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mercoledì 19 gennaio 2022 17:41

27|10|2021
Conseguenze teorie dell'identità personale di Hume nella contemporaneità

Thomas Reid
- filosofo della scuola della scuola del senso comune
- Fine 700, in parte contemporaneo di Hume
- Dimostrazione di come un contemporaneo di Hume, che si muove in maniera lontana dalle
coordinate dell'empirismo, parli dell'identità personale mostrando una sorta di "paura" per la
versione, percepita come molto radicale, di Hume
Parla di "convinzione" --> quella che era una credenza, una propensione per Hume. Non fa la
distinzione tra prospettiva teoretica e morale.
- Questa convinzione ha carattere prefilosofico, fa parte della natura umana, della nostra
costituzione originale. È una precondizione di ogni esercizio della ragione e della memoria -->
lavorano su questa identità personale che c'è già, è data prima (non è la memoria che
costruisce e produce… come dice Hume)

"l'identità è una relazione che intercorre tra una cosa di cui si è a conoscenza in un dato tempo a
uno, e una cosa conosciuta in un altro tempo a due."

Identità - differenza. La relazione di identità comporta una certa differenza (a uno…a due), nel
momento in cui essa scompare abbiamo l'identità
- per Hume è un'identità imperfetta in quanto passaggio che la nostra immaginazione produce
coprendo una discontinuità reale
- per Rid l'identità implica una esistenza ininterrotta e continuativa
La persona, corrispettivo di questa esistenza ininterrotta e continuativa, è un qualcosa che non ha
discontinuità, non può essere diviso o consistere di parti (esattamente il contrario di Hume). È
assurdo pensare ad una persona scomposta in parti, la persona è indivisibile
La persona non è pensiero, azione, sentimento --> è qualcosa che pensa agisce o soffre (non posso
essere ridotto a fasci di percezioni come diceva Hume). I miei pensieri, le mie azioni, i miei
sentimenti cambiano sempre, non hanno esistenza continuativa ma quel self a cui essi appartengono
è permanente.
- Hume direbbe che sta parlando di un'idea fittizia rispetto alla permanenza
- Secondo Rid la prova che non è così è la memoria: il fatto che uno stesso individuo ricordi le
proprie esperienze passate lo convince della propria identità personale. La memoria non
produce l'identità ma la convinzione (autoreferenziale) dell'identità.
L'identità è perfetta --> non ammette gradi, non è possibile che una persona sia in parte la stessa e
in parte differente poiché una persona è una monade (indivisibile in parti) ---> esattamente il
contrario di Hume
Due prospettive:
- Introspettiva, ci dà una convinzione certa e incrollabile della nostra identità
- Esterna, non ci dà questa certezza (sugli altri, imperfetta)
Tutto ciò riguarda solo l'identità personale, non riguarda il corpo --> che conosciamo in maniera
osservativa
- Quel qualcosa che Hume estende all'identità personale Rid lo riserva solo al corpo (che muta, è
divisibile in parti ecc.)
Accetta l'idea di Hume che anche se quelle sono identità imperfette noi accettiamo che siamo
identità facendo finta che siano perfette (ma l'io non rientra in queste)

Hume grande innovatore che produce paura anche in chi si riconosce in grande parte nella sua
filosofia --> es. Rid, la paura lo spinge a tirar fuori il self dal discorso sulle identità imperfette, che
riprende direttamente da lui.

