Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
La natura e la materia
Fichte vuole dimostrare come la natura e il mondo non siano realtà autonome e
indipendenti dal soggetto, come materia esistente prima della sua conoscenza, ma
come in realtà siano momenti indispensabili della vita stessa dello spirito, e quindi
esistano per l’Io nell’Io come funzioni della sua opera creatrice. In questa
prospettiva l’Io, nonostante il non-Io e la frammentazione negli io finiti, rimane un
soggetto unico e infinito, in cui i singoli io empirici sono manifestazioni particolari.
La dimostrazione di Fichte parte dalla riflessione che chiede se è davvero l’Io a porre
la realtà come oggetto della sua attività, dato che l’io empirico considera il mondo
come qualcosa di diverso da se. Dunque ci si chiede perché le cose ci appaiono
separate da noi. Fichte considera che l’Io pone il non-Io attraverso un processo
inconsapevole dettato dall’immaginazione produttiva, che da origine alla realtà delle
cose nella loro concretezza, che risulta essere contrapposta ai vari io empirici. Perciò
la funzione produttiva genera in realtà sia l’io empirico sia il non-Io.
Attraverso le varie fasi della conoscenza, quali sensazione, intuizione, intelletto,
giudizio e ragione, il soggetto arriva a comprendere come il mondo sia una
produzione dello spirito, quindi si innesca un processo di riappropriazione della
realtà che lo porta a riconoscersi alla fonte di ogni cosa.
Questo processo, come sappiamo, non può giungere ad una conclusione, perché l’Io
è una forza creativa e spontanea senza fine. Essa consiste nel continuo sforzo di
produzione e superamento del limite in una tensione infinita di
autoperfezionamento che coincide con la ricerca della libertà.
Il carattere etico dell’idealismo fichtiano
La contrapposizione tra Io e non-Io è necessaria anche nella vita morale. Lo sviluppo
dell’Io consiste nel superare l’urto infinito tra se stesso e il non-Io, che si rinnova
costantemente e che consente allo spirito di mostrarsi come soggetto etico. In ciò
risiede la missione di autoperfezionamento secondo cui l’Io è una perenne attività
tesa a vincere gli ostacoli.
Per Fichte il compito dell’uomo è quello di affermare la sua libertà superando le
difficoltà che si frappongono nella sua vita, e questo è uno specchio della vita piena
di stenti del filosofo. Per questo egli tende a interpretare tutto ciò che è un limite o
un ostacolo che lo spirito si pone per mettersi alla prova. L’uomo può essere
soggetto etico soltanto nella misura in cui è autonomo, quindi libero di
condizionamenti esterni come gli istinti e le passioni.
La superiorità morale
Per Fichte il mondo esiste in funzione dell’attività dell’Io e della sua vita morale. Esso
è un presupposto fondamentale per l’azione etica, dunque la vita morale ha il
primato rispetto quella teoretica. L’uomo ha la missione di forgiare se stesso tramite
l’impegno etico e, pur essendo un io finito, deve tendere sempre a realizzarsi come
un Io puro. Come mezzo va utilizzata la cultura, che implica l’idea di una formazione
ed educazione continua, messa in pratica grazie alla ragione, e in grado di
sottomettere gli istinti e la sensibilità, così da sottomettere la materia allo spirito.
Come sappiamo questo obiettivo non ha una fine, dunque è incessante, perché se
svanissero tutti gli ostacoli svanirebbe anche lo sforzo, presupposto della vita morale
e dello spirito. L’io finito non può raggiungere la perfezione e l’infinito, ma è infinito
e sublime il suo impegno continuo di autoperfezionamento.