Nato nel 1775 a Wittenberg, mentre Kant scriveva e pubblicava la
Dissertazione. Figlio di un pastore protestante, fu avviato allo studio del mondo antico in un seminario teologico protestante. Ma subito rinuncia alla carriera ecclesiastica perché capisce di non essere orientato verso questo mondo, vive una vita intensa nella giovinezza perché nell’arco di 20 anni cambia più volte città facendo l’insegnante e pubblica le opere maggiori. È un autore molto prolifico. A differenza di Fichte è molto più vicino alla natura. La sua filosofia la distinguiamo in diverse fasi: fase fichtiana, filosofia della natura, idealismo trascendentale ed estetico, filosofia dell’identità, filosofia della libertà e filosofia della religione. Possiamo giudicare la figura di Schelling come in perenne evoluzione. È uno spirito inquieto, è in continua ricerca di consolidare il suo pensiero. Molti lo accuseranno e lo denigreranno per via di questa continua evoluzione del suo pensiero, tra cui Hegel. Hegel criticherà aspramente la sua filosofia. Schelling inizia apprezzando l’idealismo di Fichte, tanto che la lettura della dottrina delle scienze è il passaggio fondamentale della sua maturazione filosofica, perché aveva iniziato gli studi occupandosi di antichità. La sua opera fa si che per Schelling l’idealismo sia il vero completamento del criticismo kantiano, perché secondo Schelling Fichte realizza la rivoluzione copernicana che Kant aveva solo intrapreso, trasferendo nel soggetto ciò che prima era caratteristico del noumeno, cioè dell’oggetto. Schelling però prende le distanze da Fichte a proposito dell’io e della natura. Interpreta l’io puro di Fichte come io assoluto in senso ontologico. È una prospettiva che fa si che l’assoluto sia inteso come soggetto. Del soggetto assoluto Schelling dirà che fa parte anche la natura, ciò che Fichte considerava non-io. Soggettività e oggettività sono rispettivamente espressione consapevole e inconsapevole dell’io assoluto, una sorta di tutto indivisibile. Natura e spirito per Schelling sono rispettivamente una sorta di declinazione dell’io. Opera in cui Schelling si concentra sulla filosofia fichtiana è “Sistema dell’idealismo tracscendentale”. Secondo Schelling i limiti del sistema di Fichte derivano dal non avere riflettuto abbastanza sulla filosofia della natura, che avrebbe dovuto essere parte del sistema fichtiano. Fichte ha quindi ridotto la natura ad un altro da sé del soggetto, a un non-essere del soggetto. Nel sistema della natura elaborato da Schelling invece natura e spirito sono due declinazioni dello stesso io, e perciò ideale e reale non possono essere scissi in un’opposizione insanabile. Schelling sostiene che la natura è lo spirito visibile, lo spirito è la natura invisibile. Attribuisce alla natura un carattere ideale, inconscio. Lo spirito invece è caratterizzato dalla consapevolezza della propria spiritualità. Il sistema dell’idealismo di Schelling è un sistema di tutto il sapere. Lo scopo è quello di esporre l’idealismo in tutta la sua estensione, trattando tutte le parti della filosofia come una sorta di continuità unica, e la filosofia per quello che è, ovvero storia progressiva dell’autocoscienza. Ciò vuol dire che, posto che ogni sapere riconduce un oggetto ad un soggetto, il vero è la condizione della rappresentazione soggettiva degli oggetti. Da questa tesi deriva che la filosofia della natura parte dalla realtà, e che quindi la natura per approdare al soggetto fa questo percorso. La filosofa può esprimersi attraverso due indirizzi: il primo è la filosofia della natura, che ritiene che parte della realtà e della natura approdi al soggetto. Si passa dalla materialità dei fenomeni ad un elemento spirituale. Il secondo è la filosofia trascendentale, dello spirito, che procede dal soggetto e mira ad individuare l’oggetto. Parte da un principio primo, e da quello fa derivare la realtà. Sono due punti di partenza opposti, ma hanno un medesimo fine, il raggiungimento dell’identità tra soggetto e oggetto. Sono due possibili soluzioni della filosofia, ciascuna delle quali e volta a ricondurre soggetto a oggetto. Secondo questo presupposto, anche la fisica di Newton ha uno scopo che va oltre alla descrizione delle leggi che regolano i fenomeni. Il suo scopo è anche individuare l’elemento spirituale nella condizione dell’oggettività materiale. La luce dei fenomeni ottici non è pura materia, perché c’è un elemento spirituale che noi non vediamo. La filosofia della natura è l’altra faccia della filosofia trascendentale. Il presupposto dell’assolutismo di Schelling è che soggetto e oggetto corrispondano alla condizione della spiritualità, tanto il soggetto quanto l’oggetto, e si può partire sia dalla natura, sia dal soggetto. Rimprovera a Fichte di avere ridotto l’idealismo a soggettivismo. La