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1984, Teorie di Derek Parfit (di tradizione analitica e neo humiana) (la sua svolta è in ultima analisi
morale)
Teoria di Hume tiene ancora banco nel 900 ed è oggetto di dibattito
Scrive "Ragioni e Persone" (2 edizione del 86)
È un riduzionista o eliminativista --> non esiste l'identità personale nel senso di un'entità esterna
che possa rappresentare questo self, ma questo non significa che non si possa parlare di "persona".
Divide l'analisi dell'identità in due prospettive teoriche, il riduzionismo e il non-riduzionismo,
qualificandosi tra i riduzionisti
- Bisogna scegliere fra il trattare la questione da riduzionisti e trattarla da non-riduzionisti, e
quella riduzionista è la concezione vera --> è humiano, quando dice che sta studiando la natura
umana e questa è la concezione vera.
- In quanto vera dovrebbe valere per tutti --> istanza illuminista
- È una versione "interculturale" --> non è occidentale, deve poter valere per tutti e in tutti i
tempi (stessa idea di Hume)
--> ripresa della prospettiva epistemologica di Hume
Come per Hume nel primo libro, sa che la sua prospettiva sia quasi insostenibile. Sa che la sua
posizione è difficile da sostenere, afferma di non riuscire ad restare coerente con la sua filosofia e di
rischiare spesso di ricadere nel senso comune (aderisce all'idea humiana secondo cui quando
facciamo filosofia… ma poi nella vita reale…)
Alla fine nella sua "riflessione finale":
"A livello intellettuale e riflessivo io riesco a credere in questa concezione, che si fonda sull'idea che
ciò che conta non è la nostra identità"
Ok è un'idea fittizia, non c'è questo io, ma a qualche altro livello nutrirò dei dubbi
Aggiunge immagine spaziale in cui c'è un alto e un basso --> andare a porsi nella prospettiva
riduzionista è come sporgersi sul precipizio di un grattacielo --> mi affaccio, so che sto al sicuro ma
mi fa comunque paura, quindi mi ritraggo un po' al sicuro --> metaforicamente nella vecchia
concezione del senso comune.
Abbandonare l'identità fa paura ---> quella stessa paura che aveva portato Rid a distanziarsi dalla
teoria di Hume è considerata da Parfit come coessenziale alla concezione riduzionista.

Secondo Parfit c'è una continuità psicologica che rende ragione del fatto che io dico che sono lo
stesso; c'è una continuità tra la vita mentale di me e la vita mentale di me prima di ora. Ci vuole far
capire che questa dinamica funziona perché ci serve
Esempio che chiama "la mia divisione":
- Ritiene che ci siano tre gemelli identici, uno è lui e dice "il mio corpo è irreparabilmente
danneggiato e allo stesso tempo sono irreparabilmente danneggiati i cervelli dei miei due
fratelli"
- Arriva un neurochirurgo e il mio cervello viene diviso e ciascuna metà viene trapiantata con
successo nei cervelli dei miei bros
- Rimangono quindi in vita due gemelli, e ognuno di loro crederà di essere me
- La domanda è: che cosa ne sarà di me, di quell'io, dopo questo trapianto? 3 possibilità
○ Io sarò identico per continuità psicologica almeno ad una delle due persone, ma in realtà
la continuità psicologica ce l'ho sia con A che con B, perché dovrei preferirne uno dei
due? Quell'io che era uno non può essere A piuttosto che B perché c'è continuità in tutti
e due. (idea che sia 1 non funziona)
○ Sono identico sia in A che in B e sono diviso in due, mezzo-io e mezzo-io. Ma se A è
identico a me e B pure, allora A=B, ma A e B sono diversi, quindi non regge
○ Non sono sopravvissuto all'operazione, sono morto. Ma se B non fosse sopravvissuto,
allora la prima ipotesi reggerebbe, com'è possibile che un successo parziale sia meglio in
questo caso di un successo totale? La sola creazione di A mi garantisce la sopravvivenza,
perché mai la creazione di A e B dovrebbe procurarmi la morte?
--> non arrivo ad una conclusione se ragion con la vecchia idea che sono un'unità, un uno,
semplice, vivo, che può morire, ecc. Eppure la domanda (after operazione che fine faccio) è
ragionevole e dovrebbe avere una risposta determinata.
Parfit la risolve così:
○ Siamo naturalmente inclini a credere che la nostra identità debba essere sempre
determinata, ma questa credenza naturale non può essere vera se non a condizione che

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determinata, ma questa credenza naturale non può essere vera se non a condizione che
noi siamo entità esistenti separatamente, ossia che io = ego cartesiano.
○ ma dall'altra parte nega humianamente l'esistenza degli ego cartesiani.
--> bisogna considerare la risposta alla domanda come vuota, a volte non si può dare una
risposta determinata --> si va verso un'identità personale impersonale
Quindi potrei descrivere la realtà e la mia stessa vita in modo impersonale, in cui non vengono
tirate in ballo entità come le persone, criteri che le tirano fuori sono criteri di correttezza ma
convenzionali --> poiché ci sono poi dei casi (questo esempio è uno) che non sono coperti dai
criteri di identità personale che usiamo generalmente funzionano
Teoria impersonale dell'identità personale --> molti punti di contatto con il buddismo, frame
culturale che sta molto bene con la filosofia di Hume

