que-

matura concezione, e non gi ad altre, come anche supposto. Ci si pu facilmente riconoscere considerando che Aristotile parla delia catarsi proprio in rapporto alla tragedia, dove si agitano tremende e paurose passioni, e che il fine a cui tende la rappresentazione tragica, come ogni forma di arte, il piacere (f)8ovrj). Ora un piacere artistico non potrebbe sorgere da un'azione piena di affanni e di lutti, se nell'arte non si effettuasse quella purificazione e quasi quel rasserenamento delle passioni, che per l'appunto la catarsi. Ma il concetto dell' imitazione, se pure non esprime adeguatamente il valore della produzione artistica, nondimeno l'intacca in qualche modo col suo inelista pi
si

minabile oggettivismo.
infatti definita

oggettivisticamente viene

da Aristotile la bellezza, come ordine (raSjig), simmetria (ou^ixetQia), limitazione (t wQianvov), oppure come giusta grandezza ed ordine. Un'appendice della filosofia aristotelica, dipendente in particolar
aiOuvv

modo

dalla

politica, la retto-

rica: Suva^ug JtepL xaoxov xo


('),

BecoQfjaai x
il

ve^nevov

arte concepita secondo

principio di Gore per-

gia, cio intesa a suscitare quella

convinzione

suasione meramente soggettiva, che essenziale alla


vita pubblica.

10.

Peripatetici.

La

filosofia

aristotelica,

considerata nel suo complesso, appare

come

il

pi
le

gigantesco sforzo del pensiero greco per superare

premesse del platonismo.


della

Un

senso pi. realistico

natura e del pensiero

domina l'opera

dello

(l)

Ret.

I,

2,

1355 b 27.

90
Stagirita;

LA FILOSOFIA GRECA
l'orientamento
del "pensiero
di

Platone

matematiche viene svelato in tutta la sua astrattezza, e gli subentra un orientamento verso
verso
le

l'empirismo, pi atto alla ricerca delle individuazioni dell'idea nella realt.

Tra
e
la

l'universale e l'in-

dividuo, tra la forma e la materia, corrono pi fre-

quenti

ed

attivi

rapporti;
il

loro

integrazione

reciproca vivifica
nella forma di

quadro del mondo, ripristinando,


e

un pensato

ben connesso organismo,

l'antica fantastica intuizione della natura,

come

es-

sere singolo e finale,

potente.

come Tuttavia, manca


soggetto,
il

forza razionale e onni-

questo

sistema

della

natura
cui
si

il

centro attivo e dinamico, a


i

riferiscano le varie forze e

vari attributi, e

che renda intima ed autonoma


Il

la finalit delle cose.

mondo
il

e sospeso a

una

finalit

che

lo

trascende,

a un

principio estraneo alla

sua

vita,

che rende

vano
nello

suo sforzo di adeguarsi ad esso. Ritorna cos,

sviluppo del circolo del pensiero aristotelico,

il tema iniziale platonico, contro cui egli aveva tanto potentemente lottato. notevole osservare come tutte le esplicazioni dell'attivit mentale di Aristotile si chiudano col platonismo: cos nella Metafisica, dove il Dio separato e trascendente rievoca il Dio

della metafisica platonica; cos nella psicologia,


il

dove

vovc, raniiTixg

riproduce

il

concetto dell'anima di-

dove la morale e riposta nella contemplazione; e in qualche modo nella dottrina politica dell' attimo stato e nella teoria dell'arte come universale . Ma bisogna anche notare che il platonismo
visa dal corpo e immortale; cos nell'etica,
finalit

suprema

di Aristotile

trina
delle

non una mera riproduzione della dotbens la massima esplicazione premesse platoniche, il massimo perfezionadel

maestro,

mento

di cui l'oggettivismo era suscettibile. In Pia-

VI.

ARISTOTILE

91

tone c' l'abbozzo geniale di


Aristotile, la

questo indirizzo: in sua compiuta sistemazione e codificaari-

zione. Chi

ben guardi, trover nella metafisica

stotelica lo stesso

schema architettonico
al

della logica:
il

una piramide, con Dio


rita e
fic la

vertice.

Per

pensiero

antico questa struttura la pi solidamente agguer-

compatta: per nulla l'antica strategia magnifalange di Epaminonda.


crisi del

La

pensiero post-aristotelico che osseril

veremo

nelle

scuole successive, ha gi

suo pre-

sentimento nell'ambito della scuola peripatetica.


Aristotile successe Teofrasto,
il

Ad

suo maggior disce-

polo, e tenne

scuola per 34 anni, consolidando la

decoro del Liceo. In lui si osserva l'incipiente indifferenza verso i problemi della metafisica
e
il

fama

che

si

fa strada nelle menti, e la

convergenza
si

del-

l'interesse speculativo verso la ricerca naturalistica

ed etica. In quest'ultimo campo, Teofrasto


cina agli stoici, accentuando
della
(orrdQxeia)
il

avvi-

carattere soggettivo

moralit, espresso nel concetto dell'autarchia

gi formulato da Aristotile

( ),

e trascu-

rando quelle condizioni esteriori dell'azione morale, che formano il carattere precipuo dell'oggettivismo. Ma il merito precipuo di Teofrasto come naturalista e, particolarmente, come botanico. La sua
Storia
di tali

delle

piante

considerata dagli specialisti

materie non solo come un modello unico in

tutta l'antichit,

ma

ancora come un punto di par-

tenza delle ricerche moderne. Teofrasto ha in questo

campo

il

vantaggio su Aristotile, che, essendo

la sua
fisiche

mente pi sgombra di preoccupazioni metae teleologiche, ha potuto pi riposatamente

(1)

Eth.

Nic,

i,

5,

1097 b

7.

92

LA FILOSOFIA GRECA
alle

ed analiticamente dedicarsi

sue ricerche. Egli

non solamente eccelle come cora come morfologo; anzi


a indirizzare, verso
tifica della

classificatore,

ma

anV

stato tra

primissimi

questa pi elevala meta scienle

morfologia,

scienze naturali.

Accanto a Teofrasto, va ricordato Eudemo di Rodi, il cui pensiero ha un'intonazione spiccatamente religiosa. Suoi compagni: Aristosseno e Dicearco, nei quali l'accent nazione dei motivi pratici e materialistici, che contemporaneamente si affermarono con lo stoicismo, assai notevole. Aristosseno, sulle

orme
il

dei

pitagorici, cerc di spiegare l'organismo


egli
la

umano

coi principi]' della musica:

paragonava
diversit dei

corpo a uno strumento in cui


cui rapporto l'armonia

suoni risulta dalla tensione disuguale delle diverse

corde e

il

(').

L'anima

si

dissolveva cos in un'armonia del corpo: una dottrina che Platone aveva energicamente confutata, ed a cui si ritornava, ora, attraverso l'aristotelismo, considerando il concetto dell'entelechia come un'attenuazione di quello dell'anima-sostanza, e procedendo oltre in questa semplificazione. Dicearco anzi volle formular le conseguenze ultime di tale indirizzo: egli sostenne, a dire di Cicerone: che l'anima non fosse nulla del tutto, fuor che un nome vuoto; che non vi fosse un animo n nell'uomo n nell'animale; ina che la potenza per cui agiamo o corpi visentiamo fosse egualmente infusa in tutti venti, in modo inseparabile da essi, anzi, che non fosse, niente altro che un corpo uno e semplice, fatto in tal modo da potere, per la costituzione della
i

sua natura, vivere e sentire

2
( ).

(1) (2)

Ore, De Fin.,

v, 19;
i,

Tuscul.,

i,

10,

CiC, Tuscul.,

11.

VL ARISTOTILE
Sulla
stessa
linea,

93

ma
di

vivo della
di

tradizione aristotelica,

Lampsaco successore

con un senso pi si trova Stratone Teofrasto nella direzione


forse
gli atti dell'intelletto

del Liceo.

Anch'egli riduce

movimenti; ma da questa riduzione trae uno spunto felice per compenetrare pi intimamente il senso e l'intelletto, colmando l'abisso che Aristotile aveva contro le stesse premesse del suo sistema riaperto

con la dottrina del vod? separato.

Stratone infatti

la dipendenza dei sensi verso l' innon v' sensazione senza che l'intelletto concentri la sua attenzione; anzi noi non abbiamo un'anima per sentire e un'altra per pensare, ma un'anima sola, diffusa per tutto il corpo, che si manifesta attraverso i sensi ( ). Questi ultimi non sono

pone in rilievo
telletto:

pertanto

che

l'

intelligenza

stessa,

che

si

prolunga

negli organi. Tale dottrina sar ripresa e sviluppata

dagli Stoici.

Anche nella muove verso un


finare

dottrina della
indirizzo

natura,

Stratone

si

materialistico, fino a con-

con l'atomismo. Cicerone gli muove il rimdi negare opera Deorum se idi ad fabricanduin mundum ( 2 ), e altrove, pi precisamente, gli attribuisce un immanentismo panteistico, secondo
provero
cui
la

forza divina risiede nella natura, che conle

tiene in se stessa

cause della generazione e del


aristotelico

mutamento qualitativo ( 3 ). Non si pu negare un certo carattere


di

questa psicologia

di

questa

fisica.

Indubbia-

mente, un vero sviluppo speculativo dell'aristotelismo non c', perch vien troncato proprio ci che

(1) (2)

Seoat.,

Adv. Math.,
Acad.,
il,

vii, 350.

Oc,
Oc.,

12!.
i,

(3)

De

Nat. Deor.,

13.

94 t'orma

LA FILOSOFIA GRECA
il

vertice della Metafisica;

ma

se si considera

che Aristotile aveva

troppo bruscamente separato

dalla fisica e dalla psicologia quei principii che pur

voleva porre alla loro radice, bisogna anche riconoscere che


sia
il

naturalismo dei suoi seguaci rispondeva,

pure

in

maniera dimessa e con forza attenuata,

a quello spirito immanentistico che circolava nella


filosofia dello Stagirita.

ogni

modo

l'atteggiamento

grande importanza, come presentimento e preparazione delle nuove scuole filosofiche, che si fanno strada nello stesso tempo.
del Liceo di

Attraverso Stratone l'influsso aristotelico

si

pro-

anche al di l della scuola peripatetica propriamente detta. Cos vien ricordato, tra gli uditori di lui, Aristarco di Samo, che svolgendo
e
si

paga

esercita

alcuni

felici

motivi dei pitagorici nel

campo

del-

l'astronomia, giunse alla negazione del presupposto


geocentrico, per cui da qualche

moderno vien

chia-

mato

il

Copernico dell'antichit.
si

alle dottrine di

Aristarco

connettono infine

le

ricerche fisico-ma-

tamatiche di Archimede.

Tra

paripatetici propriamente detti, dell'et pi

recente, che contribuirono alla conservazione e alla

spiegazione delle opere aristoteliche, giova qui

ri-

cordare Andronico di Rodi, che riordin


di Aristotile (intorno al 70 a.

gli scritti

C), e, assai pi tardi Alessandro di Afrodisia (200 d. C.)> che gli antichi considerano come l'esegeta hot' |oxr|v del pensiero
aristotelico.

Di

essi,

parleremo a loro tempo.

VII

GLI STOICI

1.

La
di

sofia

crisi del pensiero greco. Nella filoPlatone e di Aristotile noi abbiamo visto
i

eternati

valori storici della vita


la

greca. Tutto ci

che storicamente moveva verso

propria dissolu-

zione, ivi stato fissato nell'eternit di

un pensiero,

che pareva dovesse sottrarlo con


al flusso del divenire.
ci
si

le

sue sole forze

L'antica intuizione della vita


pensiero politico
con-

rispecchia in tutta la sua classica potenza. Plail

tone eleva a categoria del


vistica e trascendente,

cetto dello stato greco, nella sua

struttura oggetti-

che risolve ed annulla in s P individualit dei singoli che lo compongono. La


la nlic,

Repubblica

greca vista sub specie aeterni,

salvaguardata da ogni pericolo di corruzione e di decadimento, merc l'opera del pensiero, che la chiude entro solide barriere, e la consolida con la gerarchia

bene disciplinata delle istituzioni. In essa l'individuo non sente la propria schiavit, perche in lui non sorge ancora il senso esclusivo e tragico della propria individualit; ma la sua stessa opera si esplica

96

LA FILOSOFIA GRECA
la

con

tendenza a impersonalizzarsi, a fondersi nel

concerto del tutto. La concezione della vita politica


e morale,

come armonia
struttura

contemperamento
della

di forze,
Jtig,

integra

la

oggettivistica

in

quanto implica un decentramento della soggettivit e dell'individualit; il che toglie ogni conflitto tra l'individuo e lo Stato, armonizzando l'uno e l'altro, cio adattando l'uno all'altro. E il pensiero aristotelico,

se

nella

particolarit

delle

sue esplicazioni

devia talvolta da questo indirizzo, nel suo complesso

per

lo

ribadisce e lo completa, elevando a natura

umana quell'armonia morale che


avevano
dino
i

Socrate e Platone
del citta-

intuito, e

segnando

col conce! to

limiti

insuperabili

della nXiq greca;

ultimo

baluardo della classica


sione ellenistica.

civilt ellenica contro l'espan-

Tuttavia, mentre nel pensiero


lori

si

eternavano
si

va-

della
la

vita

greca, nella

storia

dissolvevano.

Con
di

Atene;

guerra del Peloponneso, distrutta la potenza l'egemonia di Sparta, sorta sulle rovine
ateniesi, riaffermata

delle

mura

dal genio militare,

durevolmente che il vecchio re non potesse assistere alla rovina della sua opera; passata come una meteora la gloria militare di Tebe. La battaglia di Mantinea (362) segna l'ultimo compromesso delle grandi egemonie elleniche, principio del loro totale esaurimento, che si compie in poco pi di due decenni. Eppure, questi venti anni sono i pi belli della storia greca: l'imminente pericolo macedone riunisce ancora una volta i greci in un
di Agesilao,

ma non

cos

pensiero concorde, risolleva in atto l'unit nazionale,


gi scissa e logorata dalle lotte intestine.
la figura di

Campeggia

Demostene, l'ultimo rappresentante dell'antica e grande Grecia. Questa reviviscenza ha un significato drammatico e morale pi alto che non la

VII.

GLI STOICI

97

primitiva unit nazionale da cui sorse la Grecia, nel

tempo delle guerre persiane. Quivi l'unit, sorgeva spontanea dalla comunanza del pericolo, e nessun grande ostacolo interno vi si frapponeva; mentre nell'ultima fase della vita greca, quali difficolt

immense

doveva superare, quali


v' di pi:
bile;
i

odii, quali rancori sopire!

Ma

il

pericolo persiano era immediato, tangi-

greci erano minacciati nella loro vita, nei loro

beni, nella loro civilt superiore; era


ricolo tutto esterno, fisico, direi quasi.

dunque un

pe-

Ma

il

pericolo

macedone era invece maturato

nel seno stesso della


la dif-

Grecia: era l'Ellenismo contro l'Eliade, era


fusione e la dispersione di quella vita
civilt stessa
e di

quella

che

padri avevano creata; era

dunque

uu pericolo, dir cos, ideale, un conflitto intimo e profondo. Contro Demostene, non muovevano tanto gli eserciti di Filippo, quanto i suoi stessi concittadini, Isocrate,
siti

Demade, Eschine,

fautori disinteresla

o interessati
crisi

dell'Ellenismo contro

Grecia.

La

era interiore; epper tanto pi grandiosa e

tragica la lotta, tanto

pi luminosa la figura di

Demostene

e quella dei suoi fautori.

Ma
il

era una lotta impari, perch l'ellenismo era


ideale,

gi maturo negli animi: poche coscienze vedevano


pericolo

contrastare.

La maggior

pochissime sentivano di potervi parte, o salutavano come

liberatori gli eserciti di Filippo, o con tristezza ce-

devano

ai

tempi: tra costoro, Focione. La vittoria di

Filippo a Cheronea (338) chiude la storia della Grecia.


Aristotile visse tanto
tica

da poter vedere

la

sua Poli-

sorpassata dall'opera di Alessandro. Quella citta-

dinanza greca che fino a lui era stata un patrimonio custodito con gelosa cura nel sacro recinto della nliq, ora liberalmente si prodigava, dietro le orme degl'irrequieti eserciti di Alessandro, dominatori del
G. db Euggiebo, La filosofia greca
- li,

98

LA FILOSOFIA

Gli EOA

mondo. Che cosa pi valeva l'individualit


citt

delle

greche? Alessandro rispondeva distruggendo

per irrisione
era pi
tro,
il

Tebe, rispettando Atene, in omaggio al suo passato, al suo presente. La Grecia stessa non
centro dell'antico mondo; ogni stabile cen-

caro alle antiche civilt particolaristiche, non

aveva pi ragion d'essere; e l'attivit di Alessandro creava un mondo infinito, dove qualunque punto poteva avere egualmente ragione di centro Alessandria, Persepoli, Susa, Ecbatana, Babilonia. L'antica patria si perdeva nel nuovo cosmopoli:

tismo.

l'individuo che,

nell 'affermarsi

cittadino

nella sua citt,

aveva sentito
nella

tutto

il

valore di questo
della

legame,

ora,

riconosciuta

universalit

nuova

patria, estesa

quanto

il

alcun senso di liberazione,


d'isolamento. In
ricordo,
il

ma

mondo, non provava un senso di vuoto e


gli sfug-

lui

restava intatto, nell'idealit del

concetto della patria antica, che


il

giva nell'attualit presente;


liti

suo orizzonte mentale


e,

era chiuso dai confini della citt;

una volta abocoestesa gli

quei confini, egli vedeva

il

vuoto innanzi a s.
in
lui,

Nessuna idea nuova sorgeva


cos

orizzonti sconfinati della patria nuova, che diveniva

Null'altro infatti caratterizzava questa patria, se


la

un nome vuoto, o anzi un valore negativo. non


la

negazione di ci ch'era l'antica:


di tutti quegli

negazione
della
nei

degli di della citt, delle


citt,

istituzioni proprie
politici

ordinamenti

quali

tanta passione egli aveva infuso, in generale di tutta


la vita cittadina in cui s'era formato.
I

nuovi cittadini del mondo sentono in questa estesa

cittadinanza una rinunzia.


fusa nel complesso
della

La

loro individualit che,

oggettivismo degli ordinamenti

TtTiig, non emergeva come alcunch di distinto, emerge ora nell'isolamento. Tutto ci che legava

VII.

GLI STOICI

99

l'uomo

alla patria spezzato:

che giova pi l'opera

del singolo nella vastit del tutto? Quali ragioni og-

gettive incarna pi la sua opera?

la forza delia

sua individualit si ritorce sopra se medesima, si esaspera della propria solitudine, diviene un fattore

un mondo troppo vasto per lui, a la sua mentalit non son pi adeguati, l'uomo comincia a intendere di non potere affermare se stesso che con la rinunzia al mondo,
di rinunzia.

In

cui

il

suo essere e

col

chiudersi, col

trincerarsi

entro di

s,

conqui-

stando nel disdegno della solitudine quella sua superiorit di fronte all'ambiente, che poi l'esaspe-

razione della sua inferiorit. Sorge cos una filosofia


tutta negativa, che
forte
fa

della

negazione
la

affermazione.

Negando

la sua pi sua vita esteriore,

l'uomo cerca

di affermarsi,

ma

in realt egli

non

si

afferma nella pienezza del suo essere, nella efficacia


della sua opera nel
il

mondo,

nella concretezza di tutto

reale, bens nella propria

ombra,

nell'assottiglia-

mento delle sue forze. Con l'affermazione dell'individuo, rientra nella filosofia greca l'idea del soggetto, dopo il grande oggettivismo classico, ma vi rientra senza un compito proprio, positivo, senza una missione, un'idealit nuova; vi rientra come negazione di tutto il passato, e insieme come nostalgia di quel passato. Questo soggettivismo non apre un'era nuova del pensiero
greco,

ma

chiude l'antica:
e

la crisi finale dell'og-

gettivismo.

La prima
poco intima a

pi immediata negazione

si

esplica

nella vita pubblica. Di fronte alla


lui,

nuova

patria, cos
il

l'uomo non sente pi

dovere

di consacrarle la propria azione. Alla partecipazione

attiva e impetuosa dei tempi passati subentra l'in-

differenza

pi completa. Questa indifferenza me-

100

LA FILOSOFIA GRECA

ravigliosamente espressa dal motto lapidario riassu-

mente l'atteggiamento politico degli stoici: mimo ad rempublicam accessit, nemo non misit ('). Negli stoici, la crisi del pensiero non giunge ancora all'obbligo
della rinunzia alla vita pubblica,

ma

soltanto

alla

consacrazione dell'indifferenza;
differenza
Il
il

in

seguito questa in-

si

accentuer

in

un dovere negativo.
dell' dSiacpoQiu,

concetto dell'indifferenza,

ecco

nuovo dello stoicismo, preludio di pi gravi negazioni. Per il greco antico, sarebbe stato
concetto
oltraggio agli di della citt sottrarsi alle pubbliche

cure e dichiararsi ad esse indifferente; nello

stoici-

smo, invece, tutto ci affermato con piena consapevolezza. Se l'interesse supremo, anzi unico, dell'individuo se medesimo, tutto ci che non conferisce
rig<

immediatamente

alla propria

individualit va

irosamente bandito.

Deriva

di qui l'apparente ricchezza, la sostanziale


di

povert dello stoicismo. Povero esso


mentale, se
si

contenuto

considera

come

le

sue idealit posi-

tive siano assottigliate e vanificate; ricco invece,. se


si

considera tutto il vasto contenuto mentale e morale che viene assalito e mortificato dalle sue negazioni. Ma, tuttavia, malgrado questa negativit del suo

essere, esso

pur l'esponente dell'antico pensiero

greco, e crede ancora alla verit dell'antica scienza.

Lo
la

stesso senso tragico che esso porta della realt, stessa


si

intrepidezza

con

cui

sacrifica

tutto

ci

che

discosta dalle sue premesse, trincerandosi sole

lidamente tra
gettivit,

ristrette

barriere dell'astratta sog-

denotano che in esso vive ancora l'antica Grecia, se non la Grecia di Demostene, almeno quella di Focione. Di fronte alla grande dissoluzione della
De
tranq. animi.

VII.

GLI STOICI

101

vita greca, lo stoico

dere in
idealit.

s,

come

in

non sa lottare, sa almeno chiuuna tomba sacra, le proprie

2.

FONDATORI DELLO STOICISMO.

La

SCUOla

stoica fa fondata da Zenone, nella Stoa Pecile, sulla


fine

del

IV

secolo.

Gi con
:

lui

le

linee

essenziali

della dottrina sono fissate


parti,
fisica,

la filosofia distinta in tre


(');

etica,

logica

affermata la premi-

nenza dell'etica
vita,

e l'indirizzo pratico di tutte le parti

della filosofia; attuata l'unione della filosofia e della

che
2
( ).

si

compendia nel motto


sii>e

di

Seneca: nec
philosophia

philosophia
virtus

viriate

est,

nec

sine

Al seguito

di

Zenone va ricordato Aristone,

in cui

l'accentuazione pratica della dottrina ancora pi

grande, avendo egli limitato l'oggetto della


all'etica,

filosofia

come
in

il

solo oggetto confacente all'uomo,


3 ( ).

il

solo possibile e utile


lui

Un

certo scetticismo

si

argomenti fisici e logici: primi sono vxsq thi?; gli altri non sono Jtog f|u;; i JtQg fjjx.^ ( 4 ). i soli argomenti etici sono Nello stoico Erillo di Cartagine invece si afferma la tendenza scientifica e dominaiica; Cicerone lo ravvicina pi a Piatone che a Zenone ( 5 ). E un indirizzo scientifico, costruttivo, alieno da ogni scetticismo, professa altres Cleante, uno tra i maggiori maestri della scuola. Sud' intimit del suo stoicismo
fa strada

verso

gli

(1)
(2) (3)

Diog.,

vii, 39.

Senec,
Diog.,

Episl., 89, 8.

vii, 160; Eosrb., Praep. evang., xv, t>2, 7.' passo di Euseb., cit., donde si ricavano ancora le conseguenze scettiche tratte da Aristone dalle antinomie esistenti nei con(4)

V.

il

cetti tsici
(5)

riguardanti la totalit dtlle Cic, Acad. j\, n, 129.

c< <.

102

LA FILOSOFIA GRECA

ci

d un ragguaglio caratteristico Seneca: Zenonem

Cleante* non express isset si tantum modo audivisset;


vitae eius interfuit, secreta perpexit, observavit illuni

an ex /urinala sua vivere!


dello stoicismo.

(').

La compenetrazione
il

della vita e della dottrina era

principio cardinale

Ma

il

pi

grande rappresentante della scuola stoica

che svolge la dottrina abbozzata da Zenone con grande ricchezza di particolari e le d


Crisippo (280-206),

una pi salda organizzazione


antico, e specialmente

seentifca. Sul pensiero


egli esercit

romano,
gli

dissima influenza, ci che

valse

una granuna fama che ga-

reggiava con quella tributata a Platone e ad Aristotile. Il ricco materiale delle fonti sull'antica Stoa (-)
,

per tre quarti, materiato di frammenti e dosso-

grafia di Crisippo.
gli scolari di lui vanno ricordati: Zenone di Diogene di Babilonia, che insieme a Carneade accademico e a Critolao peripatetico si rec a Roma, in qualit di messo al Senato ( 3 ), dove: violenta et rapida Carneades dicebat, scita et teretia Critolaus, modesta Diogenes et sobria. Le tre scuole sono

Tra

Tarso,

assai
tri

scolari:

bene caratterizzate nei loro rappresentanti. AlAntipatro di Tarso, Apollodoro di Se-

leuco, ecc.

(1)

Sbnec,

Epist., 41,
di

3.

Curiosamente caratteristico poi

il

caso

di

Eraclea, che abbandon la dottrina di Zenone per contro la un mal di reni che non riusciva stoicamente a tollerare quel Dionigi

dottrina da lui prima sostenuta (Cic., Tus. di$p., n,

60),

venne per71).

tanto alla teoria, che


(2)

sommo bene

il

piacere (Cic. Acad. pr., u,

Stoicorum oeterum fragmenta

coltegli
II,

Zeno
el

et y.t'iionis discipuli,

Lipsiae, 1905;

Joannes ab Arnim. Voi. I: Chrysippi fragmenta logica


Fragmenta successo-

phisica, l90:; III, Chrysippi fragmenta moralia.

rum
le

Chrysippi, 1003.
(klu, Noct.

Da
ott.,

quest'opera fondamentale abbiamo tratto tutte

citazioni del testo.


(3;

14,

,s.

VII.

GLI STOICI

103

Con
la

successori immediati di Crisippo

si

chiude
si

scuola stoica, che nelle storie della filosofia

suol

designare col
scuole della
tardive del

nome

di antica, per distinguerla dalle


e della

media

nuova
in

Stoa, fioriture pi

gran parte divergenti dallo stoicismo classico. Di esse parleremo in


pensiero
stoico,

seguito.

3.

La logica degli

stoici.

La

tripartizione

stoica della filosofia in logica, fisica, etica,

una sem-

plificazione della partizione aristotelica, rispondente


alle

pi semplici esigenze speculative del sistema.


i

Nella fisica son trattati

problemi

fisici

e metafisici

insieme; nell'etica
logica

problemi morali e

politici; nella

i problemi dell'analitica e della psicologia. Questo incremento della logica, rispetto all'Or-

gano

aristotelico,

ha

la

sua ragione nell'orientamento


Il

empiristico della dottrina stoica.

problema logico

non

pi,

come per

Aristotile, la ricerca della in-

trinseca struttura della verit,

ma

la ricerca del

modo

come
alla

le

nostre facolt soggettive possono giungere


realt.

carattere logico-psicologico, ed ha

Questa indagine di il suo piano tracciato da quell'abbozzo di fenomenologia della conoscenza che Aristotile ci d nell'introduzione alla Metafsica, senza per altro la distinzione dei due ordini, psicologico e naturale, con cui la verit si rivela.
conoscenza della
Il

soggettivismo degli

stoici si

palesa

fin dalla

po-

sizione del

problema della conoscenza,

e vieppi si

accentua nell'esplicazione delle premesse. La soggettivit si afferma nella sensazione e nella rappresentazione; l'ulteriore sviluppo della conoscenza non che
il

frutto di

un aggruppamento

dei dati

e di

un'astrazione degli elementi comuni.

immediati Il pen-

sato, che nell'idealismo platonico

aveva

la

massima

104

LA FILOSOFIA GRECA
gli

concretezza, vien detto privo di realt;


sali,

univer-

conforme

ai

principii dell'empirismo,
titolo

vengono
(,-toob']-

accolti nel sistema a


H>ei;

di
si

anticipazioni

= praesumptiones),

donde

ricavano

le

notitiae

communes

(xoivai evvoicu).

Questo empirismo non tuttavia conseguente, e risente in molta parte delle reminiscenze dell'antico
idealismo. In
effetti le

rappresentazioni ((pavraaiou)

(')

non esprimono
getto,

l'attivit

piena e spontanea del sog(tjtcoaig) del-

ma

sono una mera impressione


sull'ani

l'oggetto
tali,

ma

('-').

Nondimeno, ad

esse,

come

non compete verit ( 3 ); ma la verit vi si aggiunge, come un contributo proprio dello spirito, la
cui

ricerca

t'orma

l'indagine eentrale della logica

stoica,

che culmina con la scoperta del xqit']qiov. In questa ricerca consiste l'originalit vera dello
il

stoicismo, e
soggettivit.

Il

riconoscimento del valore creativo della criterio un'espressione nuova, che


soggetto

non

si

ritrova nell'Analitica di Aristotile, e che raplo

presenta
realt.

sforzo del

per adeguarsi alla


la cre-

E criterio

della logica l'assenso (avyxaxdQeoic,),


alla

l'adesione soggettiva

rappresentazione,

denza che accompagna la visione e la conferma ( 4 ), e che, divenendo salda, immutabile e continua, forma la scienza ( 5 ). La rappresentazione vera in quanto vi si aggiunge l'assenso: in questa unione essa prende il nome di fantasia catalettica (yavxaoia xata-

(1) Esse si distinguono dalle sensazioni in ci, che alcune di esse sono aloBn-uKcu, altre no: le prime sono prese oi'atoOritriQiou, le altre i xfjs oiavoiag (a un dipresso, percezioni e fantasmi) Diocl. Magn. a-i. Diog Laekt., vii, 51. (2)

Sf.xt.,

Adv.

malli.,

vii,

256; tale

impressione

copia fedele

(Ci..,
(3) (4) (5)

Acuii, pr., n, 77);

quindi, niente originalit spirituale.

Akt., Plac,
Ibid.,

it, 9, 4.
Il,

ClC, Aead. pr.,


li,

24.

23.

Vii.

gm

stoici
col termine

105

Xr\xxixr\) ('),

che

si

pu rendere

moderno

di
lit
gi.

percezione, dove convergono insieme la sensibie l'intelletto.

Noi ritroviamo qui, come abbiamo


allo

trovato nel peripatetico Stratone, un'intima uni-

ficazione delle
spirito

due potenze dell'anima, conforme

immanentistico dell'aristotelismo. Non v' da

una parte una mera sensibilit, dall'altra un puro intelletto: non v', dice Crisippo, un sentire che non sia un assentire, una fantasia che non sia catalettica (). Questo principio di grande importanza: esso raccoglie e concentra in un sol foco spirituale ci che Aristotile, contro le stesse premesse della propria psicologia, dissociava, in ultimo, con la dottrina del
voti;

separato.

Ma
della

v' tuttavia questa persistente inferiorit di


dottrina dello Stagirita:
e
dell'intelletto

fronte alla

che

la fusione

sensibilit

s'opera a scapito

di quest'ultimo.

La

teoria aristotelica dell'intelletto


s,

separato

ci

trasferiva,

nel

dominio della trascenric-

denza,

ma

svolgeva qui un tema d' inesauribile

chezza spirituale. Nella- filosofia stoica invece, l'intelletto si semplificato e ischeletrito. Tutto ci che
lo spirito

aggiunge

al

contenuto della rappresentaconcetto del


criterio,

zione non che una tensione (rvo?) soggettiva, una


adesione, una credenza. Col
noi siamo infatti nel

campo

della

mera soggettivit;
3 ( ).

l'assenso tutto riposto in noi ed volontario


coci di fronte ad

Ecinsi

una

filosofia della

credenza.

tanto, l'antico presupposto oggettivistico, che gi

palesava

nella

definizione

della

rappresentazione

(1)

Si-:vr.,

Adi-

malh.,

vili,

390.

(2)

tire

Sensus tpso.; adsnnsus esse (Cic, Acad. pr., li, 108); non v' senche non sia y.axaXr\7tzi^ii (Galenus in Hippocr., De medie, officina,
svili, B. Gol K).

voi.

(3)

Cic, Acad.

post.,

i,

40.

106

LA FILOSOFIA GRECA
xinmaiq

come

dell'oggetto

sull'anima, invece di cesi raf-

dere all'estremo soggettivismo della credenza,


forza anch'esso;

ond' che la fantasia catalettica vien detta avere per s la convinzione della verit solo in quanto riproduce fedelmente l'oggetto ( ).
1

Dove
dere:

risiede

dunque

la verit:

in

noi o fuori

di

noi? Ecco quel che gli stoici sono incapaci di deciil loro soggettivismo troppo tenue, perch possa rivendicare a s tutta la padronanza del cri-

terio; e d'altra parte l'oggettivismo, per

lutato dal

quanto svaprocedimento empiristico, ancora troppo vivo nel ricordo, perch possa cedere tutti i
loro

suoi diritti.

Donde

la finale indecisione tra


il

il

nuovo

e l'antico, che ha

valore d'una riprova dell'inca-

pacit del pensiero greco a

sorpassare definitiva-

4.

La

fisica stoica.

Anche
la

per

la fisica stoica,

rapporto con quella aristotelica, valgono le stesse considerazioni che abbiamo fatto sulla dottrina della
in

conoscenza. In Aristotile
naturale
si

sdoppiava, contro

concezione del mondo le premesse immanen-

tistiche del sistema, in

poich
lava,

una fisica e in una teologia, movimento oggetto della fisica postucome suo principio, un motore immobile e trail

scendente. Nello stoicismo noi troviamo invece nuo-

vamente
la

unificati

il

motore e
livello di

il

mobile, la forma e
ci

materia; nondimeno, questo immanentismo


al

ap-

pare degradato
rialistica del

mondo,

e la

una concezione matedivinit ridotta a un mero


vecchie

principio
noi

fisico.

Cosicch, attraverso l'aristotelismo,

vediamo

la filosofia stoica ritornare alle

(1) Si'.xr.,

Malh.,

vii,

218; Cic, Acad. post

i,

il.

VII.

GLI STOICI

107

concezioni della fisica presocratica, e principalmente


alle dottrine di

Democrito e

di Eraclito.

Ma
sito

qualcosa di profondamente nuovo s' acquis

attraverso la mediazione aristotelica,

che

il il

ritorno all'antico ha,

come ogni

fatto spirituale,

valore di un' innovazione. Nella fsica presocratica,


l'idea della materia fluttuava ancora tra l'indeter-

minatezza del divenire

tra la

determinatezza di

una posizione concettuale; quindi il materialismo, anche nelle sue espressioni pi elevate, oscillava tra il racconto cosmogonico e la visione scientifica propriamente detta. Aristotile ha ridotto a un minimum il residuo del divenire informe e della cosmogonia: con la sua dottrina dell'unit della materia e della forma, egli ha preparato una concezione nuova della materia, che non risente pi dell'ibridismo dell'antica .qkx\. Gli stoici iniziano a questo punto il loro lavoro e, pei primi, ci danno una dottrina schiettamente
scientifica

della materia, formata di pure determi-

nazioni concettuali, scevra da


pii delle

ogni miscuglio col


i

divenire sensibile. Secondo essi, due sono

princi-

cose: la materia, ricettiva e paziente, e la

forza,

agente e causa
Aristotile

come gi

L'uno e l'altro principio, ( ). aveva insegnato, sono fusi in1

sieme e indissociabili.
di

La materia di tutte le cose eterna, insuscettiva aumento e di diminuzione, identica nella compo-

si dividono e si uniscono senza mutare nella sostanza; inerte, priva di qua2 lit, ingenerata e incorruttibile ( ). Siamo qui nel

sizione delle sue parti, che

(1)

Diog.,

vii,

134,
i,

(2)

Stob., Ed.

11, 5

a p. 132, 26

W;

Skxkc,
-

Ep., 65, 2;

Malfi., 312; Simpl., in Arist. phys., p. 227, 23.

108

la Filosofia greca

concetto scientifico, razionalistico della materia, foggiato secondo pure esigenze intellettuali; e gli stoici,

per accentuare

la

novit di

questa idea,

vi

attri{*):

buiscono

il

valore di una essenza o sostanza (oaia)


e

da Aristotile era riservato a ci che ha una natura razionale, e che appunto perci essi non potevano attribuire alla materia,
avente ancora, nella loro concezione, una traccia d' indeterminatezza sensibile.
I

nome che da Platone

corpi, nella loro concreta specificazione,

sono

formati dalla sintesi di questa materia e della forma,


intesa come principio attivo, forza e causa insieme, che si tende attraverso la materia e le conferisce il suo modo particolare di esistere o la sua qualit (jtoiTng). Fuori della sostanza e della qualit non
esistono, negli esseri, che dei semplici
e/ov),

modi

(t .-tw;

per s privi di ogni realt, e

le

relazioni di

questi

modi

tra loro (t tcq- ti

Jtco;

e/ov):

donde

la

riduzione delle dieci categorie aristoteliche a quattro: sostanza, qualit,

modo, relazione

(-).

Veramente
le

essenziali sono per soltanto le piarne due: tutto ci

che v'

di reale

non

che materia e forza,

cui

specificazioni concrete presentano delle determinate

relazioni modali.

Ma
un

la

forza attiva, nella fsica stoica, ha ancora

significato ideale,

cose, quindi

come legge immanente delle come un germe, o un seme che contiene


la

anticipatamente in so

e la trae alla propria realizzazione

forma compiuta dell'essere, con un'espansione

graduale attraverso la materia. Perci la forza chiamata ragione seminale (yos oneo^axtxc;) ( 3 ), cio

(i)
(2)

Diog., vii, 150 ecc.


Simpl.,
i,i

Aris',
13<5,

ai

f.

.fi

A. eJ. Bas.; Plot.,


Plac.^
i,

Ennead.,

vi. 1, 20.

(3)

Dioe., vii,

148;

Plutakch.,

7,

ecc.

VII.

GLI STOICI

109

principio

attivo e intelligente di generazione e di

sviluppo. Si manifesta qui precipuamente l'influsso


dell'aristotelismo, che insinua in
rialistico l'idea di

un sistema mate-

delle cose, la

una razionalit e di una finalit quale non v'era connaturata. Cos il


provvidenza; insomma anima,

principio attivo del reale insieme necessit tsica


e teleologia, destino e

ma anima

materializzata, intesa

come fuoco

o etere.

L'idea del fuoco attinta alla

fisica eraclitea;

ma

essa filtrata,

si

pu

dire, attraverso la dottrina

aristotelica del quinto elemento, l'etere, che, per lo


Btagirita,

formava
il

la

sostanza dei corpi immateriali


gli stoici, costi-

e celesti. Cos

fuoco che, secondo

tuisce

il

principio animatore delle cose, non quello


la

che forma, con l'acqua,


elementi del
vita.

terra e l'aria,
('),

quattro

mondo

materiale

ma

il

fuoco pri-

mario, divino, da cui

gli stessi elementi traggono Esso viene pertanto identificato con l'etere, essenza sottilissima, che penetra nella materia, e nel

tempo stesso la circonda e la contiene: informe per se medesimo, ma che, unito alla materia, assume
tutte le forme.

Fuoco, etere, forza, ragione seminale, sono nomi

una stessa attivit, che si pu comprendere sotto una comune designazione: quella di un'anima del mondo, che informa e plasma la materia. Ma un'anima, non si dimentichi, che si distingue dalla materia non come una sostanza diversa, ma, nell'ambito di una intuizione materialie funzioni diverse di
stica

fondamentale, eome

si

distingue la forza dalla


il

cosa su cui la forza agisce,


tutto eliminato quel

principio attivo dal

principio passivo. Nello stoicismo, noi troviamo del

motivo trascendente che circo-

(1)

Stob., EcL,

i,

110

LA FILOSOFIA GRICCI
fsica aristotelica, e
il

lava nella
la

che costituiva insieme


il

sua deficienza e
si

suo pregio: perch

fine delle

cose

spostava,
il

s,

fuori delle cose stesse,

ma

era

tuttavia

fine di

una

razionalit superiore, che ten-

deva a liberare il mondo dalla sua pesante matead innalzarlo al divino. Qui invece l'immanentismo conquistato, ma a grave prezzo, perch il divino degradato fino alla materia. Siamo nel pi schietto panteismo: Dio non che quest'anima del mondo, questa materialit pi sottile e attiva clie circola per tutte le membra dei grande orgarialit,

nismo. Tutte

le esistenze sono parti del divino e concorrono a formare una sola unit, superiore in perfezione a ciascuna di esse, ma della loro mede-

sima sostanza.
L'intera natura vien cos divinizzata; e il politeismo trova per la prima volta la propria giustifi-

cazione razionale nella distribuzione delle funzioni

che

si

distaccano dal nucleo centrale dell'anima coI

varie potenze cosmiche: in realt sempre

non sono che personificazioni delle un sol Dio che, come causa della vita, si chiama Zeus, come presente nell'etere si chiama Atena; nel fuoco, Efesto; nell'aria, Era; nella terra, Demetra e Cibele ( ). Nati da una personificazione ingenua e fantastica degli
smica.
vari dei
1

elementi, gli dei della Grecia ritornano alla loro fonte,


attraverso
le

istanze

critiche

del

mezzo
pareva

di quella stessa riflessione razionalistica,


li

monoteismo, per che

volesse bandire dall'Olimpo.

La

teologia

degli stoici, incorporata alla loro fsica, ci rida, tra-

sfigurate dalla riflessione, le divinit dell'antica teo-

gonia. Essa godr per lungo tempo

il

favore della

(1)

Plutarch., De Plac

phil.,

i,

7; DiuG., vii, 147, ecc.

VII.

GLI STOICI

111

gente colta, paga di legittimare, col sussidio della ragione, la fede ricevuta dagli avi.
religione degli stoici, in virt del
di

tuttavia dalla

origiue,

non

si

suo stesso vizio potr mai allontanare del tutto

un dubbio

di raffinato ateismo.

divina, la divinit
in essa confina

Dove qualunque cosa sfuma nel vuoto e la credenza


la scettica incredulit.

con

La cosmologia
dei loro

stoica concepisce la distribuzione

e posizione degli elementi nell'universo in funzione

regge

).

mutui rapporti e del pensiero divino che li Nel mezzo si dispongono la terra e l'acqua
;

intorno l'aria e

il

fuoco; stabile
le

il

loro equilibrio

per la forza centripeta di tutte

parti.

Donde

la

rappresentazione del

mondo come

sferico e giraute
2
(

sul proprio asse intorno a se stesso

).

Come

tutto vien dal fuoco, cos tutto ritorna nel


il

fuoco; in quanto generato,

mondo
3
( ),

si

distrugge per
solo
nelle
4
( ):

infiammazione

(xa-c'>onjQco0iv)

non

sue parti, bens ancora nel suo tutto


quod consunto umore, mundus
hic

omnis ignescatp).

Esiste

dunque un doppio
e

ciclo del reale,

un

ciclo

creativo

un
il

ciclo

distruttivo;

ma

la distruzione
il

non intacca
solo

principio eterno e generatore, bens


6

mondo generato;

ci che rende possibile la pa( ),

lingenesi (xaliyyevtoia)

l'inizio del

nuovo

ciclo.

(11 (2)

Philo, Quaest.

et sout.

in

Eccodum, n,

90,

p.

528,

Plutarch., De

stoic.

repugn., cap. 44.

p. 1054 e.

Aucher. Altrove la causa

dell'equilibrio posta in x taoPag?. Se


terra,

tutto mantiene

il mondo fosse tutto acqua e andrebbe in gi; se tutto aria e fuoco, in alto: il concerto del il mezzo del P<xpv e del xoucpos (Achilles Isagoge, 4 [in Pelavii Monologio, p. 126]).

(3)

Ar., Plac,
Diog.,
vii,

li,

4,

7.

(4)
() (6)

141.
31, 2.
,

Minucivs, Oclav.- cap.


Simpl., in Arist. phys

p. 886, 11

Diels; ibid., p. 480,

27.

112

I-A

FILOSOFIA ORECA

In quanto identico a Dio,

il

mondo

vien definito
(*);

come

essere razionale, animato, perfettissimo


del

ed

all'anima

mondo

(per

analogia

con

l'anima

umana) viene accordato un principio centrale, attivo, da cui s'irradia tutta la sua vita: x t\ye\iovitv, l'egemonico, riposto da Crisippo nel cosmo, da Cleante nel sole (-). E sole ed astri sono divinizzati ed elevati
ad entit razionali e viventi. Nel microcosmo valgono gli stessi principii che presiedono al mocrocosmo. L'immaterialit dovunque bandita, o almeno confinata nel campo dell'irrealt. Immateriali vengono infatti riconosciuti il pensato, il vuoto, lo spazio e il tempo; ma pur constatando la loro presenza nel pensiero o tra gli enti, vien slegata la lro realt come sostanza. Dall'anima

umana
di

ammessa

l'esistenza,

ma non
ev0eQjxov)

pi a titolo

una

realt immateriale. Essa definita da

Zenone
4
( )

come
vi

soffio

infiammato (m'e^a
il

:i

),

Crisippo

aggiunge

carattere della razionalit (votjqv)

che del resto vi era gi implicito; e cerca di dimostrare la sua corruttibilit


testuali parole:

dopo

la

morte, con queste

La morte

separazione dell'anima
si

dal corpo; niente d'incorporeo

separa dal corpo,

congiunge al corpo l'incorporeo; ora si congiunge e si divide dal corpo; dunque e corpo ( 5 ) . l'argomento platonico, coi segui mutati; Aristotile vi avrebbe riconosciuto la figura
n mai l'anima
si

dell'elenco sofistico.

Tuttavia, negli stoici, la conil

siderazione morale prende

cezione

fisica:

ammettere con
De

sopravvento sulla conla morte la separa-

ti) (2i
(3)

Diog.,
Dior... Diofi.,

vii,

142;

<'[..,

nat,

deor., n,

il. 39 15, 7.

vn, 139; Euseb., Praep


vii,

eoang., xv,

157.

(4)
(5)

P!ac, IV, 3, 3. Nemesius, De nat. hom., cap.


Ai:r..

2,

p. 46.

VII.

GLI STOICI

113

zione dell'anima dal corpo, non significa ammettere l'immediata corruzione dell'anima; anzi logica-

mente presumibile una sopravvivenza., che la ragione morale pu estendere quasi fino all'immortalit. Le anime dei saggi persistono; mentre si corrompono
quelle degl'indegni
(').

materialismo psicologico degli stoici riceve ancora un altro strappo dalla concezione dell'egeil

Ma

monico, principio attivo, che coordina tra loro

le

varie parti dell'anima subordinandole a s, che pro-

duce
zioni

le

rappresentazioni,
gl'istinti,

le

affermazioni, le sensa attribuita

ed
2

a cui
( ).

una virt

riflessiva e razionale

Esso vien rassomigliato da

Crisippo al ragno che sta nel mezzo della tela e che,

distendendo

che

zampe, pu accorgersi degli animali 3 ( ). Questo principio ha un grande valore nella psicologia stoica, in quanto denota la
le

vi s'

impigliano

forza centrale e individuatrice della soggettivit, e

quindi

la

sioni dell'anima

sua possibilit di resistere alle stesse pasche le sono sottoposte, e di trince-

rare solidamente la personalit nel suo dominio pro-

anche questo principio, che per la natura della sua funzione non pu essere che spiprio. Tuttavia,

rituale

morale, vien localizzato


4 (
)
:

fisiologicamente

dagli

stoici

cos, alcuni

lo
5

fanno risiedere nel

cervello, Crisippo nel cuore

( ).

(1)
(2)
i

Arius Didimits,

epit. phys., fr. 39

Diels; Diog.,

vii,

157.
:

Oltre l'egemonico, gli stoici

enumerano

sette parti dell'anima

5 sensi,

la
lo

ciascuno dei quali si esplica per mezzo dell'egemonico (p. es , vista raggio che si diffonde dall'egemonico all'occhio, ecc.); inoltre cji8Qu,a, e il cpuvEv, soffio che va dall'egemonico alla faringe.
v, 21.

At., Plac,
(3)

Calcdius,
vii,

Ad Timaeum,
159.

cap. 820.

(4) Diog.,
(5)

V. la ricostruzione del jisq, ipvx% di Crisippo, tentata dall'Arnim (ii, 358,263) sui passi del De Hipp. et Plat. Plac. di Galeno. G. de .Ruggiero,

La

filosofia

greca

- li.

114

LA FILOSOFIA GRECA
5.

Dalla

fisica all'etica.

L'interesse centrale
non
dagli
f-

del pensiero stoico per l'etica; logica e fsica

sono che avviamenti alla dottrina della moralit.

Secondo l'opinione
stoici posteriori,

di

Crisippo, ripetuta poi

nell'organismo della scienza, la


i

sica

forma
1

la

carne, la logica le ossa e

nervi, l'etica

l'anima

( ).

Se per noi guardiamo, non tanto a questi rapporti esteriori e schematici tra le varie parti della
filosofa,

ma

al loro intrinseco la fsica

contenuto,

ci

possiamo
al-

convincere che
l'etica,

non

un avviamento
vita

ma

un'istanza negativa dell'etica, e


all'esplicazione
della

come

un ostacolo
morale.

veramente

La

fisica in effetti si

compendia

nei principii del

materialismo e del meccanismo: tutto causalmente e fatalmente condizionato, tutto deriva da una ineluttabile necessit.

Ma

nel

tempo

stesso, coesiste,

con

questa intuizione meccanistica, l'idea della finalit


e

della provvidenza.

Il

conflitto
si

dei

principii, sopito nella fisica,

risveglia al

due opposti margine

di essa nelle discussioni sul fato.


Il

fato

(f|

elj.iaQj.ievT])

incarna

il

concetto centrale

della

fisica:

esso

per Crisippo,

un movimento
differente

eterno,

continuo e ordinato,
2
(

non

dalla

necessit

).

E Cicerone

ci

avverte di allontanare

ogni idea superstiziosa dalla concezione del fato, che puramente fisica: causa aeterna rerum, cur et
ea quae praeterierunt facta sint,
et

et

quae instar ftant


il
il

quae sequentur futura sint

3
(
).

E, poich Dio

vertice dell'ordine necessario delle cose,

fato di-

ti)

Sext., Math.,

vii,

16.

(2)
(3)

Theodoretus,

vi, 14.
i,

Cic, De divinat.,

55, 126.

VII.

SU

STOICI

115

vieti la parola di Dio ('), anzi s'identifica talvolta con lo stesso Dio (*). Inoltre, conseguenza del fato, e insieme prova della sua esistenza, la inantica

(uavrixTJ)

3 ( ),

il

vaticinio.

Ma

di fronte al fato,

urge

il

problema della sog-

nam, si fato vivimus, quid agunt merita? 4 si pensamur merilis, quae vis fati? ( ). Un problema, che diverr tormentoso nel periodo cristiano, quando
gettivit:
il

soggetto sar inteso in tutta la sua potenza. Nella


invece, l'oggettivismo ancor troppo

filosofia stoica,

vivo nel ricordo, e non scosso nelle sue fonda-

monta; donde una certa tendenza a sviare il problema, anzich ad affrontarlo con tutte le forze.
Il fato richiama il suo opposto, il caso {rvyr\): la necessit oggettiva 'incapace a cancellare la pos-

sibilit

soggettiva; e gli stoici ammettono


5
(

Puna

l'altra

),

rivelando, nell'unit indifferente degli op-

posti, l'incertezza della propria posizione.

Tuttavia, contro le pi gravi conseguenze della


dottrina del fato, che implicano negazione di ogni

responsabilit e libert

6
(

),

essi

sentono

il

bisogno
si

d'insorgere. Cos Crisippo ammette l'impulso necessario del fato,

ma

sostiene in pari

tempo che questo

modifica a seconda della nostra natura mentale; ed

accorda pertanto all'uomo

il

libero arbitrio. Egli


il

si

vaio dell'esempio della pietra lanciata,

cui

cam-

mino non

ma

tracciato soltanto dall'impulso meccanico, ancora dalle varie contingenze della pietra e della

(V 0ev
(2)
(3)

J-yeiv xf,v etnaQ|xvriv

(Alex. Aphrod.,

De

fato, cap. 3').

Schol. in

Calcid.,
di

Hom. lliad., 0., Ad Timaeum, cap.


gli

69.

161; la mantica dedotta anche dalla


i,

bont
(4)

Dio verso

uomini (Cic, De divinai.,


Alex., De an.,

38, 82 segg.).

Servius,

Ad

Yerg. Aeneid., v, 6, 96.


I,

(5)
(6)

At., Plac,

29, 7;

p. 179, 6
-1

Alex. ApaROD., De

fato, cap. 35, p. 207,

Burns. Burns; cap. 36,

p. 210, 3.

