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Marcello Ricci

LE VIE DELLA LAICIT DA SOCRATE A DON GALLO

edizione ecc.

INTRODUZIONE Diceva Voltaire che la strada per il paradiso ognuno se la deve scegliere a suo modo, e cos per la laicit, ognuno vi arriva a proprio modo, per la via che ritiene pi opportuna e dalle posizioni pi varie: filosofi, uomini politici, cantautori, preti hanno fatto della propria laicit uno stile di vita, e il valore di fondo della propria esistenza. Esempi che non vanno lasciati cadere e che vanno portati a conoscenza delle nuove generazioni. Nella prima parte metteremo sotto lo stesso tetto, anche se capisco che la cosa a prima vista sia un po' spiazzante, Socrate e Vasco Rossi, Kant e De Andr, Gandhi e Don Gallo, perch a ben vedere i valori laici che li accomunano, al di l delle differenze storiche e di statura intellettuale, sono pi simili di quanto si possa pensare. Nella seconda parte un'attenzione particolare sar dedicata a Don Gallo, di cui esaminer dettagliatamente tutti gli scritti, essendo un esempio particolarmente originale di prete laico. La terza parte di questo lavoro si occuper di seguire la nascita e lo sviluppo del concetto moderno di tolleranza attraverso l'analisi di alcune delle maggiori figure del CinqueSeicento con una puntata anche nel Settecento illuminista. Dunque laicit, tolleranza e naturalmente nonviolenza sono i valori di riferimento di questo lavoro. Potrebbe allora sembrare legittima una domanda: perch laicit, nonviolenza e tolleranza insieme? La risposta a questa sensata domanda implicita nella concezione della laicit, che cercher sinteticamente di mettere a punto. Ci che qualifica pi a fondo la laicit la libert di coscienza, che si radica nella libert di ciascun individuo e va rivendicata non solo per s ma anche per gli altri, da qui la tolleranza nei confronti delle idee diverse dalle proprie e la nonviolenza che la tolleranza reclama come logica conseguenza. Di passaggio desidero ricordare che il termine tolleranza va inteso qui laicamente come accettazione del diritto di ciascuno a proporre la propria verit relativa in mezzo alle altre verit relative, non pi nel senso di chi ha una verit assoluta e per

paternalisticamente tollera chi sbaglia. Dunque il concetto di laicit contiene in s quello di tolleranza e di nonviolenza: non si pu essere laici e allo stesso tempo intolleranti e violenti. Se questa la laicit essa si concretizza come la libert di credere a ci che si vuole e come rifiuto di ogni obbligo a credere a questa o a quella religione (a questa o quella ideologia), perch questo obbligo non permetterebbe la libert di essere atei o agnostici, come accade nello stato confessionale. Ugualmente la libert di coscienza si realizza anche nel rifiuto verso ogni imposizione a non credere in alcuna religione, perch ci non permetterebbe la libert religiosa, come accade nell'ateismo di stato. Un'altra delle caratteristiche della laicit la netta separazione tra sfera pubblica e sfera privata, tra chiesa e stato, come dice Locke, quando afferma che la prima si deve occupare della salvezza delle anime, mentre il secondo dei beni terreni. il rifiuto della religione di stato ma anche di ogni privilegio per una religione rispetto alle altre, lo stato non pu assumere un credo religioso come proprio altrimenti non garantirebbe pi la libert di coscienza di ogni individuo e tenderebbe inevitabilmente a confondere ci che peccato con ci che reato, basta guardare il caso della shari'a, che gli integralisti islamici mettono a fondamento religioso del diritto pubblico. La libert di conoscenza e di ricerca scientifica un altro dei connotati della laicit, a cui strettamente legata la libert di critica verso ogni forma di fondamentalismo e assolutismo sia esso religioso o ideologico. Ne discende il rifiuto di ogni forma di clericalismo cio di uso politico della religione da parte delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche e non, che non si limitano a rivendicare come giusto la libert religiosa, che nessun laico ha mai messo in discussione, ma pretendono il primato medievale della religione sulla societ e sulla politica. Dicevo all'inizio che le vie della laicit sono diverse e si pu gi fare una distinzione tra coloro che vi arrivano tramite la razionalit, cio come prodotto di scelte della ragione in genere fondate sull' agnosticismo o l'ateismo come ad esempio Socrate, Kant, De

Andr, Tenco e Vasco Rossi e tra coloro che vi arrivano tramite la religiosit, cio come prodotto di uno spirito profondamente credente e religioso ancorch antidogmatico e antigerarchico come Gandhi, M.L. King e Capitini. Parte prima SOCRATE E LA LAICIT COME COSCIENZA DELLA PROPRIA IGNORANZA Cominciamo ad analizzare subito il primo dei cosiddetti razionalisti. Abbiamo detto allinizio che laicit significa libert di coscienza per s e per gli altri, dobbiamo allora vedere come si fonda in Socrate la libert perch cos ne risulta fondata automaticamente la laicit. Il concetto di libert si misura sul concetto di verit, in altre parole la libert si pu definire solo in relazione alla verit: se ha il potere chi crede a una verit assoluta non ci sar libert che per uno o per pochi (assolutismo,dittatura) ,se ha il potere chi crede nell'esistenza di una pluralit di verit allora la libert sar per tutti (relativismo,democrazia). Nel primo caso assistiamo alla sistematica negazione della libert, nel secondo alla sua affermazione in quanto patrimonio inalienabile di ogni individuo. Esaminiamo dunque la prima ipotesi. Esiste una verit assolutamente vera, che nessuno pu o deve mettere in discussione e pu essere una verit religiosa (Dio, la Bibbia, il Corano) o una verit ideologico-politica (nazismo, fascismo, stalinismo), in tutti e due i casi le conseguenze sul concetto di libert sono le stesse: essa viene permessa soltanto a chi accetta questa verit, ma negata a chi tale verit rifiuta. Dunque la libert subisce una limitazione e da valore universale viene ridotta a possesso di pochi. Questa posizione filosofica possiamo definirla dogmatismo o meglio clericalismo. Quest'ultimo termine si addice, contrariamente a quanto comunemente si crede, sia alla verit religiosa sia a quella

ideologico-politica, perch in tutti e due i casi siamo di fronte a una verit creduta per fede (dogma) e al suo sfruttamento per motivi di potere. In tutti e due i casi assistiamo alla negazione del concetto laico di libert, che comporta invece l'esistenza di una pluralit di verit, e dunque di verit diverse l'una dall'altra, la cui scelta dipende dalla libert di ogni singolo individuo. Si capisce allora che cosa vuol dire anticlericalismo: il rifiuto di ogni forma di dogmatismo religioso o ideologico, perch entrambi hanno come scopo inevitabile l'imposizione, con la forza o con altri mezzi pi subdoli, di un dogma, che rifiuta ogni forma di dubbio. Nel caso dell'Italia di oggi il termine "clericalismo" assume soprattutto significato religioso e sta ad indicare l'uso politico a fini di potere che il Vaticano e la Chiesa fanno della religione cattolica. Chiariamo ora la seconda ipotesi, chiedendoci quale sia l'origine storica del concetto laico di libert. La risposta viene quasi immediata: la filosofia greca e precisamente Socrate. Se la laicit si misura sul rifiuto della verit assoluta, allora la filosofia socratica si presenta come il pi formidabile e laico strumento che la cultura occidentale alla sue origini ha prodotto contro ogni forma di assolutismo. Il metodo con il quale Socrate conduce la sua ricerca il metodo razionale, perch la ragione il solo strumento critico che l'uomo possiede e con il quale egli passa in rassegna pregiudizi, errori, definizioni sofistiche, luoghi comuni della societ ateniese tradizionale. La sua ricerca filosofica volta a cercare quei valori universali, assoluti (la verit), che possono farci da guida nella nostra esistenza: Che cos la giustizia?, Che cos la santit?, Che cos la bellezza? e questo lo porta a scontrarsi inevitabilmente con le verit confezionate dalla cultura dominante e dal potere. Il primo strumento laico, di cui la ragione socratica si serve il dubbio, presupposto essenziale della libert di ricerca, che contrassegna l'essenza della filosofia.Il secondo il dialogo con l'altro, perch la ricerca della verit si fa insieme. Mentre il dialogo di Ges in realt un monologo che annuncia la verit (in verit, in verit vi dico"), il

dialogo socratico , non presupponendo nessuna verit, scambio reale, ricerca comune. Al termine della quale la constatazione, sempre provvisoria perch la ricerca non ha mai fine (una vita senza ricerca non degna di essere vissuta dice nella Apologia), che non abbiamo trovato quei concetti universali ed assoluti che cercavamo come guida della nostra vita, siamo al nichilismo, cio all'annullamento di tutti i valori assoluti, quel nichilismo che tanto preoccupa e inquieta gli spacciatori di verit di tutti i tempi. Non sappiamo ad esempio che cosa la giustizia assoluta. Dobbiamo prendere atto della nostra ignoranza: so di non sapere. Dunque la laica ricerca razionale della verit ha fallito? Affatto. Proprio mentre la ragione prende atto dell'inesistenza di valori assoluti essa riesce a darci un'indicazione preziosa e decisiva: se non ci sono valori assoluti, allora c' posto per una pluralit di valori tutti relativi (relativismo), che devono necessariamente convivere, non perch sono tutti veri, ma perch nessuno vero in assoluto e sono tutti diversi. Da tutto ci deriva il concetto laico di tolleranza, che non vuol dire sopportazione delle idee altrui giudicate dall'alto della propria verit assoluta, ma convinzione che anche queste idee hanno diritto di cittadinanza nel mondo del relativo perch non esiste un criterio assoluto per giudicarne la verit. Tutte queste indicazioni sono pi che sufficienti a fondare una societ aperta, tollerante e democratica, nella quale soltanto possibile sviluppare la libert laica, ovvero la libert di ciascun individuo in quanto soggetto di diritti ma anche portatore di doveri verso la libert dell'altro, perch libert laica non vuol dire onnipotenza, ma limite, perch, come dice il filosofo Karl Popper, la libert di movimento del mio pugno limitata dalla presenza del naso del mio vicino, o ancora io non voglio non deve tradursi nel tu non devi. Giunti a questo punto occorre esaminare latteggiamento di Socrate nei confronti della religione istituzionale tradizionale e degli dei. Nel dialogo omonimo Eutifrone, il sacerdote indovino, racconta a

Socrate di aver denunciato il proprio padre per aver fatto morire uno schiavo e a testimonianza della santit della sua azione ricorda che anche Zeus aveva incatenato il padre Crono e che anche questultimo mutil il padre Urano. Appena sentite queste affermazioni Socrate esclama: Ah s, proprio questa, o Eutifrone, deve essere la ragione per cui io sono citato in tribunale, che quando uno mi racconta intorno agli dei di tali storie, io non le posso mandare gi; eccolo qui il punto, si vede chiaro, dove diranno che io sono colpevole. Dunque Socrate non crede agli dei tradizionali e per questo stato accusato di empiet e aggiunge che di tali storie non sa assolutamente niente: Che cosa potremmo dire in contrario noi che di tali cose confessiamo apertamente di non sapere niente? Questultima affermazione riveste una grande importanza perch esprime chiaramente lagnosticismo socratico, che trova conferma nelle affermazioni dellApologia quando dice che la morte o come un sonno senza sogni, la fine di tutto, la liberazione da ogni pena, per cui sarebbe un guadagno meraviglioso o invece solo un mutare di luogo e un andare nellAde a dialogare con tutti i grandi del passato e sarebbe altrettanto piacevole. Quale delle due ipotesi sia vera Socrate dice di non saperlo. Dunque possiamo dire che Socrate rifiuta la religione istituzionale, sottoponendola a critica razionale e che, la libert di coscienza si manifesta e si concretizza nella libert di critica e nella pratica filosofica del dialogo come strumento di libera ricerca razionale. Da qui il rifiuto di ogni forma di violenza e la nonviolenza come disobbedienza civile, che lo conduce ad accettare la morte per dimostrare lingiustizia della legge che lo condanna come ateo e corruttore di giovani. Daltronde non si vede in nome di quale verit assoluta lagnostico potrebbe usare violenza, quando la ragione critica gli ha indicato la via del relativismo. Da qui hanno attinto tutti i grandi non violenti della storia occidentale, anche quando, come abbiamo visto, non stata la ragione ma la religiosit a fondare la loro laicit e nonviolenza. Pochi anni dopo l'assassinio di Socrate, il suo allievo Platone lo ammazzava una seconda volta,

sostituendo il suo so di non sapere con il so di sapere tutto, conosco la verit assoluta, la giustizia assoluta, dunque sono in grado di dirvi come fare uno stato perfettamente giusto. Era la negazione di quel concetto laico di libert per affermare il quale Socrate aveva pagato con la vita, era la giustificazione filosofica del totalitarismo politico e della violenza, di quello stato etico, che Platone lascer in eredit alla cultura occidentale e che sar la madre di tutti i totalitarismi del Novecento. Ancora oggi la scelta tra Socrate e Platone, tra la libert e la sua negazione. Sono queste le radici greche della civilt occidentale, a cui attinge, fatte le debite differenze storiche, anche lilluminista Kant. KANT E LA LAICIT COME AUTONOMIA RAZIONALE DELL'INDIVIDUO Anche con Kant ci troviamo di fronte ad una giustificazione razionale della laicit e della nonviolenza, certamente nell'ambito di un pensiero pi complesso di quello di Socrate, ma che del pensiero socratico comunque figlio. Terr presente in questa analisi soprattutto l'opera che ha dedicato esplicitamente alla religione: La religione nei limiti della sola ragione (1793), scritto che incorse, per motivi che saranno chiari nel seguito della trattazione, nella censura dello Stato prussiano. Iniziamo dunque con il chiarire il pensiero di Kant riguardo alla religione. Egli, da perfetto razionalista, si affida alla autorit della ragione, la quale comanda all'uomo dei doveri morali, che lui chiama imperativi categorici, cio dei comandi che devono essere rispettati se l'uomo vuole essere morale cio fare il bene. Quando si sente parlare di doveri e di comandi il pensiero non pu non andare ai comandamenti cristiani, proprio per questo Kant stato sempre molto attento a marcare la differenza tra la religione cristiana e quella che lui chiama la religione naturale o meglio razionale. Viene subito da chiedersi come pu una religione, che basata sulla fede in dogmi irrazionali, essere razionale. Ma la

perplessit subito fugata se si tiene presente che l'aggettivo razionale, messo vicino a religione, ne modifica il significato tradizionale di credenza in un Dio, dando ad essa il significato di credenza nei doveri morali che la ragione ci ordina. Dunque, se la religione per Kant si riduce alla morale razionale, nella quale la ragione umana nella sua autonomia e libert sceglie i suoi principi morali, la differenza con le religioni rivelate abissale, perch esse sono dogmatiche e rituali. Il cristianesimo,ad esempio, pur essendo in teoria una religione rivelata che pu essere ridotta a insegnamenti, che anche la ragione riconosce, come l'amore e la non violenza, degenerato perch diventato clericalume ( in tedesco Pfaffentum) e superstizione. Esso ha rappresentato Dio antropomorficamente, ossia come persona e fa credere che con le pratiche rituali possibile ridurre la volont di Dio a proprio vantaggio: L'illusione di compiere, con atti religiosi riferentisi al culto, qualcosa in vista della giustificazione davanti a Dio, superstizione religiosa. Kant si spinge a chiamare magia le pratiche per procurarsi il favore di Dio. Per lui la religione ha un significato morale, infatti, dal momento che gli uomini difficilmente riescono ad elevarsi al concetto del bene, per persuaderli che loro dovere agire moralmente sono nate le religioni con lo scopo di presentare loro la moralit come un servizio da rendere a Dio, definito nei libri sacri e da comandamenti divini. Invece il bene secondo Kant si deve fare perch ritenuto moralmente buono e non per compiacere la divinit in vista di vantaggi. La vera chiesa non quella gerarchica e di potere ma la comunit etica di tutti gli uomini che si riconoscono nei valori della morale razionale. Per Kant tutte le religioni rivelate hanno lo stesso valore pratico, servono solo per inculcare nelle moltitudini i principi morali: Io non voglio in nessun modo essere compreso come se, ponendo a confronto le sette, volessi disprezzare l'una in confronto con l'altra...tutte meritano uguale rispetto, in quanto le loro forme sono tentativi coi quali i poveri mortali hanno voluto rendersi sensibile il regno di Dio sulla terra, ma, aggiunge Kant, tutte

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meritano uguale biasimo perch intendono sostituire il sentimento morale con pratiche rituali e dogmi, che divengono strumenti di potere gerarchico e spesso regimi clericali: il regime clericale dunque la costituzione di una chiesa ... la costituzione di questa chiesa(gerarchia) ... e rimane immutabilmente dispotica. L, ove statuti relativi alla fede, sono inclusi nel numero delle leggi costituzionali, ivi domina un clero, il quale crede di poter assolutamente fare a meno della ragione... Mi sembra chiaro a questo punto che si debba parlare di vero e proprio anticlericalismo kantiano e che la sua laicit incontrovertibilmente definita dalla libert che la coscienza razionale dell'uomo rivendica nei confronti delle religioni dogmatiche e dalla netta separazione tra le leggi costituzionali dello Stato e la morale religiosa. Se le leggi sono espressione di una morale religiosa il peccato diventa reato e lo stato cessa di essere laico, qui i principi liberali e illuministi di Kant sostanziano la sua visione laica della vita e della societ. Se ancora non fossimo convinti, basta verificare come Kant spiega razionalmente il significato morale di due dei dogmi fondamentali del cristianesimo: il peccato originale e l'incarnazione. Quanto al primo esso serve a spiegare perch c' il male nell'uomo e perch sia cos radicato da non poter liberarsene per raggiungere l'ideale della perfezione morale, ossia l'uomo sempre buono. L'incarnazione poi ci indica questo ideale di bont nella figura di Cristo figlio di Dio che si fatto uomo per mostrare che l'ideale di perfezione morale pu essere raggiunto in terra. Cristo non che un uomo che ha incarnato l'ideale di perfezione della morale kantiana, credere in Cristo credere che l'uomo pu realizzare l'ideale morale, dunque Cristo da Kant esaltato e nello stesso tempo laicizzato. Se questo ci che pensa della religione, quale concezione ha di Dio? Il Dio kantiano non persona egli infatti critica duramente la tendenza umana, fatta propria dal cristianesimo, a rappresentare Dio antropomorficamente, fatto che ha corrotto la religione cristiana,

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facendola diventare gerarchica e legata ai dogmi fissati nei libri sacri. Il cristianesimo ha invertito i valori mettendo in primo piano quelli rivelati al posto dei valori morali esclusivamente umani e razionali: La radice di questa inversione dei valori, di questa illusione religiosa sta nella tendenza umana a rappresentare Dio antropomorficamente, onde l'uomo pu sperare di ottenere le grazie per altra via che non sia quella dell'adempimento del proprio dovere. Dio non altro che la proiezione del bene morale, il sommo bene, che unisce insieme la virt e la felicit, l'ideale morale pi elevato, non un'entit religiosa. La posizione kantiana rispetto al Dio del monoteismo quella di un sano agnosticismo razionalistico : la mia ragione non in grado di conoscere un mondo diverso dal nostro, ma in grado di guidarmi verso la vera religione che la morale del dovere, caratterizzata da quegli imperativi categorici con i quali la nostra ragione ci indica la via del bene. Ma quali sono questi imperativi o comandi? Uno ad esempio basta a capire l'universo morale della razionalit kantiana: agisci in modo da considerare l'umanit, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche come fine e mai come semplice mezzo. Il rispetto per la dignit di ogni uomo e dunque per la sua libert il centro della laicit kantiana, da qui discende la nonviolenza come valore e come metodo di comportamento morale. Il Ges laico di Kant Amici dell'umanit e di ci che c' di pi santo per essa, accettate pure ci che vi sembra pi degno di fede dopo un esame attento e sincero, sia che si tratti di fatti sia che si tratti di principi razionali, ma non contestate alla ragione ci che fa di essa il bene pi alto sulla terra: il privilegio di essere l'ultima pietra di paragone della verit (Sull'orientarsi nel pensiero). E' con questa commovente e decisa dichiarazione di fede nelle possibilit razionali dell'uomo che vorrei partire per capire come si delinea la figura di Ges in un

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pensatore laico, razionalista e agnostico. Occorre per prima analizzare la posizione di Kant nei confronti della religione soprattutto di quella cristiana. Domandiamoci allora che cosa vuol dire essere razionalista o meglio essere un vero razionalista. Sicuramente non lo chi crede che la realt sia tutta razionale (Hegel) n chi pensa che con la ragione si possa spiegare tutto e nella vita non serva altro. No, il vero razionalista proprio chi pensa come Socrate che la nostra ragione approda alla fine della sua ricerca a una chiara certezza cio che l'uomo sa di non sapere. E Kant vero razionalista perch afferma decisamente che la nostra ragione il pi valido strumento di conoscenza ma solo entro i limiti dell'esperienza (mondo fenomenico), quando vuole scavalcare questi limiti perde ogni certezza scientifica e si addentra in un mondo che non conoscibile (mondo noumenico), il mondo misterioso della metafisica. Qui la ragione deve lasciare il posto alla fede, si pu solo credere ognuno a suo modo e non si pu pretendere che tutti credano, anche se Kant convinto che il credere in un mondo altro rispetto al nostro sia un'illusione necessaria della natura umana, non cos la pensano gli atei razionalisti che invece negano decisamente l'esistenza di realt diverse dalla nostra. Dunque il Kant della Critica della ragion pura ammette di non conoscere un altro mondo ma ritiene che possa esistere. Quale posizione comporta questo nei confronti della religione? Kant non si occupa in quest'opera direttamente di religione ma di due elementi su cui la religione si basa: l'esistenza di Dio e l'esistenza di un'anima immortale e per entrambe nega ogni possibilit di prova razionale e scientifica, rimandandole al campo della fede. A questo punto dobbiamo spostarci nel campo affrontato dalla Critica della ragion pratica, cio il campo della morale. Qui matura, come vedremo, la prospettiva con la quale guarda alla religione. Per comprendere il senso della morale kantiana dobbiamo comprendere l'importanza che Kant attribuisce all'uomo come soggetto dotato innanzitutto di ragione. Gi nella Ragion pura Kant affermava di aver operato una

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vera e propria rivoluzione copernicana nel rapporto tra l'uomo e la natura con la quale ribaltava la convinzione della scienza moderna di Galileo secondo la quale la natura ha in s proprie leggi poste da Dio, affermando invece che l'uomo era divenuto il centro della conoscenza, ed era lui con i suoi schemi mentali ( le forme pure a priori) che dava leggi alla natura. Questa rivoluzione centrata sull'uomo, che non aveva pi bisogno di chiamare in causa Dio, viene attuata anche nella morale, per cui l'uomo acquista un'autonomia tale che rifiuta ogni forma di imposizione esterna di leggi morali siano esse provenienti da Dio (comandamenti), dallo Stato, dalla famiglia, dalla societ. La ragione umana diviene l'unico principio a cui deve riferirsi la morale, in altre parole l'uomo non prende ordini dall'esterno ma solo dalla sua ragione che comanda le leggi morali sotto forma di doveri (imperativo categorico). Ma siccome la religione giustifica i doveri come comandi divini, c' da chiedersi allora quale rapporto pone Kant tra morale e religione. Diciamo subito allora che la religione viene subordinata alla morale, cio che la religione nasce da un'esigenza morale. Kant afferma esplicitamente: La religione la conoscenza di tutti i nostri doveri come comandamenti divini, e la spiega cos nell'opera La religione nei limiti della sola ragione: poich gli uomini con difficolt riescono a elevarsi ai concetti morali e a sentirli come puri doveri razionali, per persuaderli che loro dovere agire moralmente bisogna presentare loro i doveri morali dati dalla ragione come comandi di Dio espressi in un libro sacro (La Bibbia). Nasce cos la religione storica o rivelata con i suoi riti e i suoi dogmi, che Kant contrappone alla religione razionale o naturale che sarebbe la morale. Nella prima io sono comandato da Dio, nella seconda io do leggi a me stesso. Chi ritiene necessaria solo la religione naturale o razionale, cio la morale, un razionalista, il quale non nega o afferma l'esistenza di una rivelazione divina ma se ne disinteressa. Conseguenza: la religione rivelata viene completamente svalutata, tutto il suo apparato teologico e dogmatico non ha alcun valore, serve soltanto

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ad inculcare nell'animo delle moltitudini ignoranti i doveri morali prodotti della ragione. Il cristianesimo secondo Kant la sola religione rivelata che possa essere ridotta a pura religione naturale o razionale perch, sfrondata dai dogmi a dai riti, ha nella sua essenza un insegnamento morale: la nonviolenza e l'amore, che anche la ragione riconosce come valori positivi. Il valore delle dottrine cristiane dato cio non dal fatto che sono rivelate da Dio agli uomini ma dal loro valore morale, per cui Kant a differenza di Nietzsche, si disinteressa delle sue origini storiche (autenticit dei Vangeli ecc.). Si chiede per anche lui perch mai questa religione che aveva il vantaggio su quella giudaica di essere nata con il suo fondatore Ges non dogmatica e legalistica, ma morale e pratica, fondata cio sull'esempio di vita, si sia ad un certo punto corrotta e sia diventata clericalume e superstizione. La risposta che d la seguente: La radice di questa inversione di valori, di questa illusione religiosa sta nella tendenza umana a rappresentare Dio antropomorficamente -cio come persona- onde l'uomo pu sperare di ottenere le grazie per altra via che non sia quella dell'adempimento del proprio dovere, cos come sogliono conseguire i favori dei potenti della terra. In altre parole la rappresentazione di Dio come persona ha fatto credere che con le pratiche rituali possibile ridurre la volont di Dio a proprio vantaggio e questa per Kant vera e propria superstizione: L'illusione di compiere, con atti religiosi riferentisi al culto, qualcosa in vista della giustificazione davanti a Dio, superstizione religiosa. Le azioni morali(il dovere) non si fanno per essere graditi a Dio e ottenere vantaggi altrimenti si perde la nostra autonomia morale e si agisce per obbedire. In questa visione razionalista kantiana della morale e della religione, soprattutto cristiana, come si inquadra la figura di Ges? Ges ci stato presentato come figlio di Dio, venuto dal cielo a testimoniare il bene, in realt non altro che un uomo che rappresenta l'ideale di perfezione della morale kantiana. Egli compie perfettamente ogni dovere dell'uomo e insegna agli altri uomini a fare il bene, sopporta

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tutti i dolori fino alla morte per il bene del mondo. Ma, poich si insegna soprattutto con l'esempio, non possiamo rappresentarlo come una realt venuta dal cielo, altrimenti non potrebbe pi essere preso come esempio da imitare, in quanto sarebbe perfetto solo perch divino. Credere in Ges non vuol dire credere alla sua natura divina ma nella possibilit di realizzare in noi l'ideale morale perch quell'uomo buono lo ha realizzato. Il cristianesimo in quanto religione dogmatica ha costruito sulla figura di Ges non solo il dogma della sua incarnazione e della sua divinit ma anche quello della resurrezione, del peccato originale, della remissione dei peccati, dei miracoli,che per mezzo della critica razionale vengono o rifiutati o interpretati alla luce della morale. Per quanto riguarda i miracoli, se Ges solo un uomo non c' necessit di credervi e cade anche il discorso della resurrezione. Dove invece Kant si sofferma a riflettere in modo particolare sul problema del peccato originale, anche qui assistiamo ad una sua interpretazione razionalistica che lo riduce laicamente al problema del male radicale che insito nella natura umana. Ma come lo spiega Kant? Questo male dipende dalla natura umana non dalla eredit di Adamo, l'uomo infatti un essere dotato di libert e quindi di possibilit di fare il male cio azioni contrarie alle leggi morali che ci d la nostra ragione. Il peccato dunque per Kant non disobbedienza alle leggi divine ma semplicemente una colpa morale, che, appartenendo alla sfera della responsabilit personale, non pu essere trasferita ad altre persone come sostiene il dogma del peccato originale. Da tutto ci discende allora che il Paradiso non il luogo della beatitudine ma la tendenza a progredire sempre pi verso l'ideale della perfezione morale e l'Inferno la tendenza a regredire e a ricadere nel male. Al termine della sua filosofia Kant ci lascia in eredit un Ges totalmente uomo ed esempio di perfezione morale per tutti gli uomini: Non intendo cantare la gloria/ n invocare la grazia o il perdono/ di chi penso non fu altri che un uomo/ come Dio passato alla storia/ ma inumano pur sempre l'amore/ di chi rantola senza rancore/ perdonando con

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l'ultima voce/ chi lo uccide tra le braccia di una croce ( Fabrizio De Andr).

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SESSO E AMORE NELL'ETICA LAICA E LIBERTARIA DI FABRIZIO DE ANDR L'amore deve essere libero, senza catene, n firme, n benedizioni(Luis Bunuel) Ad un certo momento amore non fece pi rima con cuore. Erano gli anni '60, quelli che dovevano preparare il '68, che non fu il frutto di un'improvvisa ribellione, ma l'esito finale di una presa di coscienza che si era andata sviluppando negli anni precedenti. Di questo cambiamento graduale della coscienza collettiva le canzoni dei cantautori degli anni '60 furono una spia significativa per le novit e le rotture a livello di linguaggio e di tematiche rispetto alla canzone tradizionale. Una delle svolte pi dirompenti rispetto al costume e alla morale allora corrente fu dato dal modo del tutto diverso di rapportarsi al sesso e all'amore, che le canzoni di alcuni cantautori intercettarono nell'aria che respiravano le nuove generazioni. Fabrizio De Andr tra i primi interpreti di quel disagio esistenziale e politico che i giovani avvertono nei confronti delle ipocrisie e dell'autoritarismo della morale tradizionale borghese, cattolica e repressiva nei confronti dell'amore e del sesso, quest'ultimo vecchia ossessione dell'Italia democristiana. Fabrizio, giovane rampollo della buona borghesia benestante genovese, conosce di questa vizi e virt, debolezze ed ipocrisie e a smantellare queste ultime si pone fin dall'inizio armato di un anarchismo spontaneo e di un gusto per lo scandalo che lo indirizzano quasi istintivamente sul terreno della morale sessuale, dove lo scandalo assicurato e il bersaglio scoperto. Secondo i canoni morali dell'Italia di allora il sesso non rappresentava un valore in s, ma diventava lecito solo se rientrava nel quadro della legittimazione collettiva attraverso la moralit del matrimonio. Chi il sesso lo praticava come valore in s, naturale e spontaneo o chi non lo legittimava con la benedizione di Dio o il timbro dello Stato era un trasgressore e come tale moralmente e

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spesso, si pensi all'adulterio, anche giuridicamente condannato. Ma sotto la cenere del perbenismo borghese covava un disagio, che, prima di essere politico, era esistenziale e che De Andr sa cogliere dal fondo di una sensibilit anarchica, che vede le convenzioni e le ipocrisie come altrettanti attentati alla libert di amare e di praticare il sesso come fatto naturale e spontaneo di realizzazione della persona: beninteso quando si attua senza violenza e per libera scelta anche in assenza di amore ma in presenza di tenerezza e rispetto. Fin dalle prime canzoni netta la messa in discussione e il rifiuto di di due veri e propri puntelli ideologici della morale tradizionale: la concezione istituzionale dei rapporti sessuali, secondo la quale questi devono essere vietati prima e fuori del matrimonio e la concezione dell'amore come sentimento dalla durata eterna, consacrato nel matrimonio: Chi cerca una bocca infedele che sappia di fragola e miele in lei la trover, perch lei gioca all'amore scherzando con gli occhi ed il cuore, lei Barbara, rifiuta il matrimonio, visto che ogni letto di sposa fatto di ortica e mimosa, per vivere l'amore come fatto gioioso e spontaneo nel suo dato fisico, al di fuori delle regole codificate, ma anche come fatto transitorio, come sentimento figlio del tempo, che con esso nasce, muore, rinasce, cosicch per ogni amore che se ne va ... un altro petalo fiorir. Se Barbara, pur essendo la rappresentazione della ragazza che ha scelto di essere se stessa, contesta il sistema della morale tradizionale, diciamo cos, dall'interno, Bocca di Rosa se ne pone decisamente fuori, perch, mettendo l'amore sopra ogni cosa, l'amore in quanto fisicit, sesso, facendone il senso della propria vita, ha operato una scelta trasgressiva: C' chi l'amore lo fa per noia, chi se lo sceglie per professione, Bocca di Rosa n l'uno n l'altro, lei lo faceva per passione. E' quanto basta per farla iscrivere a forza nel registro delle puttane, delle puttane al quadrato per, perch la puttana semplice che lo fa per professione,agli occhi del moralismo tradizionale trova pure una qualche giustificazione nelle vicissitudini della vita,mentre chi lo fa per amore del piacere non pu trovare che condanna

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assoluta da parte di una morale cattolica sessuofobica e antiedonistica, che considera il piacere sessuale come roba diabolica,salvo poi trescare ipocritamente con esso. In Bocca di Rosa l'attacco alla morale borghese e cattolica condotto ancor pi in profondit, perch l'amore come passione si scontra con le regole e le convenienze sociali,che servendosi del concetto borghese di propriet, applicato alle persone,fanno s che il furto d'amore sar punito dall'ordine costituito. Ma lo smacco e l'impotenza del potere di fronte alla libera forza della passione per De Andr scontato: a poco servono i gendarmi con i pennacchi e con le armi che spesso al proprio dovere vengono meno ma non quando sono in alta uniforme, se ad aspettare Bocca di Rosa c'era alla stazione successiva molta pi gente di quando partiva. Alla fine anche il parroco la vuole in processione accanto alla Vergine, ma pi come Maddalena da perdonare che persona da rispettare. In Via del campo la trasgressione diventa totale con la rivendicazione della libert di vendere il proprio corpo per professione. Verso la graziosa gli occhi grandi color di foglia, che tutta notte sta sulla soglia e vende a tutti la stessa rosa, nessun moralismo, ma solo comprensione umana, simpatia e rispetto perch dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior. E' questa una convinzione profonda, che segner tutta la produzione di De Andr e che lo porta ad un'inversione totale dei valori: la vera umanit si trova tra gli emarginati, i reietti della morale comune e non tra le pietre preziose dei falsi valori borghesi. La puttana prima di tutto una persona, una donna di cui perfettamente legittimo innamorarsi: ama e ridi se amor risponde e piangi forte se non ti sente raccomanda De Andr all'uomo che si innamorato di lei, perch amarla e soffrire per lei amare e soffrire per una donna e non per una puttana. La trasgressione totale anche a livello di linguaggio, la presenza palese del termine puttana rompe il linguaggio aulico e spesso banale della vecchia canzone con grande scandalo dei benpensanti e della Rai che interviene con la censura. La posizione di De Andr quale viene fuori da queste prime

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canzoni dunque chiara, l'amore e il sesso sono espressione di libert individuale e trovano un limite non nelle leggi della morale comune ma soltanto nel rispetto della libert dell'altra persona, ne consegue una netta separazione del sesso dalla violenza e una condanna dell'uso del potere a fini sessuali. Questo gi chiaro in Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, dove, non tragga in inganno l'atmosfera naturale e gioiosa, il re dei Franchi approfitta del suo potere per un'avventura sessuale con una donna, che solo dopo si rivela essere una puttana. Ne Il re fa rullare i tamburi ancor pi scoperta l'ironia e la denuncia: il potere del re passa sopra ai sentimenti del suo marchese e di sua moglie, appropriandosi d'autorit di quest'ultima. Nella Leggenda di Natale il potere dei soldi a usare violenza: con un linguaggio indiretto e metaforico proprio della poesia De Andr ci narra di un'adolescente che parla alla luna e gioca con i fiori e del suo incontro con un babbo natale che parlava d'amore e d'oro e d'argento splendevano i doni ma gli occhi eran freddi e non erano buoni. Alla fine dell'incontro alla fanciulla non resta che la voglia di narrare alla luna la storia di un fiore appassito a Natale, la sua innocenza comprata e perduta. Ma dove la concezione dell'amore e del sesso si manifesta nel modo pi completo e poetico ne La canzone di Marinella, forse la pi conosciuta ma la meno compresa di tutta la produzione di De Andr, vissuta spesso come una bella favola e niente pi. Gi fin dall'inizio afferma Questa di Marinella la storia vera, ma subito dopo aggiunge che, scivolata nel fiume, il vento che la vide cos bella dal fiume la port sopra una stella, facendo chiaramente intendere che la verit non quella del racconto realistico, ma quella simbolica e poetica della fiaba. Ed gi una scelta di metodo decisiva: un discorso libertario sull'amore non pu essere fatto che attraverso lo strumento pi libertario quello della fantasia, che Voltaire chiamava la pazza di casa. Marinella sola senza il ricordo di un dolore e senza il sogno di un amore, in quella condizione esistenziale di solitudine e noia che rende spesso la vita vuota e insignificante,

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quando all'improvviso l'amore, sotto le spoglie del re, irrompe nella sua vita e la sconvolge, ma un re senza corona e senza scorta, senza cio i simboli del potere, perch l'amore niente ha a che fare con il potere, essendone invece nella visione anarchica di De Andr l'esatta negazione. E' l'amore come libert totale del sentimento infatti che subito dopo travolge Marinella: tu lo seguisti senza una ragione come un ragazzo segue un aquilone,l'amore che non ha bisogno di ragioni per esserci, che trae la sua forza dall'essere un fatto del tutto gratuito, libero da ogni logica e soprattutto non assoggettabile al giudizio della morale tradizionale, perch, Nietzsche a ricordarcelo, ci che si fa per amore sempre al di l del bene e del male. Ma l'amore in De Andr ha inscritto il sesso nel suo codice genetico e Marinella non fa eccezione, sotto gli occhi complici e protettivi della natura, c'era il sole e avevi gli occhi belli ... c'era la luna e avevi gli occhi stanchi, il bacio casto della fiaba tradizionale si trasforma in un incontro sessualmente cos intenso e da durare dal giorno alla notte. Ecco che il mondo dorato e ipocrita della fiaba asessuata viene travolto dalla naturalezza della passione. La trasgressione violenta ma non avviene attraverso la banale descrizione realistica bens attraverso la trasfigurazione poetica che scatena l'immaginazione sulle ali dell'erotismo: furono baci e furono sorrisi poi furono soltanto i fiordalisi che videro con gli occhi delle stelle fremere al vento e ai baci la tua pelle. Accanto alla forza straordinaria dell'amore De Andr non cessa per di sottolinearne la provvisoriet: Marinella che scivola nel fiume e muore il simbolo della caducit di questo sentimento,che cos come nasce senza ragione, altrettanto senza ragione muore (nel fiume chiss come scivolavi). E' il crollo di un altro tab della morale tradizionale, quello dell'amore eterno, eternamente imprigionato dal matrimonio. La morale laica di De Andr non fatta di assoluti, ma di relativi che nascono e muoiono: e come tutte le pi belle cose vivesti solo un giorno come le rose. E' questo un concetto che torna costantemente in tutta la sua produzione. E' il tema centrale de La canzone dell'amore perduto:

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ricordi sbocciavan le viole con le nostre parole: non ci lasceremo mai e poi mai. Vorrei dirti ora le stesse cose ma come fan presto amore ad appassir le rose. L'amore figlio del tempo e passa con esso. Da questa verit discende un'altra convinzione del tutto fuori linea rispetto alla morale comune,quella secondo cui occorre cogliere l'attimo fuggente perch,come bene chiarisce in Valzer per un amore vola il tempo,lo sai che vola e va,forse non ce ne accorgiamo,ma pi ancora del tempo che non ha et siamo noi che ce ne andiamo. E per questo ti dico: amor, amor, io ti attender ogni sera ma tu vieni non aspettare ancor, vieni adesso finch primavera. Ma raramente siamo siamo capaci di cogliere l'attimo propizio, tab sociali, remore moralistiche spesso ci impediscono di afferrare al volo brandelli d'amore e dunque di vita. E' il tema splendido de Le passanti, che De Andr mutua dall'altro grande cantautore anarchico francese Brassens: Io dedico questa canzone ad ogni donna pensata come amore in un attimo di libert ... a quella quasi da immaginare tanto in fretta l'hai vista passare dal balcone ad un segreto pi in l e ti piace ricordarne il sorriso che non ti ha fatto e che tu le hai deciso in un vuoto di felicit. Alla sensibilit di De Andr non poteva sfuggire un altro aspetto dell'amore, l'accoppiata romantica con la morte. Nella Ballata dell'amore cieco un uomo come prova d'amore richiesta dalla donna, uccide la madre poi si taglia le vene, anche qui nessun giudizio, nessuna condanna, ma solo comprensione umana per una passione talmente cieca da produrre anche la morte. L'amore non rappresenta n l'assolutamente bene, n l'assolutamente male, ma, come tutte le cose umane, esprime la fondamentale contraddittoriet della vita. L'amore dunque pu fare vittime ma fa vittime anche la sua mancanza e la solitudine e Nancy nella omonima canzone una di queste: dormiva con tutti ma cosa fai domani non lo chiese mai a nessuno, s'innamor di tutti noi ... dicevamo che era libera e nessuno era sincero, non l'avremmo corteggiata mai ... E un po' di tempo fa col telefono rotto cerc dal terzo piano la sua serenit. Un'altra vittima dell'ipocrisia di chi,

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giudicandola libera, in apparenza ne accetta lo stile di vita, ma sostanzialmente la condanna moralisticamente alla solitudine. Queste le riflessioni che possibile fare con gli occhi di oggi sui messaggi che partirono da quelle canzoni e sul loro carattere del tutto rivoluzionario, ma inevitabile porsi una domanda: Quanto di essi stato recepito tanto da diventare patrimonio comune delle nuove generazioni?. Sicuramente molto a livello di comportamenti pratici, molto meno a livello di consapevolezza politica della loro importanza, tanto che il pericolo di una morale bigotta e repressiva sempre in agguato. Possiamo per con certezza dire che se oggi siamo un po' pi liberi lo dobbiamo anche a Fabrizio De Andr, che se non ci ha regalato la libert, ci ha per fatto capire che era venuto il momento di prendercela. LUIGI TENCO: UN COLPO DI PISTOLA CONTRO LA STUPIDIT E L'IPOCRISIA Chi non in grado di domandare un minimo di intelligenza a una canzone, non pu certo capire una morte (Salvatore Quasimodo) Se Fabrizio De Andr aveva intercettato nell'aria il disagio dei giovani dei primi anni '60, Luigi Tenco quel disagio esistenziale e politico lo vive in prima persona e lo suggella con un colpo di pistola il 27 Gennaio 1967 durante il festival di San Remo. Aveva dichiarato: Non andr mai a San Remo, ne sarei distrutto, ma ci and. Nelle parole che lascia come testamento, che molti hanno banalizzato e non compreso, addebitando il suicidio alla bocciatura della sua canzone, c'era tutto il senso della sua protesta: Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato cinque anni della mia vita. Faccio questo non perch sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda 'Io tu e le rose' in finale e una commissione che seleziona 'La rivoluzione'. Spero serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi. Le due

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canzoni citate erano un esempio classico di quel tipo di canzone che contribuiva, secondo Tenco, a istupidire le coscienze. Molti si chiesero come si poteva morire per una canzone, ma Tenco non muore per questo, lo ha ben visto il poeta Salvatore Quasimodo, quando, intercettando il significato simbolico-consumistico che aveva assunto il Festival gi nella societ di allora, affermava che Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell'italiano medio. E' tutta una societ che Tenco rifiuta, anticipando il movimento del '68, contro il conformismo, il consumismo, l'ipocrisia della quale scrive le sue canzoni, che spesso gli vengono censurate. Per aver cantato mio buon curato dicevi che la chiesa la casa dei poveri, della povera gente. Per hai rivestito la tua chiesa di tende d'oro e di marmi colorati, come pu adesso un povero che entra sentirsi come a casa sua? Egregio sindaco, m'hanno detto che un giorno tu gridavi alla gente 'vincere o morire'. Ora vorrei sapere come mai vinto non hai eppure non sei morto e al posto tuo morta tanta gente che non voleva n vincere n morire?. Per aver detto queste elementari verit contro l'ipocrisia della Chiesa e contro gli ex fascisti opportunisti viene allontanato per due anni dalla televisione. A leggere i suoi testi oggi verrebbe da chiedersi che ci sia di cos rivoluzionario, ma nel contesto dei primi anni '60 mettevano il dito su alcune piaghe di quella societ. Una di queste era la morale borghese e perbenista: De Andr la prende di petto parlando di puttane, degli ultimi e della loro umanit, Tenco lavora di cesello: Io s che ti avrei insegnato qualcosa dell'amore che per lui peccato, il peccato in amore non esiste, l'amore l'incontro di due libert e non va mai assolutizzato: Se vuoi amare l'amore, tu no, non chiedergli quello che non pu dare. E come in De Andr l'amore non eterno:un giorno di questi ti giurer di amarti sino all'ultimo giorno, ma tu sai benissimo che non si pu sapere cosa sar domani. Anche il rifiuto del matrimonio come istituzione fa parte della protesta di Tenco. Un giorno di questi ti sposer, stai tranquilla, cos tu avrai diritto di avere quelle cose che adesso io ti

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do solo perch ti amo,dice rivolgendosi alla sua ragazza per bene che vede nel matrimonio, come le stato insegnato, l'unico investimento sicuro per i propri sentimenti. La rottura con la morale tradizionale meno dura che in De Andr, ma molto chiara e consapevole. D'altronde Tenco uno che parla chiaro: Io sono uno che non nasconde le sue idee, questo vero ... perch non mi piacciono quelli che vogliono andare d'accordo con tutti e che cambiano ogni volta bandiera per tirare a campare. Sul piano politico Tenco aveva lasciato il Partito comunista ed era un cane sciolto, sintomo anche questo di una crisi generazionale che portava molti giovani a non credere pi ai vecchi partiti della sinistra e che prepara il '68. Tenco ha un occhio particolare per cogliere le contraddizioni di questa societ come in Cara maestra: Un giorno m'insegnavi che a questo mondo siamo tutti uguali. Ma quando entrava in classe il direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi e quando entrava in classe il bidello ci permettevi di restare seduti. Ma la canzone che pi interpreta le istanze libertarie della nuova generazione Ognuno libero che esprime il bisogno, che era ormai nell'aria, di una societ meno soffocante e dove ognuno libero di fare quel che gli va. Invece tra noi ce n' pi di uno che,vestito bene pettinato bene per per bene non e questo qualcuno si messo in testa che la gente con le buone e le cattive deve fare ci che vuole lui, profetica allusione all'oggi. Quanto Tenco riesca ad interpretare i bisogni collettivi di moltissimi giovani di allora lo dimostra la canzone E se ci diranno, dove gi il titolo al plurale sta indicando un fatto collettivo, dove la parola 'no', ossessivamente ripetuta, al fascismo, al razzismo, alla guerra, anticipa il rifiuto generazionale del '68. Quel colpo di pistola fece s che la speranza non fosse pi un'abitudine e che l'ultimo messaggio ai suoi coetanei stesse nelle parole di una delle sue canzoni pi belle: Vedrai, vedrai che un giorno cambier.Come si vede i temi della laicit sono presenti in Tenco, dall'amore libero da vincoli ecclesiastici alla libert di coscienza di ogni individuo, dalla distinzione tra peccato e reato alla

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dura critica alle ricchezze della Chiesa, al rifiuto totale della guerra e della violenza. A proposito della guerra interessante ricordare che Tenco fece inserire nella colonna sonora del film La cuccagna, di cui era protagonista, la canzone di De Andr La ballata dell'eroe, che preannuncia l'antimilitarismo de La guerra di Piero. Ma dove forse la laicit di Tenco pi evidente proprio nel significato libertario e politico del suicidio con cui conclude la sua vita: egli mette in atto un principio fondamentale della bioetica laica, la disponibilit per ogni individuo della propria vita secondo quando definito da Stuart Mill per il quale sul proprio corpo e sulla propria mente l'individuo sovrano. Chi riesce a cogliere meglio questo aspetto proprio il suo amico De Andr nei bellissimi e poetici versi della canzone Preghiera in gennaio a lui dedicata, dove si immagina un Dio, a cui pure De Andr non crede, pi laico di quel clero che dice di rappresentarlo, perch, mentre i preti di un suicida non hanno piet, Dio fa tutt'altra cosa: Signori bempensanti / spero non vi dispiaccia / se in cielo, in mezzo ai Santi / Dio tra le sue braccia / soffocher il singhiozzo / di quelle labbra smorte / che all'odio e all'ignoranza / preferirono la morte...ascolta la sua voce / che ormai canta nel vento / Dio di misericordia / vedrai sarai contento.