Terza parte di ragioni e persone --> riservata tutta alla questione dell'identità personale
Ci spiega che cos'è nel dettaglio la sua posizione riduzionistica
Inizia con esempio del "caso del teletrasporto"
- Uno vuole viaggiare su Marte e per farlo ci vogliono 20 min. C'è un dispositivo, una sorta di
scanner, capace di registrare gli stati molecolari del nostro corpo e cervello e inviare queste
info ad un ricevitore su Marte. Una volta trasmesse, il corpo e il cervello sulla terra e il
dispositivo li ricrea esattamente uguali su Marte. Questo nuovo corpo e questa nuova mente
su Marte ricorderanno tutto ciò che avviene prima che il dispositivo iniziasse a registrare. La
sua vita continuerà su Marte dal punto in cui ha lasciato la terra. Tutto funziona
Poi c'è il "caso del teletrasporto malfunzionante"
- Una volta abituato a questo via vai del teletrasporto, il dispositivo viene perfezionato
all'insaputa del soggetto. Questo nuovo dispositivo crea il duplicato su Marte mantenendo
l'originale sulla Terra. C'è però un malfunzionamento, per il quale la trasmissione su Marte è
andata bene ma tra qualche giorno l'originale sulla Terra morirà. In questo secondo caso io
muoio. La replica su Marte consola l'originale nello stesso modo in cui l'originale aveva
provato a consolare un suo amico morente.
Caso della linea secondaria, che terminerà fra pochi giorni. Poiché posso parlare con la mia
replica lei non è me.
"io negherò questo assunto"
Parfit sta lavorando su due livelli: identità numerica e identità qualitativa, uno è un problema
metafisico-ontologico l'altro epistemologico. Ci mostra che sono due livelli collegati: se so quali sono
le condizioni dell'identità so quali sono dei caratteri che qualificano quella persona (ma quella
qualificazione quanto c'entra con la quantità, ovvero col fatto che è una numericamente?)

Distingue due criteri per parlare di identità:


- Criterio standard o criterio fisico, quello per cui la continuità fisica è condizione necessaria
dell'identità personale. Es. ci deve essere quel cervello che continua ad esistere. (in questo
senso anche il caso del teletrasporto semplice non funziona)
- Concezione migliore del criterio fisico, (1) Ad essere necessaria non è l'esistenza continuativa
di tutto quanto il corpo ma l'esistenza continuativa di una quantità di cervello che basti a farne
il cervello di una persona vivente;(2) x oggi rispetto a y in un momento passato è un'unica
persona e la medesima se e solo se una quantità sufficiente del cervello di y ha continuato ad
esistere ed è ora il cervello di x e (3) non esiste un'altra persona che abbia anch'essa una
quantità sufficiente del cervello di y (4) l'identità personale nel tempo consiste infatti nel
ricorre in fatti come in 2 e 3
- (sta cercando di introdurre le situa come quelle dei gemelli per farci capire che quel pezzo di
cervello basta che continui ad esistere, e questa è un'esistenza continuativa di una persona)

Poi però aggiunge:


" Coloro che credono nel criterio fisico non potranno che respingere il teletrasporto, secondo loro
esso rappresenta non un modo di viaggiare ma un modo di morire"
- Il teletrasporto tutto il cervello viene distrutto qui sulla terra, non solo il corpo, non solo quelle
parti di cervello non necessario per la continuità psicologica
Poi parla della resurrezione --> Contrapposizione di una classicità contro la cristianità
- Inciso che ci fa capire come sta andando ad una direzione alternativa alla spiritualità, teologia
ecc. (tipicamente humiano)

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ecc. (tipicamente humiano)

Escluso il criterio fisico, introduce il


- Criterio psicologico, rielabora Locke e Schoenmaekers (?) distinguendo due relazioni:
connessioni psicologiche e continuità psicologica:
○ Connessione psicologica --> verificarsi di particolari collegamenti psicologici diretti
○ Continuità psicologica --> verificarsi di catene intercollegate di connessioni forti
Ci devono essere questi elementi per definire questo criterio psicologico
?