116

LA FILOSOFIA GRECA

via. Similmente, l'ordine e la necessit del fato

muo-

vono
e
il

generi e

principii delle cose,

ma

la

volont

temperamento moderano quell'azione ('). tal modo, il problema della libert comincia a presentarsi proprio attraverso uua dottrina che nel suo principio ne la negazione, e in virt sua si risolve quella necessit che gli stoici medesimi hanno posto. Se si vuol dare al soggetto una sfera propria
In

d'azione; se

si

vuole che esistono la virt, la ragion

pratica, la scienza delle cose

da fare

da non fare,
il

vuol dire che tutto non avviene secondo


l'el|.iaQj.ivTi

fato

(*):

si

scioglie per dar luogo al

qp' r\\iv,

al

libero arbitrio.

Un

simile

mutamento

si

osserva nella dottrina


fisico,

religiosa degli stoici. Dio, identificato con la causa


efficiente delle cose,

un principio puramente

ateleologico.

Ma

pensiero fisico

Dio non s'accentra soltanto il degli stoici, bens ancora il pensiero


in

morale. L'uno suggerisce la prova cosmologica della


esistenza divina:
se v' qualcosa che
la fa

l'uomo non

pu
nel

fare, colui

che

dev'essere pi potente delfare le cose che sono


il

l'uomo:

ma l'uomo non pu

mondo; chi le ha fatte Dio: dunque Dio ( 3 ). Ma

maggiore dell'uomo, pensiero morale suggitij;,

gerisce altre prove, tratte dall'efopeia, dalla


l'esistenza di Dio
e principalmente

dalla Sixaioom'i], che in quanto esistono, testimoniano


(');
il

pensiero

morale postula un concetto morale di Dio, come fine e provvidenza, e allontana dall'opera di Lui ci che 5 la causalit efficiente include: la causa del male ( ).
Gellrs, N.
A., vii, 2.
14.

(1)

(2) (3)
(4)

Alex. Aphrod., op. cit, 37, 210, Cic, De nat. deor., in, 10, 25.
Sest., Math., ix, 123.
Pi.i

(5)

tarch.,

De

stoic.

repugn., eap.

33, p. ioli e.

vir.

GLI STOICI

117

Dio del sistema etico causa del bene e non del pi adeguato all'idea del divino il naturalismo e panteismo del principio fisico? La provvidenza (jtQvoiu) d al Dio degli stoici il valore moIl

male.

rale della

personalit, sottraendolo air indifferenza

della concezione fisica.

dalla

stessa

vittoria

sulla

indifferenza

della

causalit

efficiente,

produttiva del bene come del

male, sorge, differenza profonda della moralit, il problema del male. Se tutto retto dalla provvidenza, come si spiega il male? Crisippo, con un intuito genuovi orizzonti dell'etica: Nullum niale, ci scopre eontrarum cos Gellio ei riassume il pensiero di lui (') esse sine contrarlo altero. Quo enim poeto
i

sensus iustitiae esse posset, nisi essent iniuriaef...

quid
ait,

itevi

forttudo intellegi posset, nisi ex ignaciae

adpositone?...

Alterum enim ex
se contrariis

altero, sicuti

Plato
si

verticibus Inter

deligatum est;

tuleris

unum,

abstuleris utrumque.

questo un con-

cetto profondissimo, di cui tuttavia lo stoicismo

non ha e non pu avere che una coscienza incompiuta. Esso emerger nuovamente, e con coscienza pi .sicura, nella filosofia moderna, attraverso la lunga catarsi del male morale e metafisico che si compir nel medio evo.

La
della

risoluzione del fatalismo naturalistico e l'idea


se-

provvidenza divina che ne integra l'opera,


il

gnano
si

passaggio dalla

fsica all'etica stoica.

Non

creda per che quella risoluzione sia una vittoria piena sul meccanismo fisico, un affermarsi consape-

vole della libert


naturali;

umana

sopra

suoi

presupposti

invece nient'altro che una deviazione

(1)

Gellio

(.V.

A., vii, 1)

riassume dal

4 libro del jreQ. ngovoict; di

Crisippo.

118

LA FILOSOFIA GRECA
iniziale,

dal materialismo
della

per le esigenze proprie


nella logica
il

pura soggettivit.

Come

soggetinla

tivismo dell'adesione e della credenza lasciava


tatto

l'oggettivismo del sapere;

cos

nell'etica

libert

umana

e la

provvidenza divina lasciano


riflessa dello

in-

tatta l'oggettivit dei rapporti necessari tra le cose; e solo la coscienza

storico pu, nella

deviazione quasi inconsapevole dai principi! fisici del sistema, riconoscere il progresso verso una posizione speculativa pi avanzata.
6.

L'etica stoica.

Qui l'antico cinismo riap-

pare ringiovanito, elevato a maggiore dignit e ad


espressione storica della vita greca.

definita

Campeggia nell'etica stoica il concetto della virt, come disposizione dell'anima congrua alla natura umana, o, nella ellittica espressione di Crijxota>YoiHiviiY
1

sippo: 5td8s0iv

).

Questa idea della

di2

sposizione dell'anima, detta anche potenza (Suvams)


ci
il

ricorda Aristotile;

ma

pi che in Aristotile vivo

senso della soggettivit da cui essa deriva, e della


Tutti

((fQv\}oiq) che la traversa. mezzi termini dell'aristotelismo, transazioni del soggetto e dell'oggetto, sono banditi. La

ragion pratica
i

vita sospesa a un'alternativa

virt e

il

vizio; oltre gli estremi, nulla v' di

non attenuabile tra la medio ( 3 ).

la

valutazione della personalit

umana

si

modella

su questa antitesi: non esistono che uomini virtuosi


e viziosi
;

ovvero, per quella conversione dei termini


stoicismo:

morali in termini mentali che forma l'aspetto pre-

cipuo dello
cpaAoi).

saggi

sciocchi

(aocpol

xa

(1)

Diog.,

vii, 89.

(2)
(3)

Plutarch., De
Diog.,
vii, 227.

viri, mor., cap,

VII.

GLI STOICI

119

Latvirt non un dono di natura,


segnabile
(ioMxr\)
1

ma una

lenta

acquisizione umana, quindi in senso eminente, in-

Che con la pratica possa accreconvengono ( 2 ); che possa perdersi, Cleante nega e Crisippo afferma ( 3 ), in maniera assai pi consona allo spirito stoico. Si ammette la
( ).

scersi, tutti gli stoici

pluralit delle virt

( )

e la loro gerarchia

5
(

);

ma

nel

tempo stesso si afferma che tutte son congiunte tra loro, non soltanto nel senso che chi ne possiede una
le
si

possiede tutte,
fa

ma
si

secondo una,

ancora nel senso che ci che fa secondo tutte ( 6 ).

L'unit attiva e fattiva, non ricettacolo intellettualistico.

adeguazione con la virt divina: virtus eadem in homine ac in deo est ( 7 ). questo un nuovo e grande principio: fino ad Aristotile, massima virt era la contemplazione, che solleva l'uomo quasi a Dio, ma non l'adegua a Dio, e conserva, pur nella trasparenza della visione, il dualismo tra l'umano e il divino; questo invece s'annulla nella convergenza dell'azione, nella virt morale, che, unificando l'uomo e Dio, vivifica l'uno e l'altro, dando all'uno coscienza del suo aLissimo valore etico, all'altro il pi accentuato carattere della personalit, che vince l'ingenuo panteismo della primitiva convirt
sta nella sua

E umana

l'espressione

massima

del valore della

cezione

fisica.

Dall'idea dell'attivit morale

come

polarizzata tra

il

vizio e le virt, derivano ricche conseguenze, le

(1)
(2) (3)

Diog.,

vii,

91.

Plutarch., De
Diog., vii, 127.

stoic.

repugn., cap.

13,

p. 1038 e.

(4)
(5) (6)
(7)

Diog.,

vii,

92.

Stob., Ed., il, (0, 9. Plutarch., De stoic. repugn., cap. 27, p. 1046 e. Oic, De leg., i, 8, 25; v. anche Clkm., Strom., vii, 14,

p. 886 Pott.

120

LA FILOSOFIA GRECA
individuano
caratteristicamente
la

quali
Stoica.

dottrina

Se i soli valori sono la virt e il vizio, tutto ci che di solito si stratifica tra questi estremi, privo di valore inorale o, secondo la terminologia
stoica, indifferente (StdcpoQov). Indifferente la vita,
la

morte, l'opinione, la fatica,

il

piacere, la ricchezza,
(');

la povert, la malattia,

la salute

insomma

tutto

ci che

non pu avere come predicato il bene o il male. Questa indifferenza irrigidisce la vita dello stoico. All'antico, ingenuo eudemonismo, egli contrappone la dottrina e la pratica secondo cui il dolore fisico non un male, poich non v' altro male se non quello dell'anima ( 2 ); egli rifiuta tutto ci che non conferisce immediatamente alla sua dignit spirituale, onori, ricchezze, premii, pago della sua povert,

che,

unita alla sapienza, ricchezza;


3
( ).

solos

sapientes esse, si mendicissimi, divites

Un
spirito,

pi grave colpo riceve la vita passionale dello

rale.

La passione non

che rientra nella categoria del male mo che un movimento irrazio-

dell'anima; il piacere un insano gonfiore (*); entrambi pertanto vanno banditi: nostri illos expellunt, Peripatetici temperant 5 ). Tra passione e passione non c' differenza; anche i pi nobili impulsi subiscono la sorte dei peggiori; la misericordia detta un vizio o un morbo dell'anima (''): sapientem grafia nunquam movevi, nunquam cuiusquam delieto ignoscere; neminem misericordem esse nisi stultum ac laeveiu; viri non esse neque exorari neqtie
nale
(

(1) (2)

Stob., Ed.,

li,

57,

1-.

sex., Ep., 85, 30.

(3)

Ole, Pro Mar., 61.


Phil.. Leg. alleg.,
Ben., Ep., 116,
1.

(4) (5) (6)

m,

246.

Sen.,

De

dementiti, n, cap.

5;

Lactant.,

Instit. div., in, 23.

VII.

GLI STOICI

121

placavi

('). E tutto ci che in s indifferente, se contaminato dalla passione, diviene un malo: cos la morte, la quale appartiene alla categoria dell'adia-

foro,

mutandosi

in

paura della morte,

un valore
il

negativo dello spirito. Di fronte alla passione,

con-

tegno del saggio


e nell'atarassia

si

compendia

nell'apatia (d^ddeia)

(xo.Qo.\Lo.) ,

negazioni della passivit

inerente agli

affetti.

Una
dei
vizii.

strana derivazione del principio della polarit


peccati sono uguali: delinque cos grave-

valori morali l'eguaglianza delle virt e dei

Tutti

mente chi uccide il proprio padre, come chi uccide un servo ( 2 ), o addirittura un gallo, senza ragione ( 3 ). Il diritto forma un momento importante della morale stoica. Il diritto da natura e non da convenzione
4 ( ); la legge somma ragione insita in natura, che comanda ci che bisogna fare e vieta il contra5 rio ( ). La convivenza sociale dedotta dal concetto

stesso della natura; la patria concepita oltre


fini

con-

come: mundus hic totus, quod domicilium quamque patriam di nobis communem secum dederuut ( 6 ). Questo cosmopolitismo non tuttavia armonicamente fuso con l' individualismo centrale della dottrina, donde quell'incertezza, quel dissidio nella condotta, che si compendia nelle parole citate di Seneca: nemo ad rempublicam accessit, nemo non
della citt,
ini si t.

Dall'obbedienza stessa

alla,

legge

si

svolge un mo-

tivo intimo di libert: liberi son coloro

che vivono

(1^

Oic. Pro Mur.,

61.

(2) (3) (4) (5)

Ole, De /;., IV, 7;. Cic, Pro Mur., 61.


DlOG,,
Ci.,
vii,

128.
i, i,

De

leg.,

6,

i.

(6)

Cic, De rep.,

19.

122
nella

LA FILOSOFIA GRECA
legge: ooi
\iex v\iov co<nv TieufreQoi
1

).

una parola nuova, che vince l'antica schiavit della legge trascendente ed esterna, col renderla intima
allo spirito.

Ma

pi grande

la vittoria sulla

schia-

vit, nel principio, gettato quasi


stotile,

in faccia
(

ad Ari2 ).

che nessuno schiavo per natura

Alla

vecchia distinzione naturalistica, subentra una distinzione ideale e morale; liberi sono
i

aoqpoi,

schiavi

cpa.W( 3 ).
si

E similmente
leva
il

contro l'antica aristocrazia

castale,

bilior nisi cui rectus

nuovo principio: nemo altero noingenum et artibus bonis optiti* {''). V' qui una nuova redistribuzione di valori morali e sociali, una nuova aristocrazia, fatta di mee di virt.

riti

All'antico oggettivismo del bene e del male su-

bentra un soggettivismo estremo, che scruta la moralit pi


si

ladro,
si

addentro che nell'azione, nell'intenzione: anche prima d'inquinare la propria mano,


ha l'intenzione, la volont di rubare
5
(

quando
co-
retta la

),

parla Cleante.

Non v'

azione retta se non

volont, dalla quale l'azione deriva.

sua
fi

volta la volont

non
il

retta se

non

retto l'abito
(

dell'animo, da cui la volont deriva; cos Crisippo

).

E
vit,

il

Itene e

male, trasvalutati dalla soggetti-

divengono dovere (xaOfjxov) di fare o di non donde una nuova classificazione delle cose, che riproduce quella gi nota, a seconda che siano conformi o contro il dovere, o indifferenti 7 ). A lor
fare;
(

(1)
(.)

Philo, 442. 22 Mang.


Diog.,
vii,

121.

(3)

Diog., ibid.
Skn.,

(4) (5)
(6)

De

benef., in, cap.


1.

Sem., Dp. benef., v, 14, Skn., >., 9.S 57.


Diog.,
vii,

(7)

108.

VII.

GLI STOICI

123

volta

doveri

ectiata (azioni

e |iiaa

(i

distinguono in ti^eia (perfetti) xaxoosecondo virt, come t qpQovev, ecc.) media officia dei latini, che confinano con
si

l'adiafoi'ia,

come
(').

il

t yuaelv. t

JiQea(3taieiv,

SiaX-

yeaUai, ecc.)

Tutta questa varia casistica morale s'accentra


s'individua nella personalit del saggio,
molto

la cui figura

accuratamente delineata, anche nei minimi

particolari. Egli vive in perfetta beatitudine: ricco

nella povert, bello

anche se sordido, libero anche


poeta, dialettico.

nei vincoli

autarca, austero, re e possessore di scienza

regale, sacerdote, profeta, retore,

Egli non inganna n s'inganna,

fermo nei suoi propositi in lui nessun bisogno nulla gli accade fuori del suo volere. Al saggio non si fa ingiustizia, perch per lui la giustizia non richiede il riconoscimento

ma

non muta consiglio, in lui non cade ma-

lattia

altrui,
il

ma

si

realizza in lui solo.

E principalmente,
s, l'in-

saggio ha la piena, integra disposizione di


di

tima superiorit
sufficienza a se

fronte agli eventi esteriori, la


2
(

medesimo

).

Ci che caratterizza questa intuizione della vita,


la sua negativit, che

non

passivit innanzi agli eventi,

abbandono come sar

delle forze,

in

seguito

per

gli scettici,

ma

ancora azione: azione negatrice

di ogni espansione delle forze spirituali, azione ne-

gatrice della legge stessa dell'attivit.

Ma

in questa

negazione lo spirito sente ancora di posseder se medesimo, sente nella rinunzia la volont di rinunziare.

Ecco l'ultimo presidio mativa della vita, che


(1)
(2)

di quell'idea positiva e afferil

pensiero grecodell'et clas-

SlOB., Ed.,

il,

85,

13.

V. per questi vari predicamenti: Diog., vii, 125; Sext., Mali,., Stob.. Ed., n, 67, 20; il, 114, 16; il, 111, 13; Skn., De benef., iv, 34; Oc, Tusc, in, 19; Augusti*., De vita beata,
xi, 170; Diog., vii, 117;

cap. 25; Plut.,

De

stoic.

repugn., cap.

20, p. 1044 a.

124

LA FILOSOFIA GRECA
si

sica s'era formata, ed a cui pertanto lo stoicismo


riallaccia,

come suo ultimo momento.


la

V'
sterile

tuttavia nell'affrmazione tutto quel che di

apporta

sua immanente negativit.

che,

noi ci chiediamo, tanto sforzo, a che tanto dispendio


di

energia? L'affermazione
se
essa, lo

sterile,

increativa,

si

esaurisce in

Con

medesima, nell'attivit del negare. spirito non si accresce, non si svolge,


s, si

ma

s'inviluppa in

corrode, contraddicendo alla

realt del proprio essere.

La

virt stoica, guardata

ci appare come guardata india sua azione sul soggetto stesso che la pratica, come rovinosa alla salute dello spirito. Essa dispendio di energia senza riacquisto; perdita senza reintegrazione; una virt corrosiva. Essa l'ultimo, meraviglioso esmpio degli splendida vitia dei gentili, contro cui insorgeranno

nella sua efficacia altamente

umana,

una virt

inutile,

le

umili virt cristiane; umili,

ma

creative.

L'esplicazione finale di quelle virt la morte,

negazione suprema della, vita, intesa come suprema affermazione di s o come suicidio.
inutile.

qui il suicidio appare come un eroismo Ce lo attcstano le stesse parole bellissime di Seneca: quod si con ri re re etiam Orarci* iuvat, rum Socrate, rum Zenone versaci ; alter te docebit moricum
necesse est; alter ante

Ma anche

quam

necesse est.

La virt degli Stoici, nella vanit della sua tensione, ci palesa la vanit dello sforzo del decadente

pensiero greco a contrastare alla

dissoluzione

del-

l'antica vita e dell'antica scienza. In

una

civilt

che

crollava, pensarono gli Stoici di potere star fermi e


incrollabili tra le rovine; in realt, restarono fermi,

ma

non come uomini

vivi, bens

come

ruderi tra

le

rovine.

Vili

GLI EPICUREI

1.

Il

fondatore della scuola e


filosofia

primi sei

guaci.

La

epicurea presenta, attenuati,


la

caratteri

dello

stoicismo:

l'affermazione della sog-

gettivit gi

meno veemente,

corrosione delle
si fa

forze spirituali pi accentuata;

ovunque

strada

lo scetticismo. Il carattere pratico della dottrina,


gli stoici

che

avevano

stabilito

senza svalutare

gli at-

teggiamenti teoretici della vita,

ma

soltanto piegan-

doli alle esigenze morali, qui viene inteso

come una

vera e propria svalutazione della scienza. Epicuro odi le matematiche e le lettere, le prime per la loro astrattezza, che nulla conferisce alla pratica, le altre perch distolgono gli uomini dalla retta
via dell'evidenza, facendoli cadere in quella contorta
dell'opinione. Cicerone gli

muove

il

rimprovero di
gli

aver disprezzato la dialettica; gli stoici il grave appellativo di ebete e rozzo (').
pregio dell'Accademia
e

danno

D'altra parte, la purezza aristocratica della scuola,


del

Liceo,

si

perde nella

(1

Cic, De

fin.,

n,

6,

18; Cic,

De

divin.,

li,

50, 103.

126

LA FILOSOFIA GRECA

Il mero prainmatinon richiede pi una lunga e sapiente iniziazione, ma soltanto la volont di un determinato atteggiamento, accessibile a tutti. Gi gli stoici avevano allargato la cerchia dei loro scolari, includendovi anche le donne; Epicuro ammette nella

corrotta democrazia della setta.


stno della dottrina

sua scuola persino


tutti

le etere,

ed invita alla

filosofa
(').

che son rudes Dall'odio ch'egli vanta per


coloro
sola filosofia,

omnium
le

litterarum

lettere,

immune

la

come quella

eh' introduttiva alla vita

beata

2
( ).

fu fondata nel 306 in Atene da Epicuro, nato in Saino nel 341-342, ed ebbe per sede i giardini della villa del fondatore. Tra pi
i

La scuola epicurea

importanti seguaci

si

ricordano: Metrodoro, Poliano,

Ermaco, che dopo

la

morte del fondatore resse


cui quattro
secoli

la

scuola; Colote, contro

pi tardi

scrisse Plutarco; tra gli altri


e,

posteriori, Polistrato,

verso la fine del

II

secolo, Apollodoro, celebre


filosofia.

per la sua cronaca della


l'epicureismo seguaci: tra
i

Nel

II secolo a. C.

si

trasfer a

Roma, dove cont molti


in
lui,

primi Amafinio;
la

seguito,
il

il

poeta
at-

Lucrezio, e contemporaneo di

medico Asclesi

piade di Bitinia. In Atene,

scuola epicurea

tard per pi secoli ancora.

2.
il

La fisica epicurea.
si

L'odio
fin

di

Epicuro per

sapere teoretico

riflette

nella partizione

da
che

Ini

data della

filosofia.

Alle tre scienze degli stoici,

ne subentrano due: gine


fisica,

la fisica e l'etica.

La

logica,

nello stoicismo serviva ancora a legittimare l'inda-

diviene non altro che un'appendice della

(1)

Lactant., Divin.
Skxt., Matti.,
xi,

instit.,

in, 25, 7.

(2)

169.

Vili.

GLI EPICUREI

127

fsica: se

cos
di

si

non avremo indagato la natura delle cose esprime Epicuro in nessun modo potremo

difendere

il

giudizio dei sensi.


(t

la logica, col

nome

canonica

xavovixv),

forma l'ultimo capitolo


tr

della fsica, e vien trattata uoO

cpvaixcb (').

Lo studio della fsica ha nella concezione epicurea un'importanza psicologicamente maggiore che
nello stoicismo, in

quanto

pi intrinseca alla con-

cezione etica della vita che ne forma l'avviamento


e insieme
il

coronamento. Quello studio

infatti

suggerito dal bisogno che l'uomo ha di liberarsi di

vani fantasmi e di superstizioni dannose alla tranSolo guardando e considerando fenomeni per quel che sono, nei loro nessi puramente naturali, rimovendo l'immaginazione di potenze occulte dietro di essi, l'uomo conquista la felicit, che la meta della sua vita. E l'importanza della fsica epicurea, pi che nel suo contenuto sistematico, il quale ricalcato in gran parte sulla dottrina di Democrito, sta nello spirito sereno e spregiudicato che circola attraverso di essa. Epicuro, per questo suo atteggiamento, apparso
quillit dell'anima.
i

non

solo

di scienziati,

come un maestro a numerose generazioni ma anche come un liberatore e quasi


lettere in cui la dot-

come un redentore. Delle due

trina fisica ci stata tramandata, acquista, per tale

riguardo, un particolare rilievo quella eh' diretta

mondi, gli astri, i fenomeni tellula cura costante di Epicuro di spiegare le cose celesti con l'analogia dei consueti fenomeni che accadono sulla terra, e questi ultimi, naturalmente, con criterii del tutto empirici, che,
a Pitocle,
rici,

sui

ecc.,

dove

(1)

Diog., x,

128

LA FILOSOFIA GRECA

anche quando non colgono nel seguo, additano sempre una via feconda per la ricerca scientifica.

La dottrina
cennato, nella

dei
('),

principii

fisici

esposta

nella ac-

Lettera a Erodoto

ed ha

le

sue fonti,

come

si

fisica

democritea, che essa riproduce

con grande fedelt,

ma

pur con una certa coscienza

critica delle difficolt e dei dubbi, maturati in seno


alla filosofia posteriore. Si tratta

dunque

di

una

fisica

schiettamente materialistica, senza quella deviazione

che

il

pensiero stoico aveva introdotto, per giustififisica.

care alcune esigenze estranee alla

genera dal non-essere, niente torna al non-essere: il tutto era sempre qual , e tale sar sempre 2 ). I suoi ingredienti sono corpi e lo spazio vuoto (ocfAata xal tjtog), senza del quale non sarebbe possibile il movimento ( 3 ). I corpi o sono composti (auyxQioeig), o tali che di essi constano i composti: questi ultimi sono individui e solidi (atonia xa fteT|3/U)Ta), per l'impossibilit che l'essere si riduca al non-essere ('). Gli atomi son privi di qualit, le loro differenze non sono infinite, ma indefinite (keqNiente
(*

si

compendiano nelle tre categorie, della grandezza e del peso (o/,i']iia \ieyeQoq, PaQoc) ( 6 ). Al peso viene attribuita una importanza pi centrale rispetto alla tsica democritea, per dare
i)jt;toi)
r

( ');

si

figura, della

una pi

sufficiente

spiegazione del moto. Con ci

(!) Raccolte, insieme a tutte le fonti greche in: Herm. Usbnkr, Epicurea, Lipsiae, 1887, da cui son tratte le citazioni del testo. Una nuova, pregevolissima raccolta, limitata alle opere, ai frammenti, alle testimonianze sulla vita (esclusa quindi la dossografa, quella del Bigione, Epicuro, Bari, Laterza, 1920 (nei Filosofi antichi e medievali),

(2)
(3)

Ep.,

I,

38, p. 5, 13.

39, p. G, 5.
p.
6,

(4) 40,
(5) 42.

14.

p. 7, 21.

(6)

Plutarch., De plac.

phil.,

i,

3, 26.

Vili.

GLI EPICUREI

129
alla

l'epicureismo contraddice

in parte

concezione
bas^o. inol-

stoica della gravit, sostituendo al

moto centripeto
il

una tendenza assoluta


tre,

dei corpi verso


la

compagine dell'universo fisico uno spiraglio da cui possa emergere la libert morale, Epicuro ammette una deviazione, una declinazione senza causa degli atomi dal moto retto, la quale giova in pari tempo a spiegare la variet del mondo, che l'insufficiente, dialettismo democriteo
per lasciare attraverso
dell'essere e del

non-essere lasciava inesplicato


considerata
il

).

La

totalit dell'universo fisico


(bieioov),

Epicuro come infinita


un'estremit
altres
(cocqov)

poich

finito

da ha

delimitata da altro, mentre nulla

v' che faccia da


i

limite al tutto ('). Infiniti sono mondi, e distruttibili e rigenerabili all'infinito ( 3 ); loro movimenti non avvengono, come ritenevano gli stoici, per opera divina, n la loro sostanza divina ( 4 ). Questa falsa credenza nell'intervento degli dei genera perturbazioni ed errori, per rimuovere i quali bisogna affidarsi ai sensi, all'evidenza immediata ( 5 ).
i

L'anima tenuissima, simile a soffio di fuoco; im, non essendo pensabile d'immateriale che il vuoto. Ma il vuoto non pu agire n patire,
materiale non
ci

che sarebbe assurdo, detto dell'anima: come se

un Platone e un Aristotile non avessero mai mostrato una immaterialit ben diversa da quella stabilita sul terreno della fisica! E, conseguenza inevitabile della
materialit dell'anima, la sua corruttibilit, senza
la felice

inconseguenza degli

stoici.

(1)
(2)

Cic, De
/>.,
I,

fin.,

i,

6,

18;

De

fato, 9, 18.

41, p. 7, G.

(3) Si.MPl.,
(4) (5;

Pys.
76,

6,

l,

p,

250 b 18.
82, p. 31, 3

Ep.,

i,

pp. 27-28;

segg.
1.

Ibid., 63, p. 19, 15 segg.; 67, p. 22,

G. de Ruggiero,

La

filosofia

greca

n.

130

LA FILOSOFIA GRECA

L'energia dell'anima impiegata per


parte nella sensazione
(').

avviene per mezzo di


si

la maggior La conoscenza sensibile idoli (eiScotai), immagini che

diamo

partono dal corpo; cos, p. es., nella vista, noi vele forme delle cose che muovono dall'oggetto.

L'errore non nella sensazione,

ma

nell'opinione;

dal che Epicuro non trae, con Aristotile, la conse-

guenza giusta, che la sensazione in s non sia n vera n falsa; anzi, quella che essa sia sempre vera,
e che
lui,
il

falso esista soltanto nella mente. Quindi, per


le

anche

sensazioni avute nel sonno sono vere

2
(

).

La genesi
mentali.
Il

del pensiero

non

differisce

da quella del

senso: materiali sono gl'idoli sensibili

come
a

quelli

concetto non
anticipazione, e
3

valido che
esso

titolo di

jtQT]ipig, di

si fa

per ripetizione d'im-

pressioni
criterio

sensibili

):

come

tale,

non ha un
si

autonomo

di verit,

ma

lo

attinge alla sen-

sazione.

Nella formulazione di

questo criterio,

pu osservare una nuova attenuazione


centrale della soggettivit, rispetto allo
Criterio del

della forza

stoicismo.
(vdeyeia),

vero l'evidenza sensibile

cio quella impressione


propria della

immediata

di

veracit che

sensazione. Nello stoicismo, la cre-

denza, la fede, attingevano all'intimo dello spirito


la loro forza;

l'evidenza degli epicurei

si

affiora in-

vece

alla superficie dell'anima.

Epper invano

essi

tentano di contraffare, sulla scorta del loro criterio,

(1) (2)

>., 63, p. 20,

7.

Ibid ., 48, p. 11, 2; 50.


xo)

p.

12.

10 segg.; 51, p. 1?, 14 segg.


x,
33.

(3) p,vf)u.r|v

noXXtiig 5ja>6ev cpavvTos, Diog.,


il

Secondo

questa concezione,

pensiero

si

identifica col linguaggio. Infatti l'im-

pronta (twrog), per divenir segno e anticipazione vera, bisogna che sia rappresentata dalle parole. Da queste riceve la generalit che la rende elemento di scienza. Ci che l'intelletto aggiunge ai sensi dunque per l'appunto l'opera del linguaggio.

Vili.

OLI EPICUREI

131

la

scienza di Platone o la scienza stessa degli stoici:

l'evidenza non comporta nulla di simile, in quanto


essa nega quella mediazione e quella riflessione che

formano

il

carattere precipuo della scienza

(').

Sulla densa materialit dell'universo fisico,

si di-

stende, materia pi sottile,


la divinit.

ma

pur sempre materia,

Per agli dei d'Epicuro non incombe il grave compito di reggere il mondo, che si regge da s, con le proprie forze e per le proprie leggi, bens
quello, assai
in

meno

molesto, di trascorrere

il

tempo

una tranquilla
sancia

e inerte beatitudine:

deum

tranquilla pectora pace,

quae placidum degunt aevom vitamque serenami).

La provvidenza
delle

degli stoici esula dal


3
( ),

essa ogni finalit: non soltanto gli di

mondo, e con non si curano


4

umane vicende

ma neppure
il

intervengono per
( ).

indirizzare finalisticamente

corso della natura

Ci che per gli stoici era stato una prova in favore


della provvidenza, diviene ora la

massima prova

in

contrario: la spiegazione del male. Dio, dicono gli epicurei


e o vuol togliere i mali e non pu, o pu ( ), non vuole, o non vuole e non pu, o vuole e pu. Nel primo caso, un dio inetto, nel secondo, malr>

vagio, nel terzo, l'uno e l'altro insieme.

Ma

se vuole

e pu, ci che solo conviene all'idea divina,

donde

(1)

Non

solo tutte

,le

sensazioni,

ma

vere;

ma non

tutte le S^at son tali.

anche tutte le cpavxaoiai sono Son vere quelle soltanto che sono

testimoniate (iunaorugcvuevca) dall'vaQyeta. In 8ext.. Malli., vili, 105; Tertull., De an., 17, ecc., si ritrovano le note della scienza platonica trasferite in quella epicurea.
(2)
(:<)

Lccret.,
Sen\,

II,

1093.
1.

De

benef., iv, 4,

(4)
(5)

Lactant., Divin.
Lactant.,

instit., 17, 16.

De

ira dei, 13, 19.

132

LA FILOSOFIA GlIECA

mali? e perch non li toglie veprovengono allora ramente ? Con la provvidenza si risolve la mantica, tra il
i

riso e lo
3.

scherno degli epicurei

(').

L'etica epicurea.

Da una introduzione

cos

schiettamente materialistica, lecito attendersi una


intuizione

morale egualmente materialistica.

E
il

in

realt, l'etica epicurea esordisce col pi crasso

mapia-

terialismo: principio e radice di ogni bene

cere

del

ventre
2

(dQjrti

xal

qiQo.

jtcivt<;

(y<*8o

^ r ^\Z

yaatQg
frase

iSovti) ( ).

Tuttavia, questa non

che una
di-

ad

effetto, lanciata

quasi per ischerno alla

gnit della filosofia.

La sostanza dell'edonismo

epi-

cureo in realt ben diversa. Epicuro d al piacere i! massimo valore morale, ma per lui il piacere, a
differenza dei cinici,

non consiste
nella

nel

nell'immediatezza

sensibile,

movimento, pura positivit,


3
( ),

bens nella valutazione concettuale dei diversi godi-

menti, ed pertanto positivo e negativo insieme


Sta qui
cessaria
il

carattere

socratico dell'epicureismo:

non
nera-

ogni piacere da ricercare egualmente,

ma
i

la

una

scelta,
ci

che ha per suo criterio

gione. Questa

suggerisce di preferire

tranquilli

piaceri dello spirito agl'impetuosi piaceri del corpo,


di rinunziare ai piaceri
lori,

quando
i

ci

son fonte di do-

anzi di scegliere talvolta

dolori che possono


4
(

procurarci dei beni; in generale, di contentarci del


poco, senza inseguire vane chimere
).

Cosicch

il

vero fine della vita non


naxaaxi]\uxxiKr\

il

piacere

immediato, bens queU'T)ovr]


(i) Ci.,
{>)

(stabile),

De
x,

nat. deor.,

ii,

65,

162.

Fr. 409, p. 278, 10 Usen.

(3)

Diog.,
Ep-,

136.

(4)

ili,

129, 63, 0; fr. 473, p. 302, 24.

Vili.

LI EPICUREI

133

che piacere trasfigurato nel concetto dei rapporti tra i singoli piaceri, epper abbassato da fine a mezzo di un fine che lo trascende, e che consiste nella vita beata, tranquilla, scevra da inquietudine.

Donde, una inaspettata conversione nel segno


nel valore del piacere: positivo
sitivo e

all'inizio: indi po-

negativo insieme; infine, puramente negativo.


nella
positivit

In

effetti,

del

piacere

v' la fonte
vita,

del dolore:
tuali

v' quello squilibrio delle forze spiri-

che

nuoce

alla

tranquillit

della

quel

desiderio sempre rinascente da ciascun atto, che tra-

volge l'anima in
e di vuoto.

un insano movimento, quella


il

di-

spersione di energie, che lascia un senso di aridit

Vero piacere invece


kyelv

piacere negata-

tivo che consiste nell'assenza del dolore, tanto fisico

quanto morale: nel n^xe


Qy.TTea0ou
sioici, gli

xat

ocfia,

^rjxe

xat

tyvytfiv (*).

Quindi, non altrimenti dagli

epicurei ricercano l'autarchia dello spirito,

e la trovano nell'atarassia e nell'aponia; l'afferma-

zione della soggettivit ha, ancora per essi, un


gnificato negativo.

si-

della

Ma, di fronte alla rigidezza e all'autonomia morale stoica, si sente nell'epicureismo una
e

pi scarsa tensione della forza centrale della soggettivit,

un

inizio

di

eteronomia nelle direttive

La virt non pi ricercata per se medesima, ma come una medicina per la salute ( 2 ). L'ingiustizia non un male per s, ma
della condotta morale.

per la paura che genera; la condizione del giusto


preferibile

a quella
3

dell'ingiusto,

per

l'assenza

dell'inquietudine

( ).

(1)

Ep., in, 131, G,


Diog., x, 120.

9.

(2)
(3)

Epic, Sententiac

slectae,

xvn,

p. 75;

xxxiv,

p. 79.

134

la filosofia greca

Contro

il

pensiero e la paura della morte, converepicurea.

gono mere

gli sforzi dell'etica

Non bisogna

te-

morte: ogni bene e ogni male sono nella sensazione, e la morte privazione della sensazione ('). 11 pensiero della morte non mai qualcosa che ci
la

concerne da vicino, perch, quando noi siamo, la morte non ; e quando essa , noi non siamo pi.

Dunque, quel pensiero non vale n contro i viventi, n contro i morti. Il saggio non temer il non-vivere, n avr a vile la vita; cos cercher di vivere non lungamente, ma dolcemente ( 2 ). Per conseguenza, gli epicurei non ammettono il suicidio, sembrando ad essi suprema demenza il costringersi alla morte per
timore della morte
3
(

).

Una nuova
smo
via
si

e pi

grave attenuazione dello

stoici-

osserva nel pensiero politico degli epicurei.

Ogni umana societ negata: otix eott cpucuxi] xoivco4 ma ciascuno pensa a se medesimo ( 5). Le leggi ( ), sono opera dei saggi, non perch non commettano 6 l' ingiustizia, ma perch non la subiscano ( ). L'indifferenza stoica verso la vita pubblica diviene un obbligo di non parteciparvi: Epicurus ait: non accedei ad rempublicam sapiens, itisi quid intervenerit. Zenon ait: accedei ad rempublicam, nisi quid impedierit. Alter otium ex proposito petit, alter ex causai). Cos la politica epicurea ha per fine l'assenteismo po8 litico, come la rettorica la negazione della rettorica( ).

(1)

Ep.,

Ili,

124, 60, 15

segg.
segg.
20, 6.
17, 42.

(2) Ibid.,
(3) (4) (5) (6) (7)

125, p. 61, 5
1.

Fr., 497, p. 310,

Arrianus, Epict. Lactant.. Divin.


Fr.
5:-0,

diss.,

il,

instiU, in,

p. 320, 27.

Senkc, De

otto, 3, 2.
3, p.

(8)

Plut., Adr. Coiot.,

1127 a.

Vili.

OLI EPICUREI

135

Questa aperta negazione della vita sociale un

momento

assai significativo nella storia del pensiero.

Essa il riconoscimento schietto e brutale, che nessuna idea nuova forma il contenuto del cosmopolitismo ellenistico, che anzi, per la sua astrattezza, si converte nel proprio opposto, nell'estremo individualismo. Nessun'altra

ragione danno

gli

epicurei del

loro astensionismo dalla vita sociale, se

non

il

tur-

bamento

l'inquietudine
Il

ch'essa arreca alla vita


del

dell'individuo.

dramma

pensiero e della co-

scienza stoica cessato: resta l'atarassia, senza lo


sforzo
trarsi

della

negazione,

ma

soltanto

come un

sotIl

furtivamente alla pena dell'affermazione.


il:

motto della tita

Xd0e

(3icaa?,

latenter vivendo.

con lo Stato, Epicuro abbatte ci che lo stoicismo aveva lasciato come ultima consolazione al saggio, la famiglia, che pur rientra nello spirito di un moderato individualismo.

Malgrado

la

verso l'indirizzo

convergenza finale dell'epicureismo stoico, pure quanta differenza di

forza e di nobilt separa l'uno e l'altro! L'assentei-

smo dello stoico dalla vita ha ancora il valore di una partecipazione: egli si sottrae a un dramma, ma per crearne un altro, nell'intimo della sua coscienza. Nell'assenteismo dell'epicureo invece
tutta la passivit e l'indifferenza
si

sente

del suo atteggialo

mento:
ansioso
essere

egli

del

guarda l'affermarsi degli altri, mondo per vivere, pago che


del

sforzo

tutto ci

non turbi

la serenit

suo spirito, anzi lieto di


dal lavoro
degli altri.

immune

dal dolore e

Come

dice Lucrezio nei notissimi versi:

Soave mari magno, turbantibus aequora ventis terra magnimi alteriti* spedare laborem. Non quia vexari quemquam est iucunda voluptas, Sed quibus ipse malis careo, quia cernere suave est.

136

LA FILOSOFIA GRECA

Ecco
riporre

nuovi spettatori della

vita,

ma quanto

di-

versi dagli antichi!


il

Un

Platone, un

Aristotile, nel

sommo

fine della

sapienza nella contemnella visione

plazione, sentivano con ci di partecipare alla divini:;'!

dell'universo, sentivano

il

trasu-

manarsi dello spirito in Dio. E la visione pertanto non era indifferenza, ma slancio dell'anima, commozione, entusiasmo, era l'imperfetta adeguazione della creatura al creatore, e come una grande nostalgia

dell'azione. In

questi

decadenti, invece, la

vita spettacolo a
e svalutata e
il

un vano

e ozioso
il

egoismo; l'azione

t'atia,

Non

vederla fare che monito di questa infingarda saggezza. l'estrema abdicazione di ogni forza e dignit

degradata: meglio

ceco

il

dello spirito?

il

tema
di

del piacere,

dopo

le

vive e armoniche
si

variazioni del

periodo classico,
di

chiude con un

motivo

stanchezza e

nausea.

Non

pi la ricca,

positiva esplicazione delle facolt e degl'impulsi delil sennato contemperamento delle persuadeva a Socrate l'ora gioconda del Coltrilo; ma l'amarezza ch' in fondo al piacere goduto, il timore dell'amarezza ch' nel pensiero del piacere da godere, la delusione che consiglia la rinunzia. La riflessione non pi la forza di questo piacere, non , come per l'antico, la sua legittima-

l'anima, non pi
passioni che

zione di fronte alla realt razionale;

ma

la stessa

amarezza del piacere,


11

il

pensiero della sua vanit.

socratismo sta nella

filosofa

epicurea non come

forza viva,
di

ma

quasi

come un
in

castigo,

come

la

pena

Tantalo.

L'epicureismo

fondo,

una

filosofia

triste e

pessimistica. Gli epicurei, uomini senza Dio, senza


patria, senza famiglia,

non sono dei gaudenti, non

sono, nella stessa valutazione degli antichi, gii espo-

Vili.

GLI EPICUREI

137

nenti di

quella felicit che

una umanit felice. Essi non realizzano si proponevano di realizzare, e neppure riescono a dare, come gli stoici, un signidecoro alla loro rinunzia. In

ficato di nobilt e di

essa infatti non sta la loro forza,

ma

la

crisi

finale

della loro impotenza. Resta, al di l della rinunzia,


il

desiderio vano di quello a cui son costretti a

ri-

nunziare.

Vorremo
la

noi

chiamare

virtuosa

questa

condotta? anzi,
coincide con

la contraffazione della virt,

che

virt nel risultato apparente, e pro-

fondamente ne discorda nel suo motivo. Contro gli epicurei insorse, con parole di disprezzo e di biasimo, il pensiero dell'antichit, da Cicerone a Plutarco. Seneca, che pur molta stima professa per Epicuro, non si astiene tuttavia dal dire, in uno slancio di sincerit: non de ea philosophia loquor, quae civem extra patriam posuit, extra mundum deoa,
quae virtutem donavit voluptdt compendia, in pochi e vivi tratti,
1

).

cos

dicendo

tutto l'epicureismo.

(1)

Sen\, Ep., 90, 35.

IX
SCETTICISMO ED ECLETTISMO
GLI STOICI ROMANI.

1.

Introduzione allo scetticismo.


apre la
suo
crisi del

Con

la filo-

sofia degli stoici si

pensiero greco.

scossa la fiducia del pensiero in se


possibilit

medesimo

nella

del

adeguamento
la

all'oggetto

ideale del sapere;

ma

non ancora

credenza nella

realt di quell'oggetto. Anzi, ci che ad esso tiene


unito, e quasi sospeso, lo spirito,

appunto

la cre-

denza, la fede: un atto di volontaria e libera adesione


ripristina, se

pure in forma attenuata, quel


pensiero aveva spezzato.
i

legame, che

la sfiducia nel

Se in
sofia

effetti

noi

esaminiamo

rapporti tra la

filo-

stoica e la scienza platonico-aristotelica,

due

punti attraggono la nostra attenzione. Innanzi tutto,


il

contrasto delle due logiche: l'una che ripone nel


o

senso,

almeno nella sua derivazione immediata

(l'assenso), la verit, l'altra nel pensiero.

tuttavia,

con mezzi cos diversi, identica la meta: la conquista del sapere oggettivo, la conoscenza della na-

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

139

tura qual' in se stessa. Mai empirismo fu pi dom-

matico che negli stoici il che gli toglie quel carattere schiettamente soggettivo e critico che appartiene all'empirismo e forma la sua vera originalit. La coe;

rente esplicazione del principio della fantasia catalettica

non poteva essere che una fenomenologia

della

natura, cio una scienza che gravitasse intorno alle

sensazioni e alle percezioni, senza pretendere ad una

vera oggettivit.
filosofia della

invece

gli stoici

concepirono una
la

natura che, se differisce nei particolari

da quella platonica, ne riproduce almeno e l'assunto di dar fondo all'universo.

tendenza

Ma il massiccio edificio della fisica stoica non ha una base adeguata nel pensiero; ci che lo sorregge soltanto una fede, una credenza puramente soggettiva, che non ha titoli sufficienti per legittimare
la

sua pretesa all'oggettivit. Lo stesso

si

pu

ripe-

tere della fisica epicurea, nella quale l'identico dissidio si ripresenta in

un tono meno

elevato.

Come
la

pi forte era l'affermazione della soggettivit negli


stoici

che negli epicurei, cos pi lungi mirava

loro scienza:

due casi, tanto la avyxaxdQeaiz che i'vdQYEia tendevano ad esorbitare dai limiti della soggettivit da cui si originavano, per conquistare
nei
la

ma

realt oggettiva.

pare legato a un tenuissimo


timazione,

Cosicch l'oggettivismo in queste due filosofie apfilo. Non pi un pensiero

vivo, che contiene in s la propria intrinseca legit-

ma

ha

il

valore di una fede, irrazionale

nel suo principio,

eppure razionale nella sua pretesa.

baster che uno sviluppo nel senso stesso indicato

dal pensiero stoico ed epicureo mostri l'impossibilit


di derivare dal soggetto qualcosa di diverso

da esso,

perch

si

compia

il

distacco di tutta la costruzione

oggettivistica dalla

nuova

filosofia.

140

LA FILOSOFIA GRECA

questa l'opera dello scetticismo.


la

Il

suo punto di
si

mira non tanto quanto la scienza


a quella.

scienza platonico-aristotelica,

stoica, per ci

che

congiunge

Come

l'antico scetticismo sofistico assaliva

una forma storicamente determinata di scienza, la tisica presocratica, similmente il nuovo scetticismo ha un campo del pari circoscritto e individuato. Il pensiero scettico ha sempre una particolare funzione storica: di rivelare cio una crisi maturata
nell'ambito di alcune premesse, e con ci portarle
alla loro naturale dissoluzione.

compito dello scetticismo, faesso, se ebbe buon gioco contro il pensiero stoico, non tocc quasi minimamente la filosofia platonica ed aristotelica, e riusc soltanto a metterla da parte, nella piena integrit del suo contenuto speculativo. Il pensiero greco non giunse
Cos circoscritto
il

cile

comprendere che

mai

alla

critica

Platone ed Aristotile: questo


della filosofia

massimi rappresentanti, il grande compito medievale e moderna.


dei

suoi

Ci che caratterizza
periodo,
portatore,
stoici
il

lo

scetticismo greco di questo

significato della negazione di cui ap-

col veicolo della soggettivit.

Anche

gli

avevano negato, ma
e

della negazione essi ave-

vano
la

fatto un'affermazione potente,

che creava tutta

novit

originalit del loro atteggiamento morale.

La negazione

scettica invece affetta

differenza, che gli stoici

da quella inavevano riposta soltanto l


vitali dello
si

dove non erano implicati gl'interessi pi


spirito.

Negli

stoici,

attraverso le negazioni

faceva
in-

strada un criterio positivo di vita; negli scettici


vece,
si

dimostra l'assenza

di

ogni criterio: la sag-

gezza consiste nell'astenersi da ogni gi lizio, nella distruzione tot-ile di ogni valore positivo della vita. Tale carattere ci pu valere ancora a contraddi-

IX.

SCETTICISMO BD ECLETTISMO

141

stingu<j re
sofisti.

nettamente

nuovi

scettici

dagli antichi

Questi ultimi, dalla equivalenza del vero e del

falso, del bene e del male, traevano motivo per affermar se stessi, nella realt dei loro interessi soggettivi, ed esplicavano pertanto un'attivit irrequieta e molteplice. Nei nuovi scettici invece, la positivit

inerente al soggettivismo scomparsa, e non resta

che

la

vita, cio

mera inerzia del pensiero e l'assenteismo dalla una riflessione involutriee e corroditrice,
la

che assai contrasta con


dei sofisti.

primitiva immediatezza

2.

Lo scetticismo.

Due

scuole convergono in
la

questa intuizione della vita:

scuola di Pirrone e l'Accademia, con Arcesilao e con Cameade.

Poco
tivo

si

conosce di Pirrone. Nato in Elide, visse


il

sul principio del III secolo a. C. Egli attinse

mo-

sua scepsi non solo dalla dialettica negarica e dalla dottrina cinica, ma ancora, attraverso
della

Anassarco, dalla
la

filosofia

democritea. Vari nomi prese


cos ad

sua scuola
il

('),

dei quali prevalse quello di scuola

scettica,

qual

nome venne

significato diverso dall'etimologico.

assumere un Seguace di Pira percepire,


2

rone fu Timone,
lui, la

uomo d'ingegno acuto


spense,

pronto ad irridere, come ricorda Diogene


scuola
si

( ).

Dopo

di

ma

motivi del pirronismo


e in Sesto Empirico.

risorsero pi tardi, in

Enesidemo
i

Noi conosciamo pi

risultati

che

il

processo della

scepsi di Pirrone. Egli riun molte tesi di filosofi e

(1) I

seguaci

di

Pirrone furono detti ^oQ'qxiy.oC, oxeJtxiHoi,

<pex-to<oi,

vnrriTixoi.

Zt)tstiko,

da

^tsv x\v

Xi'i68iav

oy.enxixoi,
f^-nTev,

dall'attivit

dello cxircecBai,; cpex-cixoC dal itdSog che segue lo

cio l'knoxr\,

la sospensione del giudizio; jtoQriTixcC dairjioQslY. Diog., ix, 70.

Anche

Sext., l>yrr. Hypolyp.,


(2)

i,

7.

Diog.

ix

113.

142

LA FILOSOFA greca
in

scrisse

confutazione di ciascuna un'antitesi

).

Nulla riconobbe come vero, n dei sentiti, n dei pensati; fluida (Qsvoxr\\) chiam la sostanza delle cose,

mutevole e mai identica a s (-) Donde, la conseguenza eraclitea, che noi conosciamo soltanto come 3 le cose appaiono e mai come sono ( ). Mova 8 x redOtj 4 Yivvtoxo|x8v ( ): noi non siamo in contatto che coi nostri
stati soggettivi,

senza rapporto con la realt in s. Questo estremo soggettivismo si ritorce sopra se medesimo: poich il soggetto non pu uscire dai proprii confini, il solo atteggiamento mentale che gli

sia

consono

l'niQX'n,

la

sospensione del giudizio.


il

Al contrario,
senso

gli

ripugna
il

criterio positivo dell'as-

ammesso

dagli stoici; infatti, se non y' altra


senso, e tra due sensazioni

fonte di conoscenza che

opposte non v' nulla che decida (e chi mai deciderebbe: il senso stesso?), il criterio della ovyKaxdQeai^
esorbita dall'uso legittimo dei mezzi conoscitivi di
cui

scettici

l'uomo dispone. E pertanto alla v.o.xd'kr^ic, gli contrappongono l'xataA-TJijjia, l'incomprensibilit delle cose, la quale implica, nel soggetto, la
sospensione del giudizio,
terio
VizoyJ].

Che, se poi al

cri-

degli

stoici

si

vuol dare un valore sopraor-

dinato alla certezza dei sensi, e cio un valore rasi ripresenta sotto un aspetto incongruenza gi osservata: qual terzo che decide tra i sensi e la ragione? Epper, Timone irride l'idea di coloro che preten-

zionale e

mentale,

nuovo mai il

la stessa

dono ammettere
del pensiero
5 (

l'autorit dei sensi col beneplacito

).

(1)

Epiphan., Adr. haeres.,


DlOG., IX, 104.

ni, 18, p. 591


1-?,

D.
D.

(2)
(!)

Hippol., Pkilosophumenon, 23,

p. 572

(4) Ibid., ix, 103. (5)

Ibid.. x, 114.

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

143

Alle due convergenti negazioni teoretiche, \'noir\ e


rxttTttA,T)ipia, fa

riscontro, nel

campo

della pratica,

una

terza negazione: P dragarla, l'impassibilit del saggio,

propugnata da Pirrone anche prima che da Epicuro l ). Questa conseguenza morale nasce direttamente dallo
scetticismo scientifico
:

perch, se noi dobbiamo so-

spendere il giudizio sulle cose, dobbiamo anche rinunziare ad ogni movimento verso di esse. E a.U'no-/r\ tien dietro la felicit, come l'ombra al corpo. Chi si trattiene da ogni affermazione sull'essenza delle
cose, e specialmente lascia cadere la concezione fal-

lace che alcune di esse siano buone, altre cattive,

quegli non affetto da saccente irrequietezza, da immaginazione orgogliosa, da dommatismo etico, ed


pertanto felice
2 (

).

Noi ritroviamo qui, dunque, il tema fondamentale dello spirito greco: l'eudemonismo, ma ricon quistato attraverso la negazione di quegli stessi valori che agli antichi erano apparsi i mezzi migliori per procacciarlo. La felicit non pi nel sapere, e neanche, come per Epicuro, mediante il sapere, che rimuove le fallacie della superstizione, ma nel negare al sapere ogni significato positivo ed affermativo.

E
il

tuttavia,

attraverso la

negazione,

vive

ancora
inatici,

vecchio intellettualismo, nell'accanimento

stesso della critica contro le argomentazioni dei

dom-

continuano a nutrirsi di quella scienza che pur vorrebbero allontanare da s.


per cui
gli scettici

Vedute molto affini al pirronismo professa l'Accademia ( 3 ) con Arcesilao di Pitane nell'Eolia (316 5

(1) Ibid., ix, 64,


(2) (3)

fi9.

Tim.,

fr.

1,

9, 67,

70.

