Sei sulla pagina 1di 4

George Wilhelm Friederich Hegel nacque il 27 agosto 1770 a Stoccarda. Gli avvenimenti della Riv.

Francese
influenzarono il suo pensiero: egli sosteneva i principi rivoluzionari della libertà e dell’uguaglianza. Terminati
gli studi, fece il precettore e compose i primi scritti: La vita di Gesù e La positività della religione cristiana.
Nel 1801 pubblicò un saggio Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling. Nello stesso
anno pubblicò De orbitis planetarum. Per due anni poi collaborò con Schelling che appunto aveva conosciuto
ai tempi dell’Università presso il Giornale critico della filosofia. Diventa poi professore di filosofia a Jena nel
1805 e anche redattore capo di un giornale che si ispirava alla politica napoleonica. Nel 1807 Hegel scrive la
sua opera principale intitolata Fenomenologia dello spirito. Hegel muore a Berlino, probabilmente di colera,
il 14 novembre del 1831.
Per poter seguire lo svolgimento del pensiero di Hegel risulta indispensabile aver chiare le tesi di fondo del
suo idealismo: 1) la risoluzione del finito nell’infinito; 2) l’identità tra ragione e realtà; 3) la funzione
giustificatrice della filosofia.
1) Per Hegel la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ciò
che esiste è parte. Tale organismo, rappresentando la ragion d’essere di ogni realtà, coincide con
l’Assoluto e con l’infinito, mentre i vari enti del mondo coincidono con il finito. Quindi il finito non
esiste, perché ciò che noi chiamiamo finito è un’espressione parziale dell’infinito. (Ecco la realtà può
essere vista come questo cerchio, un organismo unico dove al suo interno ci sono delle sostanze, dei
cerchietti che ti ho messo all’interno che però fanno comunque parte dell’unità, del cerchio grande.
Al di fuori di questo cerchio non c’è nulla, vedi? Ecco, per Hegel non esiste nulla al di fuori di questa
realtà perché tutto è contenuto al suo interno. se quindi non c’è nulla al di fuori di questo organismo,
l’organismo di conseguenza coinciderà con l’infinito, con l’assoluto. Il cerchio che vedi è l’infinito
mentre i cerchietti al suo interno (io ovviamente ne ho fatti pochi per facilità ma ce ne sono molti di
più) sono le sostanze in essa contenute che sono la manifestazione della realtà. Quindi se l’infinito è
il cerchio più grande, il finito sono i cerchietti al suo interno, sono una parte dell’infinito però.
Essendo una parte del tutto che è l’infinito, possiamo dire che il finito in sé non esiste.) Questo pensiero
hegeliano è una forma di monismo panteistico perché il mondo che è finito è una manifestazione di
Dio che è infinito. Qui sembra che la filosofia di Hegel sia simile a quella di Spinoza. In realtà c’è una
differenza sostanziale data dal fatto che Spinoza l’Assoluto è una sostanza statica mentre per Hegel è
una sostanza dinamica, in divenire, in continua trasformazione, è un processo continuo di
autoproduzione.
2) Il soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà viene denominato da Hegel idea o ragione.
il soggetto spirituale infinito coincide con la realtà quindi anche la ragione coincide con la realtà. Da
qui nasce il famoso aforisma di Hegel che dice così: “Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è
razionale”. Con la prima parte si intende dire che la razionalità non è pura idealità, ma la forma di ciò
che esiste; con la seconda parte si intende affermare che la realtà è il dispiegarsi di una struttura
razionale. Quindi la realtà è uguale alla ragione, coincide con essa. Questa identità c’è anche tra
l’essere e il dover essere proprio perché ciò che è uguale a ciò che razionalmente deve essere.
3) Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realtà e nel comprendere
le strutture razionali che la costituiscono. La filosofia deve mantenersi in pace con la realtà e
rinunciare alla pretesa assurda di determinarla e guidarla. Per lui è come la nottola di Minerva (che
una specie di civetta) che inizia a volare al crepuscolo, quando cala il sole, quando fa buio e quando
quindi la realtà ormai si è già fatta da sola. La nottola di Minerva può solo guardare la natura,
osservarla, comprenderla ma non può determinarla né influenzarla. Ecco qual è il compito della
filosofia che non è quello di guidare o determinare la realtà ma è quello di accettare la realtà per
quella che è, osservandola, studiandola, organizzando il pensiero in modo razionale sulla base delle
esperienze che si fanno con la realtà e dimostrando così che intrinsecamente la realtà è razionale
come sostiene la seconda tesi. Quindi la filosofia ha una funzione giustificatrice della realtà perché
serve a giustificare in modo razionale ciò che esiste.
Abbiamo già detto che l’Assoluto (che è infinito) è dinamico, contrariamente al pensiero statico di Spinoza.
Questa dinamicità passa attraverso 3 momenti: il momento dell’idea “in sé e per sé” (che è la tesi), il momento
dell’idea “fuori di sé” (che è l’antitesi) e il momento dell’idea che “ritorna in sé” (che è la sintesi).
1) È l’idea stessa, a prescindere dalla sua realizzazione nella natura nello spirito;
2) L’idea che, dopo essersi fatta natura acquista coscienza di sé nell’uomo (=lo spirito);
3) L’alienazione dell’idea nelle realtà spazio-temporali del mondo (=la natura).
Questa triade non è in senso cronologica, ma deve essere visto come uno schema ideale dove lo spirito è ciò
che esiste concretamente nella realtà e la condizione della sua esistenza è la natura e il presupposto di tutto è
la tesi. Quindi queste idee sono i tre momenti strutturali di Hegel ai quali fa corrispondere tre branche in cui
viene diviso il sapere filosofico e sono: la logica, la filosofia della natura e la filosofia dello spirito.
La “scienza dell’idea in sé e per sé” è la logica con la dottrina dell’essere, dell’essenza e del concetto. La
scienza dell’idea fuori di sé, invece, è la filosofia della natura ovviamente con la meccanica, la fisica e la fisica
organica. Ed infine abbiamo la filosofia dello spirito che è la scienza dell’idea che ritorna in sé. E in questo
abbiamo: - La filosofia dello spirito soggettivo perché si focalizza sul soggetto, sull’uomo, sull’individuo con
l’antropologia, la fenomenologia e la psicologia - La filosofia dello spirito oggettivo perché si focalizza su
qualcosa di oggettivamente come il diritto, la moralità e l’eticità - Ed infine la filosofia dell’assoluto che guarda
oltre, vero l’assoluto, verso l’infinito, come l’arte, la religione e ovviamente la filosofia