28|11|2021
Secondo il nostro normale modo di concepire l'identità quella persona replicata dall'esempio del
teletrasporto non potrebbe dire di essere se stessa. Lui suggerisce che sia necessario superare la
questione in questi termini e dimenticare una visione cartesiana in cui l'io è privo di tratti
caratteristici a favore di una teoria dell'identità personale descritta in una maniera impersonale
Elementi simili a Hume -> es. il voler superare la visione cartesiana (entità separata ecc.)
- Il problema è che non è che dica che questa idea cartesiana sia incomprensibile, dice che
questa visione è comprensibile ma perché dovremmo crederci? Che vantaggi abbiamo a
crederci? --> dobbiamo renderci conto che non solo non ci sono prove a suo favore ma
abbiamo addirittura prove per non crederci
- Non possiamo sostituire questa visione con una visione determinata dell'identità personale,
bensì con una visione indeterminata e impersonale. Non dovremmo quasi scegliere tra le vare
scelte riduzioniste perché non potremmo arrivare ad una definizione -> perché non è ciò che
conta
Sostiene che l'esistenza di una persona consiste unicamente nell'esistenza di un corpo e di un
cervello nel verificarsi di diversi eventi mentali -> non sta dicendo che c'è una continuità da un punto
di vista fisico, sta dicendo che una persona c'è al verificarsi di questi elementi -> conta per noi poter
utilizzare la parola persona perché ci serve ma in realtà non abbiamo altro che quegli elementi e
basta (una persona può essere anche un'entità distinta ma non è un'entità sostanziale ma un
accordo linguistico che abbiamo sul fatto di dire che quella è una persona -> e ci sono casi che fanno
saltare questo accordo facendoci capire quanto non sia importante)
- Nella vita quotidiana abbiamo quel "gioco linguistico" (per dirla alla witt.) per il quale diciamo
"persona è quell'entità che noi distinguiamo da un cervello, da un corpo, e da una connessione
di stati psicologici
- Filosoficamente parlando tutto ciò non è dimostrabile
- Suggerisce che dovremmo persino avere una visione che vada oltre e per la quale diciamo che
questa roba non conta, c'è un accesso diverso alla questione: un accesso impersonale, che è
universale, interculturale e in accordo col buddismo. (e qui va oltre all'Hume del primo libro)
Metafora che usa Parfit: stato come repubblica (tipicamente Humiana)
- Anche se queste persone dovessero esistere noi possiamo dare una visione completa della
realtà senza che le persone esistano
Dice
- "una persona è un'entità distinta da un cervello da un corpo e da questa serie di eventi"
- "sebbene questo sia vero una persona non è un'entità esistente separatamente" -> "questa
versione del riduzionismo può sembrare contraddittoria" (un'entità distinta non esiste
separatamente) -> metafisicamente non esiste ma linguisticamente si -> risolve la questione
citando Hume "non potrei paragonare un'anima meglio che ad una repubblica o ad uno
stato" --> la Francia non esiste come entità separata da quel territorio e dalle persone che
vivono in quel territorio eppure esiste
Quella cosa per cui noi usiamo la parola "persona" è indeterminata (esempio del locale che chiude e
poi viene ricostituito un altro dagli stessi membri con stesse regole -> non c'è possibilità di
determinare questo interrogativo, la risposta non conta) --> i nostri dati non sono incompleti,
sappiamo tutto ciò che ci serve sapere
Domande vuote -> è vuoto domandarsi se quel club è lo stesso o no perché ho tutti gli elementi ma
non posso arrivare ad una conclusione
- Quando ci poniamo una domanda vuoto consideriamo un fatto o un esito, e le risposte a
questa domanda non sono altro che descrizioni di questo fatto o esito
- Quando la domanda vuota non ha risposta possiamo decidere di sceglierne una. Non si tratta

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- Quando la domanda vuota non ha risposta possiamo decidere di sceglierne una. Non si tratta
di scegliere tra due concezioni diverse di ciò che è realmente accaduto, cosa sia accaduto lo
sappiamo già prima, si tratta di scegliere una tra due o diverse descrizioni della sequenza di
eventi
--> se riguardo all'identità personale abbiamo una visione riduzionista dovremmo avanzare tesi
analoghe
- Se conosco i fatti relativi sia alla condizione fisica e sia al criterio psicologico so tutto quello che
devo sapere ma non ho risposta (sono sul punto di morire?)
- Se l'applichiamo a noi stessi questa versione riduzionista appare impensabile
- Noi siamo abituati a questo, è difficilmente sostenibile questa posizione, questi casi sono
inconsueti e sono casi limite (non c'è nessun teletrasporto ecc.)
- Ritiene che il punto di vista naturale esprime la concezione secondo cui ciò che conta è
l'identità personale (per cui ci poniamo la domanda morirò o no, vogliamo una risposta si-
no) -> la concezione rivale (che sostiene lui) è riduzionistica e vivremo meglio, ciò che conta è
la relazione R (relazione tra condizioni psicologiche, connessione che può esistere anche nel
teletrasporto o nel trapianto dei gemelli, è una identità indeterminata e impersonale ed è
molto meglio cosi)
- Se noi abbiamo dimostrato che ci sono casi in cui l'identità è indeterminata dobbiamo buttar
via la vecchia versione, secondo lui con tutti questi casi fittizi dimostriamo che esistono casi in
cui non possiamo decidere