La

pi antica

L'Accademia platonica , nelle fonti, suddivisa in vari periodi. Accademia quella di Platone e dei suoi immediati se-

144

LA FILOSOFIA GRECA

241/0), e,

un secolo pi

tardi,

con Cafneade

di Ci-

rene (214/3

129/8).

L'Accademia, che gi con Senocrate aveva alquanto deviato dall' indirizzo speculativo del maestro, con Arcesilao se ne distacca completamente e segue la corrente dei tempi. Tuttavia nuovi accademici non dichiarano espressamente questo distacco, ma cercano di conservare almeno un'apparenza esteriore
i

di continuit nelle tradizioni della scuola.

Lo

scet-

ticismo

non trova

l'opera stessa di
(obtoQii cixg) (')V

sua giustificazione nelPlatone? non egli un dubitatore


forse la

Sfugge agli scettici il valore costrutdubbio platonico; o almeno, essi son paghi della coincidenza puramente estrinseca e nominale, che giustifica innanzi al pubblico il loro nome di Accademici. Tuttavia, c' in Arcesilao qualcosa che ricorda pi da vicino la dottrina platonica: ed il modo stesso di porre il problema della filosofia, come problema scientifico, nettamente separato dal dominio dell'opinione. Secondo lo spirito della filosofia platonica. Arcesilao nega ogni valore all'opinione volgare ( 2 ): se qualcosa degno dell'aspirazione del saggio, questo non pu essere che la scienza. Malauguratamente, la scienza irraggiungibile: all'uomo preclusa ogni conoscenza vera delle cose. Il criterio degli stoici non vale a squarciare il velo che ci occulta la realt in se medesima; esso non aggiunge nulla al contenuto del sapere, e quindi lativo del

gnaci;
altri
ci

2 e

media quella
5,

di

Arcesilao;

3 e

nuova quella

di

Cameade

e di Clitomaco. Altri ne

aggiungono una 4, di Filone e ("annida. Ed Antioco (Sext., Phyrr. Hypot., i, 220 segg.). Qui occupiamo soltanto di Arcesilao e di Cameade degli altri, in seguito.
ancora una
di
;

(1)

Skxt., ibid.,

i,

221; v.
vii, 157;

(2)

Sext., Malli.,

anche OiC, Ac. Post., Cic, Ac. Pr il, 18.

i,

12.

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

145
tra-

scia intatto

il

dilemma:

una scienza che

ci

scende, o un'opinione che inferiore a

noi.

il

saggio non pu che rifiutare


ternativa,

ambo

termini dell'alalla corrente

non volendo abbandonarsi


suo contegno pertanto

dell'opinione, non potendo mirare alla certezza della


si compendia nelhanno per lui il valore di un fine e di un bene; mentre l'assenso e la fede son per lui un male ( ). Tuttavia, Arcesilao comprende che con termini puramente negativi non si crea una vera condotta di vita: una vita senza un minimo di positivit in-

scienza.
l'jtoxri

Il

neH'Taoalia, che
1

concepibile, innaturale. Quindi, egli riaccoglie, sotto

tere

forma attenuata, il criterio degli stoici, con l'ammetuna maniera di regolarsi secondo il probabile (xc tvlyty), che soddisfa alle necessit positive del2
(

l'azione
'

).

Questo significato probabilistico dello scetticismo si ritrova, pi. accentuato, un secolo pi tardi, in Cameade di Cirene, che, insieme con le opere dell'Accademia, aveva accuratamente studiato anche quelle dello stoicismo. Da esse egli aveva dovuto venire a conoscenza delle critiche che il dommatisrao contrapponeva alla scepsi di Arcesilao: che il
trattenere l'assenso
alla natura;

non

umano, anzi

contrario

che senza adesione l'azione impossibile; che quindi lo scetticismo esclude qualunque condotta della vita. Cameade convinto che v' un minimo di ragionevolezza in queste critiche, e concede agli avversari,
terio positivo,

come gi Arcesilao, la necessit di un crinon solamente di valore pratico, ma

(1)
(2)

Sext., Pyrr. Hypot.,

I,

232 segg.

Sext., JUath.,

vii,

158.

G. de Kuogiero,

La

filosofia

greca

146

la filosofa greca
di

anche
persiste

qualche valore
il

teoretico.

Soltanto,

egli

nel negare

criterio

degli stoici, troppo


verit,

dommaticamente

assertivo.

La

ultima delle

cose inattingibile dalla fantasia catalettica, intesa

come

quella che impressionata e scolpita da ci che esiste e conforme a ci che esiste. Una tale corrispondenza non si pu logicamente concedere, perch ci eh' guardato dalla fantasia pu anche

non

esistere, e l'assenso

pu

essere,

come

la pratica

dimostra, attribuito spesso a rappresentazioni false. Nei sogni, per esempio, si danno impressioni reali,
in

rapporto ad oggetti inesistenti: in base a qual


si

segno

pu dunque distinguere
di

la fantasia catalet-

tica dall'acatalettica, se l'una e l'altra

portano egual4

mente con se quella forza


stoici

vorrebbero attribuire
se
si

alla

convinzione che gli prima solamente ?( ).

Insomma,
si

muove

dalla pura soggettivit,

non

possono accampare delle pretese decisive nel dosi

minio dell'oggetto. Quel che soltanto

pu fare

di

organizzare
si

proprii contenuti rappresentativi in

modo che

ade-

guino il pi eh' possibile agli oggetti, e che, se non conquistano l' inattingibile verit, producano almeno una verosimiglianza sempre pi convincente. Poich
tra la fantasia acatalettica e la fantasia catalettica

manca una
il

divisione netta e recisa,

ma

c' tuttavia

convincimento che non


si

tutte le fantasie
di

abbiano
si

un egual valore,

tratta

distribuire in diversi

gradi di probabilit quella eertezza che non

pu

concentrare esclusivamente sopra una sola di esse. Per Cameade v' dunque una serie di gradi, che
s'

inizia dallo stadio pi semplice della rappresenta-

zione isolata, che ha per s un

minimo

di credibi-

(1)

Sext., Ulnth.,

vii,

402 segg.

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

147

lit e di
alti
si

evidenza; e procede quindi agli stadi pi


le

complessi, dove la singola rappresentazione


altre e vien

connette con
il

rafforzata

da esse;
siste-

finch

massimo grado
si

della probabilit raggiunto,

dove

tutte le condizioni, in cui

questo nesso

matico

d, sono accuratamente verificate, e l'ap-

parire della rappresentazione controllato in rap-

porto alla sanit degli organi,

alla

normalit del

mezzo, ecc.

(').

giche

conseguenze lorimovendo quella esorbitante costruzione che essi avevano preteso l'ondarvi sopra. Ma il probabilismo, bench pago di una fede soggettiva fondata sui rapporti dei fenomeni, non perci, meno dello stoicismo da cui si
trae cosi alle estreme
stoici,
il

Cameade

soggettivismo degli

origina, legato all'antica scienza dell'oggetto.

Il

ve-

rosimile richiama
potervisi

non riconosce di compiutamente adeguare. La scienza plail

vero, se pur

tonica tuttora viva nel pensiero dei nuovi scettici,


ancora per essi
fica; e la loro
il modello della perfezione filosonegazione non la tocca nel suo contenuto, bens nei mezzi soggettivi con cui pu rea-

lizzarsi nell'uomo. Persiste l'antico

delle

idee,

che negli

stoici

disperato, negli scettici

amore platonico amore diviene un amore nostalgico


era divenuto un

e senza pi speranze. L'oggetto trascendente del sa-

pere, che Platone aveva conquistato in uno slancio


negli animi
si allontana dagli sguardi, lasciando vuoto del suo vano desiderio. La scienza ritorna a Dio da cui s'era per un momento partita per comunicarsi agli uomini. La tristezza del distacco Dio solo conosi esprime sulle parole di Arcesilao

di

entusiasmo,
il

sce la verit, che all'uomo preclusa

2
(

).

(1)

Sext., Math., vii, 166 segg.

(8)

Epiph., Adv. haeres., in, 29 (D. 592).

148 Gli stoici


nel

LA FILOSOFIA GRECA

loro

Dio e

avevano fuso insieme Dio e il mondo, fisico; anche pi strettamente l'uomo, nell'etica, adeguando la virt umana
panteismo
Contro queste assunzioni,

a quella divina.

Cameade
fruttifi-

volge tutto l'acume della sua critica, che

cher pi

al

teismo

mistico dell'et seguente che


dei

non

allo

scetticismo ateo

contemporanei.

Che

cosa quella divinit degli stoici, insieme corporea, vivente, eterna, razionale? Ci ch' vivente, dice

Cameade, non pu

essere eterno, e tanto


si

meno

ci

ch' corporeo. Inoltre, se

pone Dio come vivente,


la sensibilit e tutte le

bisogner attribuirgli anche


passioni degli esseri organici.
o
la

Ma neppure la ragione pu essergli assegnata: quella, perch serve a concludere dal noto all' ignoto, mentre a Dio nulla ignoto; questa perch appartiene solo agli esseri imperfetti e giova a correggere e vincere la loro imperfezione; ci che non pu dirsi di Dio ( ). Siffatte critiche non hanno nulla di ateistico; esse anzi preparano la nuova teologia mistica, che previrt
1

dica della divinit soltanto determinazioni negative, e ne fa un'essenza inconcepibile e inesprimibile, a


cui
In

non

si

pu adeguare che

il

rapimento

dell'estasi.

Cameade manca certamente questo momento positivo della negazione, come manca in generale a tutti gli scettici; ma non sono perci meno importanti le loro critiche contro la comune teologia, che
nel
il

prossimo periodo di fervore religioso saranno

tramite di una nuova e pi alta intuizione teistica.


3.

L'eclettismo.

Come acutamente nota lo Zelquanto esprime


l'equiMath.,

ici

1
,

il

n- n- degli scettici, in

(1)

Cic, de nat. deor., in,

12, 29; 13, 32; 15, 38. Sext.,

x,

segg.

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO
di
si

149

valenza negativa
fronte al pensiero,
degli eclettici,

tutte

le

tesi

della

scienza di
nell'e- ela stessa

converte facilmente che esprime, positivamente,

equivalenza. Se nulla e intrinsecamente vero, tanto vale rifiutare tutte le affermazioni, quanto affer-

marle tutte con egual titolo. L'eclettismo una tendenza propria di spiriti decadenti, i quali non hanno pi la vera forza dell'affermazione, che per sua natura inclusiva ed eselusiva, dommatica e cridea, conservativa e creativa. Gli eclettici invece non

hanno

il

senso originale dell'affermazione; in essi

lo

spirito conservativo scisso dal creativo, la

tendenza

inclusiva dall'esclusiva,

il

dommatismo
alle

dalla critica.

Semplici spettatori di fronte


essi

affermazioni altrui,

immaginano

di poter

conservare ed anzi accre-

scere la forza di quelle affermazioni col riunirle in-

sieme e conciliarle, senza comprendere che questo


lavoro richiede una pi intensa attivit affermativa,

capace di risolvere
cluderne
ginale,
Il
i

le

antitesi e

conflitti,

e d'inori-

termini in un organismo nuovo ed


nella Grecia

fiorire dell'eclettismo

decadente

era favorito dalla persistenza delie diverse scuole


dell'et classica, ciascuna delle quali poteva offrire

un contenuto d'idee
e

gi impersonalizzato e svalutato,

quindi atto alle ulteriori manipolazioni del pen-

siero eclettico.

Tra

la filosofia platonica, aristotelica

e stoica gi

s'

iniziavano cos quei compromessi che


di

toglievano a ciascuna la propria fisonomia indivi-

duale;

e la

scomparsa

ci

che formava

il

loro

pensiero centrale e vivente, rendeva tanto pi facile

composizione delle singole dottrine nelle loro pi minute particolarit. Nell'opera degli eclettici non convergono le grandi linee speculative delle divt rse filosofie, ma problemi isolati, come quello del'egela

150

LA FILOSOFIA GRECA
della

monico,

mantica,

dell' y.xvQwoiq,

cos

via;

donde

la

fiacca

personalit

di

questo indirizzo, e
la

quindi la difficolt di ritrarne


e incerta.

fisonoraia scialba

Tra
in

le

scuole che lo professarono, va ricordato


la

primo luogo

Stoa, che gi
i

nelle

sue esplica-

zioni classiche ne portava in s

germi.
il

Allo stoicismo di

questo periodo, che prende


la
Il

nome

di

Media Stoa, appartiene


a.

filosofia di

Pa-

nezio e del suo scolaro Posidonio.

primo, nato in

Rodi nel 180


attivit

C,
quali

esplic a

Roma

parte della sua

ed ebbe largo seguito di amici si ricordano uomini come Scipione e Lelio. Indi, alla morte di Antipatro, si rec in Atene a dirigere la scuola stoica. Il suo scolaro Posidonio, un sirio di Apamea, esercit anch'egli grande influenza sulla filosofia romana. Il criterio positivo dell'eclettismo coincide con quello degli scettici; non pi. la verit, ma la vescientifica,
i

e scolari, tra

rosimiglianza viene assunta a principio

filosofico,

come

quella che meglio soddisfa all'esigenza di riu-

nire sopra

un fondo neutro una pluralit

di dottrine.

Allo stoicismo, Posidonio toglie la nota tripartizione


della filosofia, secondo la metaforica

definizione

di

Crisippo

('):

ma

con

gli
2
( ).

epicurei egli inizia la spe-

culazione dalla

fisica

Quivi accoglie

la

veduta

mondo, ma le d un significato prevalentemente aristotelico, negando il ciclo della 3 xn,vQ(ooi<; mondo non invecchia e non muore: ). Il
stoica dell'eternit del
(

nessun dio
che
ci) (2)
(.<)

lo

regge, anzi fola (qh)vo.Qov) tutto ci


(').

si

dice intorno alla divinit

Questo natura-

Sext., Malli.,
Diog., vii, 41.

vii,

19.

AMI Didymi,

Epit. fr. phys., S6 (D. p. 469).


in, 41.

(4)

Ephiphan., Ade, haeres.,

IX.

SCETTICISMO KD ECLETTISMO

lismo

fisico, nel

quale

si

osservano

le

tracce dell'epi-

cureismo, ancora pi accentuato in Posidonio. per


cui la sostanza e la materia di tutte
e
le

cose otoiov
le qualit,

senza forma; aumentano e diminuiscono


la

ma

sostanza resta sempre identica

).

Nella psicologia, Panezio distingue tre parti fon-

damentali dell'anima:
irrazionale (c&oyo<;
loyiy.v):
opoxri)

la

natura
agli

(cpvaiq),

la

psiche

e l'egemonico (tiy^ovixv o

la

prima

comune

uomini anche con

le

piante; la secondaceli gli animali; la terza sol-

tanto loro appartiene di proprio. Questo motivo psi-

eologico

si

dimostrer fecondo nello stoicismo poste-

riore (Epitteto,
di ci

Marco Aurelio), perch


il

la distinzione

eh ' irrazionale e ci eh' razionale nell'anima

potr formare
concetto della

tema

di un'antitesi dei valori

morali

corrispondenti, e ripristinare in forma


virt
stoica,

nuova l'antico intesa come conquista

dell'autonomia dello spirito attraverso la lotta contro la tendenza e g' impulsi irrazionali, che formano il

contenuto della

yw/y] e della yvoiq.

Ma

la

distinzione dell' a^oyog i^x1! e del Xoyixv


allo

non appartiene

stoicismo classico,
altra

che,

come

vedemmo, giunse per

via

al

suo rigorismo

morale; essa invece costituisce un motivo essenzialmente platonico, avente le sue radici nel dualismo psicologico del Fedone. La sua influenza trascende confini della scuola stoica, media e nuova, la quale solamente il veicolo per cui questo impori

tante

tema speculativo passa dal platonismo


2 (

al

neo-

platonismo

).

(1)

Arii Didvmi, ibid.,

3G.

motivo platonico della psicologia della Media Stoa si argoci, che Posidonio riteneva impossibile che da un fatti dell'anima, e credeva con sol principio potessero dedursi tutti Platone impensabile che la ragione fosse causa dell'irrazionale (Ga(2) Il

menta anche da

152

LA FILOSOFIA GRECA
L'etica della

Media Stoa

un'attenuazione eclet-

tica del rigorismo della scuola classica. Il


fine della vita la felicit;
il

massimo

conseguimento di essa si ottiene vivendo conforme alla natura umana. Ma poich questa comprende due facolt sostanzialmente diverse, i valori morali si distribuiscono conformemente in due categorie. Ve una virt perfetta, che appartiene al saggio (y.axQQ(a\ia) e una virt comune o media (xaOnxov), propria degli altri uomini e che consiste in una copia della prima ( ). Di qui si pu facilmente riconoscere che, se l'apprezzamento della virt vera, conforme a ragione, identico nello stoicismo antico e medio ( 2 ). la pi larga sfera che quest'ultimo concede al JcaOfjxov, al medium officium,, l'indizio di un raddolcimento dell'antica severit. In questo risaltato da vedere indubbiamente l'influenza dell'etica aristotelica, la quale contempera armonicamente le varie attivit dell'anima. E ad Aristotile, tanto Panezio quanto Posidonio tolgono il concetto che la virt sia un che di mezzo tra il troppo e il troppo poco, cio quella [izax^q che tanto ripugnava all'antico stoicismo, e che invece assai bene risponde alla tendenza eclettica della Media Stoa.
1

Molto affine alla Stoa l'Accademia platonica,


nel
I

secolo a. C. con

Filone

con Antioco. Del


stoico
3
(

primo, Sesto Empirico pot dire che filosofava nel-

l'Accademia secondo

il

costume

);

del

se-

len., De Hipp. et Plat. piar.., IV, 3, p 377). Panezio chiam Platone l'Omero della filosofia; tuttavia non sottoscrisse aliatesi dell'immortalit dell'anima, pensando che tutto ci che nasce necessario che

perisca;

e
,

similmente tutto ci che


i,

suscettibile di

malattia (Cic,

Tuxc. disp

32).

(1) Cic.,

De
,

o/f,

i,

lo, 46;
Il,

ni.

3,

13;

4,

16.

(2
(3)

Ci-EM

Strom.,

21.

Srxt.,

Pyn:,

1,

235.

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

153

condo pot affermare Cicerone che, salvo poche mutazioni, egli era germanssimus stoicus (). Tuttavia questa affinila esiste molto pi con la media che non con l'antica Stoa.
Filone tessalo
mitridatica, e vi
eesilao e
si

rifugi a

Roma durante
il

la

guerra

god grande considerazione. Da Aregli attinse


il

da Cameade

motivo scettico

della sua dottrina, e, contro

suo scolaro Antioco,

rimprover d'aver deviato dall'indirizzo planon negava gi. la conoscenza platonica delle cose in s ( 2 ), ma solo il
gli

che

tonico, sostenne che la scepsi

criterio degli stoici.

in effetti, egli si limita a ri-

pristinare le vecchie critiche degli

accademici alla
(?).

fantasia catalettica dello

stoicismo

Ma da

Car-

neade

si

discosta nella concezione del criterio posi-

tivo della verit, che per lui

non

la

verosimiglianza,

ma

l'evidenza.

Pi grande ancora
in Antioco,

il

distacco dallo scetticismo

che pure ne fu per un certo tempo fautore, ma se ne ricred, volendo ritornare a Platone. Tuttavia, se egli si dimostra abile nel combattere le degenerazioni del platonismo, e particolarmente il
concetto accademico della verosimiglianza

il

quale

presuppone quello della verit che vorrebbe sostituire non ha poi tanta forza speculativa da poter

penetrare nello spirito della


sce a

filosofia platonica, e rie-

un eclettismo che riassume


filosofie.

in s

motivi

di

diverse

Cos nell'etica, egli viene a un com-

promesso
ripatetici
:

di

motivi stoici con motivi platonici e peil

accoglie

concetto zenoniano della virt,


tutti
i

ma nega

l'eguaglianza di

peccati e restrema

(1) (2) (3)

Cic, Ac Pr., li, 33. Cic, Acad.. li. 4. 12. Sext., ibid.; Cic, Acad. Pr., n,

154

LA FILOSOFIA ORBCA

antitesi del

bene e del male, ammettendo,


x

fuori della

virt e del vizio, altri beni ed altri mali

palmente
(lucila del

fa consistere

il

E princimassimo bene morale non


( ).

soltanto nella perfezione dello spirito,

ma

ancora in

corpo

('-),

attribuendo cos coi peripatetici

un valore
stoici.

all'esteriorit,

rigidamente negato dagli

In queste sue diminuite espressioni eclettiche, la


filosofia

greca

fa

il

suo ingresso nel

mondo

latino.

4.

conquista

La filosofia greca a roma. La maggiore dell'ellenismo Roma, la conquistatrice


della Grecia," ormai gi spenta,
la civilt

non gi

ma

dell'Acaia.

Tuttavia,

ellenistica

non

si

rispecchia nel

pensiero romano
dissolvitori, senza

che nei suoi elementi negativi e

dar luogo a nessun rinnovamento


si

fecondo d'idee. Ci che


porti mentali tra e
i

osserva nei frequenti rapi

greci e

romani, a cominciare
il

dal II secolo a.
di
in

C, non

che

sorgere di un fatto
in estensione

mera cultura, assai pi notevole


profondit.
di

che
bi-

Uno

spirito curioso di novit,


intellettuali,

un

sogno

raffinatezze

un

desiderio' di

eccellere nella loro patria, forti

delle

nistrate dai creatori della dialettica, e

genza intima
a

e mentale,

spingeva

armi somminon gi un'esigiovani romani


filosofia e di

ricercare
in

pi celebrati

maestri di

rettorica

Roma,
la

fin

Atene e in Rodi. Gli studi filosofici a dal primo apparire, trovarono gi il loro
fu

posto assegnato nelle categorie dello spirito latino:


loro

sfera

quella dell' ot uni, non

quella dei
susvita.

negotia, ed ebbero pertanto

un valore solamente
essenziali della

sidiario rispetto alle cure pi

(1)
[*)

Ci.'.,
l
.

Acad. Pr.,

il,

33.

De

fn.,

V,

!3, 37.

IX.

SCETTICISMO KD ECLETTISMO
delle teorie
alla

La subordinazione

pratica forma

l'aspetto pi caratteristico del pensiero

romano, e

la

ragione precipua della rifioritura dello stoicismo, che


esso seppe suscitare.

Tuttavia, la pratica non


che.

nella sua essenza, altro


si

pensiero:

un pensiero che non

sviluppa in

sistemi,

ma

s'incarna nelle istituzioni e negli orga-

E il grande pensiero roappunto nella pratica, che tramand ai posteri le due idee mondiali del diritto e del cristianesimo, valori eminentemente prammatici. Sta qui
nismi viventi della storia.

mano

sta

suo significato originale e fecondo, la cui considerazione per trascende i limiti della filosofia greca
il

ed appartiene

alle

epoche posteriori della storia


si stratifica

(').

Intorno a questo nucleo vivo della pratica, T ideologia degli epigoni greci
di la

amorfo

e inconsistente.

Una grande

come alcunch civilt come


pensiero
si

romana non pu compendiarsi


,

nel

di

qualche eclettico e di qualche stoico: Cicerone, giustamente detto,


realta

come pensatore,

inferiore alla
a

romana;

e lo stoicismo, si
il

pu aggiungere,

cui

si

attribuito

merito di essere stato

lo spirito

informatore del diritto romano, non ne rappresenta invece che un aspetto puramente negativo, e gli cede

gran luns'a nella sua realt effettuale e positiva. La filosofia latina che noi qui esamineremo, non esprime dunque che un momento affatto irrilevante
di

della romanit,

il

quale rientra nel processo dissolu-

tivo della mentalit ellenistica. Se

ne togli lo stoicismo, a cui conferiscono una qualche originalit le peculiari condizioni di vita nel periodo cesareo, nessuna
posizione mentale assume nella filosofia

romana una

fisonomia propria e definita, nessun atteggiamento

(1)

V. la

mia

Filosofia de! Cristianesimo, voi.

I,

cap.

I.

156

LA FILOSOFIA GRECA
altro

ha un carattere spontaneo ed autonomo. Non


invece
le
si

osserva che il prolungarsi eli quel periodo di decadenza mentale che si era iniziato nella Grecia:
fonti della filosofia

latina

lontano, nella speculazione classica,


di essa
a. C. Il

non sono da ricercar ma in ci che

sopravvive nelle scuole dei II e del I secolo che riafferma il carattere meramente cultuloro

rale dell'interesse filosofico dei romani, paghi di ci

che

la

moda somministrava

da Atene

o
il

da Rodi,

e incapaci a rifare per loro conto tutto

cammino

della filosofia.
Il

movimento

letterario ellenistico s'inizi a

Roma

nel II secolo a.

C,

e,

come

og'ni novit,

ebbe degli

avversari negli
e dei fautori

spiriti

pi rigidamente conservatori. pi liberali e aperti alle


ultimi,
si

negli

spiriti

correnti della civilt.

Tra questi

ricordano

personalit eminenti,

come Scipione

l'Africano, Tito

Quinzio Flaminio, Emilio Paolo, che si dedicarono con amore alle lettere greche. Intorno al 161 a. C,

un senatoconsulto proib
sofi e

il

soggiorno' in

Roma

a filo-

a retori: fu l'ultima vittoria dei conservatori,

degli

uomini di vecchio stampo, che intuivano l'imminente pericolo della dissoluzione nella vita romana, o '.iella loro ingenua rozzezza l'attribuivano alle indella

fluenze

cultura

ellenica.

Il

senatoconsulto fu
i

ben presto dimenticato: a poco a poco pi cospicui giovani romani ricominciarono ad affluire nelle scuole di Atene e di Rodi, e d'altra parte tornarono a riversarsi in

Roma

maestri dei diversi indirizzi allora


gli antichi sofisti, dalla

fiorenti, attratti,

come

buona

preda. Co^ apparve in


la

Roma

l'epicureismo e vi ebbe,

immeritata gloria, il suo grande poeta in Lucrezio, cui magnifica vena ne fu purtroppo mortificata. L'Accademia fece impeto sugli attoniti romani con

Cameade;

la

Stoa, nei suoi ('elettici rappresentanti,

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO
li

157

Panezio e Posidonio,

attrasse a soddisfare alle loro

modeste esigenze mentali. L'eclettismo era quella vernice di cultura filosofica che meglio si confaceva ad uomini nuovi agli studi, pei quali teatro della filosofia era la Grecia e non il proprio spirito. Epper fu tanto pi ad essi gradito il vedere come nell'eclettismo convergeva con la Stoa la scuola peripatetica, e principalmente la pi recente Accademia, con Filone ed Antioco. Il miscuglio dei vari temi speculativi non era cos neppure un lavoro da compiere, ma un lavoro gi compiuto e approntato. Non occorreva che tradurre in latino, e questo compito fu assunto da Cicerone negli ultimi anni della
sua vita.

Con rara modestia


buzione
lustrare literis
latinis

egli riconosce
11

questa sua

attriil-

di traduttore.

suo intento non che


filosofia

l'antica

iniziata

da

rispetto all'italiano tradurre,

Socrate 0): quel che v' di pi nel latino illustrare, non che il contributo

della verbosa facondia ciceroniana.

Un
tata,

simile compito non poteva essere condotto a


filosofico

termine che con un criterio

di egual por-

senza pretesa di rigore scientifico; ed all'uopo benignamente soccorreva il criterio logico degli accademici: la verosimiglianza, che nell'amplificazione ciceroniana si esprime come: quod aut verum sit aut

ad

id

quod proxima accedat.


la

Ma
tata

verosimiglianza ha per Cicerone una por-

ben diversa che per Cameade. Quest'ultimo se ne serviva come di un'arma contro i dominatici, e, criticando la loro pretesa di conquistare la piena oggettivit del vero, dava alla scienza il compito pi modesto di connettere empiricamente i dati della
Ac. Post.,

(1)

i,

2.

158

LA FILOSOFIA GKECA

rappresentazione. Per Cicerone invece, la verosimi-

glianza non pi un canone scientifico che presieda

ad un autonomo filosofare, bens un canone storico,

per scegliere ed aggruppare


filosofe.

donami delle altrui

Cosicch attraverso questo largo crivello


libri le

passano nei suoi

principali dottrine

comprese

negli antichi e nei nuovi sistemi, tutte insieme ap-

parentate da una
Di qui
cerone,
il

comune verosimiglianza.
di Ci-

grande valore storico dell'opera


affatto

indipendente

dalla

sua personalit

mentale,

ma

quale, salvatore e depositario di un ric-

chissimo contenuto scientifico, che per lungo tempo


stato accessibile alla riflessione dei pensatori solo

pel tramite suo. Anzi, di alcuni periodi della storia

del pensiero, di cui sono stati


originali, egli pali informatori.

perduti i documenti ancor oggi per noi uno dei princi-

Con

gli stoici,

Cicerone antepone
questo

la pratica alla

teoria: agere considerati', vai per lui pi

che cogitare

prudenter
si

(').

E, conforme a

principio, egli

teoretica e

d poca cura per determinare la propria posizione si affida, senza troppo discernimento, alle
Platonismo, aristotelismo, stoicismo
si

Tonti greche.

mescolano

insieme nella sua concezione della natura. La rappresentazione della sfera cosmica, della distribuzione
degli elementi, della loro separazione qualitativa in

un mondo
tile.

e in

un sopramondo

attinta

ad Aristo-

Ma

intanto, egli fa coesistere con questa intui-

zione quella del panteismo stoico, e concepisce una


le cose. Il

ragione universale e provvidente che penetra tutte teismo non a sua volta sconfessato, ma,
tuttora presente nella concezione dualistica degli ele-

(1)

De

off.,

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

159

inenti,

la

sua impronta nella determinazione del

destino finale dell' nomo, inteso, non pi secondo la


dottrina degli stoici,

ma

secondo quella

di Platone.

Contro
la

il

solo

atomismo per

egli insorge

con
il

una insospettata

violenza: nulla gli ripugna quanto

concezione di un

mondo

privo di

fini,

dove

cieco caso legge regolatrice e formatrice di tutto.

Pu

forse un'arbitraria connessione delle lettere delil

l'alfabeto darci

poema

di

Ennio?

('):

cos

il

suo

buon senso
gli

si

fa

ragione dell'assurdo atomistico, e


ironia su

suggerisce una mordace

quella decli-

nazione degli atomi con la quale Epicuro credeva di poter sfuggire alle conseguenze deterministiche
del proprio sistema.

L'uomo
nale, che

egli concepisce bipartito in

e l'anima a sua volta distinta in

anima una parte

corpo;

irrazio-

sitiva, e in

comprende la funzione vegetativa e la senuna parte razionale che comprende l'atnelle

tivit

intellettuale,

sue

forme

discorsive
2 (

intuitive e nelle sue determinazioni pratiche

).

Ma,

mentre l'anima irrazionale pi aderente

al corpo,

con cui divide l'origine e il destino, l'anima razionale si contrappone a entrambi, come una diversa
sostanza, non terrena,

per dono divino


teriale
nit, coi

3
( ).

ma E da

infuna nel corpo dall'alto,

questa sua natura imma-

ed origine divina vien dedotta la sua eternoti argomenti del platonismo. Infine, si
cui
si

legittima cos anche l'esistenza, nell'anima, di idee


innate, in
della

amalgamano insieme
platonica e
le

il

concetto

reminiscenza

nozioni comuni

degli stoici.

(1) (2)
(3)

De nat. deor., n, 37. Tmsc, i, 24, 56; i, 20, 46; n, 21, 47 e passim. De fin., v, 21, 60; Tusc, i, 27, 66; Leg., I, 8,

24.

160

LA FILOSOFIA GRECA
Un'esposizione compiuta del pensiero
di

Cicerone

esula

sarebbe una rassegna delle principali dottrine greche, avulse dal loro spidjil

nostro

proposito:

rito creatore. Nell'etica, egli oscilla tra la

concezione
tra la virt

peripatetica e la stoica: contro

il

rigorismo stoico,
blandizie con cui

egli accoglie la transazione peripatetica

e la felicit; contro la soverchia

Aristotile tratta le passioni dell'anima, egli accoglie


la

scevra

veduta stoica, secondo la quale l'anima del saggio da ogni jcdGog, da lui definito come aversa

a recta ratone

animi corhmotio
e
il

(*).

Assai migliori sono invece


Cicerone,
il

gli

scritti politici di

De Republica

De

Legbus, pervenuti

a noi solo in parte, nei quali il senso giuridico, cos connaturato ai romani, concretizza le vaporose idealit

cosmopolitiche degli

stoici,

ed

inizia l'elabora-

zione di quel ricco contenuto di vita, che nell'opera


posteriore dei grandi giuristi potr adeguarsi alla

forma universale della coscienza

politica, sorta sulle

rovine del particolarismo ellenico. Insieme con Cicerone, va ricordato

il

suo dtto

amico Varrone, che

orme di Antioco, da lui udito in Atene, professa un eclettismo non esente, come quello del suo' maestro, dalla pretesa di un risulle

torno alle fonti platoniche. Pi rigoroso di Cicerone,


egli
il

non ritiene che basti la verosimiglianza a dare fondamento del bene e del male, che dev'essere

fuori di ogni dubbio;

ma

con

lui

divide la concefelicit, e la

zione del fine morale, riposto nella

ten-

denza a contemperare armonicamente


tuali e

le forze spiri-

corporee

2
( ).

Tusc, v, 6. probabilismo ha un altro suo rappresentante, a Eoina, in Ario Didimo, amico di Augusto. Anche per lui il sapere riservato agli di, e all'uomo nou tocca che un semplice opinare.
(1)
(2)
Il

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

161

Una posizione eminentemente caratteristica assumono a Roma, sul cadere della repubblica, i Sestii, Fondatore della scuola fu Quinto Sestio, un romano
di nobile stirpe;
i

suoi seguaci furono Sozione, Cor-

nelio Celso, L. Crassizio,


la

Fabiano Papirio: con

essi

scuola

si

spense.
lo spirito del-

L'intento dei Sestii era di salvare


l'antica
il

Roma

dalla corruzione
l'esplicazione
pratica, pi
di

dalla decadenza;

mezzo per
Il

questo alto fine pala

triottico,

era la

che

dottrina dello

stoicismo.

largo consenso di simpatia, che essi in-

contrarono, deriva appunto dalla loro spiccata peridee.

morale, pi che dall'originalit delle loro Seneca ci ha tessuto un bello elogio di Quinto Sestio in una sua lettera ( ). Egli lo ritrae come un uomo veramente superiore, ma di quella superiorit che non remota dagli uomini, ed anzi forma la loro pi intima umanit. Questo ha di egregio Sestio cosi egli dice che ti mostra la grandezza della vita beata, e non ti fa disperare di conseguirla; tu apprendi che essa molto in alto, ma penetrabile a
sonalit
l

chi ^uole; tu l'ammiri e tuttavia operi. Altrove


lo stesso

),

Seneca ci spiega il valore combattivo della virt secondo i Sestii: il saggio si muove nella vita come un esercito, quadrato agmiiie, nel terreno nemico. Qui lo stoicismo s'incarna nel carattere romano, diviene un motivo spontaneo di condotta, rifuso nel temperamento di uomini vivi, che vedono tutte le insidie dei tempi nuovi e vogliono con tutte
le loro forze

contrastarvi.

Questo motivo stoico si svolge nel periodo di Roma imperiale per quegli stessi impulsi che avevano su-

fi)
(8)

Sbn., EpisU, 64.


>., 59.

G. de Ruggiero, La

filosofa

greca

n.

162
l'antico

LA FILOSOFIA GRECA

stoicismo nella decadenza politica Ogni pensatore ha una nota personale e vivace e la trae dal proprio intimo; nessuno ripete scolasticamente le vecchie dottrine di Zenone
scitato

della Grecia.

e di Crisippo: si sente

che

lo

stoicismo divenuto
di

una vera forma mentis, capace


vita del saggio

disciplinare la

anche nelle mutate condizioni esterne. E la concettosit romana aggiunge un rilievo tutto particolare allo stoicismo: ne conserva le linee esteriori del sistema, ma l'arricchisce nell'interno, con
sentenze profonde, piene di
suta.
vita

sinceramente visnon-filosofi che


i

avvenuto
si

cos

che dell'opera di questi penassai pi


i
i

satori

siano giovati

filosofi di

professione: ancora oggi

libri di

Seneca,
dif-

di Epitteto, di
fusi nel

Marco Aurelio, sono largamente

pubblico colto.
interesse

Ma

la filosofia ha, essa pure,

un proprio
5.

da

far valere.

Seneca.

Il

maggiore rappresentante dello

stoicismo

romano

Lucio
C.
,

Anneo Seneca, nato a Cormorto nel


65.

dova nell'anno
di

3 d.

Fu maestro

Nerone, che, com' noto, lo condann a morte. Seneca un grande scrittore; abbondante, e tuttavia concettoso, epigrammatico. Egli possiede l'arte di dar rilievo a ci che dice, ed attrae il lettore con

V impreveduta novit delle immagini e delle sentenze, sempre efficaci, talvolta lapidarie. Principalmente, ha una grande modernit di espressioni e di pensiero, s che a volte egli sembra uno scrittore contemporaneo. Le sue Epistidae ad Lucilium sono una
delle pi belle
Il

letture che ci offra la prosa latina.

di

tema delle lettere essenzialmente morale, ma una moralit che non pretende di erigersi in situtti

stema, e cerca invece di scrutare

gli aspetti

della vita per organizzarli in sistema. Epicuro

aveva

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

163

!;i stoltizia ha questo di proprio, che comincia sempre a vivere. In questa profonda sentenza si condensa, in una forma negativa, il prin-

detto che

cipio socratico della moralit


colui che sa organizzare
la
atti

come scienza: saggio

propria

vita,

secondo un principio unico e nel quale la molteplicit degli

un ricominciare perennemente la propria vita, ma uno svolgerla dal centro dinamico della propria personalit. E lo stoico, riprendendo il monon

tivo socratico soggiunge: noi pecchiamo, perch de-

liberiamo

tutti delle

singole parti della vita,

ma

nes-

suno delibera dell'intera ('). Deliberare dell'intera vita significa non gi trascendere e svalutare le singole parti; anzi intrinsecare
in

esse la vita totale,

che non

la loro

somma, ma

la loro

fisonomia unica
clies,

e individua.

La sentenza
tota,

del saggio : singulos


2 (

singulas vitas puta; qui hoc modo se aptabit, cui vita

sua quotiate fuit


e

securus

est

).

Questa sentenza
il

una

delle pi profonde che abbia creato

pensiero

morale, ed la massima esplicazione del principio


socratico. Vivi in
in ogni giorno,
tale,

modo che
sia in

la tua

vita sia intera

che

ogni atto quella vita to!

in cui la

tua piena personalit impegnata

Non v' che il saggio, che agisce come uno e identico, cio come veramente tutto, gli altri uomini sono
multiformi
:i

).

Epper

la vita del saggio


ivi l'azione si

solamente

assume un

fonde col pensiero e questo con quella. Gli uomini comuni cercano vanamente di colmare, con la multiformu dei loro atti rivolti verso l'esterno, il vuoto incolmabile del
sol colore;

proprio intimo.

Ma invano

si

crca di

sfuggir se

(1)
(2)
(8)

Ep., 71. Ep., 101.


Ep., 120, 22.

164

LA FILOSOFIA GRttCA

gis(

movimento: tecum fuInvano si ripone la realt del proprio essere nelle vane chiraere del futuro: o quanta dementici est spes longas
stessi nell'irrequietezza del
l

),

cos e' insegue la nostra stessa legge.

inchoantium! Nulla bisogna promettersi dal futuro: id quoque quod tenetur, per manus exit, et ipsam

quam premimus horam

turo suspenditur cui irritimi est praesens.


ripetere con Stilpone:

casus incidit. Ille vero ex fuUn eterno


si

presente in cui v' tutto se stesso, in cui

pu

Omnia bona mea mecum


il

porto,

ecco quanto fa pago


suo, egli

saggio.

forte di quel pos-

sesso che nessuno pu togliergli, perch veramente

pu chiamare gli altri a giudicarlo, senza bisogno di nascondersi e d'isolarsi. Anzi il giudizio
del pubblico diviene
la

un momento della sua coscienza,

presenza dell'altro in s, creatrice del dramma morale. La saggezza ammonisce: vivi come in pub-

fa che le tue pareti ti coprano e non ti nascondano. La buona coscienza chiama a se la turba;

blico;

la

malvagia
2

ansiosa e trepidante

anche nella

so-

litudine
Il

( ).

significato razionale dell'organizzazione morale

Seneca un'accentuazione assai maggiore che negli antichi stoici. Si sente in lui viva l'influenza platonica, la quale si palesa ancora nel ridevo dato alla lotta contro l' irrazionalit, che in noi, ma in un certo senso esterna a noi, perch non
dello spirito riceve in

intacca

il

centro vivo della nostra personalit.


si

Il

dua-

lismo psicologico di Platone


del

traduce qui nell'azione

circoscrivere la

sfera

della
si

pura

spiritualit,

respingendo tutto ci che

ritiene

appartenente

(1) (2)

Ep., 28.
>., 48.

IX.

SCETTICISMO BD ECLETTISMO

165

all'anima,

ma

che non veramente l'anima.


(

il

disprezzo del corpo che per Platone era saggezza,

per Seneca diviene libert

).

Una nuova
il

deviazione dall'antico

stoicismo

si

osserva nella concezione di Dio. Seneca spiritualizza

Dio stoico, che era troppo aderente alla materia;


il

quindi
greci e
tuizioni

suo immanentismo acquista, a volte, un


in-

rilievo diverso dalla teologia panteistica dei modelli

sembra anticipare laminosamente alcune


cristiane.
Cos,
la

divinit

intesa

come

presente alla vita umana, arbitra dei nostri destini,


osservatrice delle nostre vicende, arbitra della nostra

moralit

(-').

Nessuno

buono senza Dio; ecco una


il

dipendenza, che former

centro dell'etica cristiana.

Eppure, con queste massime, altre ne coesistono d'intonazione diametralmente opposta, che tendono a ridurre a una vana testimonianza la presenza del
divino nell'uomo e ad assicurare al saggio una perfetta autonomia e una sufficienza orgogliosa a se medesimo. Lo stoicismo ancora la solida terra su cui si riposa il pensiero di Seneca, quando non

regge pi

allo slancio mistico.

Le

lettere di

Seneca formano

la parte pi

imporil

tante della sua vasta opera. Gli altri scritti morali

gravitano intorno ai concetti

ivi

formulati. Cos

De Ira svolge il motivo stoico della negazione itdOo;; il De Consolatione, scritto durante l'esilio
filosofo in Corsica,

del
del

enuncia l'indifferenza del saggio di fronte alle contingenze esteriori; il De Providentia agita l'antitesi della provvidenza e del fato; il De Clementia tenta di salvare questa virt, col separarla

(1) (3)

Ep., 65, 22.

Ep., 41, ep., 87.

166

LA FILOSOFIA GRECA
misericordia condannata dagli stoici;
il il

dalla

De
fa

Constantia sapientis svolge

tema che non

si

ingiuria al saggio, essendo invulnerabile non quod

non feritur, sed quod non laeditur.

Nel sistema
fatto,

filosofico di

Seneca, che riproduce


filosofo

la

tripartizione della dottrina stoica, all'etica spetta, di


il

posto pi importante. Tuttavia

il

non
ma, non

afferma senza oscillazioni questa preminenza:


a

volte egli sostiene che la filosofia facere docet,


l
(

dicere

);

a volte invece
.per

il

primo posto

alla fisica,

come quella che ha

oggetto

la divinit stessa e
2 ( ).

che pertanto sovrasta all'etica come Dio all'uomo

Ma

in

realt,

la

fisica di

Seneca, esposta nei sette

libri delle

Naturalium Quaestionum non ha quell'im-

portanza che l'autore sembra volerle conferire, e non va oltre un'acuta e perspicace discussione di problemi strettamente fisici e metereologici ( 3 ). Quanto ai principii direttivi della fisica, Seneca dipendente
dalle sue fonti greche, e se ne distingue soltanto nel

caratterizzare

il

principio agente

come

spirito o soffio

formatore della materia.

Pi giovane di Seneca, C. Musonio Rufo, vissuto Nerone e Vespasiano, si limita in una maniera pi circoscritta ai problemi morali. La filosofia vien da lui definita in funzione del compito morale, che
sotto

(1;
(2)

/'/'.,

20.

V. la prefazione alle Natir. Qu il lib. 2, dove la spiegazione dei fulmini attribuii:], contro Aristotile, alla collisione delle nubi; il 3, dove si confuta l'origine delle acque delle fonti e dei fiumi dalle piogge, e la si spiega
(3)

Interessante

con l'analogia dell'organismo umano, avente le sue vene e le sue arterie; il 5, dove la genesi dei venti viene attribuita, parte alla rarefazione dell'aria per l'azione solare, parte alla propriet dell'aria stessa, intesa come realt animata; il G, dove la tanto controversa origine del Nilo vien con Aristotile e Teofrasto attribuita allo spirito della
terra.

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

167

ad essa incombe non soltanto formulare


praticare.

ma

anche

E Tesser
(').

filosofo divien

sinonimo

di essere

uomo dabbene
6.

Epitteto e Marco Aurelio.

Epitteto, di orii

gine frigia, schiavo di Epafrodito, liberto di Nerone,


visse in

Roma

sotto questo imperatore e sotto

suoi

successori; pare che sia morto nel

tempo

di

Traiano.

Filosofare per lui apprendere ci eh' da deside-

rare da evitare
tutte le cose
si

2 In conformit di questo compito, dividono in due classi: ci che dipende da noi e ci che non in nostro potere. Alla

( ).

prima classe appartiene l'opinione soggettiva, con le inclinazioni, desideri e le repugnanze che ne derivano; alla seconda classe, tutto il mondo esterno, compreso il corpo umano, coi cos detti beni (sanit, ricchezza, ecc.) che lo concernono. Ma il bene e il male, nel loro vero significato morale, non consistono nelle cose, bens nelle opinioni che gli uomini si formano intorno alle cose: esempio tipico, la morte, ohe diviene un male nell'opinione, mentre tale non 3 , in s considerata ( ). Avviene cos, che le cose esterne le quali pur sono straniere a noi, ci tocchino per mezzo delle rappresentazioni ed opinioni che sui

scitano nel nostro spirito, e la cui apparizione, de-

terminata da leggi oggettive, non in poter nostro


evitare. Ci eh' invece in nostro potere, la scelta

dell'uso da fare delle nostre rappresentazioni

4
(

).

Qui

interviene la volont, razionale e libera, che, dispo-

nendo dell'uso
Floril., 67,

delle opinioni e degli affetti, sottrae lo

(1)

20; 79, 51, Schl.:

x ye elvoi yaOv r cpuXooipov

elvai ta-Tv oxi.


(2) Biss., in, 14, 10.

(3)
(4)

Man., cap. Man., il.

5.

168
spirito
fa

LA FILOSOFIA GRECA

ad ogni dipendenza dalle cose esterne,

e le

estranee e indifferenti, conforme alla loro natura.

La saggezza
se stessi,

consiste quindi nel non trascendere

nel non far nulla che

potere, nel chiudere

non sia in proprio ad ogni influenza esterna e per1

turbatrice

il

proprio spirito

( ).

Ma una

volont,

una

rimuovere da se ogni oggetto, ad affermarsi nella solitudine e nell'isolamento, non che un astratto fantasma, anzi peggio, una vana
libert intenta a

corrosione.

La

virt d'Epitteto del tutto negativa:


spirito.

una lenta consunzione dello


astenersi sono
Il
i

Sopportare ed

suoi soli precetti.


si

motivo cinico che

osserva in Epitteto anche


disprezzo del
sa-

pi accentuato nel libro dei pensieri dell'imperatore

Marco Aurelio Antonino, dove


pere e
la

il

sua inutilit alla pratica sono affermati senza nessuna attenuazione. Lascia da parte i libri; non tardare un istante, perch questa dilazione non
ti

pi permessa: cos invoca


altro

il

filosofo

2 ( ).

motivo della sua opera ispirato al concetto di Panezio della subordinazione dell'anima naturale e irrazionale al

Un

principio razionale e logico.

Quella subordinazione divien per Marco Aurelio una

causa di svalutazione per ci eh' subordinato. Egli predica il disprezzo non soltanto del corpo, ma anche dell'anima. Tutto ci che riguarda il corpo un fiume

che scorre; tutto ci che riguarda l'anima non che sogno e vanit. Chi pu dunque dirigerci ? Non v' che una guida sola, la filosofia. E filosofare significa fare in modo che il genio eh' in noi resti puro da ogni macchia, pi forte dei piaceri e dei dolori, mai agente con leggerezza, n con falsit o dissimu-

li)

Man.,
1.

1,

5; Scnt. 19.

(2) li,

IX.

SCETTICISMO

F.D

ECLETTISMO
gli

169

lazione,

ma

pronto ad accettare

avvenimenti

di

ogni ordine,

come emanazioni
(').

della fonte dond'egli

stesso deriva

ha la provvidenza che regge gli eventi, e che viene sovente magnificata da Marco Aurelio ( 2 ); tuttavia non necessario al saggio trovare un teatro adatto alla propria azione. Se anche il mondo fosse non gi regolato e armonico, ma caotico e confuso, l'uomo avrebbe il dovere e la potest di
alla realt naturale

Questa subordinazione
ragione
nella

sua

divina

realizzare in se

medesimo un mondo ordinato


il

e orga-

nizzato

3
( ).

In lui infatti, e non fuori, esiste

principio

il compito di dirigere verso una meta precisa gli atti e i sentimenti, e calcolare fin le minime azioni, riferendole al fine supremo della

organizzatore; donde

vita

(*).

Qui

si

palesa l'influenza di Seneca. Quella di


stesse

Epitteto invece patente nella critica delle opinioni.

Le cose
contatto

in se

non hanno

il

bench minimo

con l'anima nostra. Esse non hanno accesso possibile; non possono n mutarla n muoverla.

L'anima

sola
il

stessa e di

darsi

ha la potenza di modificare se movimento; ed in conformit


si

dei giudizii che essa crede di poter dare,

foggia

Noi non siamo dunque in contatto che con noi stessi e con le nostre opia suo uso
le

cose esteriori

).

nioni; la realt

non

ci

tocca. Di qui
il

il

precetto: sop-

primi l'idea e sopprimerai anche


dente. Se
sei

fatto corrispon-

ferito,

sopprimi

l'Io

sono

ferito,

(1)

170

La filosofia greca
(').

sopprimerai anche la ferita


cacia
dell'azione,

Questo soggettivismo
la

estremo giunge persino a negare


principio:

realt e

l'effi-

non
ci

gli
atti

che pure aveva assunta a suo atti degli uomini ci colpiscono,

perch questi
spirito,

non sono realmente che nel


ci

loro

ma
il

che
2
(

commuove sono

le

idee che

ce ne facciamo

).

Qui
ci

soggettivismo s'isterilisce totalmente,

e,

lungi dal darci la realt piena del nostro spirito, non

pone

alla

presenza che dei nostri vani fantasmi

e intristisce

l'anima in una fanciullesca interpretazione della vita, che toglie alla virt ogni grandezza

e ogni prestigio.

Con

Epitteto e

vicina al cinismo,
indifferente

Marco Aurelio, lo stoicismo si avinteso come una mera prassi, ad ogni fondamento teoretico della mo-

ralit, e anzi come disprezzo di quel sapere. E il cinismo risorge a scuola autonoma dell'et imperiale,

tutti

con Demetrio, amico di Seneca, Enomeo, Demonace: costoro rifuggono da ogni scienza e vagheggiano una mera sufficienza pratica.
7.
si

Gli ultimi scettici.


le

Eclettismo e scetticismo

dividono

ultime spoglie della filosofia greca pro-

priamente detta, con diverso intento, ma con risulcomune che trascende l'uno e l'altro. Tanto l'acritica inclusione, quanto l'ipercritica esclusione di tutti gli antichi dorami riattivano intorno ad essi l'interesse erudito e preparano una pi vasta sintesi, di cui entrambi formeranno un momento
tato

necessario.

(1)

iv,

7.
18.

(2) XI,

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

TI

L'eclettismo, la cui esistenza di fatto rimonta a

pi secoli indietro, riceve la consacrazione


del

anche

nome

dall'alessandrino Potamone, che, sulla fine

del II secolo, fond


eclettica.

una scuola che

egli stesso

chiam

E
dopo

il
il

pirronismo, spento come setta autonoma poco suo nascere, ma reincarnato nell'Accademia,
1

risorse infine, sotto le insegne stesse del

datore, nel

secolo a.

C, con Enesidemo,

primo fone, due

secoli pi tardi

codificatore

nel

scrisse otto libri

ebbe il suo ultimo rappresentante e medico Sesto Empirico. Il primo IIuQecoveicov lyto\, che noi non posi

sediamo;
jtcoeig,

il

secondo, oltre

tre libri IIuQooJveioi

ii.-cotu-

scrisse l'opera

volta, oltre
le

famosa LTog Ma8r)^a-tixou<;, riche contro le matematiche, contro tutte


1

scienze allora coltivate

( ).

Due sono
di

tratti

differenziali

dello scetticismo

Enesidemo, rispetto al pirronismo e alla media Accademia. Innanzi tutto, esso ha di mira non soltanto la scienza stoica,
l'eclettica.

ma ancora,
il

e pi specialmente,

Perci egli attacca

criterio della vero-

Cameade, che gli appare troppo dommatico. Il vero scettico non afferma talune cose e nega talune altre, ma non ne afferma nessuna, non
simiglianza di
dice ci eh' conoscibile o inconoscibile, vero o falso,

verosimile o inverosimile;
il

ma

si

limita a sospendere

giudizio

( ).