Hegel:

Fichte è più Kantiano, Shelling aveva esaltato la filosofia della natura, ed era più idealista.

Hegel, identificazione tra reale e irreale. Il finito va a confluire nell’infinito (Leopardi). L’idealismo pone come
base di tutto l’Idea, quindi rappresenta il pensiero. Hegel nel circolo di trova il suo punto di vista filosofico. Si
parla di Sistema chiuso (Cartesio Metodo): da una parte la tesi poi antitesi e la sintesi. Hegel si concentrerà
solo sul suo pensiero, identificando reale e razionale. El suo sistema chiuso ci mette la tesi (una sorta di
postulato, ipotesi), l’antitesi (negare la tesi precedente), riaffermazione/sintesi. La sua idea sfocerà nello
spirito assoluto, che è l’idea assoluta, che coincide con un essere superiore. Il sistema Hegeliano da
differenziarsi con il metodo cartesiano
Immanuel Kant nacque nel 1724 a Konisberg. La sua esistenza è priva di affetti di emozioni, interamente
concentrata in uno sforzo continuo di pensiero che si accompagnava a uno stile di rigide abitudini. Nella sua
attività letteraria distinguiamo tre periodi: nel primo prevale l’interesse per le scienze naturali (Storia
naturale universale e teoria del cielo); nel secondo quello filosofico; nel terzo si delinea la filosofia
trascendentale. Durante il corso della sua vita Kant, va lentamente e intensamente elaborando la sua filosofia
critica. Nel 1781 pubblica la Critica della ragion pura, dove raccoglie in soli 4 mesi i risultati di circa 12 anni
di riflessione. La seconda edizione appare nel 1787 e contiene importanti aggiunte rispetto alla prima in
ambito trascendentale. Il pensiero di Kant è detto CRITICISMO perché fa della critica lo strumento per
eccellenza della filosofia. Criticare significa infatti interrogarsi programmaticamente circa il fondamento di
determinate esperienze umane. Quindi la Critica della ragion pura è un’analisi critica dei fondamenti del
sapere, che prende la forma di un’indagine tra scienza e metafisica. Agli occhi di Kant, la scienza appariva
come un sapere fondato e i continui progresso; la metafisica era considerata la regina di tutte le scienze. Kant
respinge lo scetticismo scientifico di Hume, ritenendo che non bisogna dubitare delle scienze; ma ne
condivide lo scetticismo metafisico. Kant riconosce a Hume il merito di averlo risvegliato dal suo sonno
dogmatico. Kant intende mostrare che la conoscenza umana può essere universale e necessaria. È convinto
che la scienza offra principi assoluti, universali, e li chiama giudizi sintetici a priori: perché consistono nel
connettere un predicato con un soggetto, e perché il predicato dice qualcosa di nuovo, ed essendo universali
non possono derivare dall’esperienza (concezione razionalistica). Oltre a questi distingue anche i giudizi
sintetici a posteriori, dove il predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto (concezione empiristica).
Scienza = esperienza + principi sintetici a priori. Kant distingue tre facoltà conoscitive principali: la
sensibilità, è la facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i sensi; l’intelletto, è la facoltà
attraverso cui pensiamo i dati sensibili; la ragione (Cartesio: cogito ergo sum) è la facoltà cui cerchiamo di