Identità personale non conta


Esempio dei gemelli di David Wiggins (che aveva parlato di un gemello)
- Supponiamo che tu abbia un gemello, il tuo corpo e il cervello del duo gemello vengono
danneggiati. Il chirurgo riesce con successo a collegare il tuo corpo al suo cervello e il suo
cervello al tuo corpo. Chi è la persona che si risveglia?
○ Entrambi i sostenitori del criterio fisico e psicologico diranno che la persona al risveglio
sei tu
- Supponiamo che abbiate un altro fratello con il corpo simile al vostro, che il vostro cervello sia
stato diviso in due metà e che ciascuna metà venga trapiantata separatamente nel corpo di
uno dei vostri fratelli -> entrambe le persone risultanti saranno psicologicamente continue con
voi e crederanno di essere voi. metà del cervello nel fratello A e metà nel fratello B, loro
crederanno di essere io -> io mi sono sdoppiato? Cosa avviene dopo questa fusione-scissione
della persona?
1. Non sopravvivete -> poiché si sopravvivrebbe anche soltanto se una metà fosse stata
trapiantata nel cervello non è plausibile sostenere che non si sopravviva se anche l'altra
metà è stata trapiantata con successo? Come si può sopravvivere con un doppio
successo? --> in qualche misura si sopravvive
2. Sopravvivete come una delle due persone -> implausibile, perché scegliere tra a e b se in
entrambi il mio cervello è stato trapiantato con successo
3. Sopravvivete come l'altra -> implausibile per lo stesso motivo
4. Sopravvivete come entrambe -> non funziona perché ammesso che una persona può
avere una mente divisa, si può affermare che si sopravviva come entrambi. Tuttavia
questa supposizione porterebbe ad uno stravolgimento troppo grande del nostro
comune concetto di persona, dovremmo assumere che entrambe le persone potranno
condurre due vite diverse e come potrà lo stesso io essere due vite diverse
- Il riduzionista direbbe che le diverse opzioni non descrivono diverse possibilità, sappiamo tutto
ciò che dobbiamo sapere rispetto all'identità di quelle persone. Sapere che siete voi, l'uno o
l'altro o tutti e due non aggiungerebbe nulla alla realtà
La cosa più ragionevole è pensare che non saranno me, ma il fatto che sia ragionevole è
collegato all'idea nostra di persona ma non ci svela nulla di più sulla realtà. Questo è
semplicemente un accordo, noi ci accordiamo nel dire che non sarò nessuno dei due
- Il problema è un altro -> quali conseguenze morali ci sono in questa faccenda? Dovrei essere
preoccupato per il destino di questi individui?
Ci sono domande vuote non suscettibili di risposta e domande vuote in cui c'è una descrizione
migliore ma questa descrizione migliore la posso dare se ho deciso che cosa conta

È irrazionale pensare che questa divisione sia uguale a morire. Il problema posto dalla doppia

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È irrazionale pensare che questa divisione sia uguale a morire. Il problema posto dalla doppia
sopravvivenza è che non coincide con la logica comune dell'identità personale. Anche questo caso è
la giusta causa perché si mantenga la priorità della relazione R

Ciò che conta non è la nostra identità, è più importante pensare che sopravviverò se il costo è fare a
meno di quella vecchia logica dell'identità ben venga

Quando riprende nel capitolo che cos'è ciò che conta intitola il primo paragrafo "La liberazione
dall'io"
- Opzione riduzionistica dispone verità che fanno paura -> Parfit dice che al contrario questa
verità rasserena e consola
- Nel momento in cui non mi rappresento più in quell'io i miei confini non sono più cosi definiti
ed entro più in consonanza-risonanza con gli altri (Analogia con ciò che dice Hume in sede
passionale)
- Visione non riduzionista porta a paure come quella della morte