Inoltre

quel che vi era di

nuovo scetticismo ripudia troppo dommatico nell'antico:


il

affermare che nulla possa essere conosciuto

signitic;i

ancora dommatizzare, se pur negativamente: il vero scettico invece si accontenta di dire che finora nulla

(1) (2)

libri

VII-Xl sviluppano la scepsi propriamente


l,

filosofica.

Sext., Pyrr.,

226.

172

la Filosofa greca

con sicurezza conosciuto, e cio di mostrare ch^

ad ogni asserzione dommatica se. ne possa contrapporre una opposta, egualmente fondata ('). Con questo assunto positivistico per non s'accorda l'enunciato dei dieci tropi (tqjtoi) su cui Enesidemo cerca di fondare il suo dubbio universale,
perch da
essi risulta piuttosro un'impossibilit as-

soluta di conoscere con certezza alcuna cosa, che

non l'inadeguatezza attuale


Di questi
cepire
le

delle nostre conoscenze.

tropi,

il

tratto dalle differenze degli


la diversit nel

esseri animati,

da cui consegue
il
il

con-

stesse cose;

2 dalla

diversit degli uo-

mini
il
il

in

particolare;
il

3 dalla differente

struttura

dei sensorii;
5 dalla 6 dal

4 dalla diversit degli stati soggettivi;


;

diversit di posizione, luogo e distanza


le

miscuglio in cui

cose

ci

appaiono;
l'8

il

dalle differenze quantitative (ci eh'

grande appare
dalla

piccolo, ci che quadrato rotondo, ecc.);


relativit delle cose;
il

9 dalla

frequenza o rarit
2
(

delle percezioni;

il

10 dalla diversit di educazione,


).

di costumi, di leggi, di miti e di opinioni

Ai dieci tropi di Enesidemo, Agrippa ne aggiunse altri cinque, che per, con pi verit, non si sommano ai precedenti, ma sono una diversa redistri,
buzione dei
fattori del
i

dubbio

Essi sono: l'opposiil

zione dei giudizii sopra

singoli problemi,

regresso

all'infinito, la relativit degli

oggetti;

l'assunzione
certe,

di proposizioni universali
i

immediatamente
la
si

che
il

dominatici fanno arbitrariamente, per evitare


all'infinito;

regresso

infine

quando un argomento che

che si ha pone a conferma di


diallela,

(1)

Philo., de ebr., 202; Phot., Bibl., 169 b 21 segf

(9)

Diog.,

ix,

79 aegg.

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO

173

un giudizio, si fonda a sua volta su questo, cio manca di giustificazione ('). L'intento di Enesidemo di fondare un nuovo eraclitismo, cio una concezione del flusso universale
delle cose e delle opinioni
sulla traccia del

che

le

concernono.

Ma

suo modello, finisce anch'egli col dominatizzare: di qui la distinzione, che il suo seguace Sesto Empirico sente il bisogno di ripristinare,
tra Peraclitisrno e lo scetticismo
('-).

Nelle opere di testo tutti

vari temi scettici svi-

luppati da Enesidemo, da Agrippa, da Favorino, da

Menodoto, sono insieme aggruppati con un nesso sistematico, che riproduce, nel suo anti-dommatismo,
la tripartizione
fisica, etica.

dommatica

della filosofia, in logica,

Nelle Istituzioni pirroniane e nei cinque


i

ultimi libri dell'opera Contro


i

Matematici

(o

Contro

vengono minutamente esaminate e discusse con una sovrabbondanza di argomentazioni, che non sempre tuttavia testimoDi mimatici),
le

singole sezioni

nia l'acume degli scettici.

Contro
di

la

logica dommatica, Sesto riunisce

tropi

Enesidemo

e di Agrippa. Alla confutazione della


si

possibilit che

dia

un

criterio del vero, egli

ri-

volge particolarmente la sua attenzione. Ogni criterio consta di tre momenti: a quo, per quod, secundum

quod

( ).

quo, cio

e questo vien
e fallace.

il soggetto umano giudicante: mostrato come una norma variabile

Per quod: ci implica

il

mezzo giudicante,
entrambi.
(la

la sensibilit o l'intelletto o la sintesi di

Ma

la

sensibilit soggetta all'errore;

l'intelletto,

non potendo neppure intendere se stesso

propria

(1) (2)

Diog., ix, 88 segg.; Sext. Pyrr.,

i,

164 segg.

Sext., Pyrr.,

i,

210.

(3)

Sext., Pyrr., n, 18 segg.

174

LA FILOSOFIA GRECA

sostanza, generazione, ecc.) non potr tanto meno comprendere le altre cose; l'intelletto e il senso insieme non fanno che riunire due impotenze. Secun-

dum
di

gli stoici

il criterio propriamente detto, che riponevano nella fantasia catalettica. Contro questa, Sesto ripete tutti gli argomenti dell'antico

quod: cio

scetticismo.

Ma, a parte

la

possibilit o

meno

del

criterio,
di

v' un'istanza preliminare contro ogni tentativo

dimostrare una verit: se v' apodissi, ogni dimostrato ba bisogno di' una nuova dimostrazione, all'insillogismo include un circolo vizioso, il premessa maggiore, per mezzo delia quale la conclusione dev'essere provata, pu essere convalidata soltanto da una induzione, che contenga in
finito
x

( ).

perch

la

s la conclusione stessa

2 (
).

Dopo

la logica, la scepsi

investe la fisica e l'etica.


critica del concetto di

importante sopratutto

la

causa, appunto perch la causa forma la volta su


cui tutta la

me tanca

greca
del

appoggiata.

La eausa,

dice Sesto, ripetendo

resto

un'argomentazione
(jtQg ti), e la

dei suoi predecessori,

una relazione

relazione non ha esistenza


sata
(

ma

vien soltanto pen-

3 E non v' causa, anche perch, o il corpo ). sarebbe causa del corpo, o l'incorporeo dell'incor-

il corpo dell' incorporeo o viceversa. Ma il corpo non pu essere causa del corpo perch entrambi hanno la stessa natura; bisognerebbe allora

poreo, o

che ogni corpo fosse causa, e allora nulla sarebbe pi effetto. Lo stesso si dica dell'incorporeo come causa dell'incorporeo. Ma tra l'incorporeo e il cor-

ei) (2) (3)

Diog., i\, 79 segg.; Sext., Pyrr.,

il,

85.

Sext., Pyrr.,
Sext., Malli.,

li,

234 segg.
207; Diog., ix, 98.

ix,

IX.

SCETTICISMO ED ECLETTISMO
la

175

poreo non v' causalit: perch


care
il

causato e viceversa, mentre


1

la

causa deve tocnatura incordall' incor-

porea non pu toccare n essere toccata porea


(

).

Infine

la

virt efficiente

non pu risiedere pi
si

nel causante che nel causato, pi in colui che gira


la

ruota, che
il

nella

ruota che gira. Similmente,

dice che

fuoco brucia la legna:


2 (

ma

veramente
un'atti-

esso la causa del bruciare o

non piuttosto
il

tudine della legna?

).

L'incapacit ad intendere la

concretezza delle relazioni costituisce

fondo delle
greca in
la

argomentazioni di Sesto contro

il

principio di causa.

Ma

tale incapacit propria della filosofia

genere pi che di Sesto in particolare: quindi


critica acquista

sua

un grande valore come

crisi interiore

di quei presupposti sostanzialistici

che stanno a fon-

damento

della metafisica greca, e che le precludono

l'intelligenza della concretezza di rapporti ideali.

Similmente contro
la

il

moto, lo spazio,
i

il

tempo,
sofistici

generazione, sono ripetuti


altri

vecchi temi

nuovi ne sono escogitati. E finalmente la fondata sull'impossibilit di concepire un bene o un male per natura, perch se fossero, dovrebbero essere eguali per tutti,
ed
critica delle dottrine etiche

mentre non sono


gazioni.

tali

chiude

la

serie

delle

ne-

Ma
Sesto?

Un

qual' la conclusione ultima del pensiero di totale nihilismo? No: egli annulla o imdi annullare ogni

magina

pretesa dommatica, ogni


la

asserzione scientifica intorno alla realt, e non


realt stessa in cui vive

ed opera.- Quindi, lo strano epilogo di questo scetticismo, che nega ogni valore

(1)

Sext., Math., ix, 214.


Ibid., 240.

(2)

176

LA FILOSOFIA GRECA
conquiste della scienza, per abbandonarsi all'opialle

alle

nione comune, rienza. Quella

testimonianze immediate dell'espe-

filosofa

che era nata e


la

si

era svolta
del-

per organizzare e correggere

mera empiria

l'uomo incolto e comune, per l'appunto ci che bisogna togliere di mezzo, per ritrovare nell'intatto patrimonio dell' ignoranza il criterio pratico della condotta della vita. A questo titolo, Sesto avrebbe
potuto vantarsi di essere
il

pi fortunato scolarca

che mai

ci

sia

stato,

se

a un cos tacile successo

non

si

fosse egli stesso per

primo

sottratto

studio assiduo e paziente delle altrui


al solo
Il

filosofie,

con uno anche

scopo di criticarle.

suo agnosticismo ha un notevole significato anche per il pensiero religioso. Egli critica e nega
i

domini delle teologie,


si

ma uon
cos,
in

l'assunzione immeforza dello stesso

diata del divino, che

d nella comune esperienza

religiosa. Egli accredita

scetticismo, quella religiosit popolare che traboccava

gi dagli angusti limiti dell'intellettualismo greco e

cominciava a crearsi una forma mentale appropriata.

X
IL

NEO-PLATONISMO

1.

abbiamo considerato
della
di

Valore positivo dell'ellenismo. Fin qui l'aspetto meramente negativo


l'attenuarsi e
il

civilt ellenistica:

dissiparsi

una vita gi rigogliosa nei suoi primitivi centri, ma non pi sufficiente a riempire di s il mondo
ellenizzato,
i

cui contini son troppo vasti perch le


si

sue forze vi

gi notato, parlando degli stoici, che

spandano senza perdersi. Abbiamo non sorge nel mondo greco nessuna grande idea coestesa ai nuovi,
il

smisurati orizzonti:
piuttosto

cosmopolitismo stoico esprime


dello spirito di fronte alle

uno smarrimento

mutate condizioni di vita, anzich una nuova forma di consapevolezza; quindi il pensiero stoico appartiene pi all'antica civilt che alla nuova che si va formando, ed a quella legato da un amore nostalgico e senza speranze.

L'opera universale di Alessandro non sorretta da un'idea universale che possa consolidarla. La vita greca si modellata sulla nliq e muore con essa; il suo massimo sforzo di espansione anche
G. de Kuggiero,

La

filosofia

greca

- II.

12

178

LA FILOSOFIA GRECA

l'estremo sforzo: nella politica,


cazioni della loro mentalit,
i

come

in tutte le espli-

dopo avere creato una ricca civilt tutta propria, ne intuiscono e ne preparano una nuova, ma esauriscono con ci il proprio essere e sono sopraffatti da quella stessa corrente che hanno intravveduta e preparata. Pochi anni separano la conquista di Alessandro dall'occupazione romana. L'espansione romana sar pi duratura, perch la sorregger un'idea coestesa alla sua azione: il diritto, la legge, forma universale per un contenuto
greci,

universale, forza

attiva
al

d'irraggiamento, e intanto

riferimento

attivo

suo centro dinamico: Roma,

che vive dovunque nel

mondo

si

attuano

le

sue leggi.

questa prima idea veramente universale

valore noi studieremo nel volume seguente

il

cui
Cri-

il

stianesimo attinger

il

motivo della sua forma, egual-

mente universale; onde, sia detto qui per incidente, esso sar, a malgrado del suo contenuto prevalentemente greco, cattolico romano. Questa universalit della t'orma mancata affatto ai Greci: vissuti nel particolarismo, dovunque hanno creato, hanno creato a loro immagine e somiglianza, moltiplicando il loro stesso particolarismo, anche quando l'estensione della propria azione poteva pretendere a una vera universalit. Tutta la storia della colonizzazione ellenica dominata da questo identico spirito: lo sviluppo dell'ellenismo dura fino a quando tutta la minuta costellazione ellenica brilla di luce
propria; e volge alla sua rapida dissoluzione allorch
i

singoli centri

e originale. Null'altro che questo infatti vi

hanno perduto ogni ragione autonoma avevano

infuso

loro creatori.

Siffatto

dissolvimento dell'ellenismo non esprime

tuttavia che

un momento

solo della storia che

noi

X. IL

NEO-PLATONISMO

179

consideriamo.
si

impossibile concepire

una vita che

svolga con un indirizzo meramente lineare e pa-

mai ricongiungersi ai momenti iniziali La vita eminentemente pensiero, cio riflessione; e se pure la traiettoria adeguata alla vita di un singolo popolo la parabola, questa tuttavia si complica di movimenti e rivoluzioni seconrabolico senza
Bel suo processo.
di) rie,

ce pi bile

la tendenza finale. inconche la Grecia classica abbia consegnato all'ellenismo un ricco patrimonio di valori soltanto

che ne rallentano

per dissiparlo; anzi, per

il

fatto stesso

che

valori

non
se

si

valori,

tramandano che nella creazione di nuovi lecito presumere che l'ellenismo abbia in
la

un carattere positivo, che formi

sua vera
ci

ori-

ginalit.

Qualche considerazione su questo carattere


di

vien

suggerita dal significato stesso di quella riflessione,

quel ripiegamento in cui consistono la vita e


Il

il

pensiero.

pensiero greco nell'ellenismo


la vita

si

riflette

sopra se medesimo; in esso

punto da questa riflessione: dall'erudizione


filosofia,

dalla rielaborazione dei

nuova sorge apla nuova miti la nuova re-

ligione.
i

sta

qui ancora

il

tratto differenziale tra

valori dell'et classica e quelli dell'ellenismo, che

nel

contenuto tendono a identificarsi cos compiuta-

mente.

Come

nell'et

sione sul passato,

ringiovanisce lo

matura dell'individuo, la riflesquando riflessione viva, creatrice, spirito, ma non cos tuttavia da ri-

dargli l'antica immediatezza di vita, bens facendolo

assorgere a una giovinezza nuova, tutta ideale e consapevole; cos pure nell'ellenismo rivive l'aurea giovent della Grecia, ma senza la primitiva spontaneit, che trasfigurata e idealizzata nel ricordo. In

questa opera di risurrezione,

emergono con

fatica, oltre e

momenti nuovi di vita malgrado le intenzioni

180
di coloro

LA FILOSOFIA GRECA

che operano.

I filosofi

vogliono limitarsi a

coraentare e illustrare
sacrate nei

le

dottrine dell'antichit, con-

un Pitagora, di un Platone, di il comento trasfigura le fonti originarie, trae da esse un pensiero che non vi era contenuto, fa che rispondano a problemi sorti appena
di

nomi

un

Aristotile; e tuttavia

menti degli esegeti. Similmente la religione non vuol essere che un risveglio dell'antico politeismo, gi morto nelle coscienze, vinelle
dell'et ellenistica

vente ancora e per sempre nelle arti; e intanto dallo


studio profondo dei miti e dei culti trae una rappre-

sentazione dell'antico paganesimo, che in realt

non immediatezza sensibile, ma ha un valore tutto intellettuale, dove i miti sono espressioni di concetti e non di fantasmi, e dove i culti assorgono al significato di una razionalit fino
la pluralit degli di

una nuova religione, dove

risente pi della primitiva

allora sconosciuta.

Alle prime riflessioni storiche della coscienza ap-

paiono ancora inconciliabili


tivit creatrice,

l'attivit riflessa e .l'at-

che pur esprimono momenti diversi dello stesso processo: epper gl'ingenui indagatori dell'antichit greca insinuano quasi di nascosto i loro pensieri nei vecchi testi, credendo cos di porli sotto
l'egida di

autorit indiscusse.

questa

la

ragione

formatrice della credenza nella riposta saggezza degli

una credenza che di tutti tempi, ma che per la prima volta riceve, presso filosofi del periodo che noi consideriamo, un profondo significato razioantichi:
i i

nale, e

che ritroveremo assai pi intensificato nella


della mentalit ellenistica

storia del cristianesimo.

La tendenza dominante
tutta

mediata

e riflessa:

ma

diversamente opera

questa riflessione, a seconda del diverso contenuto

che

le

vien sottoposto. Col trapiantarsi della civilt

X.

IL

NEO-PLATONISMO

181
la tradi-

greca in sedi lontane dai centri originarii,


zione

puramente ellenica
la

si

contamina

di

motivi
si

estranei, attinti alle storie dei popoli nei quali

propagata, e che

trasformano e l'arricchiscono va-

riamente, a seconda della varia reattivit originale


del loro spirito. Persiani, Sirii, Caldei, Giudei, Egiziani, popoli aventi

una propria

civilt gloriosa,

ac-

colgono l'ellenismo nel


secolare, e lo
la

pantheon della loro storia assorbono o ne sono assorbiti, secondo

forza della individualit nazionale di ciascuno.

Ila rutti

insieme importano un elemento nuovo nella

civilt

greca: quello spirito contemplativo, estatico,

sfrenatamente mistico, che forma l'aspetto predominante della mentalit orientale, per cui si distingue

nettamente dalla greca. Il terreno dove pi facilmente potevano incontrarsi le

due mentalit era certamente


il

il

terreno

reli-

gioso, su cui quasi tutto


secoli fermato.
i

pensiero orientale s'era da

Greci:

frutto
alle

E quivi molto avevano da apprendere possedevano una religioni/ popolare, d'ingenue e artistiche intuizioni, insufficiente
essi

pi alte esigenze del loro pensiero, che, allor-

quando aveva

affrontato il problema religioso, avea dovuto sfrondare tutta l'inutile selva di miti e di favole, e s'era fermato all'intuizione di un Dio unico, immobile, sul limitare del mondo conoscibile, e della
stessa conoscenza filosofica, che ne
le

prime mal certe

linee.

abbozzava appena Quanto pi ricche invece

le
.

esperienze religiose degli orientali, coi loro sistemi


serie

emanatistici, con le imponenti processioni di divinit,

con

le

diatrici tra

immaginose di potenze sovrumane, mel'uomo e Dio. Queste esperienze conden-

savano in una unit superiore la mitologia e la teologia, che presso i Greci erano in dissidio; esse rivelavano una fonte pi profonda di conoscenza, ignota ai

182

LA FILOSOFIA GRECA
rinchiusi
nel
loro
il

Greci, che,

stretto

intellettualidi-

smo, avevano appena sfiorato


vinit, relegandolo, gi

problema della

con Platone,

ai confini del-

l'ignoto.

rinnegato

Tuttavia ilpensiero greco aveva in quel tempo il suo ristretto, e pur tanto glorioso intelera ancora in

lettualismo, ed
la

grado

di

ricomprare

sua libert di fronte al problema di Dio. Lo scetticismo, preparato dalle dottrine stoiche ed epicuree,

aveva dichiarate vane

tutte le pretese di

una cono-

scenza razionale della realt; e

gli stessi platonici

ripetevano che Dio solo saggio e cbe la ragione

umana

impotente a conquistare

il

Dio ineffabile,

che vive oltre e fuori la sfera dell'intelletto. Non poteva allora questo motivo scettico contenere insieme una doppia istanza, negativa verso l'antica scienza intellettualistica, positiva verso una forma nuova di sapere, oltre l'intelletto, adeguata all'oggetto ultra-intelligibile e divino? Questa speranza rampollava immediatamente dalla disperazione scettica e dal bisogno religioso, pi che mai vivo negli animi, in quel periodo delia storia che diede al mondo
la

pi alta delle religioni.


D'altra parte, con lo svalutarsi delle facolt delintelletto

l'

umano,

e con l'elevarsi, per conseguenza,

dell'idea divina ad altezze


lo

stesso bisogno religioso

sempre pi inaccessibili, rendeva necessario uno

spontaneo e volontario manifestarsi di Dio agli uomini, una volta che questi non erano in grado di giungere con le proprie forze fino a lui. Per vie opposte, gli sforzi del pensiero converge-

vano nello stesso centro: ultrarazionale era la conoscenza di Dio postulata dall'esasperazione scettica
del pensiero; ultrarazionale la manifestazione spon-

tanea del divino: cos l'uomo e Dio, separati dalla

X.

IL

NEO-PLATONISMO

183

ricongiungevano nel dominio d'un'espenella storia designata con l'appellativo di mistica. Quivi si ricomponevano in una nuova apparente immediatezza in realt mediata da tutta la negazione scettica del pensiero quivi le ricche la religione popolare e la teologia esperienze del misticismo orientale confluivano con tutta la loro smagliante esuberanza di forme. Bisogna tuttavia riconoscere, che se il pensiero greco in questo periodo ha assimilato molti elementi della mentalit orientale, non ha perduto, (tranne in alcuni casi, come nel giudaismo alessandrino), la propria autonomia e la coscienza del valore sopraragione,
si

rienza superiore, che

ordinato della propria tradizione nazionale.

Il

neo-

platonismo, tanto alessandrino che siriaco che ateniese,

sempre formalmente greco, e trae dalla


della propria
riflessione
la sua

mentalit greca la forma


storica.

Finch

autonomia non

minacciata,

esso accoglie in s tutto quello che nel pensiero dell'oriente gli


alla corrente orientale

appare vitale e importante; ma resiste con tutte le sue forze, quando questa minaccia di travolgerlo. Cos il giudaismo, che aveva potuto mirabilmente accoppiarsi con l'elleni-

smo

nell'opera di una delle scuole di Alessandria, non appena diviene, nella veste cristiana, un pericolo immediato per la civilt ellenica, assalito dalle
critiche pi fiere dei platonici.

uno degli episodi pi stupendi

L'urto della mentalit cristiana e di quella ellenica della storia del pen-

Ricco di tradizioni storiche secolari, e per la sua stessa tendenza proclive al tradizionalismo, l'ell'ullenismo dapprima non vede nel suo avversario
siero.

timo arrivato sulla scena della vita


diretto: e,
talit,

conforme all'indirizzo della


il

un pericolo propria men-

crede che

cristianesimo

si

legittimi solo in

184

LA FILOSOFIA GRECA

virt della sua storia passata, della sua tradizione

giudaica.

pertanto lo combatte nelle sue fonti,

iniziando quella critica razionalistica della Bibbia,

che sar poi

il

modello di tutte

le

critiche venture

dell'ateismo e del deismo.

Ma
tualit

il

valore originale, incommensurabile rispetto

alle fonti, del Cristianesimo, si rivela nella

sua

at-

prammatica, che trasvaluta

le fonti

e le con-

verte in
poi

momenti
il

di azioni e di vita.

mai

Cristianesimo stato in alcun

N allora, n modo scosso

dalla rivelazione delle assurdit della Bibbia.

L'ellenismo intuisce questo valore prammatico, e, trasformando il carattere della sua opposizione, trasforma se medesimo. Esso si converte in una religione;
logisti.
i

suoi filosofi in preti,

suoi eruditi in apo-

E una necessit ineluttabile dell'azione questa


gli

mimesi, per cui


fsonomia e
si

avversari assumono un'identica

portano sul medesimo piano; senza di

che non possono incontrarsi. Tuttavia una certa stranezza in questa mimesi risalta, se si consideri quanto
fosse aliena dall'azione la mentalit ellenica. Dalle

forme classiche dell'intellettualismo, all'estremo minon altro se non intellettualismo esasperato), essa si era svolta lungo la stessa via: e quand'anche con Aristotile era giunta a concepire subito convertito quelil valore dell'azione, aveva l'azione in una contemplazione (OeojQia ti?) Ora, nella lotta col Cristianesimo, non si trattava pi di pensar l'azione, ma di compirla: si trattava di contrapporre religione a religione, in una sfera prammatica, acsticismo (che
cessibile a tutte le coscienze.
Il

Cristianesimo, nato
superstizioni
po-

come

azione, avea saputo, tra le

polari e le pi astruse sottigliezze

teologiche della

gnosi orientale, creare quella medletas necessaria ad

una vasta azione, che poteva trovar

proseliti

nella

X. IL

NEO-PLATONISMO

185

plebe

come

nei teologi; l'ellenismo invece, sorto dal-

l'erudizione,
le

imbevuto

di misticismo,

astuzie della ragion pratica, e pose

non conobbe in vita una

di

un simbolismo arcano e una teologia complicata; una religione senza autorit, senza leggi, senza dommi, che doveva inevitabilmente soccombere nel conflitto. Tuttavia, l'aver per un istante vivificato il Panreligione astratta, ricca di

theon che

il

sincretismo religioso di

Roma

imperiale

aveva innalzato, l'aver fatto ancora una volta rivivere, pur con mutate sembianze, gli antichi Iddi della Grecia classica, insieme con quelli del mondo orientale, forma il pregio imperituro dell'ellenismo, ed eleva il significato di quel sogno generoso di un
nucleo di eruditi, che vissuti tra
elleniche, ridavano alla
le

auree tradizioni
vita che

madre patria quella

ne avevano attinta.
2.

Sincretismo religioso.

Il

periodo

ultimo

da un'alleanza superiore delle dottrine precedenti, sotto un comune


della filosofia greca caratterizzato

impulso religioso, che le vivifica e le rinnova. L'avviamento a questa alleanza si preannunziava gi


nelle scuole eclettiche e scettiche, tendenti a riunire
in

una stessa approvazione


scienza del
passato.

riprovazione
il

frutti

segno nettamente distintivo del nuovo sincretismo dato da un senso profondo di religiosit che rianima le morte raccolte e ne subordina gli elementi al piano di un'unica e progressiva rivelazione divina; mentre prima, il legame
della

Ma

che

le

teneva unite non era che un superficiale

inte-

resse letterario nell'ambito dell'eclettismo, o un'in-

transigente opposizione, in quello dello scetticismo.

La
forma

filosofia di
il

Platone, di Aristotile, degli stoici,

principale contenuto speculativo di queste

186

LA FILOSOFIA GRECA
e
la

sintesi,

stessa

sopravvivenza delle rispettive


migliore,

scuole

costituisce

l'opportunit

perch,
le

nella sfera di ciascuna,

vengano preparate

convien

dizioni dell'accordo con le altre. L'epicureismo soltanto,


tra
i

grandi sistemi dell'et classica,

tenuto in disparte,

come

quello che, ostile al senti-

ad ogni interpretazione non ha nulla da dire alle nuove generazioni. E noi vediamo la setta epicurea ecclissarsi prima di tutte le altre dalla scena mentre il ricordo stesso di questa filosofia non vien risuscitato che
religioso e refrattario

mento

teologica,

dalle esigenze polemiche dei filosofi pi fervidamente

credenti, che l'hanno poi tramandato alla posterit

una luce estremamente sfavorevole. sistemi predominanti non entrari per nella sintesi con uno stesso titolo o grado gerarchico; ma si dispongono in una serie ascendente, che segna i momenti progressivi di una pi compiuta rivelazione del divino. Lo stoicismo aveva identificato Dio con l'anima del mondo, presente nella materia e forza animatrice e regolatrice di essa. Aristotile aveva formulalo del divino una concezione pi elevata e pura, separando totalmente Dio dalla materia e compendiandone l'essenza nell'attivit di un pensiero avente come oggetto se medesimo. Per Platone, Dio
sotto
I tre

era anche
sione

pi solitario ed inaccessibile alla


esso

rifles-

speculativa:

mondo

conoscibile, e lo

appariva sul limitare del spirito del pensatore vi si

adeguava piuttosto con un mistico e silenzioso rapimento che con una coscienza riflessa e speculativa.
Ora, allo spirito religioso dell'et ellenistica, al-

meno

nel

periodo della sua


l'una
dell'altra,

pi

piena

maturit,

queste diverse espressioni del divino non .appaiono


esclusive

ma

s'incanalano

come

momenti

diversi, via via pi elevati, di

una identica

X.

IL

NEO-PLATONISMO
la

187

teofania. zione,
l'

Il

Dio platonico era forse


il

massima

astra-

idea pi vuota di tutto

sistema,

ma appunto

perci poteva pi facilmente essere riempito da tutto


il

sovrabbondante sentimento religioso e mistico, e

divenire un'essenza ineffabile, inattingibile all'attivit del pensiero, termine

supremo

di

uno slancio

dell'anima trascorrente sopra ogni razionalit, im-

mediatamente diretto alla fonte stessa dell'essere. Di fronte a questa prima e nascosta potenza, il Dio aristotelico, razionalit gi spiegata e mediata dalla riflessione sopra se medesima, doveva grado a grado assumere la figura pi definita, di una rivelazione pi prossima all'uomo, di un secondo Dio nella cui razionalit si adunano le massime ragioni speculative di tutte le cose. Quivi la potenza primigenia
si

determina e

si

concretizza gi in

un'attualit
le

in-

tellettuale in cui

sono precostituite tutte

ragioni

esemplari degli esseri.

Ma

perch

il

Dio aristotelico
si-

possa passare dal primo piano che occupava nel

stema originario dello Stagirita, a un secondo e subordinato piano, sar necessario tutto un lungo lavoro di rielaborazione; e noi vedremo iufatti, gi
nella superstite scuola peripatetica, affievolirsi quella

potente coscienza speculativa che aveva concepito


il

Dio della Metafisica; quindi, nella scuola plato-

nica, la figura stessa di Aristotile, dimezzata gi dai

suoi interpreti, passare a

un ordine subordinato
il

ri-

spetto a quella di Platone, e

Dio aristotelico subire

per conseguenza
Infine
il

la stessa

diminuzione.

Dio degli stoici, immanente com' al mondo, forma l'ultimo grado della teofania, l'infima rivelazione sopraraondana, al di sotto della quale vivono le cose caduche e mortali, che tuttavia raccolgono per quel che possono (ed esistono per quel che raccolgono) degl'influssi superiori che si parte-

cipano ad esse.

188

LA FILOSOFIA GRECA
L'aspetto caratteristico di questa filosofia

di cui

anticipiamo qui

punti pi salienti

che la triplice
divinit sola, in

divinit vien concepita

come una

via di svolgere progressivamente le sue potenze. Ci

che rende possibile tale unificazione e graduazione del divino, il riconoscimento della sua realt spirituale, perch soltanto allo spirito si addice una
produttivit che non
si
i

esaurisce e che insieme trasuoi prodotti; e anche solo

scende continuamente
,

nello spirito intelligibile

una

potenzialit, che

non

come

nel puro aristotelismo,

una

realt deficiente

imperfetta,

ma una
per,
col
si

raccolta energia che ha in se

stessa la

norma

e la misura del proprio spiegamento.

Insieme

determinarsi

spiritualmente

della idea di Dio,

determina anche quella della materia, l'ineliminabile concausa dell'antica mffache, assorta a

fisica,

una

realt sostanziale con lo

stoicismo, rivendica ora

maggiori

diritti

di

fronte

a una maggiore divinit.

Da non-ente

essa dive-

nuta sostanza, ha assunto un significato positivo, mediante il quale pu contrastare pi efficacemente


all'espansione di Dio nel mondo. Nel sentimento religioso di
il

molti

filosofi

essa finisce con l'incarnare

principio del male; ed anche coloro che le negano


tale efficacia, glie

una
tra

ne riconoscono tuttavia un'aldi

di

non minor peso, quella

diminuire, nelle

cose che di essa partecipano,

la ricettivit del divino.

Cosicch i prodotti dell'azione di Dio, che, conforme alla natura spirituale dell'agente, sarebbero suscetin

dispongono invece misura che, avvicinandosi al mondo, trovano nella materia un ostacolo sempre pi. impenetrabile. La rivelazione
tibili

di

un

infinito

incremento,

si

una

serie di perfezione' decrescente, a

del divino finisce cos con l'essere irrimediabilmente


intaccata, affetta da diminuzione e dispersione: pur

X.

IL

XK0-PLAT0N1SM0

189

affermandosi scevra da ogni azione materiale, subisce essa stessa, indirettamente, la legge della materia.
riesce

Lo spiritualismo, mai a liberarsi

nella

filosofia

ellenistica,

non

dal suo nemico;

ma

lascia, in-

sieme col suo compito insoddisfatto, una ricca eredit


di esperienze mentali alla filosofa del Cristianesimo.

La

trinit

ellenistica

s'incontra

di

buon'ora con
si

quella che

faticosamente emerge dalla letteratura

giudaica, dove dal Dio

Supremo
sotto

Padre

distacca

gradualmente, anche
greco,

l'influsso
la

del

pensiero

una seconda potenza,

Sapienza divina

ordinatrice razionale del Cosmo, e infine una terza,


lo Spirito di Dio,
col.

mondo,
Il

in

che in pi. immediato contatto quanto esprime i voleri divini per

bocca dei profeti.


cristianesimo riceve, dall'una e dall'altra cortanto
rente, influssi

pi decisivi, quanto pi s'in-

gagliardiscono entrambe nel punto della


fluenza.

comune

con-

Esso vi aggiunge di proprio l'esperienza storica inestimabile, di una divinit che s'incarna, si fa persona, s che vien posto in grado di fissare

con linee precise quelle ipostasi divine che, nelle sue fonti, fluttuavano ancora come incerte nebulose. E la pi energica coscienza della personalit, quindi dello spirito, rende il cristianesimo assai meglio agguerrito nel contrastare l'efficacia dell'opposto principio

epurare

materia < del male, quindi capace di che riceve dall'et antica dalle onerose passivit dei sistemi emanatistici, che attenuano e degradano la potenza della
delia
la ricca eredit filosofica

rivelazione divina.

Abbiamo

cos

anticipato, in brevi linee,

il

con-

tenuto essenziale della speculazione di quest'ultimo periodo. Ci reso pi facile, ora, ricostruirlo nel

suo graduale sviluppo.

190

I-A

FILOSOFIA GRECA

Durante
di
Il

il

secolo a.

C, siamo appena

agli inizi

questo nuovo raccoglimento spirituale e dottrinale.

sistema ancora predominante quello stoico, nelle

gi attenuate forme della Media Stoa, che ne rendono pi agevole la compenetrazione con altri sistemi.

un'intonazione stoica ha
xafxou),
tile ('),

lo scritto

De mundo

(ITegi

una volta attribuito falsamente ad Aristoche


in realt

ma

appartiene a questo periodo

e rappresenta

una

delle

prime transazioni tra


il

l'ari-

stotelismo e lo stoicismo. Ivi


tetico,

lingnaggio peripacritici
al

non mancano spunti

panteismo

stoico, informati al principio della

trascendenza della

causa prima. Tuttavia questo teismo si concilia, in ultima istanza, con quel panteismo, merc la distinzione dell'essenza dalla potenza divina, e l'attribuzione,
di quel carattere separato che Dio della Metafisica, mentre alla potenza divina vien riconosciuto, con gli stoici, un'attivit immanente alle cose, che tutto penetra e nel

alla

prima,
al

apparteneva

tempo

stesso contiene
il

("-').

Ma
del

significato intelligibile e insieme intelligente

Dio aristotelico resta ancora nell'ombra. A riluce, e quindi ad ampliare termini dell'alleanza dei sistemi, molto contribuiscono gli studi pi approfonditi, che ricominciano nel 1" secolo a. C, sulle opere dello Stagirita. Appartiene ad Andronico di Rodi il merito di aver per primo
metterlo in
i

raccolto

disciplinato le opere del filosofo, corre-

dandole di conienti.
tutta

al

suo seguito vien ricordata


Boeto di Sidone,
tutti,

una schiera

di

peripatetici,
e,

Aristone, Stasea, Cratippo,

pi importante di

(1)

Concepito come una lettera diretta da Aristotile ad Alessandro


Cfr. e. 6, passini.

t;;'no.

(2;

X.

IL

NEO-PLATONISMO
nel

191

Nicola
riordin

di
i

Damasco, che,

tempo

di

Augusto,

libri della Metafsica e fece di essi,

come

di altri scritti aristotelici, dei

compendi.

Ma
razioni

lo spirito

troppo razionalistico dello Stagirita

non sarebbe

stato atto a soddisfare le pi alte aspi-

mistiche del tempo, e quindi non avrebbe

potuto elevarsi a guida dei nuovi teologi.


bisogni meglio rispondono
le

questi

personalit di un Pi-

tagora e di un Platon<>, nel cui nome s'inizia il pi grande movimento religioso in seno alla filosofia

green
3. Il neo-pitagorismo. Un'intonazione spiccatamente religiosa si osserva gi nel neo-pitagorismo. Scomparsa da tempo l'antica setta politico-filosofica

dei pitagorici, la parte sostanziale delle dottrine era

tuttavia sopravvissuta, inclusa

nel pi vasto orga-

nismo della

filosofia platonica.

Ma

le figure di Pita-

gora e dei suoi seguaci, trasfigurate dalla leggenda, ingrandite e trasumanate dalla stessa penombra del
loro

remoto sfondo

storico,

assumevano, nella co-

scienza mistica dell'ellenismo, un significato pi pro-

fondo e arcano delle stesse dottrine che intorno alla


loro scuola
Il

aveva tramandato

la tradizione filosofica.

risorgere della scuola pitagorica sul finire del 1 se-

colo a.

C, va

attribuito piuttosto al bisogno mistico

di deificare la leggendaria figura di Pitagora,

che

al

bisogno scientifico di svolgerne

le

dottrine; e pi

tardi, il fiorire del Cristianesimo accentuava per contraccolpo quella tendenza iniziale, suscitando nei pa-

gani l'ingenuo desiderio di glorificare i loro santi e i loro profeti, cos come i cristiani facevano coi propri. Il primo pensatore che la tradizione riconosce

come

il

Figulo, amico

fondatore della rinnovata scuola P. Nigidio di Cicerone; ma il vero Messia del

192

LA FILOSOFIA GRECA
1

pitagorismo Apollonio di Tiana, del

secolo d.

C,
un

almeno come ce
strato,

lo ritrae,

due
e

secoli pi tardi, Filo-

con

la

convinzione

l'entusiasmo

di

evangelista. Al 2 secolo

appartengono Moderato e

Nicomaco. La tendenza a santificare i maestri della scuola, a vedere in essi il tipo ideale di una vita pi vicina a quella degli di che a quella degli uomini, ha la sua ragione storica gi nella tendenza dello stoicismo e dell'epicureismo a idealizzare la natura umana, a
foggiare tipi esemplari di condotta virtuosa e saggia.

Ma

elevandosi

il

moralismo degli
si

stoici a religione,

l'ideale del saggio

eleva parimenti all'ideale del

santo; la virt umana, che prima era la pi alta aspirazione della coscienza, vien degradata da fine a mezzo; il vero fine dell'umanit oltre la natura

umana,

la sublimazione dell'uomo in Dio, la sua

identificazione col divino.

L'antico concetto pitagorico della purificazione


riceve cos nel neo-pitagorismo un significato nuovo,

conforme

tempi; esso acquista

A questo punto cedono il posto alle virt superiori o teoretiche, per chiamarle nel linguaggio aristotelico, che frequentemente ricorre nei pitagorici: per mezzo di esse l'uomo si affisa in Dio e s'immedesima con lui. Questa trasvti lutazione, cos del concetto pitagoin

l'uomo si grado di porsi


le

preponderante interesse religioso dei il valore d'un mezzo per cui libera dalla sua natura mondana ed in
al

contatto col divino.


o

virt

purificative

etiche

rico della catarsi,

come

della partizione aristotelica

delle virt etiche e teoretiche,

non ancora comfilo-

piuta ed esplicata nel neo-pitagorismo; l'urgenza del

problema religioso
sofia neo-platonica.

la

render tale soltanto nella

X. IL

NEO-PLATONISMO

193

La

peculiarit dell'indirizzo neo-pitagorico difal

ficilmente apprezzabile

giusto valore per

la

diffi-

colt stessa di discernere

quanto ad esso appartiene


che
vi

di proprio, a differenza delle antiche dottrine

sono commiste.

neo-pitagorici non solo


la loro

guono apertamente
loro antichi autori;

non distinpersonalit da quella dei

ma

tendono anzi ad ecclissarsi

nelle esposizioni impersonali delle dotti-ine che essi

attribuiscono alla vecchia scuola; e non solo confon-

dono

le

loro vedute proprie con quelle preesistenti,

ma

talvolta

sottoscrivono

perfino

loro

scritti coi

nomi

di antichi pitagorici.

Tutto ci

conforme

alla

tendenza dommatica e religiosa di questo indirizzo speculativo. Nondimeno, dal fondo comune delle
stesse tendenze per gli studi matematici, dello stesso

gusto per

il

simbolismo, delle pratiche purificative


si

ed ascetiche,
bile dal fatto

distaccano elementi divergenti,

la cui

novit rispetto al primitivo pitagorismo riconosci-

che ricordano dottrine post-socratiche.

L'opposizione fondamentale, in cui pei neo-pitagorici si

compendia la realt delle cose, quella della monade e della diade: l'unit il fondamento di ogni
il

bene, perfezione, ordine; la diade

principio

del

male, dell'imperfezione, del disordine. L'unit Dio,

ragione seminale delle cose


stoici),

(il

?aSyog ojteQ.ucmx*;

degli

misura, armonia dell'universo.


il

Questa opposizione incorpora in s anche


lismo platonico tra
sibile;
il

dua-

mondo

sensibile e

il

soprasen-

un dualismo che, gi penoso per la coscienza morale determiner tra breve l'esasperazione della

nuova coscienza religiosa. Con Platone, nell'ultima


zione,
i

fase della sua specula-

pitagorici identificano le idee coi numeri; ingli stoici poi essi

sieme con
idee,

ammettono, distinta dalle


di

un'anima del mondo;


La
filosofia

modo che
n.

il

loro duaIH

G. dk Buggiero,

greca

194

lismo, contratto nell'opposizione della

monade

e della

diade,

si

sparpaglia in
la

una distinzione
i

di quattro

principii: l'uno o Dio, le idee o

numeri, l'anima

del

mondo,

materia o la diade.

Ma

il

pitagorismo, depositario ed interprete delmisteriosota,

l'antica

ha anche importanza come

tramite di un potente influsso delle religioni orientali sulla filosofia ellenistica.

Con

le

sue dottrine d'ori-

gine orfica dell'anima-deinone, della trasmigrazione,


del peccato originale, delie metamorfosi divine, gi

accreditate da

una tradizione pi

volte centenaria,

esso agevola l'assimilazione


stico

dell'immaginoso e mi-

contenuto teologico dell'oriente, in un tempo

in cui l'unificazione politica del

mondo,

sotto l'im-

pero romano, pone la civilt occidentale in pi immediato contatto con quella orientale. Cos, le fantastiche

costruzioni

della

loro presidio nella credenza diffusa in


spiriti; e

demonologia trovano un mondo

il

di

insieme vien suscitata la coscienza di pofatalismo stoico, ancora diffuso, mantiene


il

tenze soprannaturali fatte per dominare la natura.

Mentre
al

il

in onore l'astrologia, che subordina

destino

umano

corso invariabile degli astri,

il

soprannaturalismo
superiori,

dei pitagorici
di mutare,

ripone in vita la magia, l'arte cio


l'aiuto
di
si

con

forze

il

corso

della natura.

Pitagora

attribuisce di aver ape di averla praticata

preso quest'arte a Babilonia

con successo. La magia

poi, a

sua volta, non che


cui
si

una veste pseudo-scientifica, con

legittima la

credenza popolare nei miracoli, i quali hanno un posto importante nelle Vite di Pitagora e di Apollonio, scritte sotto l'ispirazione neo-pitagorica e neo-

platonica.

L'animismo in basso, cio nel punto in cui sopramondo s'innesta nel mondo; il misticismo

il

in

X.

IL

NEO-PLATONISMO

19f>

alto,

nell'intuizione di un'unit ineffabile e divina


le

che trascende

categorie dell'intelletto; infine l'in-

tuizione dualistica dei principii delle cose,

compen-

diata nell'opposizione

della

monade

e della diade:

son questi gli elementi della speculazione neo-pita-

gorica che

hanno

esercitato

un'influenza notevole
e cristiana.

sulla filosofia posteriore,

pagana

4.

Il platonismo religioso.

L'autonomia delle

singole scuole
nel

non

esiste, in

questo periodo, pi che

nome;

la
le

tendenza generale del pensiero di


antiche divergenze dei singoli indirizzi,
la cui forza vitale

cancellare
in

un eclettismo,

data dallo spi-

rito religioso,

che vince con

la sua identit sopraor-

dinata quelle differenze. Pitagora, Platone, Aristotile


conciliano tra loro in un interesse pi che umano, non come pensatori, ma quasi come profeti, in ciascuno dei quali ha parlato lo spirito divino. Sta qui
si
il

carattere differenziale di

questo eclettismo e del

sincretismo nella maniera di un Potamone.

Gi nella dottrina neo- pitagorica noi abbiamo noun contenuto prevalentemente platonico. Non si tratta di una infiltrazione involontaria di elementi diversi dal pitagorismo ma di una sintesi coscientemente voluta. Moderato di Cadige intendeva appunto
tato
;

conciliare

il

La

stessa tendenza
il

iniziano

platonismo con la filosofia pitagorica. si osserva nei platonici, che tentativo il quale non sar poi pi in-

termesso nel corso di secoli


sofia di

di conciliare

la

filo-

alla

Platone con quella di Aristotile, dando per seconda un valore subordinato rispetto alla

prima. Questo

programma

viene,

come

si

detto,

agevolato dalla sempre crescente decadenza della scuola peripatetica, che lascia irrimediabilmente di-

sperdere

lo

spirito

animatore della

filosofia

dello

196
Stagirita.

LA FILOSOFIA GRECA

Fino

al 2 secolo d.

che figure mediocri


Adrasto, Aristocle.

di

cementatori,
secolo

C, non si ricordano come Aspasio,


ci
si

Soltanto al termine del


disia, che, calla,

palesa una

personalit di maggior rilievo: Alessandro di Afro-

durante l'impero di Severo e di Cara-

in Atene, una delle quattro cattedre che gl'imperatori Antonino e Marco Aurelio avevano creato per impartire l'insegnamento dei quattro si-

occup,

stemi principali dell'et classica: platonismo, aristotelismo, stoicismo ed epicureismo.

Ma anche Alessandro di Afrodisia s'impose al riconoscimento dei contemporanei, fino al punto di essere chiamato il secondo Aristotile, piuttosto per la sua superiorit di fronte agli altri peripatetici che per
l'intima penetrazione della dottrina aristotelica. Mal-

grado
questa

la

sua opposizione

al

naturalismo e

al

panteismo

stoico', egli

subisce senza accorgersene l'influenza di


ripigliando quei temi empiristici e
antichi peripatetici,

filosofia,

naturalistici degli

Aristosseno,

Stratone, Dicearco, in cui,


si

come

s' osservato, gi

agitavano
del

le

esigenze mentali dello stoicismo.


filosofia di Aristotile, al

Tale abbassamento della


livello

naturalismo,

si

osserva nella logica di

Alessandro, dove la sintesi dell'universale e dell'individuale frantumata, e l'individuo, per se preso,


acquista una realt primaria a detrimento dell'universale, che viene
dell'intelletto.

attribuito
stesso

all'astratta riflessione

Lo

pu

ripetersi
s,

per

l'etica,
il

nella quale

Alessandro rivendica,

contro

de-

terminismo stoico, il concetto della libert del volere; ma, poich fa consistere questa libert in un movimento senza causa (vcuuo; nivr\ai<;), si mostra cos, indirettamente, assai pi tributario che non risulti a prima vista, di quel determinismo.

X. IL

NEO-PLATONISMO

197

Nella psicologia infine, dove ha lasciato un'orma


pi durevole, egli apre la grande quistione, che
faticher
af-

buona parte dei pensatori medievali,


in potenza e l'intelletto connessione con l'anima umana.

sui
in

rapporti tra l'intelletto


atto e sulla loro
tratta,

Si

come abbiamo

visto, del pi

dell'esegesi

aristotelica.

Ma

arduo problema anche qui Alessandro

non sa mantenersi all'altezza del suo maestro. Questi aveva lasciato fluttuare l'intelligenza sul margine
tra
la realt

umana

e quella divina;

ma

gi in que-

la massima attivit dell'uomo si adeguava quasi con Dio. Alessandro invece, con maggior precisione, ma con diminuito senso di umanit, ripartisce le rispettive

sra incertezza c'era

una

grand'.- elevazione:

attribuzioni, e fa pertinenza dell'anima


telletto possibile,

umana

l'in-

Cos

il

mentre d a Dio l'intelletto attivo. pensare si spiega come un influsso piovente


lo sforzo

sull'uomo dall'alto, e tutto


Aristotile
si

speculativo di
di

vanifica
(*).

nel

comodo espediente

un

deus ex machina
parte, la

In questa scissione dell'intelligenza, per cui una

pi efimera, va all'uomo, mentre l'altra ascende all'empireo, convergono due interessi mentali, egualmente espressivi dell'et alla quale Ales Sandro appartiene. Innanzi tutto vi si rivela l'efficienza mediata del naturalismo stoico, che concepisce un'umanit diminuita, o meglio appesantita da quella

materia di cui riveste ogni attivit puramente umana. D'altra parte per, questa stessa degradazione dell'uomo rende necessaria, quasi per una legge di compenso, l'assunzione di una pi'piena ed efficiente

(1) Per un pi ampio esame di questa dottrina e di quella elie nel secolo sar propugnata dal platonico Teniistio si veda la mia: Filosofa del Cristianesimo, Laterza, 1920, voi. hi, p. _'.! segg.

198

LA FILOSOFIA GRECA

realt divina. Cos, in Alessandro, noi

vediamo

ac-

centuarsi

il

teismo, nell'atto stesso in cui, sottraendo

l'intelligenza attiva all'uomo (per ritrarlo nella sua

pi schietta naturalit) costretto ad attribuirla a un potere superiore e trascendente. Tale derivazione


del teismo dallo stesso immanentismo stoico, che forma un comune patrimonio del tempo, non senza
significato sulle sorti della filosofia di questo periodo.

Alessandro, incapace di trincerarsi solidamente nella regione propria della filosofia aristotelica (quella
si .abbandona lungo le vie della minore resistenza, verso il naturalismo degli stoici

dell'intelligenza),

insieme verso

il

teismo dei platonici.

Cos l'ultimo rappresentante ufficiale della filosofia


aristotelica cede

gi

le

armi

agli

avversari.

Dopo

Alessandro, la scuola peripatetica non d pi segno


di

vita;

stotile

ma non perci gli studi sulle opere di Arivengono interrotti: soltanto, la continuazione
opera dei platonici.
questi ultimi gi da tempo, nella valutazione

di essi

Ma

comparativa dei due massimi pensatori, avevano cominciato a subordinare Aristotile a Platone. Secondo

Tauro
naxevg.

e Attico, platonici

del 2 secolo

d.

C,

Ari.

stotile eccelle, nella fisica, egli r; yvoecog y oc u -

ha poco compreso della metafisica, nella quale eccelle Platone. Questa differenza concepita dai due scrittori con spirito avverso all'aristotelismo; ma essa rester, pur con mutato accento, negli altri platonici pi equanimi verso lo Stagirita e disposti a
fondere ecletticamente
di Platone.
I

ma

le

dottrine di lui con quelle

primi remativi

in

questo senso risalgono a Plud.

tarco di
la

Cheronea (50 125


ha,
le

C),

il

pensatore che

fama popolare

circondato

di

una luminosa
illustri

aureola per

sue biografie di uomini

per

X. IL

NKO-PLATONISMO
religiosi,
filosofici,

199

innumerevoli
terarii,

scritti

morali,

let-

compresi sotto il titolo di Moralia. L'intonazione religiosa della sua speculazione


di

si

osserva gi nella definizione della filosofia

come un

mezzo
giosi,

interesse

salvezza per l'uomo (*); e nel prevalente che attribuisce agli argomenti etico-reli-

a differenza di quelli dialettici. Tuttavia, sulla

falsariga del platonismo, egli

abbozza una metafisica

della divinit che. sar sviluppata e in parte modificata dalla

speculazione posteriore. Dio l'unit esclusiva di ogni pluralit; di

lui

non

possiamo dire se non che esiste e che s' iden2 tifica col bene (o Tavol) tot <m) ( ). Non ancora per il Dio di Plutarco, come il Dio degli alessandrini, si eleva ad essenza ultra-e sopra intelligibile; ma, platonicamente, viene identificato con la realt intelligibile ( 3 ), immune da ogni corporeit e quindi da ogni male. D'altra parte poi, la necessit di spiegare l'esistenza del male, una volta che Dio non esprime se non il bene, induce Plutarco a ipostatizz irla in un principio distinto, che egli ritrova in tutte
altro
le

precedenti

filosofie

( ),

e che, nella sua, s'identifica

con l'anima malvagia del mondo. Questa positivit del male rappresenta un momento nuovo rispetto al puro platonismo egualmente nuovo, e di derivazione orientale, l'atteggiamento
;

dello spirito di fronte al divino. Quanto pi in alto vien collocato Dio, tanto pi necessario che egli 5 si riveli e si comunichi ( ); questa partecipazione allora veramente perfetta, quando l'anima non pi

(1) (2) (3)


(4)

Ade. Colui..

3,

6.

De
De

Isid., 53.
i.

t v al voi]xv xal yaBv


Isid., 4G

54).

segg.

(5)

De

Isid.,

1.

200
vi contribuisce

LA FILOSOFIA GRECA

con

le

sue forze terrene, quando essa

cio

riceve

il

divino passivamente,

come una sua

schiavit e

non come una sua

libert.