spiegare le idee. A sua volta distingue l’estetica trascendentale che studia la sensibilità e le sue forme a priori
dello spazio e del tempo; e la logica trascendentale che si sdoppia in analitica, che studia l’intelletto, e
dialettica che studia la ragione. Nell’Estetica trascendentale, Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori.
Considera la sensibilità ricettiva, perché essa non genera i propri contenuti, ma li accoglie per intuizione. Kant
ci parla anche di categorie, e ciò si può paragonare ad Aristotele, ma la differenza sostanziale, è che nel
peripatetico le categorie sono i predicati primi e i generi supremi dell’essere, mentre in Kant sono i concetti
puri, e non sono forme dell’essere. La Dialettica trascendentale analizza partendo dalle idee (cosmologia) ->
il cielo stellato sopra di me la legge morale dentro di me. L’uomo come essere razionale, ci ricorda Socrate e
Cartesio.

Accanto alla ragione pura, abbiamo anche una ragione pratica. essa si occupa di ciò che opera sulla base
dell’esperienza e della sensibilità. Sulla base di ciò Kant sostiene che esiste una legge morale assoluta o
incondizionata, ovvero qualcosa su cui il filosofo non ha dubbi. Riordina l’essenza; distingue l’intenzione del
bene, in senso MORALE, e partendo si arriva al dovere, distinguendo il DOVERE dal DOVER ESSERE: il primo
intende la morale e riguarda tutti come le forme costituzionali; il secondo tratta il dovere che devo acquisire,
e si rifà all’io penso con radici cartesiane. Non si può essere buoni a priori se prima non c’è una volontà buona
dentro di me: l’uomo tende sempre a corrompere x natura (Hobbes) e tende a prevaricare l’atro uomo.
Moralità costituita dalla corruzione. Il bene consiste solo nel volere il bene, cioè in quella che Kant chiama
volontà buona. La Critica della Ragion Pura si divide in: Dottrina degli elementi che analizza i principi della
moralità te si divide in analitica che si occupa dei sentimenti a priori, e dialettica che si occupa di elementi
trascendentali; Dottrina del Metodo che mostra come applicare i principi della moralità.

La critica del giudizio, dove Kant mette insieme le due parti. Giudizio da critèin, vantare. Con le tre critiche
conclude il suo pensiero illuminista e criticista, mettendo insieme tutte le filosofie passate ma volgendosi al
futuro. Anticipare le correnti post romantiche, sarà lo spartiacque tra il mono passato (filosofia antica), ma
guarda al futuro a uomini come Shopenawer. Molti filosofi del 900 avranno come spunto Kant. Giampol sart,
si rifarà a lui, riprendendo molto su di lui in particolare la libertà. Io attraverso la ragione ho la possibilità di
scegliere: out out. La critica del giudizio si divide in due parti: giudizio determinante e giudizio riflettente: nel
primo c’è la sensibilità e le categorie (ragion pura giudizio teoretico, dove tutto era necessario e universale);
nel giudizio riflettente si hanno due finalità: la soggettiva, che si esprime il proprio giudizio basata sui
sentimenti e sono giudizi estetici, io mi sublimo, c’è un’elevazione, misticismo, L’ASCESI, catarsi; nella finalità
oggettiva, abbiamo un giudizio teleologico, ovvero tutto ciò che riguarda la natura, così completando le tre
critiche.

