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2) Tutto ciò che è reale è razionale, e viceversa, tutto ciò che è razionale è reale.
Il soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà viene denominato da Hegel “idea” o “ragione”, che
esprimono l’identità di pensiero ed essere, o ragione e realtà. Con “tutto ciò che è reale è razionale” si intende
che la realtà non è caotica ma è razionale, segue un ordine, non è un caos ma un cosmo. Al termine
razionalità va attribuito un valore positivo, tutto ciò che è razionale è buono, porta progresso in positivo.
Quindi la realtà non è altro che il dispiegarsi di una struttura razionale, idea o ragione, che si manifesta in
modo inconsapevole nella natura e consapevole nelluomo.
Con “tutto ciò che è razionale è reale” si intende invece che la razionalità non pura idealità (quindi astratta)
ma è la forma stessa di ciò che esiste, perchè è essa a governare e costituire il mondo.
Giustificazionismo implicito: se tutto ciò che è reale è anche razionale, niente è a caso ma tutto ha un senso
e una cosa è legata all’altra, allora ogni cosa è esattamente come deve essere ed è in particolare la
conseguenza di quella precedente e l’anticipazione della seguente (ciò che è risulta anche ciò che
razionalmente dev’essere). Ciò vuol dire anche che noi non possiamo giudicare la storia perché ogni cosa è
quella che deve essere.
3) La funzione della filosofia.
Per Hegel la filosofia arriva sempre dopo la Storia. E se la filosofia arriva sempre dopo che la Storia si è
realizzata, allora ha il compito di capire i legami di ogni avvenimento storico con quello precedente. Pertanto
il compito della filosofia consiste nel prendere atto della realtà e nel comprendere le strutture razionali che la
costituiscono: trovare una giustificazione razionale della realtà.
5) La dialettica.
Il movimento razionale finito che spiega l’infinito è la dialettica. La dialettica è la legge logica di comprensione
della realtà e la legge ontologica di sviluppo della realtà. La dialettica hegeliana è costituita da tre momenti:
tesi, antitesi e sintesi.
-La tesi (affermazione) è il momento astratto intellettuale, cioè è il momento di conoscenza (parziale, limitata)
della realtà, che consiste nel concepire l’esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche e
separate le une dalle altre. Astratto perché è quel momento in cui noi ci fermiamo alle determinazioni rigide
della realtà, rigide perché applicate al principio di identità e non contraddizione.
Hegel afferma che ogni affermazione (determinazione) implica una negazione. Quindi ogni tesi implica
un’antitesi.
-L’antitesi (negazione) è il momento dialettico o negativo-razionale, che consiste nel mostrare come le
determinazioni del primo momento siano unilaterali e necessitino di essere relazionate ad altre. Anche
l’affermazione del momento dell’antitesi è basata sul principio di identità e non contraddizione, però in questo
caso si passa oltre e risulta necessario mettere in relazione le varie determinazioni con le determinazioni
opposte.
Per Hegel però non posso fermarmi a queste determinazioni ma devono essere superate, con la sintesi.
-La sintesi (unificazione) è il momento speculativo o positivo-razionale, ed è la riaffermazione della tesi ma
arricchita dalla negazione dell’antitesi. Consiste nel cogliere l’unità delle determinazioni opposte, quindi
riaffermare l’unilateralità del primo momento (le determinazioni sono aspetti unilaterali di una realtà più
ampia che le comprende).
Da questi tre momenti si può capire la distinzione che c’è tra intelletto e ragione in senso stretto per Hegel:
-l’intelletto è un modo di pensare statico, che considera gli enti nella loro reciproca esclusione;
-la ragione è un modo di pensare dinamico, capace di cogliere la concretezza del reale dietro la fissità
imposta dalle determinazioni intellettuali, e può essere dialettica (quando nega le determinazioni astratte e le
mette in relazione con quelle opposte) o speculativa (quando coglie l’unità degli opposti realizzandone la
sintesi).
Spirito soggettivo.