02|11|2021
Tema: Cosa significa essere riduzionisti per Parfit
I criteri che ha indicato: continuità fisica - continuità e connessione psicologica -> sembra che la
continuità fisica non sia importante e tuttavia spesso afferma che abbiamo bisogno di un cervello e
di un corpo
- Da una parte la parte fisica non possiamo e non dobbiamo buttarla via
- Dall'altra ci spinge a guardare in un altro modo
---> secondo lui è sufficiente un corpo "sufficientemente equivalente" (cioè capace di sostenere una
forte connessione psicologica). Non è vero che esclude il corpo, ma lo esclude nella sua accezione
classica (cervello e corpo vecchi, quelli che restano sulla terra, hanno un valore solo sentimentale)
-> da una descrizione impersonale della continuità fisica pur riconoscendo che senza il supporto del
corpo non ci potrebbe essere la persona
La continuità psicologica ci deve essere, ma ciò che conta è la connessione (ovvero qualcosa che
potrebbe andare oltre il singolo individuo) -> possiamo perdere dei pezzi ma riuscire a mantenerci
connessi è sufficiente per avere questa concezione di persona impersonale
Possiamo avere una continuità psicologica che vada oltre la nostra idea di persona, e che per questa
continuità è sufficiente una connessione che si determina in quei casi di cui ha parlato (gemelli ecc.)

Implicazioni morali
Si rende conto che questa teoria ha delle implicazioni morali -> io non sono quell'io lì, non c'è più un
io tradizionale -> es. interesse personale se non c'è una persona?
Parfit arriva a sostenere che questa diminuzione del grado di tenuta della relazione (tra i miei pezzi,
che prima stavano ben integrati) non significa una diminuzione della mia preoccupazione
- Preoccupazione -> idea di Parfit è che mi preoccupo dei miei io futuri, intesi come elementi di
questa continuità impersonale, tanto quanto mi preoccupo degli altri e delle generazioni
future -> uscendo dalla versione personale non c'è più nessuna differenza tra me e gli altri,
quelle connessioni mie si intrecciano molto di più con quelle degli altri, è tutto molto più fluido
I critici: se il soggetto non è più vincolato ad un io allora si è totalmente fuori dalla morale, a chi
ascriviamo infatti le azioni? -> (come Hume) Parfit sa che avere questa idea dell'identità personale
porta a delle conseguenze morali importanti, ma per lui è il contrario, ci si avvicina agli altri in questo
modo. Fa degli esempi sui due estremi della vita:
- Esempio dell'aborto -> adottando una visione non riduzionistica, e quindi assumendo come
riferimento identitario l'io cartesiano, non posso trovare una linea di confine e sono costretto
a identificarlo con il concepimento, e inoltre tutte le parti della mia vita hanno ugualmente
valore. Ne segue che uccidermi a 40 anni o uccidermi dopo il concepimento hanno lo stesso
valore morale, e quindi l'aborto sarebbe moralmente sbagliato in tutti i casi (a parte quando
per salvare la mamma). Se adotto una visione riduzionistica non reputo che in ogni momento o
esisto o non esisto, una ghianda diventa un albero piano piano, crescendo, e potremmo
ritenere che l'aborto non è moralmente grave all'inizio della gravidanza ma lo è mano mano
che ci si avvicina alla fine della stessa
- Esempio del fine vita: secondo la concezione non riduzionistica una persona o è viva o è morta,
per i riduzionisti invece una persona può cessare di esistere gradualmente, anche prima che il

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per i riduzionisti invece una persona può cessare di esistere gradualmente, anche prima che il
suo cuore cessi di battere (tratti caratteristici della vita mentale di quella persona
scompaiono). Possiamo affermare che se la persona ha cessato di esistere non abbiamo
nessuna ragione morale né di aiutar il suo cuore a continuare a battere né per astenerci ad
impedirgli di battere. In questa prospettiva è possibile distinguere persona-essere umano, è
moralmente sbagliato uccidere solo delle persone. Covid e crisi di macchinari e posti letti ->
operazione di scelta dei pazienti, non abbiamo una regolamentazione su questo

Commento sulla posizione di Parfit rispetto alla moralità:


