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ann

Sagittari Laterza

n classico che - al suo apparire, nel1959 - sol


leva vivaci polemiche sui compiti e sul significato
della speculazione filosofica.
In questa nuova edizione si pubblica anche un lungo
saggio autobiografico che ripercorre le tappe fonda
mentali della formazione culturale di Eugenio Garin e
ricorda il suo costante dialogo con i maggiori esponen
ti della cultura del Novecento.

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La filosofia

come sapere stonco

Eugenio Garin (Rieti, 1909) e professore Emerito del


la Scuola Normale Superiore di Pisa. Per i nostri tipi
ha pubblicato, tra I' altro: Medioevo e Rinascimento
(1987 2 ) , L'Umanesimo italiano (1990 11 ) , Scienza e vita
civile nel Rinascimento italiano (1985 5 ) , Rinascite e ri
uoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo
(1990 3 ) . Ha curato, infine, L'uomo del Rinascimento
(1989 3 ) .
.

ISBN 88-420-3604-8

Lire 18000 (LL)

I III II

9 788842 036043

agittari Laterza
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1959, Gius. Laterza & Figli


Per Sessanta anni dopa 1989, Iride

Nella Biblioteca di Cultura Moderns


prima edizione 1959

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Nei Sagittari Laterza


prima edizione 1990

Eugenio Garin

La losofia

come sapere stonco

Con un saggio autobiografico

Editori Laterza

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AVVERTENZA

I testi qui riuniti, tranne l'ultimo, autobiografico, furono com


posti fra il '56 e il 58 e comparvero insieme in volume nel '59, col
titolo, appunto: La filosofia come sapere storico. Nati fra discus
sioni vivaci continuarono a suscitarne, anche se il volume, pur
esaurito, non venne mai riedito. Chi l'aveva composto e messo
insieme continuo a riflettere, a scrivere, a discutere, tentando di
esercitare ancora il suo 'mestiere', mentre l'orizzonte dei suoi
studi mutava non poco. Nell'89, arrivato ormai al termine del
proprio lavoro, gli avvenne di ripercorrere in rapidi cenni Ie
tappe di una lunga ricerca, pubblicando quelle sue pagine sulla
rivista filosofica Iride dell'Istituto Gramsci Toscano.
Vito Laterza gli propose allora, quasi a suggello di una lunga
collaborazione, di riprendere il vecchio libro del '59, in realta
anch'esso una riflessione suI proprio lavoro d'allora, e su alcuni
incontri culturali decisivi, aggiungendovi, a mo' di conclusione, i
ricordi e il bilancio di oggi. La proposta dell'amico editore ha
vinto la riluttanza a riproporre quelle pagine lontane, che ritorna
no immutate come documenti di discussioni un tempo vive un po'
dappertutto in Europa, e che incisero, pin di quanto a volte non
si creda, sui modo di intendere e di fare 'storia della filosofia'.
Poiche in questi testi si rispecchiano le sue esperienze di
'insegnante', l'autore le dedica ai giovani insieme ai quali, in vari
ordini di scuola e in vari luoghi, ha lavorato lungo sessant'anni.

-,

I.,

Proprieta letteraria riSerVlll1l

Gius. Laterza & Figli, Spa, Rome

a.rl

Finito di starnpare maggio 1'.NO

nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & PI,II,


CL 20-3604-5

ISBN 88-420-3604-8

Eugenio Garin
Firenze, marzo 1990

Blrl

AVVERTENZA ALLA PRIMA EDIZIONE

I tre saggi qui riuniti, composti fra il 1956 e il 1958, sono nati
dalI'esigenza di chiarire il compito e i metodi della storia della
filosofia. II primo e costituito dalla reIazione schematica che servi
di base, insieme ad altre due di Mario DaI Pra ed Enzo Paci, per
un amichevoIe incontro fiorentino. La discussione con Paci e
stata riportata per l'evidenza con cui propone alcune aporie, aile
quaIi, almena in parte, ha cercato di rispondere il piu ampio
saggio introduttivo a una possibile storia della filosofia. La rela
zione su Antonio Gramsci, del '58, vuol indicare un'esperienza
per molti aspetti decisiva per chi scrive nelI'approfondimento di
problemi essenziali.
La polemica contro certe impostazioni della storiografia idea
listica pare a taluno divenuta ormai un facile luogo comune.
Non 10 e certo per chi, in una concreta ricerca storica, e venuto
via via consumando, 0, se si vuole, rettificando i suoi strumenti di
lavoro, fino a trovarseli davanti del tutto diversi, e non in facili
rifiuti estrinseci e retorici, rna in una indagine reale. Qualunque
valore, infatti, venga riconosciuto a queste considerazioni, esse
sono nate alI'interno di un'attivita storiografica ben definita, eser
citata per decenni in campi precisi, e costantemente accompagna
ta dalla riflessione su alcuni orientamenti del pensiero contem
poraneo.
II ritorno di nomi cari alIa formazione filosofica di molti della
mia generazione non e casuale; che il modo in cui ritornano nel
discorso sia a volte vivacemente critico, significa solo che il debi
to che ha verso di lora la nostra cultura e grande, e che proprio
per questa piu difficile e con lora la nostra zuffa,
Che la discussione aperta sulla storia della filosofia sia desti
nata a divenire discussione intorno aI compito e aI significato,
VII

I .

oggi, della filosofia, non c'e bisogno di dire; ma neppure c'e


bisogno di aggiungere che, di proposito, la discussione e stata
impostata in termini storici, nell'ambito di una problematica
ben definita. Come di proposito si e voluto insistere su aporie
piuttosto che su conclusioni, su difficolta piuttosto che su facili
proposte di soluzioni.
Un particolare ringraziamento a Ugo Spirito che dopo avere
con tanta affettuosa amicizia stimolato molte di queste pagine ha
consentito che venissero raccolte qui; a Enzo Pad, non solo per
avere permesso la riproduzione del suo testo, ma anche per un
colloquio singolarmente fruttuoso; a Ranuccio Bianchi Bandinelli
per avere concesso la pubblicazione del saggio su Gramsci. E un
grazie all'Editore amico che ha suggerito questa raccolta I.
Firenze, 30 marzo 1959.

E.G.

I I saul sono rlprodottl fedelmente, con qualehe lnslgnifieante modifica


zione dl forms. Aile note lnveee sono stale recate talune variazioni e,
soprattutto, vlrle lulunte.

LA FILOSOFIA COME SAPERE STORICO

L'UNITA

NELLA STORIOGRAFIA FILOSOFICA *

1. Fu tra la seconda meta del sec. XVIII e it principio del sec.


XIX che alIa raffigurazione delle 'sette' filosofiche (it molteplice
errore opposto all'unica Verita) si sostitui l'esposizione del 'pro
gresso' della spirito 0 dell'umanita in genere, e venne affermando
si l'idea dell'unita e continuita del filosofare. E se gli uni articola
rona it processo storico del pensiero in alcuni 'tipi', vari si, rna
sostanzialmente fissi, la tesi hegeliana riassunse in forma lapida
ria un tema ampiamente diffuse, e sostanzialmente accolto anche
in posizioni dottrinali diverse: La storia della filosofia mostra
che Ie filosofie, che sembrano diverse, sono una medesima filoso
fia in diversi gradi di svolgimento [0"] 0 La filosofia, che e ultima
nel tempo, e it risultato di tutte le precedenti [.. 0]; essa e percio la
pill sviluppata, ricca e concreta 1 Storia, dunque, non dei filoso
0

* 11 presente saggio e stato discus so in un convegno di studio sulla


storiografia tenuto presso l'Universita di Firenze nei giorni 29 e 30 aprile
1956 sotto la presidenza di Nicola Abbagnano. Fu pubblicato nella Rivista
critica di storia della filosofia, XI, 1956, pp. 206-17.
1 Enciclopedia,
lntr., 13 Urad. Croce); cfr. il celebre testo dell'lntrod.
alla storia della filosofia (trad. Codignola e Sanna): Affermo che la succes
sione dei sistemi filosofici, che si manifesta nella storia, e identica alla
successione che si ha nella deduzione logica delle determinazioni concettuali
dell'Idea. Affermo che, se i concetti fondamentali dei sistemi apparsi nella
storia della filosofia vengono spogliati di cio che concerne la lora formazio
ne esteriore, la loro applicazione al particolare e simili, si ottengono precisa
mente i vari stadi di determinazione dell'Idea nel suo concetto logico- (e, a
proposito di questo testo, cfr. A. Massolo, La storia della filosofia come
problema, Firenze 1955, pp. 15 sgg.). Affermazione che non coincide con
quella della 'continuita' e 'razionalita' (<<in der Bewegung des denkenden
Geistes ist wesentlich Zusammenhang. Es geht verniinftig zu), rna anzi ne
diverge proprio per quel che presuppone di fede nello Spirito del mondo
(<<mit diesem Glauben an der Weltgeist miissen wir an die Geschichte, und
ins Besondere an die Geschichte der Philosophie gehen),
3

fi, rna della filosofia, ove ogni sistema (eun filosofare senza siste
ma non puo essere niente di scientifico) si inserisce - ramo di
un solo e medesimo tutto - in una totalita (scome un circolo di
circoli, di cui ciascuno e un momenta necessario). Ora, se in
diversi ambienti di cultura la rigorosa tesi dell'unita come data a
priori, con tutto il suo peso 'metafisico', gia fra 1'800 e il 900
venne fortemente scossa, corretta 0 abbandonata, essa, sotto l'in
flusso combinato delle correnti idealistiche (e variamente storici
stiche) e della storiografia neoscolastica (0 in genere fondata su
presupposti 'teologizzanti'), costitul uno dei canoni interpretativi
di piu largo uso negli scritti di storia della filosofia in lingua
italiana tunita cost nella storia della filosofia nella complessita
totale del suo sviluppo, come unita del sistema del singolo filoso
fo). Ed e una tesi che, tornando di continuo in accezioni e sfuma
ture varie, e con peso variamente grave, impone un discorso che
non potra non risolversi alla fine in una discussione generale di
metodo. Ma e questione che va certo chiarita, date le preoccupa
zioni che desta nei ricercatori, costringendoli ad impegnarsi spes
so su un terreno scarsamente fecondo. Due monografie recenti,
del '55, l'una di un giovane su Protagora, l'altra di uno storico
sperimentato sul Berkeley, non a caso insistono polemicamente
suI peri col0 e sulle gravi conseguenze che ha, nell'interpretazione
di un filosofo, il canone della unita; e non a caso, anche se in
forme diverse, entrambi, a mo' d'esempio, fanno riferimento a
Kant 2. Che cosa avverrebbe - ci si chiede - nel caso che, essen
do andata perduta l'intera produzione kantiana (come e andata
perduta l'intera produzione di Protagora), venissero confrontati
brani della Critica della ragion pura con altri delle dissertazioni
giovanili? (<<Kant? - si chiedeva Preti 3 - Kant e l'autore delle
tre Critiche: chi oserebbe dedurne una dalle altre due, malgrado
la lora connessione formale?) Che cosa avviene in simili casi
sappiamo, in realta, benissimo: e di un autore di cui abbiamo
l'opera, come Platone, abbiamo visto, in virtu di tal canone, mes
sa in dubbio l'autenticita di quasi tutti i dlaloghi. Se poi, dall'uni
ta del sistema singolo passiamo all'unita della storia della filoso
fia, come unita della filosofia attraverso i molti filosofi, anche qui

non difettano le conseguenze dell'applicazione di tal metodo. Qua


si esemplare e in proposito la storia dell'estetica del Croce, in
cui, assunto coerentemente il concetto che si ha [che 10 storico
hal di questa scienza [...] come misura 0 termine di paragone, se
ne inferisce che una storia dell'estetica non puo cominciare prima
del sec. XVIII, e che, per esempio, le dottrine del Medioevo [...]
hanno valore piuttosto per la storia della cultura. N6 e difficile
trasferire l'argomento a tutta la filosofia in genere: anche qui,
presa come misura 0 termine di paragone la Filosofia, ossia
una filosofia, la sua storia comincia con gli aurorali preannunzi
della sistemazione accettata.
11 discorso, certo, andra distinto secondo che ci si riferira
all'unita della storia della filosofia in genere, 0 all'unita del siste
ma di un filosofo singolo. Ma gli assertori della tesi dell'unita
della storia della filosofia discendono subito - e giustamente
all'unita del sistema: La filosofia [...] e unita: [...] il sistema e
un'unita - insisteva Gentile; 10 storico, affermava, da un fram
mento ricostruira il sistema, come Cuvier da un osso ricostruiva
[...] l'animale. (e Noi sappiamo che la verita e una - scrive il
Fazio - che di due pensieri uguali e contrari uno solo e valido,
cioe, e il pensiero; che i pensieri lungi dall'essere impenetrabili si
risolvono l'uno nell'altro in modo da costituire l'unita del pensie
ro come eterno processo. Per asserire che ci siano diversi proble
mi filosofici bisognerebbe ammettere la possibilita di diverse solu
zioni filosofiche ciascuna per se vera e tutte coesistenti [...]. Co
me le soluzioni si risolvono l'una nell'altra, si includono l'una
nell'altra, cosi anche i problemi.,)". N6 diverso discorso, e non a
caso, ha ripetuto piu volte, ad esempio, l'Olgiati, pur dandosi
l'aria di polemizzare con la storiografia degli idealisti.
Converra, tuttavia, cominciare da una considerazione prelimi

2 A. Capizzi, Protagora, Firenze 1955, p. 28; M.M. ROlli, Berkeley, Bari


1955, passim.
, G. Preti, Continuita e discontinuita nella storia della /llollo/Ia, in Proble
mi di storiografia filosofica, a cura di A. Banfi, Milano 1951, pp. 65-84.

4 G. Gentile, Il concetto della storia della filosofia [1907], in La riforma


della dialettica hegeliana, Firenze 1954', pp. 110 sgg.; V. Fazio Allmayer, Il
concetto della storia e la storia della filosofia [1920], in Il problema morale
come problema della costituzione del soggetto, Firenze 1942, p. 126 (rna cfr.
poi la prolusione del 1952 su La storicita della filosofia, Annali della
Scuola Normale Superiore di Pisa, XXI, 1952). II volume di C. Licitra, La
storiografia idealistica. Dal Programma di B. Spaventa alia Scuola di G.
Gentile, Roma 1925, e un interessante 'documento', anche se di tone agiogra
fico; una discussione dei luoghi comuni della storiografia idealistica in A.
Guzzo, Concetto e saggi di storia della filosofia, Firenze 1940, pp. 3-31 (i
due saggi sono del '36 e del '38); e efr. anche L. Pareyson, Unita della
filosofia, Torino 1951.

nare della tesi dell'unita della storia della filosofia in genere, e del
signifieato tutto 'metafisico' in cui essa viene adoperata; e, quin
di, della sua inutilita ai fini di un lavoro storiografico effettivo, a
danno e con esclusione di criteri piu fecondi. Ove l'unita di cui si
parla - si badi - e sempre unita presupposta, fondamentale, basa
ta sul significato eterno della Filosofia, su una sua pretesa defini
zione univoca, su un suo orientamento costante, articolato nei
suoi eterni assoluti problemi, 'i massimi problemi', che sarebbero
poi sempre gli stessi, piu 0 meno consapevolmente posti: riducibi
Ii anzi al massimo, unieo problema (<<la storia della filosofia [...] e
10 sviluppo puro del pensiero autocosciente: Platone, Aristotele,
Cartesio, Kant, Hegel, sono per noi non i tali dei tali, in quanta
determinati nel tempo e nella spazio, rna 10 Spirito, che in essi
conquisto una piu profonda coscienza di se) 5. Che e appunto
tesi del tutto inutile all'indagine storiografica, per la sua stessa
genericita, laddove la storia avra da cercare individuazioni preci
se e rapporti specifici 6: chi a quella tesi si tenga fedele, e al suo
significato 'metafisico', vanifichera in partenza ogni ricerca stori
ca. Non si ripetera mai abbastanza l'avvertimento di Feuerbach:
quando Dio stesso entra nella storia, la storia finisce [...]. Se
davvero il fenomeno reale dell'incarnazione di Dio fosse un feno
meno storico, esso finirebbe per estinguere ogni lume di storia.
Del resto la letteratura italiana di questa secolo ci offre esern
pi caratteristici in propos ito, e in campi apparentemente opposti:
5 A. Carlini, Avviamento allo studio della filosojia, Firenze 1921', p. 83
(efr. P. Rossi, Note sulla storiografia filoso/iea italiana, estr. da II pensiero
critico, II, 1955); successivamente il Carlini attenuo e modifico que I testa
(ed. 1936, p. 103; efr. ed. 1950, p. 91): non in quanto individui empirica
mente considerati, rna in quanto cercarono e attuarono in se, e nel mondo
del pensiero in generale, quel pure valorc dell'autocoscienza che sorpassa, in
fine, tutti i tempi. (Per una satira felice di questo procedimento logico caro
al 'filosofo speculativo' efr. Marx-Engels, La sacra [amlglla, trad. it., Roma
1953, pp. 64-65.)
6 E non eonferme per una credenza 0 una preferenza rnetafisica presta
bilita (a proposito delle quali efr. H.I. De Vleeschauwer, L'apriorisme dans
l'histoire de la philosophie, Theoria, 1939, pp. 4180, cit, da ~, Brehier,
La phllosophie et son passe, Paris 1950, pp. 7273); Ia ~torla della filosofia
- scriveva Gueroult nel '52 - ha valore per III fllosofla solo se resta
intransigente sulla verita storica, solo se non pretcnde dl essere una scienza
correttiva col com pi to di amplificare e rafforzare le Idee del passato,
presentandole in verdichtender Reproduktion per rendcrle pili espressive
(efr. L. Tatarkiewicz, Vouloir et pouvoir en histoire de la philosoph/e, Actes
du XI' congres international de philosophie, Bruxclles 1':1,53, vol. XII, p.
15).

basta che ci fermiamo per un momenta ad esaminare l'uso che


del canone dell'unita della storia della filosofia hanno fatto il
maestro stesso dell'attualismo, che pure fu storieo egregio, e uno
dei piu cospicui e fecondi rappresentanti e teorici della storiogra
fia neoscolastica: l'Olgiati.
Nella sua prolusione palermitana del 1907, che peso non po
co sulla successiva storiografia italiana, il Gentile ebbe un'uscita
molto curiosa, in cui stranamente trascrisse, fra l'altro, echi positi
vistiei: sostenne egli la possibilita di un'estensione del metodo di
Cuvier alia storia della filosofia: come Cuvier da un osso rico
struiva idealmente l'animale, perche l'animale e un'unita, un'en
telechia, cosi 10 storico da un frammento pub rieostruire l'intero
sistema, da una questione speciale la visione totale. E siecome
Gentile era, nonostante ogni suo modo retorico, coerente alIa sua
logica, da quel frammento ricostruiremo addirittura tutta la filoso
fia, non di quel filosofo di quell'eti; di quella nazione, rna la
Filosofia con la maiuscola, sic et simpliciter: anzi la metafisica,
perche la filosofia e metafisiea (segli e che la filosofia non ha
parti, [ ...] la filosofia e organismo, unita che e tutta in ciascuna
parte sua. E tale units e essenzialmente metafisica). Non a caso
Hegel aveva scritto che Talete intende l'acqua come pensiero,
nel quale tutte le cose si risolvono e sono contenute, e che in
Talete l'essere universale e determinato come realta, e con esso
quindi anche l'assoluto come unita del pensiero e dell'essere. La
legge di Cuvier applicata ai filosofi permette di ricostruirne i piu
o meno 'mostruosi' scheletri da un ossicino (almeno 'idealmente',
come sottolineava Gentile; magro osso spolpato - ribatte Pre
ti); permette anzi di ricostruire la filosofia in tutta la sua interez
za. Ed infatti il risultato costante di tale storiografia e stato, in
genere, riduttivo ed eliminatorio di tutte le individuazioni concre
te, in una uniformita estremamente semplificata. L'unita del siste
ma (<<il sistema e un'unita.;.) e stata unita della filosofia, anzi
unicita della filosofia, e identita di essa nei tempi e nei paesi: e
questa storicita una pseudostoricita indifferente al tempo, e quin
di incurante dei concreti rapporti cronologici, cost fra i pensatori,
come fra i vari momenti e aspetti di un pensatore 7.
7 V. Goldschmidt, Temps historique et temps logique, Actes, cit., vol.
XII, p. 12, condanna come iIlusorie due esigenze: di misu~are la ~oerenza
di un sistema attraverso I'accordo in un tempo eterno del dogmi che 10

eompongono; di attuare 10 sforzo filosofieo in una intuizione uniea e totale


stabilita, essa pure, nell'eternita. Ma la sua unifieazione dei differenti
tempi logicis dei filosofi, senza rieorrere ne al tBmPO storicox ne al tempo
universale di tipo hegeliano, sembra attuare Ie plerorne des philosophies
in una traserizione equivoea di temi della metafisica bergsoniana.
2
e E. Gilson, The Unity of Philosophical Experience, London 1955 , pp.
308 sgg.; per una diseussione delle tesi gilsoniane efr. H. Gouhier, La
philosophie et son histoire, Paris 19482 , pp. 126 sgg. Ma cfr. a questa
proposito, G. Preti, Continuita ed essenze nella storia della filosofia, in
Rivista eritica di storia della filosofia, XI, 1956, pp. 359-73.

che e individuate, rna un 'tessuto unieo di idee', legato da assoluti


rigidi eterni rapporti, metatemporale, di cui uomini e tempi sono
solo i porta tori : tutto, non gia nel complesso deIle singole dottri
ne speciali, che possono essere anche incoerenti, rna nel princi
pio; tutto il sistema che dicesi platonismo, aristotelismo, cartesia
nismo, spinozismo, kantismo, e COS! via: termini nessuno dei qua
Ii designa propriamente l'insieme deIle dottrine formulate dai ri
spettivi filosofi. L'unita di Kant e neIl'essenza 'kantismo' (Gil
son, analogamente, suppone the essence of criticism [...J in its
purity), che non e ovviamente questa 0 queIla dottrina di Kant
(parti che possono anche essere incoerenti 'e caduche, ossia
temporalmente condizionate), rna l'unico principio che tutto si
conservera perche uno e 10 spirito filosofico che vi si realizza.
E si ha un bel dire che 10 spirito e storicamente condizionato, e
che questa condizionalita storica [...] non e accidentalita, posta
j] nesso come articolazione a priori dell'Unita <e da dire che la
ragione pone a se e risolve queIl'eterno problema filosofico che e
eterna soluzione), le 'condizioni' e le individuazioni storiche
diventano del tutto irrilevanti. Non Kant, rna il kantismo; e, a sua
volta, non il kantismo in una sua possibile differenziazione come
tale, rna nella sua risoluzione entro l'unita spirituale: unita 'meta
fisica' e non criterio di ricerca storica, anzi mezzo per la riduzio
ne dei filosofi storici all'unica eterna Filosofia ( Philosophy con
sists - scrive Gilson - in the concepts of philosophers, taken in
the naked, impersonal necessity of both their contents and their
relations. The history of these concepts and of their relationships
is the history of the philosophy itself). Come qui si possa ancora
parlare, in forma comprensibile, di storia, non si vede (quale
'history' sara mai la 'impersonal necessity' deIle gilsoniane 'essen
ze', quando saranno isolate neIla loro 'abstract purity'?); neIla sua
estrema genericita la tesi dell'unita deIla storia della filosofia rie
see solo aIla sua irrilevanza. I diversi nomi, di cui si corre a
canceIlare, in modo pure e semplice, la divers ita, hanno al massi
mo la funzione degli 'auctores' nei testi medievali: il criterio
dell'unita risolve il discorso storieo in discorso metafisico e 10
annuIla come tale. La molteplicita dei filosofi assume un carattere
puramente 'teatrale': uno spettacolo di varieta che 10 Spirito si
offre, in cui tutto e gia scontato.
Non sarebbe ora difficile andare enumerando i 'luoghi comu
ni' di tutto un genere ancora largamente diffuso di storiografia

Le stesse espressioni metaforiehe connesse aIla tesi dell'unita,


ed in origine tratte dalle scienze deIla vita ('organismo' ecc.),
tendono a farsi sempre piu rigorosamente dialettiehe, in un
processo di riduzione che puo rieordare solo queIlo dei 'realisti'
medievali piu esasperati: quod si ita est, quis potest solvere quin
Socrates eodem tempore Romae sit et Athenis, ed anzi, insieme,
Socrate e Platone (eeodem tempore [...] et Romae est et in Plato
ne ...). E puo essere, a questo proposito, interessante seguire
proprio in Gentile un processo che e tipico di questo e di analo
ghi orientamenti, e che ha preso spesso il sopravvento anche sul
senso storieo e sul gusto di rieercatori provetti: di Gilson, per
esempio, in The unity of philosophical experience, ove il 'metodo
comparativo' applicato aIla 'varieta' delle filosofie 'storiche' riesce
a enuclearne le 'essenze' - nella sua purezza astratta l'essenza
del criticismo sussiste per se stessa - e, quindi, applicato alle
'essenze' spersonalizzate raggiunge la filosofia, ossia queIla unica
filosofia che e la philosophia perennis (<<Perennis philosophia is
not an honorary title for any particular form of philosophical
thinking, but a necessary designation for philosophy itself, almost
tautology), in cui que1che e il criticismo di Kant noi non appren
diamo piu da Kant, rna dal 'criticismo' in se (<<even though we
learn in Kant what it is, we do not learn it from Kant, but from
itself [...]; we bow to its internal necessity) 8.
Gentile vedeva molto chiaramente che queIla unita, che dal
frammento permetteva di ricostruire il sistema, e dal sistema tutta
la filosofia, non era altro che articolazione di idee interna a quel
la unica e sola filosofia, che era poi la sua filosofia, in cui si
attuava l'umanita, anzi la realta intera: non l'attivita effimera di
una persona empirica, rna l'eterna attivita deIlo spirito. Per cui
ritrovare Yunita del sistema, ossia il filosofo nel frammento, la
'verita' nella pagina, e cercare, e trovare, non gill dottrine specifi

filosofica, rintracciando poi, negli stessi usi linguistici, le conse


guenze di tali premesse. Ma bastera por mente alla consuetudine
di non dar rilievo, 0 darne scarsissimo, alla biografia, alla situazio
ne storiea, alla cultura effettiva dei 'filosofi': bastera rieordare gli
equivoci grossolani circa il rapporto filosofia-filologia; bastera
rammentare le discriminazioni fra il 'vero' Rosmini e il Rosmini
'vero', e la disinvoltura con cui sono messi in ombra interessi non
'riducibili', testi e temi non 'conciliabili' 9. Per non dire dei 'rami
secchi', dei 'capita mortua', di quanto, insomma, in nome dell'uni
ta, viene espunto dai pensatori reali. Con molta chiarezza e molta
franchezza il Gilson ha dichiarato che il 'tempo' pUD servire per
intendere gli elementi contingenti e transitori delle dottrine filo
sofiche, non quello che esse hanno di permanente necessita,
ossia PUD servire a intenderne la non filosofia; della filosofia solo
la filosofia PUD giudicare. La storia della filosofia, quatenus storia
della filosofia, poggia su a metaphisycal determinism, si artico
la secondo a metaphisycal necessity (A.C. Pegis), che collega e
congiunge le idee nell'Idea; 0, se si preferisce, risolve nell'Atto
pure ogni pensiero.
Se la comprensione storica in questa si caratterizza, che non
pretende di imporre la propria logica alle teste altrui, rna anzi si
sforza di intendere la eventuale diversita logiea delle teste altrui
(Calogero), e chiaro che qui siamo fuori dalla storia. La tesi
dell'unita della storia della filosofia nel senso esposto, come riferi
men to di ogni filosofia alta Filosofia, ossia a una filosofia intesa
come unico termine valido di riferimento, rende irrilevante la
ricerca storica, e la annienta con procedimenti di un semplicismo
estremo.
Non a caso posizioni del genere si accompagnano a imposta
zioni 'teologali' che, pur essendo diverse nei punti di partenza, e
magari celebratrici a parole della storia, la vengono poi annullan
do nelle sue possibilita, e maltrattando nella concretezza delle
ricerche. Non a caso il linguaggio dei testi COSl del Gentile come

del Gilson, a cui ci si e riferiti, viene a volte a coincidere puntual


mente. Non a caso analoghe coincidenze si possono rilevare
oltre le dichiarazioni polemiehe - fra il Gentile e il pili quantitati
vamente fecondo in sede storiografica dei neoscolastici italiani:
l'Olgiati.
Anche l'Olgiati, fin dallibro su L'Anima di San Tommaso con
cui inauguro quasi programmaticamente la serie filosofica delle
pubblicazioni dell'Universita del Sacro Cuore, ha sempre insistito
sul 'principio uno', sull'unita del sistema, in cui si esprime l'unita
dell'unico vero (e la complicazione comincia a diminuire; poi le
parti entrano Ie une nelle altre; infine tutto si raccoglie in un
punto unico, in un principio semplice ... ; e efr. il Fazio: i pensie
ri si risolvono l'uno nell'altro in modo da costituire l'unita del
pensiero). L'Olgiati e giunto una volta a una di quelle formula
zioni caratteristiche che, come la citazione di Cuvier in Gentile,
indicano bene il tone di una impostazione: se gli uomini piccoli
hanna molte idee e poca luce, e se la loro coscienza e paragonabi
Ie ad una piazza, dove passeggiano, cianciano, urlano, e si sostitui
scono i pensieri pili discordi, raggruppati pili 0 meno caoticamen
te, invece i grandi pensatori hanno un'idea sola e grande luce,
Sarebbe diffieile - a parte il linguaggio dispregiativo - opporre
pili chiaramente il rapporto umano, inteso come colloquio e di
scussione 'in piazza', alla contemplazione solitaria dell'Uno 10.
Concludendo, la tesi dell'unita della storia della filosofia, nel
Ie accezioni sopra esposte, e in realta una posizione 'teologale'
che distrugge ogni ricerca storica vera e propria, ora degradando
la a aneddotica, a 'filologia', a 'storia letteraria', a 'erudizione', ed
ora estenuandola - per usare le parole di un grande storieo - in
solitarie e verginali generazioni di concetti nati da intelligenze
disincarnate, che vivono una loro vita fuori del tempo e della
spazio, annodando strane catene dagli anelli irreali, insieme, ep
pur chiusi - il che e proprio l'opposto del fare storia.
2. La tesi dell'unita della storia della filosofia sopra esposta e
caratterizzata dal presentare l'unita come presupposto necessario:

Una 'testimonianza' delle avventure della storiografia filosofica italiana


saggio di A. Corsano, Il mio problema della storia della filosofia, nel vol.
miscellaneo di Contributi dell'Istituto di storia della filosofia dell'Universita
di Bari (Trani 1955), pp. [XI. Cfr. I'importante 'premessa' del 1946 della
Rivista di storia della filosofia del Dal Pra, e la 'messa a punto' di molti
temi nel saggio di F. Lombardi, Concetti e problemi della storia della
filosofia, Roma 1953.