A
si

rendere

possibile questo srato di inrte

beatitudine, da

un
pi

lato conferisce l'azione della divinit

che

esplica

per mezzo di demoni, dall'altro

lo stato della

completa

ricettivit

dell'anima, purificata da ogni

ingombro sensibile e terreno. Eppure lo stesso Plutarco aveva scritto che l'anima non vaso da riempire, ma fiamma da accendere! Come si pu notare da questo breve cenno, l'importanza speculativa di Plutarco si limita a un modesto eclettismo senza molta originalit ed autono-

mia. Pi interessante, per la stessa


e

filosofia,

il

suo
leg-

atteggiamento, schiettamente ellenistico, di curioso


infaticabile

ricercatore di

miti, di

culti, di

gende
spirito

orientali: in queste escursioni, egli porta

uno
con

tutto

greco, e comincia
il

disciplinare

concetti greci

ricco materiale delle sue ricerche.

Cos la religione egiziana di Iside da lui tradotta


nei

termini

della filosofia greca: Osiride la

1'

nade neo-pitagorica,
tre
la

identico

di Platone;

momen-

Tifone
materia.

il

principio del male, la diade, Paltro,

Le stes-e tendenze
nici posteriori:
e

si

ritrovano negli

altri plato-

Cronio comenta con spirito filosofico

platonico
il

miti del politeismo;

Massimo
di

di

Tiro
e

accentua

concetto

dell' inesprimibilit

Dio

della necessit di esseri intermedi tra Dio e gli uo-

mini; Apuleio di
sica:

Madaura apre

la

via

al

nuovo

concetto dell'infinito, svalutato dalla filosofia clas-

Dio
si

per lui

l'incommensurabile

(cbteQuteoog)

Celso

distingue per la sua ostilit al cristianesimo;


le

ci che. gli varr

critiche del padre alessandrino


d. C.)

Origene.

Il

medico Galeno (131/201

mescola

X. IL

NEO-PLATONISMO
il

201

dottrine stoiche, peripatetiche, platoniche, e

suo
del

amore per Aristotile e gi un segno cospicuo nuovo orientamento della scuola platonica.

Ma
,

la

sintesi teologica delle dottrine classiche,


altri,
i

pi che da

preparata da Albino e da Nume-

si fa strada V ispirazione propriamente neo-platonica. Tra gli scritti attribuiti un tempo a Platone, v' una raccolta di lettere, che sembra per sia stata composta in seno alla scuola,

nio, attraverso

quali gi

un periodo pi recente. Qui troviamo i primi acuna trinit divina. Vi si parla di tre principii, il primo dei quali
in

cenni, ancora vaghi e misteriosi, di

re dell'universo e causa di tutte le cose belle;

il

secondo presiede
sta trinit

alle cose di
1

second'ordinc,

il

terzo

a quelle di terz'ordine
il

).

Albino attribuisce a queplatonismo,

significato storico dei tre principii diil

vini in cui culminano, rispettivamente,

l'aristotelismo e lo stoicismo. Nella sua Introduzione

ai dorami platonici, pervenutaci sotto

il

nome

di Al-

cinoo, egli

distingue l'anima del

mondo,

l'intelli-

genza del mondo e Dio. Ma, se l'identificazione dell'anima del mondo col Dio stoico non lascia luogo a dubbi, tra due principii superiori invece c' ancora un miscuglio non sceverato di concetti platonici ed aristotelici. Albino accetta le idee platoniche, ma non ne fa dei modelli separati, bens pensieri di Dio, atti della sua intelligenza ( 2 ). D'altra parte, poi, la divinit, pur dichiarata sopraintelligibile, non viene ancora spogliata di ogni attributo intellettuale e ridotta alla pura unit ineffabile,
i

come

pei posteriori neo-platonici.

(1)
(1)

Ep.,

2,

312 d.
e. 10.

Alcin., Introd. in Fiat, dogm.,

202
In

LA FILOSOFIA GRECA

Numenio

di

Apamea,

questi stessi concetti

si

trovano pi ampiamente sviluppati. Il momento essenziale della sua filosofia sta nel forte rilievo da lui dato alla distinzione platonica tra Dio e il De-

miurgo. La funzione creativa

gli pare indegna del Dio supremo; epper al di sopra del Dio che crea, Numenio pone il Padre, il primo Dio, semplice di essenza e chiuso in s. Il secondo Dio, creatore, pur

uno nell'essenza,
teria, in cui

affetto dalla molteplicit della


la

ma-

profonde

sua opera. L'uno


la

il

Bene,
l'es(').

l'altro

il

Boniforme, immagine del bene di cui parte-

cipa e che imita,


senza.
Il

come

il

generazione imita
la

Demiurgo

ministro supremo di Dio


E,

Al di sotto di questo, v' un terzo Dio:


tura del Demiurgo
cos nel
(IIoiTj|ia).

fat-

cilmente riconoscibile l'anima del

come in questo famondo degli Stoici,

secondo Dio si palesa il principio intelligente di Aristotile, e nel primo il Dio platonico,
posto al di sopra di ogni realt ideale.

Imbevuto dello scetticismo greco, Numenio proclama l'impotenza della ragione umana a conoscere il Dio supremo, e riserva questa conoscenza a una
facolt superiore. Chi
egli dice,
si

si

ritrae

dalle cose sensibili,

unisce

rapporto in cui
corpo,

Bene da solo a solo ( 2 ), in un non c' pi uomo, n animale, n


al

ma
3
( ),

un'ineffabile, inenarrabile e divina soliclie

tudine

riempie la vita

in cui vive

il

su-

premo Bene.
Importante
le

ancora

in
il

Numenio

l'interesse per

tradizioni

ebraiche e

tentativo di dimostrare

il) (2)
('i)

Euskb., Praep. Evany.,


(avco

xi, 18.

(avov: parole che ritroveremo testualmente in


ti; &q>axo; y.ai iriYHxo; xE/v-i gi^nia

Plotino.

XX

Oeonoioc

l'i B M

22).

X. IL

NEO-PLATOXiSMO

203

l'accordo dei profeti con la sua filosofia: Platone


lui il Mos attico ('). Noi vedremo questa tendenza ampiamente affermata nel giudaismo ales-

per

sandrino.
All'indirizzo platonizzante appartengono ancora
cos detti Scritti Ermetici, della fine del 3 secolo,
i

che accentuano il concetto della trinit divina, digradante dal Dio inesprimibile, a cui si conviene soltanto il nome di Padre, al secondo Dio che il mondo, e
al terzo

che l'uomo.

Nel suo complesso, l'indirizzo platonizzante, pi che per dottrine nuove gi formate, significativo
per
I
i

diversi spunti che contiene di dottrine nuove.


scritti platonici

comentari degli

ed

aristotelici,

che

gli eruditi

pensatori di questo periodo hanno lasciato,

son serviti poi di testo nelle scuole neo-platoniche


posteriori,

che hanno ampiamente svolto quel che


embrione.

in essi era contenuto solo in

5. Il

giudaismo ellenizzante.

Tra
si

le influenze

dell'ellenismo nel

mondo

orientale, le pi caratteri-

stiche ed importanti per lo sviluppo storico posteriore

concernono
lit,

il

popolo ebraico. Ci

rivelano qui
le

primi tentativi di quel connubio tra

due menta-

che

si

attuer poi in tutta la sua pienezza e

fecondit nel

mondo

cristiano. L'aspetto caratteri-

stico di questo lavoro deriva dalle peculiarit


tali

men-

della nazione ebraica, la quale assai fortemente


il

sentiva

valore della propria tradizione, e nella codifficil-

scienza orgogliosa di essere l'eletta di Dio,

mente poteva adattarsi a subire


civilt,
il

gl'influssi di

una

cui carattere superiore essa negava. Tutsi

tavia

il

valore dell'ellenismo

manifesta attraverso

(1)

Clkm., Strom.,

l,

i-i

C. Sylb.

204
la

LA FILOSOFIA GRECA
stessa
lotta

che

la

nazione giudaica intraprese


la

centro di esso, per salvare


spirituale.
I

propria

autonomia

al

momenti culminanti di quella lotta appartengono secolo a. C, quando lo spirito nazionale del
forti

giudaismo s'incarna nelle


cabei.
Il

personalit dei Mac-

pericolo ellenistico investiva* tutti gli aspetti

della vita del popolo ebraico: con la


politica, la Siria ellenizzata

preponderanza mirava a conquistare la

supremazia spirituale e religiosa sulla Palestina. I di Antioco, IV Epifane la persecuzione del giudaismo pi ribelle alle influenze ellenistiche rag-' giunge il suo apice, e genera per contraccolpo la reazione nazionale, che trionfa a poco a poco con le anni dei figliuoli di Mattatia, Giuda, Gionata, Simone, il quale ultimo compie l'opera iniziata dagli eroici fratelli, e fonda la dinastia autonoma e nazionale degli Asmonei. Ma i Macabei, paghi della riconquistata autonomia politica, furon essi i primi ad accogliere la civilt ellenistica, consci che lo stretto particolarismo religioso del loro popolo (rappresentato dalla setta degli

tempo

Asidei e dei loro continuatori,

Farisei),

contrastando

con ogni esplicazione mondana di involontariamente all'asservimento


la

attivit,

politico.

menava Donde

letta col fariseismo, assai


il

Alessandro Janneo, e

acuta sotto il regno di grande favore accordato

dalla dinastia alla setta antagonistica dei Sadducei,

una

sorta di aristocrazia clericale, scevra dallo stretto

legalismo farisaico e favorevole all'ellenismo.

L'influenza della

filosofia

greca sul pensiero giule

daico consiste precipuamente in ci, che

rigorose

formulazioni concettuali

della

teologia greca spin-

gono

il

stasi divine

giudaismo a determinare e precisare le ipoche o-i s venivano formando in virt


;

X.

IL

NEO-PLATONISMO

205

di esigenze speculative

d'Israele concepiva un Din supremo,


gato,

autonome. Cos la religione dapprima le-

come Padre e Figlio, al suo popolo particolare. Ma, via via che l'idea divina si universalizzava e si elevava a una potenza creatrice e regolatrice delda essa una seconda potenza, destinata a presiedere a! lavoro della creazione. Sorgeva cos l'ipostasi della sapienza divina, che foggia le cose pontiere, numero, mensura,
ed a cui
il

l'universo, cominciava, a distaccarsi

robusto senso della personalit, proprio

del popolo ebraico, conferisce

un

rilievo e

una

indivi-

dualit di gran
Infine,

momento per

la storia del pensiero.

una terza nebulosa si andava distaccando due prime: a misura che Dio si elevava sul mondo, la sua rivelazione agli uomini, che prima era del tutto immediata, assumeva un nuovo carattere di mediatezza, compiendosi per mezzo dello spirito di Dio, che parla per bocca dei profeti.
dalle

facile

intendere

come

si

siano potute infiltrare,

attraverso queste vene originali di pensiero, le dotil Dio del platonismo assimilarsi con Jahve; e la Sapienza convertirsi nel Logo, assumendo cos una pi precisa determinazione ipostatica; e in-

trine greche, e

fine lo Spirito profetico,

per la sua stessa efficienza

mondana assumere

caratteri della divinazione stoica.

L'intrinsecazione, nell'ambito del giudaismo, non pu


tuttavia considerarsi

come compiuta;
le

tale sar sol-

tanto

quando

il

Cristianesimo, con

sue nuove e

decisive esperienze spirituali, attrarr a s, con rin-

novata forza,

le

due correnti speculative.


giudica,
in

Ma

gi

nella letteratura

tutte

le

varie raccolte dei cos detti Libri sapienziali, non

sono disconoscibili gl'influssi greci. Manca tuttavia una vera intenzionalit di rapporti, il che rende
assai malagevole determinare la misura di quegl'in-

206

LA FILOSOFIA GRECA

flussi.

Pi

facile

invece

lo

studio dei tentativi di


di dottrine giudaiche

un consapevole allacciamento
Aristobulo. In un

2 secolo a. C. con Pentateuco ( ), questi cerc di mostrare che la dottrina mosaica si accorda con ci che v' di meglio nei sistemi filosofici greci,

ed ellenistiche, che s'iniziano nel

comento

al

quali per altro

valore di un

non hanno di mero comento. E

fronte ad essa che


la stessa

il

subordinasi

zione dell'elemento greco all'elemento giudaico

pu osservare

nella traduzione greca della Bibbia,

detta dei Settanta, dove l'appropriazione dei motivi


ellenistici, e cio l'ellenismo passivo, s'incrocia

con

l'intento nazionalistico dei traduttori, e che sta nel

volere illuminare
i

il

mondo

greco, rivelando ad esso

tesori della tradizione giudaica.

Questo indirizzo
per
la

di pensiero raccoglie

suoi frutti

pi maturi nell'opera di Filone, importantissima cos

formazione della

filosofia cristiana

come per

quella neoplatonica. Filone nacque


nel 30 20 a. C.

in

Alessandria

La data

della sua
si

morte dubbia,
rec a

ma
40

si

sa che, settantenne, egli


C.)

Roma
l'

(nel

d.

ambasciatore della sua

citt presso

im-

peratore Caligola.

La

sintesi
lui

della mentalit greca

e orientale un'opera da

intrapresa con piena

coscienza cos del pregio dell'ellenismo


sta

come

del

valore sopraordinato della tradizione giudaica. Que sorta

per rivelazione diretta di Dio e deve


la

perci essere anteposta alla sapienza greca,

quale

pu

servirle soltanto di comentario.

Si ritrova nella filosofia di Filone l'ultimo

tema
lui.

della trascendenza greca: Dio solo saggio; la co-

noscenza

umana

impotente a giungere fino a

(1) Opera che andata perduta, che frammento Eusebio,

ma

di cui ci

ha tramandata miai-

X.

IL

NEO-PLATONISMO
il

207

Nondimeno, e

sta qui

tema

positivo che s'inserisce

nella negazione scettica, Dio

ignoto all'uomo,

e,

non ha voluto restare non potendo elevarne l'anima fino

l'uomo, e concedergli

ha voluto egli stesso discendere al livello delil dono della sua rivelazione. La scrittura dice che Dio s' e mostrato al saggio, non che il saggio ha visto Dio.
s,

La
molto

sovrintelligibilit del divino portata


al di l del

da Filone puro platonismo. L'Idea suprema


s,

della dialettica platonica era,


QttoOca) al

appena

visibile (|xyi?

pensiero umano,

ma

tuttavia ancora ricca

determinazioni concettuali, in quanto s'identificava col sommo Bene. Il Dio di Filone invece privo
di di

ogni qualit

(utoiog)

('')

e,

poich ogni
gli si

nome esprime

una

dire solamente che

si pu non che cosa . Da questa premessa, assume un rilievo anche maggiore che nel platonismo il problema della creazione

qualit, nessun

nome
2
( ),

addice: di lui

del

mondo

e della

mediazione necessaria a colmare


Il

l'abisso tra l'ineffabile e trascendente perfezione di-

vina e l'imperfezione delle cose create.

passaggio

da Dio al mondo , secondo Filone, mediato dal Logo: forma intelligibile del reale, v.a\ioq vor\x<;, ad

immagine
sibile
3
(

e imitazione del quale sorge

il

mondo

sen-

).

Questa idea del Logo, trasformazione della Sapienza ebraica, era da Filone pensata sulle tracce
del kyoq 0eiog,
ajtzQiiaxwq, la
il

demiurgo platonico,

del

lyoc,

ragione seminale degli

stoici

(*);

ma

I, p. 50 M. 36. sit imrnut., 282 M. 62. mundi, opif. p. 5 M. 24-25. (3) (4) In questo secondo aspetto, essa s'identifica anche con l'anima del mondo. Eoseb Praep. ec, vii, 13; mentre altre volte quest'ultima

(1)

Leg. allegor.,

(2) Cjioq^i?.

Quod Deus

De

sembra distinguersene, come una terza

ipostasi: lo spirito di Dio,

208
vi

LA FILOSOFIA GRECA sono tuttavia in quella alcune determinazioni connon contenute nelle fonti greche, e che- as-

cettuali

sumono un'importanza peculiare, perch saranno la base della speculazione cristiana. In quanto un'essenza mediatrice, il Logo ha in s del divino e dell'umano: esso l'Adamo celeste, l'av6QCMtog xax elxva,
5

la cui

essenza identica all'anima

umana

().

E, con-

forme alla sua duplice funzione, di pensiero in s, nel quale sono precostituite le ragioni ideali delle (ose e di pensiero espresso, che si traduce in atto nella creazione, esso riceve i due appellativi di lyog
vSidOe-tog e di

Kyo- JtQOcpogixc;.
cos, riesce

Ma
diffcile

il

concetto ancora nebuloso:


il

discernere se

attributo di

una propriet Dio, ovvero un essere distinto da


sia
in
2
(

Logo

un

lui:

egli l'ima e l'altra cosa insieme; ora s'unifica


la propria

con

fonte, ora s'ipostatizza


il

una sostanza
Similmente, di

distinta e diviene

secondo Dio

).

fronte al

mondo,
il

alla copia, in

Logo sta in parte come il modello parte come la forza al fenomeno; nel
il

che

si

rivela

pensiero filoniano.
tuisce ancora
Dio e insieme

doppio influsso platonico e stoico sul Il Logo in questa dottrina costi-

una posizione sincretistica ed eclettica: uomo, ma non gi Dio che si fa uomo; esso prelude al nuovissimo evento, ma non lo contiene ancora nel suo seno. La sua personalit, appena adombrata, non assume la concretezza di mia vera incarnazione. Troppo aderente alle sue fonti elleniche, esso come il demiurgo di Platone

la

personificazione simbolica della realt in-

telligibile.

(1) (2)

limi.,

p. 3o

M.

138.
loc. ci(.

6 etiTegog Sej, 6? oxiv ne(.vov ^.0709. Eusicb.,

X. IL

NEO-PLATONISMO
ipostasi divina
si

209
fa strada,

Infine
assai

una terza

ma

vagamente, quella dello Spirito di Dio, un'altra ed interiore potenza con cui Dio entra in rapporto col mondo sensibile, e che vien concepita secondo il modello stoico, di una potenza tesa attrapi

verso

la

materia.

Dalla premessa platonica del sistema filoniano,

problema della formazione del mondo procede nella cosmogonia del Timeo. Filone non conosce ancora una creazione nel senso cristiano, bens una formazione nel senso platonico, la quale procede per gradi, secondo una gerarchia solamente simboleggiata, e non adeguatamente espressa, nel racil

come

conto biblico della


giorni.
Il

creazione drl

mondo

in

sette

criterio ideale di questa gerarchia che nelle


si

cose che

generano per

parti, la

natura comincia
(').

dal pi basso per finire nel pi alto

Cos la foril

mazione del mondo s'inizia dall'inanimato, culmina nella pi sottile materialit degli
della luce,

quale

astri e

s'eleva attraverso

il

mondo animato

fino all'uomo, la pi perfetta delle creature, fatta a

imagine e similitudine di Dio. L'ordine esposto non che quello della narrazione biblica, alla quale pertanto Filone conferisce un profondo valore esoterico. Il complesso delle sue opere un comentario metafisico della Bibbia, un innesto dell'idealismo di Platone nelle sacre scritture. Dove la Bibbia parla per imagini sensibili, egli indotto a vedere un significato riposto tutto ideale. Di questo procedimento allegorico egli si avvale non gi sporadicamente,
tutti
i

ma come

di

un metodo

atto a risolvere

problemi dell'esegesi biblica.


mundi,

(1)

De

opif.

p. 15

M.

67 segg.

G. db Ruggiebo,

La

filosofia

greca

II.

210

LA FILOSOFIA GKECA

La creazione
di
il

del

mondo

in sei giorni e
la

il

riposo

Dio nel settimo, secondo


loro

Genesi

(2-2),

trovano

comento allegorico nel concetto che Dio non

cessa mai dall'agire, perch,


rale (iiov) di bruciare, alla

come

al fuoco natu-

neve

di gelare, cos

anche
la

a Dio di agire; anzi molto pi naturale, in quanto

che

egli

anche per

gli altri esseri

il

principio e

non proprio dire che Dio cess di agire dopo aver creato il mondo, perch, se, rispetto alle nostre arti, realizzato il fine v' una sosta, rispetto alla scienza di Dio invece si determina il principio di un nuovo movimento ( ). Ond' che il riposo del settimo giorno va interpretato nel senso che Dio cessa dal produrre generi mortali (8vr|T yvr\) e comincia a produrre quelli che son divini e familiari alla natura della domenica 3 ). Similmente la distinzione biblica del ciclo e della terra diviene una distinzione concettuale della mente e della sensazione ( ); Adamo ed Eva simboleggiano
fonte dell'azione. Perci
1 i

questa stessa dualit; Dio che creata Eva


a

la

mena

Adamo

rappresenta Dio che d alla mente la sene cos via, fino alle particolarit pi mi-

sazione

4 ( );

nute del racconto biblico.


Nella sua linea fondamentale,
schiettamente dualistico
il

sistema di Filone

come

il

suo modello greco.


il

Per

il

fatto stesso

che l'alessandrino non raggiunge

vero concetto della creazione, non pu liberarsi dal

presupposto della materia, che s'ipostatizza in un

(1)

fa

una

sottile distinzione tra

il

si ripos (staxitavaev) della

Bibbia e il cess (jiavcaxo), dicendo che conviene il cessare a ci che si fa senza aver poi bisogno di un nuovo impulso: .xaei (lv yQ x ov.ovxa rroistv ovv. veeyotvxa, ov jtcoisxcu 5 jiokv a-xj (Beg)
Leg. allegar.,
(2)
i,

p. 4

M.

5-6.
y.a.1

(3) lbid.,
(4)

Pag. 46 M. 17: x Gela i, p. 4H M. 1.


lbid.,
il,

|35p,a5o; epvcei otx8ta.

p. 73

M.

40.

X. IL

NEO-PLATONISMO

211

principio distinto e

nondimeno necessario
(').

alla

for-

dualismo metafisico tra la materia e l'immateriale sconfina nel dualismo morale. Filone attribuisce a Mos meglio avrebbe detto a Zenone, l'aver riconosciuto l'esistenza di
Il

mazione delle cose

una doppia causa, l'agente e la paziente, l'infinita la materia finita e inanimata ( 2 ). Con la materia egli identifica il male, che non pu avere in Dio il suo principio. Si pu rilevare di qui un capovolgimento dell'antico dualismo greco. Il male non pi nell'infinito, ma nel finito, che s'identifica con la materia: mentre il bene nell'infinit della ragione divina. Questa infinit di Dio, che Filone gi intravvede, non ha pi rapporto con l'ajteioog dell'antica speculazione, non esprime pi la vaga indefinita sensibile, bens la nuova potenza spirituale e intima, che gi traluce nelle ineffabili esperienze della reliragione e

gione d^llo spirito.

Conforme a questa intuizione spiritualistica del pone in rilievo un carattere dell'azione di Dio sul mondo, che sar di gran momento per la speculazione cristiana. E cio, che Dio nel comunicare suoi doni non si diminuisce, ma permane
divino, Filone
i

nella sua integrit. Cos

il

fuoco

si

partecipa senza

scemarsi; cos generalmente tutto ci che spirituale,


p. es., si propaga in un numero sempre maggiore d'individui, senza perdita. E lo spirito divino per l'appunto uno spirito di scienza, che si difla scienza,

fonde sulle cose e

le

riempie, senza ricevere nessun

pregiudizio, possedendosi sempre in se

medesimo

3
( ).

(1)

De

opif.

mundi:
mundi,

Tuuoveyg... 8 ?

n&oy xaTexQiioato tr

iky\

els tt|v

xov

?.ov yveoiv, p. 41
p.
<l

M.
8.

17

i.

(2) De. opif. (3)

M.

Questo importantissimo concetto

passato

anche

al neo-platoni-

smo attraverso Numenio. Secondo questo

filosofo, le cose

che nel comuni-

212

LA FILOSOFIA GRECA

Dal concetto del male, poi. come inerente alla segue una concezione drammatica dello spirito umani, agitato dalle due forze opposte, e il compito dell'etica, inteso alla purificazione dell'anima da ogni pervertimento materiale e al ricongiungimento di essa con Dio. Cos l'etica chiude il grande circolo del reale, che si apre con la rivelazione di Dio; essa il ritorno dello spirito alla sua fonte divina; l'eterna liberazione del popolo d'Israele
materia,
dalla cattivit d'Egitto.

Con questa stupenda allegoria, Filone ritrae vivamente la liberazione dell'anima dal suo spesso paludamento terreno. Tale liberazione non si compie con forze puramente umane; ormai l'uomo non ha pi un valore e un significato autonomo; egli strumento del divino; l'etica un momento della religione. Ogni virt sorge dalla sapienza divina;
solo possiede la

Dio

saggezza e

la bont.

Ma

l'ascesi, la liberazione dalla carne,

un momento

solo della purificazione, e

non che. non il pi


.

da un soletto all'altro sono perdute per colui che le d, hanno valore ennu-ro e corruttibile. Le cose divine son quelle che, don:ite, restano al donatore; che, servendo all'uno non impoveriscono l'altro, ed anzi servono a quello stesso che le d, col vivificargliene il ricordo. qui la vera ricchezza, la lidia scienza, che giova a chi la riceve.
earsi

senza abbandonare chi la d. Tale la fiamma che s'accende a un'altra fiamma, senza che questa si disperda. Tale la scienza che resta a colui che la d, e tuttavia passa, identica, a colui che la riceve. La causa di un tal fenomeno non ha nulla di umano. Essa consiste in ci, che l'essenza che possiede il sapere la stessa in Dio che la d e in tee in me che la riceviamo (NuMEN.,ap. Euseb., Praep. evang.,xi, 18). Si ponga in raffronto questa dottrina con l'insegnamento di Ges: di non ammassare tesori sulta terra, perch soggetti a dispersioni, ma di ammassarli nel cielo, perch dove il tesoro, ivi anche il
cuore. Il tesoro spirituale non suscettibile di dissipazione, ma a sviluppo a moltiplicazione, perch esso tutt'uno con lo spirito che tesaurizza, e prodigandosi fruttifica a quello stesso che lo dona.

X. IL

NEO-PLATONISMO

213

alto.

Sopra

di essa,

v' la saggezza pura e incontaEssa non una concessione arfrutto divino che la virt sola

minata, la contemplazione ineffabile del divino, in

una parola,

l'estasi.
:

bitraria di Dio

un

pu maturare.
profeta

suoi caratteri risentono potentemente

del misticismo orientale.


:

Per virt di essa,

il

saggio

egli

non

trae nulla dal suo fondo,

ma

in

lui abita lo spirito divino,

ed egli vibra senza suo


i

volere,

come

le

corde di uno strumento. Lo stesso


suoi
si

Filone ci descrive vividamente


estasi: a volte,

vuoto d'idee, egli


si

momenti poneva al
i

di
la-

voro, e d'un subito

sentiva riempito;

pensieri

venivano invisibilmente dall'alto e cadevano come la neve e la semenza; invasato da un Dio, simile ai coribanti, egli dimenticava il luogo dov'era, le persone presenti, e se stesso, e ci che aveva detto
e scritto
1

( ).

Con
nega
6.

l'estasi, la

negazione del
da cui
di
si

finito, della

materia,
si

del male, compiuta; e


nell'infinito

l'uomo trasumanato
origina.

an-

La scuola

giudaico ellenistica di Filone

La tradizione Alessandria. si continuava ancora


tempo
in

in Alessandria allorch sorse la scuola neo-platonica

ad eclissarne
cui

la

gloria. Alessandria, nel


inizi
il

Ammonio Sacca
il

suo insegnamento, era


quivi

divenuta

vero Pantheon della sapienza universale.


gli studi letterari e filologici;

Quivi fiorivano

Clemente e Origene iniziavano con consapevolezza

(1) Questo passo del de Migr. Abroh. trova riscontro in un altro del de opif. mundi, nel tinaie tuttavia, pur con la stessa analogia dello

slancio spirituale con l'ebbrezza coribantica, vien posta in rilievo una certa razionalit del processo, inteso come uno sforzo della sostanza
sensibile per adeguarsi a quella intelligibile. (Cfr. specialmente
p.
iti

M.

71).

214

LA FILOSOFIA GRECA

quivi la gnosi con ancora pi con Valentino, riassumeva nel suo misticismo tutte le correnti della speculafilosofica la patristica cristiana:

Basilide,

zione orientale commiste alle nuove intuizioni cristiane,

che per ne venivano travolte; mentre


il

la

scuola di Filone unificava


rito

giudaismo con

lo

spi-

animatore del pensiero ellenico.


Tuttavia, in questi fiorenti indirizzi, ciascuno de-

bitore alia Grecia di qualche


vita,
altri

momento
di

della propria

l'ellenismo
interessi

minacciava

essere travolto

da
si

mentali

predominanti.

L'ispirazione

centrale della patristica era cristiana; nella gnosi

riunivano sincretisticamente motivi cristiani, ellenistici, orientali nella scuola di Filone il giudaismo pretendeva di asservire la mentalit ellenica. Il neoplatonismo venne in buon punto a salvare la filosofia greca dalla minaccia di assorbimento e di morte che le sovrastava; esso fece l'ultima e splendida affermazione della forma greca vittoriosa della men;

talit

dell'oriente.

Sorto

in

Alessandria, ebbe per


Efeso,

sedi le pi illustri citt:

Roma,

Pergamo, e

finalmente Atene, dove la

filosofia,

come con un pen-

siero sublime, volle incontrar la sua fine.

Le

fasi principali dello

sviluppo del neo-platoni;

smo

momenti la scuola di Alessandria con Plotino; la scuola siriaca con Giamsi

compendiano

in tre

blico

la scuola

d'Atene con Proclo. La designazione


rigor di

complessiva:

scuola d'Alessandria, che a

termini e troppo ristretta da un lato e troppo vasta

Alessandria generalmente imposta in forza della personalit sovreminente di Plotino.


visto, in

dall'altro (perch,

come abbiamo
si

vi

sono varie scuole),

tuttavia

Fondatore del neo-platonismo alessandrino

Am-

monio Sacca,

figlio di

genitori cristiani, vissuto tra

X. IL

NEO-PLATONISMO
il

215
le

il

175 e

il

242 di

C,
all'

quale consacr tutte


orale,

forze

del

suo ingegno

insegnamento

senza la-

sciare nessuno scritto. Porfirio la pi sicura auto-

da consultare sull'insegnamento di Ammonio. 1 egli ci mostra l'atteg( ), giamento di Ammonio come ispirato a un illuminato eclettismo, che cercava di salvare quanto di pi virit

Nella sua Vita di Plotino

tale

offrissero le

filosofie anteriori,
I

e di

conciliarle

in

momenti. principali, costitutivi, del suo eclettismo, erano le dottrine di Platone e di Aristotile, del primo in particolar modo,
la cui psicologia egli difese

un pensiero superiore.

contro

le critiche aristo-

teliche.

lecito
sia

supporre che
stata

l'efficacia del

suo in-

segnamento
gli

assai grande, se

un ingegno

come Plotino ha potuto


bisognava
,

intuire in lui

l'uomo che
la dottrina

e frequentarne la scuola per lunghi


la

anni.

Tuttavia,

credenza che tutta

neo-platonica sia una creazione di


dissimile

Ammonio,
una
di

e che

Plotino l'abbia soltanto volgarizzata,

fola,

non

da quella di chi pretendesse


i

ritrovare

in Socrate gi tutta la metafisica di Platone.

Senza dubbio
in

germi del neo-platonismo sono gi


dottrine

Ammonio; ma come germi, non come

esplicate.

L'intonazione religiosa del suo pensiero

chiaramente espressa dall'appellativo 8eo88a5os che gli venne attribuito; inoltre spetta a lui il merito di avere intuito la distinzione tra il principio animato e la ragione, collocando l'anima parte in s, parte nel nus, e spiegando come energia quel che v' di autonomo nell'anima: di essa non si pu dire che

qui o

l,

ma

che agisce qui o

l.

Quanto
:

alle altre

dottrine che di lui ci son tramandate

l'immaterialit

(1)

Cap.

v.

216

LA FILOSOFIA GRECA
il

dell'anima, la netta distinzione tra

sensibile e

il

soprasensibile, e l'esclusione di ogni spazialit sensibile

di Plotino): tutto ci era

da quest'ultimo, (preludio di finissime analisi una logica conseguenza dei

presupposti platonici del pensiero di

Ammonio.

Tra i suoi scolari si ricordano: Erennio. Longino, grammatico ed esteta, a cui Plotino d valore di filologo,

ma

toglie quello di filosofo

(');
il

Origene

il

neo-

maggior seguace di Ammonio; e, molto probabilmente, anche l'altro Origene, il grande Padre Alessandrino.
platonico,

che dopo Plotino

Una delle pi notevoli dispute in seno alla scuola, che diede luogo a una seria divergenza speculativa, concerne il problema: se gl'intelligibili (x vorjT)
siano nella mente o fuori
della possibilit stessa di della mente. Si

trattava
pla-

una vera

sintesi del

tonismo e dell'aristotelismo: Longino, trincerato nel platonismo, pose le idee separate dall'intelligenza; ma Plotino, con ben altro ingegno speculativo, fece il gran salto ed intu la realt piena del pensiero

come nessun

altro pensatore prima di lui. La ricaduta del suo scolaro Porfirio nel vecchio platonismo

rivela un'assai scarsa penetrazione dello spirito

vivo

della metafisica plotiniana.

7.

Plotino.

Nato
si

a Licopoli in Egitto al prin-

cipio del III secolo, della filosofia.

diede a 28 anni allo


ascoltato
i

studio

Dopo avere

pi rinomati
in Ales-

pensatori, che in quel

tempo insegnavano

sandria, senza che nessuno riuscisse ad appagare le

sue esigenze mentali, s'imbatt in

Ammonio. Udito

ehe l'ebbe, ne comprese tutto

il

valore ed esclam:

(1)

Plot., ap. Porph., V. Plot., cap.

X. IL

NEO-PLATONISMO

217

ToTov lr\xow, ecco

il

mio uomo,

ne frequent
lui.

la

scuola per 11. anni, fino alla morte di

40 anni, Plotino a Roma, fondatore

sua

volta di

perfino

una scuola, che per la sua rinomanza attrae un imperatore, Gallieno. L'amicizia dell'au-

gusto uditore fa concepire all'appassionato platonico


l'

idea di fondare nella

Campania una
;

citt,

Plato-

nopoli, sul modello della Repubblica

un disegno che
ci

per non giunse neppure all'inizio dell'esecuzione.

L'insegnamento
firio

di Plotino,

come

ricorda Por-

nella vita del

maestro, volgeva in gran parte

sulle dottrine di

Piatone e di Aristotile; egli soleva


i

leggere nelle Sinusie, conversazioni coi discepoli,

pi accreditati comentari platonici, di Severo, CroAttico, e particolarmente di Xumenio: nonch comentari peripatetici di Adrasto, Aspasio, Alessandro ('). Da questi scrittori, e pi di tutti dal suo
nio,

maestro Ammonio, egli trasse l'ispirazione di quella grande sintesi storica delle dottrine del passato, che forma l'aspetto profondamente nuovo della sua filosofia.

Dopo 24 anni d'insegnamento, si ritir in Campania e vi mor un anno dopo, nel 289 d. C. I suoi scritti, da lui composti nell'et matura, furono pubblicati
sei

postumi da Porfirio, che li raccolse, li un in gruppi di nove ciascuno, e vi diede il nome di Enneadi. L'ordine del raggruppamento , esternamente, abbastanza sistematico:
tratta dell'uomo, la
la

prima Enneade

seconda della

fisica, la terza del

cosmo,
la

la

sesta dell'uno; pi importanti di tutte le

quarta dell'anima, la quinta del pensiero, due ul-

time, dove nella sua

massima potenza

si

afferma

il

(1)

Vita Plot., cap.

iv.

218

LA FILOSOFIA GRECA
ci

genio del loro autore. Porfirio

ritrae

il

tempera-i

mento
ci

di

Plotino

come profondamente meditativo,


4

concentrato, incurante delle cose esterne


rivelano
il

( );

le

opere
si

tormento del suo pensiero, che mai

riposa sulle verit conquistate,

ma

vi ritorna inces-

santemente, per riconquistarle con maggiore inten sita ogni volta, come per trovarvi l'adeguazione compiuta del suo sforzo mentale inesauribile.
degli scritti plotiniani sta

La

difficolt;

appunto nella tortuosit


il

di
]

questo processo di involuzione e di esplicazione del


pensiero, che ricorda a
tale di

un tempo

travaglio

men-

Platone e

la forza

dell'apodissi aristotelica.
i

Creatore della pi alta sintesi tra

stemi della Grecia, Plotino compendia in s


solidit

due massimi sile due

mentalit: ha la linea svelta, ardita di Platone, e la

massiccia di Aristotile.

E,

come

Platone,

spesso vincendo la tortuosit della materia speculativa,

ha degli slanci meravigliosi di pensiero, che


pi
tradiscono degl' inceppi
superati,
simil-

nulla

mente Plotino ha una egual forza di ascendere, libero da vincoli e senza soste, ad altezze imprevedibili la differenza tra i due pensatori sta in ci, che il primo padroneggia la materia da artista, il
:

secondo invece con l'esuberanza passionale e mistica del suo temperamento orientale, ed quindi pi avvincente, pi impetuoso. E poi di gran lunga egli vince Platone per la pienezza del contenuto speculativo:
la

struttura del

pensiero platonico, isolata


nel pensiero di Plotino

dal vivo e

drammatico

colorito dei dialoghi, troppo

scheletrica, troppo povera;

invece

si

sente un'abbondanza tutta aristotelica, non

dispersa,

ma

compatta, che s'irradia da ogni centro

(1)

Vita Plot., cap. vii

X. IL

NEO-PLATONISMO

219

dell'interesse mentale, e poi vi riconfluisce, col ritmo

un respiro ampio e potente. Plotino incarna il genio pi maturo della Grecia, l'espressione totale delle sue
di

forze speculative.

A. Ih metodo.
tore,

Il

neo-platonismo del nostro aututto


il

come vedremo

in

corso della nostra

esposizione,

un platonismo superiore, che vuole


si

includere ed assorbire le esigenze pi vitali del pensiero


aristotelico. Ci

rileva fin dall'inizio, dalAristotile

l'apprezzamento

della

dialettica.

aveva

anteposto l'apodittica alla dialettica,


mostrativa.

sembrandogli
suo

questa tentati va delle verit di cui l'apodissi diPlotino reintegra la dialettica nel posto eminente e la considera

come

la parte pi alta

(npog t tiluctcitov) della filosofia. Essa non un mezzo preliminare nella ricerca della verit e dei fatti, perch non contiene nudi canoni e proposizioni,

ma
non

concerne

fatti

stessi

nella

loro

realt

{mgi
:

n.Quy\iu.T

<m) e possiede gli enti

come sua materia


la

dunque uno strumento puramente soggettivo

d'indagine,

ma

esprime insieme

soggettivit
i

e
x

l'oggettivit dell'indagine, le proposizioni e

fatti
si

( ).

Contro questa concezione della dialettica,


tano
le

spun-

armi della critica

aristotelica, e ci

che la

rende invulnerabile il fatto stesso che ivi si condensa l'esigenza aristotelica di un sapere attivo, in
cui ci che conosce e ci eh' conosciuto, l'intelli-

genza e la cosa, la verit e il fatto, sono tutt'uno. Tale esigenza esprime il valore eterno del principio socratico;
stesso

il

significato pieno del

Conosci

te

non gi nella tua

astratta e irreale sogget-

ti)

Enntad.,

I,

3, 5.

220
tivit

LA FILOSOFIA GRECA

avulsa dagli oggetti^


si

ma

nella realt piena del

tuo essere, in cui

condensa tutto il mondo. Plotino ha dato per primo questa interpretazione e questo infinito valore al pensiero socratico ('); e ne ha
fatto la divisa della

sua milizia speculativa. Dov'


si

che

il

Conosci

te stesso

realizza nella sua pieil

nezza, in quale forma di conoscenza

soggetto

in-

clude senza lasciar residui tutta l'oggettivit, quindi

qual

il

sapere che merita


ecco
il

filosofico:

Egli passa in

veramente il nome di problema iniziale della sua ricerca. una rapida rassegna le varie facolt
vedere quale di esse
il

che

la psicologia gli offre, per

soddisfa a quel compito.

La sensazione ha

proprio

oggetto fuori di s; essa colpisce una semplice im-

magine, un'apparenza, che pu dar luogo a un'opinione non gi ad una vera scienza 2 ). L'immaginazione un che di mezzo tra il senso e l'intelletto, per cui subentra all'impressione sensibile la forma gi mediata dal ricordo; ivi la dualit sensibile, se pur attenuata, persiste tuttavia, togliendo la possibilit di una vera compenetrazione. Nel ragionamento, l'anima tocca gli oggetti, ma perde se stessa; discorrendo nell'esterno e nella pluralit, essa dimentica la propria funzione di conoscere se stessa ( 3 ). L'anima si conosce, conoscendo insieme le cose,
(

soltanto nel pensiero.

V' qui

tuttavia

una

ulteriore

distinzione da fare, tra ragione e pensiero o intelli-

genza

(vovg).

vit essenzialmente

Per ragione noi intendiamo un'attiumana, espressione adeguata delper intelligenza invece un'attivit

l'anima nostra;

il;

Ennead.,

v, 3,

1.

E tuttavia anche della sensazione


yeia non un jiBo;.
(3)

egli

rivendica

il

carattere

attivistico, gi implicito nella dottrina di Aristotile.

Essa un'vg

Ibid., v,

3,

2.

X.

IL

NEO-PLATONISMO

221

insieme nostra e non nostra;

nostra in quanto ne partecipiamo, non nostra appunto perch ne parte-

cipiamo

soltanto,

riconoscendo cos
().

il

suo

valore

La ragione umana pensa ed nella verit in quanto a lei si comunica la divina luce del pensiero; essa pertanto non attinge
sopraordinato rispetto a noi
direttamente
il

proprio oggetto,

ma

solo

con

la

me-

diazione di un principio che la trascende.

La ragione

non si conosce come ragione; solo il pensiero raggiunge la piena autonomia e sufficienza. L'anima ancor troppo legata alla pluralit sensibile e alla soggettivit empirica, perch possa considerare
essa
il

pensiero

come esclusivamente
la

proprio;
al

non possiede

necessit

che

appartiene

pensiero,
2
(

ma

soltanto quella forza

meramente
la
;

sog-

gettiva che le aveva riconosciuto Gorgia:


sione
).

Anima

e pensiero
il

s'ipostatizzano

tosi

in

due principii
dall'altro,

distinti,
lo

primo dei quali contenuto


ri-

ma non

contiene a sua volta, e ne

ceve

la luce intellettuale.

B. Il pensiero.

Solamente

il

pensiero soddisfa
il

all'esigenza socratica del Conosci te stesso. Ivi

conoscente e
tutt'uno,

il

conosciuto, la verit e

il

fatto

sono

non gi nel

significato statico

che

due

termini
e

si

adattino l'uno a l'altro

come pane

a parte,

neppure nel significato trascendente che la mente possegga il suo oggetto come pura immagine ( ), ma nel senso che la sintesi mentale a un tempo sintesi nel pensiero e nell'essere. L'universo tutto pensiero ed ente; dualit che unit: il pensiero in quanto
:i

(1)

Ennead.,
v, 3, 6.

v, 3, 2

stgg.

(2)

(3) v, 3, 5.

222

LA FILOSOFIA GRECA
(*).

intende, l'essere in quanto inteso


stesso, unit

Ma, nel tempo

che alterit; togli quest'ultima, e il pensiero scompare: guardando fisso e immutabil-

mente

in

un

sol punto, esso si esaurisce e svanisce


'

nel nulla. Cosicch

necessario

al

pensiero esser

molto per essere anche uno; l'intelligenza non tocca se stessa che nell'alternit di questo ritmo del
pi e
specie
dell'uno",

di

natura e

non sarebbe che una La semplicit della sua l'autonomia del suo essere non sono scossi
senza
cui
2
).

tatto,

(jtcupV))

da questa interna scissione; al contrario, attraverso di essa la mente si possiede, possedendo in s tutto il reale. In quanto ha tutto l'essere, il pensiero non ha quindi bisogno di mutarsi e peregrinare in crea della realt, ma l'ha in s, nell'eternit di un presente immutevole, che esclude ogni passato ed ogni futuro ( 3 ). questa la vera eternit, che non era e non sar, ma semplicemente ed assolutamente; il cui essere stabile perch non si permuta nel futuro, n permutato dal passato, e cio non trascorre nelle vicissitudini del tempo; ma vita autonoma, totale e piena ( ). Il carattere immediato del possesso ci suggerisce qual' la vera natura della mente, non discorsiva, ma intuitiva; essa non vaga qua e l per indagare, ma la sede permanente della verit e delle cose
4
;

il

suo intender tutt'uno col vivere


vi

5 (

);

e la verit

non

alberga
tal

desima,

che

il

adeguandosi ad altro che a se mesuo dire non diverge dall'essere,

(i) v,
(2; v,
(?)

1,

4.

3,

Hi

v, 1, 4.

(4)

in, 7,
T)

2.

(5) v.oti

<Hr')0eia v

avr xcd

'Sga ioxai to? ouai, xal ^i'|Cexai stai

V'OT|CEl

(,

5, 2).

X.

Ili

NEO-PLATONISMO

223

ma

quel che esiste, quello anche dice (xal o eoa xoOro


x

xai vei)

( ).

Nella realt germinano insieme


( ):

il

penl'im-

sare,

il

vivere, l'essere

un pensare che ha

l'essere

la mediazione delche vi alberga. Mediazione che acquista la spontaneit di quella immediatezza, nel senso che la mente non ha in s (mediatamente, come in un

mediatezza del vivere, e intanto

Sgaso)

gli enti,

ma

gli enti,

le cose

( ).

secondo il vero modo dell'essere; le cose non sono n prima di essa, ri dopo; ma la mente come il primo legislatore, anzi

La mente

gli enti stessi

la

egge stessa dell'essere. Bene infatti stato detto:

identico l'intendere e l'essere;

onde

la scienza delle alle

cose che sono


stesse
4

senza materia identica

cose

( ).

Nella mente
vere;

dunque
gli

si

convertono l'essere e

l'a-

ma

quest'ultimo non ha un valore spaziale;

la niente

ha in s
ivi

esseri

non come

in

ma come avendo
essi.
si

se stessa ed esistendo in

Sono

tutte le cose insieme,

ma

un luogo, uno con nondimeno

distinguono tra loro" allorch l'anima possiede


scienze,
s

varie

non ha nulla

in s

confuso,

ma

di-

stintamente,

un posto a
dagii altri.

s.

che ogni scienza ha una funzione e Ogni concetto agisce libero e puro
la

Ond' che
le

mente

tutte le cose

in-

sieme e non insieme


tiene

(\iov xc ov- fioO);

essa le conr>

come il genere La mente non

specie e

il

tutto le parti

).

una

facolt,

una potenza che


(%

progredisca dall'amenza all'intelligenza

cppommig

(1)

Ibid.
6, 6.

(2) v,
(3)

v, 3, 9.

(4) v, 9, 5.
(5) V, 9,
6.

224

LA FILOSOFIA GRBiOA
vovv XQvxa), altrimenti
all'infinito;
ci

elg

sarebbe nei potenziale

un regresso

ma

convien

ritenerla esi(');

stente in atto perpetuo e intelligente

essa ha

il

valore di attivit, di vita, e non concepibile un'attivit che non agisca, una vita, che non viva. Alla mente connaturato l'agire, e cio il sapere: non v' prima la mente e poi il sapere (ov% avxq, eira aocpq), ma il sapere compagno della mente (ndQe-

8Q05

xc

vto),
il

perch sgorgano insieme

().

Quindi
lui

pensiero sempre conosce e mai oblia; a

lui non si mescola l'errore, che immagini: queste infatti esistono nelle forme inferiori di conoscenza, e non gi nel pensiero, che possiede la realt piena delle cose ( 3 ). L'illusione di un pensiero che possa conoscere e in realt non conosca o non sempre conosca, nasce dalla

nulla celato; a

sorge dalle false

confusione tra l'anima e


termittente, in quanto

il

pensiero: nell'anima l'in-

tendere non sempre continuo e attuale,


essa non

il

ma

in-

pensiero,

ma

ne partecipa soltanto, rivolgendosi a lui. In s, il pensiero invece sempre attivamente presente a se stesso; noi siamo presenti a lui ed a noi, solo quando a lui ci volgiamo ('). E l'altra illusione, che il pensiero sia posteriore alle cose, sorge da una simile confusione tra il pensiero e l'opinione: questa posteriore alle cose, non essendone che r immagine ( 5 ); ma al pensiero le cose sono coeve e coeterne: perch, che mai son le cose, se non gl'intelligibili stessi? E l'intelletto non separato (lai-

ci)

v, 9, 5.
8,
5,

(2) v,
(3) v, (4) v,

4.
1

segg.

3,

9.

(5) v, 9, 7.

X. IL

NEO-PLATONISMO

225

l'intelligibile. Il vero intelletto (vovq leOivc) pensando intende se stesso, senza porre un intelligibile fuori dell'intelligenza, perch l'intelligibile non

che

la stessa

intelligenza

(*).

Questa immediata compenetrazione del pensiero e del reale, in quanto non lavoro discorsivo, sforzo
d'indagine e di conquista,
se

ma

si

d nella traspa-

renza luminosa di un'intuizione sempre presente a


oggetti

ed agli oggetti, e tanto pi a s quanto pi agli dell'atti(-), implica una certa svalutazione

vit, nel

momento
quando

stesso che 1 !a eleva al vertice della

speculazione. Di nessuno, dice Piotino, laboriosa


la

vita

vita

pura;

ivi

infatti

la

vita

da nessuna argomentazione, perch sempre intera e totale, n


sapienza,

ma

sapienza non

apprestata

deficiente in

nessuna parte per cui

si

l'indagine;

ma

sapienza

prima, non

renda necessaria da altra pen-

l'essenza ( 3 ). La suprema atanche il supremo riposo: come per Aristotile, rvQYsia non che la tranquilla e riposata contemdente, e tutt'una con
tivit

plazione.

Tuttavia, malgrado questo quietismo, quale pro-

non mai superata comprensione del penpensiero vede non per mezzo di altro, ma per s, senza uscir fuori di se medesimo. La vita l'atto della mente, luce che riluce per prima a se
fonda
e

siero!

Il

stessa, lucente

taiproiVevov)

).

insieme e illuminata (taxptov [iov xa Nessun pensatore ha mai avuto una

Plotino.

concezione dell'autonomia del pensiero cos viva come Il pensiero non riposa su di altro che sopra

(1) il, 9,

1.

(2) v, 6, 1. (9) V, 8, 4. (*) V, 8, 8.

G. de Ruggiero,

La

filosofia

greca

a.

226

LA FILOSOFIA GRECA

in nessun non avendo luogo in cui sia presente, presente a tutto ed a tutti ( ). Mal si ragiona, ponendo il mondo nello spazio. Qual luogo esiste infatti prima che il mondo esista? Invece le parti del mondo, non il tutto, si collocano nello spazio. A sua volta, l'anima non nel mondo, ma il mondo nell'anima, l'anima non nel corpo, ma il corpo nell'anima: e il pensiero non
se.

medesimo; esso non

da collocare
e,

luogo, e appunto perci dovunque;


l

nell'anima, bens l'anima nel pensiero


di qui

).

Emerge

una concezione autonoma e


(xc|xo<; vor\xg),

sufficiente dell'uni-

verso intelligibile

riposante sopra se

medesimo, sull'attivit di un pensiero, che si sorregge con le sue proprie forze e con esse sorregge il mondo. La conquista di questa visione del luminoso cosmo intellettuale descritta da Plotino con un paragone assai vivo. Come, premendo l'angolo delle palpebre, l'occhio vede la luce interna che non vedeva, e quindi non vedendo vede, anzi allora veramente vede, perch vede la luce, mentre le cose che vedeva prima erano lucide, ma non la luce; cos pui*e la mente,
segregandosi dalle altre cose e chiudendosi in quelle
interne, nulla vedendo, vede la luce stessa,
altro,

ma
3 (

in
).

s,

da

se

stessa

non in fiammeggiante im

provvisa
Il

principio socratico

Conosci te stesso

riceve

in questa concezione del pensiero la

sua massima
Socrate,

esplicazione; e la scienza vagheggiata da

per la realizzazione del suo principio, viene ora solamente attuata, nella sua feconda identit col
proprio oggetto, causa d'un infinito incremento del

(1) VI, 4, 3. (2) v, 5, 9.

(3) v, 5, 7.

X.

IL

NEO-PLATONISMO

227

si conosce quando si realizza, conoscendo e realizzando in se l'universo. Un momento importante della scienza socratica giova qui considerare, per meglio comprendere l'arditezza del

soggetto, che allora

genio di Plotino. Socrate aveva scoperto


della definizione; Platone

il

concetto
la defi-

aveva concepita

nizione

come
lui,

esplicatrice dell'essenza delle cose;

ma

tanto per

quanto per Aristotile, l'essenza era il puro intelligibile, la potenza e non l'atto. Nella nuova
logica dell'attivit,

mentale, l'antico concetto della


e tuttavia Aristo-

definizione
tile

non trovava pi posto,


senza
intenderne

lasciava coesistere nel suo pensiero l'Organo e


Metafisica,
il

la

grave

dissidio.

Plotino
nel

comprende l'alta esigenza di trasvalutare nuovo spirito i vecchi valori logici. Egli idenla

t i ti Tcytv):

perch della cosa (t Ttgay^a xa perch infatti essenza, intesa dinamicamente, causalmente; e l'essenza coincide con la definizione. Donde il profondissimo e nuovo principio: 0 yg axi exaotov, 5i tot an, ci che
tifica

cosa e

il

il

ciascuno

per ci

(').