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UNA MORALE SPERICOLATA: LETICA LAICA E LIBERTARIA DI VASCO ROSSI Le mie canzoni nascono da sole, vengono fuori gi con le parole . ma le canzoni sono come i fiori nascon da sole, sono come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta perch poi svaniscono e non si ricordano pi. E proprio vero, le parole sono cos incastrate con la musica che tutti i testi di Vasco ne sono condizionati : per le parole non preoccuparti! pi facile di quello che pensi come le bolle di sapone se soffi piano vengono da sole. Per chi abituato a frequentare la poesia di De Andr o i testi di De Gregori o di Guccini o di Vecchioni leggere di seguito tutti i testi di Vasco un po spiazzante, le parole nate con la musica, ne seguono il ritmo, sono spezzate di continuo, i puntini, i punti interrogativi e gli esclamativi si susseguono incessantemente, le ripetizioni sono spesso ossessive. Risulta perci molto complicato ricostruire in un pensiero coerente la sua visione della vita, tuttavia il tentativo andava fatto, perch Vasco con le sue canzoni comunque il portatore di una precisa morale e di valori ben rintracciabili nei testi che propone soprattutto ai giovani. Lungo tutto larco della sua produzione dominano i problemi esistenziali, quelli concreti di chi tutti i giorni deve fare i conti con i propri sentimenti e con quelli degli altri, con le proprie emozioni, con i propri stati danimo, con i propri perch, la propria solitudine, la propria insoddisfazione, i propri sogni. Vasco solo in questultima fase della sua produzione mette a fuoco una convinzione che circolava nascosta dietro tutte le sue canzoni: voglio trovare un senso a questa vita anche se questa vita un senso non ce lha. Ebbene questa affermazione contiene gi tutta una filosofia: la vita non ha un senso gi dato da qualcuno, come invece sostengono le religioni, occorre perci che ciascuno di noi gliene dia uno, dunque la libert di scelta individuale rivendicata come sola capace di guidare la nostra vita. Ma questo non affatto facile, Vasco pi volte cerca di definire la vita e oscilla spesso tra una

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definizione e laltra: la vita un brivido che vola via, tutto un equilibrio sopra la follia, la vita cio un equilibrio sempre precario tra il suo non senso e il senso che ognuno di noi riesce a trovare. Oppure questa vita cos complicata, o guarda che bella sorpresa la vita, quando credevo che fosse finita arrivi tu. La caratteristica fondamentale che la vita che cambia, che cambia, che ti svegli e non mai quella. La canzone Vivere quella nella quale Vasco prova a definire che cos in fondo vivere e d sfogo a tutte le sue inquietudini : vivere un po' come perder tempo vivere sperare di star meglio vivere come stare sempre al vento vivere e non essere mai contento vivere come un comandamento vivere come ridere. Tutte queste definizioni non sono che i tentativi di trovare quel senso che la vita di per s non ha. Il suo potrebbe sembrare un individualismo sfrenato, ma non cos : io questa vita qui non la capisco mi sono perso e tu? vuoi aiutarmi tu?, laltro il solo che pu aiutarci a vivere, da soli difficile, Vasco sembra averlo capito quando dice chiaramente che la vita non facile ma a volte basta un complice e tutto gi pi semplice. Come tutti i veri libertari capisce pi degli altri che la propria libert non un assoluto, a cui aggrapparsi per stare soli come sulla cima di una montagna, ma essa ha un limite nella libert dellaltro, al quale ci accomuna la stessa condizione esistenziale e insieme al quale bisogna scorticare la vita. Liberi, liberi siamo noi il grido dei libertari solitari, ma se si aggiunge, come fa Vasco, per liberi liberi da che cosa???, allora si capisce che la libert un problema: da chi o da che cosa dobbiamo essere liberi? Dal potere che ci opprime, dai pregiudizi che ci insidiano, dal conformismo sociale, dal fanatismo ideologico, da quello religioso e chi pi ne ha pi ne metta? Certamente, ma, a quanto sembra, non dai rapporti di umana solidariet con gli altri: io non so stare solo dichiara sinceramente, mettendo a nudo la sua fragilit, in Stupido Hotel. La lotta di Vasco, come quella di tutti noi, non solo per rivendicare la propria libert, ma anche quella contro la propria solitudine. Linsistenza su

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questo aspetto continua: sono talmente disperato che spero che il cielo tramonti, ...non ho paura di nessuno ma ho paura sempre, non parliamo spesso s ma cos siamo soli e la solitudine esistenziale aumenta quando viene a mancare uno dei pochi strumenti a disposizione per combatterla, la comunicazione: sono le cose che non dici che mi fanno pi male perch se non me le dici vuoi tenertele per te perch quando non le dici non le vuoi condividere. Forse si pu dire, parafrasando Garca Mrquez, che anche per Vasco la vita un patto onesto con la solitudine. Ma nella gamma di sentimenti esistenziali che Vasco esprime trova spesso posto anche la noia: accidenti alla noia che ci prende e che non va pi via..., alla noia che da sempre ci portiamo dentro, ... un giorno che si scivola tra noia e umidit..., che alla fine ogni cosa ti stanca, ma la noia esistenziale che ci porta ad equiparare tutti i valori, niente ha senso, tutto mi sembra inutile farmi la barba o uccidere che differenza c? Chiss se Vasco sa che questo ricorda molto il Sartre de La nausea per il quale essere Napoleone o ubriacarsi in solitudine la stessa cosa. Ma allora la felicit? Dov questa felicit? si chiede, e, a quanto par di capire, una risposta, seppur indiretta, Vasco la d: nel cogliere lattimo fuggente. Domani sar tardi per rimpiangere la realt, meglio viverla, dice rivolto a Gabri, una ragazza di sedici anni. Mi rendo conto che il tempo vola e che la vita una sola laffermazione che sottintesa a tutta la sua concezione della vita e che esprime la sua ansia di vivere, fammi godere ripete ossessivamente in Rewind, perch linverno dietro langolo: la primavera solo un dispetto, un richiamo perfetto, un ottimo abbaglio e poi gi inverno. E lamore e il sesso fanno parte anchessi dellattimo fuggente? E vero che ogni occasione persa se non si afferra al volo e se la prende con Alfredo che gliene ha fatta perdere una favolosa. Ma la cosa pi complessa, per poterlo capire occorre analizzare le tante sfaccettature che lamore e il sesso hanno nelle sue canzoni. In Tu che dormivi piano unavventura, a quanto pare sessuale, classica di

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chi vuol cogliere lattimo, con una donna di cui ignora il nome, diviene talmente coinvolgente che le anime calde si fusero insieme sospese in mezzo alla stanza mentre il soffitto sembrava cadere stringevo in pugno la vita, ma ad un tratto lei usc dal letto e vol via. In Dimentichiamoci questa citt ancora pi esplicito e meno poetico: Bambina amiamoci ti voglio amare da morire voglio farti impazzire dai che prendiamo il volo dai che viviamo un attimo solo. Dove invece il sesso offerto dalla donna trova il suo rifiuto in Non so pi cosa fare, stanchezza, scarsa attrazione? Niente di tutto questo, ma paura di rimanere incastrato: Dio se vorrei lasciarmi andarevorrei toccarla baciarla come mi viene in modo naturale! ma forse meglio lasciare stare, non posso rischiare. Qui il libertario ha paura di mettere in discussione la propria libert, cogliere lattimo fuggente a volte non potenziarla ma metterla in gioco o forse perch lamore, quello vero, comunque fonte di sofferenze come fa capire in Anima fragile, quando, rivolto ad una donna, svela le sue di fragilit: come me cerchi solo avventure perch non vuoi pi piangere. Una preoccupazione che in Vasco appare qua e l quella della sincerit: ma dimmi quando fai lamore fingi? o in uno squarcio poetico Se c qualcosa che non ti va dillo alla luna ... guardami in faccia quando mi parli se sei sincera la voglio in faccia la verit! se sar dura la chiamer sfortuna. Lo mette in crisi anche la donna che non si fa capire, quella che non comunica: dimmi che cosa che cosa ti d quellinaccessibilt? o tra i vari interessi che hai dimmi che posto mi dai!. Invece il dato di fatto che anche in amore tutto cambia, come in De Andr, niente eterno per luomo, non lo spaventa pi di tanto perch cosi vanno le cose, anche se c un modo per farlo durare, un figlio. In Benvenuto lo dice senza reticenze a noi due che eravamo qui annoiati ormai quasi spenti non sarebbe durato a lungo questa storia damore eterno se non arrivavi tu, ma subito dopo, rivolto al figlio, si rende conto della responsabilit: certo che non credevo sai di tirarti in mezzo a un casino chiss cosa successo!?!?. Vasco cos, pieno di

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insicurezze e di contraddizioni, di entusiasmi e di emozioni, specialmente in amore, interpreta le fragilit di tutti noi, gli egoismi di tutti noi, ma ci che lo contraddistingue rimane una sincerit di fondo che costituisce lhumus di tutta la sua produzione , lamore, quando arriva, non sente ragioni: ho guardato dentro unemozione e ci ho visto dentro tanto amore che ho capito perch non si comanda al cuore e va bene cos senza parole . Anche la galleria di ritratti femminili varia, a volte sono bambine di fronte alle quali il libertario, abituato a cogliere lattimo, fa un passo indietro, in Quanti anni hai tira il freno. meglio che non esci stasera, non posso approfittare di te quello che ti do stasera! questa canzone onesta e sincera e basta. E colpito, come naturale per lui, dalle ragazze anticonformiste e libere e quando afferma C chi dice una strega tanto lei se ne frega. Ai giudizi degli altri non fa neanche una piega, sembra voler fare una proiezione al femminile di Vasco. La ragazzina di Alba chiara che chiara come unalba e fresca come laria, che porta con s tutta linnocenza di chi deve ancora scoprire la vita, colta nel momento in cui scopre il sesso da sola. Questo momento che per la morale conformista, sessuofobica e cattolica quello del peccato, per Vasco diventa lesaltazione della libert della scoperta di s, della naturalit e della fondamentale innocenza del sesso: E qualche volta fai pensieri strani con una mano ti sfiori e tu sola dentro la stanza e tutto il mondo fuori!!!. Tra questi ritratti spicca Jenny, che la gente ha etichettato come la pazza, che non vuol pi parlare, non vuol pi giocare, vorrebbe soltanto dormire Jenny non sente pi niente, non sente le voci che il vento le porta, Jenny stanca, Jenny vuole dormire. E un prodotto della emarginazione sociale contro la quale Vasco leva il suo grido: Lasciatela stare voi non potete!!!!!!!!, si sente un vago sapore del De Andr di dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior, la simpatia per i diversi che incarnano il diverso che lui stesso: mi ricordo che si escludeva per primi quelli che facevano paura si escludeva sempre il pi debole. Nelle sue canzoni Vasco incontra

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spesso la politica ma lo fa sempre dal suo punto di vista anarchico, laico, libertario e antimilitarista, le sue simpatie vanno ai radicali, Pannella il mio alter ego politico ha confermato recentemente. Una canzone ferocemente antimilitarista tutta giocata sul filo dellironia Faccio il militare: domani c esercitazione di tiro col cannone spariamo colpi che possono arrivare fino in Giappone!???, ma non ci si pu rilassare, i russi possono arrivare . Accanto allironia spesso si fa strada la protesta: E il tempo crea eroi mentre il sole brucia ancora per i cazzi suoi e avanti ancora tra la nebbia e la follia ed in tasca la DEMOCRAZIA! e alla gente povera rimanga lonest, a vantaggio di chi NON CE LHA! che comunque pu COMPRARSELA. Lo infastidiscono quelli comodi che state bene voi se gli altri vivono per niente perch i furbi siete voi, quelli che per sopravvivere qualunque porcheria lasciate che succeda e dite: NON E COLPA MIA!. A volte fa capolino il movimento degli anni settanta sotto forma di metafora, i bambini dellasilo sono il movimento studentesco, che per finisce presto e i versi i bambini dellasilo non fanno pi casino sono rimasti troppo pochi dopo i fuochi, ricordano molto la canzone Lultimo mohicano di Gianfranco Manfredi, quando lultimo studente si ritrova con un sampietrino in mano e non sa pi a chi tirarlo, perch davanti non c pi la polizia e dietro non c pi il movimento. Ma la realt che Vasco non fatto per limpegno politico diretto perch appartiene a quella generazione di sconvolti che non ha pi santi n eroi. Tantomeno ha Dio, di cui Vasco parla poco, solo in Portatemi Dio affronta il problema a suo modo Metteteci Dio sul banco degli imputati. Metteteci Dio portatemi Dio gli devo parlare, par di capire che vuole chiedere conto ironicamente a un Dio, a cui non crede, di una vita che ho vissuto e che non ho capito. In Ambarabaciccicocc chiaro che non gli piace il Concordato e leducazione dei bambini dalle Orsoline e pensa che nel terzo Millennio tutte le chiese saranno sempre pi daccordo, sempre pi lontane, il suo anticlericalismo non gridato, ma circola sottinteso

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dietro tutto il suo pensiero. Fin qui abbiamo fatto un panorama a trecento sessanta gradi del vascopensiero, ma abbiamo volutamente lasciato fuori lelemento che pi lo contraddistingue tra il pubblico giovanile e che gli si stampato addosso come unetichetta: la trasgressione, che in lui vuol dire salvare la propria libert dal conformismo morale, dalle regole imposte, dalluniformit che la morte in nome della diversit che la vita. La prima delle trasgressioni data dal lasciarsi andare alle sensazioni, alle emozioni, per lui non vale il cogito ergo sum ma il sento ergo sum, sente il mondo sulla pelle senza mediazioni razionali sensazioni sensazioni sensazioni forti non importa se la vita sar breve vogliamo godere! e una splendida giornata quella straviziata. Stravissuta senza tregua!..sempre con il cuore in gola fino a sera. Lideologia del vado al massimo il suo vangelo laico, ma si sa i vangeli non hanno fortuna anche quello di Ges non stato molto ascoltato. Quando, nel 1982 si present al festival di Sanremo (il tempio di quel conformismo nazionale, che Tenco nel 1967 pag con la sua pelle), magro, vestito scuro, occhi azzurri e faccia da bravo ragazzo di buona famiglia, esord un po spaurito un po spavaldo con Vado al massimo! ... voglio vedere come va a finire andando al massimo senza frenare voglio vedere se davvero poi si va a finir male! ... vado in Messico voglio veder se l davvero si pu volare . Arriv ultimo. Chiss che sarebbe successo se avesse presentato Siamo solo noi, scritta lanno prima, che sembrava aver fatto assurgere ad ideale la trasgressione fine a se stessa e che recitava siamo solo noi che andiamo a letto la mattina presto che non abbiamo vita regolare che non abbiamo niente da dire siamo solo noi quelli che non credono pi a niente ... quelli che tra demonio e santit lo stesso basta che ci sia posto generazione di sconvolti che non ha pi santi n eroi. Ma per chi non avesse capito scrisse quello che divenne linno di una generazione: Vita spericolata. Ho affrontato, afferma Vasco, il tema che in quel periodo affliggeva tutti: la paura di una vita piatta,

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tranquilla, priva di emozioni. Erano i primi anni 80, era finito il movimento del 77, ed era cominciato il deserto di ideali, lo yuppismo dei nuovi giovani rampanti in giacca e cravatta, che non frequentavano pi le piazze con i sampietrini ma Piazza Affari. In questa situazione Vasco reagisce scegliendo non la battaglia collettiva, ormai impossibile, ma la protesta individuale :Voglio una vita spericolata voglio una vita maleducata voglio una vita che se ne frega che se ne frega di tutto s! ... ognuno a rincorrere i suoi guai ognuno in fondo perso per i cazzi suoi voglio una vita esagerata voglio una vita come Steve McQueen!! voglio una vita la voglio piena di guai!!!. E tra i guai arrivato anche larresto per possesso di stupefacenti, in nome dellordine e della disciplina occorreva rimettere in riga il drogato, lo sballato, che dava ai giovani il cattivo esempio. Lo Stato, tra gli applausi dei benpensanti, accontenta cos il prete che ammoniva i giovani, pena il peccato mortale, a non partecipare ai concerti di Vasco. Ma per un libertario vero non che un incidente, la lotta continua, anche se la voglia di evadere spesso fa capolino. Ma non solo una fuga come in Vuoi star ferma, quando dichiara stasera bevo perch pi facile o in Valium, quando cerca 100 gocce di valium per dormire del tutto non sentire pi niente cancellare la mente e domani mattina non svegliarsi neanche. Levasione anche la ricerca di un mondo dove essere pi liberi e sinceri: cosa non darei per stare su una nuvola per vivere una favola o anche io voglio vivere come se tutto il mondo fosse FUORI! Come non pensare a quel mondo che auspicava De Sica nel film Miracolo a Milano, dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno? Lessere sinceri fino in fondo non un vezzo moralistico, ma il modo migliore per conoscere se stessi e gli altri. E cos che Vasco trova nella trasgressione o nellevasione quel senso che la vita non ha? O forse il trasgredire o levadere gli serve a coprire quella mancanza di senso? Probabilmente tutte e due: chiss se le centinaia di migliaia di giovani che vanno ai suoi concerti lo hanno capito? Comunque il messaggio pi laico che

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Vasco ci lascia che nella scelta del senso della propria vita non deve mettere bocca nessuno, n Stato, n prete, n partito: Canto per non impazzire, per il piacere di dire tutte le cose che vedo intorno a me! ... E non mi resta che dire questa una nuova canzone che aiuter me a capire e in qualche modo a sfogare tanto la musica dolce ti gira intorno e non muore senti che brividi nel cuore E a noi non resta che ascoltarla. Passivamente? No! Per un libertario la libert o di tutti o non di nessuno, ecco perch Vasco ci dice che in fondo la vita una canzone da cantare tutti con la faccia verso il sole, una canzone dove le parole tutti se le possono inventare.

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GANDHI E IL FONDAMENTO RELIGIOSO DELLA NONVIOLENZA Passiamo ora ad analizzare la prima delle tre grandi figure che hanno fatto della loro religiosit e della nonviolenza il fondamento della loro laicit. Gi da quanto Gandhi afferma a proposito della religione si pu vedere con chiarezza come la sua posizione sia l'espressione di ideali laici: Credo nella fondamentale verit di tutte le religioni del mondo;... Non credo alla gente che parla agli altri della propria fede, soprattutto con lo scopo di convertire. La fede non ammette di essere raccontata. Deve essere vissuta, allora si racconta da s; ... Non conosco peccato pi grande di quello di opprimere gli innocenti in nome di Dio; ... Credo ciecamente nella mia religione. Voglio morire per essa. Ma una mia faccenda personale. Lo Stato non centra. La profondit della laicit gandhiana risalta ancora di pi in tempi come quelli di oggi dove i fanatismi e i poteri religiosi si contendono le anime e i corpi. Laffermare di essere pronti a morire per la propria religione, ma nello stesso tempo credere che questa religione non esaurisce la verit, perch vere lo sono anche le altre, significa aver raggiunto la pi alta forma di laicit possibile, quella che relativizza tutte le religioni monoteistiche e non. Fare della propria fede non uno strumento di propaganda ma un esempio di vita, perch la fede ha solo bisogno di essere testimoniata, significa rifiutare la violenza fisica e morale che le religioni monoteistiche o meno hanno prodotto nella storia. Rifiutare il clericalismo e la religione di Stato, complice o dispensatrice di potere, per ricondurla alla libera scelta personale di ciascuno, vuol dire fare della laicit il proprio credo interiore. Se le cose stanno cos, chiediamoci allora che cosa era la religione per Gandhi, quale funzione aveva nella economia del suo pensiero filosofico, quale concezione aveva di Dio, visto che nei suoi scritti Dio ritorna continuamente come punto

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fondamentale di riferimento e pi volte afferma: La mia attivit politica come tutte le altre mie attivit procede dalla religione; Distruggete la mia fede in Dio e sono morto. Queste affermazioni nella cultura religiosa cristiana sono perfettamente comprensibili, ma Gandhi non cristiano non parla di trascendenza, n di Dio come persona: so che Dio non in cielo n quaggi, ma in ciascuno di noi. Ma allora chi Dio?:vi una forza vivente, immutabile, che tiene tutto assieme, crea, dissolve e ricrea. Questa forza o spirito informatore Dio, realizzare Dio significa vederlo in tutto ci che vive, vale a dire realizzare la nostra unit con il resto del mondo e questa credenza in Dio deve fondarsi sulla fede che trascende la ragione. Lunico modo di trovare Dio vederlo nella sua creazione ed essere una sola cosa con essa: non necessario andare in pellegrinaggio o accendere lampade e bruciare incenso davanti allimmagine della divinitEgli risiede nel nostro cuore. Dunque Dio esiste, ma non persona, non trascendente, non necessita di riti religiosi, n, a quanto sembra, di gerarchie sacerdotali, di potere temporale. Per me Dio verit e amore. E questa la vera grande religiosit laica di Gandhi, dalla quale scaturisce, come logica conseguenza nello sviluppo del suo pensiero, la nonviolenza. Se Dio lunit di tutta la vita che pulsa nelluniverso, ogni vita ci deve essere sacra, ecco dunque la nonviolenza della tradizione jainista come rispetto e amore per ogni forma di vita .Per me infatti la Verit Dio, e non vi altra via per trovare la Verit che la via della nonviolenza, c una sola verit fondamentale che la Verit stessa, altrimenti nota come nonviolenza. Siamo arrivati al dunque: se la verit Dio e la verit la nonviolenza, allora Dio incarna esso stesso la nonviolenza e dunque la fonda, e se Dio si fonda sulla fede, la nonviolenza ha un fondamento religioso. Gandhi ha percorso una strada diversa da quella di Ges, che lamore e la nonviolenza la fonda sulla trascendenza di un Dio Padre, di cui tutti siamo figli, ma questo monoteismo assoluto, scippato dalle mani di Ges, ha finito per separarsi dallamore e dalla nonviolenza per produrre nel corso

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della storia il loro esatto contrario. Gandhi non ha prodotto Chiese, Ges, forse suo malgrado, ne ha prodotte troppe e le chiese, come si visto, non fanno bene alla laicit e alla libert.

ALDO CAPITINI E LA LAICIT COME RELIGIOSIT APERTA

Anche con Aldo Capitini ci muoviamo nellambito di una religiosit profonda che pervade tutto il suo pensiero filosofico e la sua attivit politica. In lui troviamo il rifiuto netto delle religioni tradizionali e soprattutto del cristianesimo quale incarnato dalla Chiesa cattolica. La prima ragione in ordine di tempo che lo spinge ad una critica durissima stata la firma dei Patti Lateranensi del 1929: Se c una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, di aver chiarito per sempre che la religione una cosa diversa dallistituzione romana. Ma il rifiuto non ha solo motivazioni strettamente politiche, per aver la Chiesa appoggiato il fascismo e per essere Capitini un noto antifascista, la motivazione fondamentale di tipo filosofico-morale e soprattutto religioso. Egli rifiuta la religione dogmatica, autoritaria e di potere della Chiesa con tutti i suoi dogmi teologici: la Trinit, la creazione da parte di un Dio personale, Cristo come figlio di Dio, i sacramenti, la Chiesa come comunit di salvezza, la sacralit della Scritture, in nome di una religiosit del tutto diversa che definisce, sulle orme di Bergson, religione aperta. In Italia quando si dice religione si pensa a quella tradizionale e alla istituzione che la propugna e insegna. Se si dice: quel tale religioso, si vuol dire che va in Chiesa il mio libro si trova invece su unaltra linea; estraneo allistituzione e di contro alla tradizione, raccoglie tutto il suo sforzo in una rivelazione che la pi interiore possibile, e scissa da ogni riferimento obbligato a un capo, a un dogma, a un

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fatto storico. Ci che interessa a Capitini un Dio diverso da quello ufficiale, muovere da Dio la via per fondare un assolutismo che deforma la realt, occorre invece partire dalluomo, ma non dalluomo come individuo chiuso, ma dallio aperto allunit con gli altri: La religione aperta nel riconoscere e vivere che la persona intimamente unita a tutti gli altri non li cerco fuori del mio io, perch sono compresenti al mio io: pi aprir il mio io e pi trover tutti, lUno-tutti, cio Dio, e questo Dio amore. L'eco di Gandhi fortissimo, ma anche quello di Ges, che secondo Capitini luomo che pi di tutti ha praticato lapertura allaltro. Purtroppo la Chiesa nel corso della sua storia ha fatto di Ges una icona della divinit potente ed assoluta una monarchizzazione ecclesiastica, sottraendogli la ricchezza della sua umanit e tradendo la sua religione dellamore. Come si vede la verit non un insieme di dogmi, concernenti una particolare concezione di Dio, usata a fini di potere, ma latto damore aperto allaltro, per Capitini gli altri sono Dio,siamo molto lontani dal sartriano linferno sono gli altri. Dobbiamo allora concludere che anche qui ci troviamo in presenza di una laicit profonda, fondata sulla rivendicazione della libert di coscienza e su una religiosit che rifiuta ogni forma di clericalismo e di dogmatismo. Se la religione la apertura allaltro, persuasione e non rettorica, per usare lespressione di Michelstaedter, ne discende, come in Gandhi, la nonviolenza come corollario: Se io dovessi far convergere su un punto tutta la mia esperienza religiosa direi che quel punto la decisione di non uccidere esseri umani, la nonviolenza viene dunque fondata sulla religiosit laica. M.L. KING E LA RELIGIOSIT COME AMORE Con M.L. King ancora una profonda religiosit a fare da supporto teorico e pratico a tutta la sua concezione del mondo, ma occorre subito dire, che pur essendo egli un pastore protestante e pi esattamente appartenente alla Chiesa battista, cio alla pi generale

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Chiesa cristiana, ne contesta alla base il totale e piatto conformismo: In nessun luogo la tragica tendenza al conformismo pi evidente che nella Chiesa, una istituzione che spesso servita a cristallizzare, a conservare e anche a benedire i moduli dellopinione della maggioranza. La sanzione data in passato dalla Chiesa alla schiavit, alla segregazione razziale, alla guerra e allo sfruttamento economico la prova del fatto che la Chiesa ha prestato lorecchio pi allautorit del mondo che a quella di Dio. Ma il peccato pi grave di cui la Chiesa cristiana si macchiata e su cui M.L. King insiste quello di razzismo: Una delle pi vergognose tragedie della storia che proprio listituzione che dovrebbe sottrarre luomo alla mezzanotte della segregazione razziale partecipa nel creare e perpetuare la mezzanotte, e aggiunge: Una religione che professa di interessarsi delle anime degli uomini, ma non si preoccupa delle condizioni economiche che li strangolano n delle condizioni sociali che li paralizzano, della specie che il marxista descrive come oppio per il popolo. Il conformismo di fondo rispetto alla societ razzista americana e la anticristiana divisione Chiesa dei bianchi e Chiesa dei neri nascondono il nodo di fondo che M.L.King non si lascia sfuggire: Mi stato detto che allinterno del protestantesimo americano vi sono pi di duecentocinquanta suddivisioni. E la tragedia non solo che voi abbiate una tale molteplicit di denominazioni, ma che molti gruppi proclamino di possedere la verit assoluta. Ognuno tira dunque la coperta di Dio dalla sua parte e pretende di parlare in suo nome: la verit in tasca e lassoluto nella testa, questo non accettabile perch Dio non n battista n metodista n presbiteriano n episcopaliano: Dio trascende le vostre denominazioni. Dunque ci sono nella visione di M.L. King due elementi di sicura laicit dati dal rifiuto di fare della religione uno strumento di potere, in questo caso dei bianchi sui neri e dal rifiuto del fondamentalismo biblico tipico delle Chiese americane. A proposito di questultimo egli afferma con grande chiarezza: Il liberalismo mi procur una soddisfazione intellettuale che non avevo

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mai trovata nel fondamentalismo, pur criticando alcuni aspetti dellideologia liberale. Ma qual allora la concezione che della religione ha M.L. King? Possiamo dire che la religiosit evangelica dellamore, il messaggio di Ges di amare i propri nemici: lamore lunica forza capace di trasformare un nemico in amico, lamore il potere pi duraturo al mondo, e aggiunge: noi non possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi ingiuste, perch la noncooperazione al male un obbligo morale Metteteci in prigione, noi vi ameremo ancora. Lanciate le bombe sulle nostre case e minacciate i nostri figli e noi vi ameremo ancora Ma siate sicuri che vinceremo con la nostra capacit di soffrire. Un giorno noi conquisteremo la liber, ma non solo per noi stessi: faremo talmente appello al vostro cuore ed alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo voi e la nostra vittoria sar una duplice vittoria. Queste parole non possono non richiamare alla mente quelle di Mandela nella sua autobiografia: E stato in quei lunghi anni di solitudine che la sete di libert per la mia gente diventata sete di libert per tutto il popolo bianco o nero che sia. Sapevo che loppressore era schiavo quanto loppresso, perch chi priva gli altri della libert prigioniero dellodio chiuso dentro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. Loppressore e loppresso sono entrambi derubati della loro umanit la libert non soltanto spezzare le proprie catene, ma anche vivere in modo da rispettare e accrescere la liber degli altri. E lamore nel senso pi ampio del termine che trasforma in M.L. King la religione gerarchica, conformista, fondamentalista e burocratica in religiosit laica e lamore ha il suo fondamento in Dio: Noi amiamo ogni uomo perch Dio lo ama, il Dio unico, creatore, trascendente del monoteismo cristiano: pi che mai prima sono convinto della realt di un Dio personale, che il fondamento dei diritti, insieme, aggiunge laicamente, alla Costituzione: Voi dovete continuare a lavorare appassionatamente e vigorosamente per i vostri diritti, che vi vengono da Dio e dalla Costituzione. Da tutto ci discende la

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nonviolenza come idea e come pratica politica, scoperta in contatto con la vita e linsegnamento di Gandhi, che gli ha permesso di fornire le gambe allo spirito evangelico: Io arrivai a vedere per la prima volta che la dottrina cristiana dellamore, operante attraverso il metodo gandhiano della nonviolenza, una delle armi pi potenti a disposizione di un popolo oppresso nella sua lotta per la libert e fa esplicito riferimento al Vangelo: il mio pensiero, consciamente o inconsciamente, veniva riportato al Discorso della Montagna e al metodo gandhiano della resistenza non violenta: questo principio divenne la luce che guidava il nostro movimento: Cristo forniva lo spirito e i motivi, Gandhi forniva il metodo. :

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Parte seconda LA RELIGIONE LAICA DI DON ANDREA GALLO Scrivevo tempo fa nel libro, che ho pubblicato nell'ambito delle attivit dell'Associazione Civilt laica, Le vie della laicit sono infinite? un pezzo su Don Milani, nel quale mi chiedevo se un prete pu essere laico e concludevo, dopo una breve analisi delle sue idee e dei suoi comportamenti, che non era difficile rilevarvi elementi di forte laicit, tanto che con la Chiesa gerarchica vaticana ebbe qualche problema e si ritrov confinato a Barbiana. Oggi dal momento che un altro prete, Don Andrea Gallo, divenuto molto noto per le sue idee eterodosse e per i suoi conseguenti e coerenti comportamenti e dal momento che lui stesso ama il dialogo e il confronto, dopo aver letto attentamente e con molto interesse e anche divertimento i suoi libri, ho deciso di analizzare gli aspetti fondamentali del suo pensiero dal punto di vista della laicit, perch ci troviamo di fronte non un teologo dissidente ma un prete cattolico che non mette in discussione i dogmi dottrinali fondamentali della Chiesa cattolica e afferma pi volte di amare la sua Chiesa, di starci bene dentro e di non avere alcuna intenzione di lasciarla. Oltretutto non ha mai ricevuto scomuniche o ammonizioni ufficiali. Dunque, pu un prete essere laico? E se lo , a quali contraddizioni, se mai ci sono, va incontro? Occorre allora preliminarmente precisare alcuni caratteri fondamentali della laicit che, a mio avviso, sono la libert di coscienza, di pensiero e di espressione e dunque la autodeterminazione di ogni individuo, la separazione tra Stato e Chiesa, lo Stato aconfessionale, la libert religiosa e l'eguale trattamento per tutte le religioni, la libert di ricerca scientifica, l'autonomia della ragione dalla fede, della filosofia e della scienza dalla teologia, il rifiuto di ogni fondamentalismo e integralismo religioso o politico e del clericalismo, la tolleranza e il rispetto per il pensiero e i comportamenti che non ledono la libert altrui, la non

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violenza, l'antimilitarismo, il rifiuto di ogni forma di razzismo e di dogmatismo, l'interesse per la diversit, l'amore per il dialogo socratico e il rifiuto di imporre agli altri i nostri principi, la distinzione tra peccato e reato, il rispetto per tutte le forme autentiche di religiosit, la distinzione tra religione gerarchica e religiosit. Fissati questi punti, cominciamo a vedere quale definizione d Don Gallo della laicit nei suoi libri, cercando di far parlare lui il pi direttamente possibile e quindi con citazioni precise dalle sue opere. ATTENZIONE! PRETE LAICO Nel suo libro Angelicamente anarchico prende subito una posizione chiara: Chi ci impedisce come cristiani di affermare e praticare i nostri principi? Perch dobbiamo pretendere che gli altri li mettano in pratica solo perch lo facciamo noi? Perch sosteniamo leggi che contrastano con il primato della coscienza personale? (p.62-63) e pi avanti completa e precisa: L'obiettivo prioritario di tutti i cristiani, a mio avviso, deve essere la lucida difesa della laicit (del resto apparteniamo tutti a un'unica famiglia umana), la libert religiosa per tutti, e per me, prete cattolico, impedire che il pernicioso fascino di una religione civile abbia il sopravvento (p.67). Dunque primato della coscienza individuale, quindi autodeterminazione di ogni individuo. I cristiani non devono imporre i propri valori, favorendo l'approvazione di loro leggi, compito di tutti i cristiani invece difendere la laicit, abbandonando la concezione della loro religione come unica religione espressione della societ civile. Qui Don Gallo mette l'accento su un pericolo (il pernicioso fascino) che ancora peggiore di quello a cui si va incontro con la religione di Stato, quello che una religione venga identificata con i valori civili di tutta una societ, che invece, per sua natura, non pu che essere pluralista sia dal punto di vista religioso che politico.