10 Cfr., su questo punto, la risposta dell'Olgiati, L'sunita nella storiogra


fia filosofica, Rivista di filosofia neo-scolastica, XLIX, 1957, pp. 263-71.

10

11

e il

una filosofia termine unico di riferimento di tutto il corso del


pensiero. Nelle tesi di 'tipi' 0 'essenze' fisse, di 'problemi' filosofi
ci eterni (snella storia della filosofia tornano sempre, non solo i
problemi fondamentali, rna anche i principali orientamenti nelle
soluzioni - scriveva Windelband nell'introduzione alla sua Sto
ria della filosofiai, ossia nel presupporre alla storia una serie di
condizioni necessarie, tornano, in forma varia e diversa, i motivi
sopra accennati: e cioe una presoluzione 'metafisica', una 'filoso
fia della storia' che condiziona la storia della filosofia, e la limita
proprio nei termini in cui la condiziona, nelle unita che pone al
di fuori della storia (nella necessita intrinseca, nella intima
necessita del pensiero - di cui parla Windelband). I problemi
filosofici sono gia dati - dicono gli uni; e il mobile rap porto
delle concrete dottrine fissano in 'forme' vuote che, 0 sono del
tutto inutili nella lora genericita (<<tanto Platone quanta Kant
osserva Preti - si interessano del problema morale [...]. E tuttavia
Ie due impostazioni sono tanto diverse, che a mala pena si puo
dire si tratti dello stesso problema - e sono due pensatori con
analogie innegabili), 0 vanno riportate alle loro determinazioni
(domande precise in una situazione precisa): e allora vengono
presentando nessi e rapporti (Ie unificazioni concrete che 10 stori
co cerca) di tutt'altro tipo.
Ne troppo diverse e il discorso che converra fare a proposito
della storia delle idee intese come unit-ideas, types of catego
ries concerning particular aspects of common experience, implicit
or explicit presuppositions (A.a. Lovejoy), in cui proprio la
storia delle idee ci dimostra come di unico, di 'comune', restino
solo i termini con cui si vengono indicando 'cose' estremamente
diverse da tempo a tempo. La varieta dei sistemi filosofici - si
dice - e solo nella combinazione (<<complex and heterogeneous
aggregate) di unit-ideas. Ora chi scorra le ricerche della stesso
Lovejoy, 0, in genere, degli 'storici delle idee' che a lui si connetto
no, si accorgera che illoro valore consiste nell'accento posta sulla
pluralita, sulla mobilita e varieta dei rapporti, sul carattere 'dina
mico' delle 'idee', sempre piu liberate da ogni fissita presupposta,
e trasformate in 'possibilita' aperte di unificazione, in possibili
'centri' di convergenze variabili secondo i tempi, in linee di ricer
ca (anche il Lovejoy in scritti pin recenti ha parlato di una 'life-hi
story' che oltrepassi ogni 'previsional isolation' dell'idea per punta

re sui mobili nessi concreti) t t. In altri termini, a unita date, che


non servono, una storiografia feconda non puo non venire sosti
tuendo la ricerca di nessi, di legami, di rapporti, di unita concre
te, che connettono aspetti diversi della cultura e della civilta
(servendosi quindi delle 'unit-ideas' solo come punti di riferimen
to e 'ipotesi di lavoro').
Non meno equivoca, infine, della generica unita, la tesi
dell'eunita di un determinato filosofo: che e, 0 la pretesa unita
(Iogica) del sistema di cui sopra s'e detto a sufficienza; 0 una
supposta necessaria 'coerenza', che, in quanta ipostatizzata in una
sorta di ente di ragione, cozza contro la mobile e molteplice
variabilita di una vita vissuta a rispondere e a chiarire le esigenze
e le domande di un tempo, a prendere coscienza di istanze varia
mente atteggiate. COS! l'astratta e meccanica applicazione del ca
none dell'unita (unita logica di un sistema; unita come granitica
coerenza a se in un'idea) ha chiuso alla comprensione figure e
momenti essenziali, anche se in genere e stato tanto piu facile il
confutare quanto piu evidentemente mostruoso era l'arbitrio. II
Mondolfo ha giustamente insistito sulla 'molteplicita' di Bruno;
non rneno esemplare il caso di Aristotele; e la critica ha fatto da
tempo giustizia di troppi arbitri nella questione dell'autenticita
delle opere di Platone. Anche qui, presupposta l'unita come un
dato, e sia pure la vaga e astratta idea dell'unita della persona, si
commisura ad essa, quale ce la siamo finta nel nostro schema, il
complesso di un'opera, che ha avuto sollecitazioni molteplici in
un tempo diverso. Nella migliore delle ipotesi, invece di vedere il
problema qual e, di rapporti, si isola un mom ento, un aspetto, un
nueleo piu congeniale alla nostra 'logica', 0 comunque assunto
come misura, e si espunge il resto. Per tornare all'esempio di
Bruno, ora si elimina la religione, ora l'empieta, ora la magia e
ora la scienza, ora la morale mondana e ora l'ascesi - ne ci si
chiede se la difficolta di comprendere, ossia di unificare in rappor
ti, non dipenda ancora da un limite del nostro campo di osserva-

12

13

II A.O. Lovejoy, The Great Chain of Being. A Study of the History of an


Idea, Cambridge (Mass.) 19532 , pp. 3 sgg.: Essays in the History of Ideas,
Baltimore 1948, pp. 1 sgg. Un importante documento dell'astrattezzaantisto
rica in cui puo cadere una storiografia del genere appare, a volte, la pur
fondamentale opera di E.R. Curtius, Europiiische Literatur und lateinisches
Mittelalter (Berna 1948), ove talora i topoi tendono a rimanere isolati in una
loro presunta identita fuori del tempo e delle reali situazioni storiche.

zione, da un'insufficienza di ipotesi 0 di indagini, da una chiusu


ra a certi ordini di fatti.
Beninteso tutto questo non solo non esclude ogni unita, rna
rimanda a un'altra 'unita' e ad un'altra coerenza: quella che il
pensatore cerca di stabilire fra se e se, fra momenta e momento,
obbedendo anzi costantemente a un'esigenza diunificazione oltre
tutte quelle ruptures de continuite che sente urgere di continuo
in se medesimo 12.

3. La diseussione precedente ha insistito su un punta: che I'idea


ditrovare il fondamento dell'unita in una unita presupposta coz
za contro I'idea stessa di storicita, e punta, in ogni caso, su cia
che 'storico' non e. L'unita, su cui nelle posizioni indicate si
fonda la continuita e la comprensibilita del corso storieo del
pensiero, e cia ehe in esso non e 'storico': una storia che miri a
raggiungere quell'unita, 0 quelle unita 0 essenze, si propone di
eliminare proprio quanto c'e tli temporale, di molteplice, di vario:
di annullare in presunte forme 0 tipi fissi il concreto disporsi
della sforzo umano, rifiutato, cost, come erroneo, 0 respinto come
irrilevante. 11 criterio dell'unita (0 delle unita), 0 la presuppone,
ed incorre nelle difficolta indicate; 0 la postula come totalita di
rapporti storiograficamente accertati, e in tal caso si propone un
termine troppo esteso (e generieo) per essere utilizzato nell'opera
storiografica effettiva (Abbagnano) 13.
II ehe non toglie che il lavoro della storico consista appunto
nella stabilire dei rapporti, ossia nell'unificare, oltreche nel distin
guere e differenziare; la storia ordina - diceva Brunschvieg
attraverso uno sforzo costante di discernimento fra 'eventi' che
solo in apparenza sono 'contemporanei'. Solo che il rapporto, 0
il processo di unificazione, non sta nel postulare sic et simpliciter
'unita' 0 'continuita', rna nel ritrovare connessioni effettive, lega
mi, somiglianze. Che un pensatore abbia letto un altro pensatore,
12 R. Mondolfo, Problemi e metodi di rieerca nella storia della filosofia,
Firenze 1952, pp. 179 sgg. Cfr., sull'ultimo punto, P. Faechi, L'unita della
storiografia filosofiea eome coerenza, Rivista critica di storia della filoso
fia, XII, 1957, pp. 35356.
t s N. Abbagnano, Il lavoro storiografieo in filosofia. Rivista di filoso
fia, XLVI, 1955; e, su concreti aspetti del lavoro storiografico, P. Rossi
e.A. Viano, Storia della filosofia e storia della cultura, ivi, pp. 32741.

14

che abbia risposto a certe domande, che abbia fatto certe esperien
ze, che abbia avuto certi colloqui, che si sia mosso in una societa,
persona fra certe determinate persone - eceo quello ehe 10 storieo
deve aecertare. Non esiste la Filosofia, davanti al eui tribunale
ehiamare al redde rationem Ie filosofie e i filosofi: esistono uomi
ni ehe hanno cercato di rendersi eritieamente eonto in modo
unitario della lora esperienza e del lora tempo. Ouesti uomini
hanno avuto rapporti fra loro, hanno fatto letture, hanno eseogita
to strumenti, hanno usato altrui pensieri: il loro lavoro ha avuto
una eerta eco; eerti strumenti da lora ritrovati si sono diffusi in
un certo ambito. Ouesti nessi 10 storieo trova: differenze e somi
glianze, gruppi di uomini uniti in un lavoro, concordi in certi
modi di intendere: problemi di rapporti concreti, di periodizzazio
ni e continuita non presupposte rna aceertate nell'effettivo collo
quio degli uomini: 'idee' vincitrici e 'idee' vinte, 'idee' che rinaseo
no e ehe tramontano nel mobile corso del tempo, nel ritmo della
vita dei gruppi, che 'filosofando' cercano di rendersi conto del
corso del proprio lavoro e della sua funzione nel complesso di
una civilta, Onde il filosofare varia di continuo, e si rende eonto
di questo variare, e del 'come' di questa variare: unita e alteri

ts

I~.

All'astratta unita totale, alle astratte 'essenze' di gilsoniana


memoria, alla 'continuita' ehe neeessariamente avrebbe la storia,
si sostituiseono piu precisi problemi di nessi eonereti, di periodi,
di eolloqui fra uomini, di riehiami di 'idee' che per essere del
passato non e detto ehe siano 'passate', 0 meno valide di altre che
hanno prevalso in una situazione 15. Periodi, rapporti reali, eontat
" Cfr. i rilievi particolarmente felici, e fondati su una ricea esperienza
storiografica, a proposito della continuita accertata, dei movimenti intel
lettuali constatabili e definibili nella lora continuita attraverso gruppi di
uomini, e non per generazione spontanea e partenogenesi del Cantimori, La
periodizzazione del Rinascimento, X Congresso internazionale di scienze
storiche, Relazioni, vol. IV, Firenze 1955, pp. 307-34. <La storicita della
fIIosofia - osservava Gramsci, Il materialismo storieo e la filosofia di Benedet
to Croce, Torino 1949, p. 233 - porta alla conseguenza ehe oceorre negare la
'filosofia assoluta' 0 astratta e speeulativa, cioe la filosofia che nasce dalla
rrecedente filosofia e ne eredita i 'problemi supremi' COS! detti, 0 anehe solo il
problema filosofico', che diventa pertanto un problema di storia, di come
nascono e si sviluppano i determinati problemi della filosofia),
" Ha scritto Gouhier, op. cit., p. 124; per entrare in societa con Platone
o con Cartesio io non ho bisogno di sapere cio che e vivo e cio che e morto
nci platonismo e nel cartesianismo; ho bisogno di sapere con esattezza chi fu
Platone e cosa ha detto Cartesio; piu io vado nella direzione della storia

15

ti effettivi, soprattutto nessi di vicende accertabili: ecco l'effettivo


significato e 1'uso legittimo dei processi di 'unificazione' storica, il
modo d'intendere utilmente la continuita, poiche pensare signifi
ca pensare entro una cultura ed una civilta, con precisi legami,
entro un complesso di 'condizioni' precise 16.
pura, e piu mi avvicno a quella parola che sara un invito a filosofare. E non
si tratta di ridurre la storia della filosofia a una psicologia dei filosofi, rna di
considerare ogni filosofia come una realta storica in cui Ie idee non cessano
di essere tali per iI fatto che sono i pensieri di un uomo. Ove il G.
intendeva correggere certi temi del Brehier, discutendo iI quale metteva in
discussione anche i1 concetto 'neutro', 'ucronico' di filosofia. Quanto alle
ucronie del Brehier (<<l'essence du platonisme qui est un certain mode de
condensation spirituelle), efr. La philosophie et son passe, cit., pp. 40-41.
16 Vale la pena di sottolineare qui quello che, almeno per me, e state
l'aspetto piu notevole del dibattito svoltosi nel convegno di Firenze: iI
manifestarsi, sia pur cauto, di due diverse preoccupazioni: 'storica' l'una,
'speculativa' l'altra. Da un lato, infatti, si sono accentuate recisamente, e
quasi brutalmente, Ie divergenze profonde che, da tempo a tempo, hanno
manifestato fra lora Ie varie 'filosofie': si e insistito su una 'pluralita' unifica
ta solo da un termine; si e rifiutato ogni legame che non fosse storicamente
(ed empiricamente) accertabile e documentabile, in precisi rapporti di uorni
ni, di situazioni, di gruppi; si e battuto sui variare dei linguaggi, dei concetti,
dei metodi, delle tecniche, dei problemi; si e rifiutato ogni disegno 'provvi
denziale', ogni trama precostituita di idee perenni, come di forme necessarie:
si e, insomma, riaffermata con energia la 'storia' come apertura sempre
nuova a possibilita non preordinate (anche se in situazioni precise): e nella
direzione di una 'storia' COS! intesa (che rifiuta ogni piano metastorico) si e
cercato l'unico modo concreto per una considerazione unitaria delle attivita
umane. 'Storia' consapevo1e dei propri limiti (umile sforzo di comprensione
del complesso dei rapporti fra uomo e uomo, e fra uomo e natura), pronta
all'uso di tutte Ie tecniche di rice rca, rna rigida nel rifiuto di ogni presuppo
sto a priori; rna superba - per usare termini di Geymonat - nel riconoscere
solo una ragione che non cerchi garanzie fuori di se, che rifiuti l'equivoco
COS! di ogni rnisura data, come di ogni fondamento cercato 'al di la' del
libero uso della stessa ragione: ragione storica, insornrna, 0, se si vuole,
semplicemente ragione.
Di fronte a questa 'storia', volta a volta considerata dai suoi critici
filosofia 'inferiore' 0 ancillare, 0, come suol dirsi, 'filologia', e venuta serpeg
giando, e affiorando, una preoccupazione, ora di 'valutazioni', ora di struttu
re metastoriche, ora di impegni teoretici (e si doveva dire 'teologici' 0
'rnetafisici'), non solo sottratti alla ragione storica, rna eretti a tribunale della
storia. Storia sl, rna della filosofia: ove la prima e, gia nell'espressione
verbale, subordinata alla seconda; a cui e come preordinata, e da cui sara
giudicata, visto che ne e la preparazione e I'incubazione: iI frutto fa giustizia
del fiore e 10 risolve in se. Si e trattato, naturalrnente di cenni, di preoccupa
zioni, piu che di un dichiarato contrasto; anche se, nel fondo, e riaffiorata,
in vesti laiche, la vecchia tesi, sernpre cara ai patiti della 'speculazione', della
ragione ancillare: ieri la 'filosofia' ancella della 'teologia', oggi la 'storia',
ancella della 'filosofia'. E, verarnente, il rapporto e tutto valida: quella
'filosofia' e questa 'storia'; questa 'filosofia' e quella 'teologia'; e la 'storia',
oggi, sta alla 'filosofia' come, allora, .la 'filosofia' stava alla 'teologia', Giova

16

percio chiarire senza reticenze le posizioni: quest~ 'storia' no~. soff~e di


complessi di inferiorita; proprio perche vuol essere Inte~ra.le stor!CIZzaz.lOne,
si propone come 'filosofi~', ossia come u~ modo le~lttlmo di porsl. del
filosofare, che riconosce u valore ~elle nc~rch.e .loglche, met.o~ologlche:
Iinguistiche ecc., rna procJa~an~o 1.'~slge!1za ~I chiarirne la genes.I,.I raPF~tl
con una situazione reale, Ie ragiom storiche In tutta .Ia co~plessl.ta ?ell <?nz
zonte umana in cui sorgono. Lungi dal riconoscersi phll.osop~la In.fenor?,
questa 'storia' si pone molto francamente ~~me una dlr~zlOne In CUI,. oggi,
pub tentarsi ancora seriamente, in modo criticamente valido, una considera
zione unitaria della realta quale e data alla nostra espenenza.

Appendiee

FILOSOFIA E ANTIFILOSOFIA *
(Una discussione con Enzo Paci)

La Rivista critica di storia della filosofia (aprile-giugno, II,


1956), ha pubblicato Ie relazioni discusse al Convegno della sto
riografia filosofica tenutosi a Firenze il 29 e il 30 aprile 1956. Del
Convegno di Firenze mi sono gia occupato nel n. 34 di Aut Aut
(pp. 315-26) rna credo sia il casu di riprendere la discussione
specialmente in rapporto all'interessante nota aggiuntiva che Ga:
rin ha pubblicato sulla Rivista critica.
Scrive Garin che l'aspetto piu notevole del dibattito svoltosi
nel co.nvegno di Firenze e stato il manifestarsi, sia pur cauto, di
due diverse preoccupazioni: 'storica' I'una, 'speculativa' l'altra.
Dunque si tratta di due diverse preoccupazioni, e, se vogliamo
essere meno cauti (nel tentativo, in ogni casu utile, di risultare
pili chiari), diremo che sono affiorati a Firenze almeno due diver
si orienta~enti .di cui uno tentava di negare la filosofia e l'impe
gno . teor:tlco, l.n nome della storia, della metodologia e della
tecnica; 1altro, invece, sosteneva il valore della filosofia teoretica
0, i~ .gene~ale, della filosofia. Si tratta del contrasto tra filosofia e
antifilosofia. II eonvegno ha dimostrato ehe l'orientamenm antifilo
sofieo e insostenibile.
11 contrasto tra la filosofia e l'antifilosofia e stato sensibile nel
secondo dopoguerra e continua a perdurare nell'atmosfera filosofi
ca italiana, cosi come e affiorato, assai prima (e percio e stato
prima superato), in gran parte del pensiero filosofico contempora
neo. Sarebbe vano negare in alcuni atteggiamenti della filosofia
.
In

* II primo testo, di Enzo Paci, e il testo seguente, in risposta, uscirono


Aut Aut, 35, 1956, pp. 400-6; 36, 1956, pp. 462-67.
18

"taliana attuale una polemica vivace contro la filosofia, come


sarebbe vano negare che, in forme diverse, la polemica antifiloso
fica si e espressa non soltanto, e in modo clamoroso, nel neopositi
vismo rna anche in certi atteggiamenti dell'esistenzialismo (baste
rebbericordare la critica di Jaspers all'ingenuita filosofiea). L'anti
filosofia viene sentita ora in rapporto al problema della connessio
ne fra filosofia e tecnica. In genera le l'atteggiamento antifilosofi
co nelle correnti di ispirazione neopositivistica, si presenta come
negazione della filosofia a favore della tecnica e in modo partico
lare della tecnica come analisi del linguaggio. Cio avviene nella
convinzione che la tecnica non implichi una filosofia e che l'anali
si del linguaggio sia afilosofica. 11 problema si pone anche in
rapporto all'esistenzialismo (si veda la discussione tra .Heid~g~er
c Heisenberg a proposito della quale rimando allo scntto .dl PIe
tro Chiodi: Il problema della teeniea in un ineontro tra Heidegger
e Heisenberg, in Aut Aut, 32, pp. 87-108). Un'altra connessio
ne notevole e quella della polemica antifilosofica con il problema
da Marx impostato come realizzazione della filosofia, come assun
zione della filosofia in quanta praxis, in quanta attivita politica e
non mera contemplazione teorica; cio che Garin indicherebbe
come umano operare. 11 che era sl, in Marx, negazione delle
t'ilosofie contemplativistiche e antiumanistiche, rna non negazione
della filosofia per la pura attivita pratica e nemmeno per la sola
tecnica 0 per la metodologia neutra (come si e tentato di interpre
tare in senso neopositivistico) se non altro perche Marx concepi
va la filosofia come condizionata dalle strutture economiche e
come diretta ad un fine anche troppo determinato.
Dunque due tendenze diverse: filosofia 0 no. Non si trattava,
a Firenze, soltanto di due diverse concezioni della storiografia
filosofica, di due diverse metodologie della storia della filosofia.
Nel convegno e stato fatto il tentativo di separare il problema
della metodologia della storia della filosofia dal problema della
filosofia di discutere il primo negando il secondo: Ora questa
tentativ; efallito e la prova che sia fallito ce la da anche Garin il
quale sostiene che la storia e filosofia e che, in qu.anto tale, ~io~
in quanto e gia filosofia, la storia non soffre di complessi di
inferiorita. La filosofia sarebbe dunque tutta contenuta nella
storia e cioe ridotta alla storia e nella storia risolta senza residui.
La storia non e una philosophia inferior rna una filosofia con
tutteJe carte in regola nella quale, scrive Garin, oggi, pub tentar
1<,;

s~ ancora. ser.iamente, in modo criticamente valido, una considera


zrone um~~na de~la realta Quale e data alla nostra esperienza.
N.on c ~ dubbio, dunque che, per Garin, la storia e non solo
~na filosofia rna ten de quasi a porsi come l'unica forma di filoso
fia che oggi si pub tentare in modo criticamente valido A
questa storia cos1 concepita, concepita doe come tale da sostituire
la propria funzio~e fil~sofica .a quella della filosofia e da porsi
e,ssa stes~a come f~l~so~Ia, Garin attribuisce almeno due possibili
ta. Essa e, come SI e VIStO: 1) una considerazione unitaria della
r~alta ~uale e.data alla nostra esperienza; 2) un modo legittimo
di porsr del fIlo~ofare,. che. ri~onosce il valore delle ricerche logi
che, J!letodologlChe, hngUlstIche, ecc., rna - aggiunge Garin _
~rocl~mando I'esigenza di chiarirne la genesi, i rapporti con una
sIt~azlOne reale, Ie 'ragioni' storiche in tutta la complessita del
I'onzzonte umana in cui sorgono.
S~ dun que la storia, cost come Garin la concepisce, non sof
fre di complessi di inferiorita e perche si e assunta almeno due
funzi~ni tip.icamente teoretiche. La prima e, addirittura, una
co~sIderazlOne d.ella realta la quale pone il problema dei rap
P?rtI. tra tal~ considerazione unitaria e I'esperienza. La seconda e
il nc~noscIm.ento del valore delle ricerche logiche ecc., nel
quale r~cono~cImento si dice, in sostanza, che la storia, concepita

come ftlosofta, deve elaborare Ie tecniche di tali ricerche non

solo: rna che tay ~icerche devono essere situate nella loro ~enesi

storica e nell onzzonte umano. Dove abbiamo una filosofia

dell'uni~a dell~ rea~ta, dei rapporti tra l'unita e l'esperienza, dei

rap~ortI tra filosofia e tecnica, delle tecniche con i1 loro farsi

storico, dell'applicazione delle tecniche stesse nell'orizzonte uma

no. Se la ~etodologia della storia della filosofia, 0 anzi, la storia

stessa, ?a 10 se questi problemi, e chiaro che la storia e filosofia.

C!ra.se e.tale ess.a deve dimostrare criticamente Ie proprie afferma

~lOm e I propn assunti. Deve spiegare, per esempio, che cosa

I?tende per co~s~de~azione ~nitaria della realta, che cosa signi

ficano Ie proposrzioni genesi delle ricerche logiche ecc. e oriz


zonte. um~n~: Come la filosofia di cui qui si discute giustifica i
propn p~1OcIpI? Qualcuno potrebbe rispondere che tali principi
trov.ano II I~ro fo.ndamento nella storia e, precisamente, nella
storia ~ella filosofia, Ma la storia di cui qui si parla come deve
~sser~ I~!esa: ~,ome q~ella~he, non soffrendo di complessi di
1Ofenonta, e gia una Iilosofia? In tal caso la filosofia, 0 la storia
20

che si pone come filosofia, non ha un fondamento critico, e nem


meno si accorge di non averlo, in quanta giustifica cio che affer
rna per il semplice fatto di affermarlo: la storia a cui si richiama e
infatti gia la stessa filosofia. Si trattera allora, se si dice che i
principi della filosofia in discussione son derivati dalla storia, di
una storia che non e filosofia, di dati storici che sono stati la
genesi dei problemi filosofici, quei dati che non solo non sono,
rna non debbono essere una filosofia gia compiuta e completa. II
che si pub certo sostenere rna per mezzo di una filosofia critica
del processo 0 per mezzo di una fenomenologia che conduca a
quella struttura prefilosofica che Husserl indicava come Lebens
welt e di cui ottimamente parla, in questo stesso numero di Aut
Aut, Actis Perinetti indicandola come relazione d'esperienza. AI
trimenti, per uscire dal dogmatismo della filosofia che proclama
filosofia la storia, e cioe se stessa, si cade nel dogmatismo della
storia per la storia. In ogni caso la storia che non e filosofia, e che
non e raggiunta nemmeno con una riduzione fenomenologica,
non si dovrebbe nemmeno porre dei problemi di metodologia e
certamente non potrebbe ne riconoscere il valore delle ricerche
logiche, ecc., ne porsi come considerazione unitaria della real
ta. II che, invece, Garin vuole che possa fare la sua storia quan
do scrive: Giova percio chiarire senza reticenze Ie posizioni: la
'storia' non soffre di complessi di inferiorita; proprio perche vuol
essere integrale storicizzazione, si propone come 'filosofia', Pen
so che questa filosofia proposta da Garin possa porsi nel dialogo
con Ie altre filosofie e anzi che desideri tale dialogo. Non vorrei
che qualcuno pensasse il contrario. Per esempio prendendo un
po' troppo alIa lettera l'asserzione che l'unico modo di fare oggi
della filosofia e quello di fare della storia. In altri termini potreb
be farsi qui strada un procedimento equivoco. Di fronte a chi
dice che non basta la storia rna e necessaria anche la ricerca
speculativa si pub affermare che la storia e gia ricerca speculati
va. Ma quando poi, di fronte al riconoscimento che si tratta di
una ricerca speculativa, si obbiettasse che tale ricerca deve discu
tere e fare i conti con le aItre filosofie, sarebbe ambiguo risponde
re che la storia che e filosofia non ha questa bisogno perche Ie
sue asserzioni Ie deriva dalla storia (questa volta, evidentemente,
non concepita piu come filosofia).
Garin reagisce contro chi considera la storia come pura Iilolo
gia, come filosofia inferiore 0 ancillare. Perfettamente d'accor
21

\~\..\OTECA N..qz.