natura per Schelling è l’insieme di oggettivo e inconsapevole. Lo spirito è ciò che è soggettivo e consapevole. La natura è spirito inconscio, manifestazione materiale della natura ideale. Per questo la natura è un organismo senziente, la cui essenza è spirituale. La natura è quindi un’attività dello spirito. Se la natura è prodotto dell’attività dello spirito, la filosofia ha il compito di svelare questa produzione, che si svolge in fasi progressive ed è fondata sull’intuizione intellettuale. Questo svelamento è la storia della conoscenza. Nel momento in cui la filosofia ha questo compito, siccome tutto è prodotto dallo spirito, svela la storia dell’autocoscienza. Queste fasi (o epoche) sono la sensazione, da cui si arriva all’intuizione produttiva, poi alla riflessione e infine la volontà, che è atto assoluto.Sono fasi dell’autocoscienza, in cui l’assoluto si svela a se stesso. Quindi ricostruisce l’unità tra ideale e reale. La prima epoca dell’autocoscienza è quella dell’intuizione produttiva. Nel primo momento l’attività infinita del reale limita l’ideale. Il soggetto, nella misura in cui pone l’oggetto, esercita la sua attività produttiva infinita. L’attività del reale è ingannata dal soggetto. L’azione limita se stessa, creando quest’altro da sé, e subendo per l’appunto un’azione uguale e contraria. Questo limite è il prodotto inconscio dello spirito. Compito della filosofia è rendere consapevole questo prodotto. Nella prima epoca dell’autocoscienza l’atto originale dello spirito è porre la sensazione, che è la condizione di limitazione per cui all’io si contrappone un non-io, concepito come esterno. La produzione inconsapevole non è ancora svelata. Nella seconda epoca, quella della riflessione, la natura si manifesta come ideale che si realizza. L’io acquisisce dimensione di sé e assume consapevolezza del mondo, capendo che esso è produzione dell’io. Affinché la natura possa apparire come prodotto dell’io, deve assumere caratteristiche che siano dell’io, non negative, che non siano antitetiche, ma deve manifestarsi come ideale realizzato. L’io assume consapevolezza di essere un io produttore. La natura è organica, vivente, è un sistema di organizzazione animato da una spiritualità. È la natura dei romantici. Schelling spiega che cos’è la natura per il romanticismo. Non può essere non io, ed è la realizzazione dell’ideale nel reale. Nella terza fase, passaggio alla volontà, l’io acquisisce coscienza di sé e del rapporto tra sé e l’altro come sua produzione. Il problema che si pone Schelling è in che modo l’io acquisisca intelligenza di sé e sia indipendente dagli oggetti che pone e di cui ha coscienza. L’obiettivo è che l’io deve cogliere se stesso attraverso l’intuizione assoluta, che è un’intuizione indipendente dalla sua attività. L’errore è che l’io si rappresenta come oggetto della rappresentazione. L’io assumerà piena consapevolezza di sé come astrazione trascendentale nella condizione della liberà volontà. Nella volontà l’io è oggetto a se stesso indipendentemente dal suo produrre. Schelling vede la piena realizzazione del soggetto come intuizione intellettuale nell’atto della volontà. La natura è un Polo negativo in Fichte, è definita per opposizione, ed è un ostacolo passivo da superare. Schelling vede nella natura delineata da Fichte un limite su cui si esercita la nostra libertà. Schelling riflette sulla filosofia fichtiana per un ventennio, e su come abbia ideato un idealismo soggettivo. Schelling avrà chiaro che l’idealismo soggettivo di Fichte è l’ultimo frutto della misera era cartesiana. L’errore di Cartesio è stato vedere nell’essere corporeo e materiale l’opposto dell’essere spirituale, e nell’attribuzione maggiore importanza all’essere pensante. L’io di Fichte è l’erede del soggetto cartesiano, investito della missione di dominio sul mondo, che Schelling ritiene tracotante. Scrive “idee per la filosofia della natura”, in cui imputa alla riflessione la scissione tra uomo e natura. Colpevolizza la riflessione, responsabile di questa scissione tra l’uomo e la natura, ma anche tra l’uomo e la sua stessa natura. La riflessione per Schelling è la malattia dello spirito umano. La riflessone quando domina tutto l’uomo è una malattia. La vera filosofia invece deve utilizzare la riflessione solo come strumento provvisorio per giungere e superare la scissione originaria. La filosofia deve mostrare l’identità profonda tra natura e spirito. È necessario che la libertà possa esprimersi nel mondo, e che il mondo sia analogo all’io. Kant aveva tentato di avvicinare natura e soggetto. Per Schelling tutto quello che è stato detto in passato è fondato su una sorta di meccanicismo, fondato a sua volta su relazioni causa-effetto tra gli elementi di una materia inerte. Schelling è convinto che l’essere