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Don Gallo convinto che nella sua comunit di S. Benedetto al Porto di Genova, dove ha sempre accolto i diversi, i senza diritti, gli ultimi, si sono trovate a convivere ispirazione cristiana e rivendicazione laica, con gli stessi valori di solidariet e l'obiettivo di una societ pi umana (Il fiore pungente, p.68) e che essa pu essere un esempio di come solidariet cristiana e umanesimo laico e conseguentemente, aggiungo io, anche quello ateo, possano convivere quando il dogmatismo clericale viene sostituito dal cristianesimo evangelico. Forse di fronte alle tante diversit con le quali si trovato a confrontarsi nelle sue scelte di vita che ha maturato la convinzione secondo cui...Bisogna uscire dal dogmatismo perch dalle imposizioni facile cadere nel fondamentalismo e nell'integralismo. Quella del cattolicesimo una proposta. Vuol dire: se vuoi (Cos in terra come in cielo, p.28) e pi avanti aggiunge: La laicit ha valori autonomi, non si fonda sul credo religioso, ed l'unica possibilit per rispettare tutte le religioni (p.73). Affermazioni che qualunque laico conseguente firmerebbe subito, come firmerebbe subito anche espressioni quali Rivendico il sacrosanto diritto di dire no ad una qualsiasi autorit religiosa, scientifica, filosofica, artistica (Angelicamente...p.94), che, detta da un prete cattolico, votato alla obbedienza, suona un po' eretica . Anche l'affermazione non si pu lasciare alle chiese, non parlo solo di quella cattolica, il monopolio della morale (Il fiore... p.73) risulta stravolgente rispetto alla pretesa fondamentale della Chiesa cattolica di considerare assoluti e non negoziabili i valori della sua morale religiosa. Ma non basta, sentite che cosa ha da dire alla gerarchia cattolica: dopo aver coerentemente detto che se non laica, che democrazia ? aggiunge: Ai vescovi bisogna bacchettare le mani, ma pesantemente: non devono ingerire. Il messaggio evangelico una proposta e deve rimanere tale. Guai alle ingerenze (Di sana e robusta Costituzione, p.87-88). Tra coloro da cui afferma di aver imparato ad essere laico c' Fernanda Pivano, intellettuale libertaria, amica di Fabrizio De Andr, che ha fatto

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conoscere in Italia la letteratura della beat generation: A me personalmente come prete cattolico, Fernanda ha insegnato la laicit, intesa come spazio etico in cui tutte le religioni possono essere capite e rispettate. Si augurava una fede senza arroganza e senza crociate, la possibilit di riconoscere un etica anche a chi non crede in Dio (Cos in terra..., p.41). da notare anche il fatto che Don Gallo non accenna mai alla distinzione, che contraddistingue la posizione della Chiesa cattolica, tra laicit e laicismo, cio tra una presunta laicit buona e una presunta laicit cattiva, chiaro segno che per lui non esiste il laicismo ma solo la laicit. Dunque ci troviamo di fronte a un prete le cui affermazioni sulla laicit sono tutte perfettamente condivisibili da parte del pensiero laico, come condivisibile la sua perentoria affermazione che L'obiettivo primario, a mio avviso, deve essere la lucida difesa della laicit per tutti. Apparteniamo tutti a un'unica famiglia umana (Il Vangelo di un utopista, p.23). LIBERT DI COSCIENZA Uno dei fondamenti del pensiero laico la libert di coscienza di ogni individuo, conquista faticosa del pensiero liberale e di quello libertario, sempre ostacolata dalla Chiesa, basta ricordare che Gregorio XVI nella Mirari vos (1832) la definiva un dogma diabolico e un deliramento, confermato in ci da Pio IX nella Quanta cura (1864). Da quanto abbiamo gi detto possiamo immaginare la posizione di Don Gallo, ma vediamola dettagliatamente. Ho imparato a tenere nel massimo rispetto l'autodeterminazione di tutte le persone, con la loro libert di coscienza (Cos in..., p.34), Parlo spesso di libert di coscienza perch importante conquistarla, il primo passo verso l'autonomia e una vita responsabilmente vissuta (Il fiore...,p.85).Gi queste due affermazioni basterebbero a farci capire la stranezza di un prete cattolico che rivendica la libert di coscienza anche rispetto alla sua

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stessa Chiesa, in realt Don Gallo rivendica il fatto che dopo il Concilio c' un'apertura, viene riconosciuto il primato della coscienza (Cos in...,p. 54), e che Il primato della coscienza dottrina certa per la Chiesa: dobbiamo cercare una via insieme, con la gente, con la scienza, perch non si pu chiedere convinzione dogmatica a tutti (Cos in...,p.113). Dunque con il Concilio Vaticano II che la libert di coscienza fa, a suo avviso, ingresso ufficiale nella dottrina cattolica. Ci troviamo di fronte a un prete libertario e anarchico, uno cio che, in perfetto accordo con la tradizione anarchica nonviolenta, dichiara: A me piace On the road di Kerouac, il libro della libert. E i giovani amano la libert autentica, mentre noi li massacriamo con il proibizionismo (Cos in...,p.41). E come nella tradizione anarchica pi pura in lui l'individualismo non mai egoismo, ma si coniuga con la comunit, con la solidariet: nessuno libero se non lo anche chi gli sta accanto (Cos...,p.37), che ricorda quanto diceva Bakunin in proposito con l'espressione io sono veramente libero solo quando tutti gli esseri umani, uomini e donne, sono ugualmente liberi, o quanto affermava il grande pedagogista brasiliano libertario Freire: Nessuno si libera da solo, nessuno libera l'altro, ci liberiamo insieme ( Il fiore...,p.64). Per concludere vorrei riportare una sua bella definizione della libert che le riassume tutte: Non ci si sente liberi vivendo una vita solo per s...La libert , nel suo significato pi vero, libert di amare: la vera e la genuina libert si attua nel dono di s, mettersi al servizio degli altri...siamo capaci di essere liberi in questo modo? ( Il fiore..., p.206-7). IL CONCILIO VATICANO II: DALLA VERIT ALLA PERSONA Come gi accennato, Don Gallo entusiasta sostenitore di questo Concilio ancora oggi, quando da parte dell'ala conservatrice della Chiesa si tende a vanificare le novit che ha apportato. Uno dei punti

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centrali della dottrina conciliare da lui identificato con quanto si dice nella Gaudium et spes (1965): L'uomo pu volgersi al bene soltanto nella libert, che , a suo avviso, una chiara presa di posizione a favore della libert di coscienza. Un altro punto che Don Gallo mette in evidenza la rilevanza evangelica assunta come centrale nella Chiesa: Il messaggio evangelico che il Concilio Vaticano II ha riproposto con forza si traduce proprio nella scelta dei poveri, che vuol dire difesa di tutti i figli di Dio (Il fiore..., p.21), e altrove specifica: Il Concilio Vaticano era finalmente la primavera della Chiesa soprattutto se veniva a dire che la Chiesa non per i poveri (una solidariet assistenziale) ma con i poveri. La Chiesa povera ed con tutti coloro che soffrono. una porta aperta: questo il Concilio (Di sana..., p.91). In questa sua esaltazione del Concilio Don Gallo probabilmente tiene presente anche il fatto che la Pacem in terris (1963) opera un notevole cambiamento di prospettiva passando dal punto di vista tradizionale della Chiesa, quello dell'assistenza e della carit verso i pi deboli, al punto di vista dei diritti, non si parla pi solo di doveri da osservare ma anche di diritti da promuovere: Va posto come fondamento il principio che ogni essere umano persona, cio una natura dotata di intelligenza e volont libera e quindi soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perci universali, inviolabili, inalienabili. Anche se vero che lo Stato Vaticano, osservatore all'Onu, non ha mai firmato la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e anche se la Pacem in terris ribadisce la teoria dell'origine divina dei diritti e soprattutto l'origine divina del potere: La convivenza fra gli esseri umani non pu essere ordinata e feconda se in essa non presente un'autorit...tale autorit, come insegna S. Paolo,deriva da Dio. Dunque, ogni potere legittimo se deriva da Dio, questa la teoria dell'origine divina del potere che tipica di tutta la tradizione cattolica. E come la mettiamo allora con la sovranit popolare riconosciuta nella nostra Costituzione, che,

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come vedremo in seguito, Don Gallo venera come una vera e propria preghiera laica? Siamo davanti ad un'altra differenza di fondo tra le idee di Don Gallo e quelle della sua Chiesa. Quando si parla di Concilio impossibile non parlare del papa che lo ha voluto, Giovanni XXIII, e infatti Don Gallo qua e l nei suoi scritti ne tesse le lodi fino a dire a un cardinale, che gli aveva chiesto il motivo per cui tenesse appeso nel suo studio solo il ritratto del papa del Concilio e non dei suoi successori, che lui dopo Giovanni XXIII considera il soglio pontificio vacante: Giovanni XXIII stato il mio papa, nel senso che la rivoluzione da lui introdotta nel cammino della Chiesa cattolica mi ha visto suo entusiasta sostenitore... (Angelicamente...,p.31-32). Apprezza anche il fatto che abbia abolito il bacio della pantofola e che sia rimasto fedele alla sua origine umile e povera. DIO NON HA RELIGIONE Da un prete cattolico, che dunque ha scelto una religione precisa, con suoi dogmi, le sue regole, una sua storia, un libro sacro, i suoi principi indiscutibili, amministrati da una gerarchia millenaria, ci si aspetterebbe ci che in realt dicono tutti o quasi i preti cattolici, cio che quella cattolica la vera religione e che le altre sono sbagliate o per lo meno inadeguate alla salvezza. Invece ci troviamo di fronte ad affermazioni perentorie quali: nessuna religione che pretende di essere unica, pu essere vera (Cos in...,p.69), dunque Don Gallo inserisce nell'assolutismo che caratterizza da sempre la religione cattolica come unica, vera, universale, il germe del relativismo, perch, affermando che nessuna religione pu pretendere di essere l'unica vera, viene ad affermare che anche quella cattolica non lo . Lo stesso discorso si pu fare quando fa un'altra affermazione forte: Le religioni manipolano la spiritualit (Di sana...,p.81) e dunque manipola la spiritualit anche quella cattolica. Ma in che senso lo fanno? Nel senso che inducono a non pensare, a far fuori

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l'intelligenza dalla religione, a imporre un solo punto di vista dogmatico: Me lo diceva sempre anche Norberto Bobbio: Gallo non dire i credenti e i non credenti, d i pensanti e i non pensanti. Noi abbiamo ricevuto il grande dono dell'intelligenza, della creativit e della spiritualit, che non ha niente a che vedere con la fede (Di sana...,p.81). evidente che Don Gallo ci invita a essere credenti pensanti, che vuol dire critici, autonomi, liberi, anche all'interno di una scelta di fede. Ma le bacchettate alla sua religione e anche naturalmente alle altre, non finiscono qui, questa rivendicazione di libert e di autonomia viene richiamata quando afferma: Le religioni non devono dire al fedele come vivere e votare, altrimenti si cade nell'intolleranza religiosa. C' bisogno invece di moderazione religiosa, cio di bacchettare quelli che vogliono imporre come si adora Dio ( Cos in..., p.35). Sembra di sentire Voltaire quando sosteneva nel Trattato sulla tolleranza (1763) che ognuno deve poter andare in Paradiso per la via che pi gli piace. L'accenno al voto ci fa capire che Don Gallo rifiuta qualsiasi uso politico della religione e infatti in molti suoi scritti ritorna sul concetto: La religione non deve mai essere utilizzata per fini politici, che una cosa gravissima e pericolosa (Di sana..., p.131). Rispetto poi alla religione cattolica, a proposito di un problema che tratter in seguito, quello della esposizione del crocifisso, ribadisce il rifiuto dell'uso politico della religione cattolica e dei suoi valori (Cos in...,p.52), su cui insiste ancora in Angelicamente..., p.69-70: Negli ultimi tempi sta emergendo in modo prepotente una politica pronta a riconoscere per il proprio tornaconto elettorale l'utilit sociale della religione e in proposito cita a suo appoggio Giuseppe Dossetti, uno dei padri della nostra Costituzione, quando poco prima di morire scriveva Sono aumentati quanti pensano che la fede non possa sostenersi senza l'appoggio dei poteri...senza insomma proclamare la civilt cristiana, la religione civile, la religione di Stato. L'atteggiamento di Don Gallo nei confronti della altre religioni di totale apertura e questo discende da quanto detto sulla non assolutezza di ogni

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religione: La mia comunit frequentata da musulmani, buddisti, ebrei, laici, fiumi che scendono da monti diversi e confluiscono in un unico oceano di pace (Cos in..., p.69). Anche il concetto di Dio subisce la stessa apertura: Dio non ha religione (Cos in..., p.69). Dio resta persona e padre di tutti, siamo tutti suoi figli, ne discende che siamo tutti uguali e il Padre nostro resta la sua preghiera preferita, ma non pu essere un Dio impositivo, egli il mio Dio se non impone nulla, ma favorisce la libert di coscienza, se rispetta gli altri dei e le altre dee, se non pensa di essere il solo vero, se non convinto di avere la verit in tasca e cerca con gli altri..se povero tra i poveri, se annuncia a tutti il vangelo di liberazione degli oppressi...allora qualunque sia il suo nome...egli sar anche il mio Dio perch, manifestandosi negli ultimi, Amore con l'universo delle donne e degli uomini ( Le preghiere di un utopista, p.6-7-8). C' qui l'eco della posizione di Gandhi: Non condivido la convinzione che sulla terra possa o potr esserci un'unica religione. Perci lotto per trovare un denominatore comune e indurre alla tolleranza reciprocaperch Dio amore e non sta n in cielo n quaggi ma in ciascuno di noi. VIA IL PECCATO ORIGINALE E OSTIA PER TUTTI Per un prete cattolico la somministrazione dei sacramenti la base di tutta la sua funzione e qui Don Gallo non fa eccezione, i sacramenti, da buon prete, li accetta tutti, ma anche qui le differenze con la posizione della Chiesa risultano evidenti, perch il suo modo di intenderli risente della sua laicit. Prendiamo ad esempio IL BATTESIMO, a cosa serve? Innanzitutto attesta che apparteniamo a questa Chiesa. il primo sacramento che riceviamo, l'ingresso principale e chi vi accede deve testimoniare il messaggio di Ges...il battesimo rende figli non sudditi di Dio (Cos in..., p.53). Gi in queste poche righe ci esplicita alcuni concetti: chi ha ricevuto il battesimo appartiene alla Chiesa e fin qui niente di nuovo poi per si

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mette l'accento sul fatto che appartenere alla Chiesa non vuol dire essere marchiati per l'eternit e perdere il possesso di s ma vuol dire impegno a testimoniare il Vangelo e il suo spirito. Il secondo concetto che il battesimo l'accettazione di Dio come padre ma non come padrone, perch farsi cristiano non vuol dire rinunciare alla propria libert. Don Gallo non fa accenno al problema dello sbattezzo, ma siccome pi volte nei suoi scritti insiste sul fatto che abbracciare una religione non pu che essere frutto di una libera scelta, che non pu essere esercitata se viene somministrato, come solitamente avviene, a pochi mesi, ne discende come conseguenza che chi, divenuto adulto, ha maturato una scelta diversa o perch ha abbracciato un'altra religione o perch non ne vuole avere nessuna, deve poter chiedere di non appartenere pi alla Chiesa cattolica. C' poi da dire che Don Gallo anche sull'altra funzione del battesimo, quella di cancellare il peccato originale, molto scettico: Qualcuno almeno ha capito qual 'sto cavolo di peccato originale? Non c', non esiste, secondo me non c'. C' la benedizione...la benedizione originaria, il Padre che crea l'uomo benedice tutti, se sono suoi figli e figlie, altro che il peccato originale. Che una maledizione, non una benedizione. Ti pare che il padre maledica i suoi figli?!?... (Non uccidete..., p.79). Qui mi sembra che siamo alla eresia, ma Ges non si sacrificato sulla croce per liberarci dal peccato originale che ci impediva la salvezza? la funzione salvifica del Figlio che viene negata? Comunque anche qui si vede che Don Gallo tende a superare elementi di dottrina che ostacolano la libert e la responsabilit dell'individuo, perch essere creato libero e responsabile delle sue azioni: non si pu attribuire al neonato il peccato di un suo lontanissimo avo. Ma ancora pi interessante la sua interpretazione del sacramento quando racconta che, durante il battesimo di due fratellini, nella formula ha aggiunto una regola di comportamento a cui dovr attenersi il buon cristiano...Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. E dell'antifascismo. Gi perch un buon cristiano non pu che essere antirazzista,

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democratico, vicino agli ultimi e non ai primi, perch Vangelo e fascismo sono due voci totalmente antitetiche. Alla fine possiamo dire che relativizza un po' anche il battesimo quando si chiede: Quelli che non sono battezzati sono o non sono figli di Dio? Per essere figli di Dio bisogna essere battezzati? (Sono venuto..., p.40). Un altro dei sacramenti che il prete cattolico somministra (si dice cos?) IL MATRIMONIO e anche qui Don Gallo assume una posizione critica rispetto alla dottrina ufficiale: Sul matrimonio insegnavano:Fine principale: procreazione. Secondo fine: rimedio alla concupiscenza. Terzo: l'amore tra coniugi. E io: obiezione. Ma l'amore non viene prima di tutto e poi seguono la maternit responsabile, la scelta degli sposi che si devono amministrare? Io credo fermamente nell'etica della responsabilit (Cos in..., p. 57). In altra parte ancora pi esplicito: Quando studiavo io teologia dicevano il fine principale del matrimonio la procreazione. Ma chi lo ha stabilito? Ma persino papa Pacelli negli anni Sessanta ha scoperto grazie agli scienziati che la donna durante il suo ciclo per almeno venti giorni... infeconda. Allora ha sbagliato il Padre eterno? Queste donne, magari sposate in chiesa, che hanno il marito, cosa dovrebbero fare se non c' la procreazione? Non fanno l'amore se non c' la procreazione? Ma dove siamo, ma vi rendete conto? (Di sana..., p. 72). Oltre a queste sensatissime obiezioni che fanno crollare la dottrina ecclesiastica ufficiale sui rapporti sessuali tra coniugi,(che per pare oggi essersi almeno un po' attenuata), Don Gallo contesta anche la posizione della Chiesa sul divorzio, la quale, come noto, lo condanna, non potendosi annullare un sacramento che l'unione davanti a Dio rende indissolubile. La sua posizione riprende quella di molti preti cattolici che nel 1974 al tempo del referendum votarono a favore del mantenimento del divorzio contro l'indicazione della Chiesa e fin qui potremmo dire niente di nuovo, ma Don Gallo aggiunge anche una forte critica al modo in cui la Sacra Rota, il tribunale ecclesiastico addetto, annulla i matrimoni: Sulla questione

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del divorzio c' molta ipocrisia. Oggi i matrimoni sono proclamati nulli dalla Sacra Rota con pi facilit rispetto al passato, anche quando ci sono i figli di mezzo (Cos in..., p.69). E condanna anche una disparit di trattamento tra chi riuscito, (pagando anche una forte somma di denaro), a farsi annullare il matrimonio dalla Chiesa stessa e chi semplicemente divorziato all'anagrafe civile, il primo pu accedere al sacramento della eucarestia, cio pu prendere la comunione, mentre al secondo viene negata, in tal modo la Chiesa considera i divorziati persone di serie B (Di sana..., p. 89): L'unica cosa che conta veramente che si venga non per fare la comunione, ma per fare comunione, cio per unirsi in comunit. Quindi ostia per tutti (Cos in..., p.69). Anche per quanto riguarda il sacramento della CONFESSIONE Don Gallo riesce, pur rispettandone da prete l'importanza e la funzione, a dire la sua. Infatti non ne contesta il valore come sacramento tuttavia ne contesta le modalit formali e anche in parte contenutistiche: Io durante la confessione rifiuto la grata. Te lo immagini Ges che inventa la grata? Ges dal cuore grande...e l'amore con la grata. Gi quella grata!dico io. Eh, ma allora cosa fa il prete? Perch allora ci si butta addosso se una donna? Ma allora che uomo ? Non che prete, che uomo ! Se si butta addosso vuol dire che non c' nessuna educazione ( Di sana..., p.73). Dopo questa contestazione della grata solo apparentemente formale, ma in realt rispondente alla sua concezione dell'amore cristiano, Don Gallo racconta la confessione di un ragazzo che confessa con grande senso di colpa di essersi masturbato e al quale risponde ma non parlarmi di peccato, di inferno...ma siamo matti? (Di sana..., p. 74). In questo caso Don Gallo mette in discussione, come vedremo in dettaglio pi avanti, la sessuofobia della Chiesa, che la porta a considerare tutto quanto riguarda la sessualit al di fuori del matrimonio come grave peccato, e peggio che mai il vizio solitario. Qui rifiuta quanto la Chiesa ha sempre insegnato ai preti: Ricordo che mentre mi preparavo a diventare prete mi inculcavano:

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Quando confessate dovete chiedere: Ti tocchi? E quando ti tocchi senti piacere? Se risponde s peccato. E io subito contestavo: Obiezione. Scusi mi vuole spiegare se uno prova piacere come fa ad essere peccato? (Cos in..., p. 57). Quest'ultima la domanda che da qualche secolo il pensiero laico rivolge alla Chiesa senza mai ottenere risposta, anzi una risposta, per quello che ricordo personalmente del catechismo, la dava: Se fai certe cose piange Ges. Don Gallo interpreta la confessione a suo modo, in essa il prete non il giudice del bene e del male, non che tramite il prete Dio conosce, in realt Dio non uno scemo! La confessione un dialogo, un incontro non perch Dio non sappia cosa fanno i suoi figli (Di sana...,p. 95). IL PRETE ANARCO-CATTOLICO Chi pi di un prete deve scendere in piazza per difendere quello in cui crede cio la pace e la giustizia? Sono ancora pochi i preti che scendono in piazza, mentre ce ne vorrebbero molti di pi visto che la partecipazione un dovere del nostro ministero (Angelicamente..., p. 52). Gi da queste parole si pu capire come Don Gallo intende la funzione del prete cattolico e si capisce ancora meglio quando aggiunge Chi il prete? uno che annuncia la buona notizia, che annuncia la liberazione. La liberazione di chi?, viene spontaneo chiedersi, la risposta sta in queste due affermazioni: Io sono Don Gallo di San Benedetto al Porto, la mia cattedra la strada (Cos in..., p.135) , Io da cattolico sto dalla parte degli ultimi (Cos in..., p.106), ...la fede non deve per me essere disgiunta da tensione civile e deve essere profondamente radicata nella cultura del proprio tempo e della propria citt. Non si pu vivere la fede come una cosa che non c'entra con la vita (Il fiore..., p.39-40) chiaro dunque che non un prete che si limita a dire messa e a confessare i peccatori, ma intende stare dalla parte degli ultimi non a parole, ma con un impegno costante tra gli ultimi e con gli ultimi senza mai arrendersi:

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Io sono per una sempre nuova Resistenza, mai per la resa (Angelicamente..., p.90). Non lo ha mai scoraggiato la difficolt del problema: Ero consapevole che non sarei mai stato capace di risolvere il problema del Male, ma non per questo mi sentivo dispensato dall'occuparmene (Angelicamente..., p.89), So di non essere onnipotente ma non voglio concedermi la scusa dell'impotenza (Angelicamente..., p.50). Lo guida una forte idea di speranza: Il nostro motto in comunit la scritta che mio fratello partigiano lasciava in giro ovunque osare la speranza. Essendo un prete Don Gallo ci tiene a non escludere dal suo orizzonte la trascendenza, che non considera affatto un ostacolo ad un impegno: Il mio annuncio il cristianesimo sociale, orizzontale come si dice, ma comprende sempre la realt ultraterrena nel senso che il messaggio di Dio che si concretizza poi in tutta la storia dell'alleanza con il suo popolo rivolto verso l'aldil (Il fiore...,p.46-47). Il suo punto di riferimento il pensiero marxistacristiano di Giulio Girardi e il personalismo cristiano di Emmanuel Mounier. Ma proprio l'ammissione per fede dell'esistenza e della trascendenza del Dio persona, uno e trino, come verit prima e incontrovertibile sembra entrare in contraddizione con le sue affermazioni del tipo : ...io sono sempre disposto a cercare la verit . Cerchiamola insieme (Il fiore..., p.24), Credo che ogni vita umana sia una ricerca (Il fiore..., p.57). Mi pare chiaro che qui la verit sia gi bella e pronta data dalla fede e dunque ogni ricerca e ogni dialogo non pu che avvenire all'interno di questa verit e dentro il suo orizzonte, Socrate invece si poneva davanti agli interlocutori per ricercare insieme, non possedendo alcuna verit preliminare che quella della coscienza della proprio ignoranza. Dunque Don Gallo un prete non un filosofo. Per ci racconta: Fui accusato di corruzione dei giovani che era la stessa accusa rivolta a Socrate e poi aggiunge simpaticamente a segnare la differenza, ma io non bevo cicuta, solo barbera (Cos in..., p.26). La cosa perfettamente spiegabile perch Don Gallo un prete sui generis, che a livello della

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vita sociale e civile non rinuncia mai all'uso critico della ragione e a insegnarlo ai giovani, per questo si visto scagliare addosso dai bigotti e dai benpensanti e anche da colleghi preti accuse di questo genere: Prete maledetto o anche comunista. In proposito Don Gallo racconta che durante un'assemblea fece un intervento che era una critica dura alla nostra societ per come trattava gli ultimi e che si concludeva con queste precise parole:...demoliremo innanzitutto gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere ad di sopra delle nostre possibilit. Riscopriremo i valori del bene comune, della tolleranza, della solidariet, della giustizia sociale e della corresponsabilit. Nell'ascoltare quelle parole, ci racconta Don Gallo, si alz in piedi un giovane prete e url: Basta venire qui a fare il marxista. Rispetti l'ambiente cattolico in cui si trova e opera!. Allora risposi: Mi scuso molto, ho dimenticato di citare la fonte: La Chiesa italiana e le prospettive del paese, documento del Consiglio permanente della CEI , Roma 23 ottobre 1981(Cos in..., p.49-50). L'episodio sta a testimoniare quanto il prete Don Gallo tenga a ritrovare nella sua Chiesa, anche se per lo pi solo nelle parole, elementi evangelici.,e quanti pregiudizi ci siano attorno alla sua figura di prete .Un altro elemento che secondo Don Gallo dovrebbe essere costitutivo dell'esser prete la libert di scelta rispetto al celibato: Sono contro il celibato obbligatorio...(Sono venuto..., p.124), un argomento su cui la Chiesa cattolica completamente sorda, ignorando tutti i problemi che l'obbligo della rinuncia alla sessualit provoca a livello personale e all'interno della Chiesa. Si pu concludere con quanto lui stesso afferma: Nessuno pu dire che ho scelto la mia strada per convenienza o per carriera (Cos in..., p.124). questa una affermazione che nessuno, nemmeno i suoi nemici, possono contestare. Tuttavia di nemici Don Gallo dentro il mondo cattolico ne ha pi di uno, ne fa fede, oltre a quello sopra citato, l'episodio del giornale dei vescovi italiani L'Avvenire: ospite in un incontro organizzato da Don Luigi Verdi insieme a Rita Borsellino e Don

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Ciotti, racconta: Lessi il programma riportato su L'Avvenire: venerd Rita Borsellino, sabato il vescovo di Locri e Don Ciotti, domenica la Santa Messa (Cos in..., p.106). L'organizzatrice gli aveva detto ridendo che L'Avvenire non poteva mettere il suo nome. Commenta Don Gallo: A volte rido, altre volte piango (Cos in..., p.106). IL PARTIGIANO DEL VANGELO E DELLA COSTITUZIONE Una volta il cardinal Tettamanzi mi chiese:Hai memoria di qualche professore della tua universit?.Ricordo bene una insegnante eccezionale. Strabuzz gli occhi: Se hai studiato dai Salesiani come poteva essere una donna?. Con tutto il rispetto per i codici e i teologi, Eminenza, chi mi ha trasmesso il messaggio evangelico mia madre, che aveva la terza elementare. Gi da queste parole si pu ben capire che cosa significa il Vangelo per Don Gallo, dire che molto pi dei teologi e dei professori lo spirito evangelico glielo ha trasferito la madre ignorante, un altro dei suoi modi per criticare duramente la gerarchia intellettuale della Chiesa. Rispetto alla importanza del Vangelo per lui, pi di una volta afferma: Le mie bussole sono due: come partigiano e come essere dotato di una coscienza civile la mia prima bussola la Costituzione. Poi come cristiano la mia bussola il Vangelo (Il Vangelo di un utopista, p.7). Come mai mette insieme Vangelo e Costituzione? Come possono stare insieme un libro sacro di una religione e la Legge fondamentale di uno Stato laico? La spiegazione sta nel modo di interpretare il Vangelo e la sua funzione da parte di Don Gallo: Il messaggio di Ges che prima della fede viene l'etica cio il comportamento di ciascuno (Il Vangelo di..., p.11), Ges non voleva fondare una religione (Sono venuto per..., p.26). Il Vangelo dunque non tanto un libro di fede, ma un invito a mettere in pratica alcune norme morali di uguaglianza e di rispetto tra gli esseri umani

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che sono anche il fondamento della Costituzione. Da questo sembra discendere come conseguenza logica che non si tradisce il Vangelo e il suo spirito se i non credenti interpretano la figura di Ges come quella di un uomo e non come figlio di Dio, come ha fatto in pi occasioni anche Fabrizio De Andr: Non intendo cantare la gloria/ n invocare la grazia e il perdono/di chi penso non fu altri che un uomo/come Dio passato alla storia (Si chiamava Ges). Un fatto su cui Don Gallo insiste che il Vangelo non va brandito come una clava: Volendo convertire tutte le persone e i popoli, il cristiano rischia un'evangelizzazione forzata come quella avvenuta durante la conquista dell'America, o ritorna come alla lotta anticomunista (il nemico) alleandosi con l'antico nemico, il liberalismo. Per passare oggi alle guerre di religione, per finire nello scontro di civilt: L'islam ci invade, allarme su tutti i fronti!(Il Vangelo di..., p.30) e invece occorre dire: Una moschea per i fratelli islamici (Cos in..., p.68). Evangelizzare proporre: i cristiani dovrebbero fare la fatica della riproposizione non della imposizione dei valori evangelici. Il Vangelo, infatti, ispira i loro progetti, ma non ne detta la forma di realizzazione. Questa da ricercarsi insieme agli altri cittadini non cristiani. Nessun fondamentalismo, quindi n tanto meno integralismo, che sono sempre figli dell'angoscia di salvezza e di dominio, deve inficiare l'attiva presenza dei cristiani nella societ (Il Vangelo di...,p.32). Il cristiano evangelico deve incrociare questi valori che vengono da lontano (io li chiamo di sinistra), la solidariet, la pace, il rispetto della natura, con una nuova storia del civismo, dei giovani, e soprattutto con la irrinunciabilit del protagonismo delle donne, che non hanno pi paura degli uomini e quindi vogliono la parit (Il Vangelo di...,p.32-33). In questi brani, che ho voluto riportare quasi per intero, c' tutta la interpretazione laica che del Vangelo d Don Gallo, come laica la risposta alla domanda Che cosa ti spaventa di pi? La mia incoerenza al Vangelo (Il fiore...,p. 204). Se cos stanno le cose Don Gallo non poteva non ricordare che alla domanda del papa Innocenzo III a

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Francesco di Assisi, che era andato a chiedere il permesso per fondare un nuovo ordine, Ce le hai le regole? Francesco rispose: S ce le ho, il Vangelo, vale a dire che il Vangelo contiene tute le regole fondamentali per essere veramente cristiano. Quanto alla Costituzione ripete spesso che Ogni mattina in comunit leggiamo la Costituzione (Il fiore...,p. 19), perch i primi dodici articoli per Don Gallo sono preghiere ... Eminenza, io ho una preghiera che per divulgarla so che ci vuole il suo nulla osta...Me lo fa il nulla osta? E lui, intrigante brianzol, Qual questa preghiera? I primi dodici articoli della Costituzione. E ancora: La Costituzione laica non si pu ignorare. Ed antifascista. Per questo la considero un mio Vangelo: una voce, una poesia, la mia colonna sonora che si ispira agli ultimi, non violenta, anticapitalista! (Il Vangelo di...,p.75). DIMMI CHI ESCLUDI E TI DIR CHI SEI Ma tu vai con le puttane, i drogati, i delinquenti e quant'altro..., lo rimprovera il cardinale, eminenza, lei dice che io vado con i tossicomani, i drogati, i trans eccetera, ma mi dica un po' eminenza... Dimmi, dimmi Gallo. Ma eminenza, secondo lei che vescovo e cardinale, in quella situazione Ges come si sarebbe comportato? Eh, ma se la metti su questo piano.... Ma eminenza, su che piano la devo mettere? (Di sana... p.54-55). Da questo breve colloquio si capisce perch gli ultimi sono il centro della vita di questo prete che ha scelto come stella polare il Vangelo e la figura di Ges: Io da cattolico sto dalla parte degli ultimi (Cos in..., p.106). Ma chi sono questi ultimi che tornano continuamente nei suoi scritti? ...tutti quelli che sono in difficolt, che vivono ai margini della nostra societ e non hanno i mezzi o le capacit di far valere i loro diritti inalienabili. Sono tantissimi, anche i bambini sono spesso gli ultimi...(Il fiore...,p.139). Sono i suoi compagni di strada, i suoi fratelli e sorelle, i ragazzi e le persone che da trent'anni accoglie nella sua comunit, i senza diritti: puttane, ex carcerati, tossicodipendenti, malati di Aids, omosessuali, transessuali, immigrati, alcolizzati,

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matti e chi pi ne ha pi ne metta. Sono le persone che gli hanno insegnato la dignit che vuol dire essere servi dei pi poveri, perch non dignit umana vivere nel superfluo e nel proprio egoismo. Chi segue un'ideologia pu essere indotto in errore, chi serve i poveri non sbaglia mai (Il fiore...,p.207), Il mio posto accanto agli ultimi. Da loro e con loro ho molto da imparare (Il fiore..., p.50). La sua la comunit dell'accoglienza perch Accogliere qualcuno vuol dire dargli tutte le possibilit e tutte le opportunit che hanno gli altri, nel rispetto delle leggi (Di sana..., p.69). Questo vale anche per i cosiddetti matti verso i quali Don Gallo confessa di aver avuto qualche pregiudizio: Entrare in contatto con i matti stato per me motivo di festa. Ho di nuovo ucciso il pregiudizio nei confronti del diverso, che non equivale affatto a una persona pericolosa o violenta e da allora con i matti ho un certo feeling (Cos in..., p.100), e ha anche maturato la convinzione che la follia una condizione umana, presente in noi come lo la ragione. Chi pazzo e chi non lo ?...La poetessa Alda Merini l'emblema delle risorse che un pazzo pu offrire se gliene viene data l'occasione. Disse Io sono un dono di Franco Basaglia(Cos in ,p.101). Ma la comunit di San Benedetto al Porto di Genova accoglie anche molti immigrati, bollati da una legge razzista come clandestini: Mia madre mi disse una sera Sai perch questa gente viene qua? Perch ha fame. Per questo Don Gallo chiede che si smetta di chiamare queste persone extracomunitari e si cominci a chiamarli per ci che sono: sorelle e fratelli migranti (Angelicamente..., p.81). A suo avviso, Rendere la clandestinit un reato un crimine contro l'umanit. violazione di una legge universale. Noi siamo prima di tutto esseri umani (Cos in , p.19). Bossi si vada a riascoltare Creuza de ma di Fabrizio De Andr (Di sana..., p. 114), i sentieri del mare, dedicata ai marinai e agli eterni viaggiatori, i migranti di sempre. Secondo Don Gallo le persone si giudicano non tanto, come dice il proverbio, con il dimmi con chi vai e ti dir chi sei, ma con il dimmi chi escludi e ti dir chi sei: Quando il sindaco di Bologna ordin lo sgombero degli

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insediamenti rom gli dissi Caro Cofferati, le tue delibere non fanno una grinza, peccato che vadano contro la definizione di persona(Cos in ,p.97).Tra gli ultimi Don Gallo non dimentica i carcerati. Alla domanda Se fosse in tuo potere risolvere un problema tra i tanti del nostro tempo quale risolveresti?, risponde senza esitazione Il problema del carcere. Tutti quelli che visitano un carcere ne sono sconvolti: E un lager immancabilmente la loro risposta (Il fiore..., p.209). Al perch il carcere ancora oggi disumano risponde: Io credo che il motivo vada ricercato nel fatto che rimane isolato da tutto il territorio. Io sono sicuro che se i genovesi...facessero una volta una visita del carcere di Marassi, la situazione cambierebbe radicalmente, perch reclamerebbero condizioni diverse per i reclusi, si batterebbero contro l'abuso della carcerazione preventiva...(Il fiore..., p.161) e riporta, condividendola, l'affermazione di un giudice: obbligherei tutti i giovani giudici a visitare un carcere. Starebbero molto attenti nell'amministrare la giustizia e cercherebbero di evitare errori. Amaramente costretto a constatare che in carcere ci vanno solo i poveracci. Il processo ai non garantiti finisce sempre con una condanna (Il fiore..., p.161). Fedele com' alla Costituzione, ricorda che nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi e che il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanit e deve assicurare il rispetto della dignit della persona. Don Gallo denuncia il fatto che le prigioni sono pozzi neri dove caliamo chi ha sbagliato, luoghi di punizione che non tengono conto dei percorsi di espiazione e redenzione, spesso sono scuole di criminalit che restituiscono alla societ uomini incattiviti (Cos in..., p. 37-38). Con questa posizione non pu che essere solidale con la battaglia dei radicali italiani, gli unici che hanno fatto del problema delle carceri il centro della loro lotta politica. Don Gallo riesce a mettere in evidenza anche un risvolto positivo nella condizione degli ultimi su

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cui era d'accordo con De Andr: L'emarginazione pu essere uno stato di grazia, perch sottrae al potere, quindi al fango e ti avvicina al punto di Dio. Quelle vite perdute sono anime salve (Cos in..., p.49). Questo non vuol dire che gli ultimi debbano rimanere tali e l'evangelico beati gli ultimi... non lo interpreta certo in senso conservatore, il riscatto non pu essere nell'aldil, da qui il suo impegno politico. Don Gallo, come vedremo pi avanti, ci tiene in modo particolare a differenziarsi dall'etica della sofferenza e del dolore come strumento per guadagnarsi il Paradiso e avvicinarsi a Cristo, molto diffusa nella Chiesa cattolica e incarnata soprattutto da Teresa di Calcutta. L'AMORE TRA UGUALI NON DIVERSO Convocato, come al solito, da un cardinale, professore di morale, per una delle solite reprimende su un tema delicato quale il preservativo, il segretario lo avverte: Ecco sua Eminenza non pu sentire la parola preservativo. Rimasi interdetto, poi rilanciai: Profilattico? Nemmeno Condom? Per carit!Allora con che termine trattiamo l'argomento? Si mantenga sull'anticoncezionale. Entrai nell'ufficio e part subito la correzione fraterna: Gallo, tu devi andare dai giovani coi principi... Non mi trattenni: Eminenza io li conosco i principi. I nostri giovani, lo sa, scopano. Non capiva cosa significasse: Io propongo la morale cattolica, ma la realt un'altra. Perch allora chiudere gli occhi? Quando ci fu il raduno dei papa-boys per il Giubileo del duemila a Roma, furono trovati centinaia di preservativi a terra, eppure era tutta giovent selezionata, di formazione cattolica (Cos in...,p.54). Da questo surreale colloquio si pu misurare la profonda differenza con la posizione ufficiale della Chiesa cattolica, differenza fondata su una semplice constatazione: La verit per me matematica: pi di trenta milioni di malati di Aids nel mondo (Cos in , p.55). La posizione di Don Gallo, come abbiamo gi potuto constatare pi volte, anche qui totalmente laica: Sono assolutamente favorevole all'uso del preservativo nei rapporti sessuali...il profilattico l'unica

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barriera possibile nel rapporto sessuale, cos come lo la siringa monouso per i tossicodipendenti. Come prete invito alla castit e all'astinenza prematrimoniale i miei fedeli. Ma a tutti gli altri?(Angelicamente...,p. 34). Citando la frase dell'Abb Pierre: A due fidanzati che hanno avuto un rapporto prematrimoniale dico che hanno commesso un peccato. Ma se non hanno usato il preservativo dico che hanno commesso un atto criminale(Angelicamente..., p.34-35), arriva perfino ad accusare indirettamente ma conseguentemente la dottrina antipreservativo della Chiesa di essere criminale. C' dietro questa citazione la posizione laica che distingue peccato da reato per la quale una cosa il peccato che tale quando si infrange il comandamento di una data religione da parte di coloro che a questa religione liberamente aderiscono, cosa del tutto diversa invece il reato che il venir meno al rispetto di una legge laica dello Stato valida per tutti i cittadini credenti e non credenti. La contestazione che Don Gallo fa si spinge pi oltre fino a mettere in discussione la sessuofobia della Chiesa: C' mancanza di educazione sessuale nella nostra societ, nelle scuole, nella Chiesa cattolica, dove si semina sessuofobia. Quello che invece abbonda il moralismo...Chi autorizzato a dire dove e come fare sesso?...Per me ci che conta che nei rapporti non ci sia alcuna forma di violenza e siano rispettati l'equilibrio sessuale della persona, la sua autodeterminazione, le fedelt reciproche (Cos in..., p.132-133). Alla preoccupazione del papa perch stanno sorgendo in Europa delle scuole di educazione sessuale, risponde: Ma il Santo Padre dovrebbe essere contento del fatto che finalmente educhiamo questi bambini e ragazzi, con l'obiettivo di una sessualit liberata. La sessualit un dono di Dio e nell'amore, anche nell'amore sessuale, fisico, dobbiamo crescere...(Di sana..., p.7172). Don Gallo contesta anche l'educazione sessuale che danno in seminario: Sono contrario al celibato obbligatorio e all'educazione sessuale che danno in seminario (Sono venuto..., p.124). Ma come mai voi della gerarchia continuate ancora con questo tab sessuale?