'0\ ROMA .:
"II
.~\~y
1--.
IORIO t.\JI1I:\"v~

do: la storia non e mai soltanto filologia anche se la filologia e


uno strumento indispensabile per la storia. Allo stesso modo non
sara mai soltanto filologia, per esempio, la critica letteraria. Se
per~ si sostiene che filologia e storia non sono soltanto filologia e
stona, rna contengono in se filosofia e critica, bisognera poi accet
tare la discussione sul piano della filosofia e della critica. Non si
critica la filologia come qualcosa di inferiore rna si desidera
che, quando la filologia si pone come critica 0 come filosofia
chiarisca se stessa come superiore. Naturalmente i termini in
feriore e superiore debbono essere posti accuratamente tra
virgolette, prima di tutto perche non sono felici e poi perche
presuppongono gia una valutazione.
Garin scrive che coloro i quali rifiutano Ia storia come filoso
fia inf~riore 0 anciIIare sono spinti da varie preoccupazioni,
ora ~I.valut.azione, ora di strutture metastoriche, ora di impegni
teoretici (e Sl doveva dire 'teologici' 0 'metafisici'), non solo sot
tratti alIa ragione storica rna eretti a tribunale della storia. Le
val~~azioni sono dunque, per la storia, senz'altro da respingere?
E. CIO v~le an~he per una storia che e filosofia? Si tratta dunque
di una filosofia che bandisce senza discussione e senza esitazione
ogni giudizio di valore? E che cosa si intende per strutture
metastoriche? L'esistenza degli esistenzialisti, 0, poniamo, Ie
strutture economiche del marxismo, sono storia 0 metastoria?
Quando poi si parla di irnpegni teoretici si dovra dire, senz'al
tro, che si tratta di impegni teologici e metafisici? Per mio
conto e chiaro, per esempio, che si puo par/are di una struttura
esistenziale senza fare della metastoria e che ci possono essere
degli impegni teoretici che non sono senz'altro di carattere teologi
co, per 10 meno nel senso tradizionale del termine teologico.
Come si e visto le due tendenze del Convegno di Firenze sono
state secondo Garin l'una storica e l'altra speculativa. Ma si e
anche visto che la tendenza storica e in realta per Garin tendenza
speculativa. Tale tendenza afferma con energia la 'storia' come
apertura sempre nuova a possibilita non preordinate (anche se in
situazioni precise): e nella direzione di una 'storia' cosi intesa
(che rifiuta ogni piano metastorico)>>, vede I'unico modo concre
to per una considerazione unitaria delle attivita umane, Cosi
concepita Ia storia e evidentemente una teoria filosofica della
s~o.ri,a che considera la storia stessa come apertura a nuove possi
bilita, come, per usare un'altra terminologia, Verhalten, e Offen
22

.Tn

".. 'ur

T ."

stiindigkeit des Menschen. Per quant~ mi ~iguarda penso ~he una


teoria della possibilita debba determinarsi come una teona de.lla
dialettica tra il condizionamento e il possibile, dialettica che ~slge
la non eliminabilita di una struttura di fondo (non metastonc~):
tale struttura e la struttura entropica, e, in senso lato, economica
(in linguaggio crociano: vitale) del process~ ~to~i~o. .
Garin scrive: Storia consapevole dei propn limiti (urnile sfor
zo di comprensione del complesso di rapporti fra ~omo e. u~mo, e
fra uomo e natura), pronta all'uso di tutte le tecmche di ncerca,
rna rigida nel rifiuto di ogni presupposto a priori; rna superba.
per usare i termini di Ge~monat.- ?el, ricono~~er~ s~lo ~na raglO:
ne che non cerchi garanzie fuon di se, che rifiuti 1 equlvo~O. COSI
di ogni misura data come di ogni f?ndamen!o c~rcato al dl la de~
Iibero uso della stessa ragione: rag tone stonca, msomma, 0, se Sl
vuole, semplicemente ragione. La storia cosi co~cepita e ~uell~
presentata dalla tendenza che Garin definisce stonca. Non SI ~uo
certo negare che la tendenza storica manchi di impegno teoretico.
Ma proprio per questa tale impegno teoretico puo e ~ev~ en~rare
in un dialogo. Proviamo a dare qualche af~rettata md~cazlOne.
Che cosa si intende per ragione, per la ragrone semplicemente
tale, nella quale si risolve la storia? Le indi~a~io?~ offerte d~
Garin sono le seguenti: 1) Consapevolezza del limiti (nel che e
implicita una critica della ragione iIIuministica e la ripr~sa della
critica kantiana nonche l'inserirsi del problema della rag ione nel
problema del limite, del finito, del .condizionato. I l~miti sono 0
no superabili? Se non 10 sono non Sl tratta soltanto di cons~fevo
lezza: i limiti ci sono anche senza la consapevolezza: sono CIO che
si dice un presupposto per quanta non in senso idealis.tico); 2~
Uso di tutte le tecniche di ricerca (certamente: uso e ncerca di
nuove tecniche, invenzione di nuove tecniche, rna non ri?uzione
di cio su cui con la tecnica si opera, 0 dei fini che la tecmca vuol
raggiungere, a pura tecnica); 3) Ri!iuto di ogni p,re.supposto a
priori (qui sarebbe forse bene chianre che cosa SI intende pe~
presupposto e per a priori. Se presupposto ~ qualcosa da CUI
la ragione nasce, per esempio il processo stonco temp orale ed
esistenziale, non si puo negare il presupposto se non affern:an~o
che la ragione crea a priori i presupposti che non sono COSI piu,
in quanto creati, dei presupposti: I'a pr~ori e inteso in senso
idealistico. Ma se l'a priori viene concepito come qualcosa che
non e ragione, 0 spirito, 0 Mind, rna, per esempio, come corpo,
23

della storia alla filosofia teoretica. Quando questo si vuol fare si


assume senz'altro l'indagine storica come indagine teoretica e si
dice, cioe, che non c'e altro modo di fare della filosofia se non
facendo della storia della filosofia. E questa e antifilosofia. Se
non 10 e, e perche la storia viene intesa come filosofia, ragione
storica, 0, semplicemente, ragione. 11 che potrebbe essere anche
troppo se si pensa che non e la storia che e ragione rna la ragione
che nasce dalla storia, dal processo storico del quale la ragione
puo offrire un'interpretazione allo scopo di trasformarlo secondo
nuove possibilita, rna che non si esaurisce mai nella ragione e
tanto meno in essa si risolve cosi come, per l'idealismo, ogni
presupposto si risolve nella liberta dello spirito.

natura, situazione storica, allora l'a priori e un a posteriori, pur


essendo un presupposto. E si potrebbe anche dire che il problema
cosl posta - che si presenta nel neopositivismo come problema
dei rapporti tra empirismo, 0 dati empirici, e forrnalisrno, 0 verifi
cazione logica - e mal posto in rapporto, per esernpio, agli ultimi
sviluppi della fenomenologia husserliana e alla ripresa della sche
matismo trascendentale di Kant); 4) Ricerca che non ha garanzie
fuori di se (d'accordo se le garanzie sono l'eliminazione del ri
schio e del finito 0 pretesa di imposizione dogrnatica,ma non piu
d'accordo se si pensa che nulla c'e fuori della ragione, che cioe la
ragione tutto in se assorbe, compreso il presupposto); 5) Rifiuto
di ogni misura data, di ogni fondamento cercato al di liz dellibero
usa della ragione (si potrebbe chiedere: illibero uso della ragione
non ha bisogno di misure date? Cosa sono queste se non i lirniti, i
condizionamenti, i presupposti, cia che e al di liz del pensiero e
della metodologia, proprio perche e concreta storicita e non sem
plicemente il pensato dal pensiero 0 il metodologizzato dalla meto
dologia?).
Cio che precede vale per la tendenza storica. Ma Garin parla
anche di una tendenza speculativa, la quale ammetterebbe si la
storia, rna, egli dice, solo la storia della filosofia, con il che la
storia diventerebbe ancella della filosofia, allo stesso modo che la
filosofia era ancella della teologia. Cia perche la storia verrebbe
subordinata alla filosofia che dovrebbe giudicarla e comprender
lao Non so se per il fatto che la filosofia debba comprendere e
interpretare la storia, e la stessa vita, e non solo comprenderla rna
anche trasformarla, si possa dire senz'altro che la storia diventa
ancella della filosofia. Comunque cio che aleuni hanno voluto
dire a Firenze non era diretto contro il mestiere della storico e
tanto meno contro il mestiere dello storico della filosofia bensi
contro la concezione che presuppone che non si possa fare storia
della filosofia se non rinunciando alla filosofia 0 magari se non
ponendosi in una posizione antifilosofica, concezione caduta pro
prio per il contributo di Garin.
E vero, come ha notato Dal Pra, che il rapporto tra filosofia
e storia della filosofia non puo risolversi net senso di far scompa
rire la ricerca storica per porre al suo posta l'indagine filosofica
teoretica (e Rivista critica cit., p. 226, nota 2), rna e anche vero
che tale rapporto non puc intendersi come negazione della ricer
ca teoretica e risoluzione di essa nella storia, come sostituzione
24

Enzo Paci

II

Come per le pagine di Enzo Paci su Filosofia e antifilosofia la


mia brevissima nota era stata soprattutto un pretesto, cost quelle
pagine saranno anche per me nient'altro che un pretesto, piu che
per rispondere a troppo gravi interrogativi, per u~ chiarimento in
margine: e chiarimento - si badi - non per Paci, che non ne ha
bosogno aleuno, rna per altri eventuali lettori 1.
A dir vero quella mia nota non era in condizione da sopporta
re, da sola, la sottile e capillare disarnina di Paci: non poteva, e
neppure voleva. Essa supponeva, infatti, un discorso c~e,. qu~lun
que cosa valesse, era pur stato fatto; e, soprattutt?, SI nfer~va a
un colloquio al di fuori del quale non poteva non nmanere smgo
larmente fragile e disarmata. Mentre, d'altra parte, il suo tone
I Di Paci
ben ricordo, al principio di Ingens sylva, i1 giudizio sui lavori
storici di Fausto Nicolini: un giudizio che mi dimostra co~e, sui terreno
concreto, andiamo d'accordo. E questa conta; m~':ltre l~ stOrlC~ un~ ~edu
zione ha da evitare: di lasciarsi indurre a glUstiflcare III quadri teonci che
gli sono estranei una ricerca che trova la sua giustificazione in se stessa, nel
suo verifiearsi, nei suoi resultati. Ed e seduzione a CUI non hanno saput?
resistere neppure rieercatori di prim'ordine, ehe hanno fatto appello a pOSI
zloni metodologiche estrinseche, 0 addirittura ar~et:ate. ~on a tor~o Merleau
Panty ha rimproverato a Max Weber che ses ecrrts me~hodologlques retar
dent sur sa pratique scientifique. Ed e rimprovero a CUI, talora, non sfugge
Croce stesso.

25

non poteva non riuscire eccessivo, quando fosse sganciata da


quella ben definita polemiea contro quanti, in modi vari, rendono
impossibile, 0 vane in partenza, illavoro dello storico della filoso
fia, richiedendo un impegno teoretico come qualcosa di altro
dal concreto impegno storico. Ripetere che non si fa la storia
della filosofia se gia non si possegga la filosofia - di cui si fa
storia - tutta spiegata in capitoIi e paragrafi, presuppone un parti
colare concetto di filosofia che non puc non ridurre la storia a
u~a spe~ie di ri.cerca araldica di antenati illustri, 0 a una galleria
di .erron. E qui, naturalmente, non sarebbe poi troppo difficile
obiettare che, se al filosofare e intrinseca la consapevolezza del
processo attraverso cui la mente perviene ai suoi resultati, condi
z!one della filosofia e la sua storia. Non a caso, gia aIle origini, il
ftlosofare e stato discussione critica di miti, e indicazione, di
fronte aIle lora pretese divine, di origini umane, onde il para
dosso di una filosofia che comincia con una storia: onde, se si
preferisce, il circolo di filosofia e storia della filosofia. Che sono
perc, tu~te, in fondo, arguzie, di cui non e bene servirsi neppu
re per nspondere ad arguzie,
Purtroppo, perfino in quelle nostre discussioni fiorentine che
dovevano essere - e furono, del resto, quasi sempre - non dispute
sui principi primi e puri, rna discorsi concreti sul lavoro della
storieo della filosofia - ossia su quel tipo di ricerca che sceglie
come suo campo la comprensione delle opere che nel tempo sono
s~ate c?iam~te fil~sofia - perfino nel corso di quel dialogo
fiorentino, Sl affacciarono istanze che, sviluppate, avrebbero an
nullato it senso di quel lavoro. Ed affiorarono, insieme, richieste
che, accolte, avrebbero significato l'abbandono di quel terreno su
cui il dialogo s'era impiantato, e il ritorno a quel tipo di discussio
ne e di indagine che, per comune accordo, si era respinto come
sterile, anacronistieo e vuoto. Non si puo chiedere a un astrono
mo d~, giustificarsi con ragioni astrologiche, senza riportarsi,
con CIO stesso, sul terreno dell'astrologia. A chi si rifiuta di conti
nuare a batir le monde avec des categories, non si puo chiede
re una dottrina delle categorie; a chi cerca nella riflessione sui
p~~c,edimenti ;eal~ del sap.ere ~n:ide~ della ragione e dell'intelligi
bilita, perche chiedere di definire III partenza che cosa sia in se
la ragione, cominciando, e ponendo alIa base, un sistema di ra
gione ben definito e chiuso?
COS! sara certo stata difesa male dai suoi sostenitori quella

26

storia rna i1 suo intento era pur chiaro nei suoi stessi molto
traspare~ti richiami! Sottolineare la connesione dei presupposti
della scienza con le condizioni storiehe, battere sul fattox della
realta storica delle scienze, sul loro costruirsi da se gli strumenti
logici per la soluzione dei problemi, rieonoscendo alIa filosofia i1
compito di portare quei processi alIa piena consapev~lezza ~i. se~
cercare di trasformare - per continuare ad usare I terrmru dl
Cassirer _ la critica della ragione in una critiea della cultura il
cui essere non puo essere colto che nel fare - tutto questo era
abbastanza esplicito cosi nei suoi sottintesi come nelle sue indica

zioni critiche. Orbene, a parte la sua validita, e proprio questa

storia come tale, antifilosofia?

Ed e davvero filosofia quell'altra, secondo cui - come abbia


rno letto tutti in un libro recente - i l compito dello storico della
filosofia sara [ ...] di riconoscere nei pensieri dei filosofi la verita
universale. ossia di riferire le singole situazioni alIa Verita, evi
dentemente gia in possesso della storieo per grazia divina? situ a
zioni singole, d'altra parte, e posizioni individuali, la cui cono
scenza, stando COS! le cose, non si vede in che modo possa giovar
ci, se non, forse, ad arricchire i1 nostro bagaglio di aneddoti 2. Se
possediamo, in dotazione originaria, la Ve~ita u~iv~rsa~e :- e d~b
biamo pur possederla per riconoscerla nei pensien del fIlo~ofl
chi ce 10 fa fare, di andare a perdere il nostro tempo alIa neerca
dell'Atto puro, 0 delle quattro parole, 0 della SS. Trinita, in
Talete e in Kant, in Spinoza e in Hegel?
Ma senza dubbio quell'affermazione, se ha un senso, vorra dir
altro: vorra significare che 10 storieo, connettendo idee e dottrine
aile situazioni, ritrovandone i nessi, verra scoprendo come le
filosofie _ anche le pili strane - si generarono e dettero voce a
csigenze reali, e risposero a precise richieste; come chiarirono gIi
uomini a se stessi, e li svincolarono da illusioni, e dettero ad essi
ideali, e mezzi di convivenza, e Ii aiutarono a foggiarsi pili ade
guati strumenti di indagine e di attivita. Lo storieo, mettendo in
, [Le me1e, le pere, Ie mandorle, l'uva se~ca [...] piu non sono che me~e
in apparenza, pere in apparenza, ~a~do:l,e In app~renza ~? uva secc~ l~
apparenza, infatti esse sono m.oID;enti vitali ~elf:u;tto [...J, L,l':lteresse pnnci
pale e precisamente quello dt dimostrare I unua del frutto m tutte .qu~ste
sue manifestazioni vitali, nella mela, nella p~ra,. nella ma,ndorla:. qumd., l~
mistiea connessione di queste frutta, e come in ctascuna di esse It fr~tto st
realizzi gradualmente e passi necessariamente, p. es. dalla sua esistenza
come uva secca alia sua esistenza come mandorla (Marx-Engels, Sacra
[amiglia, Roma 1954, p. 65).]

27

e~idenza

legami non apparenti, e I'appropriatezza 0 meno delle


nspost~; recando alla luce cio che era nascosto; indicando con
I'esaunr~i di possibilita, possibilita non esaurite, non solo ai~tera
a conquistare la memoria del passato, rna giovera ad orientare il
fu~uro -. d~v.ver~ .pens~e.ro e azione. E non in quanto riconoscera
nei penslen.mdlvlduah II ~olto immutabile di una Verita da guar
~are tr~nq~I11amente, rna in quanta riuscira a cogliere il particola
nz~arsl articolato dell'attivita umana. E verita universale non
sara affatto un eterno volta da contemplare, rna il concreto con
nettersi di precise risposte a precise richieste - e il false e il
male, che. I'indagine storica costantemente individua, sa~a la
mancata,. 0 made?uata risp~sta, e tra i mancamenti pili gravi la
pseudo-ns~osta, sia essa la nsposta valida una volta e imposta per
sempre, o. II v~ot? prin~ipio. fa~to assoluto: a chi vuol sapere il
mo~o d~gh. ,astn, I appetito di 010; e, per ogni cosa particolare, i
v~n. atti PI~ 0 meno puri, e gli eterni valori buoni a popolare i
cieli stellati e le notti di luna.
. A.sentir .cert~ discor~i molto filosofici e molto impegnati, pieni
di ulllversal~ e di valori, con quanta nostalgia si pensa a Socrate
che amava npetere che gli uomini non cercano il Bene, rna deside
rano ,e vog,liono qu~sta 0 quella cosa: e che - a voler capire qualco
s~ - e d~ll e.same di queste richieste che bisogna partire. Ed e diffi
cile ,toghersl dalla mente ~he i1 miglior commento del celebre luogo
dell Esodo, III, 14, non SIano le dissertazioni di Duns Scoto sull'es
s~re, ~a l'opinione di que I teologo secondo cui si tratterebbe solo
di un.mvlto a non fare domande vane - Ego sum qui sum.
Ricordo sempre - e il ricordo si colora oggi di maggiore
amarezza - che dopo la guerra, invitato da Piero Calamandrei
una. volta venne a Firenze, all'Universita, Croce, e si trattenne poi
a discorrere nella squallida Aula magna con alcuni filosofi.
Fatto ~a uno. dei presenti il nome di Gentile, con subita vivezza
esc1amo che II gran torto dell'amico-nemico era stata la fissazione
del Proble~a, d~1 Gr.ande .Problema: - problemi hanno sempre
d~ essere, ~Iccoh P~~hcolan problemi! Non importa qui vedere la
glUstezz~ di una critica, e se Croce stesso ne uscisse indenne. Ma
c?e abbla~ da essere problemi particolari, precisi problemi, non
v ha .dubblO. Come non v'ha dubbio che I'impegno teoretico non
consiste nel latrare alla luna, rna nel cercare nessi concreti ten
d~~do a integrazioni sempre pili complesse, guardandosi dai soli
dificare Ie esigenze in realta, e dal credere che, cristallizzando un

28

pun to d'arrivo provvisorio 0, peggio, un bisogno, si sia giunti al


e poi l'insegnamento effettivo di Kant, dell'idea di
Kant, il quale, del resto, ci ha dato anche un bellissimo esempio
di procedimenti filosofici fallaci, quando, a proposito della geome
tria euclidea, e del postulato delle parallele, ha affermato che tale
proposizione, che non poteva dimostrarsi, era, proprio per que
sto, apoditticamente certa - la sua apodittica certezza riposan
do su un'intuizione a priori. La difficolta, una vecchia, tormento
sa difficolta, e risolta bloccando la ricerca: Dio 10 vuole! Laddove
10 storico cerca le guise del nascimento e le vicende temporali,
e con cio stesso determina I'ambito entro cui certe possibilita si
esauriscono, e consuma i limiti e sollecita I'uomo a nuove opere;
un certo modo di intendere la teoreticita blocca le strade assolutiz
zan do risposte che, valide in rapporto a particolari domande,
vengono svuotate di ogni significato preciso, e fatte sorgenti di
ogni equivoco: come la geometria di Euc1ide elevata a forma a
priori dell'intuizione. Qui e I'urto fra critica e dogmatica: e pro
prio qui - in una critica non Iormale, e appunto percio co
struttiva - si colloea illavoro dello storico, intento a determina
re il sorgere di domande e risposte, e I'ambito del loro ope rare, e
le guise in cui nei tempi sono state valide, e come tutte si sono
cristallizzate. Questa e la funzione di una filosofia come storia,
a cui essa verrebbe meno se si mettesse a dissertare in astratto
sulla storicita dello spirito 0 della natura, invece di cerca
re il formarsi e il trasformarsi di nozioni, seguendone quante pili
componenti vi convergono, nella esigenza di articolarne i nessi,
collegando idee e bisogni, lingua scienza mito arte religione
come membri di un solo complesso problematico (per usare di
nuovo un'espressione di Cassirer), nel vario giuoco delloro opera
re: immagine di un uomo che viene mutando, e sui cui mutare
incide in modo decisivo la raggiunta consapevolezza: 10 storieo
ne domine pas le tout comme le philosophe hegelien; i1 est
engage dans une tache de totalisation (per usare I'espressione di
Merleau-Ponty).

principio. Che

*
*

Chi accetti la tesi - non ogni questione puo, qui, esser ripresa
alle origini - che le idee non si muovono su un piano a se, di
distaccata purezza, rna hanno mani e piedi, e variamente rispon

29

'1,

dono al complesso procedere della vita con cui sono solidali non
potra separare, se non per momentanea astrazione la storia
dalla teoria, che verra rimandata di continuo, se vorra essere
comprensione critica della realta umana, verso una considerazio
ne d'insieme. La visione d'insieme, che e forse l'unica costante
aspirazione del filosofare, caduta (rna e poi caduta?) l'illusione
teologale(che solidificando l'esigenza la postula come unita data
da ~ontemplare),. pu.o vivere solo come sforzo di giungere a una
storia che cerchi di rendersi con to, e di rendere conto delle
mobili articolazioni della vicenda umana: il quale renders! conto
- non si ripetera mai abbastanza - proprio per essere questa
consapevolezza critica della vita del mondo umano, non e affat
t~ c~ntemplazi~ne pa~ificata, rna inquieta chiarificazione, e quin
di st.1I~1010.e gU.ld~ all ?~era.: presa di coscienza di limiti sempre
mobili e diversi, identificazions dell'irrazionale nel fallimento di
troppo fragili siste~azioni, rna, a un tempo, mota verso una pili
compre~s~va ~nt~lhgenza: non Verita e Ragione date e possedute,
rna verificazionl alterne e continue. Apertura massima rna che
puo aversi solo nell'esarne critico pili rigoroso e completo del
processo umano nelle varie sue manifestazioni, senza cadere nella
tentazio~e delle tav~le delle categorie (<<l'accidente pili sciagu
:at~ - dIce Brunschvlcg - che potesse capitare a Kant, e senza
mtrinseco legame con I'esperienza critica).
Questo e quel modo di filosofare che s'e chiamato storia:
che non puo giustificarsi con altro che con se stesso, col suo
lav?ro concreto, facendo storia - perche la ragione si giustifica
ragionando, e non con teorie della ragione, e la verita verifican
do, e non nella contemplazione della Verita eterna. Una storia
c~e, se~pr~, e v~lutazione, anche se non di quel tipo, caro a certi
filosofi, l~t~nt~, c~n la matita rossa e turchina, a segnare gli
erron teoretici di Spinoza, e a dare il voto di condotta a Robe
spierre. Ogni rapporto, ogni nesso posta fra dottrine e dottrine e
fra idee e situazioni, e valutazione; ogni indicazione di vie blocca
te, ogni determinazione di chiusure, ogni identificazione di com
ponenti, e v~lutazio?e. Come e comprensione della positivita di
uno sforzo, illustrazione della genesi di un fallimento, presuppo
sto per un recupero - al di fuori COS! del dogrnatisrno delle solu
zioni prestabilite come del relativismo della universale insigni
ficanza.
Ed e, finalmente, una storia che si pone come un modo di
30

filosofare - uno fra molti - non come filosofia delle filosofie con
pretese egemoniche 0 esclusive, rna come comprensione dei molti
modi che il filosofare ha avuto - esauriti gli uni in sentieri senza
uscita, voci valide, gli altri, di un molteplice colloquio, del cui
ritmo la storia ramrnemora i momenti, invita e contribuisce a
chiarire il Iinguaggio, essa stessa interlocutrice vigile e attiva.
Perche quella nota infelice - 0 felicissima, per avere suscita
to 10 scritto agguerritissimo di Paci - su un punto batteva, certo
non bene svolto, rna recisamente affermato proprio nel testo che
annotava: la pluralita dei modi di filosofare, la pluralita delle
filosofie. Idea, certo, anch'essa, tutt'altro che originale: anche
sui nostri tavoli di studenti della poco filosofica Firenze, nei
tempi in cui troppo, forse, ci seducevano altre voci, gia trent'anni
fa, erano aperti i volumi della teubneriana Kultur der Gegen
wart. E nella Systematische Philosophie cominciavamo proprio
col leggere, in quel saggio di Dilthey che solo ora e stato tradotto
da un nostro giovane amico: Der Name Philosophie oder philo
sophisch hat so viele nach Zeit und art verschiedene Bedeutun
gen, und so verschiedenartig sind die geistigen Gebilde, die von
ihren Urhebern mit diesem Namen bezeichnet worden sind, dass
es scheinen konnte, die verschiedenen Zeiten hatten an immer
andere geistige Gebilde das schone von den Griechen gepragte
Wort Philosophie geheftet, In realta, non solo potrebbe sembra
re: in realta il bel nome ha indicato davvero, e continua a
indicare, cose molto diverse. II distacco fra Socrate e i fisiologi
non e stato che uno fra i tanti che hanno punteggiato il travaglio
so dialogo umano. E quel modo di filosofare che s'e detto stori
co in questa appunto si distingue: nel volersi render conto dei
modi molteplici di quel dialogo, rna senza pretendere di trasfor
marlo in monologo, anche se aspira a comprenderne le possibilita
di convergenza. E se polemizza, polemizza contro i modi esclusi
vi, che vogliono chiudere e concludere, in nome, per usare i
termini usati di recente da Rossi-Landi, di un moto da contro un
mota a - e il moto da si risolve poi sempre in un regresso verso
l'essere gerarchizzato, contro il libero progresso di una realta
plurale e mobile, la cui intelligibilita, lungi dal definirsi in parten
za, viene via via a verificarsi nella fecondita delle sue operazioni.
E se c'e un nemico da combattere, esso resta quello che una volta,
in una seduta della Societe francaise de philosophie, Gabriel
Marcel invece difese contro i soliti untori pluralisti (0, come
31

OSSERVAZIONI PRELIMINARI

dicono oggi certi nostri gazzettieri, ec1ettici e scettici): la metafisi


ca gerarchizzante i piani di pensiero, di modi d'esperienza, di
categorie - di essere: la rieerca garantita, l'ordine rassicurante da
contemplare e da difendere con i soliti fuochi d'artifizio di defini
zioni e di eterne ragioni, mentre Ie teorie della ragione, Ie
discussioni sull'essenza della storia e della scienza, continuano a
dispensare i filosofi dalla fatiea di ragionare e di conoscere (non
conosce chi non fa) quella storia (0 quella scienza) di cui sanno
tutto - metodi, fondamenti e forme - tranne quello che propria
mente 1a costituisce.
Questa, e questa sola, e l'antifilosofia. Gli altri sono sforzi
vari di filosofare, ivi compresa quella storia che vuol essere solo
consapevolezza critica per una piu seria opera in una piu uma
na convivenza. Che se poi dovra essere chiamata, essa, antifiloso
fia, pazienza! Dieeva Feuerbach che, in certi momenti, l'unieo
modo di far filosofia e combattere 1a filosofia. Cacciati dai paradi
si delle delizie filosofiche, non ci cadra piu l'obbligo di giustificar
ci con filosofiehe ragioni, e liberi da impegni troppo gravosi
per Ie nostre gracili spalle, potremo tranquillamente attendere a
coltivar legumi nel campieello di Candido.

A UNA STORIA DELLA FILOSOFIA *

La filosofia e i1 proprio tem


po appreso col p e n s i e r o ... Rico
noscere la ragione come la rosa nella
croce del presente e goderne - tale
riconoscimento razionale e la ric 0 n
ci Ii a z ion e con la realta, che la filo
sofia consente a quelli i quali hanno
avvertito, una volta, I'interna e s i g e n
za di comprendere e di mantene
re, appunto, la liberta soggettiva in
cio che e sostanziale, e, al modo stes
so, di stare nella liberta soggettiva,
non come in qualcosa di individuale e
di accidentale, rna in qualcosa in se e
per se (HEGEL, Filosofia del diritto).

1. AIle discussioni, sempre piu frequenti, intorno alIa storia della


filosofia, nuoce spesso l'intrecciarsi di prob1emi diversi, da trattar
si distintamente, anche se, come e ovvio, Ie varie questioni sono
poi strettamente legate tra loro. Cosi, per esempio, Bruno Nardi,
quando, a Carlo Antoni che ne elogiava la fedelta a un suo meto
do, rispondeva argutamente di non aver seguito un proprio meto
do rna il metodo proprio delle scienze storiche, si riferiva a quel
comp1esso di tecniehe specifiche che ogni ricercatore deve cono
scere e mettere in atto. Tuttavia Antoni intendeva certamente
altro: ossia un modo di vedere il processo storieo dell'indagine
filosofica, e l'idea che 1a filosofia si va sviluppando lungo certe
linee, travagliandosi intorno a certi prob1emi: linee e problemi
che 10 storieo pub ritrovare attraverso un attento esame dei docu
menti, ripercorrendo a ritroso quella via che il pensiero di cui egli
e partecipe ha gia battuto '.

* Pubblicato nel Giornale critico della filosofia italiana, 38, 1959, pp.
1-55.
t Cfr. Giornale critico della filosofia italiana, 35, 1956, p. 278 [rna efr.
ora Ie precise osservazioni metodiche premesse da Nardi alia sua raccolta di
saggi sulla storia dell'aristotelismo, Firenze 1958].

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33

Una cosa e ricercare -l'ha distinto perspicuarnente l'Abbagna


no 2 - che cosa e in generale la storia della filosofia, e un'altra
cosa e chiarire le condizioni, i limiti, e, se ve ne sono, Ie regole
di que 1 particolare tipo di lavoro che e ritenuto proprio degli
storici della filosofia. Senza dubbio il dibattito pili proficuo ai
fini di un lavoro effettivo e solo quello intorno al lavoro concreto,
e alle tecniche che mette in opera 3. Ma non e possibile non
distinguerne, e non affrontare, anche l'altro problema, intorno al
concetto stesso di una storicita della filosofia, 0 meglio, intorno al
significato da attribuire alla storicita del filosofare: che e quanta
dire che non puc evitarsi il dibattito intorno al significato della
filosofia e alla possibilita, per la filosofia, di avere una storia
ossia, di nuovo, intorno al significato della storia in genere ", e
alla relazione fra filosofia e storia. Se la filosofia e storia
chiedeva ironicamente nel '22 Gobetti agli idealisti - perche la
filosofia? Qui non e quistione di scetticismo rna di metodo. Quan
do abbiamo identificato il mondo con Dio, non ci siamo fatti
forse la stessa domanda: perche Dio? Trent'anni dopo, nella sua
prolusione pisana, un gentiliano rigoroso come Fazio-Allmayer
cominciava: Non ci chiediamo 'quando sia nata la storia della
filosofia' e con quale tecnica equal metodo debba essere costrui

2 It lavoro storiografieo in [ilosofia, in Verita e storia. Un dibattito sul


metodo della storia della [ilosofia, [Asti] 1956, p. 17.
3 E vero per 10 storico della filosofia - che e, giova non dimentiearlo,
uno storico - quello che il Cantimori ha osservato in genere per tutto il
lavoro storiografico: se non sapremo distinguere ricerca storiografica da
ricerca filosofica, ci fermeremo a discutere Ie idee genera Ii di quello che ci
dovrebbe interessare come storico ... faremo della pessima filosofia e della
pessima storiografia: dobbiamo vedere 10 storico, 10 studioso, all'atto della
ricerca, della ricostruzione, dell'esposizione, della narrazione, dell'intendi
mento storiografico: l'intendere, il capire storico scaturiscono dall'analisi e
dal confronto dei vari giudizi storici con la documentazione - nel senso piu
largo della parola - e fra loro. I limiti additati dal Cantimori si possono
trovare, portati all'esasperazione, nel recente corso di lezioni di E. Oggioni,
Rinascimento e Controriforma. Problemi filosofiei dell'odiema storiografia,
Bologna 1958, il quale prescinde completamente da ogni considerazione
della consistenza effettiva delle opere storiehe per enuclearne i presupposti
'metafisiei' reali 0 immaginati.
4 Scrive giustamente Paci (Hegel e il problema della storia della filosofia,
in Verita e storia, cit., p. 161): 11 problema della storia della filosofia non
riguarda soltanto la storia della filosofia rna la storia concreta ed integrale,
la storia che non e mai soltanto della filosofia 0 dell'arte 0 della morale.