La ragione
si

sta in ci che,

svolgendosi qualunque specie, vi

ritrova

il

suo

perch (i ti). Ci che infatti ha vana e inefficace essenza non possiede compiutamente il suo perch; e inversamente. Cos il pensiero possiede in se il perch
le

singole

cose che in
il

lui

sono siano cos: queste


della
ci

infatti

sono

pensiero stesso, ed hanno quindi, inla forza

sieme con l'esistenza,


del proprio essere.

legittimazioin'

Ed anche

che della mente

partecipa ha un'egual natura. Cos nel mondo, composto di molti, tutte le cose sono tra loro connesse,

ed ogni particolare, in quanto

si

riferisce al tutto,

(1

vi, 7, 2.

228
in ci

LA FILOSOFIA GRECA
il

lia

quello;
tutto
si

ma

la

suo perch. Ivi non v' questo e p* causa insieme con l'effetto; e il
il

riferisce al singolo e

singolo al tutto. Per

cui nulla

disgiunto, e gli

effetti

hanno

in s le

cause, e ogni cosa tale che ha quasi la causa senza

causa

(olov

dvamcog

tt]v

aiuav

e/ eiv) w

(').

In questo co-

spirare di tutte le cose tra loro, Plotino fa consistere

insieme la perfezione e l'universalit della loro senza e la loro bellezza ( 2 ).


tino abbia saputo mantenersi in

es-

Giunti a questo punto, lecito chiedersi se Plo-

una

tale

posizione

speculativa. So cos fosse, sarebbe assai sconfortante


il

di lui

di vita mentale dopo non hanno nulla accresciuto e sviluppato di quel ch'egli ha con piena coscienza veduto; appena

pensare che diciassette secoli

oggi noi osiamo parlare del pensiero coi termini di


Plotino.

Ma non

si

danno

nella

storia anticipazioni cos


il

prodigiose. Plotino ha intuito

miracolo della mente,

ma

mente greca, della mente che non s'intende come soggetto pienamente autonomo, persona, spidella
rito,

centro assoluto del

reale,

ed ha fuori di s

un'oggettivit,
la

coscienza di

una trascendenza inesplorata. Egli tutto l'immenso lavoro filosofico che


lui:

va da Socrate a

ma

il

lavoro

della

mentalit
la

cristiana, del pensiero

moderno, non vano;


il

sua

novit irriducibile.

La grecit
fico

di

Plotino sta in questo, che

magni-

sviluppo da

lui

dato

al

principio energetico della


i

metafisica d'Aristotile, trova

suoi limiti nelle linee

fondamentali dell'intuizione platonica,

che sono

limiti stessi della mentalit greca. L'unit

sintetica

(1) vi, 7, s. (8) VI, 7, 3.

X.

IL

NEO-PLATONISMO

229

del pensiero, per Plotino,

non vince

il

dualismo
si

ori-

ginario degl'intelligibili e dei sensibili, anzi


tifica

stra-

nell'ambito del primo termine dell'antitesi. La


la

cosa ch'egli identifica con la verit,

non per lui materia che par che si risolva nel pensiero non che materia intelligibile. La natura veramente mondana e terrena non entra
che
la cosa intelligibile:

nel suo

v.o\ioc,

votit?,

ma
si

ne resta totalmente

fuori

non quella che vive nell'esperienza concreta, ma un puro riflesso intellettuale, una molteplicit meramente ideale e inattuale. Il pensiero non vive la sua vita vera e piena se non straniandosi dal mondo, in una sfera sopramondana, la cui tranquilla e riposata quiete non che l'effetto dell'isolamento: perfezione ascetica, che tuttavia la stessa imperfezione del mondo ha in disprela pluralit

onde

che

accentra nella sintesi

gio.

Ma

lo sforzo,

il

lavoro, l'irrequietezza del

mondo
il

sottoposto urge inaspettatamente sul

sopramondo:

pensiero che non ha risoluto in s quello sforzo, quel


lavoro, quella irrequietezza, sente in so qualcosa di

manchevole, sente di non potere da s spiegare quella realt a lui estranea; e allora ci che gli inferiore impone a lui medesimo l'istanza di un alcunch di pi alto, nel quale si riassume ci ch'egli incapace

Per una legge di contrari, chiama Dio, l'infimo il supremo.


di riassumere.

la

materia

Cos in Plotino, l'insufficienza


postula

dell'atto

mentale
Il

un nuovo

intelligibile situato pi in alto.


si

nota nel passo seguente. L'intelligenza, dice Plotino con un brusco voltafaccia, posteriore alla cosa intesa, l'intelli-

tormento di questo problema

genza della
si

giustizia, alla stessa giustizia.


il

Come

ci

concilia col principio che

conoscere identico

al

conosciuto? La soluzione del grave dubbio una

230

LA FILOSOFIA GRECA
il

vera sconfessione del principio,


limitato

cui

valore

rien

nel

senso, che
alle cose,

la

scienza non propriala

mente identica
alle
intelligibile,

ragione contemplante
le

cose contemplate,

ma

che

cose, nel

mondo

non sono

altro che intelletto e scienza.


la scienza
si

Quindi non vero che


dere
in
le

volga a inten-

cose,

ma
la

le

cose stesse

(intelligibili)

fanno
L'in-

modo che

scienza

non ne

sia diversa.
il

telligenza del

moto non crea

affatto

moto,

ma

il

moto piuttosto fece l'intelligenza, per cui esso stesso si concep come moto e intelligenza. Dunque, l'oggetto intelligibile quello che in ultima istanza crea
l'intelligenza, e la sua
intelligibilit,

lungi dall'esin virt della

sere creatura mentale, esiste

per

s,

definizione stessa che ne fa un intelligibile, segregandolo dalla materia (' ). Una pi completa sconfessione del principio della sintesi mentale non sarebbe immaginabile. Ed altrove, Plotino, considerando la

mente per

indefinita,

mostra come
se

sia definita
('-');

dall'intelligibile (opponevi] imo to votjto)

il

che

non significherebbe una caduta,


intelligibile

intelligenza e

nella

loro

rispettiva

indefinita e finit
astratti, fuori

avessero

il

valore di
attuale

puri

momenti

della sintesi

dell'intendere:
la

un valore che

trascende di gran lunga


cui l'intelligibile, inteso

mentalit di Plotino, per


forza definiente,

come

non

pu essere che un principio distinto


all'intelligenza.

e sopraordinato

Plotino

Queste divergenze ed oscillazioni del pensiero di ci danno un indizio del dissidio che gli
tra le
il

immanente
platonico e

due opposte esigenze, l'idealismo

realismo aristotelico. Tuttavia Plotino

(1)

vi,

G, 6. 2.

(2) v, 4,

X.

IL

NEO-PLATONISMO

231

non ricade nel puro platonismo, anteponendo, con una completa dimenticanza di tutte le sue premesse,
l'intelligibile all'intelligenza.

Anzi, egli mira a tra-

scendere

l'atto del

pensiero con un principio nuovo

tra breve esamineremo, ma che, sua novit, non far che rispecchiare la preoccupazione platonica del suo pensiero. Questo principio, a cui egli dar un valore sovrintelligibile,
e superiore, che

malgrado

la

tradir in effetti l'incertezza del suo pensiero tra

due concetti

dell'atto e della potenza, e

l'abbandono

Anale dell'uno in pr dell'altra.


C. L'uno.

Il

pensiero un Dio plurimo

(*);

l'al-

Questo plurale, nella mente di Plotino, ci che forma la sua imperfezione, ci che, pur senza essere affetto
terit gli necessaria

non meno

dell'unit.

dal senso, risente tuttavia, nella sfera sopramondana,


degl'influssi del

mondo. La perfezione del pensiero

al contrario ci che lo fa uno;

ma

la

perfezione

completa irrealizzabile nel pensiero: mai esso pu identificarsi con l'uno, e solamente pu parteciparne, nel grado che la sua natura plurima consente. Che di strano allora, che al di l del pensiero, in una sfera pi alta, esista l'Uno stesso, semplice, schietto, incontaminato dalla pluralit? ( 2 ). Gi s' veduto

come l'anima, partecipe


tificarsi;

del pensiero, postula l'esi-

stenza del puro pensiero, non potendo con esso iden-

similmente

il

pensiero, partecipe dell'uno,

postula l'uno stesso, die contenga la ragione esemplare, paradigmatica, della unit mentale.
Il

concetto dell'Uno, della suprema monade,


Pitagora,

fa-

miliare alla filosofia greca: esiste in

in

(1)

v, 1, 5.
v,
1.

(2)

5.

2.'52

LA FILOSOFIA GRECA
le

Platone, nel neo-pitagorismo, per citare


apparizioni.
la forza

Dovunque, esso

si

manifestato

maggiori con tutta

che

la negativit del

proprio essere gli coni

ferisce;

ma

Plotino ha superato tutti

predecessori

per l'arditezza delle sue negazioni.


Il

lettore

che ha poca familiarit


delle cose,

coi concetti

meil

tafisici

dubita

come mai l"Uno possa

essere

pu giovarsi delle abbondanti spiegazioni plotiniane. Che cosa mai esisterebbe, esclama il nostro autore, se l'uno non esistesse? Non vi sar un esercito, se non v' l'uno; ne un coro, n un gregge, n una casa, n una nave. Le grandezze continue non saranno se non v' l'uno. I corpi delle piante e degli animali, che sono una individualit, se fuggono l'uno, si dissipano nella pluralit e perdono l'essenza che avevano; essi divengono altri, eppure divengono tali in quanto sono ancora uno. Inoltre, allora v' la salute nel corpo, quando questo si concilia con l'uno; allora fiorisce la bellezza', quando la virt dell'uno connette le membra; allora la virt regna nell'anima, quando
concorre nell'uno e nell'univoco consenso
uoXoYiav). Ci ch'
(eiq

supremo principio

piov

meno
si

ente,

meno uno,

e vice2
(

versa
il

(');

ci die perde l'uno,

perde l'essere

).

Ma

valore dell'uno

palesa meglio che altrove nel

pensiero^ come gi sappiamo: potremo allora negare che esista quello, senza la cui esistenza non possiamo dire o intendere nulla? Ma ci ch' necessario ad ogni generazione d'intelligenza e di discorso, ne-

cessario che preceda l'intelligenza e il discorso. Quindi noi dobbiamo attribuirgli un'esistenza fuori delle cose che esso significa: a taluno potr sembrare

(1)
(2)

vi,
vi,

9,

1.

9,

2.

t. IL

NEO-PLATONISMO

233

necessario

che un quid l'accompagni;


se
si

ma

se

ci

pu parer vero certo quando si

parla di un uomo, tale non

tratta di

un non-uomo: come
(').

si

po-

trebbe predicare l'uno di un non-ente, se l'uno aderisse inscindibilmente

a qualcosa?
in
s,

Esiste

dunque l'uno

separato, puro, su-

premo principio
dall'alterit,

delle cose, Dio.

Come non

toccato
2
(
)

che necessaria alla conoscenza, egli

superiore alla conoscenza, cio sovrintelligibile


e insieme sovrintelligente.

lui
3
(

non possiamo
),

attri-

buire intelligenza, n coscienza

n vita: attributi

che sono affetti di alterit. Egli non sostiene misura, essendo egli stesso misura d'ogni cosa, e non potendo a sua volta essere misurato
gli
4

( ).

l'essenza

determinato da altri, e l'uno non da nulla determinato; inoltre, essendo la causa dell'essenza, deve necessariamente precederla 5 ). E neppur l'essere si pu predicare di

adeguata

l'essenza

un

che,

lui

6
(

);

egli
si

il

non-essere superiore da cui l'essere


lui

medesimo

genera. In generale, nulla di positivo


;

possiamo affermare intorno a


tale

la

negazione so-

lamente, in quanto esprime tutto ci che non men-

ed superiore alla mente, a lui adeguata 7 ); nessun discorso pu toccarlo; egli l'inesprimibile,
(

l'ineffabile (&qqt)tov,J.

Tuttavia, se Plotino
in realt, in

si

fosse limitato a queste ne-

gazioni, avrebbe veduto Dio sfumare nel nulla;

ma

quanto ne parla e

lo

pensa, costretto

(1) VI, (2) (3) (4)

6,

11-18.
12.

v,
VI,

3,
7,

39.

v, 5, 4.
6, 7,

(5) vi, (6) vi, (7) v,

13.

38.

3, 14.

2i

LA FILOSOFIA GRECA
in

a comprenderlo

qualche

modo

nella

positivit

del discorso e del pensiero. Egli comincia con idencol Bene, la suprema idea del sistema plaavvertendo di togliere da questo concetto ogni empirica determinazione e di attribuirvi un significato sovreminente a tutte le cose ( ). Inoltre, la negazione della finit dell'intelletto induce Plotino a chiamar Dio infinito, illimitato, senza forma (*): determinazioni che, pur essendo negative, si stratificano sullo stesso piano delle opposte determinazioni
tificarlo

tonico,

positive, e svelano l'esigenza intellettuale dissimu.

lata dal sovrintelligibile.

Ma

v' di pi: l'uno principio generatore delle


si

cose; gli

dovr dunque attribuire

l'attivit,

mas-

simo tra gli attributi positivi? Plotino si dibatte contro questa necessit ineluttabile del suo sistema. Egli cerca di mostrare che il primo Bene ci verso cui tende ed appetisce ogni cosa, come al suo fine, ma che non mira a sua volta ad alcuna cosa, e nulla desidera, in quanto si possiede nel suo fine eternamente realizzato. Il bene pertanto fonte e principio quieto di tutte le azioni secondo natura; esso rende buone le cose a sua somiglianza, non perch agisce verso di esse, anzi, perch esse agiscono verso di
lui.

S, ch'egli esiste

come
solo in

tale,

non per un'attivit

quanto quello che : essendo sopra l'essenza (jtexei/va ovaiaq) anche sopra 3 l'atto del pensiero ). Questo passo tradisce la preoccupazione intellettualistica del pensiero plotiniano, che, altrove, pi chiaramente si manifesta, nella definizione ch'egli d di Dio come prima potenza (Suo

un pensiero,

ma
(

(0
(t)

v,

3,

11.

vi, 7,
I,

32-33.
1.

(3)

7,

X.

IL

KBO-PLATONISMO
il

235

va^u;

pam))

4
(

):

qui

vecchio platonismo par che


la

chiuda in una cappa di piombo zione dinamica dei mondo.

magnifica concedi questa so-

Ma

intanto, Plotino

non
si

si

appaga

luzione. Egli vuole che Dio agisca veramente, vuol

mostrarci

come da Dio
;

svolga l'inesauribile

ric-

chezza del reale

e quindi torna al motivo gi scon


si

fessato deirvQYew*, dell'atto. Dio, cos egli

riprende

con uno
tuali,

di quei

bruschi voltafaccia che


fatto

gli

sono abi(-).

non va inteso come


di

ma come

facente

Non bisogna temer


di

porre l'azione prima senza


il

essenza, anzi bisogna dare all'azione stessa

valore

una sostanza (vkotuow). Se


il

si

pone una sostanza


;

senza azione,
se
si

principio sar deficiente e imperfetto


alla sostanza l'azione,

aggiunge

non conserver

l'unit semplice.

stessa

come

esistesse,

Epper bisogna porre la sostanza n lecito dire che prima di farsi mentre invece non era prima di farsi, ma
atto:
3
(

gi tutto era facendo

).

Ivi infatti l'essere stesso

tutt'uno col farsi, ed esiste

come per una sempiterna

generazione

4
(

).

Dio dunque atto, che non preceduto da nessuna sostanza, cio da nessuna potenza: la uvajug jiookr] scomparsa. Chi bene osserva, questi continui pentimenti tradiscono la stessa incertezza che nella sfera dell'intelligibile ci si manifestata nel problema
della priorit della potenza o dell'atto.

N potrebbe
,

essere

altrimenti:

il

sovrintelligibile

malgrado

tutte le effusioni mistiche, che

ne fanno un qualcosa

(1)

v, 4,

1.

(2)
(3)

oi xax

-cv Jioiovfievov,
<b; tcqx

Xk

v.ax tv jtoiovvxa IVI, 8, 20).


f)v

xal oi oxiv,

yevo9ai fjv re yQ o6k

wqIv yevaQai,

't.X'\br\

ni

fjv

(id.).

(4)

Id.

236

LA FILOSOFIA GRKCA che essenza pensata, epper rivela


i

s, null'altro

nella sua struttura


lo cren.

momenti

stessi del

pensiero che

Riconquistato

il

concetto dell'attivit, Plotino in

completare il suo sistema dell'universo. Egli ci ha mostrato finora come attraverso i gradi intelligibili dell'anima e del pensiero si giunga fino
di

grado

a Dio; ora

ci

mostrer come dall'attivit divina e


il

creativa procedano

pensiero e l'anima. La linea


linea ascensiva; l'evoluzione

discensiva integra

la

dall'uno, l'involuzione dell'uno.

quello che

problema che ora si propone Plotino non si proponeva Platone nel Timeo', ma quello che Platone aveva appena intravveduto, quando, pervenuto con la dialettica all' idea suprema del Bene, intuiva una deduzione sintetica di tutte le idee dalla loro fonte*. A un tale, poderoso problema,
Il
il

statizzava

platonismo era insufficiente, come quello che ipole idee fuori della mente divina; per
pertanto assai meglio in grado di soddisfare
al

Plotino invece le idee sono atto e verbo di Dio; egli

suo compito.

necessario ri- D. La triade intelligibile. brevemente da capo, per affrontare adeguatamente l'arduo problema e svelare le intime ragioni del procedimento plotiniano. Abbiamo veduto che Dio attivit, non condizionata da sostanza preesistente, ma sostanza essa medesima. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che Dio non n intelligenza, n coscienza: quindi la sua attivit non porr in vita una creazione mentale, ma una creazione quasi
farci

naturale e

a spiegare

seguente passo di Plotino giova natura di quell'attivit. Nel pensiero divino, egli dice, non v'e deliberazione precedente
fisica. Il

la

X. IL

NEO-PLATONISMO
il

237

l'azione,

n ragionamento precedente

fatto.

Ne

viene un certo prammatismo

ideale: tu puoi, sog-

giunge Plotino, addurre ragioni perch la terra sia posta nel centro del mondo e perch sia rotonda; ma nella mente di Dio non cos fa deliberato perch
cos bisognava, anzi cos sta bene,
fatto:

perch cos stato argomentazione discorrente per cause, la conclusione fosso certa senza nessuna proposizione. Ivi infatti, niente pende dalle conseguenze, niente divien certo in virt di considerazioni, ma tutto consta prima di ogni conseguenza e considerazione. Tutto ci infatti posteriore: ragione, dimostrazione, fede. Dal fatto stesso che esiste il principio, per sua natura ogni cosa esiste ed cos disposta. Ecco la ragione profonda, che non v' ragione del principio ). Questo prammatismo ideale si converte in vero

come

se

prima

di ogni

e proprio naturalismo, allorch dall'intelletto divino


si

passa all'unit stessa,

al

Dio sovrintelligibile. Dio

crea,

come

il

fuoco brucia e la neve gela. Esso getutto ci ch' perfetto genera, e


sterile:

nera, perch

non

pu rimanere
per elezione,

cos nel
si

campo
agisce

in cui si agisce

come dove
2
(

senza nessuna

elezione e coscienza
gorio,

un folun irraggiamento, il cui effetto l'intelligenza, il pensiero. Ma come avviene che l'uno semplice si sdoppia nell'intelligenza, si pone come lucente e illuminato, pensiero ed essere? Qui soccorre a Plotino il valore intelligibile e potenziale da lui dato all'Uno: reminiscenza platonica, che mai cede completamente alla dottrina nuova dell'atto puro e dall'intelligibile egli fa uscire l'essere, che in quanto
).

l'azione di Dio

(i) v, 8, 7.
(S) V, 4,
1.

238

LA FILOSOFIA GRECA

contempla diviene l'intelligenza (*). Altrove invece par che attribuisca all'uno stesso questa riflessione: guardando se medesimo, l'uno produce l'ente e l'insi

telletto

2 (

).

Anche

-questa

ambiguit

si

spiega

con

l'incertezza tra le due posizioni mentali della potenza


e dell'atto: o e allora
i

si pone Dio come atto, in s riflesso, due momenti dell'attivit pensante e dell'essere pensato rampollano dall'identit siessa della riflessione; o si pone Dio come potenza, come intel-

ligibile,
il

cio in ultima istanza

come

essere, e allora

pensiero contemplante un'inesplicabile ritorsione

medesimo. Ognun problema che qui si agita quello della coscienza. Plotino lo tocca profondamente, ma non riesce a conquistare una soluzione definitiva. A volte, egli riconosce la massima concretezza alla riflessione cosciente, e intende l'immanenza del conoscersi nel conoscere, e afferma che l'intelletto umano si contempla pi perfettamente nel divino, perch in s vede soltanto, in quello vede di vedere (v.aQoQq. ori KaQoQi}.) ( 3 ). Altrove invece si sconfessa, e d alla coscienza (vxiht\yiz) il valore di una riflessione mentale secondaria e inessenziale: chi conosce, non necessario che abbia coscienza di conoscere, specialmente se molto intento, n chi agisce potentemente necessario che conosca di agire potentemente: si che sembra che la coscienza renda pi deboli le azioni
e ripiegamento dell'essere sopra se

vede che

il

a cui

si

accompagna

).

Specchio della vita, essa


ri-

inferiore alla vita.

la

creazione dell'intelletto per opera di Dio

sente di questa oscillazione: ora un'azione, direi

(1) v, 3, (2) v, 2,
(3) v, (4)
I,

11.
1.

2,

12.

4, 10.

X. IL

NEO-PLATONISMO

239

quasi

lineare, irriflessa, da cui sorge inesplicabilmente il miracolo della riflessione e del raddoppiamento dell'essere e del pensiero; ora la creazione stessa, e quindi l'essenza di Dio, che si compendia in un atto a cui nulla di sostanziale precedente, una riflessione, una coscienza. Nel primo caso l'operazione divina ha un carattere naturale e fisico, nel secondo un carattere mentale. Come dall'uno procede l'intelletto, cos dall'intelletto procede l'anima. Dio, intelletto, anima, formano la triade intelligibile, e sopramondana. L'intelletto

dell'intelletto

verbo e atto di Dio, l'anima verbo e atto Il loro rapporto simboleggiato ( ).


l

da quello della luce, del sole, e della luna. L'unit suprema la luce, l'intelletto il sole, l'anima la luna, che trae la luce dal sole. All'anima infatti avventizia la luce intellettuale; l'intelletto ha invece
in se stesso la luce, n la luce soltanto,
stesse

ma

le

cose

che in esso sono contenute, sono per loro essenze lucide ( 2 ). Non questa concretezza della
luce nel lucido superiore all'astratta e irreale luce

riconosce che la luce in s non d potenza all'intelletto; ma, non ha egli stesso concepito un atto libero da potenza? Eppure lascia
in s? Plotino

che

la

cadere

il

problema!

L'ordine della generazione l'ordine gerarchico della triade. L'anima contenuta nel pensiero e non
viceversa; essa ha fuori di s la fonte della sua luce,

epper fuori di s la meta della sua attivit la sua presenza attiva a se medesima e condizionata dal suo
:

elevarsi e rendersi presente al pensiero

3
( ).

simil-

(1) V,

1,

6.

(2)

V, 6, 4.

8,

6.

240

LA FILOSOFIA GRECA

mente il pensiero ha ima duplice forza: con l'ima guarda a s, con l'altra al suo principio ). L'ordine della produzione e della processione non tempo2 rale, ma puramente ideale ( ); e la sua. legge la
{

decrescente perfezione dei prodotti via via che


ci che fa di ci eh' fatto, perch

si

allontanano dal centro d'irraggiamento. Migliore

ha maggior per stata tratta

fezione

:i

).

Da

questa legge in particolar


il

modo

l'opinione, in parte fondata, che

sistema plotiniano

sia emanatistico. Col materialismo dei sistemi


natistici,

nei quali le cose particolari

si

emaproducono
il

distaccandosi dalla sostanza


plotiniano ha in

primitiva,

sistema

comune non

soltanto la legge della

perfezione decrescente dei prodotti,


di

ma

ancora l'idea

una produzione naturale e quasi fisica. Tuttavia noi conosciamo un aspetto profondamente diverso
della metafisica plotiniana, che molto diverge dall'

emanatisino.

Come
si

attivit perfetta,

l'Uno non
4

si

disperde e non

esaurisce nella creazione; e d'altra


(
)

parte, l'apparente apostasia dall'Uno (noxaoic,

dscessus) in realt

un vero progresso,

se
il

non

si

con-

sidera la falsa opinione di Plotino,

ma

valore del
del-

prodotto ch'egli fa scaturire dall'uno: l'intelligenza.

Con

la

triade

dell'Uno,
principii

dell'intelligenza,

l'anima, tutta la sfera dell'intelligibile esplorata;


l'anima, ultimo dei
intelligibili,

gi

lamtra
il

bisce la terra, e forma la mediatrice eterna

mondo

superiore e la realt sensibile.

(1)

vi, 7,
1,

85.
6.

(2) v, (3)

kqsCttov t
vi, 6, 1.

jtoiofcv

tov Jtoiovnvov, xe?weiTseov yQ

(v, 6, 13).

(4)

X. IL

NEO-PLATONISMO

241

E. La cosmologia.
posizione: da una parte,

L'anima ha una duplice


del pensiero,

come prodotto

un'essenza razionale e intelligibile; dall'altra in

riferimento col

vente e generatrice.
stoici,

di cui forma la ragione visomiglianza di Platone e degli Plotino concepisce un'anima del mondo uni-

mondo,

versale, che

si

partecipa,

come forma,

alla materia,
si

senza dividersi, perch nsuscettiva di spazio. Essa

comunica a

tutte le parti delle cose in cui alberga,

ma
in
la

nel

tempo
la

ciascuna;

stesso impartitole, perch tutta sua apparente divisibilit non forma

sua passione,

ma

la

passione dei corpi, che con la

divisibilit loro

non possono accoglierla indivisa

).

Inoltre, dire

invertire

il

che l'anima alberga nel corpo, significa vero rapporto; il corpo in realt nelai

l'anima, non viceversa;' cosicch, dando

termini

un'estensione universale, va detto non gi che l'anima


del

mondo

nel

mondo,

ma al

contrario che

il

mondo
ragioni

nell'anima universale, che ne

compendia

le

generatrici

2
(

).

Queste ultime son modellate sul sistema stoico: sono i A-yoi crjieefiauxoi, concetti attivi nei semi e principii fecondi dello sviluppo degli esseri. L'anima
del

divine, partorisce

mondo, gravida della contemplazione delle cose una natura similmente feconda di
quasi speculative
3 (

Essa agisce contemnon una con templazione? Fare che alcunch esista, infatti produrre una qualche specie, cio riempir tutte, le cose 4 di una certa contemplazione ( ). Ci non vuol dire
ragioni
).

plando: che altro

infatti l'azione se

(1) iv, (2) (3)


(4)

2,

1.

in, 9,

3.

IH, 8, 4.
HI, 8, 6.

G. de Koqgiero,

La

filosofia

greca

-it.

242

LA FILOSOFIA. GRECA

per, che l'anima del


deliberi a
di colui

mondo

o la natura ragioni e

modo

degl'individui. Deliberare proprio

tura non cerca; essa ha tutto in


ziosa

che cerca e ancora non possiede. Ma la nas. Ragione silen-

non trascorrente fuori di se medesima, essa permane nella coscienza tranquilla della contemplazione che la riempie, e da cui sgorgano naturalmente
le

forme delle cose

(').

all'idea dell'anima

si

connettono quelle dello

spazio e del tempo. Mentre l'eternit la vita imil tempo l'attivit delquanto riposa in se stessa, ma in quanto passa perpetuamente da una forma a un'altra. Cessando il movimento dell'anima, non resta che l'eternit 2 ). E similmente lo spazio, che non inerisce alla materia indipendentemente dall'anima, la ragione seminale procedente dal seno stesso dell'anima, che, con lo sviluppo della sua potenza, d alla materia tale o tale grandezza 3 ). La prima realt corporea in cui l'anima del mondo

mobile dell'intelligenza,
l'anima, non
in

si

concreta, nell'uscire dal soprasensibile,


tra
(

il

cielo,

primo

sensibili e perci pi vicino alla realt

4 bellezza celeste provano ). L'ordine e la che l'anima in quella regione pi pura e incontaminata che nelle sfere terrene. Dalla trasparenza del cielo, alla densa opacit della pi bassa terra, l'azione dell'anima gradatamente si disperde, perch la sua forza formatrice cede alla passivit della

superiore

materia.

(1) ni, 8, 4.

oiywv Os?

lgY^ 8Tal- H
segg.

L'Ingb ricorda a questo proposito il verso: tjtavxa silenzio (Siyi'i) forma una delle divinit pri-

marie dei
(2)

sisttini gnostici.

in, 7, 10

(3)
(4)

in, 0, 16; v, 3, 9.
v, 3,
17.

X. IL

NEO-PLATONISMO

243

come Aristotile, cos anche Plotino ad assumere una materia bruta, una, continua, priva di qualit, di forma ('), di quantit ( 2 ), che coincide con la stessa indefinita (oQicma) ( 3 ). E
Platone,
costretto

Come

nondimeno questo non-ente necessario all'ente, di cui colma l'insufficienza, poich l'essere non che forma e causa, non attivit creatrice, ed ha quindi Bisogno di un sostrato amorfo, sul quale possa esercitare la sua azione.
Il

significato

nuovo del concetto

della materia,

conforme all'indirizzo speculativo dell'ellenismo, sta nella sua identificazione col concetto del male. La materia e il jiqtov xcutv, il corpo il evteqov y.axv.

La ragione
metafisica

di

questa identit nell'identificazione


fa
l'etica e con la religione. La che descrivere i gradi dell'eleva-

della metafisica con

non

zione spirituale, che l'etica e la religione percorrono;


e quindi la materia,

come

fine speculativo, in pari

il grado pi remoto dal tempo il grado pi remoto

dalla perfezione morale.

problema del male ampiamente discusso da Il male non pu essere pensato come una specie distinta dal bene, poich nessuna specie pu avere un carattere puramente negativo. Tuttavia il valore della negativit del male ben si comprende
Il

Plotino.

dall'esame del valore positivo che

gli

opposto:

il

bene. V' una sola scienza delle coppie contrarie,

quindi una conoscenza sola del bene e del male. Di


fronte al Bene, super-ente e creatore degli
enti,
il

male rivela la sua natura privativa di un non : ente, platonicamente inteso, come etegov toO ovto;. Ora,

(1)

244
l'altro

LA FILOSOFIA GRECA

dall'ente non che la materia. Donde, la natura dei corpi, in quanto partecipe della materia, un male. Cos l'anima non cattiva per s, ma,

come
cui

dice Platone, cattiva

.se
l

asservita alle cose

inerente la

malvagit

( ).

Per quanto acuto,

Plotino non riesce a liberarsi da questo falso ogget-

tivismo del male, che converte un puro non-essere


in
e

una realt autonoma e distinta (l'altro dall'ente), mentre par che tolga all'anima l'infamia di una malvagit di natura, sposta questa stessa malvagit
pi oltre, e la fa preesistente all'anima
l'aver liberato l'essenza dell'anima
del
2
(

).

Tuttavia,
necessit

dalla

male, sia pure spostando quest'ultima in

pi

remota regione, gi un passo nella via della liberazione spirituale, che forma il compito precipuo dell'etica
3
(

).

F. Etica e religione.
ipostasi

Il

circolo del reale s'ini-

zia con la discesa di Dio nel

del

pensiero e dell'anima,

mondo, attraverso le si compie col

ricongiungimento del mondo purificato e sublimato nell'uomo al suo divino principio. Noi conosciamo gi quella purificazione che la scienza, per cui l'uomo, sorpassando le fonti impure del sapere, si adegua all'intelletto, e sorpassando l'intelletto si

adegua

al divino.

Un'altra

purificazione la bel-

come supremazia della forma, come superamento della materia. Che altro la beilezza, la quale nasce

ci)

I,
I,

8.
8,

1-5.
5.

(?)

(3) Per non addentrarci in nn esame troppo particolare, che trascenderebbe i limiti di questo volume, tralasciamo molti problemi della cosmologia plotiniana, tra i quali importantissimi sono quelli

del tato, della provvidenza, della particolarizzazione dell'anima del

mondo

nelle

anime

individuali, ecc.

X. IL

NEO-PLATONISMO

245
di ci

lezza del colore se

non

il

superamento

che

nella materia tenebroso, per effetto della luce che

incorporea, ed

come ragione

e specie?

( ).
;

La
la

bellezza ha due forme, sensibile e intelligibile

prima, ombra e vestigio della seconda, la quale so-

lamente si eleva al divino ed simile a Dio ? ). Bisogna dunque che l'anima, riconosciuta la vana parvenza della bellezza sensibile, fugga verso ci di cui
(

essa simulacro.
in te, e se

Dove fuggire?

in te stesso.

Guarda

ancora non ti conosci bello, imita l'artefice, che volendo una beila statua, parte di ci che ha abbozzato toglie via, parte plasma, parte leviga, finche le d un bello aspetto ( ).
:i

Ma
6aQoig)

il

teatro pi vasto delle purificazioni l'etica.


stessa

La moralit
4

non

che purificazione, catarsi (xdsi

),

per cui l'anima

libera dal male, e nella

purezza del suo essere rinnovato, s'immedesima con la propria fonte divina. La descrizione metodica dei
gradi di questa iniziazione sar opera scolastica dei
discepoli di Plotino. Egli troppo pieno di Dio, perch

possa indugiarsi sulla soglia del tempio. Pochi problemi morali vengono da
trale
lui toccati: l'interesse

cen-

della sua

mente

la religione,

non gi nelle
religione

sue forme esteriori ed oggettive,


soggettiva e intima dello spirito.

ma come

Tra

problemi morali,

merita una

particolare

considerazione quello della libert. Plotino intuisce

profondamente che l'idea della libert non


risce all'azione verso l'esterno,
Il

si

rife-

ma

a un atto intimo.

valore di questo atto tuttavia limitato da lui a

(1)

I,

6,
6,

1.

(2^ (3)

I,
i,

6.

6, 9.

(4) I, 6, 6.

246

LA FILOSOFIA GRECA

ci eh' senza materia: nella materia infatti


la necessit

regna
col

ineluttabile.

La volont

tutt'uno

pensiero; chiamata volont solo in quanto se-

condo
e

il

pensiero: la volont infatti vuole


il

il

bene,

l'intendere nel bene. Quindi,

pensiero per
(').

se stesso libero; quindi la vera libert la virt

Dio superiore alla libert ( 2 ), e similmente l'anima che a Dio si congiunge superiore a questa
perfezione ed autonomia. Lo stato della perfetta beatitudine, della realizzazione

Ma

compiuta

di tutte le po-

tenze dell'anima,

l'estasi.

La conquista

dell'inespristato

mibile, dell'ineffabile,

non pu essere che uno

egualmente inesprimibile e ineffabile; al Dio sopracosciente lo spirito si adegua con un abbandono di ogni consapevolezza di se medesimo. E da credere, dice Plotino, che allora noi vediamo Dio, quando l'anima di repente riceve la luce. Egli appare circonfuso da quella luce ed insieme quella luce, di cui l'anima era vuota prima del suo ingresso. Come ci avviene? Togli di mezzo ogni cosa! "A(feta jidvra (*). il grido supremo della rinunzia alla propria mauit, del violento distacco dello spirito da tutto ci
che
in
lo

lega alla vita terrena. Nell'estasi, l'anima fssa


il

Dio non sente pi corpo, n altro dice


Il

corpo, n sente di essere nel


se,

di

n di essere uomo, n
4 (

animale, n universo, n ente

).

massimo

sforzo di Plotino sta nel mostrare che,

in

questo stato, la contemplazione di Dio un vero

possesso di Dio: meravigliosa trasvalutazione, in uno


slancio di entusiasmo, delle premesse oggettivistiche

(1) (2)

vi, 8, 6-7.

v, 8,

12.

(3) (4)

v, 3, 17.
vi, 7, 34.

X.

IL

NEO-PLATONISMO

247

del pensiero greco. Dio, egli dice,

dell'intuizione dello spirito che

non posto fuori mira a lui; egli


al-

presente dovunque

lo si

possa attingere, e solo

l'impotente non presente (M. E noi siamo presenti a lui, quando abbiamo allontanato dall'anima ogni
diversit
e

imitiamo l'identit della sua essenza.


il

Allora l'anima vede la fonte della mente,


dell'ente
stesso, la

principio
dal

causa del bene,


spirito
si

la
si

radice dellibera

l'anima. Quivi lo

riposa,

male, quivi intende veramente e non pi legato a nessuna passione; qui solo gli tocca di vivere

realmente

divini e felici la vita, libera

Questa dunque degli di e degli uomini da tutte le cose di quaggi, vita aliena dai piaceri di quaggi, fuga di 3 solo a solo (cpuyr) nvov TtQq \ivov) ( ). Queste mera2
( ).

vigliose parole

chiudono

le

Enneadi.

La

teologia di Plotino l'ultimo slancio dell'og:

gettivismo greco

il

pensiero che non era riuscito a

conquistar Dio nello sforzo metodico della dialettica di Platone e dell'apodissi di Aristotile, e che aveva

concluso

il

suo grande e disperato lavoro con

la

ne-

gazione scettica di se medesimo, tenta l'ultima volta l'impresa, con l'impeto di trascendersi in una esperienza superiore. Non pi la serena contemplazione
dei classici,
di

ma una passione mistica, l'esasperazione una visione che vuol essere un possesso. Tuttavia questo misticismo non solo l'ultimo momento della speculazione greca; esso nel tempo
stesso
il

primo

di

un nuovo corso speculativo. Inca-

(1)

aXJl'eOTi

x uvansvco

Qiyiv xsX jtatjv, ti

'SvvaTovxi o

nQEOxtv
(2) (S)

(vi, 9, 7).

vi, 9, 9.
vi, 9, 11.

248

LA FILOSOFIA GRECA

pace di una conquista troppo lontana il Dio di Platone si rivela esso stesso come la conquista di un nuovo Dio il Dio-che agita lo spirito, che vi accende la fiamma dell'entusiasmo. E traluce nel misticismo il concetto nuovo dell'infinito: infinito

Dio, infinito l'amore dell'uomo verso Dio


si

(').

Quivi

sente l'et cristiana della filosofia: l'infinito

come

potnza nuova del reale; potenza che non diverge


dall'attualit,

ma s'immedesima
sia nella
si

con essa.

E in
zionali,

Dio,

bench

ogni razionalit,

sua essenza superiore ad sublimano i massimi valori ra-

che l'uomo ha scoperti, e che non osa attribuirsi ancora se non come un riflesso o un'immagine d'una realt superiore. Il pensiero divino
soltanto quello che conoscendo le cose le produce,

quello

clie

converte l'avere

con l'essere, essendo


si

quel che ha, cio ripudiando ogni inerte e dualistico

sostanziammo; quello
siede e
si

infine che prodigandosi

pos-

raccoglie, senza minorarsi,

come fiamma

inesauribile da cui tutte le fiamme si accendono. In questa intuizione, l'emanatismo naturalistico sor-

passalo,

ma non

vinto del tutto: la degradazione dei

prodotti divini posta

come

inevitabile, se

non per

deficienza di Dio, per deficienza della creatura che

non pu ricevere

tutta, l'azione divina,

appunto per-

ch essa trae l'esistenza non soltanto da Dio, ma anche dalla concausa materiale. Di qui il principio plotiniano: che ogni essere giunto alla perfezione genera un essere simile a s, bench minore di s ( 2 ).
pensiero cristiano lo corregger, almeno parzialmente, nella sfera della generazione divina, del FiIl

glio e dello Spirito,

ponendo l'eguaglianza

del ge-

li)

vi,

7,

32.
C-7.

(2) V,

1,

X. IL

NEO-PLATONISMO

249

nitore e della

genitura.

la

Trinit neoplatonica,
alta,
si

cos indirizzata a

una meta pi
influsso,
s.

trasferir

per intero nella speculazione cristiana, vivificandola

con

quel

triplice

platonico,

aristotelico,

stoico,

che gi porta in

8. Amelio e Porfirio. Il profondo equilibrio mentale di Plotino aveva tenuto il neo-platonismo egualmente lontano dalle complicazioni e sottigliezze

teologiche

dei

sistemi

orientali

e dalle

pratiche e

credenze della religione popolare. Questi due eccessi, in un curioso miscuglio, si osservano nei suoi successori.

Gi Amelio
le

si

contraddistingue per

il

gusto delle

divisioni formalistiche dei concetti, che moltiplicano


ipostasi divine

del sistema plotiniano. All'unico


i

pensiero, contenente in s
del pensato e dell'essere,
stasi:

tre

momenti

del pensare,
tre ipo-

Amelio sostituisce

prima intesa come pensiero esistente: la seconda come pensiero che ha questo essere per
la

partecipazione,

la

terza,

come pensiero che

si

ri-

contempla attraverso il pensiero partecipante. Quindi, la nuova triade demiurgica: Tv ovta, xv / ovta, tv ywvta ). Amelio apre cos la via all'opera, che culminer in Giame lo
1 v

congiunge all'esistente

blico e in Proclo, di moltiplicare

principii divini,

creando in
sulle

tal

modo un

politeismo intellettualistico,
della religione

orme dell'ingenuo politeismo


maggior discepolo
la

popolare.
Il

di Plotino, Porfirio, assai


2
( )

pi fedele alla dottrina del maestro. Eunapio


attribuisce

gli

gloria di

aver

divulgato

il

sistema

(1) (2)

Procl., in Tirr.., 93 D. Vita Porph., p. 8 Boisa.

250

I.A.

FILOSOFIA GRECA

plotiniano, illustrando e
difficile e

spiegando quel che


effetti
il

ivi

oscuro. Tale in

.carattere del-

l'opera di Porfirio: le sue Sententiae ('Aq)OQjxai xqoz


tu vor|T) sono

una esegesi piana e popolare delle Enneadi. Tutto ci che pu facilmente colpire la riflessione di chi s' inizia alla filosofia vi lumeggiato
con perspicuit e con acume. La distinzione del corporeo e dell'incorporeo attrae in particolar modo l'attenzione di Porfirio. Ogni corporeo nello spazio;
nessun incorporeo ha un'esistenza spaziale ( ). Gl'incorporei sono dovunque, non estensivamente, ma indivisibilmente ( 2 ); la loro presenza infatti non
locale,
4

ma

volontaria

3
( ).

Nell'incorporeo predomina
si

l'identit, nel corporeo la variet; l'uno


finire la diversit nell'unit, l'altro,

pu dela

trovando

sua

unit nel volume, l'unita nella diversit.


nel corpo,

Non

l'anima

ma il corpo nell'anima. Il simile si conosce col simile: ogni cognizione infatti un'as4 similazione (6^,0100015) a ci che si conosce ( ). Queste

ed

altrettali

sentenze, esposte in forma sobria,

talora incisiva,

formano un

utile

comentario alla dot-

trina plotiniana.

Vien cos chiaramente lumeggiata la distinzione che sani capitale in tutta la storia del pensiero: quella tra lo spirito e la materia, che solo nel neoplatonismo trova la sua prima formulazione precisa.
Nelle filosofie di Platone e di Aristotile,
della materia era ancora
di concretarsi
il

concetto

una nebulosa,

in via

per

progressivamente. Nella dottrina degli stoici, noi troviamo, s, fssati tutti i caratteri concettuali della materia, ma l'immateriale, lo spirito,
Seni.,
Sent.,
1. 2.

(1)

(2)

(3) Sent., 3. (4)

Sent., 26.

X. IL

NEO-PLATONISMO

251

vien sacrificato al materiale. Xel neo-platonismo invece, che raccoglie tutti i frutti della speculazione

precedente, l'immaterialit dei ppncipii ideali scoperti da Platone e da Aristotile, acquista a sua volta

un nuovo

rilievo nell'antitesi col concetto stoico della


si ri-

materia, e l'ingegnosit e l'acume di Porfirio

velano per l'appunto nel formulare un'opposizione puntuale dei due concetti, che giova egualmente alla
chiarificazione di entrambi.

Un

notevole valore ha anche l'etica di Porfirio,

che una descrizione metodica dei gradi per cui l'anima giunge al sommo bene. Porfirio distingue
quattro classi di virt, disposte in ordine progressivo:

virt politiche

consistenti nella

moderazione

delle passioni;

purificative, cio

tendenti alla con-

templazione; virt dell'anima intellettualmente operante; virt esemplari

paradigmatiche, che son


le

proprie della mente e trascendono l'anima. Chi rag-

giunge

le

pi alte virt, possiede anche


le

pi basse,

ma non
probo:

viceversa. Chi opera secondo


e,

prime uomo
genio

progressivamente, secondo

le altre,
(/).

buono

(8cunoov ya6;), dio,

padre degli di
della

Ma

l'aspetto pi caratteristico

personalit

di Porfirio,

non

la dottrina,

bens l'atteggiamento

pratico. In lui, volgarizzatore di Plotino, la specu-

lazione discende all'azione settaria, la teologia alla


religione popolare.
significato
le

La

triade divina

soltanto in

un

metaforico s'identifica
Saturno, l'uno che
l'intelligenza

per Plotino con


divide e divien

divinit del politeismo greco. Urano, mutilato da


figlio
si

suo

l'uno multiplo,

intelligibile.

Saturno

incatenato l'intelligenza' che vive in una quiete


assoluta,

inaccessibile

alle

agitazioni

del

mondo.

(1)

Sent., 34.

252

LA FILOSOFIA GRECA

Giove che detronizza Saturno l'anima universale che si colloca tra l'intelligenza e il mondo per governare quest'ultimo. Siffatto simbolismo diviene per il discepolo una realt tangibile: egli vede nelle
ipostasi
e
la
il

metafisiche

le

deit della

religione greca,

suo spirito imbevuto di classicismo identifica causa della filosofia con quella dell'antica reliS'inizia di qui la lotta col Cristianesimo. In un'o-

gione.

pera di quindici

libri, Ka-c

Xoumavcv, di cui

ci resta

qualche notizia nelle citazioni di Eusebio e di Agostino, Porfirio traccia al neo-platonismo un indirizzo nuovo, pratico e combattivo. La barbarie cristiana minaccia la civilt ellenica; e questa insorge contro
i!

cristianesimo, lo combatte
riti,

nelle

sue

origini, nei

suoi

nel suo culto.


di altra

Il

politeismo, che da solo era

incapace

resistenza che

non

fosse quella of-

ferta dalla stessa passivit del proprio essere, riceve

dalia filosofa

un impulso potente, che


suoi di.

vivifica

per

un istante
le
i

E con

gli

di

si

risvegliano
i

falangi di
miti, e si

demoni, tornano

in

onore

vaticina,

arricchiscono del- contributo, che offre

il

mistico Oriente, della magia e della teurgia. Gi


i

Plotino aveva introdotto nel suo sistema


la loro sede era per lui

demoni;
egli

non

il

mondo
(').

intelligibile,

il

cielo,

ma

il

mondo sublunare
la

Inoltre

aveva ammesso
della
la

magia, similmente nel dominio

natura e non in quello del soprasensibile, e mantica; aveva infine attribuito al mito il significato di una rappresentazione esteriore e storica dell'essenza universale delle cose. Ma ci che in
Plotino un

accenno di studioso, diventa nei suoi

discepoli azione, prassi, della magia, della teurgia,

(1)

Ennead.,

vi, 7, 6.

X. IL

NEO-PLATONISMO

253

della mantica; essi s'improvvisano a sacerdoti della

nuova esoterica
l'oriente,

religione, s'iniziano ai misteri delio

contrasta

palmo a palmo

il

campo

al

cristianesimo, fuori delle scuole filosofiche, nei tempii dell'antica religione,

trasformati dallo spirito arIl

dente

di questi

neofiti.

capo spirituale del neo-

platonismo, in questa sua fase, Giamblico.

9.

Giamblico e la scuola siriaca.


(')

Scolaro di
una
il

Anatolio

e di Porfirio, Giamblico, nato nella Siria,

fond, molto

probabilmente nella sua patria,


si

scuola filosofica. Nella sua personalit

accentra-

vano

caratteri del teologo e del prete orientale;


Qeiog e
il

nome

di

anche

di teiTatoi; a lui dato dai condi

temporanei,

racconto

miracoli

di

prodigi

compiuti, hanno circondato la sua figura di una mistica aureola.

Sul suo pensiero esercitarono grande influenza la


teologia caldea, intorno alla quale scrisse

una grande

opera, che andata perduta, e

il

neo-pitagorismo,

il gusto per gli studi matematici, come documentano alcune opere pervenuteci, parti di un'opera maggiore, che non possediamo nella sua

d'onde trasse
ci

integrit.

La

teologia di Giamblico
in

abbracciare,

un'unica legge,

un vasto tentativo di un sistema ordinato e sorretto da le numerose divinit del politeismo;


il

opera che trover in Proclo

suo pi potente

si-

stematore. Legge dell'aggruppamento e della distri-

buzione degli ordini divini e la trinit; in ogni ordine precede una unit immediata, da cui procede e di cui partecipa la dualit; il passaggio dall'una

(l)

sua volta scolaro

di Porfirio.

254

LA FILOSOFIA GRECA

all'altra mediato da un terzo termine (*). Cos in una forma ancora fantastica e nebulosa comincia ad abbozzarsi la suprema legge dialettica del pensiero. Gli di vengono da Giamblico divisi in due categorie fondamentali: di sopramondani e mondani ( );
2

redistribuzione

teologica dei

momenti

del vecchio

dualismo greco. Nella prima categoria, dalPun essere inesprimibile, fondamento di ogni esistenza, egli distingue una seconda unit intermedia tra l'uno assoluto e la pluralit; e da questa fa procedere l'intelligibile. A sua volta, l'intelligibile concepito trino, cio composto delle tre ipostasi Padre o realt
: ;

l'orza

o potenza;

Nus

o attivit (ITa-nio 8uva|xig, vovg).

Dal mondo
stingue
dagli
il

intelligibile (xo\ioc, vor)tg),

Giamblico
3

di-

mondo

intellettuale (xaf.iog votjqs), e quindi


gl'intellettuali
(

di

intelligibili

).

Anche qui
terza ed ul-

nuova

triade, a sua volta suddivisa.

La

tima classe degli di sopramondani


di dell'anima.

costituita dagli

Indi seguono le divinit mondane, distinte in di,

demoni, eroi, e tra gli di, i maggiori si distinguono dai minori, con un groviglio, un tumulto, a cui d un aspetto pittoresco il confluire, in questo
angeli,

pantheon,
l'Oriente.

le

divinit della Grecia, di

Roma

e del-

Complemento
tiche teurgiche;
vi

di

una simile teologia

la credenza

nella magia, nei miracoli, nella profezia, nelle prail

simbolismo numerico dei pitagorici


di virt, ignota a Porfirio: quella

accresce
virt

il

mistero; e l'etica stessavi conferisce


(legatimi
il

una quinta classe


delle
l'ani

ieratiche

oetai),

nelle

quali

ma trascende anche
Procl. in lira., 236 F. Procl. in Tim., 30G C.
Peocl., ibid., 94 C.

pensiero.

(1)

(2)
(3)

X. IL

NEO-PLATONISMO

255

Sulla fantasia dei contemporanei, pregna di eso-

terismo

orientale,
influsso.

il

sistema di Giamblico esercit


il

un potente

Ma

pensiero filosofico fu assai

poco stimolato: tra i numerosi seguaci di Giamblico, non si ricorda che Teodoro di Asine, come prosecutore

dell'indirizzo

speculativo che doveva menare

sino a Proclo, e perfezionatore del sistema triadico.

Quanto

ai

rimanenti, alcuni svolgono la loro mode-

sta attivit nell'ambito della scuola,

come

il

cappa-

docio Edesio e lo scolaro di lui Eusebio; altri

hanno un ben diverso teatro: Sopatro gode influenza nella


corte
lustio

costantiniana, Prisco vive nel Palatium, Sal

governatore di una provincia, Massimo


il

teurgo pi che filosofo, Crisanzio abita


storico della setta

tempio. Lo
religioso
poli-

Eunapio, seguace di Crisanzio.

questo

il

momento prammaticamente

neo -platonismo. La difesa del teismo contro la nuova religione negli animi
dell'attivit del

e nei

voti di tutti. L'interpretazione


iniziata gi
e

allegorica

dei miti,

da Plotino, riceve un grande sviluppo, d un profondo e arcano senso alle ingenue e poemitologia greca; la religione,

tiche tradizioni della

che ancora in Porfirio conservava qualche vestigio di intima e filosofica spiritualit, in quanto che il
saggio poteva, anche senza parlare, onorare Dio,
si

esteriorizza necessariamente nel culto; e questo, ben-

ch creato da filosofi, non attinge pi al pensiero le sue pratiche, ma all'esoterismo teurgico. Nella Bibbia
della

rinnovata religione, l'opera De Misteriis

),

falsamente attribuita a Giamblico,

ma

certo com2
( )

posta nella sua scuola, espressamente dichiarato

(1) Il

titolo

greco : 'A|3d|xnovos ibaoy.&kov xq<z

ttjv

nogcpuetov
\vgei$.

Jipg

'AveP
11.

n\.axoli]v jtxQiois xcd

twv v

atitf) <jioqt||.<tcdv

(V ",

256

LA FILOSOFIA GRECA

che non
le

il pensiero congiunge i Teurgi a Dio, ma opere piene di mistero che trascendono ogni pen-

siero, e la forza dei segni

che solo agli di sono

noti.

immutevoli delle cose ('); e il valore delle sue pratiche sta in ci, che agli di immateriali si pu pervenire solo con la mediazione di quelli che operano nella materia (-J. Che di strano che attraverso la materia si giunga a Dio: non agiscono nei corpi le forze incorporee, organo del divino? L'ispirazione divina non pi lo slancio dell'estasi
nelle ragioni

La

teurgia penetra

plotiniana; rassomiglia piuttosto all'estasi di Filone.