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Vi ritrovate una marea di pedofili che non finisce pi e non sapete neanche pi come fare (Di sana..., p.74). chiaro qui il legame che anche la critica laica pone tra la sessuofobia della Chiesa e la pedofilia, legame del quale la Chiesa stessa rifiuta di prendere atto, anche se qualche mente pi illuminata all'interno del mondo cattolico sembra rendersene conto. L'assunto da cui Don Gallo parte nella concezione del sesso e dei rapporti sessuali di netto stampo libertario: L'amore si basa sull'incontro di due libert (Il fiore..., p.166). Da qui discendono una serie di conseguenze logiche legate anche alla cultura dell'accoglienza che secondo Don Gallo deve caratterizzare la morale cristiana anche rispetto alla omosessualit: La nostra cultura dell'accoglienza comporta l'accettazione di ogni esperienza profondamente autentica. Anche dell'omosessualit: un'esperienza ricca e sofferta anche in Comunit dove si scontra con la cultura dominante e spesso comporta ulteriore emarginazione tra emarginati...Io credo che tra la Chiesa e gli omosessuali il dialogo sia possibile, perch il messaggio del Vangelo rivolto a tutti , cos come valgono per tutti i diritti costituzionali. Il principio fondante nei confronti di chiunque un diverso passa per il binomio Legalit-Solidariet. La Chiesa, e in essa molti lo fanno, deve accogliere tutti con la delicatezza e il rispetto che l'amore suggerisce e richiede (Il fiore..., p.166-167). Ho voluto riportare per intero tutto questo brano perch in esso si coglie la differenza tra quello che la Chiesa dovrebbe fare se mettesse in pratica il Vangelo e quello che effettivamente fa che consiste nel considerare l'omosessualit una malattia e una perversione, un vizio che va contro natura e dunque un peccato grave, con la conseguenza di accrescere l'emarginazione. Non inganni il fatto che la Chiesa abbia dichiarato che l'omosessualit pu essere tollerata solo se non praticata, perch questa, lungi dall'essere un'apertura ribadisce la chiusura pi totale e conferma la sessuofobia vaticana che Don Gallo condanna: Wojtyla dice che bisogna accogliere con tenerezza queste minoranze. Ma quando il momento dell'azione, dei gesti affettuosi,

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della fisicit: apriti cielo! Bisogna che scardiniamo questo punto (Di sana..., p.71). Ma pi precisamente come vede la sessualit Don Gallo? La sessualit un dono di Dio (Di sana..., p.72), Maschio, femmina, omosessuale, lesbica o trans sono tutti figli di Dio, e nell'amore anche nell'amore sessuale, fisico, dobbiamo crescere nel rispetto, essere in grado di eliminare qualunque violenza (Di sana..., p.72). E in questo passo ancora pi chiaro nella sua concezione laica e libertaria: La sessualit un enigma. Cosa vuol dire enigma? Come la morte e il male, non si capir mai fino in fondo. Un enigma va rispettato. Come si fa a dire che queste persone non possono amarsi? Chi lo dice? Ges non parla degli omosessuali. E poi quanti disastri e fallimenti ci sono nelle cosiddette coppie eterosessuali! (Di sana..., p.71). Questa posizione confermata e approfondita in altri passi: tutti gli esseri umani nascono sessuati, con una differenza di genere: l'omosessualit un genere dell'energia umana (Di sana..., p.68). Non esiste un tipo unico e riconoscibile di omosessuale e di omosessualit. Esiste solo la persona (Cos in..., p.130). Sulla base di queste idee si capisce per quale motivo Don Gallo partecipa al gay pride di Genova: una questione delicata quella dei diritti degli omosessuali e bisogna affrontarla. Queste anime vanno salvate non dal loro orientamento sessuale, ma dalla solitudine. Io c'ero, ero sul carro colorato insieme a Franco Grillini, Vladimir Luxuria e Ges era in mezzo a noi. L'AMORE TRA UGUALI NON DIVERSO (Cos in..., p.131). Penso allo scandalo che questa affermazione su Ges pu aver provocato tra i benpensanti cattolici che hanno riempito di lettere di protesta il solito cardinale di turno, anche lui fortemente preoccupato di un Ges al gay pride! Purtroppo tra i benpensanti ci sono moltissimi preti cattolici, tra i quali quelli che, racconta Don Gallo, si sono rifiutati di battezzare un ragazzo omosessuale che si era convertito al cattolicesimo proprio perch dichiaratamente omosessuale. E che ha fatto Don Gallo? Beh, lo ha battezzato. E perch? Perch Noi cristiani dovremmo imparare ad accettare il dono dell'eterosessualit, dell'omosessualit, e anche

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quello della transessualit (Angelicamente..., p.62). Un episodio che questo prete cos diverso racconta ci fa capire ancora meglio come in lui le idee non rimangono un fatto astratto ma si traducono coerentemente nei comportamenti. Un giovane ben pulito viene a confessarsi e comincia ad elencare i suoi peccati: in questi ultimi giorni non ho detto le preghiere, in questi ultimi mesi ho perso cinque messe e lui Non ti preoccupare certe messe meglio perderle che trovarle. Il giovane continua dicendo che ha risposto male al padre, poi si blocca, Don Gallo lo sollecita e il giovane Padre mi sono masturbatoe il preteTi sei masturbato? E allora se mentre venivi in Chiesa, attraversando quella strada fossi andato sotto una macchina e fossi morto? Saresti andato all'inferno? S,padre. Don Gallo, un po' incazzato, si affaccia dalla grata e lo fulmina Ti do un calcio nel culo che ti ci mando io!(Di sana..., p.73-74). Questo racconto fulminante l'attacco pi diretto a secoli di dottrina ecclesiastica in materia di confessione e di sessualit. Chi non ricorda delle sue confessioni adolescenziali la fatidica domanda del prete di turno: Quante volte?, che ha contribuito ad ammorbare con il senso del peccato le nostre fragili coscienze? Non ho parlato ancora dell'atteggiamento di Don Gallo verso le prostitute, che sono parte ineliminabile del panorama della Genova portuale e della sua comunit. Anche verso di loro vale il discorso fin qui fatto dell'accoglienza tanto pi che qui c' anche l' aggancio evangelico della Maddalena, e poche sono le Bocca di rosa che lo fanno per passione, in genere la prostituzione classica della citt portuale negli ultimi tempi stata sostituita dalle prostitute straniere costrette per lo pi a prostituirsi in situazioni di degrado e di sfruttamento. Ed quest'ultimo che Don Gallo condanna non certo il loro essere pubbliche peccatrici, la condanna moralistica non fa parte del suo essere laico e laica la sua proposta: la loro situazione terribile, ma esiste da sempre e sempre esister. Quello che la nostra societ pu fare creare un sistema che le protegga dallo sfruttamento di individui senza scrupoli. La mia proposta nota:

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riconoscere lo status di lavoratore autonomo a tutte le Bocche di rosa, aiutarle a creare delle cooperative e concentrarle in un unico quartiere a luci rosse, dove possano proteggersi le spalle vicendevolmente (Angelicamente..., p.110-11). LA VITA NON UNA CONDANNA Don Gallo non si tira certo indietro sulle questioni pi scottanti di bioetica, che sono sul tappeto della societ e della politica italiana. Gi durante il referendum sulla fecondazione assistita aveva preso una posizione netta contro la campagna astensionistica della Chiesa e della Cei del cardinal Ruini: L'invito all'astenzione in occasione del referendum sulla fecondazione assistita proprio non mi andava gi. Non riuscivo ad accettare che la mia Chiesa ordinasse di rinunciare al diritto di esprimere le proprie idee. Il voto il genus della democrazia. Ritengo fondamentale rispettare la divisione dei ruoli fra la Chiesa e lo Stato con le sue leggi. Basta citare l'articolo 98 del Testo Unico della legge elettorale, completata con la legge numero 352 del 1970, sui referendum: A ministri, a prelati vietata la propaganda astensionista (Cos in..., p.33). Tuttavia Don Gallo non disse mai come si doveva votare perch il s o il no spettava ai singoli (Cos in..., p.33), secondo la sua laica convinzione della libert di coscienza. Ma dove la laicit diventa ancora pi esplicita nell'affermazione: Tutte le volte che la mia Chiesa contro Ges e cerca di interferire continuamente, come nella bioetica, bisogna dire di no! (Il Vangelo di..., p.75). E infatti la sua posizione sul testamento biologico totalmente opposta rispetto a quella della Chiesa fino ad accusarla di voler sostenere una truffa anticostituzionale perch vuole una legge sul testamento biologico che nega i principi di libert e dignit della persona stabiliti dalla nostra Costituzione. Siamo di fronte a una feroce truffa (Cos in..., p.110). E ancora una volta, come spesso fa nei suoi scritti, fonda la sua posizione laica sul Concilio Vaticano II, : Il concilio Vaticano II ha affermato che l'uomo pu volgersi al bene soltanto nella

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libert (Gaudium et spes,17), eppure ancora oggi questa libert viene negata proprio dalla Chiesa con l'accusa di relativismo, e aggiunge in un empito di speranza, non so quanto fondata, io mi chiedo quanto tempo sia necessario prima che la Chiesa riveda le sue posizioni cos come ha fatto nei secoli quando si resa conto che per troppo tempo aveva negato altre libert: la libert di stampa, la libert religiosa e le altre libert civili e morali (Di sana..., p.88). L'insistenza di Don Gallo sulla libert di scelta della persona: Che cosa c'entra con il messaggio biblico, evangelico l'imposizione a tutti, con legge dello Stato, di una scelta che invece una questione puramente individuale? (Cos in..., p.112). Qui tornano in campo i due pilastri del pensiero e dell'azione di Don Gallo: la Costituzione e il Vangelo nella figura di Ges: Una legge che nega i principi di dignit e di libert della persona anticostituzionale... Ges non ha mai detto che bisogna imporre le proprie scelte. La morte una cosa personale, che riguarda il rapporto tra me e il Padre, e la vita non deve essere una condanna, una prigione (Di sana..., p.88-89).Su queste posizioni Don Gallo insieme ad altri quaranta sacerdoti nell'estate del 2009 firma un appello, promosso dalla laicissima rivista Micromega, dopo la morte di Eluana Englaro, a favore del testamento biologico: noi firmatari non desideriamo che una legge dello Stato sia fatta su misura per i cittadini cattolici. La morte un appuntamento naturale. la decisione di porre fine a una parvenza di esistenza di pertinenza esclusiva della persona interessata, che ha il diritto di esprimersi in un testamento...l'intervento legislativo mortifica la libert di coscienza (Cos in..., p.114). Temono che il testamento biologico diventi un'autorizzazione a staccare le spine: no! rispettare e difendere, cio tutelare, la volont del paziente (Di sana..., p.91). E sull'eutanasia qual la posizione di questo prete cattolico? Se valido il primato della libert di scelta, che lui sostiene appassionatamente, non pu che essere favorevole, questo dichiara nell'intervista doppia alle Jene, e questo conferma,

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quando racconta della propria madre, che, ormai molto vecchia, decide di lasciarsi morire, rifiutando di nutrirsi, e titola il paragrafo: Mia mamma morta di eutanasia (Cos in..., p.112). E a proposito della scienza e delle biotecnologie? La sua posizione molto chiara: Non sono contro la scienza, mai, purch la scienza non sia contro l'uomo, e precisa che non pu essere la tecnologia a stabilire ci che si pu o non si pu fare...La scienza deve subordinare la propria ricerca al valore della persona, altrimenti non scienza (Il fiore..., p.163-164). E ancora pi esplicitamente: la scienza non pu essere fermata, anche se non tutto ci che essa pu fare lecito, per questo va sorretta e seguita perch si rispetti sempre la dignit della persona umana, come fine e mai come un mezzo (Il fiore..., p.177). Si ribadisce qui la considerazione della persona umana come fine e mai come mezzo tipicamente cristiana, ma anche tipicamente laica, teorizzata nell'etica del laico Kant. Il confrontiamoci con la scienza (Cos in..., p.5), che Don Gallo insiste a proporre pi volte alla sua Chiesa, gi sulla via di una laicit sicura, anche se non arriva a dire, come il Dalai Lama: Supponiamo che una teoria sia definitivamente dimostrata attraverso l'investigazione scientifica...e supponiamo, inoltre che quel fatto sia incompatibile con la teoria buddista: Non c' dubbio che dobbiamo accettare il risultato della ricerca scientifica. Fa parte delle tematiche bioetiche anche quella del dolore e della sofferenza. Alla domanda: La sofferenza e il dolore sono valori? Don Gallo risponde: tutti hanno il diritto a non soffrire...guai a chi provoca la sofferenza (Il fiore..., p.100). Quella di Cristo in croce non pu essere per lui, prete, un motivo per fare della sofferenza strumento di salvezza: Se c' una cosa che non potrei perdonarmi di non concedere il diritto al piacere e il diritto alla non sofferenza a tutti quelli che incontro (Cos in..., p.134). Qui Don Gallo passa dal dovere religioso della sofferenza redentrice al diritto laico al piacere e alla non sofferenza e ci mette in guardia dal non cadere nella trappola di chi crede che esista un Regno di Dio per i poveri nell'altra vita, per cui sulla terra devono soffrire per meritarlo,

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essendo invece profondamente convinto che Il destino di sofferenza per gli ultimi lo hanno creato gli uomini non Dio (Il fiore..., p.208). Da qui l'invito a chi soffre: Chi soffre deve reagire, non arrendersi, denunciare il sopruso, la violenza, difendersi. Soprattutto deve farlo chi assiste al dolore altrui (Il fiore..., p.99). E da qui anche la sua posizione politica a favore degli ultimi. A voler essere attenti il diritto al piacere rivaluta un po' la filosofia di Epicuro, per il quale, da materialista e laico, il piacere come scelta oculata e razionale,fondata sul rispetto di se stessi e degli altri, era ci che qualificava l'etica umana e per il quale uno dei piaceri pi alti era l'amicizia disinteressata. Ma l'etica epicurea dovuta soggiacere agli attacchi concentrici della religione cristiana antiedonistica, sintetizzati dalla condanna che fa Dante degli epicurei come coloro che l'anima col corpo morta fanno, piazzati all'Inferno come peccatori tra gli eretici. Anche quello dell'aborto un problema che Don Gallo, pur non essendone un fan, come del resto non lo sono nemmeno coloro che sono favorevoli, distingue la sua posizione da quella della Chiesa, avvicinandosi a quella dei laici: Rimasi sgomento quando lessi la lettera di Giovanni Paolo II all'arcivescovo di Sarajevo in cui invitava le migliaia di donne bosniache violentate a non abortire...Io friggevo di rabbia. Non si poteva essere cos impietosi...pensavo che l'unico modo per essere davvero vicino alle donne stuprate fosse rispettare le loro scelte individuali, senza renderle vittime di ulteriori imposizioni (Cos in..., p29). Qui si conferma il principio della autodeterminazione di ogni individuo e dunque anche delle donne, che Don Gallo ha posto alla base della sua scelta di valori, accompagnato dalla carit cristiana e da uno spiccato senso delle urgenze che la realt pone tutti i giorni, atteggiamento che spesso lo hanno fatto definire abortista. Un ragionamento analogo a quello fatto per le donne bosniache stuprate egli applica alle prostitute: e fu scandalo per gli aborti assistiti e urgenti che sollecitai all'ospedale di Sampierdarena, forzando il dogmatismo etico della Chiesa, per permettere a quelle poverette di

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uscire misericordiosamente da una gravidanza impossibile (Angelicamente..., p.110). Qui per l'attacco all'etica dogmatica della Chiesa netto e diretto, proprio su un punto che la dottrina ufficiale ritiene il fondamento di tutta la sua concezione etica : la sacralit della vita. La sua sensibilit verso i diritti delle donne non si ferma qui, infatti si spinge a dichiarare: Io amo talmente la mia Chiesa che vorrei che in essa si arrivasse alla parit femminile che non c' ancora (Il fiore..., p.174) ma fintanto che non dar il diritto alle donne di essere ordinate prete, non so di quale uguaglianza stiamo parlando (Cos in , p.249). Come si vede Don Gallo imposta sempre le questioni in modo laico, come questione di diritti, ma il suo punto di riferimento rimane sempre la figura di Ges: Ma ti immagini Ges che arriva e dice Io sono Ges Salvatore, voi siete tutti miei fratelli e sorelle, ma le donne un po' meno (Di sana..., p.75). Evidentemente il Ges di Don Gallo non crede alla famosa storia biblica della costola! Le differenze con la dottrina ufficiale della Chiesa non si fermano alla bioetica, anche su questioni come le radici cristiane, la presenza del crocifisso e le coppie di fatto la distanza netta e la posizione di Don Gallo decisamente laica. Rispetto alle radici cristiane, che tanti scontri hanno provocato tra laici e clericali, Don Gallo afferma: Vorrei ribadire con forza la mia contrariet alla campagna partita dal Vaticano e dall'ala pi conservatrice della Chiesa cattolica , con l'appoggio di alcune Chiese protestanti, a favore dell'introduzione del riferimento alle radici cristiane nel nuovo testo...i padri fondatori dell'Europa, tra i quali i cattolici Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer, nel 1950 non cedettero alla tentazione di ancorarla a radici cristiane...(Di sana..., p.129-130), la loro intuizione profonda era di unificare l'Europa intorno all'eguale diritto di tutti e di ciascuno per renderla interetnica, interreligiosa, laica (Cos in..., p.52). Accanto a questa motivazione fondamentale Don Gallo ne fa trasparire anche un'altra: Queste radici cristiane di cui si parla, poi, sono molto discusse dal punto di vista del loro apporto positivo alla storia del nostro

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continente (Di sana..., p.130). Da qui si vede bene che si trattiene, forse perch vuole restare a tutti i costi dentro la Chiesa, ma mi pare che, non vorrei sbagliarmi e fargli dire cose che non pensa, se avesse esplicitato il suo pensiero avrebbe detto esattamente quello che molti anticlericali dicono apertamente e cio che l'influenza della Chiesa innegabile ma pi in termini negativi che positivi, basta un semplice elenco: intolleranza, roghi, inquisizione, guerre di religione, lotte di potere, corruzione, partecipazione ai genocidi colonialisti, appoggi alle dittature di destra, antisemitismo, sessuofobia, omofobia, antiliberalismo, fanatismo ecc. Comunque una indicazione sulle radici cristiane Don Gallo ce la d ed , dal punto di vista laico, pienamente condivisibile: Queste sono le radici cristiane: agire da cristiani nel presente (Angelicamente..., p.54). Anche sulla questione del crocifisso Don Gallo prende una posizione del tutto laica. Riferendosi alla prima sentenza della Corte europea di Strasburgo, che vedeva l'esposizione del crocifisso nella scuola in contrasto con la convenzione dei Diritti dell'uomo, giudicava la cosa positivamente, se non altro perch faceva riflettere sulla ossessione identitaria cristiana, alla quale si voleva assoggettare l'Europa. Bisogna seguire il messaggio di Cristo e non aggrapparsi ad un oggetto, altrimenti si dimenticano i principi del perdono e della solidariet, della comunione, dell'accoglienza. Quando andavo a scuola io, in ogni classe c'era un crocifisso, e nessuno si sarebbe mai sognato di toglierlo. Eppure, accanto a Ges, erano affissi i due ladroni. Vittorio Emanuele e Benito Mussolini (Di sana..., p.89-90). Si chiede Don Gallo: Ma il crocifisso bisogna portarlo nel cuore o appenderlo ai muri di uno spazio pubblico, anche quando la sua presenza non esprime un sentimento condiviso? La fede forse salva in questo modo? Ges, umile e mite di cuore, non si mai imposto a nessuno, mentre noi abbiamo la pretesa di appenderlo sul muro delle classi e degli edifici pubblici (Il Vangelo di..., p.20). La sua conclusione che Il crocifisso non un'icona culturale e Cristo Ges il Salvatore di tutti e non un simbolo di divisione (Cos in...,

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p.52), e che i cristiani dovrebbero fare la fatica della riproposizione, non dell'imposizione, dei valori evangelici (Angelicamente..., p.66). Meno simboli pi Vangelo (Angelicamente..., p.54) la sintesi precisa della sua posizione e del suo essere cristiano e contemporaneamente laico. Anche sulle coppie di fatto la sua posizione identica a quella dei laici, infatti, partendo dalla concezione libertaria secondo cui l'amore si basa sull'incontro di due libert (Il fiore..., p.166), afferma che l'amore non ha bisogno di registri civili, religiosi, o, come nel matrimonio cattolico, della presenza particolare del prete o delle note dell'organo (Cos in..., p.73-74). Queste affermazioni ci ricordano tanto il regista anarchico Luis Bunuel per il quale L'amore bello libero, senza catene n firme n benedizioni. chiaro allora che le coppie di fatto sono del tutto legittime e il rispetto delle unioni di fatto non va minimamente ad inficiare il sacramento del matrimonio, non capisco in che modo i cristiani si sentano aggrediti (Cos in..., p.73). Anche su questo problema la critica alla Chiesa netta: I PACS non minano la famiglia. E soprattutto non mi vengano a dire che un'unione pi debole o pi forte. Chi che pu giudicare questo? Bisogna rispettare qualunque coppia. Nella Chiesa cattolica il primo fine l'amore, ed arrogante affermare che la famiglia e il matrimonio vengono svuotati di significato da forme giuridiche alternative (Cos in..., p.74), non sono certo loro a minacciare la famiglia e non possono essere considerate persone di serie B (Di sana..., p.89). In margine a questo discorso Don Gallo accenna anche alla sua contrariet alla negazione della comunione ai divorziati: Cos come non possono essere considerati di serie B i divorziati, a cui viene negata la comunione, pensate, la Chiesa che chiude le porte ai propri figli- rispetto a chi ha avuto l'annullamento dalla Sacra Rota (Di sana..., p.89). E a proposito di porte chiuse non va dimenticato che Don Gallo ha criticato duramente le autorit ecclesiastiche per aver rifiutato di accogliere in chiesa il funerale di Piergiorgio Welby,

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che aveva liberamente scelto di porre fine alla sua vita di malato di SLA. EDUCARE ON THE ROAD Io sono con Don Milani, credo che l'educazione sia un diritto fondamentale (Il fiore..., p.90), ma Non credo ai metodi repressivi (Cos in , p.184), dunque in tema di educazione dei giovani Don Gallo si colloca decisamente in contrasto con l'educazione autoritaria e catechistica della Chiesa cattolica, ma anche del sistema educativo della nostra societ. Fin da giovane prete, quando viene chiamato a fare il cappellano della nave riformatorio Garaventa, cerca di mettere in pratica i suoi principi libertari, secondo i quali i proibizionismi e le repressioni non sono il migliore sistema educativo, anzi difficilmente riescono ad educare qualcuno, ma dopo poco tempo,guarda caso, viene rimosso dall'incarico senza spiegazioni ufficiali. A me piace On the road di Keruac, il libro della libert. E i giovani amano la libert autentica, mentre noi li massacriamo col proibizionismo (Cos in..., p.41). Sentire un prete cattolico che esalta uno dei libri mito di quella beat-generation, che sempre stata etichettata come ribelle a qualsiasi potere, tanto pi a quello ecclesiastico, riscalda il cuore di ogni laico libertario. Don Gallo, da buon salesiano , richiama l'educazione preventiva di Don Bosco che niente altro che l'educazione all'esercizio responsabile della propria libert, dove proponiamo e non imponiamo, educhiamo e non puniamo, accompagniamo alla autodeterminazione (Cos in..., p.121). Alla domanda Chi un buon educatore oggi? ci d una risposta che ogni insegnante dovrebbe tener presente, se solo vuole essere tale: L'insegnante o l'adulto che sale il cattedra, con tutta la sua cultura e competenza, come far a essere un buon educatore? Tutt'al pi potr trasmettere dei concetti, ma non educa di sicuro . Lascia delle vittime per strada Quanto meno rischia di farlo. Se invece si lascia educare dai segni che intravede nei suoi alunni, nei figli, allora pu tramettere davvero quello che ha imparato e capito della vita. Allora pu guidare qualcuno solo prendendolo per mano,

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mettendosi al suo passo...gli insegnanti hanno soltanto un programma da svolgere o tra le loro responsabilit c' anche quella di educare all'esercizio responsabile della libert? (Il fiore..., p.2089). Ci pare di sentire l'eco del detto di Plutarco:Gli studenti non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere, ma anche quello di J. Jaurs, il socialista francese assassinato da un fanatico nazionalista nel1914, Non si insegna ci che si sa o si crede di sapere, si insegna e si pu insegnare solo ci che si . L'educazione naturalmente riguarda anche la liberazione degli oppressi e Don Gallo cita pi volte il grande pedagogista brasiliano Paulo Freire, considerato il Don Milani del Brasile, per il quale Nessuno si libera da solo, nessuno libera un altro, ci si libera insieme, perch qui sta l'essenza della pedagogia: La liberazione un parto. Un parto doloroso. L'uomo che nasce da questo parto un uomo nuovo che diviene tale attraverso il superamento della contraddizione oppressori-oppressi, che poi l'umanizzazione di tutti (Il fiore..., p.71-72). In altre parole chi sostiene l'emancipazione degli oppressi promuove anche quella degli oppressori , anche l'idea centrale del pensiero e dell'azione di Nelson Mandela, riassunta nella pagina finale della sua autobiografia: Da quando sono uscito dal carcere, stata questa la mia missione: affrancare gli oppressi e gli oppressori ...perch la libert non soltanto spezzare le proprie catene, ma anche vivere in modo da rispettare e accrescere la libert degli altri...sapevo che l'oppressore era schiavo quanto l'oppresso, perch chi priva gli altri della libert prigioniero dell'odio e chiuso dietro la sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. L'oppressore e l'oppresso sono entrambi derubati della loro umanit.

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CONTRO LA DROGA E CONTRO IL PROIBIZIONISMO Sono convinto che essa sia un inganno che porta all'autodistruzione. Non mi stanco n mi stancher mai di ripeterlo: Ma nel frattempo, prima che questo messaggio venga accolto da tutti, che cosa posso fare in concreto? Non posso far altro che impegnarmi perch nascano strutture di prevenzione, cura e riduzione del danno e continuare a girare per le vie di Genova con le unit di strada, distribuendo siringhe e profilattici (Angelicamente..., p.35). In queste poche righe sintetizzato il pensiero di Don Gallo sul problema droga: di fronte alla emergenza non c' che l'intervento per ridurre il danno, che il prodotto diretto dell'ideologia proibizionista: Il proibizionismo ha fallito su tutta la linea...la guerra alla droga finora stata un disastro...la produzione di oppio e cocaina la stessa di dieci anni fa, quella della cannabis invece aumentata...la legalizzazione dunque il male minore...i benefici della legalizzazione sarebbero oggettivamente molti. Le droghe sarebbero controllate e meno pericolose, meno persone finirebbero in galera (non infatti la droga che dispone al crimine ma la difficolt a reperirla che porta ad agire nella illegalit), i trafficanti sarebbero disoccupati e i proventi della mafia ridotti...e poi basta con le ipocrisie: le sostanze proibite sono gi libere, ma senza alcun controllo (Cos in..., p.61-62). Sono queste le argomentazioni classiche degli antiproibizionisti: non credo nel proibizionismo, nella repressione, che lasciano a se stesso il tossicodipendente. Io arrivo a dire che dobbiamo aiutare chi ha il problema anche con la somministrazione di farmaci, compresa l'eroina e che dobbiamo individualizzare pi possibile la terapia (Il fiore..., p.110). Qui evidente la differenza con l'approccio di Don Pierino che rifiuta qualsiasi uso di sostanze affidandosi solo al metodo della cristoterapia. Con queste idee lo scontro con il cattolicissimo Giovanardi, autore con Fini della attuale pessima legge proibizionista, era inevitabile. Don Gallo rifiuta di accettare

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l'impianto della legge tutto centrato sulla negazione della distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti: grave non fare distinzione tra sostanza e sostanza. Una persona che agisce sotto l'effetto della cannabis non equiparabile a chi sotto l'effetto di cocaina, anfetamina, eroina o alcol. Uno Stato consapevole ha il dovere di spiegarlo. Invece quello che fa demonizzare, e demonizzando la sostanza crea il suo mito e colpevolizza chi ne fa uso. Il mio slogan GIUSTO O SBAGLIATO NON PU ESSERE REATO (Cos in..., p.58)... Anche a livello scientifico internazionale, aggiunge Don Gallo, l'AMA (American Medical Association), la pi grande e importante associazione medica negli Stati Uniti, ha chiesto che la cannabis sia eliminata dall'elenco delle sostanze vietate dalla legge federale, perch i dati scientifici mostrano come sia efficace contro il dolore cronico e altre malattie quali Alzheimer, diabete, sclerosi multipla (Cos in..., p.59). Cos ci si potrebbe liberare dalla caccia alle streghe verso chi fuma uno spinello, che si arrivati a perseguitare come un ladro o un assassino. A proposito racconta di aver fumato anche lui una volta (ma che poi rimasto fedele solo al suo toscano) e si giustifica con la battuta: E poi dico io, se dopo il diluvio universale la marijuana ancora c', vuol dire che No se l' portata sull'Arca (Cos in..., p.59). A prova di quanto pu il pregiudizio tra la gente comune Don Gallo riporta un divertente aneddoto: Una volta scesi dalla stazione di Porta Principe e presi un taxi: Mi porti alla Lanterna, per favore. Va alla trattoria dei drogati?, sottoline il conducente, non riconoscendomi. S, perch al posto del parmigiano mettono la marijuana, risposi per sfottere i suoi pregiudizi. Il giorno dopo venne la polizia a controllare le cucine (Cos in..., p.18). Parlando di droga non poteva non affrontare anche il problema dell'Aids, visto che nella sua comunit vengono ospitati molti malati di Aids, rifiutati altrove ed emarginati da parte delle loro stesse famiglie, ai malati terminali non veniva mostrata alcuna solidariet in quanto meritavano di pagare per i propri errori. L'Aids era considerato la mano che giudicava i

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peccatori (Cos in..., p.104). Ci ricordiamo che da pi di un prelato si insisteva sull'aids come punizione da parte della divina Provvidenza contro omosessuali e drogati. Per Don Gallo l'approccio alla malattia prima di tutto farmacologico, ma i farmaci, denuncia, costano troppo e le compagnie farmaceutiche subordinano la vita umana ai profitti. Come non ricordare la battaglia combattuta e vinta da Mandela per abbassare il costo dei farmaci in un Sud Africa devastato dalla malattia? Un rimpianto Don Gallo lo esprime, forse uno dei pochi visto il suo impegno di vita, Se invece di attenermi alle regole fossi rimasto nelle bettole a giocare a carte, allungando tra una mano e l'altra siringhe e preservativi, sapete quanti ne avrei salvati? (Cos in..., p.105). RAZZA ? UMANA Don Gallo considera il razzismo, e come poteva essere diversamente, un pregiudizio aberrante, ma proprio per questo forse non ci si sofferma pi di tanto, essendo evidente per lui che, se si tutti figli di Dio, non si pu che essere tutti uguali. Ma quando lo fa, anche su questo problema interviene con il suo modo originale ed efficace: Gli antropologi e ormai tutti sanno che l'uomo sulla terra da milioni di anni. Oltretutto nasce in Africa. Quando io vedo un nero, gli dico: Vieni un po' qua. Sei rimasto normale tu. Guarda che siamo noi gli anormali...Una volta, a Forl, sotto il palco c'era una piazza che non finiva pi. Vedo una bella ragazza nera e dico: Vieni su. C'erano migliaia di persone. Vedete, dico, io quando incontro i neri li abbraccio perch sono gli unici rimasti normali (Non uccidete..., p.77-78). Gi! I nostri antenati erano neri! La mia famiglia di Campo Ligure un paesino...una volta, nel periodo fascista, portai a casa la pagella e la consegnai a mio padre, un brav'uomo, semianalfabeta, che lavorava per le ferrovie. Arrivato in fondo al foglio lesse: Andrea Gallo, razza ariana . Mi guard e disse: Andrea, si sono sbagliati, noi siamo di razza di Campo!. Laddove non c' cultura, basta avere cuore. Mio padre non era un genio eppure giunse alle stesse conclusioni di Einstein, il

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quale, dovette lasciare la Germania perch era ebreo e quando arriv all'ufficio immigrazione americano al funzionario che riempiva i moduli e che chiedeva di che razza fosse rispose: Umana. Per Don Gallo una forma di razzismo particolarmente odioso, perch millenario, quello contro le donne: Soprattutto io continuo da anni a battermi contro il potere sulle donne, deve finire questa ormai millenaria repressione, questa misoginia. E continua con una critica demolitrice, che difficile immaginare in un prete, della concezione che avevano delle donne i grandi santi della Chiesa: Vai a leggere delle cose di San Tommaso, dice delle cazzate tali, povero Tommaso, assieme a certi papi, a San Crisostomo e via santificando. Dice che la donna serve per la libidine dei maschi! Pazzesco . Vedete che anche l'Islam con le donne mica scherza, ci va gi pesante. Ma non dovete permettere interferenze religiose, di nessuna religione , nel costruire il futuro. Anche Sant'Agostino non scherza (Non uccidete..., p.79). Se non sono posizioni laiche queste! Per far capire quanto Don Gallo abbia ragione in queste critiche basta ricordare quanto diceva Agostino: La donna fonte di peccato e il suo sesso la porta dell'inferno...Il genere delle donne stato creato solo per la procreazione dei figli, o quanto aggiunse in seguito Tommaso: La donna in rapporto con l'uomo come l'imperfetto e il difettivo col perfetto...La donna fisicamente e spiritualmente inferiore...Essa addirittura un errore di natura, una sorta di maschio mutilato, sbagliato, mal riuscito. Anche l' interpretazione un po' forzata della Bibbia che Don Gallo d in proposito, si fonda sul tentativo di superare la storia della costola in nome della parit e della uguaglianza uomo-donna: ...La donna deve conquistare questa parit che iscritta nella natura, che scritta anche nella Bibbia. Uno dei testi della Bibbia dice. Dio cre l'uomo. L'uomo inteso per non come maschio, no, perch poi dice subito. Lo fece maschio e femmina. Quel vocabolo uomo sta per umanit....

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ANARCHIA S VIOLENZA NO Don Gallo dice di essere anarchico perch ama la libert: Anarchia s, non un dogma o un decalogo, ma quell'atteggiamento profondo dell'anima che aspira alla libert (Cos in..., p.45). Purtroppo nell'uso comune il termine anarchia rievoca storicamente violenze e disordine, ma accanto a questo c' un altro filone anarchico che parte da Socrate passa per Thoreau, Tolstoi, Gandhi e arriva fino a Capitini, e mi sembra di poter dire che Don Gallo include in questo filone anche il suo Ges evangelico, visto come il liberatore dal potere e dalla violenza. Accetta di s la definizione che gli ha cucito addosso Vasco Rossi: angelicamente anarchico e l'avverbio quello che lo qualifica nella sua nonviolenza: Io sono contro ogni violenza, ma disapprovo la criminalizzazione, anche come sacerdote che cerca di capire i motivi di un certo comportamento e poi mi chiedo quale sia la vera violenza. Non sar, forse, il modello di sviluppo che stiamo subendo? ...Se continuiamo su questo modello i ricchi saranno sempre pi ricchi e i poveri sempre pi poveri. Ecco la violenza (Il fiore..., p.163). Il rifiuto totale di ogni forma di violenza lo ha fatto approdare sui lidi del pacifismo , secondo il quale la guerra va rifiutata sempre e comunque come la massima forma di violenza dell'uomo sull'uomo, tanto da arrivare a denunciare il presidente del Consiglio D'Alema per aver partecipato alla guerra contro la Serbia, denuncia fatta in base all' articolo 11 della Costituzione, in cui si afferma che L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. A questo aggiunse anche un digiuno classico della tradizione nonviolenta contro i bombardamenti su Belgrado. Se queste sono le premesse, non poteva non esaltare l'obiezione di coscienza contro la guerra: Quando non esisteva la legge sulla obiezione di coscienza mi capitato spesso di ospitare disertori e ne vado fiero perch l'unica guerra da farsi quella alla guerra. Come scriveva Boris Vian non si pu obbedire per andare a morire n per ammazzare (Cos in, p.42): Io non la

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voglio fare:/...non son qui per ammazzare/altra gente come me./Le devo dichiarare,/sia detto senza offesa,/la decisione presa:/certo, diserter!(Il disertore, 1954). Come insistentemente fa in tutti i suoi scritti il suo punto di riferimento il Concilio Vaticano II e in questo caso la Pacem in terris di Giovanni XXIII dell'aprile 1963, nella quale vede la condanna totale di ogni forma di guerra, denunciando una errata traduzione che inserisce un quasi nel testo latino che invece non lo contiene: Riesce quasi impossibile pensare che nell'era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia (Cos in..., p.42). Anche la traduzione del passo: Chi dice di portare la democrazia con le armi sappia che sconveniente in realt non esatta, l'espressione latina alienus a ratione pi forte, al posto di sconveniente si dovrebbe tradurre letteralmente: matto, senza cervello. Deve per constatare con dolore che il concetto di guerra giusta c' ancora oggi nel Catechismo, nella dottrina della Chiesa, e denuncia che dall'idea di guerra giusta facile trarre la conclusione che Le crociate erano legittime. Le guerre per le colonie africane erano legittime, quelle per l'invasione dell'America pure, anzi doverose (Non uccidete il futuro dei giovani, p.55). La conclusione che l'unico esercito in cui dobbiamo arruolarci quello della non violenza (Angelicamente..., p.53).

FABRIZIO E IL PRETE: IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA A un rinfresco incontrai un cardinale, il quale colse subito l'occasione per insinuare: Tu sei sempre in giro per l'Italia, ma li studi i Vangeli?, E certo!, E quanti sono?, Cinque: Marco, Luca, Matteo, Giovanni..., E il quinto? incalz preoccupato. Il Vangelo secondo De Andr. In fondo, In direzione ostinata e contraria, non la sintesi del Vangelo di Ges? (Cos in..., p.44). Bastano queste poche righe per illuminare subito un rapporto

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simbiotico a livello umano e politico: anarchico l'uno, anarchico l'altro, nonviolento l' uno, nonviolento l'altro, piet cristiana nell'uno, piet laica nell'altro per i perdenti, per gli ultimi. Per Don Gallo Le canzoni di De Andr sono coscienza civile, comprensione umana, preghiera, guerra alle ipocrisie, amore per i derelitti e gli emarginati, per i perdenti che il mondo lascia sul terreno nella sua inarrestabile corsa verso il trionfo del materiale...Fabrizio non aveva la presunzione di indicare la strada, di trasmettere una sua verit. Caso mai, l'unica sua presunzione era quella di riconoscere a se stesso e agli altri la libert di scelta... Fabrizio stato semplicemente un anarchico, perch l'anarchia, prima ancora che un'appartenenza politica, un modo di essere (Angelicamente..., p.45). Ci troviamo di fronte certamente ad una lettura dal punto di vista della religiosit evangelica del messaggio e dell'opera di De Andr, che ha una sua suggestione e una sua ragion d'essere, ma non bisogna dimenticare che De Andr non ha riferimenti religiosi o teologici, sono del tutto laici i sentimenti di piet e partecipazione verso la sofferenza degli ultimi. La figura di Ges che Don Gallo richiama quella del credente cristiano, che lo vede come il figlio di Dio, uomo e Dio insieme, il Ges di De Andr quello del non credente, soltanto uomo, per quanto straordinario, ma comunque uomo: Non intendo cantare la gloria/n invocare la grazia o il perdono/di chi penso non fu altro che un uomo/come Dio passato alla storia./ Ma inumano pur sempre l'amore/di chi rantola senza rancore/perdonando con l'ultima voce/chi lo uccide tra le braccia di una croce (Si chiamava Ges). E ribadisce ancora: Non voglio pensarti figlio di Dio/ma figlio dell'uomo, fratello anche mio(La buona Novella, Laudate hominem). E proprio come uomo De Andr lo considera il pi grande rivoluzionario della storia: Il potere vestito di umana sembianza,/ormai ti considera morto abbastanza/ e gi svolge lo sguardo a spiar le intenzioni/degli umili, degli straccioni (La buona Novella,Via della croce). L'intera opera di De Andr annuncio, buona novella, Vangelo...

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(Angelicamente..., p.43), ma proprio per questo De Andr inevitabilmente critico con le posizioni clericali della Chiesa e lo gi fin da studente quando, racconta Don Gallo, al Liceo Colombo, colpito dal suicidio di un adolescente, scrisse un componimento in cui se la prendeva con la Chiesa cattolica perch negava il funerale ai suicidi. La stessa critica ribadisce in occasione del suicidio del suo amico cantautore Luigi Tenco, quando, sopraffatto dal dolore, scrive una splendida poesia, invocando un Dio, a cui non crede, ma che sicuro che, se ci fosse, non approverebbe la condanna della Chiesa: ...Signori benpensanti,/spero non vi dispiaccia/se in cielo,in mezzo ai Santi,/Dio tra le sue braccia/soffocher il singhiozzo di quelle labbra smorte/che all'odio e all'ignoranza/ preferirono la morte.../per quelli che han vissuto/con la coscienza pura;/l'Inferno esiste solo/ per chi ne ha paura (Preghiera in Gennaio). Comune al prete Andrea e al laico Fabrizio la disponibilit verso l'imperfezione umana che finisce per essere poi la vera umanit, anche quella dell'assassino ne Il Pescatore, che la canzone simbolo di Quella capacit di accoglienza grazie alla quale il pescatore sorride dopo aver offerto all'assassino il vino e il pane...la vita come servizio e persino se chi mi implora e tende la mano, per gli altri, un assassino! (Angelicamente..., p.44). La loro frequentazione si nutriva di un'amicizia che scantonava nei carruggi del porto dove staziona quella umanit derelitta fatta di Mich, Marinelle, Bocche di rosa, quel letame da cui nascono i fiori: se vuoi fare il prete, non puoi restare chiuso in sagrestia (Cos in..., p.45) mi diceva sempre. E ancora rivolgendosi al prete: Sai perch ti sono tanto amico? Perch anche se sei un prete ho capito che non mi vuoi mandare in Paradiso per forza(Di sana..., p.91). Questa amicizia era riposta su una profonda convinzione comune: Conversando con Fabrizio eravamo concordi sul fatto che l'emarginazione pu essere uno stato di grazia, perch sottrae al potere, quindi al fango e ti avvicina al Punto di Dio. Quelle vite perdute sono anime salve (Cos in..., p.49). Don Gallo dice che qualcuno potrebbe trovare bizzarro il rapporto di

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De Andr con la religione, in realt con la religione non ebbe che un rapporto da non credente, il Dio che a volte nomina il Dio degli altri, lui conosce solo l'uomo, gli stessi comandamenti, fulcro della morale cristiana, li contesta a uno a uno, li relativizza nel Testamento di Tito, perch da anarchico non pu accettare comandi che non siano quelli della propria coscienza. quello che fa Don Gallo a proposito del non rubare: Nella nostra Comunit leggere e informarsi sempre stato considerato una priorit. Ai ragazzi ho sempre detto: Non vi preoccupate del fatto che non abbiamo soldi: Se avete voglia di studiare, i libri li rubiamo. Cos ogni volta che entravo alla Feltrinelli il gestore si lanciava al microfono : Un annuncio per tutti i commessi: attenti arrivato il Gallo! (Cos in..., p.42). Anche ne La buona novella De Andr riesce a mettere in evidenza nei Vangeli apocrifi solo l'umanit dei protagonisti e di questo Don Gallo perfettamente consapevole: Lui cantava : Laudate hominem omnes gentes, Io gridavo: Laudate Dominum omnes gentes (Sono venuto..., p.123). Conviene Don Gallo che Il Dio di cui lui parla viene continuamente sfidato a presentarsi come uomo, l'unico modo in cui forse De Andr trova possibile e desiderabile l'incontro (Angelicamente..., p.46): Dio del cielo , se mi vorrai amare scendi dalle stelle e vienimi a cercare (Spiritual). Anche durante il funerale Don Gallo non perde occasione per esplicitare la sua laicit anticlericale: La chiesa era stracolma. C'ero anch'io, commosso. Ma non dietro l'altare, tra vescovo e arcipreti . Ero nella piazza, insieme agli anarchici, con un fazzoletto rosso al collo e sotto la loro bandiera nera...Credo che io e Fabrizio in un certo senso avessimo dei parenti comuni o, per lo meno, frequentassimo le stesse persone, le stesse storie dignitose e disperate. Io nella mia vita di strada e nella mia comunit, lui nell'umanit dolente delle sue canzoni (Angelicamente..., p.43). In occasione di un tributo a De Andr post mortem da parte dei big della canzone viene invitato a teatro da Dori Ghezzi insieme a 250 abitanti della Comunit: Feci sedere in platea, tre qui, due l,

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tossici, barboni, prostitute accanto a notai, dame e politici. No, l no, mi intimarono. L ci va il ministro della Cultura Giovanna Melandri. Allora le mettiamo accanto una puttana delle vecchie case, vedrai come esce arricchita dall'incontro! Erano tutti molto preoccupati...sapevo benissimo ci che poi che accadde: i miei emarginati erano quelli che durante le canzoni piangevano veramente (Cos in..., p.46). Insieme ai suoi ultimi della Comunit scrive una lettera a Fabrizio: Caro Faber... ho scoperto con te, camminando per la via del Campo, che dai diamanti non nasce niente. Dal letame nascono i fiori. La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l'intelligenza...Caro Faber, tu non ci sei pi, ma restano i migranti, gli emarginati, i pregiudizi, i diversi. Restano l'ignoranza, l'arroganza, il potere, l'indifferenza...Ti lasciamo cantando la Storia di un impiegato, e la Canzone del maggio. Ti sentiamo cos vicino e cos stretto a noi quando, con i tuoi versi, dici: E se credete ora che tutto sia come prima, perch avete votato la sicurezza e la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare, verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora pi forte. Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti. Caro Faber, tu parli all'uomo amando l'uomo, perch stringi la mano al cuore e risvegli il dubbio che Dio esiste. Grazie (Di sana..., p.135-136-137). In questa chiusa della lettera per Don Gallo l'opera di De Andr richiama in qualche modo la possibilit che Dio esista, certamente una lettura in cui il prete cattolico prende il sopravvento sul prete laico e lo porta a sentire soggettivamente qualcosa che in De Andr, a mio avviso, non c': la sua cifra l'immanenza, l'orizzonte dell'uomo, non la trascendenza . Anche per quanto riguarda Il pescatore Don Gallo opera una lettura in chiave simbolica, mistico-religiosa, mettendo in evidenza il pane e il vino come simboli eucaristici e La scoperta dell'amore, la capacit di accettare la morte e l'attesa della resurrezione, ...dell'ultimo sole...... e infine la chiamata alla trascendenza, il guardare oltre del pescatore (Angelicamente..., p.44). Comunque la lettura

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dell'opera De Andr si pu dire che sia in genere sostanzialmente laica e fedele: Qual la canzone pi antimilitarista di De Andr? Tutte. Le opere di De Andr scorrono su due binari: l'ansia di giustizia sociale e di un nuovo mondo (Non uccidete il futuro dei giovani, p.46). Forse per questo faceva preoccupare il potere che lo aveva schedato come uno delle Brigate rosse! Una cosa da fare paura. O da morire dal ridere.... questa schedatura l'ho vista, me l'ha portata Curcio, perch era tra i documenti che gli avevano dato per una ricerca di studio (Non uccidete..., p.87-88). Mi manca Fabrizio De Andr (Non uccidete..., p.86) e possiamo applicare a lui quanto Don Gallo dice a proposito della scomparsa di Paride Batini, leader dei portuali genovesi e suo grande amico: Ci sono uomini che quando se ne vanno ci fanno sentire orfani (Cos in..., p.108). LORENZO E ANDREA : FAI STRADA AI POVERI SENZA FARTI STRADA Per Don Gallo uno dei punti fermi della sua formazione Don Milani, con la scuola di Barbiana, per la scelta di campo degli emarginati e la dedizione completa ad essi. Lettera ad una professoressa fu un testo di base per tutti (Il fiore..., p.63). L'elemento centrale del pensiero e dell'azione di Don Milani, che Don Gallo mette in evidenza, la scelta degli ultimi e dei poveri: Don Milani affermava: Reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato e privilegiati e oppressori dall'altro, gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri. Questo ci che anch'io tento di fare ogni giorno. Esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B: questa l'esperienza pi amara. Noi dovremmo essere una fessura. Una fessura che annuncia la possibilit della libert personale (Angelicamente..., p.91-92). Perch senza diritti sociali, economici e culturali, quelli che non vengono riconosciuti ai poveri e agli ultimi, anche i pur fondamentali diritti di libert e cio i diritti civili e politici, diventano difficili da praticare e diventa difficoltoso realizzare la propria libert personale. C' una parte del