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ta, rna invece se e come sia compatibile il concetto della storicita


della filosofia con quello della filosofia come sapere assoluto 5.
Chi concepisca ogni rice rca giustificata via via dai res~lta~i
che raggiunge, e quindi fondata e verificata nelle. sue costruziom,
non potra non sentire alieno da se i1 probl~ma dl. ~n fondam~nto
presupposto e giustificante la ricerca - ossia vamfl,cante la ~lcer
ca: la filosofia, una filosofia, condizione della stona della filoso
fia 6. Cio non significa, tuttavia, che si debba, 0 si possa, eludere
5 V, Fazio-Allmayer, La storicita della filosofia, Annali della S~uola nor

male superiore di Pisa, 21, 1952, Scriveva nel ~942, ne~ carcere di S,aluzzo,

Rodolfo Morandi, in un interessante abbozzo di introduzione alia stor~a della

filosofia (Lotta di popolo, Torino 1958, PP', 16-17): ~on ~ nella studio dell~

storia che si cerca per parte dei professionali la ~etermm~zlOne del c~mcetto di

Filosofia: quest'e compito assegnato alia filosofia teorenca, ~a nozione della

filosofia infatti pare debba sortire bell'armata alla sua battaglia dal~a testa del

cattedratico, non gia dalla storia, dalla vita puente nel ~empo, che I,ncess~nte

mente I'elabora come ogni altro termine di cultura. SI ha questa l!,verslOn~

paradossale; l'indagine storica, invece che portare a~ essa. come a risultato, e

subordinata in anticipo ad un concetto dato ~ella fl~o.sofla..


6 U, Spirito, Come si deve fare la stona, in Verita e sto~za, CIt., .pp. 1~~
sgg., ha i1 merito di sottolineare co!" fine~za ~olte delle aporte che Sl e s<;>htl
opporre allo storieo; ed ha anche il mento dl osservare che bu~na, sara I~
storia che si adeguera al fine pr.opost.o,. soddisfacendolo nel. migliore del
modi, L'esperienza ci conjerma, injatti, li"ne(;mos~lr1?e!'!to umv.ers~Je .della.
validita di opere storiehe eondotte per I piu ,dlVersl f'!,!' ~ con I P!U dlVe~sl
metodi, La conclusione di Spirito qui sottohneata cOII:,clde tuttavia solo Ii?
parte con alcune delle osservazioni eSl?oste sopra. La .dlvergenza maggiore e
nel modo di concepire quel [ine, sia rispetto allo s,tonco c~e ,al.la sua opera,
come qualcosadi assunto a priori, con una sorta di scelta individuale, Iegata
in ultima analisi a una personale scelta metafisiea e. da e~sa, c~~dlzlOnata
<Come, dunque, si deve fare la storia? DopoIe considerazioni gia svolteIa
risposta non puo che essere rinviata alia particolare metafisica dello ~tOl:IC~
che si accinge al lavoro). Ove, indipend::ntemente dalle ~ltre quesnorn di
fondo che verranno via via esaminate, sta la scelta del fine che la, scelta
della metafisica condizionante la rieerca st,o~iea sembran~ preset;ltarsl come
gratuite e individuali (sla particolare me~aflst~a de!l~ StO~I~O), ~ a!tro aspe~
to del problema, ossia il rapporto in CUI ogm postzione filosofica no':! puo
non porsi con le altre, ossia c~n gli altri, col passato, c~m ~a .stona; la
necessaria storicizzazione pur di quella s~ei~a, la sua s?hdaneta con un
tempo, con una societa, impediscono prehmmarmente di a~cett~re quel!a
soluzione, e rimandano almeno alla discussione del nesso pnma~1O l?r?pn~
fra quella metafisiea, quel fine, e la storia; perche Ie p,a~ole. di Spirito Sl
possono capovolgere, e si puo ~ire che quella s~e.lta m;ta~lSlca e: a s~a volta,
condizionata da un'interpretazione stonca. II circolo di Gentile nsorge, e
chiede ancora di essere approfondito,
.' '
'
D'altra parte solo in astratto ha senso parlare di prehmmare .as,su~zlOn~
di un fine da verificare nella ricerca. Chi davvero assum~sse cosI II f,!!e, Sl
dispenserebbe da ogni ricerca. 11 fine, la seeita che. avv~ene s~mpre in u!"
campo definito, e appena l'inizio di un dialogo con I ~atl, co!" I documenti,
con i 'ricordi' del passato. Ogni scelta seguente, ossia ogm processo nel

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la domanda: che si possa ignorare la reale esistenza di interrogati


vi, e di impostazioni, che della storicita del filosofare vogliono
discutere ed accertarsi prima di affrontare, con una ipotesi di
lavoro, l'indagine intorno aIle molteplici realizzazioni concrete
che la filosofia ha avuto nel mondo. Non pub ignorarsi, insom
rna, l'esistenza di chi, prima di fare storia della filosofia, intende
assicurarsi il possesso della filosofia. Anche se, alla fine, potremo,
o dovremo, concludere che, in questa discussione, si urtano due
concetti irriducibili, non solo del filosofare, rna della posizione e
del significato di ogni attivita umana: e di essi l'uno si aggrappa
all'idea di una r e a lt a che sia fondamento e principio, e la ricer
ca orienta nella direzione del principio, nella scoperta e nella
contemplazione di esso, nel suo ritrovamento teoretico e pratico
(e poco importa se tale principio sia collocato talora in eterne
strutture della mente). L'altro modo 7 di concepire, invece, trova
il senso dell'esistenza nelle sue realizzazioni, e il significato di
queste va ricercando, non in un metro fissato a priori, rna nelloro
operare in realizzazioni sempre nuove: il significato della storia
della filosofia, non in una filosofia preesistente, concepita come
lavoro, rimette !n realta in discussione Ie prime scelte e tutti i presupposti.
Questo, che e il lavoro dello storico, e il costituirsi stesso della tessitura
storica dell'uomo. in un'epoca; e .il costituirsi solidale di un'epoca che e,
anche, la sua storra. Perche quel dialogo, quella collaborazione, e confronto,
~ scelta, non. solo col pa.ssato.e del passato, rna col presente, e del presente:
e collaborazione con gli altri, non fatto personale e scelta individuale (la
scelta individuale, anche se 'solitaria', poiche la solitudine e cercata contro
gli altri, e ancora con gli altri).
Quanto alia posizione complessiva di Spirito, essa e molto interessante: il
problematicismo, per chi teneva conto della sua genesi (di la dalla discussio
ne del rapporto scienza-filosofia), offriva la possibilita di essere interpretato
come .una,posiz!o?e :metodica e ~~itica', aperta a tutte Ie possibilita, anche a
un esito metafisico (problematicisrno trascendentale), rna non necessaria
mente dominata da un destino 'rnetafisico',
7. E si. chia~i . pure, questa sec(;md? modo, se si vuole, con I'ambiguo
te~I':le di stonClSI'!'lO, rna nella direzione precisata da Croce (contro 10
stoncismo alia Meinecke): storicismo nell'uso scientifico della parola e
l'affermazione che la vita e la realta e storia e nient'altro che storia. Correlati
va a quest'affermazione e la negazione della teoria che considera la realta
divisa in soprastoria e storia, in un mondo di idee e di valori e in un basso
mondo che Ii riflette, 0 Ii ha riflessi finora, ifol modo fuggevole e imperfetto,
~ al quale converra una buona volta imporli facendo succedere alia storia
imperfetta, 0 alia storia senz'altro, una realta razionale e perfetta ..., E
sempre del Croce resta pienamente valida l'osservazione - contro I'idea di
un metro su cui misurare la storia - che le idee 0 valori che sono stati
assunti a modelli e misura della storia, non sono storia e v'alori universali
rna fatti particolari e storici essi stessi, malamente innalzati a universali:

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sapere assoluto, e come giudice giudicante, rna nell'apporto che


la 'memoria' illuminata del passato reca alIa comprensione del
presente, per la costruzione di un futuro, in cui, nell'ampliarsi di
rapporti, e nel costituirsi di nessi nuovi, tutto il passato venga
visto di nuovo in luce nuova. Con un linguaggio certo inesatto, e
per opporre slogan a slogan, non la storia della filosofia dopo la
filosofia, rna la filosofia dopo la storia della filosofia; 0, pili
esattamente: la storia della filosofia non si verifica nel princi
pio accertato della filosofia, rna nelle sue realizzazioni, ossia
nella fecondita dei suoi contributi alIa vita cosciente dell'umanita,
all'arricchimento della consapevolezza critica del presente, attra
verso la conoscenza della sua genesi non fittizia - genesi e non
principio - per la costruzione del futuro. Come ogni sapere effetti
YO, anche la storia della filosofia muove dal presente che vuole
intendere, dalle aporie del presente, cercando, nelle guise onde si
sono generate, indicazioni per affrontare l'avvenire 8.
s E qui il significato della tesi della contemporaneita- della storia: nel
I'interpretare la quale converra tuttavia molta cau!ela per non. fraintendere
certe espressioni IIl;etaforiche, trasierendole, olt!e tl loro. e.ffettlvo campo ~h
validita (rielaborazlOne secondo II [proprio] bisogno spirituale: Ia stona
che [...], nell'atto che si pensa [...], e Rer~ettame!1te identica alla pi~ .personal~
e contemporanea delle storie, e COSI Via), e riducendole a giustificare ogm
arbitrio, ogni superficiale falsificazione, ogni fr~tto~osa trascu~a':lza di ~ocu
menti. Scriveva Gaetano Salvemini (Pasquale Yillari, Nuova rivista ston~a:
II, 1918): non appena 10 storico sia stat? condotto, dalle preoccu,PazlOm
morali del suo tempo, a scegliere un determinate soggetto per Ie.sue ricerche,
da quel momenta in poi i doveri del metodo criti~o .devono dominare sovram,
e non consentono pili l'intervento di nessun principio morale, salvo quello d~1
pili assoluto ossequio alia verita. A 9uali esiti, d'al!ra ~arte: possa co?~urre II
principio del diritto alia rielaborazlOne secondo II mio bisogno sp;r.ltua.le:
per usare l'espressione del Croce, hanno mostrato anche troppe falsificazioni
programmatiche dei momenti cruciali della storia.
..,
Quanto poi a Salvemini, di ~~cente E.. Ses!an (a prop~slt? di Stona e
scienza, Firenze 1948, trad. dall Inglese Historian and Scientist, An Essay
on the Nature of History and the Social Sciences, Cambridge (Mass.) 1~39),
ha osservato che la contemporaneita della storia assumerebbe in lUI un
valore 'rovesciato' rispetto a Croce (Salvemini storico e ma,estro, Riv~sta
storica italiana, 70, 1958, p. 38): e non nel senso che la vita attuale e la
ragione dell'interesse storico e la chiave dell'interpretazione storica, rna, al
contrario, che il passato determina il presente e vive tutto nel pres~nt~. La
tesi di Salvemini e chiara: direttamente 0 indirettamente, ogm ncerca
storica mira a risolvere it problema fondamentale di sapere in quale m?do
una data situazione presente e arrivata ad essere qual e, onde, alia fine,
regolare la nostra condotta in m?do pili intelli,gente (~to.ria e scie~z~, cit.,
pp. 19-20). Ove, pili ~he di rove~clamento, .do~ra parlarsi piuttosto di diversa
formulazione del 'circolo' crociano: nor siamo prodotto del passato, e
viviamo immersi nel passato che tutto intorno ci preme. Come muovere a

37

riti, almena in quei campi dove il progresso del sapere e piu


contrastato da motivi pratici, e soprattutto le analisi e le verifiche
storiografiche non possono appoggiarsi alla testimonianza di que
gli esperimenti che hanno violentemente frantumato gli edifici
non menD solenni della fisica e della teoria del cielo, pur cost
profondamente solidali con quella sintesi metafisiea che taluno
ancora va difendendo come classicamente perfetta.

Del resto un esempio cospicuo di questi due atteggiamenti


ossia di due signifieati diversi del filosofare - offre la storia stessa .
del pensiero folosofico con i ricorrenti tentativi di sottrarre in
t~tto 0 in parte (la parte viva di un filosofo), un determinato
sistema alla sua condizione storiea per farne una conquista assolu
tamente valida. Cosi Aristotele, la cui sintesi dottrinale e la cui
sistemazione del .sapere furono senza dubbio a lungo feconde,
trasformato nella incarnazione medesima della filosofia ha bloc
cato 'per secoli il processo del sapere, finche una visione adegua
ta, ncollocandolo nella sua temporalita, ha ridato vita vera al
nemico del sapere (quella bestia d'Aristotele, come diceva Bru
no), restituendogli un suo significato storieo non esauribile 9. Si
gnificato, si badi, in una prospettiva storica che non ammette
eccez.ioni di parti .eterne; che storicizza tutto il pensatore; che,
pur nconoscendo II vario intrecciarsi dei nessi e la varia fecondita
delle singole tesi, si mantiene sempre lontana dai tentativi decora
ti a volte di nomi illustri, di privilegiarne la logica, quasi logiea
eterna del genere umano, 0 la metafisica, quasi rivelazione dell'as
soluta struttura dell'Essere. Che son tentativi purtroppo non esau
nuo~a
~accla

.vita, come creare la nostra nuova azione? [...]. Bisogna guardare in


II passa!o.o, fuori di metafora, ridurlo a problema mentale e risolverlo
In .una proposlzlO.ne di verita, che sara I'ideale premessa per la nostra nuova
azione e nuova ~Ita .. In altri termini e la storicizzazione del presente, ossia
la conoscenza, I intelligenza, ch.e cogli~ n~l. pulviscolo degli eventi la tram a
del pass~to, che permettendoci un giudizio della situazione ce ne libera
apr~ndoci a,lla consape~olezza delle, possibilita di scelte future (<<Scrivere
stone - noto un~ volta I! Goethe - e un modo di togliersi di sulle spalle il
passato. II pensl~ro st?nc? .10 abbassa a sua materia, 10 trasfigura in suo
oggetto, ~ la storiografia CI libera della storia),
9 Scrive R.G. C?llingwood ~The idea of history, Oxford 1951, pp. 229
sgg); T~e Republic of Plato. IS an account, not of unchanging ideal of
politlcal.life, but .of the Gree~ Ideal as Plato received it and re-interpreted it.
The Ethics of Aristotle describes not an eternal morality but the morality of
the Greek gentleman. Ho~bes'. Levia!han expounds the political ideas of
seventeenth-century absolutism 10 their English form. Kant's ethical theor
expresses the moral convin~tions of German pietism; his Critique of Pur~
~ea.so~ analyses the conceptions and principles of Newtonian science. These
limitations are often taken for defects, as if a more powerful thinker th
Pla!~ would ~ave .lifted himself clean out of the atmosphere of Greek
POI~tl~S, ?r as If Aristotle ought to have anticipated the moral conception of
chnStl~lllty or the modern world. So far from being a defect, they are a sign
of ment; they are most clearly to be seen in those works whose quality is
of the ?est. The reason is that in those works the authors are doing best the
01.1ly thing that cal?- be done when an attempt is made to construct a science
of the hl;lmaJ.! 1?md; They are expounding the position reached by the
human mind 10 Its historical development down to their own time.

38

I,
I

2, E domanda trita, e in molti casi pigra ed inutile, quella che


allo storieo della filosofia chiede una filosofia preliminare senza
la quale sarebbe impossibile fare storia della filosofia. Non e
concepibile - si dice - affrontare la storia della filosofia senza
possedere la filosofia, come non sarebbe possibile scrivere una
storia della matematiea senza essere matematico 10. A questa
domanda non basta rispondere, come pur converrebbe, che la
filosofia dello storieo della filosofia e. appunto, la storia della
filosofia, 0, meglio ancora, la storia: ossia una concezione per cui
anche la filosofia - come tutto il mondo umana - e in divenire, e
le affermazioni della filosofia sono molteplici, e tutte variamente
solidali col processo dell'umanita. Quel che si chiede e altro: e
una concezione specifica della rea 1tache costituisca un metro
determinato in partenza, senza il quale sarebbe impossibile giudi
care il pensiero del passato, sceverandone il buono dal cattivo, il
vivo dal morto. Di piii: senza quel termine di confronto neppur si
potrebbe discernere il filosofico di cui pur si deve tessere la
storia, in una storia del filosofare, dal non filosofico da lasciare al
margine 0 da espungere. Bisogna, insomma, ad esempio, aver
precisato che filosofia e problema, in modo da non perdere tempo
con quelle escrescenze (per usare l'espressione di N. Har
tmann) che sono i sistemi, 0 vieeversa. Bisogna aver definito la
filosofia della spirito per non perdere troppo tempo, quando si
affronti Hegel, con la fenomenologia, con la filosofia della natu
ra, e con altri consimili punti morti del pensiero hegeliano.
E chiaro che un'impostazione del genere, che non di rado si
offre al lavoro dello storieo quando gli si domanda se abbia le
10 N. Hartmann, Filosofia sistematica, Milano 1943, p. 25 (cfr. D. Canti
mori, Introduzione aile Meditazioni suila storia universale del Burckhardt,
Firenze 1959, pp. XLII sgg.).

39

carte in regola con la filosofia, e indicativa di una presa di


posizione prec1udente ogni storia della filosofia in senso proprio,
ed avvilente la storia, ora alla ricerca di genealogie per un sistema
- il proprio sistema - (e sono quasi sempre, come capita in genere
con le genealogie, false e fantastiehe), ora alla costituzione di
gallerie di ritratti, 0 a una mera aneddotiea, 0 a un esercizio
letterario sulle forme stilistiche in cui il pensiero uno si sarebbe
venuto esprimendo variamente nel tempo. Un tempo, si badi, che
in simili prese di posizione e di continuo svuotato di ogni senso
da quell'eterno di cui sarebbe l'epifania.
D'altra parte l'idea della necessita, per 10 storieo, di assumere
preliminarmente una filosofia, non puo non presentare subito un
grave ostacolo: come assumere, infatti, quella filosofia? Non per
seeIta arbitraria, evidentemente. II Gentile, in quel suo saggio in
cui cerco di sciogliere il nodo attraverso la formula del circolo
della filosofia e della storia della filosofia, individuo con effieacia
l'aporia, anche se poi, fisso com'era alla visione pili che dell'unita
dell'unicita della filosofia (quella philosophia perennis che era la
sua filosofia), si contento appunto di una formula piuttosto che di
una soluzione. Se si dice - osserva - che occorre prima avere un
sistema prestabilito che serva di misura, non si tien conto del
fatto che questa sistema deve essersi formato, e che non puo
altrimenti essersi formato, che sul fondamento storico, attraverso
la lettura e la critica dei libri di taluni filosofi, cioe, in generale,
attraverso 10 studio della storia [...]. Se si sostiene che il sistema
dev'essere, non il principio, ma la conseguenza, della storia della
filosofia, non si tien con to di un altro fatto: che questa storia
della filosofia non sorgerebbe mai senza l'interesse filosofico; e
che questa interesse importa un concetto qualsiasi della filosofia,
ossia un sistema contratto quanta si voglia, ma potenzialmente
determinato... II.

In verita la formula gentiliana poteva presentarsi plausibile


solo accettando il presupposto comune a tutte le richieste di un
sistema prestabilito che serva di misura: presupposto che si
rivela in modo chiaro nell'analogia comunemente invocata - pur
nella sua improprieta palese - con le scienze. Come fare 10 stori
co della matematica, si diee, essendo digiuno di matematica?
Ove, a prescindere dal carattere tutto particolare delle cognizioni
di matematica, fisica 0 medicina, necessarie allo storico di que lle
discipline, si dimentica la diversita profonda della situazione del
filosofo: si dimentica, 0 volutamente si tace 0 si altera. In ogni
epoca, infatti, si puo parlare di un certo stato raggiunto dalle
cognizioni matematiche, 0 fisiehe, 0 mediehe, in cui, pur con
tutte le aporie su questioni specifiche 0 intorno a ipotesi esplicati
ve ultime, un corpo di nozioni essenziale e accettato quale resulta
to della ricerca precedente, e punto di partenza su cui e possibile

11 Il circolo della filosofia e della storia della filosofia [1907], ora in La


riforma della dialettica hegeliana, Firenze 1954', pp. 138 sgg. Ma la tipica
impostazione gentiliana si trova subito all'inizio della sua prolusione palermi
tan a del 1907 su Il concetto di storia della filosofia, raccolta ne La riforma
cit., pp. 100 sgg.: chi fa la storia della filosofia deve sapere che cosa e la
[iiosofia, di cui vuol fare la storia: deve saperlo in modo da averne determi
nato un concetto unico. Non e possibile pensare che ci siano piu concetti
diversi della filosofia, e scriverne una storia; perche dati piu concetti, tra
loro diversi, si danno piu rea Ita, piu filosofie fra lora diverse; e la storia
dell'una escludera da se la storia di ogni altra [...]. Come che sia intesa la
filosofia, e come che sia intesa per conseguenza la sua storia, non e possibile

mai filosofia che non sia una filosofia. Ora, che si possano ammettere piu
concetti disparati di filosofia non di rado si concede, anzi talvolta si chiede;
e ci si fonda sopra una certa dottrina di tolleranza filosofica [...J, Ma ch.e ,it;t
realta si scrivano storie della filosofia con tal presupposto della molteplicita
di problemi fondamentali della filosofia non accade, ne puo accadere: per
che se quella concessione od esigenza puo darsi, no.nost~nt~, la sua i~raziona:
lira, un fatto irrazionale, quale sarebbe una stona di piu oggetti, non e
possibile. Quale che sia il punto di vista da cui muov: 10 s~orico e.l'indirizz?
filosofico a cui aderisce, egli non potra ricercare, ed infatti non ncerca mal,
se non Ie soluzioni che sono state via via escogitate di un medesimo
problema, che per lui e il problema essenziale della filosofia; quel problema
da cui gli altri, piu strettamente filosofici (e dico piu strettamente, perche
tutti sono, in largo senso, filosofici), dipendono direttamente 0 indirettamen
teo Onde il filosofo tollerante a parole, diventa storico intollerante coi fatti:
poiche i fatti all'impero della logica non s,i P?ss?n~ ~ott~arre, e .Ia logi~a e
intollerante per natura. II testo del Genttle e significativo per II continuo
riferimento a presupposti impliciti non dichiarati e non dimostrati, dal
concetto della logica intollerante (che distrugge i fatti) a quello del problema
unico, dell'oggetto unico, escludente i problemi molteplici rna conciliabile
e non si vede come - con Ie molte soluzioni, destinate pero a ridursi
surrettiziamente a unita, onde, alia fine, nell'unita ovunque trionfante sem
bra annullarsi il concetto stesso di storia (che, di fatto, nell'attualismo si
vanifica). D'altra parte la confutazione del pluralismo e solo apparente:
certo, verrebbe fatto di rispondere, la vera filosofia e una, ed e la concezione
della possibilita di orientamenti, direzioni, interpretazioni diverse dell'esigen
za della filosofia, ossia e la filosofia 'pluralistica'. Osservera giustamente il
Banfi, Concetto e sviluppo della storiografia [ilosoficu, Civilta moderna, Y,
1933, p. 561: II sapere filosofico non si presenta [...] come .lin .corpo
sistematico di dottrine, che concresce armonicamente, secondo II disegno
unitario di una struttura obiettiva; esso e differenziato secondo sintesi,
strutture, direzioni affatto distinte, varie di metodo e di valore teoretico
come di significato culturale.

40

41

un consenso sufficientemente ampio. La stessa pluralita (di model


li esplicativi, per esempio) e accolta, e quindi 'unificata', nella
visione che la suppone accettabile. In tal senso e plausibile, entro
certi Iimiti, la tesi che il lavoro della storico della matematica
presupponga la conoscenza della matematica (ossia di un certo
stato pacifico di cognizioni). In filosofia, invece, non puo parlarsi
seriamente, in alcun momento, di una filosofia ultima, unica e
vera: che molte, differenti, ed escludentisi reciprocamente, si pro
clamano tutte ultirne, ed uniehe vere. E se anche convergono in
certi aspetti 'tecnici', non e di questi che si parla quando si chiede
allo storieo un credo, rna proprio di quelle vedute fondamentali
su cui la divergenza e massima, e radicale l'esclusione reciproca.
Perche 10 storico - si dice - deve arrivare al giudizio di vero e di
falso, e nella verita porre Yunita della storia come storia della

verita 12.
Ma v'ha di pill: ognuna di quelle 'filosofie', reciprocamente in
contrasto, si giustifica proprio attraverso una sua storia della filo
sofia, rieostruita in modo da ammettere solo una conclusione: la
filosofia di chi opera quella interpretazione storica.
E chiaro dunque che, volendo 10 storico rispondere all'esigen
za propostagIi, di avere una filosofia come misura prestabilita,
dinanzi alia molteplicita delle posizioni esistenti nel proprio tem
po non potra non operare una scelta. E se non vorra ridursi alia
famosa battuta fichtiana presa alia lettera (<<la filosofia che uno
sceglie dipende da che uomo uno e), dovra affidarsi - sembra
a uno di questi criteri: 0 alia discussione del rigore della logica
interna di un sistema; 0 all'esame critieo dei documenti storici
che dimostrerebbero come quella partieolare filosofia risponda al
massimo al lungo camminodella ricerca umana.
Ora chi scelga come misura di una filosofia (da assumere a
sua volta come misura delle filosofie del passato) la struttura
logica del sistema, non solo rischia di privilegiare gratuitarnen

te una logica, rna rischia anche di svuotare a priori di senso


ogni ricerca storica. Se il filosofare consiste in una costruzione
o ricostruzione 'rnentale' - di strutture 'logiche', il suo progresso
potra al massimo configurarsi sotto il profilo di un accrescimento
quantitativo: svolgimento ed esplicazione di ulteriori dimostrazio
ni; prosecuzione e completamento, in tutte Ie sue articolazioni,
dell'edificio essenziale che costituisce la verita del mondo
dell'esperienza. Nel processo la successiva ascesa del pensiero
significhera aumento del numero delle verita acquisite attraverso
10 svolgimento dei temi impliciti - e di fronte avra il variabile e
l'illusorio. Se essenziale alia storia e il libero sviluppo, ossia il
rischio di una scelta non preordinata da 'provvidenza' alcuna, e,
anche se condizionata da una situazione, aperta tuttavia a possibi
lita infinite, nell'opporsi di verita logica, 0 assoluta verita, e di
illusione, la storia verra meno. E neppure si potra rifugiare in un
lora complesso intrecciarsi, ove 10 storico poi, con la lama affilata
del giudizio, venga separando il vero dal falso, il vivo dal morto
uno di qua e uno di la - costruendo la sua bella storia della
verita. Della verita che ha dinanzi a se I'errore non e giudiee la
storia: il giudizio della storia e 10 stabilimento di un rapporto, di
un complesso di rapporti, che devono legare nelle lora maglie
tutto, 0 almeno tessere trame capaci di comprendere tutto, il bene
come il male, la verita come I'errore, I'eretico bruciato ieri e
venerato oggi, l'eroe esaltato ieri ed esecrato oggi. L'opposizione
luce-tenebre, cara aIle metafore 'visive' logieo-gnoseologiche, non
cade nella storia; la bella immagine de claritate in claritatem
appartiene al linguaggio dei mistici, non a quello degli storici. La
storia non piange e non ride; cerca di comprendere, ossia di
stabilire legami, passaggi, rapporti di reciproca azione 13.
Colui che alia parola del passato si avvicina con la lama di
una logica privilegiata, qua vero la falso, e pretende di costruire
COS! la storia della verita, si riduce a dare un nome a ognuno
dei teoremi veri, tutti veri, di cui s'intesse l'ultimo sistema - il suo

12 Sull'aporia dell'unitii cfr. Ie espressioni del Cassirer che, almeno, mo


strano un'acuta consapevolezza del problema: La log i c a immanente della
storia giunge tanto piu chiaramente alla coscienza quanta meno i m m e d i a
t arne n t e essa viene cercata e proiettata, per mezzo di uno schema fisso,
sui fenomeni. In realta si deve riconoscere fin dall'inizio che I'u nit a
interna, che lega i singoli fatti, non ci e data direttamente insieme a questi,
rna deve sempre essere creata dalla sin t e s i del pensiero (Storia della
filosofia moderna, trad. it., I, Torino 1952, p. 11).

13 Scriveva Salvernini (Pasquale Villari, in Atti della Reale Accademia


delle Scienze di Torino, vol. 53, 1917-18, p. 4 dell'estr.), non senza qualche
improprieta d'espressione, rna can profonda verita: 10 storico non deve ne
condannare ne assolvere, deve semplicemente spiegare; il suo ufficio si
riduce tutto a risolvere il problema [...] di incatenare logicamente i fatti in
un sistema di concomitanze e di causalita. Se non avril risoluto obiettivamen
te questo problema, il suo lavoro non raggiungera ne un valore scientifico ne
una utilita pratica.