In essa
3
( );

il

corpo diviene un veicolo di Dio; tutte


si

le

sue funzioni divina


pleta.

riducono a servir d'organo alla vita

la passivit religiosa dello spirito

com-

Ma il politeismo, anche rinnovato nello spirito, non avrebbe potuto riassorgere a vera religione, senza il soccorso imperiale. Privo di un codice e privo di una Chiesa, esso aveva potuto, fin nella sua
et classica, vivere durevolmente, solo per la forza
della tcUc, che traendo

da esso l'unit della sua


gli

or-

ganizzazione particolaristica,

ridava a sua volta


leggi.

quella unit ideale, rafforzata e attualizzata dal prestigio delle sue istituzioni e delle sue

Ma

la

scomparsa della
inclusiva
di

nliq, e pi tardi l'avvento dell' unii

versalit imperiale indifferente a tutti


tutti
i

culti,

culti,

tumulati nel

epper Pantheon,

toglieva al
sorte fu

politeismo l'unica sua forza.

la
il

sua
pre-

anche peggiore, quando, accresciutosi

stigio del Cristianesimo, la politica imperiale

reput

(1)

in, 26.

(2) v,

14 segg.

(S) III, 4.

X. IL

NEO-PLATONISMO

257

assecondare la nuova religione. aveva gi ceduto nelle coscienze, cede allora anche nell'esteriorit del culto. La folle ranza che gli accord il senno politico di Costantino
utile ai suoi fini di
Il

politeismo, che

lo

fece

inaridire

nell'indifferenza;

ma

lo

zelo cri-

stiano di Costanzo lo colp pi duramente, infliggen-

dogli un'aspra persecuzione.


I due anni (361-363 d. C.) dell'impero di Giuliano segnano l'eroico e disperato tentativo di una risurre-

zione del politeismo.

Il

nome

di

apostata

attribuito

a questo principe dai cristiani rivela, per quell'identit

che vive nell'opposizione,

il

suo carattere di
religioso, e

apostolo della fede pagana. Egli converte infatti la

missione dell'impero in

un apostolato

pone cos in
religione
talit

atto, nella

sua apostasia, quella com-

penetrazione delle due idee

che

universali impero e former l'opera poderosa della men-

cristiana.

Elevato nelle pratiche della nuova religione, com-

pagno
il

di

scuola di due uomini che la Chiesa ha sane Gregorio, egli mostr


lo
fin

tificato, Basilio

da giovane

suo gusto classico e pagano;


la

studio della filosofia


al politeismo.

complet poi

sua conversione

Nomiil

nato imperatore

denza

di

dopo essere stato Cesare alla dipensuo Costanzo spieg improvvisamente


fino allora

programma, noto
staurazione del
tempii, rinnovati
e

a pochi amici. La re-

politeismo

fu

rapidamente

iniziata

sotto gli auspicii imperiali;


i

riti

furono riaperti gli antichi nello spirito del neo-platonismo;

l'imperatore stesso, incurante del prestigio cesareo, si trasformava in prete, e adempiva, fino i pi umili

urtici del ministero divino. Quel che per l'opera imperiale non poteva creare, era l'antico pubblico

di fedeli, era

quella

fiamma

di
i

vita

religiosa

che

doveva riempire
G. de Ruggiero,

e riscaldare
filosofia

rinnovati tempii. Le
17

La

greca

u.

2?>8

la filosofia greca
il

lettere di Giuliano ci rivelano spesso

suo scorag-

giamento per P indifferenza che paralizzava e intristiva la sua opera. Ed egli che per temperamento era mite e generoso, egli che come la pi gran parte dei pensatori del tempo, come Temistio, come Libanio, era tollerante in materia religiosa ( ), fu inasprito dalla lotta accanita che i cristiani fecero alla sua religione, e si lasci trasportare ad atti di rei

pressione e di crudelt.
Il

valore di

Giuliano come pensatore scarso.


riferiti

Della sua polemica contro

Cristiani non ci restand i da Cirillo, i quali rivelano poca originalit critica, non diversamente dalle molte opere apologetiche pullulanti nel tempo. Assai belle e vive sono invece le Letture, documenti drammatici

che frammenti,

della sua opera, del suo fervore, delle sue delusioni,

che non riuscirono tuttavia a vincere il vano eroismo che lo animava. L'impresa religiosa di Giuliano pass nella vita
dell'impero
lui,

ci
Il

come una meteora. Dopo la morte di una violenta reazione distrusse rapidamente tutto che il suo genio aveva per un istante sorretto.
la

neo-platonismo sub la stessa sorte della religione


quale aveva accomunato la propria
la

pagana con
vita,

ed ebbe finanche

sua martire in Ippazia,


Cirillo.

bella e intellettuale figura di donna, uccisa dal furore

popolare suscitato dal vescovo


di lei vien ricordato
il

Come

scolaro

retore Sinesio, che pi tardi,

convertito al Cristianesimo, divenne vescovo.

Con

la

morte di Giuliano,

la fioritura ellenistica

della scuola siriaca finita. L'eco del

neoplatonismo

(1) Il

paganesimo

conciliante in

rore delle eresie.


sit degli

La

divinit, dice Temistio,

materia religiosa e non ha orsi compiace della diver-

omaggi.

X. IL

NKO-PLATONISMO

259

d'Oriente risuona ancora in Alessandria, nelle scuole di Ierocle e di Oliinpiodoro, maestro di Proclo. Ma
la carit
sofia
il

materna

di

Atene preparava gi

alla filo-

suo ultimo

asilo.

10.

Proclo e la scuola
platonici.

di

Atene.

Siamo

agli

ultimi diadochi

Il

momento prammatico
filosofia greca torna neo-platonismo alessan-

del neo-platonismo passato; ritraendosi nella cer-

chia della scuola ateniese, la


alla tradizione

erudita

del

drino.

reso pi vasto
soltanto
le

Le nuove e ricche esperienze mentali hanno il suo compito: non si tratta di riunire
dottrine
dell'antichit
classica,

ma

con

esse le pi recenti dei maestri alessandrini, Plotino,


Porfirio, Giamblieo.

Ma anche
erudizione,

qui, dall'immensa mole dell'opera di emerge quasi inconsapevole un pensiero

nuovo, anzi la stessa legge formale del pensiero che, possedendo tutta la sua tradizione, riesce a possedere
se

medesimo

nell'attualit del suo ritmo ideale.

Come

gi per Plotino, cos ora

per Proclo,
la

il

maggiore

rappresentante della scuola di Atene,


filosofia
il

divisa della

non come sterile reminiscenza socratica, ma come inizio di un fecondo lavoro, mediato dalla forza di una riflessione in cui apparentemente si aliena la conoscenza di s, ma si
Conosci
te stesso,

riconquista, in virt della conversione


ritorno del pensiero alla sua fonte.

(7tiaxQoq>r\)

del

Conforme a questa
svolgi'
la

legge

enunciata
ma

da Proclo

si

l'attivit
ori-

degli ultimi alessandrini: alienando

propria

ginalit e soggettivit mentale nell'opera dell'erudizione,


lit

riconquistando una pi profonda originadi

e soggettivit attraverso questo lavoro.


Il

primo rappresentante della scuola


figlio

Atene

Plutarco di Atene,

di

Nestorio

(350-433), al

260

LA FILOSOFIA GRECA
i

quale

neo-platonici

posteriori

diedero

Grande

per distinguerlo dal suo

il nome di omonimo di Che-

ronea. Di lui poco sappiamo che giustifichi l'appellativo attribuitogli: fu sagace interprete di Platone
e

di

Aristotile,

diede opera, come

suoi prede-

cessori, alla sistemazione delle ipostasi alessandrine,

distinguendo Dio, Nus, Anima, .Materia. Suo scolaro


fu l'alessandrino Ierocle.

Maggiore importanza ha
riano, maestro di Proclo,
il

il

successore di

lui

Si-

quale ne parla con vene-

razione. Di questo .pensatore ci resta un importante

contento della Metafisica di Aristotile. Per quanto


sia

grande la stima che Siriano ha dello Stagirita, non intacca tuttavia la valutazione, gi data dai suoi predecessori, di Aristotile, nei rapporti con Platone. 11 primo cuuviog, il secondo 6oc; l'uno non serve che d'introduzione all'altro, ma, dove cerca di contraddirgli, cade in errori e sofisimi. Il centro vero della teologia l'intuizione del Parmenide. Nell'opera di Siriano si completa il codice delle
egli

autorit classiche: Platone, Aristotile,


i

pitagorici e
e l'or-

maestri alessandrini per

la filosofia;

Omero

fisrno

per

la teologia. Il

tone

s'incanala

dualismo psicologico di Planelle forme neo-pitagoriche della


le

monade

e della diade;

idee hanno

il

valore di nu-

meri, distinti dai principii omonimi della matematica


e della fisica, e intesi

come

forze attive, che abitano

nelle essenze creatrici.

Successore

di

Siriano e Proclo. Nato in Costan-

tinopoli nel 410 d.

C, cominci
li il

gli

studi

in

Ales-

sandria con Olimpiodoro.


P! ura reo e Siriano. Egli

prosegu in Atene con


pi forte dialettico tra
i

pensatori della Grecia; neppure Aristotile lo eguaglia


nella forza
delle

argomentazioni e delle deduzioni

X.

IL

NEO-PLATONISMO

261

rigorose.

Il

suo pensiero lucido, chiaro, ha

la fred-

dezza e sobriet dei temperamenti analitici, il che lo distingue dall' intuizionismo e dall'impetuosit mistica degli altri

maestri alessandrini,

ai

quali tuttavia

da un egual gusto di sottigliezze e di astrusit. un pensiero che tutto vuol disciplinare e razionalizzare, anche ci che meno suscettibile di
legato

questa pretesa, come


terismo
mistico.

miti popolari, le fantasticherie


dell'eso-

religiose dell'Oriente, l'informe contenuto

Volendo cercare nella


si

storia

una
il

mentalit che pi

avvicini a quella di Proclo,


il

pensiero corre direttamente ad Hegel; e

raccosta-

mento non ha nulla di fortuito, in quanto che i due. pensatori hanno con diverso spirito concepito la
stessa legge dialettica del pensiero, e cercato di at-

tenuto,

un vasto sistema, inclusivo di tutto il connon solamente mentale ed eterno, ma anche contingente ed etmero, dello spirito storico del loro
tuarla in

tempo.
L'erudizione di Proclo veramente prodigiosa:

nessuna parte della

filosofia

greca
di

gli
il

inesplorata.

Le pi importanti opere che


sono pervenute, sono comentari
dottrina originale di Proclo

sotto

suo

nome

ci

dialoghi platonici
la
il

(Timeo, Parmenide, Repubblica, Alcibiade), dove


si

fa luce attraverso

comento, che assai spesso trasforma e sviluppa il platonismo originario. D'interesse centrale, per 1' intelligenza della filosofia di Proclo, sono l'opera Sulla
teologia di Platone, in sei libri, e

V Istituzione

teologica,

che da molti
contiene gi
pensatore,
la

si

considera come giovanile,

ma

che

massima scoperta

filosofica del nostro

non in germe, bens pienamente sviluppata. La scoperta immortale di Proclo quella del significato della triade. Largamente usata dai predecessori,

da nessuno tuttavia era stata posseduta con

262

LA FILOSOFIA GRECA

la coscienza riflessa de! suo valore mentale. Proclo

d alla filosofia alessandrina questa coscienza di se medesima, e chiude cos degnamente lo sviluppo del
pensiero greco.

La
l'essere

triade

in

compendia
s

tre

momenti

dell'essere:
ri-

(vnaQ%ic), esce

da s (nQooq),

Questa facolt di ritornare a s non compete all'essere che in quanto immateriale: nessun corpo ha infatti questa facolt ('). Essa invece propria e familiare al pensiero, che, conoscendo le cose,, conosce se stesso: ivi infatti ci
torna a s
(s;uaTQo<jpTJ).

che conosce e ci ch' conosciuto sono tutt'uno ( 2 ). La ragione di questo processo profondamente
spiegata da
Proclo,

che vi condensa
e

la

massima

esperienza del pensiero greco,


storicamente, in

cos lo individua

modo da non
moderno

lasciar luogo a con-

Questo punto non stato finora (ch'io sappia) osservato dagli storici; quindi credo necessario svolgerlo ampiamente. Nei massimi sistemi della filosofia greca, l'essere inteso come causa: in questa concezione immanente all'essere l'esigenza di un moto, di uno sviluppo, per cui esso aliena la sua statica identit e trapassa in altro la causa nel causato. In tal senso, la causa efficiente. Ma l' idea della causa efficiente non esaurisce tutto il contenuto del concetto causale. In quanto la causa essenza, realt, essa ha nel pensiero greco una determinazione etica, o pi ampiamente, finale: essa il Bene. E come Bene, non s'appaga dell'alienazione di s, del trapasso in altro: ci ch' operato dal Bene, appetisce
fusione col concetto
della dialettica.
:

O)
(2)

Inst. theol., e.

15.

Ibid.,

e.

3.

X.

IL

NEO-PLATONISMO

263

da cui si origina e tende a ricongiungersi il Bene ad esso (') Ecco la spiegazione dell'esigenza dell'eie laTQoqyrj,

del ritorno

al

principio,

inteso

come

causa efficiente e insieme finale. Tutto quello dice espressamente Proclo che muove da alcunch per

essenza, ritorna a ci

ritornare alla
la

da cui muove. Se movesse senza causa del suo moto, non appetirebbe
uv qyoito
tfjg

sua causa

(ovvi

alxiag);

infatti tutto

ci

che appetisce alcunch, ritorna all'oggetto della


:

ma tutto appetisce il Bene. compiere l'individuazione del concetto della triade poi necessaria un'altra determinazione, che Proclo enuncia sotto forma di principio generale. Ogni causato, egli dice ( 2 ), resta nella sua causa e muove da essa e ritorna ad essa. Se infatti restasse soltanto senza muoverne, non se ne distinguerebbe, perch sarebbe indiscernibile da essa (idxQitov): con "la discrezione appunto avviene il moto, il progresso (nQooq). Ma se progredisse soltanto senza restare, non sarebbe ad essa congiunta e non avrebbe comunione con essa.. E se restasse e progredisse senza ritornare, che ne sarebbe di quella naturale appetizione di tutte le cose al Bene? Occorre dunque, per esprimere questo concetto in termini moderni, che l'identit si conservi nella differenza, eia differenza nell'identit, e che la conversione finale dell'essere esprima questa permanenza nell' identit. Se il eausante si annulla nel causato senza distinguersene scompare l' idea stessa del causante se se ne distingue senza conservarsi identico, scompare ogni possibilit del rapporto; ma identit e distinzione non possono
sua appetizione

sussistere

che nel concetto del

line,

come

ritorno

della differenza all'unit.

(1)

Just, theol.
Inst. theol.

(2)

264

LA FILOSOFIA GRECA
In

questa concezione noi abbiamo


del
(el

lo

sviluppo
la

massimo
scienza

principio causale,

ma

insieme

coil

suo limite, che nel tempo stesso

limite del pensiero greco.

Come

gi Plotino

aveva

considerato

il

differenziamento dell'uno nella plura-

non come una diminuzione, almeno come una discesa e un principio d'imperfezione, allo stesso modo Proclo afferma che il differenzialit intellettuale, se

mento

della causa nel causato, o, con

che nel termine, il progresso (= discesa, un'imperfezione. Di tutte


moltiplicano
dice
('),

Jieoog),

una stranezza una


cose

le

che

si

per progressione

(stat

xqoov),

egli
le

le

prime sono pi perfette delle seconde,

seconde di quelle che sono dopo di loro: ci perch le une sono pi vicine e pi intimamente congiunte
alle cause.
la priorit

Nel concetto stesso della causa espressa

sotto

l'aspetto del valore, della perfe-

zione, dell'attivit

del causante rispetto al causato;


si

v' quindi fatalmente la conseguenza che la causa-

zione sia un decadimento, una diminuzione. Quella


contradittoriet che

osserva in Platone, in Plotino,


speculazione, a Dio,
genesi del

quando, giunti
indecisi se

al vertice della
la

tentano di spiegare
o

mondo e si mostrano debbano considerarla come un progresso

come un regresso

quella
ma

stessa contradittoriet

noi la ritroviamo, con Proclo, nella legge formale del

procedimento.
all'effetto si

La

loro logica vuole che dalla eausa

discenda:

tuttavia v' un'altra esi-

genza latente che li tien perplessi. Se dalla causa all'effetto si discende nell'ordine delle cause efficienti, non si sale invece nell'ordine delle cause finali? E l'ordine degli effetti, via via che si allon-

(i) List,

theol,

e.

30.

X.

IL

NEO-PLATONISMO
si

265

tana dalle cause efficienti, non


essere
rivelata

avvicina di pari
ci

passo alle finali? La difficolt del problema

pu

non altro, un salire!

da un banale paradosso: si tratta, che di concepire un discendere che sia

Il pensiero greco crede di poter trovare la sua ncora di salvezza neirsjuatQocprj, nella conversione.

Poich questa chiude

il

il

circolo del reale


si

('),

essa che

termine del processo,


si

ricongiunge

al

principio

e partecipa della perfezione


l'essere

del principio.

Quindi

salva

dall'

imperfezione del JtQoSog con


2

la perfezione dell';uaTQocpr|

( ).

di

Con un pensatore sottile -come Proclo, vien voglia sottilizzare, non gi per imbastir cavilli, ma per
il

svelare

suo errore e scoprire in esso

la crisi del

pensiero greco.
In
quella
effetti,

qual' la perfezione di quel ritorno, di

conversione dell'essere sopra se medesimo?


tutto
il

Non una perfezione nuova, mediata da


voro del
-"C900805,

la-

dell'alienazione e del differenzia-

mento dell'essere: tutto ci, noi sappiamo, diminuzione, non incremento. Quella perfezione non fa
che partecipare delia realt immediata, e perfetta
nella sua

immediatezza: essa non una creazione,

ma una partecipazione, una copia; non una nuova realt, ma un semplice contatto con la realt prima,
come
ci

suggerisce
allora

la

rappresentazione stessa del


la

toccarsi dell'estremo col principio nel circolo.

A che vale
senta
il

ecco
il

domanda che

si

pre-

a chi ha

percorso

ciclo dialettico

tutto

lavoro che l'essere compie nel xQooq,, se nulla di

esso sopravvive nella conversione finale, se l'essere

(1)

Ibid., e. S
theol.

(2) Inst.

266

L FILOSOFIA GRECA

gi perfetto e compiuto dall'inizio, se


sce,

non si accre non si potenzia, non crea una perfezione nuova? Ampliando i termini e passando dallo schema,

dalla legge formale, ai principii stessi, la


ci si

domanda

ripresenta pi desolante. Ricordiamo le filosofe


ci

di

Platone e di Plotino; esse


la triade di

mostrano, ingran-

dita,

Proclo. Al vertice della specula;

zione c' Dio, identit semplice e immutevole

da

Dio procede
esseri: ecco

il

differenziamento, la pluralit degli


tcqooc, della

l'immenso

vita

cosmica.

Dov'
si

il

ritorno, la conversione? Nello


di

spirito

che

ricongiunge a Dio, che toglie

mezzo quel che

v' tra Dio e lui (ricorda l'&peXe riavr!), per con-

templare Tutto

il

divino da solo a solo.


noi ripetiamo,

ci,

non un vano gioco?

che giova l'immenso lavoro di Dio per creare, dell'uomo per distruggere quel che Dio ha creato? Si concepirebbe anche questo distruggere, se almeno fosse momento di una nuova creazione, se apportasse

un incremento
pi
alta,

al

divino, lo elevasse ad

una

divinit

pi santa, santificata dal lavoro

stesso del creare e del distruggere, dalla vita


e

penosa

ardua di questa umanit a cui nulla facile, nulla dono spontaneo di natura, come agli di oziosi! E invece no: tutto il lavoro non tende che ad una copia, e non realizza che una copia, una riproduzione del divino, inutile e vana, perch Dio sufficiente a se stesso e non ha bisogno di uno specchio
che
lo

raddoppi.
,

Questa concezione
gioni

come

teologia,

una svalutareligione

zione del lavoro cosmico, in quanto annulla le ra-

immanenti

della

creazione;

come
in

svalutazione del lavoro


il

umano

quanto prdica

pi completo nihilismo di ci ch' ragione terrena

del vivere.

Come

logica essa svalutazione del la-

X.

IL

NEO-PLATONISMO

267

voro mentale. Nell'idea deirjuaTeoqpTJ, intesa quale


ritorno del pensiero ai suoi dati immediati

ritorno
in

che all'apparenza una riflessione e un arricchi-

mento dell'intelligenza nel

irpoftoq,

ma

realt

esprime una nuova immediatezza, ombra e riflesso dell'immediatezza originaria; in questa idea si condensano tutte le esperienze storiche del pensiero

greco.

In essa

si

esprime

la

dialettica

platonica,
all' irri-

lavoro riflesso della mente, che per tende


flessione di

una

vita, assorta nell'estatica

contempla-

zione delle idee; la concezione aristotelica dell'atto

come

infaticabile tendenza, aspirazione, sforzo, verso


di riposo e d' inerzia
;

una meta

l'

intuizione intelletalla ricerca,

tuale di Plotino, che

nega ogni valore

all'indagine mentale e crede meritoria e perfetta una

conquista delle verit senza sforzo, delle soluzioni

senza

problemi.

Il

pensiero greco giunge

al

concetto

della riflessione, e lo conquista in


di

un potente slancio

speculazione,

ma

subito lo annulla, togliendogli

ogni

valore creativo, limitandolo a un raddoppiainutile del reale. Nell'identit riflessa del pene

mento
siero

del pensato, non v' della riflessione altro che la trasparenza visiva dei due elementi sovrapposti,

non

la

compenetrazione,

il

contatto vero, creaaltra originalit

tore della scintilla mentale. Plotino intuisce l'idea

della coscienza,

ma

non sa trovarvi

che quella di uno specchi".

La concezione greca
alto

del pensiero
alla
la

puramente
nel

vi-

siva. Si ricordi Platone:

vista, intesa
filosofia.

pi

senso, noi

dobbiamo

la

visione

(l'occhio
di
lo
gli

vede e non si vede!) trasporta l'uomo fuori s, gli d lo spettacolo della vita e non la vita, assorbe in quello spettacolo che lo trascende, e
toglie coscienza del valore del suo sforzo visivo.

Ma

qual

lo spettacolo a cui la filosofia

eleva l'uomo?

268

LA FILOSOFIA GRECA
divina;
vita oziosa,

la vita

senza sforzo, senza

pena, dove tutto dono gratuito e niente costa duro


lavoro. Di fronte a questo spettacolo, assunto

come
il

modello, l'uomo che, dall' irriflessione della sua estasi,


era portato alla dimenticanza del lavoro, che
conco-

seguimento stesso
stargli,

di quello

stato

aveva potuto
affatto.

Beata quella vita, esclama Plotino, che trascoi re non laboriosa. Divino quel pensiero che possiede il reale senza lo sforzo dell'indagine: tale non forse il pensiero degli di? E Proclo completa quell'esclamazione, dimostrando che il reale svolgendosi nel suo
a

ora e spinto

svalutarlo

circolo

non

si

potenzia,

non

si

accresce nel jtQoSog,

nel lavoro di Dio, degli uomini, del

mondo, ma

si

conserva semplicemente, riavendosi dalla temporanea decadenza (del progresso!) col ricongiungersi al suo

momento
siffatta

iniziale.
si

L'intuizione antica della vita

compendia

in

una

svalutazione del lavoro divino e umano, men-

tale

e fisico.

La conquista

del concetto del lavoro

sar opera moderna, opera dell'uomo cosciente della

con cui realizza


a cercare in se

sua umanit e dell'infinito valore umano dei mezzi la propria vita. Libero dal modello trascendente delle divinit oziose, l'uomo imparer

medesimo

il

modello e

la

norma

delle

proprie azioni ed aspirazioni: la coscienza che ogni

sua conquista, ogni suo possesso, un lavoro, sar coscienza di se come attivit, come lavoro.

Ma per i greci, come per il popolo d'Israele, vale ancora la condanna di Jahve, che al primo uomo vso indegno dei doni gratuiti del paradiso terrestre, impose il lavoro. E tuttavia, come il pensiero d'Israele, non riuscendo a trasvalutare la condanna in una rivendicazione dell'uomo, pure riusc a mitigarla e ad intenderla come un'espiazione, similmente

X. IL

NEO-PLATONISMO

269

nel pensiero greco l'inizio della redenzione


si

umana

fa strada

attraverso

il

lavoro, con cui l'umanit

adeguarsi nuovamente al diche rampolla inesauribilmente dalla negazione, la parola di libert che
si

parifica e cerca di

vino.

l'eterna affermazione

la forza vitale dello

spinto fa scaturire dalla pi

dura servit.
Noi c'inganneremmo, se volessimo compendiare

l'immenso sforzo del pensiero greco nel circolo genio di Proclo, dove gli estremi si congiungono dopo un inutile giro. Nel corso della nostra esposizione il lettore avr gi notato quanti momenti nuovi di vita rompono la linea di quel circolo; e vedr in seguito quali potenti impulsi essi hanno dato alla storia posteriore, e particolarmente alla mentalit moderna, che, nel porsi in antitesi con lo spirito greco, deve e dovr sempre nel tempo stesso riconoscere la propria filiazione da esso.
tutto

tracciato dal

Ritornando a Proclo, dal quale solo apparentemente ci eravamo discostati, possiamo esprimere i momenti della triade con le determinazioni platoniche del
finito, dell'infinito e del

misto -di entrambi;

e con le determinazioni aristoteliche dell'atto, della

potenza
clo nella
finito:

e del ritorno della

potenza
il

all'atto.

Una grande

incertezza domina

pensiero di Pro-

valutazione dei concetti dell'infinito e del


a volte invece all'altro
2 ( ):

a volte sembra ch'egli attribuisca maggiore


(*),

perfezione all'uno

in

generale per mostra d'intendere concretamente l'infinito,


il

includendovi

il

fine stesso: in ci eh' misto,


3
( ).

fine

partecipe dell'infinit e questa di quello

(1)
Cl')

Inst. theol.,

Ibi

1.,

149.

(3)

Ibid., 89.

270

LA FILOSOFIA GBECA
infinito

non secondo moltitudine, ne gransecondo potenza: esso infinito come ci che ha vita perpetua e sostanza non suscettibile di diminuzione.
Questo
dezza,

ma

solo

Il

nuovo

infinito

sorge dunque

come

la

nuova

potenza del reale. Proclo distingue due potenze: l'una imperfetta che appartiene all'essere in potenzi, l'una perfetta che dell'essere in atto ('). Questa profonda intuizione il germe della mentalit moderna: la vera potenza del reale l'atto, vita eterna,
inesauribile, infinit
in se

non

dispersa,

ma

concentrata

medesima,
il

possibilit feconda,

toctona di sviluppo. Questo atto,


spirito,

autonoma e aucome potenza, lo


precipi-

nuovo demiurgo, nella cui unit

tano

vecchi di e la sottoposta umanit. Proclo chiude il ciclo del pensiero antico ed apre
i

quello del pensiero


triadica

l'ultima, definitiva sistemazione

moderno. Al primo appartiene secondo la legge

dell'Olimpo

ellenico.

Dall'Uno,

divinit
(-)

ignota (yvoaxov) e impartecipabile (^textov)

pro-

cede

la differenza: le

enadi

(sva8eg) o di.

Il

passaggio

plotiniano da Dio all'intelligenza

sembra a Proclo troppo immediato, e quindi bisognevole di una nuova


Questa tendenza gi si manifestava nell'opera Giamblico e di Siriano. Le enadi non sono ancora
il
(

neo-nig.

di

la pluralit intellettuale;
si

loro ordine uno, esse


;!

unificano reciprocamente

).

L'intelligibile

compie
in-

la

prima triade ed apre


il

la

seconda, formata dall'


xai votiqv. Questi

tellegibile stesso, inteso in

senso stretto, l'intellet-

tuale e

misto

vor|-rv cqict

mo-

menti sono contraddistinti anche dai nomi di realt

,1)

Ibid., 78.
Plot, lieoh,
li,

,-)
(3)

11.

In Pana.,

vi,

14.

X.

IL

NEO- PLATONISMO
i (

271

(xiitapli?)

o bene, forza o vita, sapere

).

Ma

la

di-

stinzione dei
tit:

momenti non
il

toglie, anzi postula l'iden-

tatto in tutto, anzi in ciascuno:

nell'essere
il

e' la

vita e

pensiero, nella vita l'essere e

pen-

siero,

nel pensiero l'essere e la vita;

ma

l'essere

vita e pensiero essenzialmente, la vita pensiero ed

essere vitalmente,

il

pensiero essere e vita intel-

lettualmente
triadi:
oai'a)
3
(

).

L'intelligibile
il
);

in

senso

stretto
il

comprende
(o
il

tre

limite, l'illimitato e
il

misto

essenza
limite

limite l'illimitato e la vita;

l'il-

limitato e le

idee o l'ato^iov.

cos

via

discen-

dendo, P intelligibile-intellettuale, che coincide col


concetto della vita, di nuovo tripartito, e dalle

nuove

triadi rampollano nuove divinit, e che si disperdono gradatamente, col discendere del divino dall'intelletto all'anima, e con l'annullarsi finalmente

nella materia.

Ma
non

la

materia per Proclo, a differenza di Plotino,


il

s'identifica pi col male: in s essa

n cattiva;

non buona male invece dell'anima che si volge

alla materia.

Complemento di questa teologia un'etica, che culmina nel concetto della fede, della credenza. Il pi alto sapere non che una manifestazione, una
luce divina
4
(

);

esso tuttavia

non attinge l'essenza


Il

della divinit, che inconoscibile.

pensiero intravla

vede

la

realt vera

senza possederla; soltanto

fede c'introduce nel tempio e ci pone in

comunione

con Dio( 5 ). Quindi, di fronte

alle virt teoretiche ed

(1) (2) (3)

Plat. theol., iv,

1.

Inst. theol., e. 103.

Plat. theol., in, 9.

(4)
(5)

In Tim., 289 A.
Plat. theol., tv, 10.

272

LA FILOSOFIA GRECA
acquistano
il

etiche

un'importanza predominante

le

virt ieratiche:
si

misticismo alessandrino dell'estasi

chiarisce e

si

spiega

come

fede.

Noi siamo gi nel regno della prassi: la mentalit cristiana si agita nell'ultimo campione dell'ellenismo.
Gli ultimi

anni della scuola

di

Atene sono

fe-

condissimi in erudizione;

ma

il

pensiero tace.

Trai

compagni

di Proclo,

si

ricorda l'alessandrino Ermia,


al

autore di un comento

Fedro] tra gli scolari, Ammonio, figlinolo di Ermia, il medico alessandrino Asclepiodoto e Marino, clic succede a Proclo nella
Gli

direzione della scuola.


ultimi
e

rizzo erudito del neo-platonismo ateniese sono

maggiori rappresentanti dell'indiDa-

mascio

Simplicio, al quale ultimo noi

dobbiamo

ricostruzioni poderose delle dottrine filosofiche della

Grecia, e l'estremo tentativo di riconciliazione tra

Platone ed Aristotile non soltanto nello spirito dei loro sistemi, ma anche nella lettera: le contraddizioni
tra

loro

non sono che

apparenti e verbali

(').

Damascio
attivit,

e Simplicio,

ancor nel

fiore della loro

furono colpiti dall'editto giustinianeo del 529. che vietava l' insegnamento della filosofia in Atene: conseguenza inevitabile dello sfavore popolare e imperiale verso la filosofa e la religione pagana. Essi
si

rifugiarono in Persia sotto

il

re Khosru, fautore

dell'ellenismo;

ma

in

seguito alla conclusione della


la-

pace tra l'impero


plicio

e la Persia, furono costretti a

sciare anche quell'asilo. L'attivit maggiore di Sim-

In Alessandria

cade nel periodo del suo ritorno dalla Persia. si continu per alcun tempo ancora la

(1)

Simpl., Cat.,

2,

5.

X. IL

NEO-PLATONISMO
stori.!

273

scuola platonica: l'ultimo diadoco che la


cordi Olimpiodoro (iunior).

ri-

Cos finiva

la filosofi;!

greca nel
di

mondo
si

ellenizzato.
trasferita

Ma

gi tutta

la

sostanza

essa

era

nella filosofia del Cristianesimo, che


in proprio

aveva assunto

nome

e con proprio accento la tradizione

del pensiero antico.

G. de Hugoiero,

La

filosofia

greca

- il.

NOTA BIBLIOGRAFICA

Per un'ampia bibliografa da. consultare: F. UbbbkWkg, Grundriss dei- Geschichte der Philosophie, 18621866, continuata e tenuta al corrente
poi dal Praechter:

del
v.

da Max Heinze e volume, contenente- la storia


ll
a

della

filosofia

greca,

la

Tutta

la letteratura

modrna

sul

edizione (Berlin, 1920). pensiero greco ivi

ordinata e raccolta in fondo al volume. In questa Nota, data l' indole del presente lavoro, ci limiteremo a pochi appunti bibliografici per dare un

primo istradamento

al

lettore.

FONTI DELLA FILOSOFIA GRECA.


delle

Gran parte

opere
scritti

di molti

pensatori greci andata perduta.

Degli

conservati parleremo a proposito dei singoli

autori; cos pure dei


scrittori posteriori.

frammenti ricavati da citazioni

di

Oltre queste fonti dirette e primarie, possediamo nu-

merose
rico

fonti secondarie: primi abbozzi. del pensiero sto-

dell'antichit,

intesi

ad

allacciare

alla

presente

speculazione quella anteriore Numerose notizie sui presocratici, sui sofisti, sulle prime scuole socratiche si ritrovano gi nelle opere di Platone, con tutta la vivacit
del colorito storico e delle

drammatiche personificazioni

276
di singole figure,

LA FILOSOFIA GRECA

ma

senza tuttavia una preoccupazione

scientifica vera e propria, di veridica ed esatta ricostru-

zione. In Aristotile invece,

conforme all'indirizzo

del

suo filosofare, questa preoccupazione patente, e le notizie sulle dottrine filosofiche anteriori sono aggruppate e ordinate secondo un piano di sviluppo, che ha per

poderosa del suo pensiero. L'interesse continua e s'intensifica nella sua scuola, con una tendenza verso la pura erudizione. Dobbiamo a
la

meta

sintesi

storico

si

Tsofrasto

la

prima storia della


raspi aa9Vjaecv.

filosofia

cpoaixjv Sgca,

in 18 libri, purtroppo perduta.

Ce ne resta una piccola


i

parte soltanto:
Peripatetici,
storielle,

Quell'opera stata la base


autori di compilazioni

di tutte le compilazioni dossografiche posteriori. Oltre


si

ricordano,

come

fautori di altre scuole,

come Eratostene,

Cri-

sippo, Pauezio, Clitomaco, Ario Didimo.


Lo, due raccolte dossografiche fondamentali che possediamo sono: Piatita philosophorum (rcep xwv peaxvxurt
cp'.Xoacpo'.s

(puoixwv

Soyjidxrov)

dello

gli excepta nel 1 libro delle xXoycd di

Pseudoplutarco, e Giovanni Sto]


coltegli, receni

beo (intorno

al

400

d.

C).

Una

eccellente raccolta delle

fonti dossografiche :
suit, prolegomeni;*

Doxographi Graecl,

indicibusque instruxit

Herm. Dels,

Berolini, 1879.

Di carattere affine a queste fonti dossografiche, sono


i

lavori

biografici

bibliog'rafiei

dell'et

ellenistica
(nella

e romana.
2

Sono da ricordare: Apollodoro che

da lavori precedenti di Eratostene, trasse elementi dei la sua Cronaca (i cui frammenti furono raccolti da F. Jacoby, Berlin, 1902); Diogene Laerzio, autore delle rinomate Vite (nepi piwv xa itodel II secolo a. C),
s'jS^X'.ar^avTcov
p-.|3:a

met

cfOsy.uaxojv icv v q'.loaoyiy.

Sxa);

delle opere di PluLucrezio e Cicerone; tarco di Cheronea sono importanti, storicamente, in ispecial modo quelle che prendono in esame dottrine stoiche ed epicuree (Ilep Sxoxxwv svavxuo,uax(i)v, Ilsp xcv xoivajv
tra
i

latini,

vvo-.wv

npq xo; Sxohxos,

"Ox-

o5

Jjv ioxiv

^so)$ xax'

'Ercbcoupov,
scritti

IIp^
^Ilspt

KoXcxyjv,

ecc.);

Galeno,

nei

suoi

medici

xwv

l7ntoxpaxoog xa llXaxwvos oy\xd-

NOTA BIBLIOGRAFICA
twv);

277
i NeoplaGbllio (Noctium

Sesto Empirico
lib.

(v.

appresso);

tonici;! Padri della Chiesa;


Atticarum,

XX;

ed. Hosius, Leipzig, 1903);

Ateneo

(Deipnosophistae, ed. Knibel, Leipzig, 1887-1890);


zio {Lexicon, ed.

Fo-

Naber, Leida, 1864-1865; Lipsia,

1907,

complet. dal Reitzenstein).


Letteratura
filosofia in

moderna da consultare, per

la storia della

generale:
F.

G.

W.

Hegel,

Vorlesungen aeber Geschichte der


la filo-

Philosophie (ed. Michelet, 3 volumi, Berlin, 1833-1836;


2 a ediz., 1840-1843). I
sofia greca.

due primi volumi concernono

phie,

Schleiermacher, Geschichte der PhilosoBerlin, 1839. H. Bitter, Geschichte der Philos.,


Hamburg,
1829-1853;
voli. 1-4 in 2 a ed.,

12 voli.,
1838.

1836-

Karl Prantl,

Geschichte der Logik in Abend-

lande, Leipzig, 1855-1870.


Hegel, Bari, Laterza, 1905;

B.

Spaventa,

Da

Socrate a

La

filosofia italiana nelle

sue

relazioni con la filosofia europea, Bari, Laterza, 1909; Logica e Metafisica, Bari, Laterza, 1911
stati ripubblicati
(i

tre

volumi sono

a cura del Gentile).

W. Windel-

band, Geschichte der Philosophie, Freib. i. B., 1892: 7 a ed., Tubingen, 1919 (trad. ital. della Dentice d'Accadia, Palermo. Sandron, in corso di stampa). J. Bbrgmann, Deussen, Gesch. der Philos., 2 voli., Berlin, 1892-93.

Die Philos. der Griechen, Leipzig, 1911.

V.

Brochard,
Dklbos,

tudes de philos. ancienne


Paris, 1912).

et

moderne

(raccolti dal

Gli

articoli dell' Enciclopedia

Pauly Wis-

3ova {Real Enzgkl. der Mass. Altertnmswissensch., dal


1894).

Per

la storia della filosofia

greca in particolare:
lo

C. A.

Brand is, Handbuch

der Geschichte der griechi-

ch-romischen Philosophie, 6 voli., Berlin, 1835-1860;


stesso:

Geschichte der Entwiclclungen der griechschm

Philosophie
a

and

ihrer
l

Nachwirkungen in rmischen Peifino

ad Aristotile, Berlin, 1862; la Ed. Zeller, Die Philoph'e der Griechen, in 3 parti, Tubingen, 1844-1852. Successive edizioni dell'opera, iu 5 voli., col titolo Die
he, in 2 parti, la

fino ai neoplatonici, 1866.

278
Philos.

LA FILOSOFIA GRECA
der

Griechen

in

ihrer

geschichtl.

Eatwiklung
1 voi.,
l

dargestellt, Ttibingen,

poi

Leipzig,

1859-1868;

5 a ediz., 1892;

2" voi., 4 a ediz., 1889; 3 voi., 3 ediz., 1879; 4 voi., 3 ediz., 1880; 5 voi., 4 ediz., 1903. opera

d'importanza capitale, che unisce a un'immensa erudizione un pensiero storico centrale animatore. V' una

traduzione francese del


a cura del

1 voi. e di

parte del 2 (Socrate)


Il

Boutroux

e del Belot, Paris, 1877-1884.

Compendio che

lo Zeller

fece della sua Storia siato

Sntoli (Nella Collezione II l'enarro Tu. moderno diretta dal Codignola, ed. Vallecchi). Gompbrz, Griechische Denker, 1 e 2 voi. in 2a ediz., Wien, 1903; 2 voi., Wien, 1909 (trad. francese, A. Raymond, Paris, 1904-1910). Sikbkok, Untersuchung. zar Phil. der Griechen, Freb., 1888 2 I. Burnet, Greek Phitest tradotto dal

losophy,

(fino

a Platone), 1914.

Sui rapporti della

filosofa col

pensiero religioso: Gkuppe,

Kulte

u.

My\
rcli-

then, 1887;

Decharme, La
les

critique

des traditions

gieuses chez

Grecs, 1904.

Meyer, Handbuch der


1898 2 (trad.

Griech.

Etimologie, 1901; Rohde, Psych*,


nistische

it.

Codi-

gnola e Oberdorfer, Bari, 1914-16;; Reizenstein, Helte-

Da. conGrote, Hist. of Graece, London, 1850; Fusthl de Coulanges, La cit antique, Paris, Hachette. Beloch, Griechische Geschichte, Strassburg,
Mysterienreligionen, Leipzig, 1910.
sultare inoltre:

1904

PRESOCRATICI.

Le

fonti della filosofia preso-

cratica sono raccolte in: F.

W.

A. Mullach, Fragmenta
;

philosophorum Graecorum, 3 voli., Parigi, 1860 1^81 pi complete le raccolte del Diel.s, Poetarum philosophorum fragmenta, Berlin, 1901, e Die Fragmente der Vorsokratiker,

Berlin, 11)03; 2a ediz., 1906-1907.


le

opere generali citate, .1. Burnet, Early London, 1908 3 O. Tannerv, Pour l'histoire de la science hllene. De Thales Empedocle, A. Baeumker, Dos Problem der Materie in Paris, 1887 der griech. Philosophie, 1890. A. Riva cu, Le problme
Vedi, oltre
i

Ircele

Philosophy,

du devenir

et

la notion de la matiire des origines de la

NOTA BIBLIOGRAFICA

279

philosophie grecque jusqu' Thophraste, Paris, 1906.


1908. 2

A. Lbclre, La Philosophie grecque avant Socrate, Paris,

K.

Goebel, Die
St.

vorsokr. Philosophie,

Bonn,
ecc.,

1910.
I,

Mieli,

gener.

del pensiero scientifico,

prearistotelici, Firenze, 1916.

Delle opere di Talete non si coScuola ionica. noscono neppure i titoli; sin dall'antichit si ritenne Di Anassimandro, apocrifo lo scritto vaimxY] aTpoXoyta. l'opera IIsp tpaetos di cui ci resta un frammento, una delle prime opere filosofiche (certamente la prima scritta in prosa) di cui si abbia memoria. V. su Anassimandro

J->s.

Neuhuser, Dissertatio de Anaximandri Milesii nettuni hi finita, Bonnae, 1S79; Anaxim. Milesius, Bonnae, 1883. Anche di Anassimene si ricorda un'opera Espi cpaews, di cui resta solo una breve proposizione. Lo stesso titolo aveva uno scritto di Diogene di Apollonia. Le fonti principali della filosofia ionica sono in Aristoe nel suo comentatore Simplicio. Cfr. sui Milesii: Ssidel, Der Fortschritt der Metaphysik unter den aitesten jon. Philos., Leipzig-, 1861; Diels, Ueber die altesten
tile,

Zur

Philospphenschulen der Griechen, Archiv., vii; Natorp, Philos. u. Wissensch-. der Vorsokratiker, Ph. Monat-

Shefte, 1889.

Scuola pitagorica.
gora
e
i

primi seguaci)

La pi antica scuola (Pitaavvolta nella leggenda. Le

notizie

(dai neopitagorici e dai neoplatonici)


la ricostruzione della

intorno ad essa pervenuteci dall'et ellenistica sono pi utili per

tagorici. Inoltra la

leggenda che della storia dei pimaggior parte delle fonti che ci sono

tramandate sotto il nome di antichi pitagorici sono falsificazioni molto posteriori. Le fonti pi attendibili sono per noi le notizie di Platone e di Aristotile, desunte da opere di Pitagorici vissuti al tempo di Empedocle e di Anassagora, tra i quali primeggia Filolao. Di questi ci son conservati alcuni importanti frammenti. Cfr. Ed. Zeller, Pythagoras und die Pythagorasage (in E. Chaignet, PiVortr. u. Abhandl.), Leipzig, 1865;
state

280
thagore et la

LA FILOSOFIA GRECA
philosophie pithagoricienne, 2 voli., Paris,

1873;

A.

in Sicilia

Covotti, La filosofia nella fino a Socrate, Pisa, 1900.

Magna

Grecia

Scuola eleatica.
di poesie

Di Senofane,

autore di elegie,

gnomiche

e filosofiche, si

hanno alcuni fram-

menti trad. dal Fkaccaroli, / lirici greci: elegia e giambi, Torino, 1910. Cfr. Kerx. Ueber Xenoph. von Colophon,
Stettin, 1874;

Freudenthal, Ueber die Theol. des X., 18b6; Durino, Xenoph., Pr. Jahrb., 1900. Del poema di Parmenide, al quale il titolo Uepl tpuosoog non fu dato probabilmente dallo stesso autore, si conservano un centinaio e mezzo di versi. Esso era diviso in due parti, i'una
contenente
la dottrina della

verit,

l'altra

quella del-

l'opinione. V. su P., Diei.s, Parmenide*, 1897; Dauriac,

Les origin.es logiques de la doctrine de Parmenide, Rev.


Philos., 1883; V.
eli.,

Sanders, Der Idealismus dea


di

P., Alim-

1910.

L'opera

Zenone, che Platone ricorda nel

Parmenide, scritta in prosa, divisa in capitoli e procedente con un metodo dialettici) di argomentazioni, andata perduta. Sulla filosofia zenoniana, v. le interessanti osservazioni del Noel, Milhaud, Brochard, Lechelas, in Rev. de M'aph. et de Mor., 1S93. Lachelier, Sur les deux arguments de Z. d'Ele contre Vexistence <In Di Melisso, noto, mouvement, Rev. de Metaph., 1910. oltre che come filosofo, anche come generale samio,

vincitore degli ateniesi,

si

ritrovano

in

Aristotile

e in

Simplicio frammenti
sull'essere
(v.
fil.

da uno scritto Sulla natura o Meliss Samii Rliquiae, ed. A. Covotti,


tolti

Stud.

ital.

class.,

V, 1897).

Detto l'oscuro (5 axoTsivg) per la sua Eraclito. forma complessa e involuta. Del suo scritto Ilspl tpoewg conserviamo 129 frammenti, alcuni dei quali di dubbia autenticit. Le lettere tramandateci sono apocrife. Vedi Bbrnays, in Gesam-, ScHLtiERMACHBR, Werke, III, 2; mette Abhandlungen, ed. Usener, I, 1885; in particolar mollo F. Lassalle, Die Philosophie Herakleitos des Duncon Ephesos, 2 voli., Beri., lbd: la monografia Ic In

NOTA BIBLIOGRAFICA
pi completa; S^huster, Heraklit, 1873;
kleitos, 190J
;

281
Diels,

Hera-

Schafer, Die Phil., H.s u. die moderile H.s Forschung, Leipzig u Wien, 1902; Bodrrro, Eraclito, Torino, 1910; M.LOSAOCO, Eraclito e Zenone V Eleate,
.

Pistoia, 1914.

Empedocle. Due scritti gli si possono attribuire con sicurezza: IIspl cpaecog in due libri e Ka0ap;ioi. Si conservano di lui 450 versi. V. Diels, Stadia Empedoclea, in Hermes, 15, 1880; Gorgia* und Empedocle, in Abh. d. Beri. Akad. d. Wiss., 1884; Bdduero, 77 principio fondamentale del sistema di Empedocle, Roma, 1905; E. Cignone, Empedocle, Torino, 1916.

Gli atomisti. incerto se appartengano a Leuil Myas Siaxoonog e il Ilspc voO, che furono incorporati, fin dall'antichit, nelle opere di Democrito. Di quest'ultimo, ritenuto dagli antichi grande scrittore, dalla forma chiara, oltre che scienziato xeex' goxrjv, ci resta purtroppo ben poco. I titoli delle opere pi importanti, che di lui si ricordano, sono il Miyag e il Mixpg Btotxoanos, ITs.v- vo, Hep SsaW. Ct'r. Lange, Geschichte des
DIPPO

Maf

rialismus,

7 a ediz.,

Leipzig, 1902

(1 voi.).

P.

Na-

torp, Die Efhik des Demokritos, Text und Untersuchungen, Marb., 1893; Dryoff, Demokritstudien, 1889; Buochard, Protagoras u. Demokr., Archiv., VI; GoedeckeMEYER, Epikurs Verhdltniss za Demokritos. 1897. ZucCante, Da Democrito ad Epicuro, Riv. di fi. Ili, 1900

Anassagora.
pera,
il

Ci restano
e nel

di lui

frammenti

di un'o-

cui titolo era forse

IIspl epuaseng,

ricordata da Pla-

tone ne\V Apologia

Fedone.

V. Bkeier, Die Phil.

des A. von Klaz. nach Aristoteles, Beri., 1840;

Tannery,
e Rio.

La

thorie de la matire d' Anaxagore, Rev. Philos., 1886;


Ist.

Zuccantej, Anss., in Rendic. R.


filos.,

Lomb., 1908

1908.

SOFISTI.

Il

materiale delle fonti sulla sofistica


II, p.

trovasi nel Yorsulcr. dei Dikus,

524 segg.

La tonte

282

LA FILOSOFIA GRECA

centrale costituita dai dialoghi di Platone. Cfr. oltre


la storia della filosofia

dell'Hegel (che rivendic


sofistica) e dello Zeller,

im-

portanza filosofica della


Hist.

Grotb,

of Graece, London, 1850 (Vili: v. specialmente il Schanz, Beitrge zar Vorsokr. Philos. aus Platon, I. Heft, Die Sophisten, Gttingen, Chiappelli, Per la storia della Sofistica greca, 1867;
processo di Protagora);

A.

f.

G. d. Phil., III, 1-21, 240-274;


Retorik, Leipzig, 1912.

Gomperz, Sophi-

stik u.

Tra le fonti, sono di particolare rilievo Protagora due dialoghi platonici, il Protagora e il Teeteto. Sesto Empirico ricorda un'opera di P. dal titolo Kaxaj3aXXovx$, che coincide probabilmente con quella, dal titolo 'AXVjGeia, di cui fa menzione Platone nel Teeteto. E forse fa tutt'uno con essa anche lo scritto 'Av-^cyr/.d, di cui fa menzione Aristosseno. Ci restano alcuni frammenti di Protagora. Cfr. Natorp, Forschungen zur Geschichte des Protagoras, Democrit, Erkenntnissprblem in Altert. Bodreko, ProtaEpikur u. die Skepsis, Berlin, 1884;

gora, Bari, 1914.

Gorgia.
e
del

Del

suo scritto Sul non-ente o sulla na-

tura l'autenticit affidata a notizia di Sesto Empiricopseudoaristotelico

De

Melisso, ecc.;

dal

Gorgia

platonico, che la fonte principale della dottrina del

grande sofista, non se ne rileva alcun indizio. Cfr. 0. Apelt, Gorgias bei Ps. Arisi, und bei Sext. Empirie, lhein. Mas., 43, 1888; Diels, Gorgias u. Einpedocles,
Sitzungber.
pp. 343-368.

der

A/:.

./.

Wisseusch. zu Berlin,

1884,

I,

Prodico.
Der
edite

Che l'autore del libro

'2pai sia

il

solista

Prodico, contestato dall' Jol, nella sua celebre opera:

und der xenophontische

Socrates, Berlin, 1893-

1901. In

quel libro, Prodico sarebbe una

mera figura
cit.

letteraria.
Sug'li altri sofisti, v.

Ueberweg, Grundriss

NOTA BIBLIOGRAFICA

283

SOCRATE.
scritto.

Socrate
il

non ha

lasciato

irsegnamento

Sulle due fonti principali, Platone e Senofonte

(nei Memorabili) verte l'annosa e


di esse ci dia

grave questione, quale vero Socrate. Platone sorpassa il maestro svolgendone la dottrina in un indirizzo metafisico;

Senofonte ne attenua la forza dell'insegnamento in un temperato cinismo. V. l'opera cit. dell' Jol, Der echfe a. de?- xenoph. S.; contra, A. Dkng-, Die Lehre des S. als soziales Reformsystem, Munch., 1895. Decisiva la testimonianza di Aristotile, data la sua posizione storica e il carattere della sua mentalit, specialmente nei punti fondamentali dell'insegnamento socratico. Della ricca letteratura intorno a Socrate, si possono consultare con profitto, oltre le opere citate, tra le quali ha importanza
singolare quella dell'JoL: B. Spaventa,

Da

Socrate a

HegH, Laterza,

Bari, 1905;

A.