Alcuni non riduzionisti hanno sostenuto che solo se l'identità personale è un ulteriore fatto e
comporta una verità metafisica possiamo mantenere una serie di pratiche morali e legali (resp
morale comporta sempre la questione legale). Per esempio sostengono che se il riduzionismo fosse
vero non saremmo più giustificati a punire le persone per crimini passati, infatti solo in una
prospettiva non riduzionistica una persona è identica nel tempo; requisito necessario per la
punizione -> che sia la stessa persona. Parfit suggerisce che anche la continuità psicologica può
portare un certo grado di responsabilità morale, se consideriamo anche la connessione psicologica
come avente rilevanza morale dovremmo inoltre pensare che la pena debba essere proporzionale al
grado di connessione psicologica tra la persona al momento del crimine e la persona al momento
della condanna (basti pensare al nostro ordinamento giuridico che per una serie di reati
contemplano la prescrizione, che si basa sul tempo e il cambiamento)

Parla di impegno -> quando parliamo di impegni incontriamo 3 tesi analoghe:


- Secondo la tesi estrema, poiché la concezione riduzionistica è vera, non possiamo mai essere
legati agli impegni assunti in precedenza. Questa posizione è difendibile ma lo è anche la sua
negazione, e se c'è poca connessione fra gli stati psicologici la forza dell'impegno diminuisce

Quando riflettiamo sugli impegni il tema dell'identità personale entra in gioco due volte: identità di
colui che fa la promessa, sia la persona a cui la si fa. L'attenuarsi della connessione può attenuare
l'obbligo di chi fa la promessa, ma non viceversa
- Esempio del russo dell'ottocento.
Noi pensiamo che ulisse quando chiede di essere slegato non è ulisse in quanto offuscato dal
canto, se la persona ci sembra lucida, non in questi casi di tensione, ci dispensa dall'impegno.
Se la sua mente è lucida puo sempre scioglierci dall'impegno. --> il contenuto dell'impegno
non puo imepdire che ne veniamo dispensati
Se lei lo giudica lucido potrà farlo soltanto parte blu

"Qualcuno potrebbe obiettare che distinguendo diversi io successivi secondo la nostra convenienza,
potremmo sottrarci facilmente al nostro impegno e alle nostre responsabilità. Ciò non è vero […]"
insincerità

Va verso una concezione tipicamente utilitarista, ovvero verso una concezione distributiva il
riduzionismo suffraga un cambiamento della portata dei prinicpi distributivi. Sostiene l'idea di dar
loro una portata maggiore e di applicarli anche all'interno di un'unica esistenza
Esempio del sacrificio di un bambino
- Un riduzionista sarà portato a considerare il rapporto del bambino col suo io adulto alla stessa
stregua del rapporto con un'altra persona. E quindi è piu probabile che valuti ingiusto impore
dei sacrifici a quel bambino ad esclusivo vantaggio dell'adutlto
- La versione non riduzionistica vede il bambino e l'adulto che sarà strettamente connessi,
quindi è legittimo chiedere di fare un sacrificio a un bambino in funzione di un futuro
vantaggio dell'adulto che sarà un giorno
- Nella versione riduzionistica, poiché quel bambino e l'adulto hanno meno connessione, non si
può chiedere questo sacrificio al bambino perché non c'è la certezza della connessione con l'io
adulto che sarà un giorno

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Torna alla metafora dello stato di Hume, ciò che segue moralmente:
Se una nazione non è altro che i suoi cittadini
- È meno plausibile considerare la nazione in se stessa come oggetto primario di doveri e diritti
- È più plausibile focalizzare l'attenzione sui cittadini, considerandoli come persone
- Quindi la nazionalità di un cittadino ci apparirà come una cosa moralmente meno importante

Scorporando la persona classica in persone che sono io successivi, catene di esperienze ->
l'attenzione morale si focalizza si questi segmenti e quindi sulla questione distributiva non possiamo
fare quel discuorso su tutta la vita di quel bambino (nonp possiamo dare per scontato che quell'io
bambno sarà quell'io futuro).

Esempio di due persone che soffrono, possiamo alleviare il dolore solo di una -> finisce per muoversi
sul terreno dell'utilitarismo; impersonalità dell'utilitarismo rispetto alla sofferenza è più plausibile
(Principio della compensazione -> diventa più plausibile essere più preoccupati rispetto alla qualità
dell'esperienza piuttosto che a chi la fa)

Sulle emozioni tutto ciò può esercitare effetti diversi a seconda delle persone

l'io cartesiano restringe l'orizzonte dei propri interessi, laddove questo io neo-humiano lo allarga ->
questa posizione quindi è sostenibile ed emotivamente persino gestibile

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