42

43

sistema (0 a dare un nome all'equivoco via via scartato, e relegato


nel caotico mondo dell'illusione). La storia della filosofia mostra
[...] che le filosofie che sembrano diverse, sono una medesima
filosofia in diversi gradi di svolgimento 14: i quali gradi, posta
COS! la questione, altro poi non sono che' le varie articolazioni
logiehe del sistema. In altri termini, una storia della filosofia
impostata su questa assunzione preliminare di questo tipo di filo
sofia dimostra che della filosofia storia non si da, e rende assurdo
in partenza ogni lavoro storiografico che non si limiti a cronaca,
dossografia, esercitazione di curiosita erudita.
L'altra alternativa, di fronte alla riehiesta di una filosofia da
presupporsi alla storia, e quindi da scegliersi da parte della stori
co prima di cominciare il proprio lavoro, suppone, come criterio
di scelta, una sorta di ricognizione storica, rna, per usare i termini
del Gentile, contratta, e solo potenzialmente determinata. II
metro 0 filosofia 0 sistema preliminare verrebbe assunto in quan
to capace di rappresentare, almena a prima vista, la migliore
risposta aIle richieste del passato. Nella lettura dei testi del passa
to - e col passato andra posta anche il presente diverso - si
giungerebbe a una conclusione in base a cui affrontare, e poi
giudicare, il passato. Ossia una lettura sup e rf i ci aim e n t e
storica offrirebbe gli strumenti per intendere, e il metro per giudi
care pro f 0 n dam e n tela storia: una filosofia 'inferiore' per una
storia 'superiore'.
Per assurda e paradossale che la tesi possa apparire, essa e,
sostanzialmente, molto vieina alla posizione di quanti hanno richie
sto per 10 storieo della filosofia una filosofia eclettica (quando
non hanno identificato con 1'eclettismo, piu ancora che la Iiloso
fia della storico della filosofia, la storia stessa della filosofia) IS.
14 Hegel, Enciclopedia, Intr., 3, trad. Croce, p. 18 (Paci, loc. cit., p.
147). Hegel e categorico circa la possibilita di 'diversi modi di vedere': e
press'a poco come se la luce e Ie tenebre venissero chiamate soltanto due
d i v e r s e specie della luce,
" G. Galli, Filosofia e storia della filosofia, Civilta moderna, Y, 1933,
p. 87: (<<se cerchiamo di determinare il carattere generale proprio della
filosofia, e cioe del pensare come categoria dell'universale, in quanta imma
nente alia storia e parzialmente negata da questa, facilmente ci accorgeremo
che esso prende la forma nota sotto il nome di eclettismo. E invero l'accen
tuazione della molteplicita e una corrispondente attenuazione dell'esigenza
sistematica; il farsi valere in qualche modo, pure attenuata, questa unitaria
esigenza, dal momenta che il razionalismo non viene negato, bensi viene
considerato come un elemento di verita (che altrimenti si avrebbe non gia

44

Ove, volendo dare un significato plausibile aIle parole, evidente


mente si pensa che il lavoro della storieo si limiti alla semplice
esposizione artieolata dei vari sistemi, accompagnata da una certa
opera di riordinamento e ridistribuzione interna ad ognuno, fatta
in base a una partecipazione e simpatia spirituale adattata via
via. Lo storieo, in altri termini, offrirebbe al filosofo bene ordina
ti e ripuliti i resultati dei pensamenti del passato; le idee,
disinfettate al massimo, e disposte in ranghi disciplinati e ordina
ti, costituirebbero-una sorta di deposito ben-tenure, di cui il
teoreta utilizzerebbe poi qualche pezzo ancora funzionale
per i suoi fiammanti edifici. Onde puo capitare di vedere ripresi,
e messi insieme, il cogito di Cartesio, l'esse est percipi di Berke
ley, l'io penso di Kant e il pensiero di Fiehte, e magari temi di
Aristotele e di Hegel, in realta con scarso vantaggio di tutti. II
nuovo pensiero non solo non ne riesce piu solido 0 piu chiaro,
rna induce in equivoco e mette in circolazione equivoci. La storici
l'eclettismo, rna I'assoluto empirismo), e che I'eclettismo non esclude, rna
permette, che dall'infinita molteplicita delle affermazioni si salga ad una
molteplicita relativa di poche affermazioni diverse rna ugualmente vere; la
deformazione, e non la semplice persuasione, a cui I'universale del pensiero
va soggetto, per essere posto come qualcosa che e trasceso e limitato dal
molteplice e cioe per venire assoggettato esso medesimo alia categoria del
fatto 0 molteplicita (la qual cosa, tuttavia, non e I'assoluta negazione che del
pensiero fa l'empirismo e attesta che viene sentita, per quanta male soddisfat
ta, l'esigenza del valore del pensiero): sono questi i caratteri fondamentali
dell'eclettismo. La prospettiva qui indicata e molto chiara, come e, pur in
questo testo, indicativa la severa condanna dell'empirismo che, tuttavia, si e
posto anch'esso come filosofia.
Diverso era il modo di prospettare la questione, a proposito dell'ecletti
smo, del Cousin, rna in fonda, era un modo molto pili storicistico. Se e
vero - diceva nella lezione del 17 luglio 1828, conc1udendo il suo corso
che il nuovo movimento filosofico che avanza silenziosamente in Europa e
un movimento ec1ettico, ne segue che l'eclettismo sara la base della nuova
storia della filosofia, poiche e una legge necessaria che ogni filosofia, che
raggiunge via via il predominio, dopo avere esaurito il proprio sviluppo
teorico volga i suoi sguardi al passato, 10 interroghi secondo 10 spirito che
ha in se, e giunga a una storia della filosofia che Ie sia conforme [...]. La
storia della filosofia e necessariamente relativa, in ogni epoca, allo stato
della filosofia dell'epoca. E un punto incontestabile. Di pili, 10 stato della
filosofia speculativa di un'epoca e a sua volta necessariamente relativo allo
stato generale della societa dell'epoca [...]. Come non e in potere della nuova
filosofia non generare una nuova storia della filosofia a se conforme, COS!
non e in potere della nuova societa di non generare la nuova filosofia ...
(Introduction a l'histoire de la philosophie, Paris 1828, 13' lecon, pp. 29-30).
Ossia I'eclettismo non e la filosofia di ogni storia della filosofia; 10 e nel
1828, solo perche l'ec1ettismo e la necessaria presa di coscienza speculativa
dell'Europa (Francia-Germania) in que I momenta storico.

45

ta non consiste in questa infiorare il nuovo discorso di vecchi


nomi, 0 nel fantasticare sintesi assurde e inconsistenti, rna nel
rispondere a domande reali, maturate lentamente e faticosamente
attraverso un lungo viaggio, Ie cui tappe furono S1 Aristotele e
Kant e Hegel, ma nella lora realta 16. La qua Ie ancor giova, certo,
ma non quando dai filosofi 'vivi' si stacchino brandelli orrenda
mente deformati e gabellati per la loro.cverita, 0 indicati come
la lora anima: giova al contrario nella sua determinatezza tern
poralmente ben individuata, come altra da noi, nella comprensio
ne di un processo e della sua validita entro una situazione. Che la
storia non da mai, e da sempre, risposta alle nostre domande:
non ci da mai risposte prefabbricate, ma ci aiuta sempre, attraver
so una piu articolata coscienza di noi e delle radici del nostro
mondo, a dare una risposta nuova a domande reali; ci aiuta a
capire quali sono Ie domande che vogliono risposta; e come, e
perche.
3. E tuttavia e pur vero che 10 storico della filosofia ha una sua
concezione, da cui parte, e che tiene ben ferma: che della filoso
fia si da storia, ossia che la filosofia non e disincarnata visione di
eterni veri, ma formulazione di sistemi di idee, comprensione di
problemi, elaborazione di vedute d'insierne, in indisgiungibile nes
so col mobile variare di tutte Ie componenti della vita umana.
16 Nulla di pili equivoco, 0 di pili insidioso, del ritorno di temi 0 motivi
apparentemente uguali, rna che assumono significati molto diversi in contesti
diversi: il cogito in Campanella e Cartesio, la 'prova ontologica' nelle sue
varie e non paragonabili formulazioni, e cos) via. Le idee non si possono
staccare, quasi fossero dotate di una lora vita autonoma, dalle situazioni,
ossia dalla rea Ita degli uomini che le formulano. Esse sono, certo, aspetti,
parti integranti di tale realta, rna non ne sono 'separabili', In questa senso
non e dirnenticabile l'osservazione di Marx: sono gli uomini i produttori
delle lora rappresentazioni, idee, ecc., rna gli uomini reali, operanti [...]. La
coscienza non puo mai essere qua1cosa di diverso dall'essere cosciente, e
l'essere degli uomini e it processo reale della loro vita [...]. Di conseguenza
la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica [...] non
hanno storia, non hanno sviluppo, rna gli uomini che sviluppano la loro
produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con
queste lora realta, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non
e la coscienza che determina la vita, rna la vita che determina la coscienza.
Nel primo modo di giudicare si parte dalla coscienza come individuo viven
te, nel secondo modo, che corrisponde alIa vita reale, si parte dagli stessi
individui reali viventi e si considera la coscienza soltanto come la lora
coscienza (Ideologia tedesca, trad. F. Codino, Roma 1958, pp. 22-23).

46

Una filosofia - e stato detto giustamente - nasce dalle esigenze


della storia, dalla vita, dalla crisi focale della vita, dalla richiesta
della vita, che vuol vivere, essere soddisfatta, trasformarsi da una
situazione a un'aItra situazione 17. Una filosofia non nasce da
un'aItra filosofia, 0 da una fantastica storia della filosofia: non
si deduce logicamente, ne s'inferisce da abbracciamenti di vergini
idee in pure generazioni mentali. La nascita d'una filosofia e sem
pre corposamente 'impura': e Ie idee, e Ie lora sintesi, sono saldate
aIle cose. Sono idee d'uomini, e gli uomini sono coscienza ed
espressione di situazioni reali, di problemi e dlfficolta, di senti
menti e bisogni che chiedono risposta, e vogliono, per aver rispo
sta adeguata, linee d'orientamento e vedute d'insieme - carte di
navigazione, avrebbe detto Hume, per il tempestoso mareggiare
della vita. AlIa nascita delle quali carte concorrono, oltre ai biso
gni del presente, anche Ie indagini - idee, filosofie - del passato. E
la storia della filosofia e appunto questa andar ricercando, nel
processo dell'umano lavoro, il mota delle idee, il nesso delle conce
zioni con Ie situazioni, e illoro variare, non per movimenti propri
(idee da idee), rna in quel complesso giuoco di bisogni, di richie
ste, di costruzioni, che costituisce nel suo concreto ritmo tempora
Ie la vita degli uomini: e degli uomini reali, distribuiti variamente
in stati, gruppi, classi, collaboranti 0 in conflitto, coesistenti e pur
diversi per educazione e sviluppo, e percio con programmi e con
cezioni diverse in un medesimo tempo, e parziali, eppure ciascuna
con la pretesa di totalita ed unicita 18.
In questo senso e indubbio che 10 storico della filosofia (stori
co, non dossografo ne erudito, rna neppur 'teologo' negatore della
storia quale costruzione umana) parte da una filosofia e si pone
17 E. Paci, loc. cit., p.
162 (si ricordino Ie osservazioni di Engels a
Mehring: L'ideologia e un processo che viene bensi compiuto dal cosiddetto
pensatore con coscienza, rna con una falsa coscienza [...]. Poiche si tratta di
un processo di pensiero, egli ne deduce tanto it contenuto quanto la forma
dal pensiero puro, 0 dal proprio 0 da quello dei suoi predecessori. Egli
lavora con un materiale puramente intellettuale, che, senza guardare tanto
per it sottile, prende come se fosse creato dal pensiero, senza sottoporre a
ulteriore indagine un processo pili lantana [...].
18 II Mondolfo, L'esigenza del nesso fra storia della filosofia e storia della
cultura, in Verita e storia, cit., pp. 133 sgg., pur fra molti rilievi degni di
nota, non sembra chiarire it rapporto fra la dialettica interna dello sviluppo
della filosofia e Ie altre componenti (jattori estrinseci) dei vari 'sistemi'. La
stessa terminologia (spirito creatore e fattori estrinseci) non e senza incertez
ze, ne, soprattutto, e ben chiaro il modo d'intendere quella che dovrebbe
essere la [ilosofia vera e propria.

47

di fronte al passato con una coscienza critica della storicita del


l'opera umana, in grado di comprendere, e situare, gli sforzi del
passato. Ed e proprio in questa sua concezione che si fonda anche
la sua possibilita di distinguere la propria ricerca da altre ricerche
storiche, mettendo egli l'accento soprattutto sul variare di quelle
tali carte di navigazione cheegli, in quanta storico, non costrui
see, rna di cui vuol intendere, con la struttura formale e la costitu
zione interna, da un lato i nessi con una situazione umana vista
nella totalita dei suoi aspetti, e dall'altro i debiti verso carte pre
cedenti, e il perche di questi debiti, non esplicabili ovviamente con
pure ragioni formali, rna solo attraverso un vario giuoco di scelte e
di domande vitali nel complesso corrispondersi e mutare delle con
dizioni degli uomini reali e dei lora aggruppamenti.
Ma come e indiscutibile, nel senso sopra indicato, una veduta
filosofica, 0, se si vuole, una premessa critica della storico della
filosofia, e ancor vero che essa significa da un lato una visione
della realta umana come mobile processo, e dall'altro una concezio
ne plurale del filosofare. E se e chiaro che i due concetti sono fra
loro saldati, e pur vero che, in parte almeno, si sono venuti matu
rando per vie diverse; e di essi enecessario rintracciare non certo il
fondamento, rna sl la genesi, il significato, la fecondita.

dell'Idea, e opera di quell'Uno spirito vivente, la cui natura


pensante consiste nel recarsi alla coscienza cio che esso e. E
questo rivelarsi di se a se avviene per rigorose tappe logiche. La
successione dei sistemi filosofici, che si manifesta nella storia, e
identica alla successione che si fa nella deduzione logica delle
determinazioni concettuali dell'ldea. 10 sostengo che basta spo
gliare i concetti fondamentali dei sistemi apparsi nella storia
della filosofia di cio che concerne la lora forma esteriore, la loro
applicazione al particolare e simili, per ottenere i diversi stadi
della determinazione dell'ldea nel suo concetto logico. E, recipro
camente, se si parte dal processo logico per se, vi si ritrova il
processo delle manifestazioni storiche nei suoi momenti fonda
mentali, a patto che, beninteso, si sappiano riconoscere i concetti
puri in cio che si presenta in forma storica 20.

19 Hegel, En~i~lopedif;l, .13-14; Paci, loc. cit., p. 147. Quanto poi alla
test di uno stonctsmo di Anstotele, sostenuta a pili riprese dal Mondolfo

(cfr. Problemi e metodi di ricerca nella storia della filosofia, Firenze 1952, pp.
27 sgg.), essa rientra nel quadro proprio di molte ricerche storiografiche del
I'egregio autore, intese a proiettare nell'antichita una tematica che Ie e estranea,
in base ad accostamenti in cui va perduto il proprio del processo storico. COS!
l'importante ritrovamento dell'infinito nei Greci si lascia spesso sfuggire quello
che fu il proprio dell'affennazione dell'infinito di un Bruno, per non dir d'altri,
Non e qui il luogo di discutere una posizione che rischia, nei suoi ultimi
sviluppi, di svuotare di senso, in nome della continuita, tutto il processo, elimi
nandone nella sostanza ogni invenzione e scoperta. SuI terreno proprio della
storia del"pensiero e certo che Aristotele tenne presenti i resultati delle ricerche
precedenti, che venne ordinando rispetto aile sue vedute. Se storia significa via
via un bilancio dell'attivo e del passivo del passato suI metro del proprio pensie
ro, Aristotele fece questo bilancio (e, come molti bilanci, fu, anche il suo, spesso
un bilancio truccato); se fare storia significa comprendere il passato come tale, e
la sua parola, e non sforzarsi di dare agli altri, nella loro complessa realta, il
volta che a noi fa cornodo, Aristotele fu il pili grande prevaricatore del pensiero
a lui precedente che l'antichita ci abbia dato: come un cattivo macellaio - per
usare I'immagine platonica - mutilo malamente, secondo Ie forzature di certi
suoi schemi, i suoi predecessori per cavarne qualche brandello meglio adatto a
ornare il proprio edificio (ed e cosa che capirono gia a meraviglia uomini di
alcuni secoli or sono, come Francesco Patrizi). A tutta la sua 'metafisica' repu
gnava il senso della storia, e la storia e bandita dal suo orizzonte, se non
vogliamo confondere Ie carte fino al punto da togliere ogni senso alla ricerca
che stiamo facendo. Purtroppo per tanta parte del pensiero prearistotelico non
possediamo i termini di confronto - 0 possediamo solo i brani malamente
mutilati dallo 'storicista' Aristotele. Ma in un caso abbastanza vistoso, Platone,
abbiamo i testi con cui mettere a riscontro le esposizioni aristoteliche. I sosteni
tori della storicismo d'Aristotele potrebbero qualche volta chiedersi che cosa
mai sarebbe Platone se i dialoghi fossero perduti, e dovessimo ricostruirlo attra
verso il suo allievo. A meno che per storicismo non s'intenda una posizione
programmaticamente falsificatrice del passato: nel qual caso, senza dubbio,
Aristotele e da dirsi un insigne storicista.
20 Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, Intr. 3; Mondolfo, op. cit., p. 40;
J.T. Desanti, Introduction a l'histoire de la philosophie, Paris 1956, pp. 29-30.

48

49

4. La storicita del reale, e quindi del filosofare e stata sostenuta


con cura particolare da Hegel e dagli hegeliani. E a Hegel che si
deve la centralita del problema e, in certo modo, tutta la sua pili
recente impostazione. E all'influenza hegeliana che si deve l'im
portanza assunta dall'insegnamento e dallo studio della storia
della filosofia: dovrebbe dirsi, anzi, che in pili d'un caso, quella
storia della filosofia non fu che un modo di presentare una pili 0
meno dichiarata filosofia della storia di timbro hegeliano, onde
non si tratto tanto di riconoscere la dignita, accanto alla filosofia,
della storia della filosofia, quanta di opporre una filosofia storici
stica ad altre concezioni della realta. Perche, e va tenuto sempre
presente, non sussiste, nello hegelismo, possibilita seria di distin
guere veramente fra Iogica e storia 19. Quella apparente sue
cessione accidentale, in cui si presentano i gradi di svolgimento

inserirle nel tessuto della vicenda umana; se, insomma, la storia e


questa mobile vita temporale, in Hegel ogni storia e bruciata. La
sua storia e senza passato e senza futuro; e perfino senza presen
te, in quanta il presente [ ...] e in verita un meta-presente, un
eterno 22. E la storia della filosofia, rovesciata in filosofia della
storia, riduce alIa fine la storia a logiea, anzi a logica divina, al di
la di ogni svolgimento temporale.
Con tutto questa Hegel ha battuto con energia su alcuni temi
di grande valore: suI processo del filosofare, e sui nessi che lega
no in continuita il processo stesso; sulla solidarieta fra la filosofia
e la totalita del suo fondamento storieo. Anche se poi 10 hegeli
smo ha manifestato, non solo la tendenza a puntare sullo svilup
po delle idee dalle idee, suI piano del pure pensiero, rna anche a
trascurare la cornplessita delle connessioni reciproche, e il vario
giuoco dei rapporti, fino a prospettare il mota del pensiero ritrna
to secondo una necessita preordinata, in un processo garantito a
priori. Con tutto cio, comunque, Hegel vide bene che la filosofia
e coscienza di un tempo, concetto di una situazione reale, non
disgiungibile da essa (sla filosofia e il proprio tempo appreso col
pensiero), E tanto piu vide chiaro quando comprese che nelle
concezioni filosofiche si traducono anche Ie lacerazioni, Ie con
traddizioni profonde di un'eta: la pluralita delle esigenze in urto
che traversano un'epoca esprimendosi nelle sue prese di consape
volezza. Proprio l'insistenza hegeliana sull'impossibilita di stacca
re una filosofia dal suo tempo, sull'assurdita di considerarla al di
la della situazione, e un modo eloquente di dichiarare la storicita
del pensiero attraverso la saldatura della filosofia con la totalita
della realta in sviluppo, e il suo far corpo con essa.
D'altra parte le difficolta stesse della hegelismo,e Ie sue apo
rie, sono degne di attenta considerazione. Se, infatti, Hegel si
lascio vincere da un lato dalla spinta a privilegiare la logica (<<non
ha trovato altro - dira Marx continuando Feuerbach 23 - che
l'espressione astratta, logica, s p e c u l a t i v a , per il movirnen
to della storia, che non e ancora la storia reale dell'uomo come

Nello svolgimento della storia della filosofia ogni sistema ha


per Hegel il suo posta necessario: un posta da cui non puo
uscire, cosi come un individuo non puo liberarsi dalla propria
pelle. Nel suo posto, pertanto, ogni momento della sviluppo non
puo essere considerato altro che un'espressione di verita, anehe se
non definitiva, completa, integrale: la verita (parziale, rna verita),
che appartiene a quel momenta di sviluppo 2].
Le difficolta intrinseche a eosiffatto 'storicismo' sono state
ormai cost spesso rilevate, da Feuerbach in poi, che e inutile
ripeterle. In verita la storicita diventa una semplice figura per
indieare 10 scandirsi del processo logico; il tempo di eui si parla,
ben lungi dall'essere la sostanza stessa del reale, e la parvenza
delJ'eterno. Identificata la successione cronologiea col sequi logi
co, a ogni momenta storieo e attribuita una sola filosofia, mentre
ogni sistema e una sola idea. La tanto celebrata storia della filoso
fia si riduce a una sorta di esposizione 'illustrata' della logica - e,
se si si vuole, di una logiea che e teologia camuffata. La temporali
ta e bruciata: ridotto il rapporto fra prima e poi a legame di
premessa e conseguenza, il futuro e tutto precostituito e perde
ogni imprevedibilita, mentre il presente e svuotato di molteplici
ta, scelta e liberta. La storia e processo libero; se in essa sono
sl determinabili dei ritmi, rna non tali da prec1udere mai, in
nessuna situazione, l'apertura a molteplici possibilita: se i sistemi
logici stessi sono molteplici; se anche il passato e plurale, intessu
to di voci rimaste sospese verso un futuro che possa intenderle e

21 ~fr. Lez,ioni cit. (~d. Codignola e Sanna, Firenze 1930, I, p. 57): Ogni
fIlosof~a, per II fatto di rappresentare un particolare stadio di svolgimento,

appartiene al tempo suo ed e chiusa nella sua limitatezza. L'individuo e


figlio del suo popolo.: del suo mondo, di cui egli non fa altro che manifestare
la sostanza, sebbene in una forma peculiare. II singolo pub ben gonfiarsi
qu~nto vuole, rna. non potra mai uscire dal proprio tempo, come non pub
uscire dall.a propna pelle: infatti egli appartiene a quell'unico spirito univer
sale che viene colto col pensiero dalla filosofia: in essa 10 spirito universale
pensa se stesso, ed essa quindi ne costituisce il determinato contenuto
sostanziale. Ogni filosofia e filosofia dell'eta sua, e un anello della catena
complessiva dello svolgimento spirituale, e pub dar soddisfazione soltanto
agli interessi del suo tempo. E nei Lineamenti di filosofia del diritto (trad.
Messineo, Bari 1954, p. 16) si legge: ciascuno e senz'altro figlio del suo
tempo; e anche la filosofia e il proprio tempo appreso col pensiero. E
altrettanto folie pensare che una qualche filosofia precorra il suo mondo
attuale, q,uanto che ,un individuo si lasci indietro il suo tempo (efr. anche
A. Sabetti, Hegel e II problema della filosofia come storia, Napoli 1957, pp.
51 sgg.).
.

22 M. Dal Pra, Logica teorica e logica pratica nella storiografia filosofica,


in Problemi di storiografia filosofica. Saggi raccolti a cura di A. Banfi,
Milano 1951, pp. 32-64.
23 Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, trad. Bobbio, Torino
1949, pp. 68 sgg.; R. Cantoni, Riabilitazione dell'uomo empirico, in Verita e
storia, cit., p. 61.

51

50
,I

soggetto presupposto), dall'altro si trove a concedere, contro


l'unita di realta-razionalita, una discriminazione fra realta vera e
pseudo-realta 0 non-realta che, mentre incrinava la sua pili genia
le intuizione, inseriva nella storia una scissione fra metastorico e
pseudostorieo che, in fondo, distruggeva la storia. Nulla, forse, e
tanto istruttivo quanta il tentativo, che Hegel fa, di chiarire, di
fronte aIle critiche, la celebre tesi della Filosofia del diritto sul
rapporto fra razionale e reale. Nelle delucidazioni 24 viene insi
nuandosi la concessione di piani e aspetti del reale:la realta e
spezzata, non pili dalla scissione vitale fra tesi e antitesi ove il
negativo rivendiea a se tutta la sua positivita, rna dalla distinzione
fra realta veramente reale (e razionale), e parvenza (non-realta 0
pseudo-realta cattiva). I due punti su cui insistera la polemiea di
Marx, nella sua concordia discorde con Hegel, sono strettamente
connessi: la lotta contro l'esito speculativo della dialettiea, e il
valore del lato cattivo (<<e il lato cattivo a produrre il movimento
che fa la storia, determinando la lotta) 25. La spinta idealistica
come spinta a privilegiare l'ideale procede di pari passo con la
svalutazione del lato cattivo ( basta in realta porsi il problema di
eliminare il lato cattivo, per liquidare di colpo il movimento
dialettico). Alla realta divisa da profonde scissioni che la trava
gliano rna la fanno vivere in un ritmo di lotte vitali dove ogni
parte e ugualmente nemica, ugualmente buona e cattiva, impegna
ta a combattere sullo stesso piano, si oppone una distinzione di
sostanziale e parvente, una valutazione che separa il reale-raziona
le. La misura non e pili della realta con se stessa, senza ptivilegi
di un reale di fronte a uno pseudo-reale 0 meno-reale; il metro
non misura determinando solo i reciproci rapporti funzionali. II
metro diventa un valore che esclude il non-valore. A una realta
storiea che non ha zone 0 piani privilegiati, rna vede tutti sullo
stesso piano di lotta vitale; a una storia che non conosce inferni 0
paradisi, rna valuta nella misura in cui determina nessi, si sostitui
see una valutazione che separa il buono dal cattivo, una prospetti
24 Cfr. Enciclopedia, Intr., 6. NeIl'ed. del 27, com'e noto, Hegel difese, e
interpreto, la celebre tesi dei Lineamenti (1821) sulla coincidenza di reale e
razionale espungendo daIIa realta, non solo il capriccio, l'errore, il male e
ogni difettiva e passeggera esistenza, rna ogni esistenza accidentale in genere,
indegna deII'enfatico nome di reale.
25 Cfr. N. Bobbio, La dialettica in Marx, Rivista di filosofia, 44, 1958,
pp. 342 sgg. (e Ie indicazioni e i testi riportati).

52

va che stacca il reale dall'apparente. Col trionfo della filosofia


della storia, realta e ragione mutano senso; la ragione, di cui
l'illuminismo aveva fatto uno strumento e un programma calando
la tutta nella realta della vita (sriconoscere la ragione come la
rosa nella croce del presente), riassume il suo anti co primato e
torna ad essere la sostanza e la costituzione profonda dell'essere,
capace di fondare la pianificazione compiuta del tutto. Nel punto
in cui alla ragione-strumento della costruzione di sempre provvi
sorie carte di navigazione si sostituisce la ragione pianificatrice
totale a priori, la logica rifatta teologia annulla la mobilita della
storia. Le esistenze storiehe partieolari - osservava Feuerbach
sopravvivono unicamente sotto forme di ombre,
5. Mentre la filosofia idealistiea - e stato detto 26 - interpretan
do in modo deteriore Hegel, esaspera l'aspetto astratto, logieo e
speculativo della filosofia, e narra una storia di idee che nascono
da altri concetti, muovendosi perennemente sul circolo di una
falsa autonomia della spirito, la storiografia antiidealistica accerta
e indaga la matrice biologica e culturale di idee e concetti e narra,
attraverso le idee e i concetti, la storia reale dell'uomo come ente
che vive nella natura e nella societa, condizionato anche se non
determinato dalle situazioni biologiche, economiche, psieologlche
e culturali. Che e, in realta, a sua volta, una storiografia erede di
Hegel, di quello Hegel almena che ha ribadito l'impossibilita di
staccare le concezioni e le idee dal mondo che le esprime, onde,
veramente, su questo terreno si verifica la saldatura inscindibile
fra storia della filosofia e storia concreta ed integrale 27. Senon
che, proprio qui, si definisce ulteriormente un altro dei punti di
crisi della concezione hegeliana: la tesi della unicita della filo
sofia per ogni momento storieo. Perche se, da un lato, Hegel
coglie bene la saldatura fra coscienza consapevolmente critica
(filosofia) e vita reale, soggiace poi alla spinta logica del moto
delle idee e vede snodarsi idee e momenti storici come pulsazioni
uniche di un unieo ritmo. In realta, se in una prospettiva storica
che ripensi un'epoca, i vari aspetti, momenti, aspirazioni e dottri
ne vengono a disporsi in una trama di rapporti capaci di unificar
26
27

Cantoni, op. cit., p. 61.


Pad, op. cit., p. 161.