vivente nella totalità non possa risolversi in una trasmissione lineare del movimento tra parti indifferenti. Schelling è convinto che per mantenere la forma vivente questa catena causale non deve dispiegarsi in forma lineare, ma ripiegasi su se stessa in una circolarità che fa dell’organismo la causa e l’effetto di se stesso. La vita delle parti, tra le quali c’è un’interazione profonda, può essere pensata solo a partire dalla vita del tutto. Non ci sono parti senza il tutto. Gli organi cooperano al fine di ricreare la vita dell’organismo, dal quale gli organi stessi sono sostenuti. Schelling dice che non è la riflessione o l’intelletto umano a proiettare nella natura la sua finalità. Nell’essere biologico opera una propria finalità. Il finalismo è il principio interno di organizzazione, presente in ogni essere organico. La vita è l’analogo visibile dello spirito, ciò che vediamo del potere creativo. Questo modello di organismo è esteso a tutto il mondo naturale. La natura per Schelling è un unico organismo vivente, materia organizzata e animata. È la totalità che ha in sé stessa la propria ragione d’essere. La natura è principio di se stessa, è ciò che Fichte riconosce all’io. Il metodo di Schelling da vita ad un superamento delle scienze empiriche, costruendo una nuova visione della natura, a fondamento della quale scopre un principio originario di attività assoluta, che precede l’opposizione tra spirito e natura, soggetto e oggetto. Il fatto che si possa pensare che nel mondo naturale siano presenti oggetti inerti è un’illusione che nasce a causa della riflessione. L’intelletto, che è finito, opera per classificazioni. A causa dell’intelletto si spezza e si irrigidisce l’unità vivente del tutto. Ciò che appare come singolo è il momentaneo rallentamento dello scorrere della vita universale. La totalità della natura è organismo, e se è organismo in essa agisce una finalità interna, cioè una tendenza a sviluppare forme sempre più evolute di organizzazione, che possano avvicinarsi alla piena libertà dello spirito. Nella natura opera un’intelligenza che rimane inconscia, al di qua della separazione tra soggetto e oggetto, da cui nasce la coscienza. Ordine e finalità sono immanenti, non vengono imposti al mondo dall’esterno. Nella natura è presente un’intelligenza ordinatrice, è la natura nel suo slancio a dare a se stessa le proprie leggi. È autonoma, autarchica. Schelling non vuole sostituire la filosofia alla scienza, ma le spetta il compito di interpretare la natura, superando la frammentazione dovuta ad un uso errato dell’intelletto. La fusis è uno, tutto, vivente. La filosofia deve unificare le singole scienze, affinché possano dare una visione unitaria della realtà. Questa visione unitaria deve rifiutare il meccanicismo, la causalità lineare. Questa visione unitaria della realtà è intesa come un infinito processo di metamorfosi (natura naturans). La natura naturata è l’unificazione della natura, del mondo inorganico, organico e spirituale. Contrappone al meccanicismo il vitalismo.
Un tema importante è la concezione della libertà, ovvero il tema della
rivelazione dell’assoluto. Anticipiamo la manifestazione dell’assoluto di Hegel. La filosofia per Schelling è strettamente collegata alla storia e alla politica e al diritto perché, affinché la storia possa svolgersi, è necessario che le azioni umane siano libere dalle leggi della natura. Nella natura non vi è storia, perché nel mondo naturale ogni individuo della natura esprime i caratteri della specie che si ripetono in un ciclo eterno. L’uomo è une essere storico, perché nessun individuo può riassumere in sé l’intera umanità. I confini della specie umana in sono predeterminati. La storia quindi è un infinito processo di perfezionamento dell’umanità. Non può essere conosciuta a priori, perché non lascerebbe a l’uomo margine di libertà. Non raggiunge mai il compimento, e ciò viene garantito dalla nostra libertà e imperfezione. La storia non ha le leggi necessarie che ha invece la natura, ma non si riduce a un insieme confuso di eventi, perché nella storia si svolge l’infinità antitesi tra libertà e necessità. Libertà e necessità per Schelling sono due versanti di un´unica identità. Schelling dirà “mentre io credo di agire liberamente, a volte faccio ciò che neanche mi proponevo di fare”. Vi è un rapporto tra la libertà umana e un disegno razionale. Gli individui agiscono come attori, che senza conoscere il testo nella sua globalità lo rappresentano con l’ordine e il significato mediante le proprie azioni. Il testo coincide con l’interazione universale tra i liberi comportamenti degli uomini, attori e coautori del dramma. Anche nella storia come nella natura e nell’arte si parla di un piano provvidenziale, di un ordine finalistico nel senso di una ragione imminente.