Labriola, La dottrina

di Socrate secondo Senofonte, Piatone-. Aristotile, Napoli, 1871 (2a ediz. a cura di B. Croce, Laterza, Bari, 1909);

A. Fouillw,
1874;

La

philosophie de Socrate, 2 voli

Paris,

G. Zucoantb, Socrate, Torino, 1909;

baiND, Sokrates (in Prludien, ecc.);

Windel A. Busse, Sokrates,

Berlin, 191-4

Millkt,

S. et la pense rnod., Paris, 1920.

Socratici.

sano la storia della


ptxs,
2op.Jtoai.ov,

Di Senofonte, gli scritti che interesfilosofia greca sono: 'AnoiiVYjiiovefia-ca


Tiaidea,

Swxpaxo'jc, 'AnoXoyla 2ov..oaxcj^ r.pz Tog Bixaaxs, Otxovo-

Kupou

'Ispcov

(ediz.

DiNDORF,

Schbnkl, Berlin,

Intorno a S. v. l'opera cit. deli'JoL. Della scuola di Megara, di Elide e di Eretria ci restano pochi frammenti; la fonte principale Diogene Laerzio. V. Mallbt, Hist. de fcole de Slegare
lS62-187fi).

des coles d'Elis et d' Eretrie, Paris, 1845. G. HaktenBtbin, Ueber die Bedeutung der meg. Schulefur die Gesch. Sulla scuola cinica (cos chiader metaph. Probi., 1848.
et

mata

dal

ginnasio di Cinosarge, dove aveva sede):

frammenti sono raccolti nei Vorsokr. del Diels; notizie dei singoli filosofi nel libro VI di Diogene Laerzio. Su

Antistene cfr., oltre l'opera dell' Joel, A. W. Winckelmann, Antistenis fragni., Zurich, 1842; Dummlkr, Anthi-

284

LA FILOSOFIA GRECA
i

stenica, Halle, 1882.

Dio. L. (VI, 15-18) ricorda titoli ad Antistene, e (VI, 80j a Diogene di Sinope: queste ultime furono riconosciute apocrife dall'antichit. Sulla scuola di Cirene, v. il lib. II di Diog\ L. Cfr. A. Wendt, De philos. Oyrenaica, Gttingen, 1841; Zucuante, 7 Cirenaici, Milano, 1916. Molta indelle opere attribuite

Evemero, vissuto alla corte di CassanTsp vaypatp^ (Euem. reliquiae, ed. Nmethy). Per pi ampie fonti dossografehe sui socrafluenza esercit
dro, col suo scritto:
tici,

v.

Diels. Dojc. graeci,

cit.

in 56 libri.

PLATONE. Ci sono stati di lui tramandati 36 scritti Ma gi sin dall'antichit si venne dubitando
taluni
di
essi.

dell'autenticit di

Nei tempi moderni,

specialmente dietro

l'impulso dello Schleiermacher,

stata riaperta la quistione platonica, concernente, oltre

che l'autenticit dei dialoghi, anche l'ordine cronologico della loro composizione, l'unit del piano, il metodo didattico del loro svolgimento. A questi problemi, capitali per l'intelligenza del pensiero platonico, hanno partecipato numerosi scrittori, tra
hart,
il
i

quali
il

l'Hermann,
lo

lo

Stein-

Susemihl,

il

Miink,
il

Grote,
il

V Ueberweg'j

lo Zeller,

Siebeck,

Schaarsehmidt, Tocco, il Lutoslawski


dalle citazioni

ed

altri.

L'esame dell'autenticit muove


criteri sussidiari,

aristoteliche, che sono l'indice pi sicuro; in

mancanza,
aristo-

giovano
del

anche per

la

determinazione

tempo della composizione, valgono citazioni

teliche, autocitazioni

platoniche, riferimenti, contenuti

nei dialoghi stessi, a dati e a

personalit storiche,

recentemente stato con utilit sperimentato un criterio puramente linguistico, tratto dall'uso di particelle
e di costrutti nei singoli dialoghi e dalle loro variazioni

nel tempo.

indubitato che l'attivit letteraria di Pla-

tone sia cominciata dopo la morte di Socrate.


delle opere: quella di A.

Edizioni

Mani

zio (Venezia, 1513); dello

Stefano (Parigi, 1578); tra le moderne, quella del Bkkker (Berlino, 1816-17), dello Stallbaum (Leipzig, 18211825, 1833 segg.j, dello Schneider e dello Hirschig (Paris, Didot, 1846 segg.), dell' Hermann ^Teubner, Leipzig,

NOTA BIBLIOGRAFICA
1851-53), dello

285

Schanz

(Leipzig-, 1875, incompleta), del

Burnbt

(5 voli.,

edizione critica.

Oxford. 1899-1906), che la migliore Delle traduzioni italiane, basti ricordi

dare quella completa


pleta:

Dardi Bembo

1601; 2 a ediz., 4 voli., 1742);

(5 voli., Venezia, quella del Bonghi (incom-

ne furono pubblicati (1881 segg.) 13 volumetti, comprendenti, I, Eutifrone, Apologia, Critone; II, Fedone; III, Protagora; IV, Eutidemo; V, Cratilo; VI, Teeteto;
VII, Repubblica; Vili, Sofista, Politico, Parmenide; IX.

Convito; X, Fedro, Alcibiade


XIII, Filebo.

I,

Carmide; XI, Lochete,

Gorgvi, Menone; XII, Ippia maggiore, Ippici minore, Ione;

Eccellente
Convito (1885);

la

traduzione, purtroppo in-

il Fedone e il CriTimeo e V Eutifrone (1886); VAssioco, YJone, il Menone, il Parmenide (1889); V Alcibiade maggiore (1891); il Fedro (1896); V Apologia (1900). 18 dialoghi comprende la traduzione di Eugenio Ferrai in 4 volumi (1873-1883): I, Ippia minore, Jone, Alcibiade maggiore, Liside, Carmide, Lach' te, Protagora; II, Eutifrone, Apologia, Critone, Gorgia, Menone, Ippia maggiore; III, Fedro, Convito, Eutidemo, Menesseno; IV, Repubblica; dialoghi in corso e una nuova traduzione di tutti

completa, dell'AcRi, che comprende:


il

tone (1881);

il

nella collezione dei Filosofi antichi


del Gontii.e.

medievali a cura

IV contenente; Kulidemo, Protagora, Gorgia, Menone, Ippia 1 e 2, Ione, e Menesseno (trad. Zambaidi); V contenente: Repubblica e Clitofonte (trad. Zuretti): VI, Timeo, Crizia, Minosse VII, Le leggi (trad. Ca.ssar (trad. GiAiUATASo); Ricchissima la letteratura moderna. Sulla questione
usciti finora voli.

Ne sono

>.

platonica:

C. Fr.

Hermann,
(la

Geschichte u. System der


sola pubblicata), Heidelb.,

platon. Philos., erst. Teil

1839; Ed. Zeller, Patonische Studien, Tiibingen, 1839;


F.

Susemihl, Prodromus plat. Forschungen, Gttingen, lo stesso: Die genet. Entwickl d. platon. Philos., 1852; 2 parti, Leipzig, 1855-60; H. Bonitz, Patonische StuF. Ui.bekweg, Undien, 1858-60, 3 a ediz., Beri., 1886;

tersuch. iiber Echthe.it u. Zeitf. platon. Schriften u. ilbtr

Hauptmomente aus P. Leben, Wien, schmidt, Die Sammlungen der plat.

1861;

K. Schaar-

Schriften, zur Schei-

286

LA FILOSOFIA GRECA

d. echten von d. unechten untersucht, Bonn, 1886; Tocco, Ricerche platoniche, Catanzaro, 1876; Quistioni platoniche ; il Parmenide, il Sofista e il Filebo negli Studi Hot. di filai, class., Firenze, II, 1894; G. Teichmixbr,

dung
F.

Die platon. Finge, Gotha, 1876; Ueber Reihenfolge der platon Dialoge, Leipzig, 1879; A. Chiappelli, h' inter-

W. Lutoslawski, Sur une nouoelle mthode pour dtermner la chronologie des dialogues de PI. (Memoria letta all'Accad. d. Se. Mor. e Poi. di Parigi, 1896); The Origin and growth of Pl.s Logie with an account of Pl.s Style and
pretazione panteistica di Platone, Firenze, 1881
;

of the Chronologie of hs ivritings, Lond., 1897; 2 a ediz., Lond., 1905; Lombardo Radice, Studi. platonici, Arpino, 1906;

A.

Gobdeckemayer, Die
f.

lieihenfolge d.

Plat. Schriften (Arch.

Gesch. d. Phil., 1909).

Lavori

d'insieme sulla
Ib85;

filosofia platonica:

Grote, Platon ami

theother Companions of Socrates, Lond., 1865;

2 a ediz.,

Fouille, La philos. de PI., Paris, 1879 (3 a ediz., 1904-1906): A. E. Chaionet, La vie et les crits de PI., Par., 1871 W. Pater, Platon and Platonism, Lond., 1893: W. Windelband, Platon, Stuttgart, 1898
;

A.

(4a ediz.,

1905; trad. in

ital.

nella collez.

grandi Pen-

Natokp, Platos Ideenlehre, Leipzig, 1903; Plat., nei Grosse Denker dell' Astor; A. E. Taylor, Plato, Lond., 1909; Cohn, Platon (nei FUhrende Denker, Lpz. 1911-); Wilamowitz-Moellensatori

del Sandron);

P.

dorff., Platon, 2 voli., Beri., 1920 2 Studi particolari: Robin, La thorie platonicenne des ides et des nombres d'aprs Aristote, Paris, 1908; Halvy, La theorie pla.

tonicenne des sciences, 1896;

Siebeck,

Pl.s Lehre con der

Materie (in Unters.


ris,

eit.,

1888);

Milhaud, Les philosoprdcesseurs, PaPI.


(in
de.

phes geomtres de la Grece. PI.


1900;

et ses

Brchard,

La

inorale

tud de

ancienne et moderne, Paris, 1912); wett, The Republic of Plato, 1893.


phil.

Campbell-Josono
(V.
stati

Della pi antica

Accademia non
III,

ci

con-

servati scritti completi; restano

frammenti

Mullach,

Fragni, philos. Graec,

incompl.). Notizie in Diog.

NOTA BIBLIOGRAFICA

287

(IV e Vili) e negli artic. di Suida; Glossografia in Diels.

Gompertz, Die Akademie u. ihr vermeintl. PhiloPicavbt, macedonism, in Wiener Studien, IV, 1882; Le phnomenisme et le probabilisme dans fcole platoniK. Heinze, Xenokrates, cienne, Eev. philos., 1887; F. W. Busskl, The school of Plato, its Leipzig-, 1892;
Cfr.

origin, development, etc,

London, 1896.
serie di scritti dialogici

ARISTOTILE. Una
Aristotile,

compose

probabilmente durante il primo soggiorno in Atene. A questa appartiene il dialogo Eudemo, di cui abbiamo alcuni frammenti. (V. il catalogo dei dialoghi in Dioa., V, 22-27). Questi scritti dialogici furono in seguito chiamati essoterici, e, in opposizione, gli altri composti con la forma scientifica del trattato, esoterici. Gli scritti che abbiamo di A. sono, in parte, conservati in forma molto imperfetta. Si ritiene che molti di essi non fossero che semplici appunti, di cui A. si serviva per le sue lezioni. Tutti gli scritti (la cui prima edizione completa risile ad Andronico di Rodi, nel 60-50 a. C.) ci sono pervenuti
con una organica ripartizione. Essi comprendono di logica (v. l'enumerazione nel testo); scritti sulla
:

scritti

IIpwxv)

<pi.Xoao.xia); scritti

di scienza naturale

(*i>a'.aY)

xpaa'.s in

8 libri; Ilep* opaDo in 4; IIsp Ysvoetog xai cp9op"s in 2;


Msxs(upoXoY'.-/ta

in 4. L'opera Ilep
stoiche,

xa;.io'j,

contenente

ri-

ferimenti a dottrine

non

aristotelica. Opere
<j)a

naturalistiche sono anche IIspl x


tere anatomico-fisiologico;

laxop'.ai, di

carat-

uno

scritto 'Avaxojiai
si

per-

duto. Alla storia degli animali


tiopitv
ps'.c/.c,

allacciano:

IIspc uhov
izo-

in 4 libri; Ilep gcpwv ysvaso); in 5; IIsp q>cuv


1);

in

scritti

psicologici. (L'opera centrale IIsp

<\>uyfiZ

in 3 libri; vi si riallacciano vari scritti minori che

portano il titolo Parva naturalia); scritti morali. (Tre opere: 'HGix Nwofiaxsia in 10 libri; 'HGix EOS-is'.a in
7 libri;
'H9i-/.a

[jteyaAa

in 2 libri.

Dopo

la

ricerca dello

Spengkl: Ueber das Verhltniss der drei unter den Namen dea A. erhaltenen Schriften, 1841-43, quasi generalmente accettata l'opinione che l' Etica Nicomachea sia, essa sola,

288

LA FILOSOFIA GRECA

opera dello Stagirita, mentre VEtca end. sia stata composta, sopra una trama di pensiero aristotelico, da Eudemo;

Maga. Mor. sia un estratto alquanto due opere precedenti. UEt. Nic. pare sia stata pubblicata, dopo la morte di A., dal figlio Nicomaco. All'etica si allacciano gli otto libri dei IIoXrax (trad. dal Costanzi, Bari, 1918). I due libri dell' Ero omica non sono opera di A. ma di scolari); scritti di
e infine lo scritto

posteriore, delle

filosofia estetica.

('Pirjxop'.Tcyj

in 3 libri e IIsp

7ioiYjxiy.^g,

in-

completo; trad. dal Valgimeli nella collez. Filosofi antichi e medievali del Laterza).

composizione, precedono gli

'

scritti

Quanto all'ordine della di logica, seguono

E dubbio se l'etica preopere fisiche e psicologiche; in ultimo viene la metafisica. Si vede di qui che A., nella composizione dei suoi scritti, ha proceduto in maniera mequelli di fisica e di psicologia.
o

ceda

segua

le

todica,
<poet..

movendo

Tra

dal Tip-cspov Ttpg f^&z verso

il

upxspov

le edizioni

moderne

di Aristotile, fonda-

mentale quella dell'Accademia delle Scienze di Berlino, secondo la quale si usa citare gli scritti aristotelici (in 5 voli., Beri., 183:2 segg. Segue V Index arisi, del Boni rz, 1870);

v' poi
il

l'ediz. del

Didot

(Parigi, 1848-1869,

contenente l'indice, 1874). Della letteratura moderna su Aristotile, v. Fel. RavaisSON, Essai sur la Mtaph. d'A., Paris, 1837-46; (rist. Paris,
in 4 voli.;
5

1913);

Ad. Trendelenburg, Gesch. der Kafegorienlehre,


1846;

Beri
.

Elementa

logices aristoteleae, Beri


.

1836, ed. IX,

1892; a questi, Erluterungen, Beri. 1842, 3 a ed., 1876;

A. Rosmini, Arisi, esposto ed esaminato, Torino, 1858; H. Bonitz, Aristot elische Studien, 1-5, Wien, 1862-67;
J.


et

Barthlemy St. Hilaike, De la mtaphysique, natwe et ses droits dans les rapports avec la religion
la science.

sa

Pour servir

d' introduction a la

mtaph. d'A.,

Piat, Aristofe, Paris, 1903 (tr. it. MaParis, 1879; Siebeck, Arisfoteles, Stuttgart, snovo, Siena, 1909); 1899 (tr. it. Codignola, nella collez. I grandi PensaHamelin, Le systrne d'Aritori del Sandron, Palermo); slole, Paris, 1920. Studi particolari Geyser, Die ErkennLewes, Aristotle, a tnisstheorie d. Ar., Miinster, 1917;

NOTA BIBLIOGRAFICA
chap/er from history ofscience, London, 1864
:
I

289

'.;
:

Quid Aristoteles de loco senserit, Paris, 1890; Euckhn, Ueber die Methode unii die Grundlage d. -tris/. Etik,
Frankf.
a.

M.,

1870;
voli.,

J.

Stewart,

2\otes on

the

Xico-

mac. Efhics, 2
il.

Oxford, 1893;

Brkntano,
.
.

Psych.

Arist., Mainz, 1867; Burnet, Arisi on, educalion, Cambridge, 1904. Cfr. gli ottimi volumetti scolastici a '.'. cura del Fazio-Allma e del sulla psicologia, la logica, l'etica aristotelica, con estratti di opere
I

di Arist.

(Bari, Laterza).

gli art. di

Per le tonti, v. D;OG., V, 36 Suida; i Doxogr. (Diels). Di Ti F.i.xsn. ci son pervenuti due scritti botanici, piccole trattazioni scienti-

Peripatetici.

fiche, gli YjGixo fa-? a v-"z %?~Z In scritto IIsp aaOr.cswv e molti frammenti, tra cui una parte della metafisica. (Ed.

dallo Schn*eidk;r, Leipzig, 1818-21; dal Wimmek, Bresl., 1S42 segg. I Caratteri sono stati editi dal Die.s, Oxford,

1909; trad. in italiano dal Pasquali, Firenze, 1919). Di

Eudemo abbiamo frammenti


1866);

(ed. dallo

Spengel, Berlino.

Elementi della ritmica (ed. dal ?\i\nguAROT, Beri., 1868): porgli altri, v. Uebeuwb.g, cit.; degli ultimi aristotelici (Alessandro d'Afrodisia, Tkmistio ecc.) e in generale dei comentatori di A. v. la grande edizione dei comentari a cura dell'Accademia di Berlino. Sul Ilep y.a.ao'j, falsam. attribuito ad Aristotile, v. Wiih. Capblle, Die Schrift von der Welt (Neue Jahrb. /'. (/. klass. Alterili., 1915); J. Morr, Der Verdi

Aristosseno,

gli

fasser der Schrift lisce xonoo,

Wien, 1910.

GLI STOICI.
notizie

Sull'antica Stoa, scritti, frammenti,

dossografiche
discipitli,

sono

stati

raccolti

dall'

Stoicorum. veterani fragmenta collegit Joh. ab


et

Arnim: I. Zeno

Zenonis

Leipzig, 1905;

II,

Chrysippi frag-

menta logica et physica, Leipzig, 1903: III, Chrysippi fra;/ menta inorai ia. Fraym. successori/ m Chrysippi. Leipzig, 1901. V. l'elenco delle opere di Zknonk in Diog.,
VII,
4.

Una

Sippo, al quale

prodigiosa attivit letteraria spieg Crisi attribuiscono 500 scritti in pi di 700

G. de Ruggiero,

La

filosofa

greca

- il,

19

200
libri;

I.A

FILOSI PIA

GRECA
una certa trascu-

ma

sin dall'antichit fu notata

ratezza nella sua forma.


Sull'antica Stoa, v., oltre l'opera dello Zbllhr, F. Ra-

vaisson, Essai sur


(leseli,

le

Stoicisme, Par.,
Sfoci, Leipzig-,

1856;

P.

Wei-

GOldt, Die Phylos. der


Leipzig, 1891-92;

1883;

Susemihl,

der Griech. Liter.in

d.

Alexandrinerzeit, 2 voll.^

Stoa, Beri., 1897 ;

Ad. Dyrofp, Die Ethik der Alien Brhibr, Chrysippe, Paris, 1910;

Edw. Bevan,

Stoics

and

Seeptics, Oxford,

1913.

GLI EPICUREI.

Tutto

il

materiale, scritti, fram-

menti, notizie, riunito nella bella raccolta dell'UsENER, Epicurea, Leipzig, 1897; e nuovamente, ora, in quella

Bignone, Epicuro, Bari, 1920 (ma limitatamente agli A Epicuro si attribuiscono circa 300 scritti (v. l'elenco dei pi importanti in Dino., X, 27-28). Ci sono pervenuti gli apoftegmi (xupica Sgai), frammenti dell'opera Ilepl cpaeo>s, tre lettere conservateci da Diogene (la 3 a forse non di E., ma composta sopra scritto Tra i seguaci di Epidi lui) e vari altri frammenti. curo, si ricordano Metrodoro di Lampsaco, Zenone di Sidone, Fedro, Filodemo di Celesiria, del quale ultimo sono stati rinvenuti alcuni scritti a Ercolano (Ercolanensium voluminum quae supersunt, l a serie, Napoli,
del
scritti di E.).

1893 segg., 2 a serie, 1861 segg.).

zione dell'epicureismo
zio, in 6 libri, ed. dal

Una poetica ricostruDe rerum natura di LucreLachmann (Berlino, 1850. V. l'ediil

zione

ital.

con conienti e studi introduttivi

del Giussani,
v.
les

Torino, 1896-99, in 4 volumi). M. Guyau, La morale d'picure

Della letteratura, et ses rapports avec

doctrines contemporaines, Paris, 1878; 2 a edizione, Paris,

1881; W. Wallacb, Epikureanism, London, 1880; M. Rknault, picure, Paris, 1903; L'opera cit. del
Goedkckemkykr, E.s
cure, Paris, 1910;

Verhltniss ecc.;
C.

E. Joyati, pi-

Martha, Le poeme de Lucrce


i.

morale, rligion, science, Paris, 1868; 4 a ediz., 1885;


J.

Burns, Lucrezstudien, Freib.

B., 1884.

NOTA BIBLIOGRAFICA

291

SCETTICISMO ED ECLETTISMO.

- Fr.

Susbmihl,

Gesch. dar Liter. in Alexandrinerzeit, Leipzig, 1891-92;

Droysen, Gesch. des Hellenismus, Hamb., 1836-43; Schmbckgl, Ellenist. riha. Philos., 1911; Bbvan, Stoics and Sceptics, cit.

La fonte principale per le dottrine scettiche di Pirronm, di Timone e dei loro seguaci, sono le opere di Sesto Empirico; v. inoltre i Dox. del Diels. Di Pirrone
non
di
ci

sono conservati

scritti; di

Timone, ricordato coin


i

autore di SiXot, in cui irrideva

filosofi,

ad eccezione

abbiamo alcuni frammenti (vedi Dxbls, Poet. philosoph. fragra.). Cfr. N. Macooll, The greelc sceptics, Lond., 1869; P. Broohard, Les sceptiSenofane
e Pirrone,

ques grecs, Par., 1887; A. Goedbckemeyer, Die Gesch. d. griech. Skeptizismus, Leipzig, 1905.

Media Accademia Fonte principale Cicerone; da consultarsi inoltre Diogene e Sesto Empirico (v. Diels,
Dox.). Cfr. L.

Cbedako, Lo

scetticismo degli Accademici,

2 voli., Milano, 1889-1893.

Media Sto a. Fonte principale Cicerone. Ci restano frammenti, dei quali tuttavia manca una raccolta
esauriente. (Raccolte speciali: Panaetii et Hecatonis
li-

brorum fragmenta
sidonio

coli.

manca una
Tra
i

N. Fowi.br, Bonnae, 1885; di Poraccolta completa). Panezio scrisse

una
soli

serie di
titoli.

opere, di
suoi

moite delie quali conosciamo

scritti,

quello IIspL xo X3c0t^coveo

fu la base del

De

officiis di

Cicerone). Posidonio fu ce-

lebrato

come

scrittore assai fecondo. V. A. Schme,kbl,

Die phiosophie der mittleren Stoa inihr. geschichUich.

Zusammenhang,

Beri., 1892.

Filosofia romana. Gli scritti di Cicerone, aventi un carattere filosofico, sono: Academica, De finibus, Tusculanae disputationes, De natura deorum, De divnatione, De fato (incompl.); vi si possono aggiungere De repubblica, Consolatio, De Senectute, De Oratore. Cfr. Rud.
Hrzel, Untersuch. zu Ciceros philosophischen Schriflen,

292

LA FILOSOFIA GRECA

Leipzig, 1877-1883;
dei-

antiken

Literatur,

Ed. Schwarz, Charakterkopfeaus Leipzig, 1906; Chiocchetti,

1919. Note sulla filosofia di C, Rio. di filos. neoscol Degli scritti ili Seneca, v. l'ediz. teubueriana, ancora incompleta. Hanno un carattere filosofico: Quaestionum naturalitim, lib. 7; Dialogorum, lib. 12; De Clemeuta,
,

lib. 2;

De

Benefciis, lib. 7; inoltre 124 Epistolae morales

ad Lucilium. Cfr. sullo stoicismo romano prima di Seneca: G. Gentile, Studi sullo stoicismo romano del 1 secolo
d. C., I

Parte

(la sola

pubblicata, Traili, 1904). Intorno

a Seneca: Baur, Seneca u. Paulus (1858; ristampata in Die Abhaudl. zar Gesch. d. alt. Philos., ed. dallo Zeller,
1875);

A.

Gerckb, Senecastudien (Jahrbuch


22, 1896);

Philos., Suppl. B,

Waltz,

f.

/class.

Vie de Snque,

gli 8 libri delle A'.axpipca di

Marchesi, Seneca, Messina, 1920. DeEpitteto, ce ne restano 4; di lui abbiamo inoltre il Manuale, 'Eyyeipib'.ov (ed. Schenkl, Leipzig, 1894). Cfr. A. Bonhffer, Epiktet u. die Stoa, Di Marco Stuttg., 1890; die Etik des E., Stuttg., 1894. Aurelio Antonino Tffiv sic, octnv (3i|3Xta (ediz. St:cji,
Paris, 1909;
C.

Leipzig, 1882; 2

:i

ediz.,

1903. Trad.

ital.

L.

Ornato

G. PicCHlONi, Firenze, Barbra). Cfr. A. Huir, Le stoicismi' de Antoine (Annales de phil. chrt., oct., 1882);

Ultimi scettici. Enesidemo di Cnosso compose uno scritto, ILpwveioi Xyo:, di cui nulla ci rimane: del medico Sesto Empirico ci son conservate le istituzioni
07]|.ktixous

pirroniane, Iluppvsiai izovmmoeic, e l'opera llpq xoc; p.alibri, dei quali, i primi sei trattano dei in 1
1

matematici, grammatici, ecc.,


sofi,

gli ultimi

cinque dei

filo-

contengono

le principali

istanze scettiche contro


l'ediz.

la filosofia

precedente. Questi ultimi sono pertanto assai


le

notevoli anche per


del

ricche notizie storiche

(v.

Bbkker,

Berlin, 1842;
:

una nuova

ediz. in corso a

cura del Mutschmann nel 1912 apparso il 1 volume per la letteratura, vedi quella cicon le Ipotip. pirr.;

tata, sugli scettici).

NOTA BIBLIOGRAFICA
IL

293

NEOPLATONISMO. Su questo periodo in genere Simon, Histoire de l'cole d'Alex., Paris, 1843-45; E. Vaohbrot, Histoire antique de l'cole d'Alex., Par., 1848Mkiners, Beitr uber die Neuplal. Philos Leipzig, 51; 187:2 RaVaisson, La metaph. d'Aristote cit.; il 2 voi. una penetrante storia di tutta l'et post-aristotelica.
v. J.

schichte der

H. Grtz, GeFilosofia giudeo-ellenistica. Juden (3 voli., Leipzig, 1856): J. Wbsllhau-

Scs, Israeli fische u. Judische Geschichte, Beri., 1894; A. Loisy, La rligion d'Israel, 1908 2 Di Aristobulo ci restano frammenti tolti da Clementi' d'Alessandria e da Eusebio (stampati nel 4 lib. di Eu.

BflB.,

Praep. Evang., ed. Gaisford), Documento impor-

tantissimo della filosofia giudeo-ellenistica la traduzione dei Septuaginta: le parti pi antiche forse risalgono
ai
a.

C).

primi tempi del regno di Tolomeo Filadelfo (284-247 Di Filone ci sono state conservate le opere; tra

De opificio mundi; Legum allegoriarum; Quod Deus sit immulabilis, ecc. Tra le edizioni, cfr. quella del Mongky, London, 1742; del Ricutek,
le

pi importati:

Leipzig, 1828-30; ottima, la recente edizione in corso del Cohn e del Wendland, Beri., 1896 segg. Letteratura: A. Ferd. Dhne, Geschichtl. Darstellung der jiidischalexandrinischen Religionsphilosophie, Halle, 1834;

M.

Wolff, Die philonische

Philosophie,
Phil.

Gothenburg,
d'Alex., 1877:
et

1858;

Rville,
du

Le

logos

d'aprs
le

La
les

doctrine

logos

dans

quatrieme vangile
1881
;

dans
Philo

oeuvres de Philon, Paris,

Dkummond,

Judaeus, Lond.,
depuis Phil.
le

H. Giyot, L'infinite 1888; juive jusqu' Piotili, Paris, 1906;

divine

Mar-

tin, Philon, Paris, 1908.

Neo-pitagorici.
frammenti

Di

(pubblicati

P. Nigidio Figulo restano da A. Swoboda, Prag., 1889).

Apollonio

di Tiana scrisse una Vita di Pitagora (ricordata da Giamblico nella sua Vita Pythag.). Su di lui

Flostrato compose una

sorta

di

romanzo

filosofico-

relifnoso, idealizzando in A. la vita del santo (v. l'ediz.

294

LA FILOSOFIA GRECA

della Vita Apollonii Tyanensis del

Kayser,

1844, ristam-

pala

in

2 voli., Leipzig-, 1870. Vi

lettere di

sono in essa anche le Apollonio, apocrife). V. F. Chr. B.^ur, ApolChristus (Tilb. Zeitsehr.
eit.);
f.

lonia* a.
in

Th., 1832, ristamp.

Die Ahhandl.

troisime siede (Rev.

H. Jui.g, Neupythag. Mead, Apollonius of


francese, 1906);

F.

Rville, Le Christ Poteri du des deux monde*, 1865, I, 59); Studien, Wien, 1892); G. R. S. Thyana, London, 1901 (traduzione W. Gn. Campbell, Apollonius of

Thyana, a Study of

his Life

and

times,

London,

1908.

Platonici eclettici.
ci

Di

seno pervenute
filosofici

le

celebri

Vile,

Plutarco di Chrronba e un complesso di


il

scritti

polemici, sotto

titolo

di

Moralia

(ed. dal

Dibner, nella collezione Didot, Par., 1841; dal


dal Sintenis, Leipzig, 18527

Bbkker, Leipzig, 1855-57;


55, 2 a ediz.

1873-75; e

Moralia dal Bermkdakis, in

Vedi Rich Volkmann, Leben, Schriften und Philosophe des PI a tank, in due parti, Berlin, 1869; 2 a ediz. 187.:). Di Apuleio di Madaura possediamo scritti filosofici e un romanzo satirico, L'asino d'oro (ed. dalDelle opere del Leipzig, 1842 segg.); l' Hildebrand, medico Galeno, v. l'ediz. completa del Kuhn, in 20 voli'., Leipzig, 1821-31; interessano particolarmente la filosofia
voli., 1888-96).

il

De

Placitis Hippocratis et Platonis (ristamp. dal

Mul-

i.kh,

Leipzig, 1904),

il

Protreptcus (ed. Kaibel, Leipzig,

1896), ecc.

1894; l'EaaYcoyY) SiaXsxxtxY] (ed. dal KaLBFleisch, Leipzig, V. E. Chauvet, La psyehologie de Galien,
1860-67;
si

MI, Coen,
Di Albino
l'

La
il

thologie

de G., Coen,

1873.

conserva
nel
voi.

Prologo a Platone, pubbl. dal-

Hermann

VI della sua edizione


noto per
la

Celso

particolarmente

di Platone. confutazione di

Origene: intorno al suo: 'AXv.Oyj; >,yog v. U. Keim, C. wahres Wort, Zar., 1873; V. B. Aub, Hist. des per
secutions del'glise. Fronton, Lucien, Celse et Philostrate,
Par., 1878.

Intorno

a Numbnio,

v.

Thbdinga, De Xum.

C. E. Rublle, Le Bonnae, 1875; philosophe Num/iius et son pretendu traile de lo matire, Per. de phil., 1896, - Al terzo secolo apparten-

philofiopho Platonico,

NOTA BIBLIOGRAFICA
g-ono
i

295

cos detti Scritti di


Beri., 1854-, traci,

thby,

1S66; 2* ed., 1868);

Ermete Trmegsto (ed. Parda L. Mnakd, Par., Jos. Ruoli., Die Lehren d. llerm
in frane,

Trismegistos, Miinster, 1910.

Scuola neoplatonica di Alessandria. Nulla Ammonio Sacca; su di lui, v. Zbller, A. S. und Piotiti, (A. f. G. d. Ph., VII, 1894); di Longino, abbiamo frammenti (ed. Wbisckh del de sublime; pi recentemente quella del Jahnwahlbn, Leipzig, 1905). Perla
ci

resta di

vita di Plotino, v. Porfirio,

Vita Plotini.

Le Enneadi

furono pubblicate, nella traduzione latina di Marsilio Ficino, a Firenze, nel 1492; quindi in greco e in latino
a Basilea, 1580 e 1615; edizioni
recenti:

Creuzer

Mosbr,

Par., 1855;

lkr, Berlin.

Kirchhoff, Leipzig, 1856; Mul1878-1880; Volkmann, Leipzig, 1883-84;

traduzione ted. del Mllbr, frane, del Bouillbt (Par., 1857-60). Su Plot., oltre le opere del Simon, del Vacherot, dello Zbllbr, cit., v. Klbist, Neoplat. Stiidien, Heidelb., 188.4;-A. Drsws, Plot. u. der Untergang der
aniiken Weltanschauung, Jen., 1907; Covotti, La cosmogonia plotiniana e Vinterpr. panteistico-dinamica di Zeller, in Rend. Lincei, 1895; Il Csmos Noets di Plotino e la sua posizione storica, Riv. ital. di Filos., 1897-98, XII, 2; F. Pcavet, Piotili et les mystres d'Eleusis, Par., 1903; W. R Ingb, The Philosophy of Pioti nus, 2 voli., London, 1918. Di Porfirio resta una Vita Plotini; una Vita Pythagorae; Sententiae ('Acpopjia Tipg votjtcJ, nell'ediz. plotiniana di Parigi, 1855 Eiaayo>T'') s; -S x S xatYjyopJas (conosciuto nel M. E. col titolo De quinque vocibus, sire in categor. Aristot. introducilo^ pubbl. in molte ediz. delYOrgaio; tr. e annotata da E. Passamonti, Pisa, 1889); altri scritti minori, come: epist. de diis daemonibus ad Anbonem; epist. ad Marcellam. Si perduta un'opera

fondamentale, in 15

libri,
v.

spesso citata dai Padri della

Bouillet, Porphyre, sonrle dans fcole noplatonicenne, sa lettre Marcella, trad. en. frane. (Extr. de la Rev. crit. etbibliogr., Par.. 1864
Chiesa, Kax Xpiaxtavwv.
.

296

LA FILOSOFIA GRECA

Neoplatonismo
mentari a Platone
QsoXoyla.,
Yop-.y.o3

siriaco. Giambltco scrisse Coad Aristotile, una XaXSa'ixrj xeXs'.o-cxxrj

nonch

vari scritti pervenutici: llepi to IIuGa-

(De rifa Pythagorica liber, ed. Kikssling, Leipzig', 1815-16, insieme con la Vita Puth. di Porfirio-, ed.
'.y.o'j

VVbstbrmann,
(adhortatio ad
r.Ec
;

Par.,

800

;
/

yos Tzc^-pzTi-iv.-

sq -^iXosocpfav

philosoph., ed. Pistelli,


naGujfiax'.ttYjS
n:ioxiq|j,7]s

Leipzig-, 1888);
canini,
xff xfjg

ttjs

xoivTjg

(t/e

math.

seieuf.,

ed.

Festa, Leipzig', 1891);


i.!-xY(o ;-/,;,

rcspi

N'.xouaxoo
piQjjiY, -;./.?.;

pi6jiY]X!,5t7Js

BsoXoyofieva

logamena arithmeticae, ed. Asr, erano parte di un'opera maggiore-,


Yopsiwv
i

Leipzig-, 1817), che


SuvaycoYT] -rwv IluOa-

oyj'.v.xwv,

perduta.

Il

Z)e

Mysteriis non appartiene

G.

ma

alla

sua scuola;

v.

l'ediz.

Parthey,

Beri., 1857;

trad. ingl.

Taylor, Lond.,
il

1895.

Dell'imperatore Giuliano, Contro Christianos quae sw


persunt, ha pubblicato
in

Neumann,

Leipzig, 1880; delle

Epistolae, oltre la vecchia ediz. dell'H^YLER, Mainz, 1828,

corso una nuova edizione a cura del Bsdez e del


la Lettera a

Cumont;

Temistio,

Frammenti

contro

Cri-

stiani, ecc., nel voi.

del

RostaGNi, Giuliano l'Apostata,


P.

Torino, 1920;
li

v.

inoltre:

Allard, Julien

l'Apostat,

voli., Par., 1900-3;


-.

G.

l'Ap., Milano, 1901

Negsu, l'Imperatore Giuliano Degli scritti di Sallustio, l'edi-

zione Okellius, 1821; di Sinesio, l'ed. Krabingkr, 1850; del De Natura hominis di Nemesio, l'ed. di C. Fr. Matthakj, Hai., 1802, la trad. latina dell' Holzingek, Leipzig,
1887, del
Beri.,

Bukkakot,

1891 segg.;

W. Jukk,

Xeniesios,

1914.

Scuola neoplatonica
v.

la

Vita scritta da

di Atene. Di Proclo, Marino. Scrisse conienti su opere


:

platoniche: (in Platonis remp.; in Piai, theologiam

in
Ti-

Cratylum; in Piai Parmenidem; in maeum)\ inoltre, VInstilutio theologica e vari


Plat.

Plot.
scritti

mi-

nori. (V. l'ediz. del Cousin, Par.. 1820-25; 2 a ediz., Par.,

1864; singoli scritti:


2
voli.,

1899-901;

1903-9UO;

Comm. in Pluf remp.. ed. Kroll, Comm. in Tini., ed. Diehl, 3 voli., Comm. in Cratyl., ed. Pasquali, 1908; Comm.

ttOTA BIBLIOGRAFICA

29?

in Parm., ed. Chaignbt, 1901. Gli Elementi di Teologia


in italiano dal Losacuo, Lanciano, Bbrger, Proclus, expositionde sa doctrine, Paris, 1840-, H. Kirchnbr, De Prodi neoplatonici metaphysica, Beri., 1846. Di Damasoio ci resta parte delle

sono

stati

tradotti

1917). V. A.

Quaestioms des primis principiis (raspi twv rapwxwv p-^wv, Kopp, 1826, e recent. Ruellb, 2 voli., Paris, 188991), e di un comentario sul Parmenide. Cfr C. E. Rueli.e, Le philosophe Damascius, elude sur sa vie et ses ouvrayes Di S mplicio, abbiamo: Coment, in Arisi. (Par., 1861). Cotegor. (ed. Kalbfleisoh, 1907); in Arist. Phys. (Diels, Beri., 1882, 1895); in Arist. lib. del Coelo (Heiberg, 1894); in Arist. de Anima (Hayduck, Beri., 1882). In generale, per le edizioni dei cementatori, v. la grande raccolta
ed.

che si va pubblicando, dal 1882, sotto l'Accademia di Berlino.

gli

auspici del-

INDICE DEI NOMI

Accademia,
segg.

i,

270-273;

ir,

143

Antioco Accadem.,

Adrasto, n, 196, 217. Agostino, i, 141; n, 252. Agrippa, ii, 172-173. Albino, n, 201. Alcibiade, i, 157.

n, 144, 152, 153-154, 157, 160. n, 204. Antipatro, n, 102, 150.

Antioco IV pifane,

Antistene, i, 169, 171. Antonino (M. Aurelio), n, 150,


162,

Alcidamoi i, 130. Alcinoo (Albino),

Antonino Pio,
ir,

Alcmeone, i, Alessandro Magno,


Alessandro
94, 196198, 217.

201. 101, 103.


i,

Apollodoro
126.

168-170, 196. n, 196. di Seleuco,n, 102,


ii,

23; n,
-

Apollonio di Tyana,
194.

192,

6, 97, 98, 177, 178,

190.

d'Afrodisia,

n,

Amafinio, ii, 126. Amelio, ii, 249.

Aminta,

Ammonio Ammonio

n, 5 di

Ermia,

li,

272.

Sacca, n, 213, 214-

216, 217.

Anassagora,

i, 51. 79, 80, 9399, 102, 104, 107, 108, 114, 121, 142, 226. Anassarco, i, 93; ii, 141. Anassimandro, i, 42, 45, 48, 49, 50, 51, 65, 94. 101.

Anassimene,
101.

i,

48, 49, 51, 94,

n, 141. 143145, 147, 153. i, 93. Archimede, n, 94. Archita, i, 53. Ario Didimo, n, 160. Aristarco di Samo, n, 94. Aristippo, i, 162, 169, 174, 177. Aristobulo, n, 206. Aristocle, n, 196. Aristone (padre di Platone), 180. i, Aristone stoico, il, 101. Aristone peripatetico, n, 190.

Apuleio, u, 200. Arcesilao, i. 273;

Archelao,

Anatolio, n. 253. Andronico di Eodi. Anito, , 164. Anniceri, i, 182. Antifonte, i, 130.

Aristosseno,
ii,

94, 190.

Aristotile,
;

Antimero Mendeo.

i,

117, 130.

196. ii, 92, i, 23, HO. 39 " 48, 50. L79, 1"':;. 124. 214, 256, 265, 270, 271. 272; ii, 5-94, 95, 97, 102, 103, 104,
1

300

LA FILOSOFIA GRECA
112, 140,

105, 106, 107, 108, 109, 118, 119, 129, 130, 136, 152, 158, 160, 166, 180, L85, 186, 187, 190,. 195, 197, L98, 201, 202, 217, 219, 220, 225, 227, 228, 247, 250, 251, 260, 272. Aselepiade di Bitinia, n, Asclepiodoto, n, 272. Asidei, ii, 204. Aspasio (peripat.), n, 196, Atomisti, i, 83-93. Attico, ii, 198, 217. Augusto, ii, 160, 190.

Damaselo,

Demade,

L81
196, 218, 243, 126.

Demetrio, n, Democrito, i,

ii, 272. n, 97. 170.

23, 39, 40, 79, 80, 64. 85-93, 96. 99. 103,

ii,

104, 108, 120, 121, 209, 227; 29, 42, 107.


97, 100.

Demonace, n, 170. Demostene, n, 6, 96,


Dicearco, n, 92, 196.

217.

Diodoro Crono, i, 169. Diogene di Apollonia, i 51. Diogene di Babilonia, a, 102.] Diogene Laerzio, n, 141. Diogene di Sinope, i, 174.
Dione, i, 183. Dionigi il vecchio, i, 182, li Dionigi il giovane, i, 183.
Dionigi d'Eraclea, n, 102. Dionisodoro, i, 119, 130.
148-154. 235. 177. Eleati, i,' 60-73. Emilio Paolo, n, 156. Empedocle, i, 79, 80-83, 87, 99, 101, 102-103, 107, 103. 120, 227. Enesidemo, n, 141, 171-172. Ennio, ii, 159. Enomeo, ii, 170. Epafrodito, il, 167. Epaminonda, n, 91. Epicarmo, i, 103. Epicurei, ii, 125-137. Epicuro, i, 120; n. 125-137, 143. 162. Epitteto, ii, 151, 162, 167-168, 169, 170. Eraclide di Ponto, i, 271. Eraclito, i, 40, 49, 73 79, 80, 92, 101, 102, 106, 121, 126, 270; ii, 107. Erennio, n, 216. Brillo, ii, 101. Ermaco, n, 126. Ermia (neoplat.), n, 272. Ermogene, i, 165. Erodoto epic, n, 128.

Basilide, u, 214. Basilio, ii, 257.

Boeto

di Sidone, n, 190.
i,

Brontino,

53.

Caligola, ii, 206. Callide, i, 130. Caracalla, n, 196.

Eclettici,

ii,

Carmida,

144. Cameade, n, 102, 141, 144,145148, 153, 156, 157, 171. Cebete, i, 169. Celso platonico, ii, 200. Cicerone, n, 93, 101, 114, 125, 137. 152, 155, 157-160, 191. Cinici, i, 171-174. Cirenaici, i, 174-17S.
ir,

Edesio, Egesia,

ii,

i.

Cirillo,

ii,

258.

Ciro,
122.

i,

44.

Cleante, n, 101. 102, 112, 119,

Clemente Aless.,
Clitomaco, n,
Colote,
ii,

n, 213.

144.

126.

Costantino, ii. 257. Costanzo, n, 257. Crassi zio, n, 161. Crates (cinico), i, 174. Cratete (accad.), i, 273.
Cratilo,
i,

181.

Cratippo, ii, 190. Creso, i, 44. Crisanzio, n, 255. Crisi ppo, ii, 102, 103, 105, 112.
113, 114, 115, 117, 118, 119, 122, 150, 161. ii, 102. Critone, i. 166. Cronio. n, 200, 217.

Critolao,

Eschine, i, 169; n, 97. Eubnlide, i, 170. Euclide di Megara, :.


182

169.

Eudemo,

u, 92.

INDICE DBI NOMI


Budosso, Eunapio,
271. n, 249, 255. 125. i, Eusebio (crist.), n. 206, 252. Eusebio (neoplat.), n, 255. Eui ideino, i, 119, 130. (Sverner, i, 178.
i.

301
162. 126. 135

Lucilio,

11,

Lucrezio,

11,

Euripide,

Macabei, 11, 201. Marino, 11, 272.

Massimo Massimo
Megarici',

neopl.. 11, 255. di Tiro, 11, 200.


1,

Mattatia, n, 204.

Fabiano Papirio, n,
Farisei, n, 201. Favorino, n, 173.

161.

169-171.
73.

Meleto, 1, 164. Melisso, 1, 64, 67, 69-70,

Fedone,

r,

169, 171.

Filippo Macedone, n, 6, 97. Filippo Opunzio, i, 271.


Filolao,
256.
i,

Meuedemo Menedemo
Metrocle,
1,

di Eretria, 1. 171. cinico, 1, 174.

53, 55, 58, 59, 101.

Menippo, 1, 174. Menodoto, 11, 173.


174.

Filone Giudeo, n, 206-213,214,

Filone Tessalo, n. 144, 152153, 157.

Filostrato, n, 192.

Metrodoro di Chio, 1, 93. Metrodoro epicureo, n, 126. Moderato, 11, 192, 195. Mos, 11. 203, 211.
VIusonio Rufo,
11,

Flaminio T. Focione, n,

n, 156. 97, 100.


,

166.

Galeno, n, 200.
Gallieno, n, 217.
Gellio,
li,

Neo-pitagorici, 11, 191-195. Neo-platonici, n, 213-273.

Nerone,

11,

162, 166, 167.

117.

N estorio
di

Ges, il, 212. Giamblico, u, 214, 249, 253


259, 270.

(padre di Plutarco Atene), 11, 259. Nicola di Damasco, 11, 190. Nicomaco (padre di Aristotile),
11.

Gionata,

n',

Giuda Mac.

204. n, 204.

5.

Nicomaco Neo-pitagorico,
192.

n.

Giuliano, n. 257-258. Gorbia, i, 119, 120, 124, 127129.130,143,171, 185; n, 32,


221.

Nigidio Figulo,

11,

191.

Numenio.
217.

11,

201, 202-203, 212,

Gregorio
Hippasos,

di Nissa,
i,

ii.

257.

53.

Olimpiodoro Olimpiodoro

Ipparchia, i, 174. Ippazia, n, 258.


Ippia.
i,

Ippone,

1,

Isocrate,

119, i:30, 185. 51. 11, 97.


11,

(sen.), 11,258, 260. (iun.), 11, 273. 260. Omero. 11, Orfismo, 1, 29-33. Origene (Padre aless.),n, 200, 213, 216. Origene (neo-plat.), 11, 216.

Pauezio.

11,

150-152, 157. 168.

Janneo Alessandro,
Jerocle,
11,

204.

Parmenide,

258, 260.

vkosru. n. 272.
Lelio,
11,

1, 60, 61-67. 71, 72, 73, 79, 80, 81, 102, 106, 107, 121, 270; 11, 22, 29. Pericle, 1, 51, 94, 125, 136, 150. Peripatetici, 11, 89-94.

Leueipno,

150. 1, 81-85, 86, 93.


1,

Perittione,

i,

180.

Libanio, 11, 258. Liside (pitagorico),

53.

Petron, 1, 53. Pirrone, 11, 141-143. Pitagora, 1, 51, 73; 11, 180, 191,
194, 195, 231.

Longino,

n, 216.

302
Pitagorici, i, 51-59. Pitocle, ii, 127.

LA FILOSOFIA GRECA
Sestio Quinto, n, 161.

Sesto Empirico,

129; n. 141

Platone,
101, 127. 153, 171,

i,

12, 39, 50, 79, 97,

152. 171, 173-176.

120, 124, 125, 126, 131, 136. 14:3, 149, 163, 166, 167, 16S, 180-273; n, 5, 6,7, 8, 9, 10, 17, 19, 21, 28, 32, 61, 62. 68, 78, 79, 80, 81, 84, 85, 90, 91, 95, 101, 102, 108, 129, 131, 136, 140, 143, MI, 147, 151, 153, 159, 164, 165, 180, 185, 186. 187, 191, 193, 195, 198, 200, 201, 203, >aim, 209, 217, 218, 227, 2:12, 236, 241, 243, 244, 247, 250, 251, 260, 264, 266, 267, 272. Plotino, i, 141 n, 214, 216-249, 251, 252. 255, 259, 264, 266, 267, 238, 271. Plutarco di Atene, n, 259,260. Plutarco di Cheronea. n, 126, 137, 198-200. Poletnoue, i, 273. Poliano, ii, 126. Polistrato, ii, 126. Pollis, i, 182. Polo, i, 130, 185. Porfirio, ii, 216. 217, 218, 249253, 254, 255, 259 Posidonio, ii, 150-152, 157. Potamone, n, 171, 195. Prisco, ii, 255. Prodico, i. 119, 130, 185. Proclo, ii, 214, 249, 253, 255.

102, 130, 158, 179,

Severo imp., n, 196. Severo platonico, ii, Simmia, i, 169.

217.

Simone (Macab.),

n, 204. Simplicio, i, 49; n, 272. Sin< j sio, ii, 258. Siriano, n. 260. 270. Socrate, i. 41, 94, 97, Ili, 120j 121, 128, 130, 131, 133463 169, 170, 171, 172, 173, 174. 175; 179, 180, 181,' 182. 181, 185, 186. 187, 190, 191, 201: n, 7,11,96, 124, 136,227,228 Sofisti, i, 110-132. Solone, i, 180. Sopatro, ii, 255. Sp^usippo, i. 271. Stasea, n, 190. Stilpone, i, 169, 171, 172; u. 164. Stoici, ii, 95-124. Stratone, n, 93-94, 105, 196.
i,

Talete,
50, 51.

42,

44,

46, 47,

43,

Tauro, n, 198. Temistio, n, 197, 258.

Teodoro d'Asine, ii, 255. Teodoro l'Ateo, i, 177,' 178.


Teofrasto.
i, 64, 174; n, 7. 9192, 93, 116.

'

259-273.

Protagora,

i,

111,

117.

120, 124-127, 130, 175, 195, 196. Protarca, i, 130.

119, 185.

Timeo, i, 53. Timone, ii, 141, Tolomeo, i, 178.

142.

Traiano, n, 167. Trasimaco, i, 130,


Valentino, n, 214.

170.

Sadducei, n, 204.
Sallustio (neopl.). n, 255.
13S-14S. Scipione Afr., n, 450, 156. Seneca, n, 101, 102, 124, 137, 161, 162-167, 169, 170. Senocrate, i, 271, 272, 273; n, 144. Senofane, i, 60-61, 73. Senofonte, i, 142, 162, 167, 168. Sestii, ii, 161-162.

Varrone, n, Vespasiano,

160. ii, 166.


130.
i,

Scettici,

ii,

Xeuiade,

Zenone

di Elea, 73, 84, 170.

60, 67-69,

Zenone Zenone

171; n, 101, 102, 112, 124, 134, 162, 211.


i,

Stoico,
di

Tarso, n. 102.

INDICE
VI.
Aristulile:
1.

Vita di Aristotile

p.

5
11

2. 3.
4.
5.

La logica
I

principii del divenire


fsica

21

La

32
41

L'organismo e l'anima

6.
7. 8.

La La La

metafisica
politica

60
71

L'etica

77

9.

poetica

85 89

10. I peripatetici

VII.

Gli stoici:
1.

La
I

crisi del

pensiero greco

95
101

2.
3.

fondatori dello stoicismo

4. 5.
6.

La La

logica degli stoici


fisica stoica
fisica all'etica

......

103 106

Dalla

114
118

L'etica stoica

VIII

Gli epicurei:
1.

Il

fondatore della scuola e

primi

seguaci
2. 3.

.....

125
126

La

fisica

epicurea

L'etica epicurea

132

3067
IX.
Scetticismo ed eclettismo (gli stoici romani
1.
:

Introduzione allo scetticismo

p.

13.8,

2.
3.

Lo scetticismo
L'eclettismo

IH

MS
154
102 1G7

4.
5.

La

filosofia

greca a

Roma

Seneca
Epitteto e Marco Aurelio
Gli ultimi sceltici

6.
7.

170

X.

//

neoplatonismo:

1.

2. 3. 4.
5.
6. 7.

Valore positivo dell'ellenismo. Sincretismo religioso


Il

177

........

185
191

Il 11

neo-pitagorismo platonismo religioso

195

giudaismo ellenizzante
di

203 213 216


219
221

La scuola
Plotino
A)
Il

Alessandria

metodo
pensiero

B)
C)

Il

L'uno

>

231
236

D) La triade intelligibile E) La cosmologia F) Etica e religione 8. Amelio e Porfirio 9. Giamblico e la scuola siriaca. 10. Proclo e la scuola di Atene Nota bibliografica
Indice dei nomi

241

244 249
253

....

...

259
275 299

87 .R83 1921 v.2 SMC Ruggiero, Guido de, La filosofia greca 2a. ampi. -B

ed.

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