53

ne, articolandola, la molteplicita: se, quindi, in una visione eritiea


di un'epoca, I'epoca stessa puo raccogliersi sotto un segno unieo,
e una esserne, in questa senso, la filosofia, in realta nel vivo della
lotta che anima ogni momenta della storia le idee si scontrano, Ie
concezioni del mondo coesistono 0 si urtano, in una molteplicita
di tesi, sistemi, teorie, programmi. E il metro stesso, 0 il punta di
vista, da cui domani 10 storieo tentera l'unificazione artieolata,
ben lungi dall'essere prefabbrieato, nasce e si costituisce in sene a
quel contrasto. Gruppi, societa, classi, nazioni, si muovono dietro
bandiere ognuna delle quali pretende ad una universalita di valo
re proprio nella misura in cui deve contrastare con altre bandiere
e con le loro pretese di universalita.
Le varie espressioni metaforiche di cui tutta una storiografia
si compiace, quali sopravvivenze 0 precorrimenti (<<evenements
qui ne sont contemporains qu'en apparence), vedute anacronisti
che e rami secchi, uomini vivi 0 morti al proprio tempo, non sono
altro che tentativi di insinuare nella dimensione temporale possi
bilita di discriminazione di valori che le sono estranee. In che
modo distinguere in un tempo il vivo dal morto? e il morto,
abbracciando e paralizzando il vivo, non rischia di essere, nel
processo della storia, piu vivo del vivo?
La molteplicita delle concezioni filosofiche, di fatto, e antiea
quanta la filosofia, e dacche si e filosofato si e anche lamentata e
condannata, 0 magari esaltata, la varieta irriducibile delle visioni
della realta. Delle quali si e visto bene che la divers ita non era
facilmente riducibile sotto pochi punti (per esempio materiali
smo-idealismo), rna si spezzava di continuo in una pluralita assai
vasta, rotta da cesure profonde, e a volte radicali, oltre cui 'unita'
e 'continuita' non si ritrovano in nascoste convergenze di idee rna
si configurano solo come resultati di una ricostruzione storica
consapevole di contrasti insanabili fra uomini, suscitatori di nuo
ve soluzioni e nuovi sviluppi. La tesi delle eterne domande, della
permanenza dei massimi problemi nel variare delle risposte, e
delle piu fragili, viziata com'e dal presupposto che il filosofare si
alimenti in modo autonomo, e trovi le proprie domande in una
dialettica interna e non sul terreno della mobile realta umana
che, mutata profondamente magari proprio da quelle risposte,
avanza via via domande del tutto nuove in nuovi orizzonti. E se e
vero che 10 storico mette in chiaro il nesso del nuovo col vecchio
(risposta nuova a vecchia domanda), cio non significa affatto una
54

vanifieazione della imprevedibile originalita delle concezioni via


via elaborate, proprio perche la storia, allo stesso modo che e
necessita di condizioni, e liberta di scelte, ossia novita 28. E pro
prio questo rappresentano le filosofie: tentativi di visioni d'insie
me pronte a rovesciarsi in programmi, 0 sforzi di consapevolezza
critica della realta (<<l'intera filosofia - scriveva Hume - che e nel
28 La preoccupazione
della 'continuita', e l'idea della persistenza dei
'massimi problemi' sempre uguali, ha un'espressione quasi esemplare nella
storiografia filosofiea del Mondolfo che, in piu d'un momento, da I'impressio
ne di presentarci, sia pure rovesciate, Ie limitazioni della piu esasperata
storiografia idealistiea. All'acqua di Talete ridotta all'Atto puro di Gentile si
sostituisce la riduzione dell'Atto pure all'acqua primordiale, rna in entrambi
i casi la sapienza salomonica trionfa; Ie due formule tutto nuovo e niente di
nuovo si convertono. Naturalmente il Mondolfo e storieo troppo sottile per
non tentare un'elegante difesa: egli nega - dice - la novita assoluta, non
l'originalita creativa. La creazione non e mai ex nihilo - osserva - ed ha
sempre qualche collegamento col pensiero anteriore, per via di assimilazione
e sviluppo, 0 per via di opposizione e critica, 0 (in generale) per via di
stimolazione, diretta 0 indiretta, della liberta 0 spontaneita dello spirito
creatore del filosofo (Problemi, p. 250). Se questo volesse dire che il
filosofo vive nel tempo e nella storia, e quindi risponde a domande, e si
serve di elementi che trova, nulla da obiettare. Solo che la risposta nuova
non sta necessariamente alla precedente situazione come l'albero rigoglioso
al suo tenere germoglio, 0 come l'adulto al fanciu11o: il rapporto si configu
ra, a volte, come quello dell'uomo a110 scimmiotto suo progenitore, 0 della
vite all'ulivo. Cesure profonde e novita di forme di pensiero sono innegabili:
e la consuetudine, comprensibile, di cercare i precedenti (0 i precorrimenti),
finisce coll'attribuire al passato quello che nel passato non c'era, che e stato
creato dall'uomo col suo lavoro, non trovato. E facile, quando la 'rivoluzio
ne' e avvenuta, dimostrare che gia prima c'era tutto come aspirazione,
conato, germe: e non ci si rende conto che il germe e fatto germe dalla
realta che e scoppiata fuori e non viceversa, e che fra i due commensurabili
ta non c'e. E questo, e solo questo, se non vogliamo scherzare con le parole,
significa liberia e libero lavoro dell'uomo. Oggi e di moda un'esasperazione
conservatriee che imperversa anche negli studi storici, preoccupata solo di
espungere fin l'idea di rotture, di rivoluzioni e cosi via. Non a caso, per
prendere un celebre node di questioni, l'attacco al Rinascimento, e alla sua
novita, avviene sotto il segno di una specie di coalizione dei teologi di tutte
Ie religioni (H. Weisinger, The Attack on the Renaissance in Theology
Today, Studies in the Renaissance, II, 1955).
Del resto va riletta la conclusione dell'opera del Mondolfo su L'infinito
nel pensiero dei Greci (Firenze 1934, pp. 4445) con quella sua citazione
salomonica, e la tesi che il rinascimento sia resuscitamento [...J di germi
vitali e fecondi dell'antico pensiero, tutta fondata sull'uso di termini in
fondo equivoci. In realta alla radice permane sempre il concetto della
filosofia che si sviJuppa per dialettica sua, delle idee che si svolgono per
partenogenesi; quindi nel principio sarebbe gia implicita la fine come nel
germe la pianta. Tutte le impure fecondazioni della storia restano al di fuori
di questi casti sponsali di puri pensieri cui sono estranei bisogni corpulenti,
lavoro e passione, rivoluzioni e guerre e morti e, perche no?, resurrezioni.

55

metri estrinseci rna su misure razionali interne allo stesso proces


so di effettiva comprensione dei nessi reali fra i vari ordini di
componenti del divenire umana nel mondo. Evidentemente vengo
no a configurarsi qui due tipi di storicizzazione (connessi a due
posizioni fra lora molto diverse): il primo, pur dichiarando il
valore del tempo, e tutto pieno di metafore temporali, ten de in
realta a esc1udere le visioni e le idee che non rispondano a un
metro assunto (0 presupposto) come assoluto (attraverso una mes
sa in parentesi, piu 0 meno consapevole, della sua genesi tempora
Ie). Qui il tempo e mero succedere, prima e poi (0 mero coesiste
re). II secondo tipo non solo e impegnato a riconoscere, e a
costruire attraverso una presa di consapevolezza, la tessitura 'sto
rica' dell'uomo in tutta la sua complessita di movimenti, rna le
sue misure sono solidali col processo, consapevoli della lora origi
ne e delloro limite, senza nessuna pretesa soprastorica. Di fronte
all'ucronico una storia del genere, servendosi di misure e di stru
menti d'indagine che sa condizionati temporalmente, senza ecce
zioni, cerca di intendere se pretese ucroniche siano legittime en
tro l'ambito in cui un'indagine umana e possibile. Non altro.

mondo, non riuscira mai a portarci al di la del corso dell'espe


rienza). Percio, appunto, sempre legate a una situazione, di cui
tentano di intendere il significato e di esprimere le aspirazioni. I
filosofi non spuntano dal terreno come funghi: sono il frutto della
loro epoca, del lora popolo, i cui umori piu sottili, preziosi e
invisibili essi intessono nelle idee filosofiche; e poiche ogni
filosofia e la quintessenza spirituale del suo tempo, deve giungere
il tempo in cui la filosofia deve venire in contatto, e in vicendevo
le scambio, non solo interiormente con il proprio contenuto, rna
anche esteriormente con i fenomeni della propria epoca 29.
In linguaggio diverso, rna con resultati non diversi, Hume e
Marx vengono entrambi a sottolineare la solidarieta delle filosofie
con i gruppi umani che, in definite condizioni e momenti, espri
mono idee, idealita, programmi. E poiche in ogni momenta del
processo il presente concreto e plurale e policentrico, le idee che
ne esprimeranno le aspirazioni, i sistemi che ne struttureranno le
articolazioni culturali, non potranno non essere molteplici, e tra
lora in urto 0 in pacifica coesistenza. Non c'e in un'epoca una
sola idea, rna molte idee e ideali, e molti tentativi di elaborarne
delle giustificazioni critiche, agganciate da un lato a proposte di
genealogie (ossia a valutazioni del passato sul metro di una posi
zione particolare) e dall'altro a programmi di azione e di educazio
ne (ossia a ipoteche sul futuro e sull'eterno). Di qui anche l'oppo
sizione che alla molteplicita delle filosofie faranno sempre le sto
rie valutanti, impegnate a condannare come erronee, attraverso
il riferimento a pretesi valori assoluti soprastorici, le filosofie (e
Ie storie) contrarie 0 diverse, dimenticando, per usare i termini
felici del Croce, che Ie idee 0 valori [...] assunti a modelli e
misure della storia, non sono storie e valori universali, rna fatti
particolari e storici essi stessi, malamente innalzati a universali.
Ed e, anzi, proprio contro le filosofie parziali, e le lora storie
parziali presentate come aventi valore assoluto e totale, che si
alimenta 10 sforza verso una storia che, connettendo le varie
prospettive e il lora significato, senza velleita generalizzanti rna
attraverso nessi funzionali ed approfondimenti genetici, giunga
dai meri rapporti temporali (contemporaneita-successione) propri
dell'immediata esperienza, alla costruzione 'razionale' di una 'sto
ricita' vera e propria, che percio stesso sara 'valutazione' non su
29

6. Le due prospettive, i due modi di procedere sopra accennati,


sono chiaramente caratterizzabili: da un lato la consapevolezza
che l'uomo ha di se, e della sua esperienza che costituisce l'intero
orizzonte della realta di cui puo parlare, e consapevolezza di un
processo dai ritmi molteplici, piu 0 meno rapidi nel lora mutare,
in cui il pensiero si sforza di definire un ordine, una configurazio
ne capace di renderne organicamente comprensibili gli aspetti.
Ma ogni pretesa di immutabilita avanzata a proposito di qualsiasi
aspetto dell'esperienza non potra essere legittimata che in un
esame condotto all'interno della stessa esperienza consapevole, la
quale non esitera a riconoscere la necessita di 'riadattare' conti
nuamente gli stessi strumenti d'indagine e di misura di cui il
pensiero riflesso si serve, opponendo COSt una possibilita di mute
volezza ad ogni pretesa di immutabilita,
Di fronte a questa posizione integralmente storica si levano
le varie filosofie, e siano pure filosofie della storia, tutte
impegnate ad affermare l'aseita e la metastoricita delle verita,
delle categoric, delle conoscenze, L'urto non e fra costrutto
ri di sistemi e indagatori di problemi; l'urto vero e fra chi tutto fa

Cfr. R. Cantoni, Umana e disumana, Milano 1958, pp. 29-45.

56

57

divorare a Crono, e chi vuole approdare aIle isole sottratte ai suoi


donne comme solution definitive et systeme acheve peut bien
desideri; il filosofo, anzi, sarebbe il felice scopritore di quelle
avoir, a merne certainement une valeur pedagogique, mais n'a
terre, e illoro abitatore. II grande filosofo, appunto, contribuireb
pas de valeur philosophique propre 32. E ancora: de pareilles
be a riconoscere e a fissare, nel fluido mota del tempo, le isole
uchronies font voir que ce qui est essentiel dans une pen see
emergenti per sempre: e 10 storico della filosofia avrebbe il compi
philosophique, c'est une certaine structure, mettons, si l'on veut,
to di precisare queste scoperte, delineandone in un certo senso
un certain mode de digestion spirituelle, independente des ali
una carta topografica in una specie di cristallizzazione progressi
ments que son temps lui propose. Cette structure mentale qui
va (scette fixation de la pensee concrete et vivante [...] est, la
appartient, par accident, au passe, est done, au fond, intemporel
pluspart du temps, l'oeuvre des critiques).
le, et c'est pourquoi elle a un avenir, et pourquoi nous voyons son
Emilie Brehier 30 riflettendo con garbo su quella storia del
influence se repercuter sans fin appreciable. La sua non tempora
filosofare che andava tessendo con tanta cura, ha creduto di poter
lita c'est l'avenir que toute la doctrine porte en elle, qu'elle
determinare i caratteri delle ucronie, ossia delle essenze metatem
ann once, qu'elle desire.
porali che il grande filosofo elaborerebbe: e l'ha fatto servendosi
Ove e tuttavia chiaro che, nonostante tutto il repertorio delle
di metafore bergsoniane. II proprio, l'essenza di una filosofia,
metafore bergsoniane, la conclusione non puo essere che una:
sarebbe un modo di condensazione spiri tuale nella dura
quell a che, appunto, alIa fine, il Brehier formula in modo epi
t a in quanta distinta dal tempo come successione di eventi (scet
grammatico: le philosophe a bien une histoire, mais non la
te duree interieure, qui condense tant de passe, est bien differente
philosophie .
SuI cammino delle ucronie non c'e storicita, ne la tensione fra
du temps exterieur de l'expression). Senonche l'enunciazione
essenza ed esistenza si risolve con le variopinte immagini bergso
stessa della tesi ne mostra la intrinseca contraddittorieta. Brehier,
niane. D'altra parte al Brehier sembra sfuggire il significato effetti
infatti, discorrendo del platonismo di Platone esce a dire: pour
vo che puo essere ragionevolmente dato aIle sue ucronie, le quali,
que put se produire cette condensation spirituelle, il a fallu la
ben lungi dall'essere dotate d'une force expansive (non des eve
rencontre accidentelle des conditions de la vie athenienne au IV e
nements passes, mais, en un sens plus profond, des evenements
siecle et de la naissance de Platon a cette epoque: c'est cela et
en train de se produire), sono in realta dei modelli per una
cela seul que l'on peut dater: mais ce n'est pas la l'essence du
possibile interpretazione unitaria e totale delle aporie dell'espe
platonisme qui est un certain mode de condensation spirituelle:
rienza quali si vengono via via rivelando. In tal senso, appunto,
comme M. Bergson l'a suggere, si Platon 6t dans un autre
le ucronie si sottraggono al corso degli eventi, pur rimanendo
temps, sa pensee eflt ete la meme, bien qu'il n'eut pas ecrit une
almena
in parte condizionate entro un certo ambito di tempo.
ligne de ce qu'il a ecrit 31. E questo non e molto chiaro: la
Mentre
d'altra
parte, proprio per essere ciascuna di esse uno solo
condensazione, che e altro qualitativamente dal tempo, sembra da
fra
i
possibili
modelli, con la pretesa, tuttavia, di porsi come
un lato esserne in qualche modo condizionata, e dall'altro ne
l'unico
totalmente
soddisfacente, e sempre destinata a uno scacco
appare completamente sganciata. Ed ecco allora che, per meglio
anche
su
quel
terreno
non empirico e non temporale su cui inten
intendere l'essenza della dottrina di un autore (son unique pen
de
muoversi.
Che
e
l'unico
senso plausibile della tesi sostenuta
see), Brehier si vale di tutta una serie di considerazioni (e di
dal
Gilson
(in
The
unity
of
philosophical experience) circa la
immagini), in certo sensa rivelatrici: Ia philosophie [...] se pre
possibilita
di
una
storia
filosofica
della filosofia incentrata sul
sente a son propre auteur comme une sorte de bloc intelligible et
l'esame
delle
essenze
tcattesianismo,
criticismo, positivismo, ecc.).
impersonel: tout ce qui est ferme en philosophie, tout ce qui se
Ove, in verita, si ripresenta il bisogno di disegnare una catena
logicamente articolata di organismi logici, destinati per altro a
'0 La philosophie et son passe, Paris 1950', p. 39.

31 Op. cit., p. 40 (il corsivo non e nel testo).

58

" Op. cit., pp. 3, 75.

59

vivere la vita di puri 'mondi possibili' snodantisi in un processo


di reciproche integrazioni, senza alcuna solidarieta rea Ie con la
realta storica da cui anzi il filosofo-storico cerchera via via di
depurarli al massimo. Ma per Gilson non c'e storia come solidarie
ta del processo della coscienza col processo del reale; la storia e
la narrazione della tortuosa epifania umana delle eterne strutture
dell'essere; dell'accessorio, non del sostanziale. La sua conclusio
ne e molto chiara: There is, and there always will be a history
of philosophy, because philosophy exists only in human minds,
which themselves have a history, and because the world of know
ledge and action to which the first principles apply is a changing
world, but there should be no history of the first principles them
selves, because the methaphysical structure of reality itself does
not change. Perennis philosophia is not an honorary title for any
particular form of philosophical thinking, but a necessary designa
tion for philosophy itself, almost a tautology. That which is philo
sophical is also perennial in its own right 33.
Ma come avviene nel mondo cartesiano, la non temporalita di
ciacun 'mondo' affidata al giuoco di una coerenza formale sara
contaminata dal peccato d'origine di una nascita non verginale,
bensi condizionata da una riflessione umana hie et nunc; e sara
insieme insidiata dalla parzialita intrinseca a ciascuna visione.
Osservava il Gouhier: <do non ho bisogno di sapere quello che e
vivo e quello che e morto nel platonismo e nel cartesianismo; io
ho bisogno di sapere chi fu Platone e cosa ha detto Cartesio [...].
Non si tratta per nulla di ricondurre la storia della filosofia a una
psicologia dei filosofi, rna di trattare ogni filosofia come una
realta storica in cui le idee non cessano di essere idee per il fatto
che diventano i pensieri di un uomo 34. E questo e detto benissi
mo, come e detto altrettanto bene che pill si va dans le sens de
l'histoire pure e pill si va verso la filosofia. Solo che con tutto
questa alle ucronie, a tutte le ucronie, si riconosce la possibilita
di emergere e permanere proprio nella misura in cui rappresenta
no, nel processo storico concreto, degli strumenti utilizzati 0 di
sponibili, delle tee n i c h e per una 'unificazione' del sapere. 11
vivo del pensiero e da cercarsi invece nella direzione della solida

rieta effettiva delle idee con gli uomini, nei pensieri degli uomini
in societa reali, nella lora azione reciproca, nella storia ove le
'idee' sorgono nell'urto delle 'cose' per reagire su di esse modifi
candole lungo linee molto pill sinuose e complesse di quelle dise
gnate dal filosofo-storico nel casto regno delle essenze ucroniche.
Come osservava eloquentemente Lucien Febvre, quanti si danno
a ripensare per proprio conto sistemi, a volte antichi di secoli,
senza curarsi affatto di determinarne il rapporto con le altre mani
festazioni dell'epoca che li vide nascere, fanno esattamente il
contrario di quello che impone il metodo storico. Davanti a que
sto generarsi di concetti da intelligenze disincarnate, davanti a
quella lora vita fuori della spazio e del tempo, annodano strane
catene dagli anelli insieme irreali e chiusi.;,

7. L'accennata contrapposizionedel Brehier fra il sistema inteso


come pensiero chiuso, e il pensiero aperto, rimanda utilmente, al
di la del linguaggio bergsoniano, al noto saggio dedicato da Nico
lai Hartmann alla storia delle filosofia. E poiche si tratta di opera
spesso citata con consenso, rna purtroppo non di rado equivoca e
contradditoria, una discussione approfondita delle sue tesi pub
essere proficua per un ulteriore chiarimento dei termini in que
stione.
Come e noto Hartmann oppone vistosamente il pensiero-siste
rna al pensiero-problema, giungendo a una radicale svalutazione
del sistema. I sistemi mutano - scrive 35 - sono i castelli in aria
del pensiero, che la pill leggera scossa fa precipitare [...]. I sistemi
sono i prodotti di concezioni preconcette, di pregiudizi e costru
zioni, cioe sono in sostanza gli errori della filosofia, cio che vi e
in essa di transitorio 0 almena di precario [...] il giuoco variopin
to e caotico dei concetti.;. A costruire i sistemi spinge spesso
[...] la gioia di costruire in quanta tale, spesso il bisogno metafisi
co, spesso anche uno sfuggire alla realta, talvolta un semplice
bisogno intellettuale di sensazioni, Sotto la penna della Hart
mann le espressioni svalutative si fanno sempre pill dure: i siste
mi diventano i grandi errori della storia, i castelli di carta, Ie
escrescenze della fantasia che non meritano il nome di filoso

33 E. Gilson, The Unity of Philosophical Experience, London 1955', p.


325.
,. H. Gouhier, La philosophie et son histoire, Paris 1947, p. 124.

35 Der philosophische Gedanke und seine Geschichte, trad. A. Denti e R.


Cantoni, nel volume Filosofia sistematica, Milano 1943, pp. 20, 28, 29.

60

61

fia. Continuare non giova; la stessa chiusura hartmanniana al


senso della storia gli impedisce anche di proporsi seriamente la
domanda del perche dei sistemi, delle lora ragioni, della loro
funzione. II che non toglie che egli abbia pur visto bene alcune
delle componenti del sistema. La filosofia - osserva - punta sem
pre verso cia che e ultimo, essenziale, e che, quindi, non
puo minimamente venire afferrato dalla conoscenza limitata. Di
qui la tendenza a completare, a costruire, a immaginare libera
mente. Le teste Iantasiose attraverso immagini preconcette
vanno anticipando e presupponendo. La fantasia sola elabo
ra le visioni del mondo che, proprio perche arbitrarie e fantasti
che, mutano rapidamente. E torto massimo della storia della filo
sofia classica sarebbe stato appunto quello di avere rivolto
l'attenzione proprio al mutevole succedersi di questi labili castel
li di carta: cia che si scrisse fu e rimane essenzialmente una
storia dei concetti, delle intuizioni, delle opinioni dottrinarie e dei
diversi tipi di rappresentazione, come dei lora 'motivi', motivi che
hanno le lora radici nelle circostanze stesse della vita; [...] storia
delle costruzioni, delle fantasie, dei sogni - dunque di cia che e
affatto relativo agli uomini e ai tempi 36. Ora, a parte la strana
pretesa che la storia tratti, non di cia che e umana e mutevole
bensi di cia che e soprastorico, e merito innegabile della Har
tmann avere sottolineato con forza come sotto l'unico nome di
filosofia si trovino cose tra lora moltodiverse: che, mentre da un
lato il filosofare vuol essere esercizio della ragione critica, dall'al
tro e piuttosto edificazione di costruzioni che hanno maggior
parentela con le opere d'arte che con Ie discipline scientifiche.
Senonche, fatta questa distinzione, resta pur sempre da compren
dere il significato, il valore, la funzione del sistema. Che i sistemi
siano stati molteplici e relativamente caduchi; che dalle macerie
dei sistemi riemergano con maggiore costanza interrogativi elusi;
tutto questa puo essere concesso senza difficolta. Ma innanzitutto
non andra sottovalutata l'importanza, non solo di quelle sintesi
unitarie, rna anche di quella componente fantastica che permette
tentativi di unificazione. E certo che l'unificazione operata dai
sistemi e raggiunta colmando immaginativamente 0, comunque,
per vie non razionali, lacune e vuoti. Ma e altrettanto certo che
anche da un punta di vista scientifico, i tentativi di unificazio36

Op. cit., p. 37.

62

ne generale, come sforza di formulazione di modelli interpretativi


comprensivi al massimo, sono del piu grande valore, suggerendo
da un lato la possibilita dei nessi e dall'altro mettendo a fuoco i
probIemi proprio nei punti di maggior resistenza. Sia nella dire
zione dell'invenzione, come in quella dell'approfondimento criti
co, le sintesi unitarie dei sistemi hanno reso al corso del pensiero
umana grandi servigi. Importante e individuarne la genesi e le
componenti, ossia storicizzarle per impedire che la pretesa di
ciascuna ad essere integralmente razionale, unica e definitiva,
trasformi un utile strumento del progresso umana in un peri colo
so ostacolo dogmaticamente irrigidito 37. Senonche 10 stesso lavo
rio di determinazione delle componenti, razionali 0 meno: di
messa a fuoco di elementi relativamente duraturi rispetto ad altri
meno vitali, non puo essere fatto se non attraverso la comprensio
ne della genesi del sistema, e la sua collocazione al punto di con
vergenza di ricerche scientifiche, esigenze etico-politiche, bisogni
ed aspirazioni. E l'antitesi non e, come sembra allo Hartmann fra
elementi conoscitivi acquisiti per l'eterno ed effimere fantasie poe
tiche, rna fra il vario giuoco di fantasia e ragione nell'ambito del
filosofare sistematico, costruttore di vedute d'insieme e di pro
grammi pratici, e il pensiero critico che, in quanta processo di
sempre piu compiuta consapevolezza, coglie le varie costruzioni
unitarie nel generarsi, ne indica le radici e i moventi, ne caratte
rizza i temi, ne svela l'apporto funzionale e le zane opache.
Hartmann, invece, fermo alla tesi intrinsecamente COS! strana
che la storia della filosofia sia del soprastorico, e pago della
scoperta opposizione fra sistema e problema, espunge il sistema
per inneggiare al problema. La filosofia non si esaurisce in quel
le costruzioni; vicino a queste, e contemporaneamente, procede
un altro tipo di lavoro spirituale che avanza per problemi, analiz
za, esamina, approfondisce, ed ha la tendenza a non far valere se
non cia che e dimostrato. E il lato che la filosofia ha in comune
con le salutari tendenze di ogni scienza. Vicino al pensiero-siste
ma procede il pensiero-problema 38. Ora, se la determinazione
del sistema poteva, almena apparentemente, presentarsi agevole,
la caratterizzazione del pensiero-problema si mostra subito

37 \fr, M. M.asterma~, Methaphysical and Ideographic Language, in Bri


tisb Philosophy In the MId-Century. A Cambridge Symposium, London 1957,
pp. 283 sgg.
" Hartmann, op. cit., p. 20.

63

singolarmente ardua. 11 linguaggio di Hartmann e, in proposito,


oscuro e contraddittorio. Nei problemi - egli dice - si attua il
corso continuo della conoscenza progressiva; essi non sono, si
badi, qualcosa di arbitrario, di fatto dagli uomini; si tratta di
interrogativi fondamentali, che sono inevitabili, che continuamen
te si impongono, indipendentemente da ogni situazione storica,
D'altra parte non si deve neppure credere che siano dati a prio
ri; essi vengono scoperti, ed hanno una continuita storica, pur
essendo delle essenze immutabili e superstoriche. Imperituri essi e
i lora resultati, i problemi sono caratterizzati a un tempo come
eterni, dotati di una continuita, manifestanti un progresso nelle
soluzioni. Dopodiche Hartmann ci avverte: i problemi filosofici
sono dei veri abissi e non e facile che raggiungano una vera
soluzione [... tuttavia] sono essi che, in quanta ne costituiscono
Yetemo contenuto, legano in una continuita il pensiero di teste
assai differenti e di intere epoche. E ancora: il mondo nella sua
totalita, quel mondo che ci propone i grandi enigmi, e uno e 10
stesso in tutti i tempi; cio che e vero nelle idee che ci formiamo
su di esso deve connettersi affatto da se e costituire a lungo
andare una concatenazione. Dove subentra un conflitto tra idea e
idea la colpa e dell'errore, Purtroppo, a parte certe oscurita di
queste formule, quello che riesce soprattutto impervio e il modo
in cui, secondo Hartmann, sarebbe possibile riconoscere la verita
del pensiero passato, ossia i contributi effettivi di conoscenza
raggiunti dal pensiero-problema.
La verita, spiega Hartmann, e un'intuizione; per essa si acce
de alla schietta conoscenza che e in continuo progresso. 11
progresso, tuttavia, pur diehiarato continuo, non e lineare; l'erro
re si mescola variamente alla conoscenza; i contenuti sfuggono
perche non sono affatto riducibili in concetti 0 termini, poiche
nulla e pili mobile, nella storia, della formazione del concetto e
della terminologia. Hartmann riconosce che la medesima
espressione muta gia di significato da un. pensatore all'altro e,
dopo un po' di tempo, il suo significato deve essere ricostrui
to 39. Ma anche qui chi si aspettasse, proprio per questo, una
rivalutazione del compito della storico, andrebbe deluso. Lo stori
co, anzi, e votato alla soggettivita delle valutazioni che rimango
no condizionate a un'epoca, in un atteggiamento scientifieamente
39

Op. cit., pp. 23, 24, 57, 78.

64

malsano [...] votato a quella malattia dell'epoca che e il relativi


smo e [...] condannato all'impotenza filosofica: parole che non si
aspetterebbero in un sostenitore COS! strenuo dei valori conosciti
vi, che non si vorrebbe veder indulgere a condanne moralistiehe;
una dottrina e falsa, e non malsana; il relativismo come tale non
costituisce un reato 0 una vergogna da respingere prima ancora di
aprire la discussione 40. Ma la stranezza di una storia che non di
cio che e storieo deve occuparsi, bensi di quanta e soprastorico,
risulta particolarmente evidente nelle battute critiehe rivolte a
Dilthey. Nella storiografia diltheyana, secondo Hartmann, tutto
va a finire nelle connessioni strutturali storiehe dei movimenti e
delle correnti spirituali; nel centro dell'interesse vengono spinte
le forze extrafilosofiche della spirito - siano esse quelle della
fede, del gusto, dei rapporti sociali 0 del modo di vivere [...]. Si
rendono visibili i 'motivi' del pensiero; si comprende perche la
filosofia di un'epoca sia spinta in quella determinata direzione
[...], perche nutra e sviluppi certi concetti preferiti, perche si
attacchi a certi pregiudizi rna non sia sensibile ad altri. Cio che il
pensiero compie nel corso della conoscenza, fino ache punta esso
colga i vecchi problemi fondamentali, li ponga 0 li trasformi,
rimane percio di importanza secondaria 41. Ove e chiaro il pecca
40

Op. cit., p. 79.