La filosofia dello spirito soggettivo parla dello spirito (come mente, pensiero) individuale e di tutte le sue
facoltà. Si divide in tre sezioni: antropologia, fenomenologia e psicologia.
● L’antropologia studia lo spirito come anima, cioè quello stadio dello spirito in cui la sua attività non
è pienamente cosciente (la fase in cui lo spirito è in una sorta di dormiveglia). Questa anima si
divide in tre tipi: naturale, senziente e reale. Rappresentano quel rapporto ibrido che si viene a
creare tra spirito e corpo e che si manifesta in quello che noi definiamo carattere, temperamento,
e in generale in tutte quelle differenze psicofisiche che ci differenziano l’uno dall’altro e in natura
come generi. Relativamente all’ antropologia Hegel studia anche gli stadi della vita e le nostre
caratteristiche relative al cambiamento di età, e individua tre momenti:
-infanzia (tesi), è il momento in cui la mente è in rapporto anche col mondo esterno e si trova in armonia con
esso;
-giovinezza (antitesi), è il momento in cui l’adolescente con i suoi ideali entra in contrasto con il mondo
circostante;
-maturità (sintesi), è un ritrovamento dell’armonia dell’infanzia ma con la consapevolezza della legge, della
razionalità che governa il tutto.
● La fenomenologia studia lo spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione.
● La psicologia invece studia lo spirito in senso stretto nelle sue attività, che sono:
-il conoscere teoretico, che è l’insieme delle nostre attività;
-l’attività pratica, da intendersi come la morale e come tutto ciò che comporta il nostro benessere pratico e
che porta quindi alla libertà;
-il volere libero o lo spirito libero, che è quello che ha compreso di essere lui stesso il creatore di tutto ciò.
Spirito oggettivo.
Nello spirito oggettivo si parla di come lo spirito si oggettiva nella storia: ovvero nelle istituzioni
sovraindividuali concrete, politiche e sociali.
Si articola in tre momenti: il diritto astratto (tesi), la moralità (antitesi) e l’eticità (sintesi).
● Diritto astratto. Il periodo che Hegel identifica con l’evoluzione del diritto astratto è il periodo
romano. Il volere libero si manifesta come volere di un singolo individuo, considerato persona
fornita di capacita giuridiche, portatore di diritti. Da questo punto di vista il diritto astratto coincide
con il diritto privato, che deve esprimere il suo volere libero attraverso i diritti che rivendica. Il
modo principale di essere persona giuridica è con il diritto di proprietà rispetto alla propria
persona. Perché l’individuo abbia un diritto, in particolare quello sulla propria persona, è
necessario che anche l’altro lo riconosca: questo grazie al contratto di reciproco riconoscimento.
L’esistenza del diritto implica l’antitesi di esso, cioè la violazione del diritto, il torto (e nei casi più
gravi il delitto). La sintesi è rappresentata dalla pena , che Hegel intende al modo di Beccaria: non
deve essere una pena punitiva ma educativa in cui la violazione del diritto è vista come un’offesa
alla società. Affinché questa pena non sia vendicativa ma educativa è necessario che sia
interiorizzata e quindi questa interiorizzazione segna il passaggio dal diritto astratto alla moralità.
● La moralità è la sfera della volontà soggettiva che si manifesta nelle azioni. Ma affinche ci sia
un’azione ci deve essere un proponimento , che prende poi forma dell’ intenzione . Quando questa
si eleva alla condizione dell’universalità, allora il fine diventa il bene in se e per se. Quest’ultimo
rende l’azione universale ma questa resta comunque astratta. Questo astrattismo implica che
anche il soggetto morale è astratto. Inoltre questo essere astratto porta ad una separazione tra la
soggettività che deve realizzare il bene e il bene che deve essere realizzato. Questa
contraddizione deve essere superata con l’eticità (rappresenta la congiunzione tra essere e dover
essere).