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Catechismo di Don Milani che afferma: Ma poi ho pensato che finch siamo ancora tanto responsabili della povert dei poveri non bello offrirla loro come dono di Dio, che fa il paio con quanto Don Gallo dice a proposito della sofferenza non voluta da Dio per raggiungere la salvezza, ma dipendente solo dagli uomini. Un altro aspetto centrale del pensiero di Don Milani, su cui Don Gallo mette l'accento quello fondato sulla convinzione che l'obbedienza non pi una virt: Don Milani ci verrebbe a dire che l'obbedienza non una virt, quindi bisogna praticare la resistenza passiva: e anche Ges era un sovversivo. Entrare magari in una legalit senza violenza, in modo che la legalit diventi rivoluzionaria. Come ha fatto Rosa Parks che rimasta seduta sull'autobus riservato ai bianchi...e da Rosa Parks partito un movimento di liberazione...(Di sana..., p.47-48). La disobbedienza passiva e non violenta, di cui Don Gallo parla, quella legata alla obiezione di coscienza al servizio militare, che costata a Don Milani un durissimo attacco da parte dei cappellani militari toscani che rifiutavano l'obiezione di coscienza definendola estranea al comandamento cristiano dell'amore e espressione di vilt. Chiss che cosa intendevano questi preti militaristi e nazionalisti per comandamento cristiano dell'amore? Allora l'obiezione non era riconosciuta dalla legge e lo scritto L'obbedienza non pi una virt (1965) cost al prete di Barbiana un processo e una condanna post mortem per apologia di reato. Per Don Milani anche agli ordini militari si pu e si deve poter disobbedire perch il soldato non deve obbedire quando l'atto comandato manifestamente delittuoso, ma il cardinale di Firenze Florit gli replicava nella sua lettera al clero (1965) che praticamente impossibile all'individuo singolo valutare i molteplici aspetti relativi alla moralit degli ordini che riceve. Siamo alle solite: per la gerarchia vaticana l'individuo non ha la libert di autodeterminarsi, qualcun altro deve pensare per lui, la Chiesa ad esempio. Don Gallo continua oggi la stessa battaglia per la libert di coscienza, appellandosi al Vaticano II come faceva anche Don

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Milani quando metteva in evidenza che il Concilio invita i legislatori ad avere rispetto per coloro i quali <o per testimoniare della mitezza cristiana, o per reverenza alla vita, o per orrore di esercitare qualsiasi violenza, ricusano per motivo di coscienza o il servizio militare...>. La cosa strana che anche Don Gallo stato cappellano militare, ma possiamo immaginarci come lo ha fatto, probabilmente da anarchico! Comunque il suo atteggiamento non sfugge alla contraddizione, afferma da un lato Amo la mia Chiesa, le sue disposizioni, il diritto canonico. Ho chiaro il concetto di disciplina insegnatomi prima dalla mia famiglia operaia, poi dalla marina militare...Non immaginate la gioia che provo tutt'ora a confrontarmi con il mio vescovo, ad accettare la correzione fraterna, poi dall'altro aggiunge ma a patto di poter dire quello che penso. L'obbedienza per me non una virt (Cos in..., p.117-8). Pi volte Don Gallo si sofferma su quanto ha imparato da quella scuola di vita che la sua comunit, mettendo in evidenza come anche Don Milani amasse dire A quei ragazzi ho insegnato a leggere e a scrivere, ma loro mi hanno insegnato la vita (Cos in, p.135)...Qualcuno mi accusa di turpiloquio, dice Don Gallo, anche Don Milani me lo diceva anche me accusano di turpiloquio...vai tranquillo, il re Leopoldo del Belgio, che era cattolicissimo, non usava mai il turpiloquio: Leggi le sue circolari, aveva le colonie in Congo, ai governatori: <Se un mio suddito, schiavo, commette un'infrazione, tagliategli un braccio; se recidivo tagliategli l'altro braccio; se ancora recidivo e delinquente tagliategli una gamba>. Cos ne ha massacrati trenta milioni senza turpiloquio (Di sana..., p.90). Ma poi in cosa consisteva il turpiloquio di Don Milani, forse nelle parole con le quali esortava i suoi ragazzi a studiare? : una parola che non capite oggi un calcio nel culo che prenderete domani? Sia Don Milani che Don Gallo sono stati accusati di essere comunisti, ma mentre negli anni '50 e '60 quando la contrapposizione democristiani-comunisti era al centro della lotta politica e culturale, questo fece un vero e proprio scandalo , oggi un prete comunista lo fa molto meno, anche

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perch molti cattolici si dichiarano comunisti, sono cio della stirpe dei cattocomunisti. Ma allora, Don Gallo anarchico o comunista? Perch dal punto di vista ideologico e politico le differenze sono notevoli, basti pensare ai contrasti tra Bakunin e Marx, ma nell'accezione non ideologica con cui lui li usa, i due termini si equivalgono: vogliono significare libert e giustizia anche per gli ultimi, convinto con Don Milani che la politica uscire tutti insieme dai problemi. Con una peculiarit: partire dagli ultimi (Di sana..., p.59). Anche per Don Gallo come per il prete di Barbiana l'ingiustizia sociale una bestemmia. Al prete di Barbiana fu censurato dal Santo Uffizio il libro Esperienze pastorali (1957) perch il libro di Don Milani non chiarisce le idee...ma al contrario confonde le menti, esaspera gli spiriti, scalfisce la fiducia nella Chiesa e suggerisce propositi sconsigliati. Quali propositi? Forse quelli che venivano fuori da queste sue affermazioni:La terra appartiene a chi ha il coraggio di coltivarla...il bestiame appartiene a chi ha il coraggio di ripulirgli ogni giorno la stalla?A Don Gallo non stato ancora censurato alcun libro. Sono cambiati i tempi o il Vaticano si fatto pi furbo? IL PRETE E I ROSSI (VASCO E PAOLO) Con Vasco c' un rapporto profondo, le sue parole arrivano dritte allo stomaco dei miei ragazzi perch attingono alla vita vissuta. Una sera, dopo cena, mi disse: Cosa ti lascio Andrea?. Firm un assegno e lo pos sul tavolo. I ragazzi lessero duemilacinquecento euro ed esultarono, poi rimasero di stucco quando si accorsero che c'era uno zero in pi (Cos in..., p.77). Li unisce una sensibilit anarchica per la libert e contro le ingiustizie, non potevano non trovarsi, Durante la presentazione del mio libro a Bergamo, Dori Ghezzi mi allung un foglio con il messaggio a sorpresa di Vasco: Siamo in tour tutti e due, caro don Gallo. Due rock-star: tu angelicamente anarchico e io un po' meno angelico con le mie canzoni. Buoni o cattivi, lo sappiamo bene che non ha importanza, noi la pensiamo allo stesso modo. Sono contento che esistano

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persone come te che stanno dalla parte di chi ha pi bisogno. Grazie per quello che fai (Cos in..., p.77-78). Come si vede la sintonia assoluta, infatti anche Don Gallo gli riconosce il dono di interpretare i sentimenti dei giovani, compreso il disincanto, e di non avere pregiudizi (Cos in..., p.78). Anche la posizione antiproibizionista sulle droghe un elemento che li accomuna, Don Gallo ricorda che in un concerto a Genova nel quale Vasco prese posizione a favore della legalizzazione con il suo slogan Legalize, come messaggio di liberazione dal mito della droga, gli invi una torta e lui rispose ironicamente: Le torte non sono ancora proibite, vero?. Sul biglietto avevo scritto: Vasco, quando ti ascolto, penso sempre che questo il mondo che vorrei (Cos in..., p.78). Don Gallo ama ricordare: Anche io, come Vasco, ho avuto una vita spericolata. Le nostre esistenze si sono incrociate, nella mia comunit, tra i miei ragazzi....Quel giorno Vasco stato con i ragazzi della comunit per un intero pomeriggio. Li guardava con quegli occhi intelligenti, di uno che capace di ascoltare ed privo di pregiudizi. I ragazzi erano molto felici e molto rumorosi (Angelicamente..., p.35-36). L'altro irregolare con cui Don Gallo amico il comico Paolo Rossi che aveva inventato una maglietta con scritto Dio c' : Vedi? Col tuo cardinale fai una bella figura e penser: Don Gallo ancora un credente! E attento che abbasso ancora la maglia, e guarda bene! Gli dici : Dio c', eminenza, vede? Ma se la tiri ancora un po' si vede scritto E non sei tu! E allora rassegnati, che sei un uomo come noi sulla terra (Di sana..., p.93). Questo episodio che Don Gallo racconta sta ancora una volta a testimoniare la posizione critica verso certi atteggiamenti delle gerarchie a cui il potere spesso d alla testa, confortato anche dall'atteggiamento del patriarca di Gerusalemme Hilarion Capucci che, perorando la possibilit dell'aborto delle donne bosniache violentate dai serbi, alla testarda incomprensione di Giovanni Paolo II gli chiedeva ironico: Santit, non si creder mica il Padreterno? (Cos in..., p.29). Una volta Don Gallo disse a Paolo Rossi: Tu puoi fare

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l'evangelizzatore, al che Paolo Rossi in un successivo incontro rispose: Io l'ho fatto l'evangelizzatore, per la difficolt pi grossa sai qual ? Convertire al cristianesimo i cattolicie, aggiungerei , specialmente le gerarchie, che a quanto pare sono molto lontane nel comportamento da quel Vangelo che dovrebbe costituire la loro ragion d'essere di seguaci di Cristo. I due Rossi dovrebbero essere, a quel che so, non credenti, non so se atei o agnostici o altro, e questo per Don Gallo non fa certo velo all'amicizia, infatti il suo atteggiamento ad esempio verso gli atei di totale apertura. Lo testimonia il suo atteggiamento a proposito della iniziativa presa dall'Unione atei, agnostici, razionalisti (UAAR), che ha suscitato tanto sdegno tra le gerarchie e i cattolici integralisti, di far scrivere questa frase su alcuni autobus che giravano per Genova : La cattiva notizia che Dio non esiste. Quella buona che non ne hai bisogno: Io ci sarei salito senza problemi: L'iniziativa interessante, stimola altri a meditare, a riflettere e a rispondere senza offese o insulti. Non la prenderei come una crociata di cattiverie, di malizie, o di desiderio di persecuzione della Chiesa, o addirittura verso il presidente della CEI, ma come una forma di creativit. Non mi scandalizzo certo per una frase. Quel che conta la reazione a detta frase, che per me consiste nell'ascolto e nel dialogo. Se un male lo scetticismo assoluto, lo anche il dogmatismo che impedisce la ricerca (Cos in..., p.93). Secondo Don Gallo Chiunque ami conosce Dio e viceversa, c' molta gente che va in Chiesa e non sa amare...Una volta incontrai sul treno un avvocato: Eravamo soli nel vagone e cominci a parlare: Premetto che sono ateo, Lo premetto anche io risposi; mi spieghi si incurios come fa ad essere sicuro che Dio non esiste? E come faccio io a convincerla che esiste?...Lei ha la libert di indagare, ma deve avere cautela nelle conclusioni. Lei ha speranza in un mondo nuovo?, S, Allora lei per me un credente (Cos in..., p.60). Dunque per Don Gallo il credere nel Dio persona non un elemento discriminante, c' chi credente ma in altro ed ugualmente stimabile. Non assurge mai a

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fustigatore degli atei materialisti e amorali la cui esistenza e il cui manifestarsi liberamente non lo offendono affatto, come succede a molti cattolici. Gli atei non si sono mai dichiarati offesi perch gli altri credono in Dio ma se mai li criticano per come usano per ragioni di potere Dio e la religione: Io non mi preoccupo delle altre confessioni religiose o degli atei, ma di quelli che si definiscono credenti e non agiscono come tali (Cos in..., p.96). Per questo come una mosca fastidiosa che punge continuamente il cavallo della Chiesa, come gli riconosce un altro suo amico, Beppe Grillo, in occasione del suo ottantesimo compleanno: Auguri Gallo. E ricordati che noi due siamo i rompicoglioni pi interessanti d'Europa! AMO LA MIA CHIESA L'atteggiamento di Don Gallo nei confronti della Chiesa come istituzione oscilla dall'amore pi dichiarato alla critica pi severa. Vediamo subito le dichiarazioni d'amore che, prese a s ,venendo da un prete, sono perfettamente comprensibili: Io che suscito tanto scandalo per le mie scelte, amo la mia Chiesa, le sue disposizioni, il diritto canonico (Cos in..., p.117), Io ho gi avuto cinque cardinali e nessuno mi ha mai scomunicato. Io amo la mia Chiesa (Di sana..., p.99), Vorrei con tutto il cuore che la mia amata Chiesa cattolica, della quale sono presbitero, da oltre cinquant'anni, non volesse mai avere un posto speciale nella storia. Essa sale, lievito, chicco di grano. Non ha nulla a che spartire con il potere (Il Vangelo di..., p.24). Alla domanda Tu dove trovi la forza che ti rassicura? risponde: Nella mia grande madre Chiesa, dove si pu attingere energia, trovare la forza per superare le proprie carenze (Il fiore..., p.205), Io sono a casa mia nella Chiesa che un popolo che cammina (Di sana..., p.99-100), Io sono innamorato di Dio, e quindi della mia Chiesa e del mio ministero (Il fiore..., p.81), Io credo nella Chiesa , credo che sia piena di amore (Il fiore..., p.84) e possiamo fermarci qui, ce n' abbastanza per verificare che ci troviamo di fronte ad una adesione convinta. Ma gi nella

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definizione precedente della Chiesa come popolo che cammina e non come gerarchia che ordina e comanda si comincia a intravvedere una critica profonda al comportamento della Chiesa oggi, andiamo allora a vedere le critiche che le rivolge, tenendo presente che sono fatte da un prete cattolico che ha scelto di appartenere a questa istituzione e che dichiara: nessuno pu dire che ho scelto la mia strada per convenienza o per carriera. Se dissento lo dico, non per essere contro la mia Chiesa, ma per amore di essa (Cos in..., p.124). Ma il dissenso notevole e su punti fondamentali della dottrina e del comportamento secolare della Chiesa: La Chiesa in questi anni ha frenato e bloccato la riforma del Concilio Vaticano II (Il Vangelo di..., p.32), verso il quale Concilio e verso papa Giovanni XXIII, come abbiamo gi visto, Don Gallo ha una vera e propria venerazione per l'opera di rinnovamento evangelico che ha introdotto nella Chiesa. Illuminante la risposta che Don Gallo d all'arcivescovo di Genova che gli chiedeva come mai nel suo studio vi fosse solo la foto di papa Roncalli : Quello il papa, da allora sede vacante. Per lui, sulle orme di Wojtyla, anche Ratzinger ha demolito tutto (Non uccidete il futuro dei giovani, p.35). Per Don Gallo la sua Chiesa deve essere Chiesa degli ultimi: La Chiesa deve prima ascoltare chi arriva, senza giudicare. Deve ascoltare prima di parlare e accogliere prima di giudicare (Di sana..., p.54), Dobbiamo ricostruire una Chiesa dei poveri... (Il fiore..., p.63), deve abbandonare ogni forma di dogmatismo etico: Tutte le volte che la mia Chiesa contro Ges e cerca di interferire continuamente, come nella bioetica, bisogna dire di no! (Il Vangelo di..., p.75) ,... non si pu chieder convinzione dogmatica a tutti (Cos in..., p.113). Certo qui la distanza abissale ma forse lo ancor pi non solo quando dice che Non dovrebbe esistere la banca vaticana dello Ior, che stata creata da un papa: Pio XII, ma anche quando nota che Ges non voleva fondare una religione (Sono venuto per..., p.26), che invece quello che la Chiesa ha fatto da sempre: creare una religione e gestirla come strumento di potere: La religione non deve mai essere

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utilizzata per fini politici, che una cosa gravissima e pericolosa (Di sana..., p.131). Per tutte le chiese Don Gallo rifiuta i privilegi: ...le chiese non pretendano ruoli speciali (Di sana..., p.129) e soprattutto per quella cattolica: Io credo, e con me tanti cattolici e tanti cristiani , che i credenti debbano testimoniare la loro fede nella vita sociale e politica, ispirandosi solo alla parola povera di Ges di Nazareth e che la Chiesa debba abbandonare le logiche ecclesiastiche della ricerca di privilegi e dei ruoli nelle istituzioni. Solo cos inizieremo veramente ad applicare i principi del Concilio Vaticano II (Di sana..., p.132). L'attacco all'8 x1000, di stampo classicamente anticlericale, fa parte di questa logica antiprivilegi: Il Vaticano ha in Italia troppi privilegi...Eliminando l'8 per mille e alcune strane esenzioni fiscali, il bilancio dello Stato italiano potrebbe ingrassare di tre miliardi l'anno...Quanti posti di lavoro per giovani si potrebbero creare con una tale cifra? E il guaio supplementare che la stragrande maggioranza di questi tre miliardi di euro se ne va in spese che nulla hanno a che fare con la carit e l'assistenza ai poveri e ai bisognosi (Non uccidete..., p.211-12). E aggiunge: La Chiesa il pi grande proprietario immobiliare d'Italia e nei suoi immobili ospita non poche attivit commerciali, eppure in fatto di Ici e di Ires ha un trattamento di favore assolutamente non giustificabile: zero Ici e met Ires. Quanto Don Gallo abbia ragione confermato dal fatto che la Chiesa stessa ha riconosciuto davanti alle contestazioni del governo Monti che questi privilegi vanno rivisti. Ad essere pi precisi in Italia... possiede 100 mila immobili...la sola Propaganda Fide ha immobili per un valore di almeno 9 miliardi di euro (Non uccidete...., p.213). La sua visione della Chiesa non ha niente a che vedere con quella delle gerarchie vaticane: La Chiesa deve vivere delle offerte dei suoi fedeli (Non uccidete..., p.211-12). Tutti i guai nascono per Don Gallo quando prima di fatto Costantino e poi di diritto Teodosio fanno diventare il cristianesimo religione di Stato, regalando tutti i beni delle religioni pagane alla Chiesa, mentre la Chiesa deve essere profetica , non

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costantiniana...Diocleziano pu spazzar via molti di noi, ma Costantino invece corrompe tutto, non uccide solo chi testimonia, spazza via l'anima e lo spirito della Chiesa, la sua capacit e credibilit di profezia (Non uccidete..., p.213). Allo screditato banchiere vaticano Mons. Marcinkus, capo dello IOR, la banca vaticana, che aveva detto: La Chiesa non si governa con le Ave Maria, risponde che La Chiesa si governa con i Vangeli e con la testimonianza, con la fede e con la comunione. Tutto il resto di troppo...La Chiesa deve...dare l'esempio: non preoccuparsi di condizionarci fin da bambini a scuola. Le scuole non devono sostituire le parrocchie, il catechismo (Non uccidete..., p.214). Par di capire che contrario anche all'ora di religione nelle scuole e, date le premesse, non poteva essere che cos. Certo dura per un anarchico, seppur angelico, restare dentro la Chiesa come oggi se si ama la libert di coscienza e il Vangelo, lui stesso ci racconta di essere andato vicino alla scomunica, ma che forse la circostanza del momento di passaggio con l'arrivo alla diocesi di Genova del cardinale Bertone, tra l'altro suo compagno di studi alla universit, e la sollevazione popolare in suo favore a uno spettacolo di Grillo lo salvarono dal provvedimento. Ma alla libera critica Don Gallo non rinuncia e tramite essa va a colpire un ganglio fondamentale della Chiesa come istituzione : La Chiesa non pu imporre di rinunciare a esprimere le proprie idee, all'espressione della coscienza personale, non mi stancher mai di ripeterlo. Una Chiesa che si arrocca sulla gerarchia e non sta con i poveri, non una Chiesa giusta (Di sana..., p.92-93). Uno che come lui vuole ostinatamente restare nella Chiesa e che affronta per questo anche molte personali contraddizioni, perch ha la speranza che divenga diversa, ma come? : Come i teologi Frei Betto e Giulio Girardi, io non credo che il rinnovamento della Chiesa venga dall'alto, credo che lo Spirito Santo lavori dal basso: Betto sostiene sempre: Voi in Italia siete molto vicini al papa, mentre noi in America Latina siamo molto vicini a Dio (Cos in..., p.94). Il suo rimprovero alla Chiesa di oggi riguarda non solo i

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principi ma anche i comportamenti, a suo dire si dovrebbe fare paladina dei diritti degli ultimi, cosa che non fa , ed il rimprovero che rivolge anche a molti cattolici tiepidi: La Chiesa oggi opera nell'ambito di una solidariet assistenziale, corre in soccorso dei bisognosi e tampona gli effetti della povert, ma non si occupa di denunciarne le cause, non lotta abbastanza per il riconoscimento dei diritti delle minoranze. I politici banchettano amorevolmente con gli assassini senza che si alzi una sola voce di dissenso (Cos in, p.97). Riferisce che quando incontra esponenti politici che si definiscono cattolici alla domanda sul perch non si schierino decisamente con gli oppressi questi si giustificano dicendo di essere cristiani moderati. Al che Don Gallo ribatte: Cristo era tanto moderato che si fece mettere in croce per le sue idee! (Cos in , p.97). Certo le obiezioni a Don Gallo sul suo voler essere prete all'interno della struttura istituzionale della Chiesa sono molte, ma lui risponde cos: Molti mi chiedono di andarmene dalla Chiesa, visto che non sono d'accordo quasi su niente. Ma io nella mia casa ci sto bene, la amo, rispetto la sua struttura gerarchica, perch non pu essere acefala. Semmai, se qualcuno non mi vuole, che abbia il coraggio di scomunicarmi. Considero il mio dissenso un atto di fedelt ai principi fondamentali della Chiesa e ritengo le reazioni scomposte alle mie posizioni un segno vitale (Cos in..., p.57 ). E siamo convinti che Don Gallo continuer su questa strada perch il suo programma questo: ...Tutte le volte che la mia Chiesa contro Ges...bisogna dire di no! (Il Vangelo di..., p.75) e non per odio: La mia non una contestazione, un dono d'amore. S. proprio cos. Sono in casa e vedo anche quello che non va: Uh! Che ragnatela che c' l, la pedofilia, per esempio. Mah...sembra di no dicono. Come sembra di no? Puliamo, pulizia della casa, finestre aperte! Aria aperta! E buona novella (Di sana..., p.68). Certo che mentre dice di amarla la rifiuta quasi totalmente cos com' oggi! Si spinge anche ad auspicare un Concilio Vaticano III, che riformi tutto quello che non va nella Chiesa e aiuti ad attuare tutto quello che il Vaticano

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II voleva realizzare. E niente paure e terrori con cui la Chiesa nei millenni ha ammorbato i fedeli: A me piace pregare, rivolgermi a questo grande amore, al cosmo...perch l'inferno non c'. Tutte le volte che sentite parlare dell'inferno e di Dio con un aspetto punitivo o vendicativo non credeteci! (Il Vangelo di..., p.69).

COL PUGNO CHIUSO Nella sua lunga attivit Don Gallo ha partecipato e partecipa tutt'oggi attivamente alla vita politica e sociale e ha spiegato anche il perch: Considero ...una stupidaggine sostenere che un prete non debba interessarsi della cosa pubblica. Se in campagna elettorale vedo il pericolo di un partito o di una coalizione di partiti che vuole l'abbattimento dello Stato sociale, io mi schiero, perch la tutela delle fasce deboli, dei poveri per dirla con la Bibbia, spetta allo Stato. Lo dice la Costituzione. Ho molti amici a sinistra, ma voglio restare super partes. Non abbraccio nessuna ideologia . E cos ho sempre declinato l'invito di questo o quel partito a essere inquadrato nel movimento (Il fiore..., p.83-4). Anche perch chi segue un'ideologia pu essere indotto in errore, chi serve i poveri non sbaglia mai (Il fiore..., p.207). chiara comunque la sua scelta politica decisamente e convintamente a sinistra, ne fanno fede molte sue affermazioni: In diverse occasioni ho dichiarato pubblicamente di votare a sinistra sostenendo le ragioni di una sola parte politica (Angelicamente..., p.12), ... vero sono comunista. Non dimentico mai la Bibbia e il Vangelo. E non dimentico mai quello che ha scritto Marx (Angelicamente..., p.16), la cultura marxista una rivendicazione laica della giustizia sociale (Il fiore..., p.73) ...il cristiano non pu non essere antifascista (Cos in..., p.53) e a proposito di antifascismo dice chiaramente che lasci la Congregazione dei salesiani perch la loro politica in Brasile era a favore della dittatura di destra (Il fiore..., p.82). La stessa accusa muove alle altre dittature di destra, criticando duramente l'appoggio

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della Chiesa alla feroce dittatura argentina ed esaltando la figura di Hebe Bonafini, presidente delle Madri di Plaza de Mayo. Queste combattono per ottenere la verit sui trentamila desaparecidos e hanno denunciato alle autorit italiane monsignor Pio Laghi, nunzio apostolico in Argentina in quanto collabor attivamente con i membri sanguinari della dittatura militare e port avanti personalmente una campagna volta ad occultare tanto verso l'interno quanto verso l'esterno del Paese l'orrore, la morte e la distruzione (Cos in, p.31). Anche nel caso della dittatura di destra nel Salvador la posizione della Chiesa lo addolora profondamente: emblematica la storia di monsignor Romero, assassinato mentre diceva messa da un sicario assoldato dalla dittatura nel 1980 perch denunciava instancabilmente i crimini del governo: Andava da papa Wojtyla a dire Santit, santo padre, l ammazzano tutti, la povera gente, c' un governo despota e militaree riceveva come risposta Lei eccellenza stia attento a cosa fanno i comunisti e Romero Guardi che io conosco tanti anticomunisti, per sono quelli che ammazzano la gente (Di sana..., p.78), e in risposta glacialmente: Deve avere relazioni migliori con il suo governo!(Non uccidete il futuro dei giovani, p.36). Dopo la morte gli rifiut la beatificazione per timore di una strumentalizzazione della sinistra! E tuttavia ha voluto incontrare ostentatamente il dittatore cileno Pinochet. Rispetto a papa Giovanni Paolo II Don Gallo particolarmente critico circa il suo conservatorismo dottrinale, e per le sue posizioni politiche, soprattutto critico per la sua condanna della Teologia della liberazione, che gli rinfacci, suscitando grande scandalo, davanti a milioni di telespettatori in una trasmissione televisiva in occasione del ventesimo anniversario del suo pontificato. Questa teologia si sviluppata nell'America Latina,e, a suo avviso, non una teoria, un esercizio accademico, ma nasce dalla esperienza di fede dei poveri che cercano il proprio affrancamento dall'oppressione (Cos in..., p.94), La teologia della liberazione propone una lettura del Vangelo,

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che pone l'accento sull'emancipazione degli ultimi e mette sul banco degli imputati il cristianesimo borghese e l'occidente capitalista (Il fiore..., p.70). Don Gallo ama ricordare la frase del vescovo delle favelas Hlder Camara: Quando do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo: Ma quando chiedo perch i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista(Cos in, p.25). Ad un'analisi dal punto di vista cristiano il modello capitalista sbagliato, non applica alcun principio del Cristianesimo e io sono dalla parte di chi cerca di cambiarlo (Cos in..., p.25), osserva Don Gallo. Sono note anche le sue posizioni rispetto alla globalizzazione economica :..Non rifiuto la globalizzazione in quanto tale, ma la sua ispirazione neoliberista, a causa della quale emerge in modo prepotente il diritto della forza e non la forza del diritto (Angelicamente..., p.21). Qualcuno si chiesto perch Don Gallo non attacca mai le dittature comuniste, probabilmente non certo perch le giustifica, da buon anarchico amante della libert non sarebbe possibile, ma perch a quelle la Chiesa non ha mai dato appoggio. Comunque il suo essere vicino ai dannati della terra lo fa schierare con chi rivendica giustizia: io sto... con gli zapatisti chiedono solo la terra che apparteneva ai loro antenati, non di salire al potere...Lo zapatismo la speranza di un risveglio nazionale, il risultato di una collettivit che difende i principi di giustizia (Cos in..., p.88). Gli zapatisti come tutti coloro che combattono per la libert e la giustizia sono compagni perch Chiamare qualcuno compagno significa attribuirgli non solo una convinzione politica ma riconoscergli un valore di umanit, onest, generosit, attendibilit, che nessun'altra parola pu esprimere con uguale compiutezza (Cos in..., p.107). Ma chi sono gli ultimi? Ad esempio i palestinesi: Io da cattolico sto dalla parte degli ultimi. Essere filopalestinese non significa affatto essere antisraeliano , anche se va a dire messa con la kefiah indosso (Cos in..., p.106). Gli ultimi sono anche gli immigrati: rendere la clandestinit un reato un crimine contro l'umanit. violazione di una legge universale.

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Noi siamo prima di tutto esseri umani (Cos in, p.19).Nella sua visione la Costituzione laica... ed antifascista. Per questo la considero un mio Vangelo...che si ispira agli ultimi, non violenta , anticapitalista! (Il Vangelo di..., p.75). Un punto che ci fa capire bene l'idea politica di questo prete il giudizio che lui d sul '68: il pi straordinario movimento giovanile della Storia, che purtroppo oggi divenuto quasi una moda screditare: I pregiudizi son duri a morire: Sessantotto uguale violenza. vero esattamente il contrario! Si arriva addirittura ad accreditare l'equazione: Sessantotto, padre del terrorismo. C' una semplice verit: mai, nel biennio '68-'69, i movimenti si sono organizzati per uccidere qualcuno, mentre sono state numerose le vittime tra le loro file (Cos in..., p.116) Quando tutto proibito,... quando tutto diventa illegale l'illegalit rivoluzionaria (Cos in..., p.108). Egli condivide perfettamente il giudizio sul '68 di un altro prete, padre Balducci: Sul piano culturale avvenuto qualcosa di definitivo, avvenuto il denudamento delle istituzioni in quanto funzioni del Potere. da allora che il Potere va in giro nudo (Cos in..., p.116). l'ispirazione anarchica e libertaria del '68 che Don Gallo condivide ed esalta. La sua passione oltre che per la libert anche per la giustizia: dice di essere per una sempre nuova resistenza, mai per la resa, I credenti a dire che la Terra di Dio; i non credenti che la Terra di tutti (Angelicamente..., p.6). Don Gallo sintetizza cos la sua idea della politica: La politica sana quando prende come misura di valore la persona umana, con le sue esigenze e i suoi diritti,...(Il fiore..., p.19), e ripete, richiamandosi a Don Milani,: Cos' la politica? Uscire tutti insieme dai problemi. Con una peculiarit: partire dagli ultimi(Di sana..., p.59). E si propone cos per il futuro: io domani voglio essere pi uomo, pi umano, pi cristiano, pi prete, pi anticapitalista, antifascista, pi non violento, ogni giorno! (Il Vangelo di..., p.74). Da sempre cerco di coniugare il mio impegno civile con la mia coscienza di fede evangelica...Non taccio, non posso tacere di fronte a certe cose,

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perch mio dovere di cittadino, di cristiano, e di prete (Non taccio, p.92), Resistenza. Se ti arrendi al potere sei finito (Non uccidete..., p.80). Anche qui in sintonia con Don Milani: A cosa sar servito avere le mani pulite se poi le abbiamo tenute in tasca?.

ALLORA: PRETE O LAICO? Prete laico? Le due parole formano un ossimoro come dolce e amaro? O possono stare benissimo insieme? Da quanto abbiamo visto nell'analisi dettagliata di tutti i suoi scritti non si pu non rispondere che un laico convinto su tutti gli aspetti essenziali che qualificano la laicit e un pensiero laico, con la caratteristica che alcuni punti essenziali del suo essere laico li fonda sul suo essere prete della Chiesa cattolica, ma soprattutto sul suo essere fedele al Vangelo e alla figura di Ges. Ad esempio: la libert di coscienza, di pensiero, di espressione, e dunque l'autodeterminazione dell'individuo la considera come dottrina certa del Concilio Vaticano II e dunque ufficialmente della Chiesa, che con il Concilio avrebbe rifiutato qualsiasi forma di fondamentalismo e integralismo religioso, riconoscendo il valore della persona rispetto a quello della verit imposta: la persona prima della verit. La nonviolenza la fonda sul discordo della Montagna, e anche il rifiuto di ogni forma di razzismo e l'amore per gli ultimi e i loro diritti sono elementi evangelici e laici nello stesso tempo. Altri aspetti della sua laicit come la separazione tra Stato e Chiesa e il conseguente rifiuto dello Stato confessionale sono elementi essenziali di derivazione liberale . Altri aspetti ancora della sua laicit fanno a pugni con le posizioni ufficiali della sua Chiesa alla quale contesta il clericalismo gerarchico, la mancata distinzione tra peccato e reato, la pretesa di intromettersi continuamente nei fatti dello Stato per condizionarne le leggi e la pretesa di condizionare le coscienze per ridurle all'obbedienza, mentre per lui l'obbedienza non una virt. Riafferma anche un principio base della laicit, secondo cui nessuna religione che

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pretende di essere unica, e cio assoluta, pu essere vera e ricorda che Ges non voleva fondare una religione. Don Gallo entra in rotta totale di collisione con la Chiesa quando fa proprie le istanze della laicit nella bioetica, contestando il suo dogmatismo su aborto, eutanasia, testamento biologico, contraccezione, fecondazione assistita. Anche sul divorzio e sulle coppie di fatto, sul valore di una sessualit libera lontano dalla dottrina ufficiale. Contesta alla Chiesa di non essere evangelica cio accogliente rispetto a omosessuali e transessuali. Rifacendosi alla tradizione libertaria, rifiuta il proibizionismo e l'autoritarismo nell'educazione e si scontra cos con il dogmatismo ecclesiastico e clericale in nome di una educazione laica cio fondata sulla libert. Contro il proibizionismo sulle droghe si scontra con la demonizzazione, specialmente delle droghe leggere, non in nome della libert di drogarsi, ma in nome di una legalizzazione che tolga le droghe dalle mani della mafia e non condanni i giovani tossicodipendenti alla galera. Un altro elemento di forte laicit l'obiezione di coscienza alla guerra, al militarismo e all'uso della violenza, che si rileva nelle sue posizioni teoriche e politiche, basta ricordare la sua opposizione all'ampliamento della base militare della Nato Dal Molin. La critica dura sull'uso della religione a fini politici e all'interferenza della Chiesa nella politica qualifica ancor pi il suo essere laico. La scelta poi del dialogo socratico, fondato sulla ricerca, il rifiuto di imporre agli altri i propri principi, il rispetto per la diversit e per le altre forme autentiche di religiosit, il confronto continuo con la scienza e non il rifiuto aprioristico delle sue conquiste sono altri aspetti del suo essere laico. Molti si sono chiesti come possibile che un prete cos non sia mai stato scomunicato. Spiegazioni ci sono e convincenti, innanzitutto Don Gallo non tocca mai i dogmi dottrinali fondamentali (Trinit, sacramenti, resurrezione ecc.), non rifiuta la funzione intermediaria tra uomo e Dio della Chiesa, anzi dice di amarla, non rifiuta l'esistenza delle gerarchie, ma soprattutto il motivo della mancata scomunica dipende dal fatto che lui si richiama al Vangelo, alla

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figura di Ges al suo stare dalla parte degli ultimi e degli oppressi cio si richiama alla motivazione che dovrebbe giustificare l'esistenza stessa della Chiesa: l'attuazione del Vangelo: Fanno scandalo le mie posizioni solo fin quando non ci si rende conto che si attengono al messaggio di Ges (Cos in, p.124). I pi intelligenti tra la gerarchia vaticana lo hanno capito benissimo: scomunicare Don Gallo come darsi la zappa sui piedi rispetto ai fedeli e alla opinione pubblica. E lo ha sempre capito benissimo lo stesso Don Gallo che su questo ha sfidato pi volte vescovi e cardinali, ribadendo loro la pi assoluta obbedienza nel momento stesso in cui disobbediva e dichiarava che l'obbedienza non una virt. Infatti racconta che una volta il cardinale Siri, noto conservatore, gridava, allora gli ho detto: Lei metta che mi dica di uscire con la pentola in testa. Non me ne frega delle sue motivazioni. Io per un anno esco con la pentola in testa. La stampa scriva che Sua Eminenza, la Curia, il Tribunale ecclesiastico, hanno deciso che Don Gallo esca con la pentola in testa (Non uccidete..., p.43). Lo stesso cardinale Siri, evidentemente rassegnato, ma anche intelligente, era arrivato a dire: Don Gallo non lo beccheranno mai. Avete presente le alte grondaie dei tetti? Lui cammina l, senza cadere (Cos in..., p.124). Comunque se c' qualcuno che vuole mandarlo a Barbiana, consideri che lui a Barbiana ci sta gi da quarant'anni. Dunque questo prete pu essere considerato un laico? Possiamo senz'altro rispondere di s. Possiamo solo fare due appunti su due affermazioni in cui forse la sua vigilanza laica viene meno e il prete ha il sopravvento, quando dice: Una vita non radicata nella fede una vita superficiale. Dio il legame tra tutti gli esseri umani: spezzare questo vincolo significa fare Dio in pezzi e insieme non riconoscere l'umanit che in tutti (Il fiore..., p.42). In altri termini: Ogni persona ha una sua dignit piena, che discende dal suo essere figlio di Dio e quindi con la libert di coscienza dei figli di Dio (Il fiore..., p.85). No, Don Gallo, la dignit gli esseri umani, le persone, ce l'hanno perch sono persone, indipendentemente dalla ammissione

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di un Dio, basta la nostra ragione a rivelarci che siamo tutti nella stessa barca, quella socratica dell'ignoranza e quella della sofferenza che ci fornisce in abbondanza la natura matrigna, per questo basta il messaggio che ci hanno lasciato Giacomo Leopardi ne La ginestra, Albert Camus ne La peste e Fabrizio De Andr ne La guerra di Piero : uniti insieme in solidariet contro l'assurdit del dolore, contro la guerra e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Ma ora forse pretendiamo troppo da una persona che ha fatto serenamente della sua fede uno strumento di laicit e di coerenza ( qualche contraddizione non pu essere che feconda) e che ha fatto propria l'esortazione di Don Milani: Fai strada ai poveri senza farti strada. Resta comunque il problema: laico perch poco prete o proprio perch prete?