4' Op. cit., pp. 30-31. Per Dilthey, come in genere per gli 'storicisti', it

sapere - a parte certe asserzioni fisiche controllate e certe formule logico-ma


tematiche - e sempre relativo ad una particolare eta e ad un certo clima
culturale (cfr. A. Santucci, introd. a Karl Mannheim, Ideologia e utopia,
Bologna 1957, p. xx), e le idee sono idee di uomini, che vivono in una
situazione in cui Ie vengono via via elaborando. Di qui l'esigenza di rintrac
ciare passe passe questa elaborazione. Proprio perche Ie idee non sono
scindibili da un contesto reale umano, proprio per questa importa non tanto
isolarne una tessitura formale astratta, che in se ha scarso 0 nessun signi
ficato, quanta vederne la genesi e quindi la funzione concreta. E per quanta
Dilthey tendesse a considerare una struttura sempre uguale della vita.
vedeva chiaramente la filosofia costituirsi come sistema di cultura della
societa umana che cerca di elaborare concetti universalmente validi- con
cui affrontare it mistero del mondo e della vita. Di qui, per chi voglia
comprenderli, la necessita di seguirne la formazione concreta entro un
ambito culturale preciso, seguendo 10 sforzo di elaborazione del 'filosofo'
nella societa in cui vive. Tutto al contrario di quello che pare allo Har
tmann, it metodo del Dilthey e particolarmente fecondo, attento com'e a
cogliere nelle sue dimensioni effettive it vario lavoro dei filosofi, raggiungen
do spesso. attraverso l'indagine sulla formazione del pensatore, resultati e
acquisti preziosissimi.
Fu la famosa memoria di Dilthey del 1905 - con la seguente pubblicazio
ne del suo allievo Nohl del 1907 - che prospetto tutto un nuovo modo

65

to d'origine che, agli occhi di Hartmann, ha la storia: quello di


essere storia, di preoccuparsi dei nessi reali in cui i concetti si
pongono e in cui i problemi si formulano, della genesi della lore
formulazione, del mutare delle stesso linguaggio filosofico. La
filosofia - Hartmann riconosce - e sempre portata da presupposti
e tendenze che hanno le proprie radici fuori di essa. E tuttavia
10 storieo non deve fare il mestiere suo mettendo in luce in che
modo le idee siano pensieri di uomini reali: deve, al contrario,
cessar di essere storieo per farsi filosofo: un filosofo inferio
re che isola nel passato quel soprastorico che la filosofia gli
ha insegnato a riconoscere in base al sieuro possesso della cono
scenza che e proprio del pensiero-problema. 11 quale possesso
tuttavia, di cui si esalta il valore di pura conoscenza, di solido
chiaro effettivo sapere, risulta molto deludente. Ma nulla, forse,
vale a dimostrare la fragilita delle tesi della Hartmann quanto la
risposta da lui offerta alle questioni base circa i criteri per deter
minare il 'soprastorico', per rieonoscere gli acquisti speculativi
perenni, per distinguere i problemi 'eterni' dagli pseudoproblemi
e le verita dagli errori. Non a caso le verita sono costantemente
presentate sotto il profilo di intuizioni, di intuizioni originarie, di
tracce nascoste, destinate, col tempo, a trionfare: onde il criterio
distintivo della verita sembra oscillare fra un quid intuitivo e la
capacita di resistere agli anni. A lunga scadenza - osserva
Hartmann 42 - la distinzione deve avvenire; a lungo andare si
rieonoscono sempre i confini fissi 0 stabili tra cio che e irrime
diabilmente decaduto e morto, cio che non si puo resuscitare, e
cio che e immortale, cio che continuamente si conferma e si
avvera, L'anzianita sembra diventare la misura anche della veri
ta (<<e una superiorita proprio nel campo della conoscenza). A
lunga scadenza, insiste Hartmann; perche spesso trionfano l'erro
re e la moda, ricacciando la verita al margine. A lunga scadenza:
ecco la distinzione, che ininterrottamente si attua nella storia
d'intendere Hegel, non solo spezzando definitivamente la scolastica hegelia
na, rna con ripercussioni di pensiero non spente; e tutta la scoperta del
giovane Marx, per prendere un altro celebre caso, ha avuto un peso
singolare nell'acquisizione di temi fondamentali del marxismo. Che di un
metodo che ha gettata tanta luce sul pensiero del passato si parli talora
ripetendo le superficiali formule di Hartmann, e cosa appena concepibile
(efr. per !'apprezzamento di Heidegger, e il rap porto ternporalita-storicita,
Sein und Zeit, 77, trad. it. Chiodi, Milano 1953, p. 409).
42 Op. cit., pp. 68, 78.

66

stessa, fra cio che e semplicemente storieo e cio che e superstori


co nelle conquiste spirituali della filosofia. Gli epigoni solo per
che tali, sembrano dotati di poteri eccezionali rispetto ai contem
poranei, senza che mai si tenti un'analisi della natura di questi
jiltri temporali. Che quando Hartmann cerca di offrire allo stori
co una formula precis a per riconoscere Ie verita soprastoriehe,
sembra oscillare fra la banalita del luogo comune e una quasi
umoristica condanna del non-conformismo. Tutto do che porta
il segno di una costruzione azzardata e a priori sospetto d'errore.
Lo stesso vale per tutto quanta presenta il carattere di affermazio
ni estremiste [00']' In generale cia che seduce puo considerarsi
come sospetto. Le solide idee filosofiche si annunciano di regola
per una certa semplicita, 0 almena per una certa indifferenza
rispetto alle esigenze sentimentali troppo umane. Ancora: il
semplice rifuggire della storico dagli interessi dominanti della
filosofia popolare per gli ismi in quanto tali [00'] dalle opinioni
dottrinarie proclamate e dal bisogno precipitoso della Weltan
schauung di dare un senso, e atto a condurIo sui Ie tracce storiehe
della conoscenza [00']. Cia che e interiore nel senso della cono
scenza non e cio che e sottile, azzardato, etereo, e neppure senz'al
tro cio che e profondo e, in senso letterale, trascendentale, tanto
meno cio che promette una soddisfazione al bisogno di trovare
una visione del mondo. E in generale cia che e poco appariscen
te [00']' Ma ancor piu strano e che, dopo tanti elogi del poco
appariscente, Hartmann non esiti a dichiarare che il vero acquisto
conoscitivo si presenta sempre come un'irruzione originaria, come
un'incoerenza, e addirittura sotto il segno della contraddizione.
Ouesto [l'incoerenzaoo.] e un segno infallibile di conoscenza vera
nel pensiero dei grandi maestri; certamente soltanto dei grandi,
perche le contraddizioni dei minori sono di ben altro tipo,
ossia soltanto contraddizioni 43.
Di difficolta in difficolta Hartmann finisce con l'investire pro
prio la storia delle funzioni di giudice supremo della verita: La
decisione su cio che e verita e su cio che e errore viene a rieadere
nel progresso ulteriore della storia stessa. Ma ecco che di nuovo
il dubbio 10 prende; eccolo soggiungere che questa non e certo
una decisione assoluta, perche il criterio della verificazione nel
progresso della storia non e affatto un criterio assoluto 44. La
43
44

Op. cit., pp. 65-67.


Op. cit., pp. 70-75.

67

soprastoricita del eonoseere 10 induce ancora una volta a proc1a


mare che cio che e fondamentale nel rapporto storieo della cono
scenza e dell'errore non viene toccato dal mutare del tempo
che e, in fondo, un modo diverso di esprimere l'osservazione del
Brehier: dei filosofi si da storia, non della filosofia. 11 mota ]Juro
dell'intelligibile - dalle idee alle idee attraverso le idee - in cui
consiste il processo, e il progresso, della filosofia, cade al di fuori
della storia umana. La storia tocca quello che vi e di accidenta
Ie, non quello che vi e di essenziale in una filosofia. Socrate e
Cartesio, Platone e Kant, e gli uomini tutti, non sono che i porta
tori accidentali dell'idea.
Husserl con grande precisione e con estremo rigore ha mostra
to una volta come della filosofia als strenge Wissensehaft non si
dia storia. Storia (Gesehiehte) si avra della tendenza alla filosofia,
del mota costante della coscienza verso la scienza; rna poiche
'solo una filosofia rigorosamente scientifica e veramente f i los 0
fi a', della filosofia non puo esserci storia.
Filosofia come Weltansehauung e filosofia scientifica sono
'idee' ben distinte: l'una temporale, l'altra assoluta e intemporale.
E cio che e storieo vale esc1usivamente sul piano degli impulsi
vitali, non sul terreno 'scientifico'. Certo - osserva Husserl in un
testo estremamente significativo 45 - noi abbiamo bisogno della
storia. Non a modo della storieo, per perderci nelle complicazioni
in seno alle quali si sono sviluppate le grandi filosofie, e per farci
ispirare dalle filosofie secondo la lora forma spirituale. Infatti
dalle filosofie del passato, quando sappiamo contemplarle, quan
do sappiamo penetrare nell'anima delle lora parole e delle lora
dottrine, viene a noi una vita filosofiea con tutta la riechezza e la
forza dei motivi vitali. Ma noi non diventiamo filosofi con le
filosofie. Tenersi a cio che e storico, occuparsene in un'attivita
storieo-critiea, e voler raggiungere una scienza filosofica [...J e un
tentativo senza speranza. L'irnpulso filosofieo non deve seaturire
dalla filosofia rna dalle eose e dai problerni. La filosofia e, nella
sua essenza, la scienza dei cominciamenti veri, delle origini, delle
'radici del tutto'. Bisogna percio che la scienza di cio che e radiea
4' E. Husserl, La philosophie comme science rigoureuse, trad. it. Q.
Lauer, Paris 1955, pp. 112, 124 sgg. (e, dell'introd. del Lauer, p. 34). Come e
noto Philosophie als strenge Wissenschaft uscl in Logos, I, 191G-ll, pp.
289-341.

68

le sia anche radieale nel suo procedere, da ogni punta di vista.


Fedele alla sua impostazione Husserl era indifferente alla storia
del pensiero: non leggeva - pensava.
La storia e della umanita vivente: chi opta per la filosofia
'scientifica' - osservava P. Wust - sceglie un compito disumano
do volevo vivere come filosofo: per questa sono morto come
uomo)

46.

8. La confusa complessita della discussione della Hartmann non


e priva di preziose indicazioni: v'e, in pieno, il riconoscimento di
una molteplicita di tipi di filosofie distinti alla radice, e non solo
da diversita di orientamenti 0 di metodi, rna da modi fra lora
inconciliabili di intend ere il concetto stesso di filosofia: fra pensie
ro-problema e pensiero-sistema la cesura e netta. Al posta della
filosofia come pensiero unico, serie variamente articolata di
pensieri unici, ciascuno di un singolo filosofo, che ne sarebbe
come dominato, si profila l'intersecarsi compIesso di domande
molteplici, diversamente atteggiate, scaturite da situazioni diverse
e da aporie variabili. Hartmann, d'altra parte, sia pure confusa
mente, mostra d'intendere che la catena aurea da idea a idea non
basta: anche se in maniera equivoca, e quasi al margine, si rende
conto dell'esistenza di un nesso fra le idee e gli uomini e le cose,
fra i puri pensieri e i presupposti e le tenderize che hanno
Ie proprie radici fuori. 11 sospetto che il filosofare non sia riduci
bile tutto a una pura linea concettuale che puo rivelarsi con ritmo
pili 0 meno veloce, rna che non e mai toccata dagli eventi della
storia degli uomini vivi: un simile sospetto sembra sfiorare la
46 II teste del Wust e citato dal Lauer, p. 190. (Ma cfr., di Husser!' nel
testo completo, Die Krisis der europiiischen Wissenschaften und die trascen
dentale Phiinomenologie, Husserliana Vl, Haag 1954, e, in particolare,
I'aggiunta 28 al 73, p. 508, dell'estate 1935, su cui ha richiamato la mia
attenzione Paci: P h i los 0 phi e a I s W iss ens c h aft, als ernstliche,
strenge, ja apodiktisch Wissenschaft - de r T r a u m is tau s get r au m t .
Heidegger, verso la fine di Sein und Zeit, 77, ricollegandosi a Dilthey
attraverso la corrispondenza con Paul Yorck von Wartenberg, citava, di
Yorck, I'osservazione che la filosofia, proprio in quanto critica, non pub
prescindere dalla storicita [ ]. La non-storicizzazione del filosofare mi sem
bra [...] un resto metafisico [ ]. Non ci pub essere alcun reale filosofare che
non sia istorico, Sui rapporti Dilthey, Husserl, Heidegger, cfr. G. Misch,
Lebensphilosophie und Phiinomenologie, Leipzig 1931, e, ora, Pietro Rossi,
Martin Heidegger e l'analisi esistenziale della storicita, Rivista di filosofia,
50, 1959, pp. 15-37.

69

mente del pensatore, anche se, in fondo, nonostante tutto, non


arriva ad intendere bene neppure l'esigenza messa avanti da Dil
they. Brehier cita una volta quasi con raccapriccio un testo della
Morphologie sociale di Halbwachs, per il quale una societa di
filosofi non e mai una societa di spiriti puri; ha un corpo, anche
quando se ne dimentica e cerca di staccarsene 47.
Brehier si accorgeva che, dietro certe richieste in sede storio
grafica, si muoveva un'istanza umanistica - com'egli la chiama
va - che gli riusciva sostanzialmente ripugnante. Si guarda
diceva - a una specie di visione totalitaria della vita della spiri
to, di cui nessuna manifestazione potrebbe sussistere astrattamen
te, e in cui si dovrebbe esprimere l'uomo intero, corpo e anima.
E nella stesso tempo si combatte la 'menzogna' di una filosofia
fondata suI pensiero puro, ossia su una parte dell'uomo 48.
Brehier, che era un ones to studioso, indicava bene, nonostan
te la sua ripugnanza, l'esigenza di quanti non credono che la
storia delle idee si possa fare rimanendo chiusi nel mondo delle
idee. Convinceva meno quando voleva chiudere la storia del pen
siero nel dominio dell'intelligibilita pura: e non convinceva, non
per il suo amore dell'intelligibilita pura, che era certo un casto
quanta lecito amore, rna per volere a tutti i costi parlare di storia,
ossia di movimento e di vita, senza accorgersi che inserire la
storia tra Ie vergini idee e gia comprometterne irrimediabilmente
la verginita, sempre che di storia si parli in senso proprio. 11
Brehier denunciava quello che c'era al fondo di certe impostazio
ni storiografiche: il riconoscimento alla filosofia di un valore
vitale e sociale. 11 suo torto era di non dimostrare la validita del
proprio assunto sul proprio terreno: ossia delineando quella cate
na delle concezioni filosofiche reali, di cui andava fantasticando,
muovendosi suI terreno dell'intelligibilita pura, da idea a idea.
Nel momento in cui si riconosce che le risposte dei Sofisti, di
Socrate, di Platone, di Epicuro, si rivolgono anche a richieste
morali, politiche, scientifiche, e tengono conto anche di fatti speri
mentati, e che non si possono far scaturire pure e nude dal moto
delle idee, in quel punta la catena d'oro si spezza, e la 'storia' con
la sua corposita terrestre inserisce la vita e il peccato nel mondo
sterilizzato dei pensieri puri. Ma cio che forse e pill grave e che
47

48

Op. cit., p. 63 (Halbwachs, Morphologie sociale, Paris 1938, p. 55).


Op. cit., p. 73.

70

perfino i filosofi pill puri usano di continuo di cesure in cui


fanno intervenire l'impuro, anche se surrettiziamente, e quasi di
nascosto. A partire dal cogito - scrive Brehier di Cartesio 49
ogni considerazione personale (a cui era stata giustamente destina
ta l'autobiografia del Discorso) e elirninata, e la catena delle ragio
ni agisce da se. E poco prima aveva detto: e facile vedere che
tutti i filosofi per i quali la filosofia e una scienza universale
cercano di fondare la filosofia su un atto di decisione libera
indipendente da ogni causa: le philosophe a bien une histoire:
non la philosophic. Ora, quell'atto di decisione libera, che nel
caso di Cartesio sarebbe il cogito, a meno che non si voglia
presentare come arbitrario e gratuito, si realizzera in un campo di
scelte ben definito, ossia entro un orizzonte di problemi, di richie
ste, di esperienze, che 10 condizionano in modo chiaro e preciso.
E la pretesa catena di pure ragioni che ne scaturisce, se appena si
andra a esaminare, ripetera a sua volta le vicende, e gli equivoci,
che caratterizzano l'orizzonte di scelta. Solo per scherzo - e non e
uno scherzo spiritoso - si possono collocare e la sostanza-anima
e Ie due sostanze, e gli spiriti animali, e l'origine dei mondi, e cosi
via, nella catena autonoma delle pure ragioni. La storia del carte
sianismo, e del cartesianismo dello stesso Cartesio, e la storia
delle scelte di continuo compiute da Cartesio prima ancora che
dai cartesiani; e la storia delle 'condizioni' delle scelte stesse, dei
limiti e dei dati fra cui il filosofo si mosse. Parlare di una forma
zione del 'filosofo' che interesserebbe piuttosto che il 'filosofo' il
sociologo e 10 psicologo 0 10 storico fino al punta della scelta
l~be~a: dopo la quale comincerebbe il moto della ragione pura,
significa sostituire alIa realta complessa e varia della vita del
sapere umana un nuovo 'romanzo' pill fantastico del 'mondo' di
Cartesio. ave non si vuol negare affatto quanta di nuovo ci fu
nella scoperta cartesiana, rna anzi sottolineare come la forza di
quella scoperta si alimento in un largo mondo di cultura in un
ricco complesso di esperienze che riusci a interpretare, e 'che in
parte fu proprio essa a mettere a fuoco e a rendere feconde.
D'altra parte cost la sua fecondita come la sua forza trovano la
lora giusta prospettiva, e quindi il lora senso, nell'ambito delle
r~chie~te di ~ui furono una risposta. E in quell'ambito, in quella
situazione, In quella genesi, sono anche da ricercare le radici
49

Op. cit., p. 75.

71

delle contraddizioni interne del cartesianismo che, se in Cartesio


costituirono una tensione vitale, divennero frammenti divergenti, e
scuole opposte, dopo Cartesio. L'uomo-macchina e 10spiritualismo
di tanta filosofia francese, dalle venature profondamente religiose,
possono rivendieare entrambi una paternita cartesiana; a Cartesio
si riehiamano giustamente medici materialisti ed atei, COS! come pii
maestri di religione. Quale, allora, il pensiero unieo?
E, vieeversa, quanta peri colo anche nel distaccare, consideran
dolo a se, in una sua pretesa verita perfetta, un argomento come
la prova ontologiea, trasformando analogie a volte abbastanza
estrinseche nella presunta identita di uno strumento logieo scoper
to una volte per tutte!
E, ancora, quale errore nel dimentieare che quella famosa
seelta filosofica non trova necessariamente il suo alimento e la
sua base entro l'ambito di temi e problemi considerati appartenen
ti al dominio della filosofia. In un capitolo dedieato a necessi
ta e contingenza nella sviluppo della filosofia, dove si parIa del
problema degli antecedenti delle filosofie, e in cui si discorre di
Cartesio, Leibniz, Newton e Vieo, Rodolfo Mondolfo fa molte e
utili osservazioni. Ma una soprattutto va diehiarata: che cioe gli
antecedenti di un filosofo non e detto che si trovino nella
filosofia (sia essa cercata nei problemi 0 nei sistemi), come pur
sembra credere il Mondolfo. COS! Cartesio trove alimento e spin
ta a riflettere, pili che in sant'Agostino 0 san Tommaso 0 negli
aristotelici del suo tempo, in problemi e discussioni fisiehe e
matematiehe, 0 fors'anche in libri curiosi e strani, anche se poi,
lui e gli amici, con l'aiuto delle polemiehe degli avversari, chiese
ro appoggio ad 'autorita' e a testi 'filosofici' pili rispettabili. E
Vico invece fu stimolato da problemi giuridici e storici e filologi
ci, e COS! via. Che un filosofo si vincoli ai predecessori, e un
discorso che nella sua generalita rischia di non dir nulla 0 di dir
troppo. Quel che importa e che il suo campo di scelte, il terreno
su cui si muove, Ie domande a cui risponde, Ie esperienze che
vuole interpretare e unificare, sono di volta in volta diverse, e
non sono necessariamente Ie filosofie che 10 hanno preceduto
anche se, a un certo punto, alcune di esse vengono considerate e
discusse. Mettere Vico in rapporto con la scienza galileiana non e
per se molto significativo, se non diciamo chiaro che il problema
e solo un problema che come tale e d'oggi, che agita il nostro
orizzonte culturale: ossia che non si tratta di comprendere la
formazione di Vico in rapporto a Galileo allora, rna che, oggi,

nell'allargamento della nostra esperienza,. e pa~ticolar.~ente. viva


l'urgenza di affrontare il rap porto fra scienze morali e sClenz~
'naturaIi'. La quale pili vasta esperienza nostra, d'altra ~arte, CI
rendera pili sensibili, e ci fara mette~e ~ fuoco certe ~hlUs.ure e
certe aperture COS! di Galileo come. di V.ICO: venendo~l, Galileo e
Vieo nella lora vita dopo la morte a msenre In trame piu comples
se che continuamente spostano i piani prospettici e costituiscono
la'sempre rinnovata vita della storia: il che n.0n si~n~f~ca ne dieh~a
razione dell'impossibilita, ne affermazione dl relativita del~a storia,
rna anzi rieonoscimento di qual sia l'effettiva comprensione che
l'uomo ha di se, e che, per la stessa struttura della coscienza uma
na, non puo non essere in perenne svil.uppo. ~OS!, via. via c?e.i
cerchi ondosi provocati da un sasso Ianciato ne~l acqua. ~l .moltlph
cano e si allargano, muta il rapporto fra il raggio del piu mterno .e
quello dell'estremo; rna non per questa si dira fals.a ~a.misura subi
to sorpresa nel primo 0 cambiera quella d~l suo InlZla~e rapporto
con l'immediatamente successivo S0. Fuor di metafora, nent~a nell~
storia di Vico tutto il vichismo, e una matura coscienza storiografi
ca non torn era nuda a Vico, rna avra presente la storia delle inter,
pretazioni viehiane e ne cogliera Ie ragioni e il senso: e collochera
Vieo in questa pili ampio orizzonte e aiutera a c.omp~endere c~rte
riprese e certi ripensamenti. Ma via via che di eSSI affer~era la
genesi vedra meglio al di la di deformazioni programmatiche Ie
50 Scriveva iI Droysen (Historik,
Vorle~ungen flber. Enzyclopiidie ~n~
Methodologie der Geschichte, p. 91, trad. It. Cantlmon):. Fra I matena!1
storici ci sono anche Ie conseguenze di quelle cose che II. nostro tema, I!
nostro problema ci ha indotto a studiare; conseguenze che I.conte~pora~e!
non conoscevano e non presentivano. Quel che segue ~ grandi a~vemmentl e
quasi una dissezione ed una. elaborazi?ne i~eale del I!10mentl che erano
nascosti ed operavano in quer rnomenti stessi. E se tali con~eg.uenze SO~?
seguite da quegli inizi, noi abbiamo iI dir.itto e il do.v~re di ncerca~e gia
negli inizi i germi di quel che ne e conseguito [...]. E dl:ltt? .della considera
zione storica considerare i dati di faIto nella luce del significato c~e hann~
raggiunto mediante Ie lora consegl;lenze...: E, ancora, ~ stato .scntto assai
bene, a proposito del futuro che illustra il passato: e prop no e sempre
soltanto il presente a porre Ie domande al passato, dando C.OSI ~uo~o ~ .quel
processo incessante e paradossale per cui iI fut,ur~ de.term~na II slg~llfl~ato
del passato e non solo viceversa;. no.n perche.1 oggl. 0 1.1 d~ma~1 ~Iano
autorizzati a sovrapporre interpretazioni e travesumenti arblt:an all len, m~
perche, invitandolo a interloquire in un nuovo discorso, ne ,~hsvel~no a.spettl
di cui esso stesso non si rendeva conto e che senza quest mserzione III un
nuovo contesto, senza quest'utilizzazione in rapporto a un nuovo pr?J:>I~ma,
non sarebbero mai venuti alla luce (V. Verra, Dopo Kant. II crtttcismo
nell'eta romantica, Torino 1957, pp. 244-45).

72

73

"

domande che Vico ascolto, iI campo delle sue esperienze, iI valo


re delle sue risposte. Nel distacco partecipe, nella memoria consa
puta, nel 'tempo ritrovato', nei nessi chiariti, Vico ritrovera Ie sue
dimension], la sua genesi, la sua vita dopo la morte, al di fuori
dei miti romantiei del precursore frainteso.

9. Una volta Giulio Preti scrisse, non senza arguzia, rna con
appropriatezza, che chi si metta a far storia della filosofia si
trova subito nell'imbarazzo circa l'oggetto della propria indagine:
quali sono i filosofi? E proponeva di assumere, come punto di
partenza, i nomi inclusi in un buon manuale corrente 51. In parte
almeno si potrebbe rispondere alIa difficolta considerando filoso
fia e filosofo quanto, nei vari tempi, si e chiamato appunto
filosofia e filosofo. Fu filosofia, volta a volta, rispondere a specifi
ci problemi naturali, 0 perfezionare I'arte della disputa, 0 disserta
re di Dio, 0 elaborare tecniehe della saggezza. Non variarono solo
i metodi, 0 gli oggetti; mutarono Ie forme complessive, il tutto
della filosofia. La nota contrapposizione stabilita da Marx tra
nuova filosofia e filosofia 'scolastica' e caratteristiea; rna, almeno
in partenza, la rottura tra Atene e Gerusalemme, fra l'Acccademia
e la Chiesa, non fu meno radieale. E non si dica che fu condanna
di ogni filosofia; perche la nuova fede polemizzando con la filoso
fia come anti-filosofia, si poneva in realta come nuova filosofia
nel punta in cui intendeva assumerne iI posto.
51 G. Preti, Continuita e discontinuita nella storia della filosofia, nel vol.
cit. Problemi di storiografia filosofica, p. 65. Osservava Dilthey nel suo saggio
Das Wesen der Philosophie del 1907 (che apriva il volume dedicato alia Syste
matische Philosophie della collana Die Kultur der Gegenwart [I, 6] pubblicata
dalla Casa Teubner): il termine 'filosofia' e 'filosofico' ha significati cosi
numerosi nel tempo e nello spazio, e cosi diverse sono Ie forme spirituali
definite dai loro autori con questo nome, che potrebbe sembrare che nei
diversi tempi il bel nome filosofia, coniato dai Greci, sia stato applicato a
forme spirituali sempre differenti. Infatti gli uni intendono per filosofia la
fondazione delle scienze particolari; altri estendono questo concetto della filo
sofia, poiche a tale fondazione aggiungono il compito di derivare da essa la
connessione delle scienze particolari; poi ancora la filosofia viene definita
come la scienza dello spirito 0 scienza dell'esperienza interna; infine si inten
de per essa la guida della condotta della vita 0 la scienza dei valori universal
mente validi. Dov'e il legame interno che unisce fra loro formulazioni COS!
diverse del concetto di filosofia, e forme COS! molteplici di essa - dov'e l'essen
za unitaria della filosofia? (trad. it. di P. Rossi in W. Dilthey, Critica della
ragione storica, Torino 1954, p. 388). Cfr. I.T. Desanti, Introduction, p. 44:
pas de definition univoque de Ja philosophic.

74

Solo la fantasia dei patiti degli eterni problemi pub dimenticare


Ie profonde rotture che traversano quella che suole chiamarsi l~
continuita della tradizione filosofica occidentale. E solo una conti
nuita rieostruita a posteriori, con i ponti gettati dopo sull~ ~a.cerie,.
pub trasformare in placidi trapassi, necessari e tranquilli, I salt~
che costarono, spesso non metaforicamente, lacrime e sang~e. Agli
occhi di certi storici Ie rivoluzioni, a un certo punto, spanscono;
tutto c'era gia prima: la Riforma prima di Lut.ero, l~ Rivo~uzione
prima di Robespierre (e se propr!o qu~lc~e nvoluzlO~e CI ha d~
essere, riserbano il grave nome at prezrosi pensamenti lor.o e del
lora amici). La verita e che 10 storico si trova di continuo di fronte
a queste cesure, e non sempre c'e pronta un'iscrizione bi.lin~~e a
permettere la lettura di ogni parola del passato. ~a CO?tmUlt~, ,a
volte, e quella del distruttore che s'insedia s~ll~ ~o~l~e di u~a cltt~,
e costruisce una citta tutta diversa. La continuita e ncostruita fati
cosamente dopo, e pub ridursi, talora, al rapporto tra un ~l e un
no, fra forme, umane tutte, rna profondamente contrastanti, Dar~
per scontate unita e continuita, 0 rifugiarsi in una certa qual~nq~l
stiea sintesi, e solo una comoda evasione di fronte alla complicazio
ne della vicenda umana. Qui e appunto il difficile compito della
storieo della filosofia, rna anche la sua ragion d'essere: rendersi
conto della pluralita delle filosofie, comprendere i vari linguag
gi, situarli, definirne i rapporti con i gruppi umani ~n cui sors~ro,
determinare che cosa significarono per eSSI, come agirono se agiro
no come si trasformarono, come tramontarono: pensieri di uomi
ni 'come vennero elaborati dagli uomini, come mutarono gli uomi
ni. Proprio perche non nacquero per partenogenesi idee da idee,
ossia per la dialettica interna del pensiero filosofico, rna perche
espressero ora certi ideali e ora il lora rifiuto, ora il ripensamento
critico di certe esperienze ed ora codici di vita attuale e promesse
di vita futura; proprio perche furono visioni e concezioni d'insie
me, 0 rifiuti di ogni visione d'insieme; proprio perche illoro. ~aria
re fu dovuto ora a sfaldamento interno, ed ora a mutamenti inter
venuti in campi e su terreni diversi; proprio perche ora Ie idee
generarono Ie idee, ed ora invece mutarono le cose; proprio. per
questa il compito della storico e COS] complesso. E la sua funzlOn~
piu delicata sta nel cogliere il mutare dei campi d'esp~rien~~ su CUI
il filosofare s'impianta, e cioe nel non obliterare mat m Iacili quan
to inutili generalizzazioni l'aspetto plurale della.r~fl.e~sio.neu~~na:
Solo COS] e possibile rendersi conto della positivita di POSIZlOlll

75

contrastanti e apparentemente inconciliabili, senza indulgere aIle


troppo facili critiehe dei teoreti e degli uomini di fede ardente,
pronti a trapassare dall'esaltazione all'anatema, e vieeversa.
Compito della storieo della filosofia e, al di la della superficie
delle enunciazioni ideali, oltre le sistemazioni teoriehe che si pro
clamano nate da altre sistemazioni teoriche definitivamente confu
tate 0 dimostrate, cogliere i legami reali, la genesi, i nessi coi
campi diversi dell'attivita umana a cui Ie varie filosofie vanno
debitrici dei lora alimenti. Per questa 10 storieo della filosofia si
trova volta a volta a dover fare i conti non tanto, come e stato
detto servendosi di una nozione estremamente ambigua, con la
storia generale della cultura, quanto con quei campi specifici
della rieerca e dell'attivita dell'uomo a cui la riflessione filosofica
si e via via particolarmente indirizzata 52. Percio, se e vero che la
filosofia tende a presentare vedute d'insieme e concezioni del
mondo, 0 a sostenere la universale validita degli strumenti logici
che elabora, e delle formule di saggezza che enuncia, tuttavia in
realta essa viene a privilegiare ogni volta un campo di indagine 0
di esperienza.
L'osservazione del Mondolfo a proposito del valore della poe
sia per intendere il pensiero greco delle origini, 0 dell'importanza
dell'astronomia copernieana per rendersi conto del pensiero del
maturo Rinascimento, deve essere estesa e approfondita. Ora so
no Ie scienze biologiehe che costituiscono la base di una concezio
ne del tutto, ora e la riflessione sui procedimenti geometrici che
costituisce la spinta ed offre il materiaIe per la formazione di
sistemi logici, che altre volte, invece, si muoveranno nell'ambito
della considerazione dei discorsi persuasivi propri del mondo del
diritto. Lo studio della dialettiea interna della sviluppo della
filosofia e del tutto sterile e irrilevante, se essa viene intesa come
puro mota di idee che si generano da idee. E l'insorgere di tipi di
ricerche, e l'imporsi di modi di esperienze, che volta a volta

rinnova in modo decisivo l'orientamento del pensiero, anche se


puo essere stata, a sua volta, una 'filosofia' ad aver sollecitato un
tipo di esperienze e di ricerche. La sinuosita ~el proc~sso, ~e
cesure, le novita: questo appunto distingue la stona della filosofia
dal necessario ritmo di una logica. E la storia della filosofia
collocata nella storia umana, solidale con essa: storia degli sforzi
critici di afferrare i mobili limiti entro cui e feconda l'attivita
umana; storia dei tentativi di formulare delle concezioni d'insie
me capaci di presentarsi come interpretazioni unitarie di tutto
l'orizzonte dell'esperienza umana e del suo signifieato.
Storia particolare. la storia della filosofia verra via via le
gandosi a quegli aspetti e fatti che piu direttamente operano sulla
genesi e la vita delle idee, concezioni e tecniehe che Sl presentaro
no come filosofie (rna senza dimentieare che veramente concreta,
anche se come puro ideale regolativo, e solo una storia unitaria e
integrale dell'uomo, e quindi di quanto rientra nella sua esperien
za complessiva). Proprio qui, anzi, si misura il piu importante
compito dello storico: in questo mettere in luce i nessi nascosti
allo stesso filosofo, Ie radici reali delle scelte ideali, e Ie lora
conseguenze. La struttura interna dei 'sistemi', l'unita interna del
le 'filosofie', non potra determinarsi davvero se non attraverso
questa connessione con Ie 'cose', con Ie varie 'esperienze'; all'ap
parenza di unita e coerenza formale 10 storico oppone Ie effett.ive
cesure, i 'salti', Ie discontinuita e Ie incoerenze, per sanare pOI le
rotture 'logiche' attraverso l'indieazione dell'insorgenza di determi
nanti 'pratiche' e di motivi 'reali' che operarono nella sviluppo e
nella determinazione del pensiero dei vari filosofi. Come una
coscienza alIa seconda potenza, e 10 storieo che rivela quello che
e rimasto nascosto al pensatore, ai suoi contemporanei, amici,
avversari, discepoli.