● L’eticità risolve la separazione tra soggettività e bene. Infatti essa rappresenta la moralità sociale,
cioè la realizzazione concreta del bene in quelle forme istituzionali che sono la famiglia, la società
civile e lo Stato. L’idea di fondo di Hegel è che ogni individuo quando nasce si trova come in un
habitat storico e sociale che lo condiziona, attraverso la trasmissione dei valori e del bene
collettivo. Questa organicità dell’individuo con l’habitat storico e sociale che lo accoglie era vissuta
naturalmente nella polis greca e si identifica come una sorta di abito morale (Aristotele) o
“seconda natura”.
Spirito assoluto.
È il momento nel quale lo spirito si auto riconosce nella storia, cioè in cui giunge alla piena coscienza della
propria infinità o assolutezza: ciò accade dialetticamente attraverso l’arte, la religione e la filosofia.
● L’arte è la prima forma attraverso cui l’uomo tenta di riconoscere l’assoluto, ovvero con l’intuizione
sensibile. Nel bello artistico spirito e materia vengono colti come un tutt’uno, tanto che l’opera
d’arte può essere considerata natura spiritualizzata o spirito naturalizzato. La storia dell’arte è
caratterizzata da tre momenti:
-arte simbolica (quella orientale, mesopotamica e si caratterizza di uno squilibrio tra contenuto e forma e una
scarsa conoscenza dello spirito, quindi viene compensata con la materia, in particolare con il ricorso al
simbolo e al bizzarro);
-arte classica (trova una forma di equilibrio tra natura e spirito, tra contenuto spirituale e forma sensibile,
grazie alla mediazione dell’uomo);
-arte romantica (in cui è nuovamente presente uno squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile e in
cui però -al contrario dell’arte simbolica- la consapevolezza dello spirito è massima e si esprime nell’arte con
forme di materia insufficienti).
A questi tre tipi di arte corrispondono in ordine l’architettura, la scultura e la poesia (ma anche la musica e la
pittura).
● La religione coglie invece l’assoluto attraverso la rappresentazione, la quale funge da mediatrice
tra l’intuizione sensibile e il concetto (con il quale la filosofia conosce l’Assoluto). Questa
rappresentazione procede in modo a-dialettico, nel senso che la religione non è capace di cogliere
il movimento puramente logico e atemporale del concetto. Nella religione poi l’Assoluto è
rappresentato in forma storica (come un’evento). Per quanto riguarda invece il rapporto di essa
con la filosofia della religione ritiene che questa non deve creare la religione ma semplicemente
riconoscere quella che già c’è, in cui l’oggetto è Dio, il soggetto è la coscienza umana indirizzata a
Dio e lo scopo è l’unità tra il fedele e Dio. Distingue quattro stadi di sviluppo della religione che
corrispondono a quattro tipi di religione:
-le religioni naturali (che ritrovano l’assoluto nella natura, quindi come quelle asiatiche e africane);
-religioni della libertà (pensano a Dio come a uno spirito libero ma si muovo ancora sul piano di quella
naturale, come quella egiziana);
-religioni dell’individualità spirituale (Dio è considerato in forma spirituale e appare come umano, come quella
greca e romana);
-religione assoluta (quella cristiana, in cui Dio si rivela per quello che è, cioè spirito infinito).
Comunque sia, per Hegel, l’unico sbocco coerente della religione è la filosofia, che parla di Dio ma nella forma
più adeguata: il concetto.
● La filosofia è l’ultimo momento dello spirito assoluto, grazie alla quale si giunge alla piena e
concettuale coscienza di se medesima. Essa esprime la stessa verità della religione (l’Assoluto) e
si può quindi definire “pensiero di Dio” o “ragione di Dio”, cioè la comprensione che Dio ha di se
stesso, la sua autocoscienza. In questo senso è la rivelazione totale di Dio. Per quanto riguarda la
storia della filosofia, per Hegel, ha inizio dalla filosofia greca fino ad arrivare alle filosofie di Fichte e
Schelling, riconoscendo quindi nel proprio pensiero l’ultima espressione di essa.