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Parte terza NASCITA E SVILUPPO DEL CONCETTO LAICO DI TOLLERANZA NEL CINQUE-SEICENTO La tolleranza come problema Anche oggi, come in altre epoche storiche, si pone il problema della tolleranza a causa della presenza di intolleranze di vari tipi: religiose, politiche, ideologiche, razziali, etniche, culturali. Anche oggi la tolleranza sottoposta a molteplici attacchi da parte degli intolleranti e dei fanatici di ogni tipo. Varie e articolate sono le posizioni su di essa. Ci sono coloro che ritengono la tolleranza pericolosa se assoluta, quando cio ammette la tolleranza anche verso gli intolleranti e questo con la motivazione che il tollerare gli intolleranti potrebbe permettere a questi ultimi di prevalere e creare cos una societ nella quale scomparirebbe ogni forma di tolleranza, di libert e di democrazia. Ci sono poi coloro che rifiutano il termine stesso di tolleranza in quanto sinonimo di sopportazione, non perch sono intolleranti ma, al contrario, perch la ritengono basata sul pregiudizio tipico di chi, pur essendo convinto di possedere la verit, sostiene che bisogna sopportare benevolmente e paternalisticamente chi sbaglia. Ci sono infine coloro che interpretano la tolleranza alla luce della laica convinzione che esistono una pluralit di verit e che tutti hanno diritto a esprimerle liberamente secondo coscienza. Quindi nessuno deve sopportare qualcun altro, ma tutti devono vivere la tolleranza come riconoscimento del diritto di ognuno alla libert di coscienza e di espressione, che l'acquisizione fondamentale a cui si arrivati oggi, almeno dal punto di vista teorico, dopo secoli di lotte per la libert. Molteplici sono i motivi che spingono a favore di questa concezione della tolleranza: dal punto di vista etico essa doverosa, perch, se si rivendica il rispetto per le proprie opinioni, questo stesso rispetto va riconosciuto alle convinzioni degli altri; dal punto

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di vista teoretico logicamente derivante dalla ammissione dell'esistenza di una pluralit di verit (relativismo) che come tali devono accettarsi a vicenda e poter convivere; dal punto di vista pratico si presenta come un metodo di convivenza sociale utile e politicamente efficace, perch, rifiutando ogni forma di violenza, permette l'affermarsi e il consolidarsi della democrazia. A questo punto va affrontato un nodo teoretico che il problema della tolleranza si porta appresso e dal quale non facile uscire: la tolleranza deve essere assoluta o relativa? Pi precisamente: si devono tollerare gli intolleranti? La logica vuole che per coerenza occorrerebbe tollerare anche i fanatici e gli intolleranti, altrimenti si cadrebbe in una contraddizione: se non si tollerano gli intolleranti si diventa a propria volta intolleranti. Ma, facendo prevalere il valore della coerenza, si rischia di far vincere gli intolleranti e quindi di mettere a repentaglio libert, tolleranza e democrazia. per questo motivo che molti pensano non si debbano tollerare gli intolleranti, meglio incorrere in una contraddizione logica piuttosto che rischiare di favorire una societ fondata sull'intolleranza. questa ad esempio la posizione del filosofo John Locke, che nella societ inglese della seconda met del Seicento, affermava non doversi tollerare i cattolici papisti, perch una volta al potere non avrebbero tollerato le altre religioni. Lo stesso problema, cio se tollerare gli intolleranti, si presenta continuamente anche oggi, ad esempio lo storico Irving, che nega l'esistenza dei campi di sterminio, viene messo in carcere per impedirgli di divulgare le sue idee, pericolose perch potrebbero fare proseliti: giusto o le sue idee vanno tollerate in nome della libert di espressione come diritto di ogni individuo? O, altro esempio: gli integralisti islamici che vivono nelle democrazie occidentali i quali affermano convintamente: Vi conquisteremo con le vostre leggi laiche e democratiche e vi domineremo con le nostre leggi religiose e intolleranti, vanno repressi o tollerati? Come si vede la scelta tra queste due posizioni non facile e sicuramente va lasciata alla coscienza di ciascuno. Comunque la Dichiarazione universale dei

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diritti dell'uomo del 1948, consapevole del problema, rendendosi conto che i diritti in essa affermati potevano essere usati dagli intolleranti contro questi stessi diritti, prende una posizione molto chiara nell'articolo 30: Nulla nella presente Dichiarazione pu essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attivit o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libert in essa enunciati. In altre parole non si possono usare libert e diritti per poi negarli, dunque non si devono tollerare gli intolleranti. Se cos stanno le cose, senz'altro utile ripercorrere le tappe che hanno portato alla nascita e allo sviluppo del concetto moderno di tolleranza perch un concetto del tutto laico e, seguendo il suo sviluppo e il suo articolarsi nei vari pensatori, permette di comprendere il faticoso cammino che ha portato all'affermazione della laicit moderna. In questa panoramica storica mi sono servito come punto di riferimento di due belle antologie sull'argomento, quella di Massimo Firpo, Il problema della tolleranza religiosa nell'et moderna, Loescher, Torino1978 e quella successiva a cura di Roberto Cortese, La lettera sulla tolleranza di Locke e il problema della tolleranza nella filosofia del Seicento, Paravia, Torino 1990. Storicamente il problema della tolleranza si pose a partire dalla Riforma protestante,quando l'unit religiosa del mondo cristiano si spezz e il potere politico si trov a doversi confrontare con sudditi che aderivano ad una pluralit di credi differenti. La tolleranza dunque venne a porsi con grande urgenza come problema non solo teologico-religioso, ma anche politico e giuridico. In questa situazione l'Europa visse tra Cinquecento e Seicento un periodo di forte instabilit e di guerre di religione e si assistette al trionfo dell'intolleranza. Vi era infatti diffusa sia tra i cattolici che tra i protestanti la convinzione che la fede fosse la condizione necessaria per la salvezza dell'anima e che essa fosse incarnata in un complesso di dottrine dogmatiche (ortodossia) e in una organizzazione

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ecclesiale esclusiva che dovessero valere in modo assoluto come verit. Se questa era la premessa, risulta chiaro come l'errore dovesse essere perci perseguitato con tutti i mezzi, anche con la forza, se si volevano salvare le anime. In tale situazione cominciarono a levarsi, seppur isolatamente, voci e movimenti a favore della tolleranza religiosa. Le spinte provenivano da vari fattori: quello teologicoreligioso, quello politico, quello culturale, quello economico. proprio nell'ambito teologico e religioso che nacquero idee a favore della tolleranza. In campo cattolico cominciarono a diffondersi le posizioni umanistiche di Erasmo da Rotterdam che ponevano il valore del Vangelo e della carit al di sopra della ortodossia dogmatica, mettendo l'accento sulla libera scelta della coscienza in fatto di religione. In campo protestante si svilupparono, sotto la spinta del principio luterano del libero esame dei testi sacri, tutta una serie di sette che rinunciavano al fanatismo dottrinale per sostenere forme chiare di tolleranza. Ad esempio i cosiddetti Sociniani (dai fratelli Fausto e Lelio Socini da Siena) che a livello dottrinale si distaccavano sia dai cattolici che dai luterani, poich negavano la Trinit, il peccato originale, la predestinazione e la mediazione della Chiesa tra uomo e Dio, e sostenevano nel loro catechismo del 1605 la libert religiosa e la tolleranza tra i loro principi fondamentali. Essa per i sociniani era il frutto del ricorso alla ragione critica per interpretare la Bibbia e della convinzione della preminenza dell'etica sulla dogmatica, cio della idea che l'essenza del cristianesimo si trovasse non in una serie di dogmi ma nel messaggio evangelico dell'amore, della carit e del rifiuto della violenza e della guerra, messaggio che, a loro avviso, concordava con le esigenze della ragione. Anche la separazione dello Stato dalla Chiesa era per loro condizione essenziale per l'affermazione della tolleranza. In Inghilterra il latitudinarismo insisteva sulla esistenza nel cristianesimo di un nucleo di verit fondamentali comuni a tutte le chiese, fondate sulla Scrittura e ammesse da tutti. Per questa setta le

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divergenze dottrinali non potevano essere motivo di divisioni e intolleranza in quanto riguardavano questioni oscure e incomprensibili. In Olanda gli Arminiani (da Arminio prof. All'Universit di Leida) contestavano la rigida dottrina calvinista della predestinazione, secondo la quale Dio dall'eternit aveva gi stabilito chi si sarebbe dannato e chi si sarebbe salvato indipendentemente dai meriti individuali, e sostenevano la responsabilit e la collaborazione dell'uomo alla propria salvezza, attraverso le opere buone. Questo principio della libert umana li portava a sostenere il pluralismo religioso e quindi la tolleranza. Dietro questa posizione tollerante c'era la spinta della ricca borghesia dei ceti mercantili aperti al pluralismo ideologico e al pacifismo. Quanto al contributo al dibattito sulla tolleranza del fattore politico, esso era inevitabile dal momento che gli scontri religiosi andavano ad incidere negativamente sulla pace sociale e in qualche modo lo Stato doveva intervenire. Si cominci discutere sul rapporto Statochiese e, accanto alla posizione che sosteneva la necessit da parte dello Stato di far propria una dottrina religiosa e di imporla a tutti, si andava sviluppando la concezione secondo cui stato e chiese devono essere separati, avendo lo Stato come compito primario quello di garantire a tutte le posizioni religiose la libert dottrinale e di culto, in altre parole cominci a nascere la dottrina dello Stato laico e aconfessionale. Era la posizione di Johann Crell, convinto sociniano, o di John Milton e molti altri fino a John Locke. Anche il fattore culturale contribu in modo determinante all'affermarsi dell'esigenza di uno spirito di tolleranza. Sulla scia della rivoluzione umanistica e rinascimentale, che poneva al centro l'uomo come soggetto libero e razionale e la natura come oggetto di ricerca e di conoscenza, cominciava ad affermarsi la rivoluzione scientifica, ossia lo studio sperimentale della natura alla ricerca delle leggi che la regolano. In tal modo l'uomo moderno sconfiggeva la

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vecchia cultura aristotelica e la sua coscienza diventava il centro della libera scelta anche in campo religioso. Da ultimo il fattore economico: con l'emergere della nuova classe borghese e soprattutto nella seconda met del Seicento con lo sviluppo del capitalismo finanziario e commerciale nasceva l'esigenza di superare le divergenze religiose per preservare relazioni sociali stabili e pacifiche che favorissero i commerci. il caso soprattutto dell'Olanda che, per la sua politica di tolleranza, divenne rifugio di molti perseguitati religiosi europei e svilupp una notevole floridezza economica, al contrario della Spagna che, con la sua politica intollerante e inquisitoria, che condusse alla espulsione degli ebrei e degli arabi, ostacol la formazione di un forte ceto borghese e si avvi cos al declino economico e politico. TOMMASO MORO (1478-1535) Nel 1516, esattamente un anno prima che avesse inizio la riforma di Lutero, Tommaso Moro, umanista e uomo politico inglese, legato da grande amicizia con Erasmo da Rotterdam, pubblica in latino Utopia, un'opera sulla migliore societ possibile, nella quale, in un'isola ideale, si realizza il modello di una societ altrettanto ideale, perfetta ed egualitaria, caratterizzata dall'assenza della propriet privata e del denaro e dunque sul comunismo dei beni, dalla semplicit dei costumi, dal prevalere dell'interesse collettivo su quello individuale e dalla tolleranza religiosa. Tutti aspetti che paragonati alla situazione sociale dell'Inghilterra del tempo apparivano assolutamente straordinari e che spiegano il successo universale che questa opera appena apparsa conobbe. C' per da dire cos di passaggio che, alla luce delle conquiste di oggi, colpisce il fatto che in questa societ ideale permanevano per l'esistenza della schiavit, i lavori forzati, la pena di morte. Ma non intendiamo soffermarci su questi aspetti, perch quello che ci interessa analizzare per il nostro discorso la presenza e la funzione della religione in

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questa societ per verificare se gi prima della riforma di Lutero nella concezione di Moro comincia a delinearsi il concetto di tolleranza. Nella descrizione dettagliata che fa dell'isola Itlodeo, questo immaginario interlocutore di Moro che protagonista del racconto, la presenza della religione viene dettagliatamente analizzata: Fin dalle origini gli Utopiensi avevano sancito con un editto il diritto per chiunque alla libera scelta della religione da praticare, avendo appreso che prima della loro venuta le genti dell'isola erano continuamente in lotta per motivi religiosi, il che peraltro aveva consentito loro di batterle approfittando delle loro divisioni. Non avevano posto divieti a chi volesse convertire altri alla propria religione, ma a condizione che questi si limitasse ad illustrare senza animosit i pregi della sua fede, astenendosi dal demolire con livore le altre o dal ricorrere, venuta meno la forza della persuasione, all'ingiuria e alla violenza. Chi provoca contrasti religiosi con la sua intolleranza punibile con l'esilio o con la schiavit. In tal modo sull'isola si era formato un pluralismo religioso, che salvaguardava la libert di coscienza di ognuno:Ci sono diverse religioni non soltanto sull'isola, ma anche nelle singole citt, poich alcuni adorano il sole, altri la luna, altri una stella mobile. E c' anche chi venera come un dio, anzi un dio di prima grandezza, un essere umano che in passato si distinse per fama o virt. Questo concetto di tolleranza era ispirato agli Utopiensi non solo dallo scopo fondamentale di conservare la pace sociale, ma anche per favorire lo spirito religioso, ritenendo che forse Dio stesso potesse avere incrementato la molteplicit di culti, ispirando a chi una fede, a chi un'altra. In questa affermazione c' un preciso riferimento a Dio, ma chi questo Dio? Itlodeo, dopo aver detto che ci sono diverse religioni, ci spiega che comunque La maggior parte, che anche la pi saggia, non ammette nessuno di questi culti, riponendo invece la propria fede in un dio sconosciuto, eterno ed infinito, presente in tutto l'universo ma non materialmente, la cui natura va oltre la possibilit dell'intelletto umano di comprenderla.

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questo il dio che chiamano padre. A lui soltanto attribuiscono l'origine, l'evoluzione, il progresso, le vicende, quali ci appaiono, e la fine di tutte le cose. Non onorano altri dei. Anche gli altri , del resto, pur praticando culti diversi, concordano con essi nel riconoscere l'esistenza di un unico essere supremo, creatore dell'universo e della provvidenza, che tutti nella loro lingua chiamano Mitra. La divergenza sta nel fatto che alcuni lo considerano una determinata cosa, altri una cosa diversa. I riti particolari di ogni comunit religiosa vengono praticati in privato, quelli officiati in pubblico non devono contrastare con nessuna delle fedi esistenti. Quindi non vi nessuna immagine sacra nelle chiese, affinch ognuno possa concepire la propria divinit come crede...allo stesso modo non viene invocato il nome di alcun dio, salvo quello di Mitra, sul quale tutti concordano nel considerarlo rappresentativo della maest divina, quale che sia. N si recitano preghiere che non possa dire chiunque senza pregiudizio per il proprio culto. Le chiese dunque sono in comune come comune la preghiera che a conclusione del rito i fedeli recitano insieme, nella quale si afferma che Dio creatore e signore dell'universo e di ogni bene e che quindi ognuno tenuto a rendergli grazie per tutti i benefici ricevuti. Non credono agli oracoli e alla divinazione che considerano superstizione e non sacrificano animali, ritenendo che non sia gradito il sangue alla divina bont di chi ha dato appunto la vita alle creature perch vivano, ma credono ai miracoli, nei quali riconoscono l'intervento della divinit. Si comincia qui ad intravedere l'idea del Dio cristiano e Moro, per bocca di Itlodeo, racconta che appena conosciuto il cristianesimo si convertirono in molti, essendo questa religione la pi razionale, lasciando sempre a ciascuno la propria scelta con la tolleranza pi assoluta, con la sola eccezione: gli atei non devono essere tollerati: ...lasciando ciascuno libero di credere a quel che volesse, salvo il divieto di avvilire la dignit umana al punto da negare la sopravvivenza dell'anima e l'esistenza di un'armonia universale, regolata dalla

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provvidenza.Troviamo qui una argomentazione che sar una costante anche delle menti pi aperte e intelligenti in fatto di tolleranza, come Locke e Voltaire, questa vale per tutti tranne che per gli atei, e costante sar anche la motivazione: gli utopiani credono che dopo la morte c' un'altra vita nella quale siano previste pene per gli scellerati e premi per i virtuosi e chi la pensa diversamente considerato indegno della sua natura umana: Come si pu dubitare infatti che non tenterebbe di violare con astuzia e segretezza le leggi della patria in nome dei propri personali interessi, o di abbatterle con la violenza, chi non ha nulla da temere al di l di tali leggi, essendo convinto che tutto finisce con il corpo?. In altre parole, solo la paura delle pene future dopo la morte a rendere le persone affidabili, chi ateo non avr cariche pubbliche n onori, quindi le sue opinioni sulla religione gli tolgono la libert politica: Viene messo da parte come persona di carattere vile e insignificante. D'altro canto, non gli infliggono nessuna pena, convinti come sono che nessuno colpevole delle cose in cui crede, n gli impongono con minacce di tenere celato quel che ha in animo...gli proibiscono per di manifestare le proprie opinioni, ma solo tra la gente comune, gli consentito invece di discutere con sacerdoti e dotti con lo scopo che lo possano convincere a recedere dalle sue opinioni, persuadendolo che l'ateismo contro la ragione. Dobbiamo aspettare l'illuminista ateo Holbach per sentir dire che, al contrario, l'ateismo il prodotto pi genuino della razionalit critica. All'alba del Cinquecento con Moro il concetto di tolleranza religiosa fa il suo ingresso sulla scena europea e comincia il suo faticoso cammino che seguiremo in personaggi di grande spessore culturale ed umano, ma che comunque rappresentano posizioni minoritarie, isolate dal tessuto sociale che li circondava. Prova di questo isolamento la fine di Moro, decapitato nel 1535 per non aver voluto rinunciare alla sua libert di coscienza, che gli impediva, da cattolico, di riconoscere come capo della chiesa inglese il re Enrico VIII. E questa sua morte riscatta se cos si pu dire anche alcune

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contraddizioni del personaggio che non stato fedele all'idea di tolleranza, quando in veste di cancelliere d'Inghilterra non esit a mandare al rogo alcuni eretici luterani. ERASMO DA ROTTERDAM (1466-1536) figura centrale di quel movimento di pensiero che inizia con lui e si sviluppa nei secoli successivi intorno al problema della tolleranza religiosa. Negli anni precedenti la Riforma protestante Erasmo d vita ad un movimento che si propone di riformare la Chiesa attraverso il ritorno al Vangelo e al suo spirito. Il centro del suo pensiero caratterizzato da alcune novit: la concezione del cristianesimo soprattutto come insegnamento morale, che deve regolare i nostri comportamenti sulla figura evangelica di Cristo. La spinta verso questo tipo di comportamento morale deve venire per dai laici perch il clero non pi il detentore del monopolio sulle cose religiose e non pi in grado di autoriformarsi. chiara la novit dirompente di questa affermazione rispetto all'assetto istituzionale e di potere delle gerarchie ecclesiastiche. Un'altra novit costituita dal fatto che Erasmo privilegia l'importanza della interiorit spirituale rispetto agli elementi dottrinali e dogmatici con i relativi riti, che, a suo avviso, sono fonti continue di intolleranza, infatti chi non crede ai dogmi ecclesiastici e non ne segue i riti considerato automaticamente un eretico e diventa subito vittima dello spirito di intolleranza. Un altro elemento ancora di novit fortemente destabilizzante rispetto alla dottrina ufficiale della Chiesa dato dalla convinzione di Erasmo che occorre studiare il Nuovo Testamento con gli strumenti della filologia che la cultura umanistica, alla quale egli appartiene, mette a disposizione, si evidenzia cos che la dottrina tradizionale della Chiesa sui sacramenti errata: i sacramenti sono solo due, battesimo ed eucarestia, gli altri sono invenzioni successive. Sembrerebbe a questo punto che Erasmo sia molto vicino a Lutero, in realt tra i due c' una profonda

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differenza dovuta soprattutto allo spirito umanistico, positivo e tollerante che anima il primo e allo spirito antiumanistico, pessimistico e intollerante che caratterizza il secondo. completamente opposta la concezione che hanno della libert dell'uomo: Erasmo, da umanista cristiano, esalta la libert dell'uomo, e dunque la sua responsabilit come strumento di collaborazione con la grazia divina alla salvezza della propria anima, per la quale le opere e i retti comportamenti sono fondamentali (De libero arbitrio 1524). Al contrario Lutero non attribuisce alcun valore alla libert umana, l'uomo non libero, ma talmente peccatore che dipende totalmente per la sua salvezza dalla grazia di Dio, che la concede imperscrutabilmente solo a coloro che sono da lui predestinati (De servo arbitrio 1526). Se queste sono le premesse, risulta chiara la diversit di atteggiamento nei confronti degli eretici. Afferma Lutero: Chi bestemmia Dio deve essere messo a morte...i prncipi non devono soltanto proteggere i loro sudditi nei loro beni e nella vita corporale ma la loro funzione pi essenziale di favorire l'onore di Dio e di reprimere la bestemmia e l'idolatria. Siamo allo spirito di intolleranza pi assoluto, anche se di fronte all'imperatore Carlo V alla dieta di Worms aveva rivendicato la libert di coscienza rispetto alla Chiesa di Roma affermando: andare contro coscienza non cosa n giusta n prudente. Erasmo invece, pur ammettendo l'esistenza degli eretici (siamo pur sempre agli inizi del Cinquecento), rifiuta qualsiasi forma di repressione, richiamandosi all'antico precetto cristiano della tolleranza verso chi sbaglia : Un tempo l'eretico era sentito attentamente. Se dava soddisfazione veniva assolto, se si ostinava...la pena suprema era per lui l'esclusione dalla comunione ecclesiastica. Ora il crimine di eresia ha mutato carattere; per una qualsiasi futile ragione si ha subito in bocca ' un'eresia! un'eresia!'. Una volta si considerava eretico chi si scostava dal Vangelo...ora se qualcuno si allontana un tantino da san Tommaso un eretico...Tutto ci che non piace, tutto ci che non si comprende un'eresia. Dunque Erasmo rifiuta di considerare

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ogni errore un'eresia ed contrario all'uso della violenza, teme che con il metodo della tortura e dei roghi il male diventi pi grave e rimprovera sia ai cattolici che ai protestanti di aver dimenticato lo spirito di mitezza e comprensione di Cristo e per quelli che non si ravvedono ci penser un giorno Dio. Un passo ulteriore verso la tolleranza Erasmo lo compie quando comincia ai suoi tempi a parlare per primo di libert di coscienza in materia di religione: Si lasci ciascuno alla propria coscienza fino a quando il tempo dia occasione di un accordo. Comincia con lui a nascere nella cultura moderna la nozione morale di coscienza come spazio di scelta autonoma e libera di ciascuno, prodotta non dall'ambito cattolico n da quello protestante ma dalla cultura dell'Umanesimo. Ne segue che la Chiesa pu solo scomunicare l'eretico, il quale non sar perseguitato nemmeno dall'autorit politica (tranne nel caso di pericolosit sociale), che deve cessare di essere il braccio secolare che esegue le condanne della della Chiesa. Erasmo persuaso che la cristianit deve cercare ci che unisce e non ci che divide come le inutili complicazioni teologiche, occorre infatti lasciare da parte i dogmi non essenziali, ad es. diventa un inutile strumento di divisione il discutere se nell'eucarestia il pane e il vino si trasformino nel corpo e sangue di Cristo come sostengono i cattolici (transustanziazione), o se il corpo e il sangue di Cristo sono presenti insieme con la sostanza del pane e del vino come invece sostengono i protestanti (consustanziazione). Occorre invece concentrarsi su dottrine veramente fondamentali e comuni ad es. la fede nella divinit di Cristo e nella sua resurrezione. La fede per Erasmo una pratica di vita vissuta non un insieme di formule dottrinali: Ci che importa, ci a cui dobbiamo dedicare ogni nostra energia, di guarire la nostra anima dall'invidia, dall'odio, dall'orgoglio, dall'avarizia, dall'impurit. Tu non sarai condannato perch ignori se lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, da un solo principio o da due; ma non eviterai la dannazione se non ti sforzerai di possedere i frutti dello Spirito, cio carit, gioia, pace,

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pazienza, mansuetudine, castit...Un tempo la fede consisteva nella vita piuttosto che nella professione degli articoli di fede. Queste idee Erasmo le espresse in molte sue opere, le quali furono messe all'indice dalla Chiesa nel 1557, malgrado ci, esse si diffonderanno nei due secoli successivi e andranno a fecondare alcuni degli intellettuali pi brillanti fino a Locke e Voltaire, divenendo cos un vero e proprio vangelo della tolleranza: gli eretici non vanno violentati o bruciati, libert di coscienza per ognuno, il potere politico non deve intervenire nelle cose religiose, il cristianesimo soprattutto comportamento morale. Sono questi alcuni dei fondamenti della laicit moderna che Erasmo ci ha lasciato in eredit. SEBASTIANO CASTELLIONE (1515-1563) Profondamente influenzato da Erasmo, decisivo per comprendere la sua posizione sulla tolleranza il rogo di Michele Serveto. Dobbiamo perci soffermarci, seppur brevemente, su questa splendida figura di intellettuale spagnolo, al quale il grande storico Roland Bainton ha dedicato una bella biografia uscita recentemente in traduzione italiana. Studioso e medico spagnolo, testimone delle persecuzioni contro ebrei e musulmani, aveva scritto nel 1531 il De Trinitatis erroribus( Gli errori della Trinit) , opera nella quale veniva messo in discussione e rifiutato il dogma trinitario accettato anche da quasi tutte le chiese riformate. Per questo motivo fu costretto a vivere sotto falso nome per sfuggire all'Inquisizione cattolica, ma i cattolici lo perseguitano e lo arrestano, fugge dal carcere. Recatosi a Ginevra, Calvino lo fa arrestare e bruciare dopo avergli amputato la lingua. Era il 1553, Serveto aveva 42 anni, muore vittima del regime teocratico protestante che vigeva in quella citt , nella quale potere politico e potere religioso erano tutt'uno e trionfava l'intolleranza pi assoluta. La sua vicenda fece scalpore in tutta Europa e in molti rimproveravano a Calvino di aver messo in

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atto con Serveto la stessa persecuzione che la Chiesa romana aveva riservato ai protestanti. Ma Calvino,convinto fanaticamente di interpretare la volont di Dio, scriveva che Serveto era un eretico e la tolleranza verso gli eretici era un attentato alla carit, perch metteva in pericolo le anime del popolo: Ora Dio non vuole affatto che si risparmino nemmeno le citt, n i popoli, giungendo perfino a radere al suolo le mura e a distruggere la memoria degli abitanti...nel timore che l'infezione si estenda sempre di pi. Non era la prima volta che nei paesi che avevano abbracciato la riforma si verificava la persecuzione degli eretici, infatti nel 1535 a Munster si realizz il massacro degli anabattisti, una setta protestane dichiarata eretica perch sosteneva posizioni invise sia ai cattolici che ai protestanti, quali la necessit di ribattezzare da adulti, quando cio si poteva scegliere con consapevolezza la propria fede, il principio della non violenza, l'egualitarismo evangelico, il rifiuto della gerarchia ecclesiastica, il rifiuto dell'intervento dell'autorit civile nelle questioni religiose. La Dieta imperiale nel 1529 con il consenso unanime dei cattolici e dei luterani decretava per loro la pena di morte. Menno Simons, uno dei capi anabattisti racconta: Chi stato appeso alla forca, chi torturato con disumana ferocia, prima di essere soffocato al palo con il cappio. Chi stato arrostito e bruciato vivo, chi passato a fil di spada e lasciato quindi in pasto agli uccelli del cielo. Chi stato gettato ai pesci...Altri vanno errando qua e l, indigenti, afflitti, senza tetto, per montagne e deserti, in tane e grotte della terra. Fuggono con moglie e bimbi da un paese all'altro, dall'una all'altra citt, odiati, oltraggiati, scherniti, calunniati da tutti. Questi avvenimenti segnano in modo decisivo l'animo di Castellione, che l'anno dopo la morte di Serveto pubblica con uno pseudonimo l'opera De haereticis an sint persequendi (Se gli eretici debbano essere perseguitati) con la quale solleva il problema degli eretici e apre il dibattito moderno sulla tolleranza. Il concetto centrale dell'opera

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consiste nella convinzione che l'essenza del cristianesimo stia nella purezza della vita morale, nel comportamento basato sulla carit e l'amore evangelico per il prossimo, piuttosto che nella esattezza della dottrina e nella ricerca esasperata della ortodossia dogmatica che spinge i cristiani gli uni contro gli altri, dando luogo a crimini e persecuzioni. Per Castellione impossibile penetrare le verit di fede, essendo misteri, per cui nessuno in terra pu ergersi a giudice tra chi legge la Scrittura in un senso e chi in un altro: Tanto pi che le cose contenute nella Bibbia ci sono date oscuramente e spesso per enigmi e domande oscure e che sono in discussione gi da pi di mille anni senza che ci si sia potuti accordare. Quando si tratta invece di indicare le regole morali per la salvezza la Scrittura chiarissima: Non si discute della strada per la quale si possa arrivare al Cristo, ossia alla correzione della nostra vita ma dello stato e della funzione di Cristo stesso e di dove lo stesso Cristo stia adesso, cosa faccia, in qual modo stia alla destra del Padre, in qual modo sia uno col padre. E poi della trinit, della predestinazione, del libero arbitrio, di Dio, degli angeli, dello stato delle anime dopo questa vita e di altre cose di questo genere che non tanto necessario conoscere per conquistare, attraverso la fede, la salvezza. In questa opera c' la denuncia dell'intolleranza delle sette: Nessuno quasi pu sopportare un altro che in un qualsiasi argomento dissenta da lui...non c' quasi una setta che non condanni tutte le altre e non rivendichi a s sola il regno, ne nascono gli esili, i ceppi, i roghi e le croci per le opinioni malviste dai pi potenti intorno a cose ancora ignote, ormai da tanti secoli disputate tra gli uomini e tuttavia non ancora concluse in maniera certa...e cos sarebbe prudente che, sommersi da tanti peccati, ognuno di noi tornasse in se stesso e si preoccupasse di correggere la propria vita non di condannare gli altri. Gi nella prefazione alla traduzione latina della Bibbia del 1551 mette in evidenza la contraddizione tra la violenza intollerante e lo spirito evangelico: Che tempi! In questo modo dunque saremo sanguinari per amore di Cristo, che sparse il

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suo sangue affinch non si spargesse il sangue di altri?...perseguiteremo gli altri per amore di Cristo che ci comand se ci colpiscono sulla guancia destra di offrire la sinistra? Castellione colpito dal fanatismo, oltre che di Calvino, del suo amico Teodoro di Beza, che considerava eretici tutti quelli che non la pensavano come lui e incitava il potere politico ad abbattere questi mostri mascherati da uomini, cerc di affrontare il problema della definizione di eretico, cio di chi e per quale ragione dovesse essere considerato un eretico. A suo avviso l'errore consiste in un'estensione troppo vasta del termine con la conseguenza che diventano eretici tutti quelli che dissentono da noi: Nome oggi reso cos infame, cos odioso, cos nero, che se qualcuno vuole uccidere il suo nemico non ha una via pi spedita che accusarlo di eresia. Appena la gente sente questo nome, per questo solo nome, odia talmente un uomo da perseguitare con furia sfrenata, senza voler sentire nulla in sua difesa, non solo lui ma pure tutti quelli che osino tentare di dire qualcosa a suo favore. Castellione prosegue per convintamente: Io non dico ci perch io sia favorevole agli eretici. Io odio gli eretici.... Questa espressione ci fa capire che anche in lui non ancora maturata la convinzione che se si accetta la libert di pensiero non esistono eretici. Tuttavia egli rifiuta ogni tipo di persecuzione perch vede in essa due grandissimi pericoli: Primo che sia considerato eretico qualcuno che non eretico...l'altro pericolo sta nel fatto che qualcuno, anche se veramente eretico, venga punito troppo severamente o in modo difforme da ci che richiede la disciplina cristiana...O Prncipi, aprite gli occhi e non date cos poca importanza al sangue umano da spargerlo cos facilmente, soprattutto nella causa della religione. Castellione denuncia che di tutte le sette (oggi innumerevoli) non ce n' quasi nessuna che non tenga gli altri per eretici. In tal modo se sei ortodosso in questa citt o in questa regione, in quella vicina sarai considerato eretico. Secondo Castellione esistono due tipi di eretici quelli che vengono meno alla pratica cristiana nei costumi come gli

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avari, i lussuriosi, gli ubriaconi, i persecutori degli altri, i ladroni, i traditori e quelli che si allontanano dalla giusta dottrina. I primi sono facilmente giudicabili, perch nel giudicare i costumi siamo tutti d'accordo, ma i secondi sono pi difficili da giudicare, essendo le Scritture oscure e interpretabili. Quale allora la soluzione? Credere fermamente in Dio padre, in Cristo figlio e nello Spirito Santo e condurre una vita moralmente retta secondo i principi della carit e della piet cristiana e del Vangelo e poi lasciare la libert di interpretazione per quanto riguarda la dottrina. Pochi mesi dopo l'uccisione di Serveto, Calvino aveva fatto una vera e propria apologia della intolleranza: I nostri misericordiosi che prendono tanto gusto a lasciare impunite le eresie, vedono ora come il loro capriccio troppo male si accordi con il comandamento di Dio. Essi vorrebbero che per paura che un troppo grande rigore diffami la Chiesa di Dio, che si desse voga a qualsiasi errore per tollerare un uomo. Ora Dio non vuole affatto che si risparmino nemmeno le citt, n i popoli, giungendo perfino a radere al suolo le mura e a distruggere la memoria degli abitanti. Castellione risponde con il Contra libellum Calvini ( Contro il libello di Calvino), un'opera che circola solo manoscritta, nella quale confuta questa convinzione fanatica di Calvino, mettendo l'accorato accento sul fatto che Uccidere un uomo non difendere una dottrina, uccidere un uomo. Quando i ginevrini hanno ucciso Serveto, non difendevano una dottrina, uccidevano un uomo. Difendere una dottrina non compito del magistrato. Che cosa ha in comune la spada con la dottrina?. Da vero cristiano Castellione sferra un durissimo attacco contro la violenza interna alla religione cristiana: Il Vangelo ha cattiva fama tra i gentili per colpa nostra. Quando vedono infatti che tra di noi ci facciamo violenza come belve e che sempre i pi deboli sono oppressi dai pi forti, detestano il Vangelo, quasi fosse esso a generare gente simile e detestano Cristo quasi egli avesse comandato che accadessero tali cose. Chi infatti vorrebbe diventare cristiano, vedendo che coloro che confessano il nome di Cristo,

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senza alcuna misericordia sono uccisi dagli stessi cristiani col fuoco, coll'acqua e col ferro...? Con lui dunque il cammino della tolleranza fa un deciso passo in avanti tanto da coinvolgere, molto parzialmente, anche gli atei, per i quali prospetta l'esilio ma senza ricorrere alla violenza. Qual per il motivo del rifiuto degli atei? Singolare la risposta: essendo la libert di coscienza la voce di Dio, l'ateo non pu rivendicarla. Anche la mente illuminata di Castellione vittima dello spirito del suo tempo dominato dalla presenza totalizzante della religione. UGO GROZIO (1583-1645) Nasce in Olanda e forma il suo pensiero nei primi anni del Seicento, quando le sette province settentrionali dei Paesi bassi, gi costituite in Repubblica indipendente dal 1579, erano caratterizzate, oltre che da un notevole sviluppo economico, da profondi contrasti religiosi all'interno dello stesso calvinismo che costituiva la chiesa ufficiale. Si erano create due correnti di pensiero i gomaristi, dal prof. dell'universit di Leida Franz Gomar, che sosteneva il rigido determinismo calvinista secondo cui l'uomo si salvava solo se predestinato da Dio e gli arminiani, dal prof. dell'universit di Leida Jacobus Arminius, il quale invece sosteneva che l'uomo, redento da Cristo, aveva la possibilit di collaborare alla propria salvezza con le sue opere. Dietro i gomaristi c'era la nobilt latifondista e larghi settori del mondo contadino, dietro gli arminiani era invece schierata la ricca borghesia dei ceti mercantili cittadini influenzata dallo spirito umanistico, aperta al pluralismo ideologico. Grozio, che aveva studiato materie giuridiche a Leida, si schiera decisamente con gli arminiani ed essendo contrario agli scontri religiosi, teorizza l'intervento dello Stato nel merito delle questioni ecclesiastiche al fine di imporre la pace religiosa. Non si trattava per Grozio di spingere lo Stato a sostenere l'una o l'altra posizione ma di intervenire per evitare ogni forma di repressione violenta del

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dissenso religioso, la finalit del suo intervento solo civile e politica, lasciando intatta la libera scelta della coscienza individuale: Se tale l'accanimento degli animi dei pastori che in un sinodo, come spesso accaduto, aggraverebbe pi che guarire il male, allora dovere del magistrato, dopo aver sentito il parere degli uomini pi dotti, porre certi limiti alla libert, perch essa non degeneri in sfrenata licenza e all'interno di essi difendere con la sua autorit e la sua forza la pace della chiesa. Lui stesso fu vittima dell'intolleranza quando venne incarcerato con la condanna all'ergastolo in quanto arminiano. Evaso e fuggito a Parigi, nel 1622 pubblica in olandese il De veritate religionis christianae (La verit della religione cristiana), opera ispirata ad Erasmo che ebbe una grande diffusione per tutto il Seicento, nella quale tenta una definizione dei fondamenti dottrinali e biblici comuni a tutti i cristiani, evidenziando, come Castellione, gli aspetti etici del messaggio evangelico, prescindendo dalle questioni dogmatiche e dottrinali pi controverse. La sua apologia del cristianesimo si basa sulla convinzione che la religione cristiana pi in armonia con la ragione ed pi efficace per l'elevazione spirituale degli uomini. Per lui l'unico modo di affermare la tolleranza religiosa quello di individuare un nucleo di verit fondamentali accettate da tutti: La divergenza di opinioni tra cristiani non ha potuto impedire che vi sia sufficiente certezza intorno ai punti fondamentali cio a quei precetti in base ai quali soprattutto abbiamo svolto la nostra argomentazione a sostegno della religione cristiana. Ma quali sono questi principi fondamentali? In primo luogo credere in Dio Padre e creatore poi credere in Ges Cristo suo figlio dal quale abbiamo la salvezza, poi credere nell'immortalit dell'anima, nella rettitudine della vita e nella verit delle Sacre Scritture perch, quanto a queste ultime, i loro autori furono troppo onesti o troppo ripieni dell'afflato divino per volerci defraudare della necessaria verit. Grozio denuncia il fatto che la religione cominci un po' dappertutto a essere collocata non nella purezza degli animi ma

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nei riti...e alla fine accadde che dappertutto molti erano cristiani di nome, pochissimi quelli di fatto. Da qui le persecuzioni e le violenze mentre la legge di Cristo proibisce di rispondere all'offesa patita sia con le parole sia con i fatti affinch quella malvagit che rimproveriamo negli altri non la sosteniamo poi imitandola. Nella sua opera pi famosa De iure belli ac pacis(Sul diritto di guerra e di pace) del 1625 fonda il diritto naturale (giusnaturalismo) come prodotto della razionalit umana, che sarebbe immutabile anche se Dio non esistesse e comunque immutabile al punto che non pu essere modificato neppure da Dio. Su questa base laica afferma con nettezza che devono essere proibite tutte le guerre che abbiano lo scopo di imporre il cristianesimo con la forza e che sovrana ingiustizia perseguitare genti che, pur riconoscendo come vera la legge di Ges, dubitano o errano su alcuni punti sia perch non vi su di essi nulla di deciso in questa Legge, sia perch il senso della Legge sembrerebbe ambiguo ed stato diversamente interpretato dagli antichi. JOHANN CRELL (1590-1637) Nato in Franconia, convinto sociniano, pass gran parte della sua vita a Rakw in Polonia , capitale del movimento sociniano. La sua importanza data dal fatto che con lui il dibattito sulla tolleranza abbandona l'ambito etico-religioso per affrontare decisamente l'ambito politico, attraverso una riflessione sulla natura e i compiti specifici dello Stato. Scrive nel 1632 Vindiciae pro religionis libertate (Rivendicazione a favore della libert religiosa), pubblicata ad Amsterdam sotto pseudonimo nel 1637. Il concetto centrale dell'opera il principio giuridico e politico della distinzione tra Stato e Chiesa, tra principi naturali da un lato e legge divina dall'altro, per cui la persecuzione degli eretici viene rifiutata sia dal punto di vista politico che religioso. Quanto al primo lo Stato deve limitare il suo intervento repressivo a quei comportamenti che mettono in

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discussione la pace e la tranquillit sociale e deve garantire le condizioni necessarie per il libero confronto tra le varie opinioni e non deve in alcun modo punire gli eretici,in quanto essi non violano n le leggi della natura, n le leggi della convivenza civile. I diritti di libert vanno garantiti a tutti gli uomini, anche a quanti sono del tutto estranei al cristianesimo (La lettera sulla tolleranza di Locke e il problema della tolleranza nella filosofia del Seicento, a cura di R. Cortese, Paravia, Torino 1990). Dal punto di vista religioso Crell rifiuta di accettare anche per il cristianesimo la legge mosaica contro i falsi profeti e contesta che si possa applicare agli eretici verso i quali invece vale l'esempio di Cristo e dei primi cristiani: la tolleranza e il valore della coscienza individuale. La sua posizione molto chiara: poi particolarmente ingiusto assimilare ai ladri e ai briganti...e ritenere che debbano essere considerati come persone con le quali non pu esistere alcun patto sociale coloro che non sanno di essere eretici ( e non lo sarebbero se lo sapessero) e credono invece fermamente di avere opinioni religiose vere, pie e del tutto conformi alla parola di Dio, senza fare n voler fare alcun male a nessuno...Diverso, invece, il caso degli eretici, che osservano la pace con gli altri e desiderano fermamente osservarla anche in futuro, che non sanno di peccare, che non commettono alcuna colpa nei confronti delle leggi civili. Crell riprende qui la definizione dell'eresia come errore della mente, mentre gli uomini vanno giudicati non in base a quello che pensano ma in base a quello che fanno: anche in Crell l'aspetto etico, come abbiamo gi visto, va privilegiato rispetto a quello teologico-dogmatico. La difesa degli eretici costante in tutta l'opera: perch devono essere giudicati come persone con le quali non sia possibile alcun rapporto sociale, alcuna legge, alcuna amicizia, dal momento che per tutto il resto vivono onestamente, non fanno male a nessuno, cercano piuttosto di essere graditi a tutti e, per quanto dipende da loro, si mantengono in pace con tutti?. Il fatto che allarghi il discorso della tolleranza anche a coloro che non sono cristiani anzi anche ai totalmente

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estranei al cristianesimo fa pensare non solo alle altre religioni tipo giudaismo e islamismo, ma anche agli atei, infatti afferma: Tutti coloro i quali, per quanto compete loro, osservano come gli altri le norme della societ civile e non turbano la pace e la tranquillit altrui, non possono per nessuna ragione essere esclusi dalla societ civile n in alcun modo si pu negare loro la pace. Comunque non c' nessun accenno diretto agli atei, i tempi non erano ancora maturi. Quale il compito dello Stato ? Esso non deve entrare nelle dispute religiose, compito dello Stato il mantenimento della pace civile, la disputa religiosa un fatto interno alla chiesa e la condanna degli eretici deve riguardare solo la religione, in nessun modo l'eretico deve essere civilmente e politicamente perseguitato ma solo scomunicato dalla propria chiesa. La grande fortuna dell'opera di Crell, che fu subito tradotta in olandese e in francese e molte volte riedita, testimonia che la strada da lui intrapresa di fondare il principio di tolleranza su una concezione generale dello stato era la pi adatta alla diffusione di questo principio. JONAS VON SCHLICHTING (1592-1661) Nel 1654, dopo l'emanazione da parte degli Stati generali d'Olanda, di un decreto contro i sociniani, pubblica anonima l'opera Apologia pro veritate accusata ( Difesa della verit accusata), nella quale, sulle orme di Crell, difende la libert religiosa, attraverso la netta distinzione tra stato e chiesa. Secondo Schlichting non la tolleranza a causare odi e violenze ma l'intolleranza: Non sono quelli che chiedono di essere tollerati e sono pronti a tollerare gli altri a lacerare la chiesa, ma coloro che rinchiudono le coscienze degli uomini all'interno delle loro formule teologiche e incitano i magistrati a far violenza alle coscienze. Nel difendere la fede dei sociniani, che anche la sua, mette in evidenza il relativismo dottrinale che caratterizza ogni chiesa: Dicono che le dottrine dei sociniani sono empie e blasfeme e non possono essere tollerate

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senza commettere un gravissimo peccato contro Dio e provocare un cospicuo danno alla sua chiesa. Questo per il parere dei nostri avversari e la questione non ancora stata definitivamente risolta. Noi infatti crediamo che quelle dottrine siano pie, sante, gloriose per Dio e salutari per la sua Chiesa. Siamo colpevoli a giudizio degli avversari ma innocenti a parer nostro. Stando cos le cose, il potere civile del magistrato non deve intervenire nelle controversie religiose: La chiesa e lo stato , infatti, sono tra loro distinti e non possono essere confusi senza un completo disordine, come mostrano tante atrocissime stragi, guerre ed esempi amarissimi di chiese e di stati distrutti. La chiesa accetta soltanto coloro che hanno assunto la norma della religione prescritta da Cristo e accoglie e abbraccia al suo interno soltanto quelli che non si discostano da tale norma: Lo stato, invece, accetta e accoglie nel suo ambito gli uomini di qualunque religione, senza distinzione alcuna, anche gli idolatri, anche i pagani, anche gli eretici, anche gli apostati dal cristianesimo,...purch tutti vivano pacificamente e siano leali nei confronti di uno stato che, pur in tanta difformit di opinioni, abbraccia uniformemente tutti quanti. Come si vede la logica del discorso doveva includere nella tolleranza anche gli atei, ma ad essi non si fa cenno, segno che anche le menti pi aperte dell'epoca non riescono ancora a concepire l'ateismo come scelta di libert. Dopo aver fatto notare che i maomettani sono pi moderati dei cristiani, infatti alcune sette cristiane vivono pacificamente accolte dagli islamici, scaglia un duro attacco alla ipocrisia di quelli che dovrebbero essere maestri della chiesa e che invece hanno di mira vantaggi personali e ricchezze, e giustificano tale comportamento con la gloria di Dio e il bene della chiesa. Molto interessante si presenta l'osservazione che Schlichting fa a proposito degli eretici: secondo lui la condanna dell'eretico come pervertito e peccatore contro la propria coscienza, oltre che contro Dio, che l'Apostolo pronuncia, riguarda soltanto colui che pur conoscendo la dottrina apostolica, se ne tiene lontano consapevolmente e di proposito, non

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colui che pensa di asserire le dottrine pi fedeli alla verit apostolica. Dunque ne deduce che il concetto di eretico anche in Schlichting rimane ma ne viene notevolmente ristretto il campo e comunque par di capire che, se la loro colpa non contro la legge civile, nel qual caso il magistrato deve intervenire, ma si riferisce a un fatto solo di natura spirituale, essa immune dalla giurisdizione del magistrato: Essere un eretico non costituisce affatto un delitto politico, ma ecclesiastico, e pertanto deve essere perseguito con censure ecclesiastiche e non con pene civili. Addirittura mette in evidenza un passo dell'Apostolo dove scritto: un bene che tra voi ci siano eresie, affinch risultino manifesti i virtuosi. JOHN MILTON (1608 -1674) Durante la prima rivoluzione inglese nasce un animato dibattito sul nuovo assetto religioso ed ecclesiastico da dare al paese, al quale Milton partecipa attivamente. Il Parlamento inglese aveva approvato nel 1643 una legge che ripristinava il decreto di Carlo I del 1637 che proibiva i libri sediziosi, scismatici o offensivi, ripristinando di fatto la censura, perch impediva la stampa di un'opera prima che questa fosse stata letta ed autorizzata da speciali autorit tra cui i vescovi di Londra e Canterbury. Milton sent il bisogno di intervenire con un'opera Areopagitica (dalla orazione di Isocrate all'Areopago ateniese) del 1644, nella quale non affronta direttamente il problema della tolleranza, ma affronta quello preliminare della libert di ricerca intellettuale, tuttavia l'impostazione teoretica comportava inevitabilmente la difesa della tolleranza attraverso la difesa della libert di pensiero, di espressione e di stampa dei libri: Ma d'altra parte ci vuole estrema cautela con i libri, perch uccidere un buon libro quasi lo stesso che uccidere un uomo. E in un certo senso ancor peggio: perch chi uccide un uomo, uccide una creatura dotata di ragione, fatta ad immagine di Dio; ma chi distrugge un buon libro, uccide la ragione stessa,