Aveva unito anche il mono fenomenico (tutto ciò che cii appare) e il mondo noumico. È vero che l’uomo è un
essere razionale, ma lui inaugura una rivoluzione kantiana, cambiando tutto il sistema filosofico che era
esistito in tutto il tempo.

Per quanto riguarda il male e il bene, si rifà a Socrate, parlando degli uomini, dicendo che l’uomo è in grado
i fare anche del male e dice che il passaggio al bene al male è etto conversione.

Dopo le tre critiche conclude il suo pensiero filosofico, e lui auspica pe la pace dopo un lungo periodo di
rivoluzione. Bisogna dare allo Stato grane riconoscimento, lo Stato comincia a diventare laico, risolvendo i
problemi attraverso la ragione, l’intelletto, allontanandosi anche alla metafisica, auspicando la pace
perpetua, scrivendo una sorta di libricino. Anticipa la pace, quasi volendo un mono globalizzato.

In ambito filosofico, il romanticismo verrà tradotto in idealismo, ovvero discorso intorno all’idea. L’idealismo
riprende molto ella situazione romantica europea, e il padre dell’idealismo è Eagel, che verrà visto con a
filologia dello spirito, qualcosa che noi possiamo solo immaginare.

Al filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) si deve l’inizio dell’idealismo, ovvero della massima
espressione filosofica del Romanticismo. Fichte inaugura una nuova metafisica dell’infinito; ma a sua opera
è preceduta e preparata dalle riflessioni dei critici immediati di Kant, che rivolgono particolare attenzione a
cercare di trovare un principio unico su cui fondare una nuova filosofia: essi partono dal dualismo Kantiano
tra fenomeno e noumeno, e partendo dalla contraddizione di Kant che dichiara esistente e inconoscibile la
cosa in sé, prendono di mira il noumeno giudicandolo filosoficamente inammissibile. La parola idealismo
presenta una varietà di significati: idealista è colui che è attratto da determinati ideali o valori; in filosofia
invece si parla di idealismo a proposito di quella visione del mondo che privilegiano la dimensione ideale
rispetto alla materiale. L’espressione idealismo romantico indica la grande corrente filosofica post-kantiana
che originatasi in Germania, avrà numerose ramificazioni nella filosofia moderna. Questo idealismo fu
chiamato trascendentale (che tende a collegarlo al fatto dell’io penso), soggettivo (che tende a contrapporlo
a Spinoza, che aveva ridotto la realtà a un solo principio, la Sostanza), assoluto (che mira a sottolineare la
tesi che l’io è il principio unico di tutto). Secondo l’idealismo tutto è spirito, e per spirito Fichte intende la
realtà umana, considerata come attività conoscitiva: per lui lo spirito crea la realtà, e la natura esiste come
momento necessario della vita e dello spirito, quindi l’uomo è la ragion d’essere e lo scopo dell’universo, e
quindi coincide con l’assoluto, ovvero Dio, e ciò rappresenta anche una divisione con la tradizione ebraico-
cristiana. L’unico Dio possibile è lo spirito dialetticamente inteso, quindi ci troviamo davanti una forma di
panteismo spiritualistico (Dio è lo spirito operante nel mondo cioè l’uomo). Fichte nacque a Rammenau il 19
maggio 1762, da una famiglia poverissima. Dopo gli studi lavorò come precettore. Fece leggere a Kant il
manoscritto della sua prima opera. Fichte si allontana da Kant riflettendo sull’io, dicendo che se esso è l’unico
principio è evidente che non è solo finito, ma anche infinito. E da questo punto egli si trasforma nel filosofo
dell’infinità dell’Io.

Potrebbero piacerti anche