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Parliamo in fine della Fenomenologia dello Spirito, ovvero la prima opera in cui

Hegel espone il suo pensiero “maturo”. L’opera ripercorre le tappe dell’anima


come coscienza finita che progressivamente si riappropria della realtà
diventando autocoscienza e ragione, cioè pensiero che sa di essere coincidente
con la realtà e che ha la piena certezza di sé.
Innanzitutto partiamo dal significato del termine fenomenologia, che deriva dal
greco e significa discorso sul fenomeno, su ciò che appare.
Considerando che per Hegel l’intera realtà è spirito, possiamo dire che la
fenomenologia hegeliana indica l’apparire progressivo dello spirito a sé stesso
anche perché lo spiriti à tutta la realtà, è l’assoluto come identità tra finito e
infinito e reale e irrazionale. Ricordiamo inoltre che spirito, assoluto e ragioni
sono sinonimi per Hegel e che quindi se parliamo di spirito o assoluto,
intendiamo la ragione. Possiamo dire che il protagonista dell’opera è lo spirito
che progressivamente si afferma e si conosce ed Hegel ci spiega tale processo
attraverso l’esempio di alcune importanti figure nella storia. In sostanza la
fenomenologia risulta essere la storia romanzata della ragione, la storia di quelle
vicissitudini della coscienza che hanno portato l’uomo verso la verità.
La fenomenologia, secondo Hegel, si suddivide in due parti: la prima parte ingloba al suo
interno tre momenti: il momento della coscienza (la tesi), il momento dell’autocoscienza
(l’antitesi) e il momento della ragione (che è la sintesi); la seconda parte invece prevede tre
sezioni: lo spirito, la religione e il sapere assoluto.
Procediamo con l’analisi della prima parte:

Abbiamo la coscienza, ovvero la tesi, che consiste nel rapportarsi con un


oggetto che è qualcosa che viene percepito esternamente e al di fuori di sé. La
coscienza consiste nel prendere consapevolezza di ciò che ci circonda,
attraverso 3 momenti:
La certezza sensibile: sapere immediato che arriva attraverso i nostri
sensi. Questa certezza in realtà cela una non certezza perché i sensi ci
fanno conoscere le cose parzialmente e quindi si rivela la forma più
povera di conoscenza.
Percezione: passaggio importante dal sapere immediato a quello mediato.
E’ un sapere che percepisce le sensazioni, e le etichetta, da loro dei nomi.
Quindi questo sapere è mediato dalla persona che percepisce.
Intelletto: consiste nel passaggio da una percezione degli oggetti costituiti
da qualità sensibili (ad esempio il colore dell’oggetto, il gusto, l’odore,
ecc..) a una considerazione di questi oggetti come fenomeni. Oggetto
visto come una forza che agisce sul soggetto secondo una determinata
legge.
Hegel concorda con Kant sul fatto che la vera essenza dell’oggetto non si può
cogliere attraverso l’intelletto perché l’essenza è ultrasensibile, quindi il
fenomeno risulta soltanto nella coscienza e siccome tutto ciò che è fuori dal
fenomeno, o è nullo o è qualcosa per la coscienza, allora la coscienza risolve
l’intero oggetto dentro di sé, diventando autocoscienza che è appunto il
secondo momento della fenomenologia dello spirito.
L’autocoscienza sposta l’attenzione dall’oggetto al soggetto che si relaziona ad
altro. Secondo Hegel l’autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in
un’altra autocoscienza, vale a dire che noi siamo autocoscienza solo nel
momento in cui un’altra autocoscienza riconosce che lo siamo. È come se per
esistere avessimo bisogno di qualcuno che ce lo dica. Lo strumento che può
permettere tutto questo reciproco riconoscimento era l’amore, almeno nel
giovane Hegel che probabilmente era influenzato dai romantici ma poi, sotto
l’influenza delle varie esperienze vissute nel corso della sua vita, il filosofo
cambia posizione e ritiene che all’amore manchino la serietà, il dolore, la
pazienza e il travaglio del negativo e quindi ciò che realmente consente questo
riconoscimento non è l’amore ma il conflitto tra le autocoscienze, l’antitesi per
l’appunto. Questo scontro si risolve con un nuovo rapporto di tipo subordinato
del tipo signore e servo: il signore è vincitore e indipendente; invece il servo è
perdente e diventa schiavo. Questo rapporto è una dinamica tipica delle epoche
antiche che però secondo Hegel sfocia in un circolo vizioso in cui il signore
dipende dal servo in quanto dipendente dai suoi servizi e viceversa, il servo
diventa sempre più indipendente. La progressiva acquisizione di indipendenza
del servo si divide in 3 momenti: paura della morte, paura del servizio e paura
del lavoro. Quindi in sostanza le paure che spingono all’indipendenza sono
paradossalmente le stesse paure per cui il servo è legato al signore.
Nell’autocoscienza Hegel si occupa anche della liberazione dell’autocoscienza
stessa che può avvenire attraverso un approccio stoicista o scettico. Nello
stoicismo l’uomo saggio è autosufficiente e libero e quindi, almeno a livello
astratto, l’autocoscienza riesce a liberarsi dai vincoli della realtà.
Nello scetticismo, invece, l’uomo è libero di essere scettico su tutto e di vedere
tutto in maniera negativa e ciò porta alla formazione di una coscienza in felice
che è caratterizzata da una forte scissione, una separazione tra uomo e Dio.
Questa separazione è stata oggetto di una delle prima opere di Hegel, dove parla
dell’ebraismo: dopo il diluvio universale gli ebrei hanno percepito questo
allontanamento dell’assoluto dalla loro coscienza individuale e hanno cercato
con enfasi un Dio trascendentale, potente, che decide tutto, totalizzante che
richiede al suo popolo massima dedizione e sottomissione. Ecco che ritorna la
metafora padrone servo. Col cristianesimo però questo Dio inaccessibile si
rende accessibile in quanto si fa carne attraverso la figura di Cristo.
Successivamente, però, il cristianesimo ha portato a una forte infelicità dettata
da una devozione spenta nel Medioevo che porta al punto più basso che una
persona può toccare, ovvero la separazione da Dio. La ragione invece riporta
alla luce in quanto libera la coscienza, che capisce che non può unificarsi a Dio.
Quindi passa alla ragione, quando essa assume dentro di sé ogni realtà. La
ragione ha la certezza di essere ogni realtà. Per poter arrivare a questa
consapevolezza, però, la ragione deve prima giustificare sé stessa, dapprima
attraverso la fase di osservazione che implica la ricerca di sé stesso nel mondo.
Questa spasmodica ricerca di sé ha bisogno però di attivarsi concretamente non
solo in modo osservativo, ma in modo attivo. Questo è possibile con la ragione
attiva che si innesca nel momento in cui si acquisisce la consapevolezza che
l’unità di io e mondo è qualcosa che si realizza ogni giorno. Una figura
emblematica che Hegel asservisce a questa ragione attiva, è quella di un persona
delusa dalla scienza del progresso che si butta a capofitto nella ricerca del
piacere, nel voler soddisfare i bisogni. Da questo, si scontra con il proprio
destino che però non è in grado di controllare. Entra quindi in gioco la legge del
cuore e il delirio della presunzione, ossia quelle persone che lottano contro i
mali del mondo ed entrano in conflitto con altre persone che a loro volta lottano
contro i mali del mondo. Arriviamo dunque alla terza figura di Hegel, la virtù e
il corso del mondo, con uomini virtuosi e moralizzatori che cercano di
reinvertire il corso del mondo senza però riuscirci.
L’ultima sezione della ragione si chiama individualità che è a se stessa reale in
se stessa e per se stessa e che si divide in il regno animale dello spirito, la
ragione legislatrice e la ragione esaminatrice delle leggi.
Nel regno animale dello spirito c’è un passaggio dalla virtù alla dedizione per i
propri compiti di vita; nella ragione legislatrice ed esaminatrice delle legge
invece, abbiamo la ragione che cerca dentro di sé delle regole da esaminare in
modo poi di cercare di essere al di sopra di queste leggi individuate.
La seconda parte della fenomenologia è compsto da spirito, religione e sapere
assoluto.
Lo spirito per Hegel è la persona che si rapporta nella comunità ed è composto
da tre tappe: l'eticità, la cultura e la moralità; attraverso la religione e il sapere
assoluto, Hegel riesce ad arrivare alla vera e autentica coscienza di sé come
spirito e questo è il punto della fenomenologia in cui si esaurisce perché lo
spirito ha trovato massima espressione e verità in filosofia.

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