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distrugge, direi quasi, la pupilla di quella Immagine Divina...un buon libro il prezioso fluido vitale d'uno spirito superiore, imbalsamato e gelosamente custodito per una vita al di l della vita. vero che il tempo non potr mai restituirci una vita umana, una volta distrutta... ma una verit soppressa, se pur vero che possa talvolta venir recuperata, non lo sar che dopo lungo volger di anni, mentre nel frattempo debbono soffrire della sua mancanza popoli interi. Milton sposta decisamente il discorso dal piano teologico a quello politico, obiettando che Lo stato fatto per governare e non per dirmi quali libri io debba leggere. La vera causa del disordine non la pluralit di sette, ma lo spirito di intolleranza: Ci sono quelli che non finiscono mai di lamentarsi degli scismi e delle sette, e che riguardano come una grande calamit che si possa dissentire dalle loro proprie massime. Sono l'orgoglio e l'ignoranza loro le vere cause di tutto il disordine; sono loro che non vogliono ascoltare pazientemente gli altri, n sono capaci di convincerli; e per vogliono che sia soppresso tutto quello che non si trova nelle loro sintamme (trattati). Interessante anche la concezione della verit come conquista progressiva, frutto della libera ricerca: Impiegare tutto quello che gi conosciamo al fine di scoprire quello che ancora ci ignoto...D'altra parte non forse possibile che essa possegga pi di un aspetto? Come spiegarci, se no, il gran numero di cose indifferenti, per le quali la Verit pu trovarsi dall'un lato o dall'altro senza cessare di essere sempre la stessa?. Qui comincia ad insinuarsi il dubbio che, se anche la Verit una sola, perch Milton pur sempre un credente nell'esistenza di Dio, per possibile che essa si presenti sotto diversi aspetti e dunque ammetta una qualche forma di pluralismo. E questo gi un passo verso la tolleranza. Ma Milton ancora pi esplicito quando, sulle orme di Erasmo e Castellione, afferma decisamente il primato della coscienza individuale come fondamento teoretico della tolleranza: la libert che io cerco quella di apprendere, di parlare e di discutere, liberamente e secondo coscienza; questa pi di tutte le altre

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libert, e aggiunge: Quante altre cose potrebbero essere tollerate in pace e affidate alla coscienza, solo se usassimo della carit e riuscissimo ad abbattere quella rocca della nostra ipocrisia, ch' l'abitudine di giudicarci a vicenda!. Per Milton tante coscienze tanti pensieri: ...se non possiamo pensare tutti allo stesso modo (e chi mai si aspetta tanto?) ci bene un consiglio, sicuramente pi sano, pi saggio e pi cristiano: quello di tollerare molti, piuttosto che costringere tutti. da notare che dice molti e non tutti, dobbiamo pensare allora che la tolleranza non sia totale? In effetti proprio cos perch subito dopo aggiunge: E con questo voglio dire che non sia tollerato il Papismo colla sua evidente superstizione, perch esso, cercando di estirpare ogni altra religione, o autorit politica, dovrebbe essere esso stesso estirpato, dopo che si sia per con ogni mezzo piuttosto caritatevole di persuadere e redimere i deboli e gli sviati. L'esclusione dei cattolici dalla tolleranza, che ritroveremo anche in Locke deriva dal fatto che essi vogliono imporre una dottrina intollerante e costituiscono perci un pericolo per la tolleranza. Comunque il principio di coscienza si stava ormai affermando nella cultura del tempo, ne un esempio infatti la rivendicazione dei diritti della coscienza sostenuta nello stesso 1644 anche da Henry Robinson nell'opera Liberty of Coscience, dove si dice: Nessun uomo pu essere perseguitato per motivi che hanno a che fare con le scelte della sua coscienza, o anche: Obbligare un uomo ad accettare qualcosa contro la sua coscienza, specialmente in ambito religioso, un'azione cattiva che Dio proibisce, anche se compiuta a fin di bene. La giustificazione della tolleranza qui non laica ma teologica, Dio che la vuole. SPINOZA (1632-1667) Spinoza, ebreo della comunit israelitica di Amsterdam, conosceva bene che cosa fosse l'intolleranza religiosa, infatti la sua famiglia era stata costretta ad abbandonare la Spagna cattolica intollerante verso

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gli ebrei. Ma la conobbe ancora meglio personalmente quando la comunit israelitica di Amsterdam nel 1656 lo espulse per eresie pratiche ed insegnate, accompagnando l'espulsione da una maledizione divenuta famosa: Col giudizio degli angeli e la sentenza dei santi, noi dichiariamo Baruch de Espinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso con l'assenso di tutta la sacra comunit...Sia maledetto di giorno e sia maledetto di notte; sia egli maledetto quando si corica e maledetto quando si alza; maledetto nell'uscire e maledetto nell'entrare. Possa il Signore mai pi perdonarlo, n riconoscerlo; possano l'ira e la collera del Signore ardere, d'ora innanzi, quest'uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge e cancellare il suo nome dal cielo; possa il Signore separarlo , per la sua malvagit, da tutte le trib di Israele, opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo ...Siete tutti ammoniti, che d'ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce, n comunicare con lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio, n dimorare sotto lo stesso suo tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti, e nessuno leggere alcunch dettato da lui o scritto di suo pugno. Come campionario dell'intolleranza e dell'odio per la libert delle religioni monoteiste non c' male! Come ha reagito Spinoza? Oltre a lasciare Amsterdam per rifugiarsi all'Aia, dove l'aria era pi respirabile, ha prodotto una delle opere pi importanti nella storia del concetto di tolleranza: il Tractatus theologico-politicus, che comparve anonimo in latino nel 1670, e fu subito condannato dalla Chiesa protestante e dalla Chiesa cattolica, perch il suo concetto di fondo era che in una libera comunit dovrebbe essere lecito ad ognuno pensare quello che vuole e dire quello che pensa. A causa di questa censura Spinoza prefer non pubblicare una edizione in traduzione olandese. Il libro una critica serrata alla Bibbia come contenitore di verit e una appassionata difesa della ragione come strumento di libert da imposture e superstizioni. In una lettera al Segretario della Royal Society di Londra nel 1665 scriveva: Sto ora scrivendo un trattato in cui

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espongo il mio pensiero sulla Sacra Scrittura. A ci mi inducono in primo luogo i pregiudizi dei teologi, so infatti che proprio questi pregiudizi sono ci che pi di ogni altra cosa distoglie la mente degli uomini dallo studio della filosofia, e perci mi sforzo di evidenziarli e di liberarne la mente delle persone pi accorte. Vi poi l'idea che di me ha la gente volgare che continuamente mi accusa di ateismo, e mi vedo costretto a combatterla, nei limiti del possibile. Infine, la libert di filosofare e di dire quel che si pensa, libert che voglio difendere con tutti i mezzi e che qui in mille modi frustrata dall'autorit eccessiva e dall'insolenza dei predicatori. Il Tractatus si rif certamente alle precedenti riflessioni sulla tolleranza, ma le porta alle estreme conseguenze, avendo come strumento critico il razionalismo moderno, che Spinoza aveva fatto proprio. Gi gli autori che abbiamo trattato in precedenza avevano distinto l'aspetto dogmatico-teologico delle verit rivelate, che dava luogo a intolleranze e a accuse di eresia, da quello etico del cristianesimo, sul quale invece doveva far leva lo spirito cristiano di carit e tolleranza. Spinoza da questo punto di partenza trae tutte le conseguenze. La Bibbia non presenta un valore teoretico, cio non la via di accesso per conoscere la verit, ma detta soltanto le condizioni di obbedienza a Dio in cui consiste la fede. L'insegnamento della Bibbia riguarda l'esercizio della virt, come ci si deve ben comportare per obbedire a Dio, non riguarda la verit: In verit null'altro contiene la dottrina evangelica oltre la semplice fede, cio il credere a Dio, temerlo o, ci che lo stesso, prestargli obbedienza. Tutte le dispute che sono all'origine dell'odio teologico e che hanno generato tanta intolleranza non hanno perci motivo di essere, la fede religiosa si precisa per il suo contenuto pratico, amare il prossimo, non si presenta come un sistema di verit. A questo punto, essendo la fede distinta dalla ragione, cio dalla conoscenza razionale, il conflitto tra religione e libera ricerca razionale e filosofica viene a scomparire, il che come dire che la religione nel campo della conoscenza deve essere sostituita dalla filosofia.

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Spinoza analizza criticamente l'intero contenuto della Bibbia per dimostrare, testi alla mano, che essa concerne il comportamento morale non la verit. Dio ha rivelato nella Bibbia agli uomini come devono comportarsi se vogliono essere a lui obbedienti, la fede un atto pratico di obbedienza a Dio, ci che scritto nella Bibbia non ha nulla a che fare con la verit, come invece vogliono i teologi e le chiese: La fede consiste nell'avere, nei confronti di Dio, quei sentimenti tolti i quali viene tolta l'obbedienza a Dio...Chi non vede che il vecchio e nuovo Testamento non sono altro che una disciplina dell'obbedienza e che a null'altro tendono se non a che gli uomini sinceramente obbediscano? Mos non cerc di convincere gli israeliti per mezzo della ragione, ma cerc do obbligarli con l'alleanza, coi giuramenti, e coi benefici; e affinch osservassero la legge li minacci con le pene e li spron con i premi: mezzi tutti che nulla hanno a che vedere con la scienza e mirano soltanto all'obbedienza: n la dottrina evangelica contiene null'altro oltre la semplice fede: cio il credere a Dio, onorarlo, o, il che lo stesso, obbedirlo. Kant un secolo dopo rifiuter anche il concetto di obbedienza a Dio perch negherebbe la libert umana, che consiste invece solo nell'adesione alle scelte libere della proprio coscienza razionale. Per Spinoza l'unico precetto che la Scrittura insegna l'amore per il prossimo, la riduzione della fede all'obbedienza, facendo cos piazza pulita di ogni possibilit di dissenso religioso perch libera la fede da dogmi e dottrine assolutizzate e quindi dalle intolleranze di ogni tipo. Per poter fondare il concetto di tolleranza Spinoza compie una operazione, che finora non aveva compiuto ancora nessun filosofo, quella di rifiutare la concezione biblicocristiana di Dio, del mondo e dell'uomo: Dio non pi visto antropomorficamente come persona, non considerato come un essere che ama, odia e punisce, frutto della immaginazione e della superstizione di individui che hanno creato Dio a immagine dell'uomo ma viene da lui identificato con un Dio sovrapersonale, coincidente con il Tutto cosmico. La spaccatura tra lo spinozismo e

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la visione ebraico-cristiana della divinit e del mondo non poteva essere pi radicale e apre la via al razionalismo critico degli illuministi. Da qui l'accusa di ateismo dalla quale per Spinoza si difende, essendo convinto di non essere ateo ma solo di avere una idea diversa della divinit. In realt dal punto di vista dell'esistenza di un Dio persona propria del cristianesimo la posizione di Spinoza quella di chi nega l'esistenza di Dio. Per realizzare le condizioni di tolleranza e libert occorre per Spinoza uno stato, la cui autorit non si schieri con l'una o con l'altra setta religiosa, ma che garantisca la libera espressione del pensiero, senza giudicare la verit dell'una o dell'altra. Quale idea ha Spinoza dello stato e del suo rapporto con l'individuo? Alla base c' l'idea giusnaturalistica dei diritti naturali di ogni individuo, per salvaguardare i quali si arriva al contratto sociale, secondo il quale gli individui per mantenere questi diritti decidono di riunirsi in societ e di rinunciare a parte di essi in cambio della sicurezza e di una convivenza civile e ordinata e cio di una effettiva libert che lo stato di natura non capace di garantire: L'uomo che guidato dalla ragione pi libero nello stato, dove vive secondo una decisione comune, che in solitudine, dove obbedisce solo a se stesso, il fine ultimo della organizzazione statuale non quello di dominare gli uomini...bens quello di liberare ciascuno dalla paura, affinch, nei limiti del possibile, possa vivere in sicurezza e cio serbare nel modo migliore il suo diritto naturale ad esistere e ad agire senza danno suo o di altri, perch il fine della organizzazione politica la libert. Solo in questo tipo di stato possibile per l'individuo realizzare la sua libert di ricerca intellettuale e fare libero usa della ragione: impossibile che l'animo di un uomo si sottometta completamente al diritto altrui, nessuno pu alienare a favore di altri il proprio diritto naturale, inteso qui come facolt di pensare liberamente e di giudicare su qualsiasi argomento, n a tale alienazione pu mai essere costretto, per sommo diritto di natura signore dei propri pensieri, ne concludo che bisogna lasciare a ciascuno la libert

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del suo giudizio e la potest di interpretare secondo il suo intendimento i fondamenti della fede. Siamo dunque in presenza di uno stato che deve intervenire non per imporre determinati dogmi di fede ma solo per impedire che le differenze religiose portino a contrasti in grado di turbare la pace della convivenza civile, uno stato che oggi possiamo chiamare laico e aconfessionale, che garantisce a tutti la libert di pensiero e di espressione e la libert di religione e di culto. Uno stato nel quale si possa liberamente filosofare: Scopo della filosofia infatti niente altro che la verit, mentre scopo della fede...niente altro che l'obbedienza e la piet...per conseguenza la fede concede la massima libert di filosofare in modo che ciascuno o possa, senza commettere alcun crimine, pensare intorno ad ogni cosa nella maniera che egli crede pi conveniente. Spinoza in pi punti del trattato fa l'elogio della Repubblica olandese e della citt di Amsterdam: Sia un esempio la citt di Amsterdam la quale, tanto con la sua grande prosperit, quanto con l'ammirazione di tutte le nazioni, conosce, per esperienza, il frutto di questa libert. Infatti, in questa fiorentissima Repubblica...tutti gli uomini di qualunque nazione e setta vivono in somma concordia, e, nell'affidare i propri beni a qualcuno, essi ci soltanto si curano di sapere: s'egli sia ricco o povero, onesto o disonesto, se sia solito agire in buona fede o no; per il resto, non li preoccupa la Religione o la setta perch tutto questo niente giova dinanzi al giudice per far valere come giusta una causa o per farla condannare, e non vi , in questa Repubblica, una setta tanto e in tutto odiosa i cui affiliati (purch non danneggino nessuno, diano a ciascuno il suo e vivano onestamente) non siano protetti e difesi dalla pubblica autorit dei magistrati. E nella prefazione aveva scritto: ...ci toccata in sorte questa rara felicit di vivere in una Repubblica dove a ciascuno concessa integra la libert di giudicare e di onorare Dio secondo la propria indole e dove niente stimato pi caro e gradito della libert.... Spinoza mor a soli 44 anni di malattia, non osiamo

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pensare a quale sorte sarebbe andato incontro se fosse vissuto nell'Italia della controriforma! PIERRE BAYLE (1647-1706) Protestante francese, costretto all'esilio a Rotterdam dalla intolleranza di Luigi XIV, nel 1686 pubblica il Commentaire Philosophique, nel quale si schiera nettamente a favore della tolleranza religiosa, fondandola sulla centralit della coscienza di ogni individuo. Il Trattato si presenta come una discussione e un commento di queste parole del Vangelo di Luca (XIV,10): Il padrone allora disse al servo: esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare perch la mia casa si riempia. Queste frasi si trovano all'interno di una parabola in riferimento a persone invitate ad un banchetto e furono usate da Agostino per giustificare le conversioni forzate e dalla Chiesa cattolica del 1500 contro i protestanti. Bayle intende dimostrare che Non vi nulla di pi abominevole che fare conversioni con l'uso della forza, per cui La Scrittura deve essere interpretabile non letteralmente, infatti ogni interpretazione letterale da cui scaturisca l'obbligo di commettere crimini falsa, ne consegue che la parabola non pu essere interpretata come fa Agostino. In genere le differenze nell'interpretazione della Scrittura vertono su questioni su cui non si pu raggiungere alcun livello di certezza perch nell'ambito teorico e della dottrina teologica abbiamo una ignoranza invincibile, mentre per quanto riguarda l'agire morale l'uomo pu conseguire una verit certa, cio pu conoscere i principi evangelici dell'amore e della carit cristiana. chiaro che, se la condizione umana quella della ignoranza socratica, non ci possono essere verit assolute e inoppugnabili tali da essere imposte a tutti. Allora il criterio di verit non pu che essere la libera coscienza individuale, che in Bayle diventa l'aspetto centrale e pi originale del suo pensiero: Io non credo che alcuno mi contesti la verit di questo principio: 'Tutto ci

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che fatto contro il comando della coscienza un peccato', perch cos evidente che la coscienza un lume che ci indica che una cosa buona o cattiva... e se non si atei, se si crede in una religione, si suppone necessariamente che questa legge e questa regola sia in Dio. Pertanto io concludo che la stessa cosa dire 'la mia coscienza giudica che una tale azione buona o cattiva' e dire ' la mia coscienza giudica che una tale azione piaccia o dispiaccia a Dio' . Dunque la libert di coscienza di ciascun individuo garantita dal fatto che in essa si manifesta comunque Dio, per cui la coscienza che giudichiamo in errore ha gli stessi diritti di pensare e di esprimersi di quella che pensiamo non lo sia, sono perci assurde e da rigettare le persecuzioni. Per quanto riguarda le verit speculative e dottrinali la libert di coscienza deve essere massima: ogni omaggio reso alla coscienza, ogni sottomissione ai suoi giudizi e alle sue convinzioni, indica che si rispetta la legge eterna, che la legge di Dio. In una condizione come quella dell'uomo, al quale la verit si presenta poco chiara, il rispetto per la coscienza altrui diventa un impegno morale e il fanatismo il peccato pi grande. Bayle in proposito molto chiaro: Concludo legittimamente da tutti questi principi che il primo e il pi indispensabile di tutti i nostri doveri quello di non agire assolutamente contro l'ispirazione della coscienza e che ogni azione che fatta contro i lumi della coscienza intrinsecamente malvagia. Cos come la legge di amare Dio non tollera mai alcuna deroga, perch l'odio verso Dio un atto in s malvagio...c' dunque una legge eterna e immutabile che obbliga l'uomo, a meno di non commettere il pi grande peccato mortale che sia possibile, a non fare nulla in dispregio o malgrado il comando della coscienza. Come si vede Bayle ancora la coscienza a Dio, essendo essa prodotto di un comando divino, assumendo una posizione rivoluzionaria per il tempo e rifiutando cos ogni forma di violenza e di imposizione della propria religione, perch essa male e Dio non pu volere il male. In tal modo cerca anche di superare il relativismo, che la libert di coscienza porta con s, ammettendo l'esistenza di una legge

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morale eterna e immutabile che Dio ha posto nell'uomo e che sono i principi di carit e di amore che ci indicano il bene. All'opposto la posizione ufficiale della Chiesa cattolica era quella che Dio non si mostra nella coscienza individuale ma solo attraverso la parola della Chiesa, che ha il monopolio della interpretazione della Scrittura, e questo comporta la negazione di ogni libert di coscienza. Per Bayle invece ...nella condizione in cui si trova l'uomo, Dio si accontenta di esigere da lui che egli cerchi la verit nel modo pi attento possibile, e che, credendo di averla trovata, l'ami e su se stessa basi la sua vita. Questo fatto, come ognuno pu vedere, una prova che noi siamo obbligati ad avere gli stessi riguardi per la presunta verit e per quella reale... sufficiente per ciascuno analizzare con sincerit e buona fede i lumi che Dio gli dona e seguendoli aderire all'idea che gli sembra pi ragionevole e pi conforme alla volont di Dio. Egli , tramite ci, ortodosso agli occhi di Dio, anche se, per un errore che non saprebbe evitare, i suoi pensieri non sono una fedele immagine della verit delle cose. Come si fa a stabilire qual la dottrina ortodossa?: la fede non ci d altre prove della ortodossia che il sentimento interiore e la convinzione della coscienza, prove che si trovano anche nelle persone pi eretiche. Se questi sono i presupposti le posizioni dottrinali non possono essere discriminanti e ad es. i sociniani, che pure negavano la Trinit, non vanno giudicati per questo, ma per come praticano la carit cristiana e la morale di Cristo. Aperta la strada alla tolleranza civile generale, Bayle convinto che essa non possa danneggiare lo Stato, anzi la cosa pi adatta al mondo a riportare l'et dell'oro e a fare un concerto e un'armonia di pi voci e strumenti dai toni e dalle note differenti, cos piacevole almeno quanto la conformit di una sola voce. A questo punto non possiamo non chiederci se questa tolleranza vale per tutti, atei compresi. E dobbiamo rispondere di no, infatti dalla impostazione che Bayle d alla coscienza come voce di Dio dentro di noi e proprio per questo valida, discende come conseguenza che gli atei, non credendo in Dio, non hanno questa

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coscienza del bene e del male e dunque non hanno diritto ad essere tollerati, perch negano il principio che illumina la coscienza. Ecco che allora la libert di coscienza viene limitata ai soli credenti. Tuttavia Bayle si rende conto della stranezza di questa esclusione nei confronti degli atei e, cercando di rimediare, viene a esprimere nei loro confronti un atteggiamento ambiguo e contraddittorio, per cui, mentre da una parte afferma che non devono fare proselitismo cio in altri termini devono tacere ci che la coscienza detta loro: Un ateo deve giustamente sottoporsi al rigore della legge e quando voglia diffondere le sue idee contro il veto che gli si oppone potr essere punito come un sedizioso, che, non credendo in niente al di sopra delle leggi umane, osa nondimeno calpestare anche queste, dall'altra sostiene che gli atei non sono necessariamente immorali (mentre lo sono molti cristiani), anzi al contrario, la morale naturale razionale del tutto sufficiente a garantire la virt e la pacifica vita sociale, quindi una societ di atei potrebbe esistere, vedi l'esempio di Spinoza, che Bayle definisce nel Dizionario ateo di sistema e disposto ad accogliere su ogni argomento ci che gli dettava la ragione. Da una parte sembra riconoscere con simpatia che i veri atei sistematici sono arrivati alle loro conclusioni attraverso una lunga serie di meditazioni profonde, dall'altra che queste meditazioni sono mal condotte. Per Bayle ateo chi non riconosce l'intervento di Dio nel mondo cio chi rifiuta il concetto di provvidenza, per cui anche i deisti, pur ammettendo l'esistenza di un Dio principio primo, sono considerati atei dal momento che questo Dio non Provvidenza, cio non si occupa del mondo: Si potr anche riconoscere l'esistenza di un essere primo, di un Dio sommo, di un principio originario, ma ci non basta a costituire il fondamento di una religione... necessario stabilire in pi che questo essere primo con un unico atto del suo intelletto conosce tutte le cose e con un unico atto della sua volont conserva a suo piacimento l'ordine dell'universo o lo muta. Di qui deriva la speranza di essere esauditi quando lo si prega, il timore di essere

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castigati quando si agisce male, la fiducia di essere ricompensati se si vive rettamente. L'intera religione senza questo fondamento non religione. Dalla tolleranza Bayle esclude anche i cattolici con una certa incongruenza perch il cattolicesimo soddisfa tutti i requisiti suddetti. Qual allora il motivo di questa esclusione? Il fatto che i cattolici sono del tutto intolleranti verso le altre religioni e sostengono che gli eretici vanno bruciati, in tal modo fomentano la violenza e mettono in pericolo la pace sociale. Come si vede anche nelle menti pi avanzate come quella di Bayle il principio della libert di coscienza conosce dei limiti, che sono quelli del tempo impregnato di religione e di pregiudizi in cui visse. Tuttavia l'esempio della figura di Spinoza lo conduce ad iniziare quel processo di erosione dell'intolleranza totale verso gli atei, che anticipa in qualche modo lo spirito illuminista. JOHN LOCKE (1632-1704) Composta durante l'esilio per motivi politici in Olanda nel 1685, pubblicata anonima nel 1690, la Lettera sulla tolleranza rappresenta un punto di riferimento indispensabile per chiunque, anche oggi, consideri la libert di coscienza e la separazione tra stato e chiesa il fondamento di una societ laica e democratica. Gi all'inizio dell'opera Locke tiene a precisare che ...la tolleranza reciproca tra cristiani...la ritengo il principale distintivo della vera chiesa...se dobbiamo prestar fede al Vangelo e agli Apostoli, nessuno pu essere cristiano senza carit e senza fede che agisce con l'amore e non con la forza...che qualcuno voglia che un'anima, la cui salvezza egli intensamente desidera, spiri tra i tormenti, quando per giunta non ancora convertita, mi stupisce davvero...nessuno pu pensare che un tale comportamento derivi dall'amore, dalla benevolenza, dalla carit. E a proposito fa notare anche una contraddizione: coloro che col pretesto della religione bruciano, torturano e perseguitano, perch non puniscono i loro

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parenti e amici che peccano continuamente contro il Vangelo? La convinzione che sta alla base della sua trattazione la esprime in una frase che sintetizza tutta l'essenza della tolleranza: ognuno ortodosso a se stesso, cio ognuno crede di possedere la vera religione, ma proprio per questo non autorizzato ad imporla agli altri con la forza e la violenza. Per evitare ogni forma di intolleranza Locke cerca di mettere a punto i diversi compiti della chiesa e dello stato: Ritengo che si debba innanzi tutto fare distinzione tra materia civile e religiosa e che si debbano fissare convenientemente i confini tra chiesa e stato. E cerca di definire le due entit con le rispettive caratteristiche: Lo stato , a mio modo di vedere, una societ umana costituita unicamente al fine della conservazione e della promozione dei beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libert, l'integrit fisica, l'assenza di dolore e la propriet degli oggetti esterni come terre, denaro, mobili ecc.. C' dietro questa definizione la dottrina giusnaturalistica dei diritti che spettano per natura ad ogni individuo e l'origine contrattualistica dello stato, che sono a fondamento dell'ideologia liberale, secondo la quale il magistrato, cio il rappresentante del potere politico, deve conservare sana e salva una giusta propriet di questi beni, che riguardano questa vita, per tutto il popolo in generale e per ogni singolo suddito in particolare, mediante leggi valide ugualmente per tutti e se qualcuno vuole violarle, contro il giusto e il lecito, la sua audacia deve essere frenata dal timore della pena, che consiste nella sottrazione o nella diminuzione di quei beni, di cui altrimenti egli avrebbe potuto e dovuto fruire. Dunque il magistrato civile deve occuparsi di questi beni e solo di essi, non della salvezza delle anime per due precisi motivi: n Dio, n gli altri uomini hanno affidato al magistrato civile l'autorit di costringere altri ad abbracciare una religione e inoltre, visto che l'autorit del magistrato consiste interamente nella costrizione, essendo la fede una libera scelta interiore, essa non pu essere costretta da nessuno: Questo dunque ci che affermo: che l'autorit civile non deve prescrivere con

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legge civile articoli di fede o dogmi o forme del culto divino. Per misurare la distanza tra questa concezione liberale della funzione dell'autorit civile e quella interventista teorizzata dalla Chiesa cattolica e da Lutero vorrei riportare alcuni passi non tanto dei rappresentanti dell'Inquisizione cattolica ormai ben conosciuti, ma quelli, forse meno conosciuti ma ugualmente intolleranti, di Lutero: Un principe secolare non deve sopportare che i suoi sudditi siano indotti alla discordia da predicatori rivali, discordia dalla quale si potrebbero temere tumulti e fazioni, ma in una localit deve esservi una sola specie di predicazione. ...I prncipi e le autorit civili hanno il potere e il dovere di abolire i culti illegittimi e di stabilire invece l'insegnamento e il culto ortodossoe ancora Chi bestemmia Dio deve essere messo a morte...i principi non devono soltanto proteggere i loro sudditi nei loro beni e nella vita corporale, ma la loro funzione pi essenziale di favorire l'onore di Dio e di reprimere la bestemmia e l'idolatria. Fissati questi punti essenziali sulla concezione dello stato, Locke si chiede che cosa sia la chiesa: La chiesa una libera societ di uomini che si uniscono volontariamente per adorare pubblicamente Dio nel modo che credono gradito alla divinit al fine della salvezza delle anime. Dico che una societ libera e volontaria. Nessuno nasce membro di una chiesa; altrimenti ciascuno erediterebbe, insieme alle terre, la religione dei padri e degli antenati e ciascuno sarebbe debitore della fede ai suoi natali: che la cosa pi assurda che si possa immaginare, in quanto la fede religiosa una libera scelta di ogni individuo. Dal momento per che nessuna societ pu sussistere se priva di regole, anche la chiesa deve darsene di proprie occorre perci definire ora quali leggi reggono una chiesa, la risposta di Locke che ciascuna chiesa si d liberamente le regole che stabiliscono i suoi adepti. C' qui una critica esplicita sia all'anglicanesino, religione di stato, che si reggeva sulla autorit dei vescovi che alla chiesa calvinista presbiteriana che prevedeva l'autorit del presbiterio o Consiglio degli anziani, in quanto fanno

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entrambe risalire la loro autorit non ai loro adepti ma agli Apostoli, da cui discenderebbe per continuit ininterrotta. A questo punto Locke si rif anche lui alla storia e afferma: ...chiedo che mi si mostri l'editto in cui Cristo ha fissato alla sua chiesa questa legge, editto che naturalmente non c'. Allora la soluzione solo una dal momento che i dissensi su chi deve reggere la chiesa sono molti, che ci sia libert nello scegliere i reggitori. In tal modo Locke passa da una concezione sacrale e teologica della chiesa a una concezione pluralista, che vede coesistere pi chiese liberamente costituitesi. Tuttavia egli convinto che invece di voler imporre le proprie interpretazioni da parte delle singole chiese, sancendole con leggi ecclesiastiche, occorre trovare nel Cristianesimo un nucleo di verit che sono nella Scrittura necessarie assolutamente alla professione del Cristianesimo ad es. il carattere di messia di Cristo e l'amore per il prossimo: chi richiede per la comunit ecclesiale condizioni che Cristo non ha richiesto per la vita eterna, costituisce forse per sua comodit una societ adatta alle sue opinioni e al suo utile. L'utile comprende le regole e i dogmi che spesso giustificano la violenza contro chi non li condivide, vedi Calvino che nel Defensio ortodoxae fidei sosteneva, prendendo spunto dalla esecuzione di Michele Serveto, la necessit di difendere la retta fede, la sua, dagli eretici con la pena di morte. Ma questo, fa notare Locke, non scritto nel Vangelo che attesta in vari passi che i veri discepoli di Cristo devono aspettarsi e subire le persecuzioni; mentre che la vera chiesa di Cristo debba perseguitare o non dar tregua ad altri, o costringerli con la violenza, col ferro e con le fiamme ad abbracciare la sua fede ed i suoi dogmi, non ricordo di averlo letto in alcun luogo del Nuovo Testamento. questo della coerenza al Vangelo l'argomento principe di tutti coloro che hanno lottato contro l'intolleranza e la violenza della chiesa cristiana. Dunque nessuna intolleranza da parte delle chiese? Non proprio cos, infatti, essendo le chiese associazioni private secondo Locke nessuna chiesa tenuta a mantenere nel suo seno in nome della tolleranza uno che, nonostante

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le ammonizioni continua ostinatamente a peccare contro le leggi stabilite in quella societ. Questo per possibile se si rispettano due condizioni: in primo luogo...bisogna fare attenzione a non aggiungere al decreto di scomunica un'offesa verbale o un'azione violenta..., in secondo luogo la scomunica non toglie, n pu togliere allo scomunicato niente dei suoi beni civili, o dei beni che possedeva in privato. Qui Locke conferma la sua opinione che nello stato liberale la diversit di opinioni religiose non pu intaccare il diritto alla propriet e specifica chenessun privato deve danneggiare o diminuire in alcun modo i beni di un altro per il fatto che quello si professa estraneo alla sua religione e ai suoi riti. Tutti i diritti che gli appartengono come uomo e come cittadino devono essergli conservati come sacrosanti. Quindi tolleranza civile ma non tolleranza ecclesiastica ed questa una posizione comune a molti sostenitori della tolleranza di del Cinque-seicento, vedi Bayle. Anche le chiese devono applicare la tolleranza reciproca e nessuna deve pretendere di dominare sulle altre o addirittura di essere esclusiva, infatti il magistrato civile non deve privilegiare alcuna chiesa tanto pi quella a cui appartiene, la sfera civile deve essere separata da quella religiosa. La posizione di Locke ribalta totalmente il principio del cuius regio eius religio stabilito nella pace di Augusta del 1555, secondo il quale chi aveva il potere politico in un certo territorio poteva imporre a tutti gli abitanti la sua religione, non rispettando in tal modo la libert di coscienza di ogni individuo. Siccome ogni religione ortodossa per se stessa o erronea o eretica per le altre, non ci pu essere alcun giudice che possa giudicare i dogmi di una religione pi veri di quelli di un'altra. Pertanto la controversia sulla verit dei dogmi e la validit del culto non pu avere vincitore, e non c' giudice, a Costantinopoli o nel mondo intero, che possa risolverla con una sentenza. Questa posizione ha la sua giustificazione nella distinzione che l'empirismo di Locke fa tra fede e ragione, cio tra credere e conoscere, secondo la quale la conoscenza si basa su dimostrazioni a partire dai dati

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dell'esperienza, mentre la fede... l'assenso a una proposizione non formulata in base a deduzione razionale ma sul credito di chi la propone come proveniente da Dio.... In sostanza i dogmi si credono e il credere diverso dalla conoscenza razionale. Se le cose stanno cos, come devono comportarsi gli uomini di chiesa (vescovi, sacerdoti, presbiteri ecc.)? La risposta di Locke netta: Quale che sia l'origine della loro autorit, essa ecclesiastica e deve dunque restare confinata nell'ambito della chiesa, n pu estendersi in alcun modo agli affari civili, dal momento che la chiesa completamente separata e scissa dallo stato e dagli affari civili...le chiese non hanno alcuna giurisdizione sulle cose di questo mondo.... Chi vuol confondere chiesa e affari civili mescola il cielo e la terra e dunque, tiene a ribadire Locke, nessuno, quale che sia il compito di cui investito nella chiesa, pu privare un uomo qualsiasi, estraneo alla sua chiesa o alla sua fede, della vita, della libert o di una parte qualsiasi di beni terreni, per fini religiosi. Chiarita la posizione delle chiese, Locke passa a definire i compiti del magistrato civile (stato). Innanzitutto deve essere chiaro che il magistrato non deve interessarsi della cura delle anime, perch la cura della propria anima spetta al singolo e a lui deve essere lasciata. Alla obiezione ma se un individuo trascura la salvezza della sua anima, nemmeno allora il magistrato deve intervenire? Locke risponde che non compito del magistrato intervenire, la responsabilit resta sempre individuale, anche se trascura la sua salute e i suoi beni il magistrato non c'entra, il suo compito solo quello di difendere la salute e i beni dalla violenza altrui: nessuno pu essere costretto contro la sua volont a stare bene di salute o ad arricchirsi. La concezione di Locke quella liberale di uno stato le cui leggi devono garantire a tutti di poter esercitare i diritti naturali, quali vita, libert, propriet, senza mai intromettersi nelle sue scelte di coscienza e di religione: Io affermo che quell'unico, angusto sentiero che conduce al cielo non pi noto al magistrato che ai privati cittadini. Il magistrato perci non pu appoggiare una singola chiesa: Questo

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definitivamente certo che nessuna religione alla cui verit io non credo pu essere vera o utile per me. vano dunque che il magistrato costringa i sudditi a far parte della sua chiesa col pretesto di salvare la loro anima...per quanto dunque si possa pretendere di volere il bene di un altro, per quanto ci si affatichi per la sua salvezza, alla salvezza l'uomo non pu essere costretto: dopo che tutto stato tentato, deve essere lasciato a se stesso e alla sua coscienza. Come si vede Locke e cos gli altri sostenitori della tolleranza agiscono sempre dentro la struttura mentale dei credenti cristiani per i quali gli individui, assicurata loro la libert di scelta, tutti sanno e riconoscono che Dio deve essere adorato pubblicamente...e devono entrare a far parte di una societ ecclesiale, per partecipare alle riunioni, non solo al fine della reciproca edificazione, ma anche per testimoniare di fronte a tutti di essere adoratori di Dio. Come si vede Locke d per scontato il fatto che Dio c' e va comunque adorato attraverso le varie chiese che sono societ religiose e il magistrato deve tollerarle perch il popolo, riunito in quelle assemblee, non si occupa che di cose perfettamente lecite ai singoli uomini separatamente e cio della salvezza delle anime. E a questo riguardo non c' differenza tra la chiesa regia e le altre chiese diverse da essa. Locke viene cos a delineare uno stato aconfessionale e laico, che non ha alcun titolo per intervenire in materia di religione: Il magistrato non pu, n nella sua chiesa, n nella chiesa degli altri, stabilire con legge civile determinati riti ecclesiastici o cerimonie da allestire nel culto divino e Non pu proibire l'uso nelle assemblee religiose dei riti sacri di una chiesa e del culto che vi accettato, perch a quel modo abolirebbe la chiesa stessa il cui fine adorare liberamente Dio secondo le sue usanze. A questo punto Locke solleva un problema: ma se il rito comporta ad es. immolare un neonato o abbandonarsi alla promiscuit carnale, il magistrato dovr tollerarlo? La risposta netta: Ci che proibito nella vita di ogni giorno da leggi promulgate in vista del bene comune, perch dannoso alla

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comunit, non pu essere lecito nella chiesa, anche se vi assume una funzione sacra e non pu meritare l'impunit, in altre parole le chiese e i loro riti hanno un limite nella comune legislazione dello stato, alla quale devono sottostare, e compito dello stato anche impedire che la religione interferisca con i diritti civili , tanto meno con quello di propriet, che, come abbiamo visto, al borghese Locke sta particolarmente a cuore: nessuno degli uomini deve essere strappato ai suoi beni terreni per motivi di religione, n i sudditi americani di un sovrano cristiano devono essere spogliati della vita o dei beni perch non abbracciano la religione cristiana. Con la risposta a una successiva domanda: se una chiesa idolatrica, il magistrato dovr tutelare anche quella?, Locke sposta pi avanti il baricentro della tolleranza: se qualcuno pensa che l'idolatria deve essere estirpata con le pene, col ferro e col fuoco non ha capito che i diritti civili non devono essere violati n mutati...per motivi di religione e dunque anche gli idolatri pagani devono godere della loro libert di scelta. Locke si sofferma in modo particolare sul problema dell'idolatria e ne fa un po' di storia perch lo ritiene un esempio particolarmente calzante di intolleranza religiosa. Gi la Bibbia mosaica condannava l'idolatria e l'apostasia e questo si spiega con le caratteristiche dello stato giudaico: Lo stato dei Giudei infatti si differenziava profondamente dagli altri, in quanto fondato su una teocrazia e non ci fu n avrebbe potuto esserci distinzione alcuna tra chiesa e stato, come dopo la nascita di Cristo: presso quel popolo leggi riguardanti il culto della divinit unica e invisibile erano leggi civili e costituivano parte integrante di un regime politico di cui Dio stesso era il legislatore. Per la legge mosaica gli idolatri e gli apostati dovevano essere sterminati, infatti proprio di uno stato fondato su una religione, nel quale cio la politica ha il compito di attuare leggi di derivazione religiosa, che coloro che non riconoscono l'autorit di questa religione non riconoscono automaticamente nemmeno quella della politica, doppio motivo per essere discriminati. Locke condanna dunque della religione giudaica

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lo stato teocratico, salva per l'aspetto morale dato dai comandamenti. Ma la legge mosaica, non impegna i cristiani, infatti la venuta di Cristo, secondo Locke, ha segnato la separazione tra la religione e lo stato, infatti sotto il Vangelo non esiste uno stato cristiano...Egli insegn la fede e i costumi con cui ciascun singolo doveva giungere alla vita eterna, ma non istitu nessuna societ politica, non introdusse nessuna nuova forma di governo, che dovesse essere propria del suo popolo in modo particolare, n arm di spada i magistrati perch gli uomini fossero costretti alla fede e al culto che egli aveva proposto ai suoi o fossero distolti dalla religione altrui. Successivamente i cristiani, prima poveri e perseguitati, diventano forti quando lo stato passa dalla loro parte con Costantino e Teodosio, e cominciano a perseguitare gli idolatri pagani togliendo loro la vita e i beni: si fa pretesto della religione e della salvezza delle anime per le ruberie e l'ambizionee comincia farsi strada il concetto di peccato: se si dice 'l'idolatria un peccato e perci deve essere evitata con ogni impegno', la deduzione assolutamente corretta. Ma se si dice ' un peccato e perci deve essere punita dal magistrato' non lo stesso. Non compito del magistrato, infatti, mettere in guardia con leggi e brandire la spada contro tutto ci che ritiene un peccato davanti a Dioe questo perch dal momento che non ne viene alcun danno alla propriet altrui n turbata la pace pubblica, queste cose non sono represse dalla censura della legge, neanche l dove sono riconosciute come peccati. Qui si vede chiaramente che Locke intende distinguere il peccato dal reato e lascia questa fondamentale distinzione in feconda eredit alla laicit contemporanea, che deve confrontarsi con stati nettamente teocratici come molti stati islamici o con la pretesa della religione cattolica di imporre allo stato la sua visione morale e politica. Le intolleranze sono sempre pericolose perch si possono rivoltare contro gli intolleranti: D'altronde se un sovrano pagano o maomettano ritiene che la religione cristiana sia falsa e spiaccia a Dio, non avr lo stesso diritto di eliminare allo stesso modo i

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cristiani?. In conclusione il magistrato non deve proibire che in una chiesa siano sostenute e insegnate opinioni speculative di qualsiasi genere, perch esse non hanno nulla a che fare con i diritti civili dei sudditi. Se un papista crede che ci che un altro chiama pane sia in realt il corpo di Cristo, non offende in nessun modo il suo vicino. Se un giudeo non crede che il Nuovo Testamento sia parola di Dio, non altera per nulla il diritto civile. Se un pagano dubita di entrambi i Testamenti, non perci deve essere punito in quanto cittadino disonesto. Sia che uno creda queste cose, sia che non le creda, l'autorit del magistrato e i beni dei cittadini soni salvi. Da notare che Locke non fa cenno a chi non crede in Dio cio agli atei, tutto il suo ragionamento si muove solo nell'ambito delle varie chiese e credenze religiose, segno che l'ateismo non merita tolleranza? La risposta a questa domanda la vedremo meglio e pi dettagliatamente in seguito. Segnati con molta precisione confini e compiti dello stato e della chiesa, Locke affronta un ulteriore problema quello del rapporto tra la coscienza individuale, a cui aveva assicurato una totale libert, e le leggi dello stato che invece hanno come caratteristica di essere obbedite. Seguiamo il suo ragionamento. Nella religione va distinta una parte speculativa e teologica che riguarda i dogmi della fede quali trinit, eucarestia, immortalit dell'anima ecc., che, come si visto, non hanno nulla a che fare con i diritti civili dei sudditi e richiedono solo di essere creduti. E una parte etico-pratica che riguarda i comportamenti concreti, le azioni. Questa parte riguarda sia la chiesa che il magistrato civile, cio sia il foro interiore, la coscienza, sia il foro esteriore, i comportamenti pratici, le cose pubbliche. Infatti la rettitudine morale voluta dalla chiesa ha a che fare con la vita civile dello stato, perci le azioni morali appartengono alla giurisdizione di entrambi i fori, la coscienza e il magistrato. Qui dunque occorre fare attenzione che l'uno non violi il diritto dell'altro o non nasca un conflitto tra il custode della pace e il custode dell'anima. Ma se nasce il conflitto tra la coscienza dell'individuo, che deve tutelare la

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sua libert e le leggi dello stato che devono tutelare il bene pubblico, come si risolve il problema? Se lo stato travalica i suoi compiti e cerca di legiferare in materia di coscienza o se il bene pubblico, pur legittimo, entra in conflitto con la libert individuale? Secondo Locke il cittadino tenuto ad astenersi da quanto comandato da una legge che in contrasto con la sua coscienza religiosa perch si deve obbedienza in primo luogo a Dio poi alle leggi...affermo che il privato deve astenersi da un'azione che sia illecita in base ai dettami della sua coscienza, ma deve sottoporsi ad una pena che, per lui che la sopporta, non illecita, in quanto se una legge promulgata per il bene pubblico e relativa a questioni politiche viene rifiutata, l'individuo che attua questo rifiuto deve sottoporsi alla pena che la disobbedienza a questa legge comporta, quella che in termini attuali chiamiamo obiezione di coscienza, la quale comporta una obbedienza passiva o parziale: quella di Socrate che si rifiuta di fuggire e accetta le conseguenze di una legge ingiusta che lo ha condannato a morte. Ma nel caso che la legge riguarda una materia che fuori della giurisdizione del magistrato, ad es. se costringe il popolo o una sua parte ad abbracciare la religione altrui e a passare ad altri riti, allora chi di diversa opinione non vincolato da quella legge e dunque pu mettere in atto una disobbedienza civile attiva, una vera e propria resistenza contro l'oppressione, che inevitabile quando il magistrato non rispetta e tutela i diritti civili per conservare i quali stato scelto dalla societ civile a governare. Ma il problema non cos semplice: e se il magistrato ritiene che ci che egli comanda rientri nel campo della sua autorit e sia utile allo stato, mentre i sudditi credono il contrario? Chi sar il giudice tra loro?. La risposta di Locke singolare:Rispondo: Dio solo, perch tra il legislatore ed il popolo non c' giudice al mondo, dico, arbitro in questo caso; Dio, che nel giudizio finale ripagher ciascuno in proporzione ai suoi meriti, soluzione che risolve poco e certamente tutt'altro che laica, visto che valida solo per chi crede in Dio. Ma lo stesso Locke

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si rende conto che questa la soluzione nell'al di l e si chiede giustamente che si far nell'al di qua: ma nel frattempo che si far?. Se non c' un giudice in terra, si pongono due alternative per venire a capo dei conflitti, l'una agire secondo il diritto, cio attraverso le leggi, l'altra agire ricorrendo alla forza. Quando il magistrato viola i diritti fondamentali ad es. toglie la libert religiosa o attenta alla propriet, i cittadini devono resistere con la forza alla oppressione. Quindi i cittadini hanno dei limiti alla loro tolleranza, non possono tollerare tutto. Anche il magistrato ha dei limiti alla sua tolleranza? Locke risponde affermativamente e cerca di definire quali sono questi limiti precisi che indica nel numero di quattro. Innanzitutto il magistrato non deve tollerare nessun dogma avverso o contrario alla societ umana o ai buoni costumi, che sono necessari alla conservazione della societ civile. La preoccupazione del liberale Locke che qualche setta religiosa attacchi i diritti civili dei cittadini mettendo in pericolo la pace e la sicurezza della societ. Egli convinto che vi sia una legge morale naturale che ci indica il bene e che non pu essere violata se non al prezzo del disordine e della violenza. Su cosa fondata questa legge? Risponde Locke: sulla natura umana che attraverso la ragione riconosce i diritti naturali di ogni individuo, che sono, come abbiamo gi fatto rilevare, secondo il pensiero del giusnaturalismo, la vita, la libert e la propriet. In secondo luogo il magistrato non deve tollerare coloro che riservano alla loro setta il possesso della verit e che pensano che tutti gli altri siano nell'errore e dunque eretici da perseguitare, perch sono degli intolleranti assoluti e in caso di loro vittoria distruggerebbero la societ civile, che invece fondata sulla tolleranza. Questa posizione che non si devono tollerare gli intolleranti verr ripresa nel '900 da Karl Popper e soprattutto da Herbert Marcuse, che nella sua opera Critica della tolleranza pura distingue la tolleranza pura o assoluta, che tollera anche gli intolleranti, dalla tolleranza repressiva, che invece non tollera gli intolleranti: evidente che la tolleranza repressiva genera una

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contraddizione logica, facendo diventare intolleranti coloro che invece si dichiarano tolleranti, anche se a fin di bene, perch volta a non far vincere gli intolleranti che cos distruggerebbero le libert civili e ogni forma di tolleranza. In terzo luogo non pu aver diritto ad essere tollerata dal magistrato quella chiesa in cui tutti coloro che sono ammessi passano al servizio di un altro sovrano e a lui debbono obbedienza: qui evidente il riferimento ai cattolici papisti, che verrebbero a inserire nello stato il potere del capo di un altro stato, la motivazione non dunque religiosa ma politica. Tuttavia bisogna ricordare che precedentemente Locke aveva portato come ulteriore motivazione, affinch il magistrato non tolleri i papisti, il fatto che anche per quanto riguarda la religione erano talmente convinti di possedere l'unica vera che volevano sterminare tutte le altre. Non c' dunque nessuna motivazione religiosa o teologico-dogmatica che porta Locke a non tollerare la religione cattolica, infatti non vuole affatto rifiutare la concezione della eucarestia cattolica secondo cui il pane e il vino si trasformano nel corpo e sangue di Cristo, essendo queste verit teologiche che devono essere lasciate alla libera coscienza. In quarto e ultimo luogo, non devono essere tollerati coloro che negano che esista una divinit. Per un ateo infatti n la parola data, n i patti, n i giuramenti, che sono i vincoli della societ umana, possono esistere stabili o sacri; eliminato Dio anche soltanto con il pensiero, tutte questa cose cadono. Inoltre, chi elimina dalle fondamenta la religione per mezzo dell'ateismo, non pu in nome della religione rivendicare a se stesso il privilegio della tolleranza. Questa intolleranza verso gli atei nasce dunque in Locke da una esigenza di tipo politico: essendo Dio il garante della validit dei patti sociali su cui si fonda la convivenza umana, la sua scomparsa, annullando ogni riferimento saldo, oggettivo e immutabile, renderebbe insicuri i rapporti sociali tra gli uomini. Fatte le debite differenze storiche, la stessa posizione del papa cattolico oggi, quando afferma che i diritti umani se non si fondano su Dio non sono validi e universali! Questa

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motivazione di rifiuto dell'ateismo si trova in linea di continuit con tutti i difensori della tolleranza che abbiamo analizzato fin qui,come abbiamo visto. A questo punto sorge chiara una obiezione: Locke aveva distinto nella religione gli aspetti speculativi e teologici, sui quali, essendo impossibile raggiungere una verit, doveva essere lasciata libert di coscienza, da quelli morali e pratici sui quali era pi semplice raggiungere l'accordo, ma la credenza in Dio non dovrebbe far parte delle verit teologiche lasciate alla libera scelta dell'individuo? La risposta di Locke che La fede in una divinit non deve essere annoverata tra le opinioni puramente speculative, dato che essa a fondamento di ogni moralit ed influenza l'intera vita e le azioni degli uomini, e senza di essa un uomo non deve essere considerato che una delle specie pi pericolose di bestie selvagge, e quindi incapace di far parte di una qualsivoglia societ. Dunque solo la credenza nella esistenza di Dio sarebbe capace di garantire quei principi morali sui quali si deve fondare la vita comune, una societ composta da tutti atei, da tutti Bruno, da tutti Spinoza, sarebbe una societ di selvaggi e non potrebbe esistere. questa contro gli atei una delle forme pi terribili di intolleranza, sostenuta contraddittoriamente proprio dai pi convinti fautori della tolleranza! E anche una delle espressioni di maggior sfiducia nella capacit della ragione umana di fondare una societ basata su principi indipendenti dalla fede. Comunque anche rispetto agli intolleranti e agli atei Locke non auspica violenze o pene corporali. Fissati questi limiti alla tolleranza Locke affronta il problema della presenza di molteplici sette religiose nella societ inglese, assumendo una posizione decisamente antiproibizionista nei confronti di leggi che erano state approvate sotto Carlo II (16601685), che proibivano le riunioni non autorizzate di cinque o pi persone o vietavano le loro riunioni liturgiche alla setta dei Quaccheri, un gruppo religioso caratterizzato dal pacifismo e dalla non violenza. Secondo Locke molte sette sono pericolose per la stabilit della societ solo perch sono vittime dell'oppressione che

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impedisce loro di esprimersi liberamente, questo provoca la loro ribellione: Se alcune riunioni a scopo religioso sono clandestine, chi deve essere incolpato, quelli che vogliono che le assemblee siano pubbliche o quelli che lo proibiscono?...Se gli uomini concepiscono progetti faziosi, non la religione a indurveli...ma l'infelicit della loro condizione di oppressi. Le rivoluzioni religiose sono prodotte dalla oppressione politica del magistrato che vuole intervenire in un ambito che non lo riguarda, quello della religione: Abolite l'iniqua discriminazione giuridica, mutate le leggi e abolite le pene e le torture e tutto sar sicuro, tutto sar tranquillo...Non la diversit di opinioni, che non si pu evitare, ma il rifiuto della tolleranza a quelli che hanno opinioni diverse...ha prodotto la maggior parte delle contese e delle guerre di religione che sono sorte nel mondo cristiano. In uno stato che pratica una estesa tolleranza la molteplicit delle confessioni religiose non provocherebbe alcun danno, anche se queste confessioni non sono cristiane: Neppure il pagano o il maomettano o il giudeo dovrebbero essere banditi dallo stato a causa della loro religione. Il Vangelo non comanda nulla di simile. Quindi non ci sono motivi teologici e religiosi, ma non ci sono nemmeno motivi politici, perch il magistrato deve prescindere dalle convinzioni religiose che attengono alla coscienza individuale e nemmeno motivi economici, infatti Locke da buon borghese non manca di far notare come i vantaggi della tolleranza si riflettano anche nel campo economico. Lo sviluppo del capitalismo finanziario e commerciale nella seconda met del Seicento richiedeva un'organizzazione sociale che non ostacolasse questo sviluppo e dunque una societ dove fosse sicura la pace religiosa. Secondo alcuni critici Locke considerava lo sviluppo dei traffici e la protezione della propriet privata pi importanti della religione. In realt motivazioni religiose, politiche, filosofiche e motivazioni economiche si intrecciavano strettamente e hanno contribuito alla posizione di Locke sulla tolleranza. La sua preoccupazione era la pace sociale che vede minacciata dal desiderio di dominio dei capi

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della chiesa che sobillano il popolo contro quelli che non hanno le loro stesse credenze: Gli ecclesiastici che proclamano di essere successori degli apostoli, seguano le orme degli apostoli e si dedichino soltanto alla salvezza delle anime con spirito di pace e senso della misura, abbandonando la politica. Ma le responsabilit sono anche del magistrato che ha approfittato della lotta contro eretici e scismatici per ampliare il suo potere. Sono state mescolate due cose diversissime, lo stato e la chiesa, dimenticando i principi evangelici della nonviolenza e della carit per fini di potere: Se entrambi si fossero mantenuti nel loro ambito, non avrebbe potuto esserci discordia tra loro, questo si sarebbe occupato unicamente dei beni terreni, della societ civile, quella della salvezza delle anime. Nella parte conclusiva della sua opera Locke sente il bisogno di mettere a punto il concetto di eresia, che in modo sottinteso ha accompagnato tutto il discorso: Per un cristiano il maomettano non , n pu essere eretico o scismatico; e uno che abbandoni la fede cristiana per l'Islamismo non diventa perci eretico o scismatico, ma apostata e infedele...Uomini di religioni diverse non possono essere eretici o scismatici l'uno per l'altro...Cos i Turchi e i Cristiani hanno religioni diverse, perch gli uni riconoscono come regola dello loro religione il Corano, gli altri la Sacra Scrittura. Anche sotto il nome di cristiano possono essere contenute religioni diverse :I papisti e i luterani, anche se sono evidentemente cristiani gli uni e gli altri, in quanto professano la loro fede nel nome di Cristo, non hanno per la stessa religione, perch questi riconoscono come regola e fondamento della loro religione solo la Sacra Scrittura, quelli invece aggiungono alla Sacra Scrittura la tradizione e i decreti del papa e di tutto ci fanno la regola della loro religione. Fin qui abbiamo capito che il concetto di eresia non valido tra religioni diverse ma solo all'interno di una stessa religione e di una stessa comunit ecclesiastica, poi Locke aggiunge: L'eresia una scissione operata in una comunit ecclesiastica, tra uomini della stessa religione, a

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causa di dogmi che non sono compresi nella regola stessa. Tale scissione pu avvenire in due modi : Quando qualcuno si separa dalla comunit ecclesiale, perch non vi si professano pubblicamente certi dogmi che la Sacra Scrittura non rivela esplicitamente o quando la maggior parte di una chiesa esclude alcuni dalla comunit perch non vogliono professare la fede in certi dogmi, non contenuti nelle parole della Sacra Scrittura. Dunque eretico chi in nome di tali dogmi divide in parti la chiesa, introduce nomi e caratteri distintivi e opera di sua iniziativa una scissione...gli uni e gli altri sono eretici, perch errano su punti fondamentali ed errano con ostinazione, consapevolmente e deliberatamente. Infatti, pur avendo posto la Sacra Scrittura a fondamento unico della fede, pongono poi tuttavia un altro fondamento e cio proposizioni che non si trovano in nessun caso nella Sacra Scrittura. Tuttavia si deve essere liberi di professare quello che si crede essere in accordo con la Sacra Scrittura, quindi c' la libert di essere eretici, ma, ammonisce Locke, fate molto male a volerli imporre agli altri, che non ritengono che siano dogmi indubbi della Sacra Scrittura. E se si mette in opera una scissione per queste cose , che n sono fondamentali, n possono esserlo, siete eretici. Dunque par di capire che l'eresia esiste perch non ci si ferma alle verit fondamentali nella Sacra Scrittura , ma la si interpreta da punti di vista diversi, che hanno comunque la loro legittimit nella libert di coscienza. Ma sembra anche di capire che Locke, come del resto avvenuto finora anche nelle menti pi tolleranti, non abbia recuperato il significato originario del termine eresia, quello di libera scelta e libera ricerca anche indipendente dalla Sacra Scrittura.. Accanto alla eresia, che una divisione per motivi di fede, dogmatici, Locke pone lo scisma, che non altro che una scissione operata in una comunit ecclesiale per un elemento non necessario del culto divino o dell'ordinamento ecclesiastico. Nessuno comunque deve imporre agli altri le proprie interpretazioni della Sacra Scrittura. Con questa opera Locke ha posto le basi del

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concetto moderno di tolleranza, con tutta la sua forza e anche con qualche limite e lo lascia in eredit al secolo successivo ed esattamente all'illuminismo di Voltaire. VOLTAIRE (1694-1778) Anche sulle orme di Locke che conosceva bene, ma soprattutto sotto la spinta delle idee illuministiche,Voltaire affronta il problema della tolleranza in varie parti delle sue opere e in alcune voci del Dizionario filosofico, ma in modo pi organico se ne occupa nel Trattato sulla tolleranza (1763), che un contributo decisivo alla lotta contro i pregiudizi, l'ignoranza e il fanatismo religioso e rappresenta un momento essenziale per il progresso della civilt occidentale. Il Trattato si apre con la storia dettagliata di un caso giudiziario che accadde in Francia a Tolosa nel 1762 quello di Jean Calas, protestante, accusato con tutta la sua famiglia di aver ucciso il figlio, perch si sarebbe voluto convertire al cattolicesimo e condannato a morte dopo un processo viziato dal fanatismo religioso popolare che contagi anche i giudici cattolici, i quali decisero contro ogni evidenza di innocenza: Non c'era, e non poteva esserci, alcuna prova contro la famiglia; ma la religione tradita sostituiva le prove. Il caso fece scalpore in tutta Europa e dopo tre anni il tribunale di Parigi riabilit il Calas, ritenendolo innocente, riconoscimento a cui Voltaire contribu con tutto il peso della sua autorit, affermando che sembra che il fanatismo, da un po' di tempo indignato per i progressi della ragione, le si ribelli con pi rabbia che mai. E a denunciare il fanatismo religioso rivolta tutta l'opera di Voltaire. Alla voce fanatismo del Dizionario scrive: Il pi detestabile esempio di fanatismo fu quello dei borghesi di Parigi che si precipitarono ad assassinare, scannare, gettare dalle finestre, fare a pezzi, la notte di san Bartolomeo, tutti i loro concittadini che non credevano bene di assistere alla messa cattolica, si riferisce qui alla guerra di religione in Francia e alla

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strage che i cattolici fecero dei protestanti nel 1572. Nel Trattato Voltaire denuncia anche un altro allucinante esempio di intolleranza e di fanatismo religioso, che d la misura alla quale fosse arrivata la Chiesa cattolica ancora nel 1714: il gesuita Le Tellier, confessore del re Luigi XIV, scrive al proprio superiore indicando, a suo avviso, i mezzi pi adatti con i quali liberare Ges e la sua Compagnia dai loro nemici. Calcolando che i protestanti in Francia fossero tra il milione e il milione e mezzo, e non facendosi spaventare dal numero, sottoponeva al suo superiore i seguenti metodi: catturare tutti i loro predicatori e impiccarli tutti insieme nella pubblica piazza, assassinare nei loro letti tutti i padri e le madri: Questa esecuzione una conseguenza necessaria dei nostri principi: infatti se si deve uccidere un eretico, come tanti fra i grandi teologi dimostrano, evidente che bisogna ucciderli tutti; sposare tutte le ragazze a dei buoni cattolici per non spopolare troppo lo stato; Ma per quanto riguarda i ragazzi di quattordici e quindici anni, gi imbevuti di cattivi principi che non ci si pu illudere di distruggere, il mio parere che siano tutti castrati, in modo che la loro razza non si possa pi riprodurre; per quanto riguarda i giansenisti e tutti i parlamentari che sostengono la chiesa gallicana, autonoma dal papa, il cui numero di circa sei milioni, dice il singolare gesuita, non deve spaventare, propongo di far saltare tutti i parlamenti del regno con l'esplosivo, calcolando che ne servano 432 tonnellate. Ma non finisce qui la sconfinata fantasia del gesuita, a Pasqua sarebbe il caso che si spolverino le ostie con il veleno per ammazzare tutti i giansenisti che si dice si comunicano solo in questa occasione e pazienza se ci rimane secco anche qualche buon cattolico e conclude: Non abbiamo niente da rimproverarci: dimostrato che tutti i sedicenti riformati, tutti i giansenisti sono destinati all'inferno; cos non facciamo altro che affrettare il momento in cui ne devono entrare a far parte. Quanto poi ai buoni cattolici coinvolti noi acceleriamo la loro beatitudine; in un caso e nell'altro siamo ministri della Provvidenza. Quanto riportato da Voltaire potrebbe sembrare il

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delirio di un pazzo, in realt era l'espressione precisa di quella tendenza al fanatismo che continuava ad ammorbare l'animo dei preti anche nel secolo dei lumi. Si comprende allora come tutto il Trattato caratterizzato dalla condanna durissima di ogni forma di fanatismo religioso. Ai cristiani dice: Se volete imitare Ges siate martiri e non carnefici. l'amore evangelico il vero insegnamento di Ges non certo i dogmi, fonte di tragiche contese: La controversia teologica una malattia epidemica: meno dogmi, meno dispute, meno sventure. A conferma di questa affermazione, bene riportare un intero brano del Dizionario tratto dalla voce Ario, perch non si poteva mettere meglio in evidenza le assurdit dei dogmi metafisici:Ed ecco una controversia incomprensibile, che ha tenuto in esercizio per pi di 16 secoli la curiosit, la sottigliezza dialettica, l'acredine, lo spirito di intrigo, la bramosia del potere, il furore di persecuzione, il fanatismo cieco e sanguinario, la credulit barbarica e che ha provocato sulla terra pi orrori che l'ambizione dei principi, la quale ne ha pur provocati moltissimi: Ges egli il verbo? E se egli il verbo, emanato da Dio nei tempi o prima dei tempi? E se emanato da Dio, coetaneo e consustanziale con lui o invece di una sostanza simile; distinto da lui o non lo ; creato o generato? E pu generare a sua volta? Ha la paternit o la virt riproduttiva senza paternit? E lo Spirito Santo creato o generato o prodotto o procedente dal Padre, o procedente dal Figlio, o procedente da tutti e due? E pu generare, o pu produrre? E la sua ipostasi consustanziale con l'ipostasi del Padre e del Figlio? E in qual modo, avendo essa precisamente la stessa natura, la medesima essenza del Padre e del Figlio, non pu fare le stesse cose di quelle due persone, che sono poi lui stesso? Io non ci capisco nulla di sicuro. Nessuno ci ha mai capito nulla. E per questa ragione ci si scannati a piacimento.Voltaire, sulle orme di Locke, pensa che Ogni setta, di qualunque genere sia, uno schieramento del dubbio e dell'errore...non esistono sette in geometria: non si dice mai un euclidiano, un archimedista. Quando la verit chiara impossibile

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che ne nascano partiti o fazioni. Mai si disput se c' luce a mezzogiorno , per cui sarebbe il colmo della follia pretendere di indurre gli uomini a pensare in maniera uniforme in metafisica, dato che in proposito siamo tutti nella stessa condizione di ignoranza e dunque nessuno pu e deve imporre a nessuno le la sua fede e le sue idee attorno alla divinit, perch questo genera crimini: La tolleranza non ha mai suscitato guerre civili, l'intolleranza invece ha ricoperto la terra di massacri. Contro l'intolleranza c' una sola cura la filosofia, la filosofia da sola, questa sorella della religione, ha disarmato le mani che la superstizione aveva per cos lungo tempo insanguinato e lo spirito umano, destatosi dalla sua ebbrezza, si meravigliato degli eccessi cui lo aveva condotto il fanatismo. L'intolleranza una malattia dello spirito, il mezzo migliore... di affidare questa malattia alle cure della ragione, che illumina gli uomini lentamente ma infallibilmente. la grande conquista degli illuministi, la ragione come strumento critico contro superstizioni, fanatismi e violenze, l'unico strumento di liberazione dell'umanit, come scriver Kant pochi anni pi tardi: Amici dell'umanit e di ci che c' di pi santo per essa, accettate pure ci che vi sembra pi degno di fede dopo un esame attento e sincero, sia che si tratti di fatti sia che si tratti di principi razionali, ma non contestate alla ragione ci che fa di essa il bene pi alto sulla terra: il privilegio di essere l'ultima pietra di paragone della verit. Anche Voltaire da buon borghese convinto, come Locke, che la tolleranza produce pace sociale e soprattutto benessere economico: Un vescovo di Varmia, in Polonia, aveva un anabattista come fittavolo e un sociniano come esattore: gli proposero di cacciare e punire l'uno perch non credeva nella consustanzialit e l'altro perch non battezzava il figlio che aveva gi quindici anni, rispose che essi sarebbero stati dannati in eterno nell'altro mondo, ma che in questo mondo a lui erano molto necessari. E riferendosi all'America: Oggi stabilita la piena libert di coscienza e purch si abbia fede in un Dio, qualunque religione bene accetta: in conseguenza di ci il

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commercio fiorisce e la popolazione aumenta. Si chiede perci per quale motivo i cristiani in Europa si comportino diversamente: Alla borsa di Amsterdam, di Londra, di Surata o di Bassora...l'ebreo, il maomettano, il deista cinese, il bramino, il cristiano, il greco, il cristiano romano, il cristiano protestante, il cristiano quacchero, trafficano tutto il giorno assieme e nessuno lever mai il pugnale sull'altro per guadagnare un'anima alla sua religione. E perch allora noi ci siamo scannati quasi senza interruzione a partire dal Concilio di Nicea?. La colpa, per Voltaire, non della religione cristiana, che in s non fanatica, ma sono i fanatici e gli intolleranti che l'hanno resa tale. La base del cristianesimo quella stessa del diritto che la natura indica a tutti gli uomini, il principio pi universale sulla terra non fare agli altri ci che non vorresti fosse fatto a te. Ora non si vede come un uomo, se si segue questo principio, possa dire ad un altro: 'Credi quello che credo io e che tu non puoi credere, altrimenti morirai'...Il diritto all'intolleranza dunque assurdo e barbaro: il diritto delle tigri, pi orribile anzi, perch esse non sbranano che per mangiare, ma noi ci siamo sterminati per dei paragrafi. Come si gi accennato, la tolleranza in Voltaire di natura socratica, fondata cio sulla condizione di ignoranza: La natura ha detto a tutti gli uomini: io vi ho fatto nascere tutti deboli e ignoranti, per vegetare alcuni minuti sulla terra e per ingrassarla con i vostri cadaveri. Poich siete deboli aiutatevi, poich siete ignoranti , illuminatevi e sopportatevi. Qui Voltaire sembra dare alla tolleranza una giustificazione razionalistica da non credente che anticipa il concetto laico leopardiano di natura matrigna contro la quale gli uomini devono unirsi in solidariet. Poi per d alla tolleranza anche una giustificazione religiosa, non puntando sui dogmi ma sul messaggio evangelico dell'amore per il prossimo, chiamando in causa il Dio cristiano: Non necessaria una grande arte n una eloquenza ricercata per provare che i cristiani devono tollerarsi gli uni con gli altri. Mi spingo pi lontano: vi dico che bisogna considerare tutti gli uomini come

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fratelli. Come! Mio fratello il turco? Mio fratello il cinese? L'ebreo? Il siamese? Proprio cos: non siamo forse figli dello stesso padre e creature dello stesso Dio?. Malgrado questa evidente verit su cui deve essere fondato tutto il cristianesimo, secondo Voltaire : Fra tutte le religioni la cristiana senza dubbio quella che per i suoi precetti dovrebbe ispirare maggiormente la tolleranza: fino ad oggi i Cristiani sono stati i pi intolleranti degli uomini, incontestabile che i Cristiani volevano che la loro religione fosse dominante...la loro opinione era che tutta la terra deve essere cristiana: essi erano necessariamente nemici di tutta la terra, fino a che non riuscissero a convertirla. Voltaire cerca di fare un passo indietro nella storia per mostrare che i Greci, i Romani e anche gli Ebrei furono molto meno intolleranti dei cristiani: Gli Ateniesi avevano un altare dedicato agli dei stranieri e nessuna citt greca combatt mai per delle opinioni, I Greci, per quanto religiosi fossero, accettavano che gli epicurei negassero la Provvidenza e l'immortalit dell'anima. E minimizza la morte di Socrate, ricordando che Socrate il solo che i Greci abbiano fatto morire per le sue opinioni. Quanto ai Romani il grande principio del Senato e del popolo romano era 'le offese fatte agli dei sono un problema degli dei' e il loro spirito di tolleranza religiosa verificabile dal trattamento degli ebrei, i quali commerciavano con Roma fin dalle guerre puniche e vi avevano delle sinagoghe fin dal tempo di Augusto. Tuttavia anche qui Voltaire si trova a dover rendere conto della persecuzione dei cristiani e riconosce che l'intolleranza arrivata per reazione contro il Cristianesimo antipagano e dogmatico, ma i motivi non erano religiosi ma politici. E nota come Noi oggi siamo molto pi intolleranti perch, riferendosi agli Albigesi, agli Hussiti e ai Valdesi, li abbiamo sgozzati, bruciati in massa senza distinzione di et o di sesso. C' forse nei racconti accertati delle antiche persecuzioni un solo aspetto che assomigli alla notte di S. Bartolomeo?. Anche per gli Ebrei Voltaire compie la stessa operazione di far rilevare il loro

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spirito di tolleranza, minimizzando gli esempi di feroce intolleranza: ...se si esamina da vicino il giudaismo ci si stupisce di trovare la pi grande tolleranza in mezzo agli orrori pi barbari. una contraddizione, vero, ma quasi tutti i popoli si sono governati con delle contraddizioni. Rispetto alla religione cattolica osserva anche cheA esaminarla bene, la religione cattolica, apostolica e romana, in tutte le sue cerimonie e in tutti i suoi dogmi, l'opposto della religione di Ges, Egli non rivel per nulla il mistero della sua incarnazione; non disse mai agli Ebrei che egli era nato da una vergine...non battezz mai nessuno; non parl mai dei sette Sacramenti. E non istitu nessuna gerarchia ecclesiastica finch fu in vita. Rispetto alla figura di Ges Voltaire mette in evidenza che le parabole che alcuni vogliono interpretare come giustificazione della violenza come quella della espulsione dei mercanti dal tempio o del ricco che vuol costringere la gente a entrare nel banchetto, non vanno affatto interpretate in quel senso, perch in realt Quasi tutte le parabole e le azioni di Ges predicano la dolcezza, la pazienza, l'indulgenza. Evidentemente i cristiani sono stati nella storia poco cristiani. Tutto questo discorso a favore della tolleranza non esclude che ci sono casi, dice Voltaire, in cui l'intolleranza un diritto umano e il governo deve punire coloro che per motivi religiosi diventano fanatici e commettono delitti e turbano la pace sociale. In Europa la discordia religiosa non accenna a scomparire: Una cos orribile discordia, che dura da tanti secoli, una chiarissima lezione che dovremmo perdonarci l'un l'altro i nostri errori: la discordia la gran peste del genere umano e la tolleranza il suo unico rimedio. Che cos' la tolleranza? l'appannaggio dell'umanit. Noi siamo tutti impastati di debolezze: perdoniamoci reciprocamente le nostre balordaggini, la prima legge di natura. In Inghilterra invece Un inglese da uomo libero va in paradiso per la strada che pi gli piace. la ferrea convinzione di avere la verit assoluta che produce tante vittime: l'intolleranza non produce che ipocriti o ribelli. vero che il

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dubbio spiacevole, ma la certezza ridicola. Nell'attacco alla intolleranza cristiana e alla Chiesa cattolica Voltaire si spinge molto pi oltre rispetto a Locke, su posizioni fortemente anticlericali, tanto che il clero parigino proibisce la sua sepoltura in terra consacrata. La posizione religiosa personale di Locke, come abbiamo visto, tutta all'interno del cristianesimo: crede nei dogmi fondamentali quali l'esistenza di Dio, l'immortalit dell'anima, la dottrina trinitaria, Ges come Messia, Voltaire invece fa propria la posizione della maggior parte degli illuministi che quella del Deismo, secondo la quale Dio esiste come autore del mondo e a questa certezza si pu arrivare per via razionale: Ogni volta che guardo il cielo stellato non posso non pensare che, se esiste un cos perfetto orologio, esista anche un orologiaio. Voltaire rifiuta l'idea dei materialisti che la materia si sia mossa e organizzata da s, ma rifiuta di ammettere l'intervento di Dio nelle cose umane, Dio non provvidenza, solo l'autore dell'ordine del mondo fisico. Voltaire dunque non propriamente cristiano e non accetta nessun dogma del cristianesimo. Tuttavia non ateo e anche lui, come gli altri autori che abbiamo esaminato, se la prende con l'ateismo, definendolo abominevole e repellente dottrina, ripetendo e approfondendo quanto gi sostenuto da Locke: Perch si giudica soprattutto impossibile una comunit di atei? Perch si pensa che uomini senza freno di morale non potrebbero mai vivere insieme, che le leggi non possano nulla contro i delitti segreti, che occorre l'idea di un Dio vendicatore il quale punisca, in questo mondo o nell'altro, i malvagi che sfuggono alla giustizia umana... chiaro che la santit dei giuramenti necessaria alla vita sociale e che ci si pu fidare di pi di quelli che pensano che un falso giuramento sar punito dagli dei, che di quelli che pensano di poter fare falsi giuramenti impuniti. indubitabile che in una societ regolarmente costituita infinitamente pi utile una religione, anche fallace, che non aver niente del tutto. Perfino la credenza nell'inferno, a cui Voltaire non crede, socialmente utile: Noi dobbiamo farcela con una quantit

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di birbanti...con una folla di ometti brutali, ubriaconi, ladri: Predicate pure voi, se vi piace, che l'inferno non esiste e che l'anima mortale. Per parte mia, io mi sgoler a gridargli nelle orecchie che , se mi derubano, saranno dannati per sempre. Sembra dunque che qui nulla c'entri la fede, quanto piuttosto la necessit di usare la religione come forma di controllo sociale e infatti aggiunge: assolutamente necessario per i prncipi e per i popoli che l'idea di un essere supremo creatore, reggitore, remuneratore e vendicatore sia profondamente radicata negli spiriti degli animi. Quindi in Voltaire si presenta questa contraddizione, mentre da una parte fa una straordinaria lotta contro l'ignoranza e la superstizione religiosa, alimentata dal clericalismo della Chiesa, dall'altra alimenta questa superstizione e questa ignoranza per motivi di uso sociale e di potere. Ed contraddittorio anche quando giustifica l'uso sociale della religione ma condanna contemporaneamente l'uso politico che ne fanno i capi guerrafondai: Ma il pi straordinario di queste infernali intraprese che ciascuno di quei capi assassini fa benedire le sue bandiere e invoca solennemente Iddio, prima di andare a sterminare il suo prossimo. Questa posizione sul pericolo dell'ateismo non gli fa dimenticare la maggiore pericolosit del fanatismo: Il fanatismo certamente mille volte pi funesto: perch l'ateismo non ispira passioni sanguinarie ma il fanatismo s; l'ateismo non serve da freno ai delitti ma il fanatismo spinge a commetterli. C' almeno il riconoscimento che gli atei sono tutto fuor che fanatici e intolleranti. La sua conclusione che l'ateismo un mostro assai pericoloso per quelli che governano; che lo anche nelle persone di studio, se pure la loro vita innocente, perch dal loro studio esso pu arrivare fino a quelli che vivono in piazza e che, se non funesto quanto il fanatismo, tuttavia quasi sempre fatale alla virt.Voltaire si chiede ad un certo punto perfino se utile mantenere il popolo nella superstizione e d una risposta che tradisce profondamente lo spirito pedagogico dell'Illuminismo, secondo il quale i lumi della ragione devono arrivare a sconfiggere l'ignoranza

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di tutti: Tale la debolezza del genere umano, tale la sua malvagit, che senza dubbio meglio per lui essere soggetto a tutte le superstizioni possibili, purch non siano fonte di delitti, piuttosto che vivere senza religione: L'uomo ha sempre bisogno di un freno, per quanto fosse ridicolo far sacrifici ai fauni, ai silvani, alle naiadi, era molto pi ragionevole e utile adorare queste immagini fantastiche della divinit, piuttosto che abbandonarsi all'ateismo. Un ateo che fosse ragionatore , violento e potente, sarebbe un flagello tanto funesto quanto un superstizioso sanguinario...il pagano si guardava dal commettere un delitto per paura di essere punito dai suoi falsi dei...dovunque ci sia una societ organizzata, una religione necessaria, le leggi vegliano sui delitti conosciuti e la religione su quelli segreti. Alla domanda di Holbach: Un ateo pu avere una coscienza morale?, Voltaire risponde di no, perch l'ateo, non avendo paura del castigo eterno, pu commettere qualsiasi delitto: Vi dice ' Io sarei uno sciocco se non vi sgozzassi per avere il vostro oro, la vostra donna, il vostro posto'. I superstiziosi commettono mille misfatti con rimorso, gli atei senza rimorso. Secondo Voltaire l'ateismo una colpa e questa colpa della esistenza degli atei dipende dalla responsabilit dei preti intolleranti,di quei tiranni mercenari delle anime i quali, obbligandoci a ribellarci contro le loro furfanterie, spingono alcuni spiriti deboli a negare quel Dio, che questi mostri disonorano. Non si affaccia alla intelligenza critica di Voltaire il sospetto che l'ateismo, come qualsiasi altra scelta in fatto di religione, pu essere semplicemente una libera scelta della coscienza individuale e che una societ di atei del tutto possibile perch i valori non ce li d la religione ma la coscienza civile di essere cittadini responsabili della propria libert. Dovremmo aspettare altri illuministi atei e materialisti perch questo fatto diventi evidente.

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HOLBACH (1723-1789) La critica alla intolleranza della religione arriva al suo culmine con l'opera Il buon senso, che esce anonima nel 1772, nella quale l'atteggiamento critico dell'Illuminismo si spinge a trarre le estreme e logiche conseguenze con il rifiuto totale di ogni forma di religione, perch in ogni religione si nasconde lo spirito di intolleranza a causa della presunzione di possedere una verit assoluta e come tale da imporre agli altri: Ogni religione intollerante e quindi impedisce di fare il bene ...I fondatori delle religioni e i preti che le tengono in vita si sono evidentemente proposti di separare dagli altri popoli i popoli che essi indottrinavano...soprattutto cercando di persuaderli che le religioni degli altri erano empie e abominevoli...ecco come la religione arrivata ad indurire i cuori e a mettere per sempre al bando l'affetto che l'uomo deve avere per il suo simile. convinzione profonda degli illuministi che ogni individuo debba essere educato a pensare con la propria testa e a non accettare che qualcuno pensi in sua vece. Gi Kant, nello scritto Che cos' l'Illuminismo? , sosteneva che il motto dell'Illuminismo era: Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza, ma che questo era impedito dal fatto che tutori interessati sorvegliano la maggior parte degli uomini e dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici e avere accuratamente impedito che queste pacifiche creature osassero muovere un passo fuori del girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo mostrano ad esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. questa la perfetta descrizione della operazione che per Holbach mettono in atto i preti: Completamente ossessionato dai propri terrori e dalle proprie fantasticherie incomprensibili, l'uomo fu sempre in balia dei suoi preti, che si riservarono il diritto di pensare in vece sua e di prescrivergli la sua condotta. Holbach si chiede come sia stato possibile che la maggior parte degli uomini sia

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stata soggiogata dalle fantasticherie incomprensibili e assurde delle religioni: Come si potuti riuscire a persuadere esseri ragionevoli che la cosa pi incomprensibile era per essi la pi essenziale? . Sicuramente Perch sono stati fortemente terrorizzati, perch quando si ha paura si cessa di ragionare, perch sono stati esortati soprattutto a diffidare della loro ragione, perch quando il cervello turbato si crede a tutto e non si esamina pi niente. E soprattutto perch I precettori del genere umano si comportano con molta avvedutezza, insegnando agli uomini i principi religiosi prima che essi siano in grado di distinguere il vero dal falso o la mano sinistra dalla mano destra. Sarebbe difficile ammaestrare un uomo di quarant'anni fornendogli le nozioni incoerenti che ci vengono dette sulla divinit; altrettanto difficile quanto scacciare quelle nozioni dalla testa di un uomo che ne sia imbevuto fin dalla pi tenera infanzia. Ogni religione nata dal desiderio di dominio. I primi legislatori dei popoli si proposero di dominarli. Per controllare meglio gli uomini le religioni e i preti si sono inventati le pene eterne dell'inferno e I teologi hanno fatto del loro Dio un essere detestabile, pi malvagio del pi malvagio degli uomini, un tiranno perverso. evidente per Holbach il vantaggio in termini di potere che i preti ne traggono: utile ai preti che la gente tremi dinnanzi al loro Dio, affinch si ricorra ad essi per placare i propri timori. Viene qui ripresa la spiegazione razionalistica del sorgere delle religioni che gi Epicuro e, sulle sue orme, Lucrezio avevano proposto nell'antichit. Come loro Holbach pensa che Per mettere in chiaro i veri principi della morale gli uomini non hanno bisogno n di teologia, n di rivelazione, n di divinit: hanno bisogno solamente del buon senso, dove per buon senso si deve intendere quel minimo di razionalit critica, di cui ogni essere umano dispone, e che da sola capace di rendersi conto delle assurdit dei dogmi religiosi e capace di fondare principi morali in grado di guidare utilmente e responsabilmente la condotta degli uomini. Ormai in pieno Illuminismo Holbach trae le conseguenze logiche del concetto

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di tolleranza, superando coraggiosamente tutte le remore che gli autori che abbiamo visto, Voltaire compreso, avevano mostrato nell'applicarlo anche agli atei: se tolleranza ci deve essere essa deve essere applicata anche agli atei e con una critica magistrale attacca i pregiudizi di Locke e di Voltaire: Ci chiedono quali ragioni pu avere un ateo per agire bene. Pu avere la ragioni di piacere a se stesso, di piacere ai suoi simili, di vivere felice e tranquillo, di farsi amare e stimare dagli uomini, la cui esistenza e le cui propensioni sono molto pi sicure e pi note di quelle di un Essere inconoscibile. Colui che non teme gli dei, pu temere un'altra cosa? Pu temere gli uomini, pu temere il disprezzo, il disonore, le punizioni e la condanna delle leggi; infine pu temere se stesso, pu temere i rimorsi che provano tutti coloro che sono consapevoli di essere incorsi meritatamente nell'odio dei propri simili.... Poi aggiunge, contestando apertamente la posizione anti atea di Voltaire secondo la quale l'ateo manca di moralit:Un ateo pu avere coscienza morale? Quali sono i suoi motivi per astenersi dai vizi nascosti e dai misfatti segreti che gli altri uomini ignorano e sui quali le leggi non hanno alcun potere?...Se ne asterr per timore di essere costretto ad arrossire dinanzi ai suoi propri occhi, al cui sguardo non pu sottrarsi. Se dotato di ragione, conoscer il pregio della stima che un uomo onesto deve avere per se stesso...l'altro mondo non fornisce alcun motivo di agire bene a chi non ne trova quaggi. Alla obiezione che l'ateo filosofo pu formare atei politici per cui prncipi e ministri, non sentendosi pi trattenuti dal timore di Dio, si abbandoneranno senza scrupoli ai pi orribili eccessi, Holbach risponde: Ma per quanto si possa supporre grande la depravazione di un monarca ateo, potr mai essere pi forte e pi dannosa di quella di tanti conquistatori, tiranni, persecutori ambiziosi, cortigiani perversi, i quali, senza essere atei, essendo anzi spessissimo molto religiosi e devoti, non cessano di far gemere l'umanit sotto il peso dei loro delitti?...nulla pi raro che prncipi atei, ma nulla di pi comune che tiranni e ministri ferocissimi e

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religiosissimi. L'attacco che Holbach porta alla teologia tra i pi duri che l'illuminismo ha prodotto: C' una scienza che ha per oggetto solamente cose incomprensibili. Al contrario di tutte le altre scienze, essa non si occupa che di ci che non pu essere percepito dai sensi. Hobbes la chiama il regno delle tenebre...in questa strana regione la luce non altro che buio, l'evidente diviene dubbio o falso, l'impossibile diviene credibile, la ragione una guida infedele e il buon senso si trasforma in delirio. Questa scienza si chiama teologia e questa teologia un insulto continuo alla ragion e umana. Ad essa va contrapposta la razionalit filosofica: La filosofia adatta a coltivare il cuore e l'intelletto. Dal punto di vista della morale e dell'onest chi riflette e ragiona non ha evidentemente un vantaggio rispetto a chi si fa un dovere non ragionare?...Meno gli uomini ragionano pi sono malvagi. Per Holbach la tolleranza non pu essere figlia della teologia ma solo della ragione e conclude: Quale felice e grande rivoluzione si compirebbe nell'universo se la filosofia si sostituisse alla religione!. Con lui quel processo che abbiamo fin qui esaminato della sempre maggiore affermazione del concetto di tolleranza nei primi secoli della modernit raggiunge il suo esito: la tolleranza come valore universale per tutti, atei compresi, e soprattutto si messo in moto quel processo che condurr all'odierno concetto di tolleranza come riconoscimento dell'esistenza di una pluralit di verit. Con l'Illuminismo sono caduti gli ultimi pregiudizi religiosi che avevano frenato anche le menti pi brillanti e aperte, la via verso la laicit contemporanea era tracciata, ma la tolleranza dovr ancora affrontare prove dure contro il pericolo dei fondamentalismi e integralismi religiosi di sempre ma anche contro i totalitarismi ideologici e politici.

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