52 Una lucida presentazione del problema qui accennato in Pietro Rossi e


C.A. Viano, Storia della filosofia e storia della cultura, Rivista di filosofia,
46, 1955, pp. 327-41. II Rossi e il Viano, diversamente dal Mondolfo, non
cadono nella genericita della 'storia generale della cultura', e colgono bene il
rapporto mobile e cangiante della filosofia con i suoi con tenuti non specifica
mente 'filosofici'.

10. II lavoro proprio della storieo della filosofia e, dunque, 10


stabilimento di rapporti fra idee, teorie, visioni d'insieme, e situa
zioni reali: fra parole scritte, 0 testimonianze di discorsi orali di
'filosofi', e realta di uomini operosi in condizioni reali. La storico
sceglie e collega; intesse la storia la dove ha trovato serie e com
plessi di eventi e di dati. L'accertamento dei dati, i documenti
che in questo caso sono, innanzitutto, parole e scritti - e essenzia

76

77

Ie: la filologia 53, come suol dirsi con un termine spesso voluta
mente reso oscuro ed equivoco, e primaria. Solo che filologia non
significa affatto mero stabilimento di testi, 0 raccoIta di dati:
significa fedelta, e rispetto costante di ogni individuazione concre
ta, di ogni situazione reale entro il complesso dell'atto storiografi
co. V'ha chi, con singolare ottusita, parla di una storia filologica
come di una non bene identificata opera 'manuale' che provvede
rebbe ad offrire i testi critici definitivi dei filosofi, corredati di
documenti e notizie, in modo che poi il filosofo speculativo
possa elaborare i dati in base a qualche sua piu 0 meno illuminan
te metafisica. Ma i documenti sono muti a chi non sa quali do
mande rivolgere (anzi non esistono addirittura); e trovare Ie noti
zie puo chi sa cosa e dove cercare; i testi non solo non si costrui
scono, rna neppure si leggono, senza la contina solidarieta di
intelligenza critica (ossia teorica) e di perizia filologica. La
storia e sempre al pun to di questa convergenza di filosofia e
filologia. E il filosofo che s'illudesse, dinanzi alia parola antica,
di saperla intendere e interpretare senza ripercorrere con 10 stori
co - facendosi storico con 10 storico - la faticosa duplice via, dal
presente al passato per ritrovare nel distacco i lineamenti e le
articolazioni essenziali del passato (10 scheletro, poi che la carne
e caduta), e dal passato al presente per rivivere del passato la
5j Cfr. V.E. Alfieri, Filosofia e jilologia, Aut Aut, n. 39, 1957. Sarebbe
opportune che quanti vapno spropositando intorno a filologia e filologismo
considerassero con maggior ponderatezza quello di cui vanno discorrendo e
approfondissero con 'Iilologica' pedanteria anche Ie auctoritates che invoca
n.o. Cer~o ind~c~re. Ie 'f~nt!', individuare Ie 'allusioni', precisare Ie 'letture',
rtcostruire la biblioteca di un autore, ritrovare Ie 'sfumature' del suo lin
g~ag~!o, non e tutt.o: e non puo Farsi senza proporsi continuamente domande
~.I pru vas,to respiro. M.a senza, Sluest? lay?ro, .ed e un lavoro che ogni
c~mmento nuovo e.ogm nuova riflessione implicano, La pagina degli anti
chi r~s~a l?uta (0 ~Ice ql;lelle astruse sciocchezze che si leggono in talune
esposizioni), E ogm allusione, ogni citazione, va pesata e ricollocata nella
sua prospettiva: in tempi di oppressione, in momenti di persecuzione, un
autore ?ltato, .0 una fra~e, ~anno un valore e indicano una posizione che non
hanno In altri rnornenti. Citare 0 non citare Croce - 10 ricordo Croce stesso
- In certi anni non remoti, significava altro, 0 anche altro al di la di una
vicinanza 'teoretica', cosi come, in altro profile, citare 0 me~o Marx. L'invo
cazione del nome di Platone, in taluni momenti della cultura bizantina ha
avuto una particolare carica polemica; la stessa frase, la stessa citazione la
stessa parola, si caricano di valori diversi secondo i contesti. Come si puo
afferrare il valore di una proposizione di Spinoza 0 di Hegel senza avere
seguito il lungo viaggio di certi termini e aver rintracciato i sensi di cui si
sono venuti via via arricchendo?

78

lunga vita dopo la morte, con tutte le Iinee e dimensioni da allora


a oggi, e le verifiche, e le 'traduzioni' che caratterizzano il 'teste'
e la sua 'traduzione' attuale; il 'filosofo' che credesse di potersi
dispensare da questo lungo lavoro potrebbe dispensarsi anche
dalla lettura dei testi del passato, contentandosi di subirne passi
vamente e oscuramente l'eredita invece di accogIierIa e trarne
ammaestramento.
Senza alcun dubbio, anche se con qualche apparente forzatu
ra paradossale, puo dirsi che le dimensioni proprie della storia
sono, non meno del passato, il presente e il futuro. Come e la vita
d'oggi con i suoi problemi che alimenta e da nerbo all'indagine
del passato quale ricerca delle radici piu 0 meno lontane della
nostra condizione, cOSI e per il futuro: perche il proceso di libera
zione dalle condizioni del presente sia possibile, dobbiamo coglie
re tutte le piu segrete strutture del passato. V'ha di piu: il com
plesso di conseguenze che maturano da una dottrina, che, voluta
mente 0 meno, ne scaturiscono, appartengono a quella dottrina e
ne sono parte; verificandola 0 falsificandola, reagendo su di essa,
contribuiscono a illuminarne le giunture, a renderne esplicite le
implicanze. Per questa le pagine della storia non recano mai la
parola fine; per questo ogni storia e sempre aperta, non e mai
definitiva; per questa ogni epoca ha la sua storia. Solo che, a
questa proposito, converra intendersi bene, per evitare la facile
conversione di una innegabile verita in estrapolazioni capziose.
II dire che il fatto, il documento, la lettera muta del libro,
rivivono nella storieo, ossia nell'atto che li risuscita e li fa parla
re, non significa se non che i segni, i suoni umani, Ie opere,
parlano agli uomini nella misura in cui una comune umanita
unisce l'umanita d'ogni tempo: ossia nella misura in cui I'uomo
trova nella 'memoria' degli uomini la traccia della lunga vicenda
che l'ha fatto qual e oggi. La storia come lavoro storicizzante e la
costruzione razionale di questa trama lungo cui s'intesse il nostro
presente: la costruzione partecipe e distaccata, oggettiva e sogget
tiva. Ove il passato e, certo, un fatto e un oggetto, rna come ogni
altro da noi, come Yaltro io che ci parIa, illibro che l'altro scrive
e che - questo e il potere della parola - entra nel nostro dialogo
come un io, come opera d'un uomo, con la sua personalita stacca
ta e pur legata alia nostra, distante e prossima. II momenta pro
prio dell'attivita storiografica e la determinazione della distinzio
ne, del distacco, dell'altro (che e certo in rapporto all'io), del

79

passato (che e certo in rap porto al presente), ma battendo sul


distacco, sulla separazione. La storia si caratterizza infatti, piutto
sto che nel far presente il passato, nel cogliere il distacco del
passato, nell'afferrare il passato come tale, nel collocarlo in preci
se relazioni pensate e verificate: e conoscenza del passato come
tale, ossia visione razionale delle sue articolazioni e dei suoi
rapporti - della scheletro nudo ricostruito oltre la carne cad uta
(squand il etait du present - e stato detto con eloquenza -, ce
passe etait comme Ie present que nous vivons en ce moment,
quelque chose de pulverulent, de confus, multiforme, inintelligi
ble; un reseau touffu de causes et d'effets, un champ de forces
infiniment complexe que 1$1 conscience de l'homme, qu'il soit
acteur ou temoin, se trouve necessairement incapable de saisir
dans sa realite authentique) 54.
D'altra parte, senza alcun dubbio, la prospettiva presente in
cui il passato e cosi inserito muta sempre; il documento rende un
suono sempre diverso; e talora e muto, non cercato ne scoperto.
Ma questa non significa ne impossibilita della storia, ne relativiz
zazione che pacifichi ogni veduta. La traduzione ficiniana di un
termine platonico puo essere esatta come quella dell'Acri, e ade
guata, pur essendo diversa: traduzione, quella, aderente al conte
sto culturale della fine del '400, e cap ace di rendere in quel
contesto quel che Platone voleva significare; traduzione, quest'al
tra, adeguata al contesto culturale di certi gruppi di dotti della
seconda meta dell'Ottocento. La nostra, ancora diversa, traduzio
ne, destinata a inserire Platone nella nostra trama culturale, nasce
ra da un molteplice lavoro: di illustrazione di Platone nel conte
54 H.I. Marrou, De la connaissance historique, Paris
1954, p. 47. 11
Marrou cita I'esempio della raffigurazione che Stendhal e Toistoi fanno delle
battaglie napoleoniche. Lo storico - osserva il Marrou - non puo conten tar
si di una visione frammentaria e superficiale. Lo storico non si limita
all'esperienza; tende all'intendimento, alla comprensione razionale dei nessi,
elabora. Diceva Brunschvicg (Ecrits philosophiques, II, Paris 1954, p. 117)
che 10 storico si sforza di mettere a nudo un ordine. Lo scetticismo storico di
Toistoi nasceva al contrario dal concepire la storia come la somma dei dati
empiricamente accertabili (efr. I. Berlin, Lew Tolstoy's Historical Scepti
cism, Oxford Slavonic Papers, II, 1951, p. 23). Ed era una posizione che
forse non e esatto avvicinare al positivismo, di cui non rappresenta neppure
I'anticipazione rna, al massimo, un fraintendimento avant la lettre (can
incurable love of the concrete, the empirical, the verificable, and an instincti
ve distrust of the abstract, the impalpable, the supernatural, scrive il Berlin,
che soggiunge: in short an early tendency to a scientific and positivist
approach, unfriendly to romanticism, abstract formulations, metaphysics).

80

sto della sua opera con tutti quegli accorgimenti che abbiamo
raggiunto; illustrazione del testo platonico nella situazione rea le
(culturale, economica, politica, sociale) in cui e fiorito; 'memoria'
delle 'traduzioni' che si sono susseguite da Platone a noi, onde
determinare la 'distanza' di noi da Platone, ma anche la radice del
nostro atteggiamento presente di fronte a Platone; e finalmente
l'inserimento della parola di Platone nel nostro dialogo, ove Plato
ne e noi, ossia Platone con la sua storia e noi con la nostra,
abbiamo riassunto ognuno la propria dimensione.
Tutto questo e, se si vuole, perfettamente rispondente all'istan
za 'idealistica', ma lontanissimo da ogni interpretazione che legitti
mi deformazioni ed errori. L'inserimento della parola di Platone
nei vari contesti e rigoroso, non arbitrario: avviene secondo uma
na 'ragione', ossia per 'regole' che, osservate, mi daranno resultati
'limitati' ma verificabili, validi costantemente in una situazione,
fecondi, ossia suscettibili, non solo di essere inseriti proficua
mente in piu complessi contesti, ma dotati di valore costante
attraverso il mutare dei quadri in cui vengono via via proiettati.
Che e appunto la differenza fra l'interpretazione erronea e arbitra
ria di un pensatore, e la sua vita effettiva nella molteplice com
prensione dell'umanita,
E valga an cora un esempio: se ho da intendere un termine
tecnico d'Aristotele, ossia da rendermi conto di quello che fu il
suo valore effettivo nel testo aristotelico, dovro sapere bene il
greco, conoscere bene le opere d'Aristotele e l'uso che Aristotele
fa di quel termine con tutte Ie sue oscillazioni; quindi l'uso del
termine nel linguaggio del suo tempo, nella tradizione dotta e
comune. E, successivamente, come l'accezione aristotelica e stata
intesa, interpretata, nel variare del suo valore significante fino a
noi. Qui io potro determinare il valore significante del termine
aristotelico in rapporto a noi, ossia in rapporto a termini e atti
significativi nostri, scaturiti da quella storia, a termini di contesti
che vogliono rispondere a esigenze corrispondenti a quelle a cui
volle rispondere Aristotele. Ma il rapportare, alla fine dellavoro,
il termine aristotelico al nostro, che e certo un vedere, e intepreta
re Aristotele attualmente, non significa affatto deformare Aristote
Ie, 0 ridurlo a noi. Altri, domani, stabilira rapporti diversi, ossia
dara, se vogliamo dir cosl, un'interpretazione diversa, ma non
falsifichera la nostra interpretazione; la 'trasforrnera', conservan
dole il suo significato nel proprio contesto, e solo cost tenendosi
81

fermo alIa distinzione. Con tutto questa non ha nulla a che fare
que1 barbaro sistema di avvieinarsi all'antico senza studiarne la
lingua, per malamente e ridieolamente identificarlo con pili 0
meno peregrine posizioni proprie, lontane e disformi, giungendo,
non a interpretazioni ardite, rna solo a grossolani errori simili a
quelli degli scolari sprovveduti che traducono Ie parole straniere
in termini apparentemente corrispondenti per suono e per grafia.

11. Le bon historien ressemble a l'ogre de la legende: la ou il


flaire la chair humaine, il sait que la est son gibier. La battuta di
Marc Bloch vale anche per 10 storieo della filosofia: anch'egli
guarda alIa carne umana, perche quella e la sua preda. Non a
caso Marx nell'Ideologia tedesca rieordava che le idee e le ideolo
gie nella loro strutture formali non hanno ne storia, ne sviluppo,
rna solo gli uomini reali che vivono pensano e lavorano, che
elaborano le idee, le modificano e se ne servono. Sono gli uomini,
quegli stessi uomini che stabiliscono i rapporti sociali conforme
mente alIa loro produttivita materiale, che producono anche i
principi, le idee, Ie categoric. COS! queste idee, queste categorie
sono tanto poco eterne quanto le relazioni che esse esprimono.
Sono prodotti storici e transitori 55. 0, se si preferisce, possono
essere considerate e studiate, non solo nella lora forrnalita astrat
ta, rna nel dinamismo delloro costituirsi, funzionare e modificar
si per opera degli uomini stessi che le escogitano e Ie trasmettono.
Idee d'uomini, vive nella vita e nelI'opera di uomini di carne, che
sono nel mondo in cui nascono e muoiono; idee che sorgono e
tramontano, che tornano 0 scompaiono, che lasciano tracce a
volte obliate e nascoste: idee viste sempre in rapporto a uomini
reali, alloro discorso e alloro lavoro, e quindi varie, molteplici e
contrastanti, ora in trionfo, ora sconfitte: questa e l'oggetto dello
storieo della filosofia, e questa e la sua filosofia.
Sempre Marc Bloch, in una pagina molto bella, contrappone
il lavoro dello storico a quello degli altri scienziati: il compito
del metodo scientifico come 10 pratieano e, con i lora resultati, 10
giustificano quelle forme del sapere, sta nell'abbandonare il con
templatore, nel dimentieare I'uomo nella sua integra complessi
ta, la sua coscienza spesso contraddittoria, la sua societa. Lo
55

Miseria della filosofia, Roma 1949, p. 89.

82

storico invece, ha come suo oggetto Ie coscienze umane; Ie rela


zioni tra queste, le contaminazioni, nonche le confusioni, di cui
sono il terreno, costituiscono ai suoi occhi la realta stessa. Gli
esempi che Bloch reca sono significativi: Pascal matematico e
cristiano, Rabelais medieo e Mastro Alcofribas, e il mercante
medievale che viola lungo tutto il giorno i comandamenti della
Chiesa e s'inginocchia la sera devotamente dinanzi all'immagine
della Madonna. Lucien Febvre domandava a Gilson da un Iato, e
a Brunschvieg dall'altro, se fosse possibile davvero seguire le pure
filiazioni di idee dimenticando quasi del tutto Ia carne umana
che dava lora albergo. Eppure dieeva, gli uomini che hanno
letto e meditato Occam, che hanno tratto le conclusioni delle sue
origin ali premesse, sono gli stessi che han no assistito a grandi
trasformazioni, a grandi rivolgimenti politici, economici e sociali;
che, anche se monaci nelle lora celIe 0 dottori nelle lora scuole,
ne hanno sentito il contraccolpo. Le vie dei lora sistemi, delle
loro idee, e quelle della loro vita non s'incontrano mai? Nasceva
nella pratica quotidiana, nel lavoro, nei traffici, una nuova mora
le, una morale che spezzava l'unita dell'ordine sociale e indivi
duale, che reagiva e incideva in ogni campo. E davvero il suo
spirito sovvertitore non penetro mai nelle grandi cattedrali di
idee? Machiavelli e Lutero sono solo figli di concezioni ideali?
Ouesti filosofi, questi tecnici della filosofia, seguono senza dub
bio con efficacia le filiazioni di certe forme di pensiero, di certe
risposte di un certo ordine a certe questioni. Ma fuori di queste
filiazioni? fuori di queste forme e di questi pensieri?56.
Febvre aveva ben ragione, e con lui Bloch e quanti altri stori
ci si arrestano perplessi davanti a un certo tipo di storia della
filosofia, e contestano che si tratti di storia. Perche storia non si
da se non in una prospettiva che veda le idee e le lora vieende, e
l'articolarsi dei sistemi, e l'urgere e il variare dei problemi, net
lora fondamento umano, nei lora ritmi entro le coscienze degli
uomini, net concreto della loro vita reale. Nessuno nega che di
uno schema logico si possa determinare la struttura formale, e
indicarne somiglianze e differenze, e rapporti formali con altri
sistemi. Questa tuttavia non e storia, anche se giovera allo stori
co. Storia e vedere la misura e la prospettiva umana di quello
schema, ritrovare quando e come fu formulate, per rispondere a
se

1. Febvre, Combats pour l'histoire, Paris 1953, pp. 286 sgg.

83

quali domande e a quali esigenze: se sotto la spinta di nuovi biso


gni scientifiei, 0 per gusto di giuochi mentali, 0 attraverso solleeita
zioni di precedenti problemi logici. Storia e ritrovare la genesi del
le idee nel tempo vissuto, e il loro modo di convergere, e l'opera
loro nella cerchia degli uomini. Storia del pensiero e ritrovare
l'umanita del pensiero, e mettere a fuoco l'umanita del pensiero, la
carne umana senza cui quei pensieri non sarebbero nel mondo: e
far vedere i legami di quei pensieri con la carne umana.
Questa e la filosofia dello storico della filosofia; che, come
ogni serio ricercatore, in partenza almeno, laseia impregiudicata
la conclusione del suo lavoro: se cioe possano emergere 0 meno
dal fIuire del tempo forme e strutture durevoli; e, se emergono, in
che modo e con che significato.
Ma que I che egli cerca, quello che determina il suo metodo, e
questa umanita del pensare, questa prospettiva umana: i pensieri
reali di uomini reali in situazioni reali: ossia i nessi accertabili fra
quelle formulazioni che volta a volta si sono dette 'filosofie' e le
esperienze, le indagini, le esigenze, i bisogni con cui mostrano di
avere connessione, i campi d'indagine seientifica di cui il 'filoso
fo' si e alimentato.
Per questo mettera in opera ogni mezzo per ritrovare i docu
menti scritti e farli parlare nella loro voce; lottera per restaurare
un linguaggio diverso e per intenderlo; fatichera per recuperare
Ie direzioni, le solleeitazioni, le attivita non 'filosofiche' su cui si
esercito via via la rifIessione 'filosofica' del passato. Scendera aile
lotte politiche, aile vicende economico-soeiali in cui si alimentaro
no programmi di vita, ideali di saggezza, tecniche di comunicazio
ne. Leghera le idee agli uomini, che non le pensarono per giuoco
ma solleeitati da esigenze effettive. Non si contentera di ricompor
le in ranghi ordinati: ne cerchera Ie radiei nascoste agli stessi
autori. Non contento di analisi formali, ne vorra mettere a fuoco
ogni componente profonda. Stara in terra tra gli uomini, non in
eielo tra gli spiriti puri; e, uomo tra gli uomini, ne ritrovera il
li?guaggio, e discorrera con loro traendone risposte capaei di
giovare, almeno, a comprendere Ie domande del proprio tempo.
'?ltre i libri, consegnati al pubblico, ricerchera appunti, abbozzi;
ricostruira letture e biblioteche; seguira la formazione dei pensa
tori, e i loro lunghi itinerari. Studiera scuole e istituti d'ogni
genere; interroghera caso per caso opere d'artisti 0 di scienziati
di tecnici 0 di artigiani, di politici e di ciurmadori, di profeti e di
84

santi. E tutto raccogliera intorno a uomini, e a gruppi di uomini


ben definiti entro I'ambito di una societa, e non a esangui astrazio
ni. II lavoro dello storico - scriveva, testimone non sospetto,
Adolfo Omodeo 57 - e un duro dissodamento e da I'affanno non
meno dello zappare a chi non vi sia avvezzo. Ma senza dura
fatica, senza questa tormentosa analisi di documenti, senza questa
esigenza critica di tutto chiarire a se stesso, non si costruisce
nulla di solido [...] Senza calcoli tediosi e scrupoli tecnici l'archi
tetto non pub costruire, a meno che non sia uno scenografo. COSt
anche 10 storico. COSt - conviene aggiungere - anche 10 storico
della filosofia che non sia infetto da que I 'genialismo' sdegnoso di
'erudizione' e di 'filologia', che tanto urtava la severa moralita
dell'Omodeo. Per questa strada, soggiungeva l'Omodeo, si incon
trano uomini vivi; per questa strada l'obiettivita della storia si
sposa alIa efficacia del nostro operare di storiei, la cui fecondita e
proporzionale alIa sua sorvegliata onesta, Nella serieta che 10
regge, il pensiero storico diviene un'operazione efficace sui suo
stesso oggetto. I suoi risultati rivendicano la piena obbiettivita, si
chiamano scoperte e non invenzioni. Ma nel rispetto intelligente
dei fatti si compie, al di la di ogni riflesso proposito, una trasfor
mazione profonda dei fatti: non per arbitrio, ma perche il valore
e il senso dei fatti e nella serie e nella proporzione reciproca, e
questa serie e questa proporzione si svolgono e si ampliano orga
nicamente nell'attivita che anima il pensiero storico. Ma guai ad
adagiarsi su cio e a compiacersene: a voler proporre artifieialmen
te a questa nostra attivita risultati artificialmente calcolati. Svani
see l'onesta del pensiero scientifico.
Certo, chi concepisce il filosofare come 'morire' alIa vita, non
fara storia; mentre 10 storico cerchera nella vita anche Ie radiei di
quella contemplazione della morte. Ma tra quella filosofia e que
sta storia non scoppiera conflitto. Husserl non Ieggeva neppu
re: e se si potranno discutere Ie sue critiche a Dilthey, se si potra
'storicizzare' anche la sua posizione, la sua coerenza e compatta e
solida. Quella che veramente e assurda, e la posizione di chi
taglia con la sua 'teoria' la possibilita di una 'storia' e va poi
costruendo 'storie' fantastiche e deformanti, irridendo il lavoro
reale dello storico. Per chi intende la filosofia come un certo
lavoro 'teorico' puro, tutto esaurito nell'ambito di puri sistemi
57

Cfr. Giornale critico della filosofia italiana, III, 1922, p. 419.

85

logici, derivanti l'uno dall'altro, tutto quello che e campo della


storieo, tutto quello che e storieo, 0 storicizzabile, non pUO non
cadere fuori dalla filosofia. Con 10 storico che cerca di svelare le
radici terrestri delle idee 'il filosofo' di questa tipo non puo non
sentirsi in radicale contrasto; un contrasto comprensibile e giusti
ficato da concezioni opposte del filosofare. Quello che non e
invece ammissibile, perche in se contraddittorio, e il tentare, su
quei presupposti, una 'storia'; legittima e l'eventuale negazione
della storicita del filosofare, quando si trovino argomentazioni
valide. Assurdo e camuffare di panni storici quella che e negazio
ne programmatica della storia. Ne si comprende perche tanti 'filo
sofi' amino violentare la storia (la seria, modesta storia, che ha a
che fare con l'umano, col mondano, col mutevole), impegnandosi
in quell a strana cosa che e la sollecitazione dei testi per attribuire
ai grandi morti le lora piccole - 0 grandi - idee 58.
A costoro, e a quanti come costoro, non contenti di fantastica
re in liberta, infastidiscono con accuse di 'filologismo', 'culturali
smo', 'erudizione' e cosi via chi affronta umilmente in archivi e
biblioteche la responsabilita dell'indagine faticosa, vien fatto di
ripetere, con l'immagine cara al vecchio filosofo: visto che fra
l'ottuso profeta e l'onesto somaro abbiamo scelto la compagnia
del secondo, lasciateci almeno lavorare in pace!

ss E. questa fino a limi~i stranissimi, come quando il Troilo, per prendere


un? scnt~ore che sdegna 11 neutro storicismo, considera deformazione e
fraintendimento del pensiero di Leon~rdo perfino un testa autografo di
Leonar?,? che ,non comc~de con la sua interpretazione (efr. A. Marinoni, Per
una edizione integrale di Leonardo, Convivium, Nuova serie, 26, 1958, p.
8;3); 0 c?me 9uando, 10. stesso T:oil~, impianta un'ampia e solenne interpreta
zIO~e di Avicenna tLineamenti e interpretazione del Sistema filosofico di
AVlcenna. Atti dell'Acc. naz. dei Lincei, Memorie, Classe scienze morali
e~c., S. VIII, V?l. 7, 1956, pp. 397-446), quasi esclusivamente sui Compen
dium metaphysices nella versione latina di Nemetellah Carame (che non e
molto nsp~tto ai 276 numeri della bibliografia dell'Anawati, di cui quasi
quaranta riguardano la metafisica). La filosofia di Avicenna e dura" _
osserva I'egregio storico (p. 401); rna a chiarirla non converrebbe preliminar
mente prendere quanto pili ampia conoscenza e possibile delle opere alcune
dell~ quali amplissime; c~e ci sono pervenute? Sempre che, natural~ente, si
vogha .co.no~cere quell Avicenna uomo che ha consegnato Ie sue meditazioni
a .t~ntI libri, e non un momenta necessario ed eterno della storia della
spinto umano (per usare la battuta del Capizzi, Rassegna di filosofia,
VII, 1958, p. 191).

86

POSTILLA BIBLIOGRAFICA

Non e possibile restringere in breve neppure una delineazione


sommaria delle discussioni che sulla storiografia filosofica si sono
avute in questa secolo, anche solo in Italia: tanto pili che ben
diffieilmente esse potrebbero separarsi da polemiehe gia vive sul
cadere del secolo scorso. COS! tutti ricordano, non solo le imposta
zioni della Spaventa, rna le pagine del Fiorentino, allorche, profes
sandosi ancora hegeliano, andava irridendo l'uso di Augusto Con
ti di comporre la sua storia sull'attestato di buona condotta
rilasciato dal curato (Scritti vari di letteratura, filosofia e critica,
Napoli 1876, p. 316). Si lamentava, il Fiorentino, delle accuse
mosse fin da allora alIa storiografia hegeliana: ci si e detto tante
volte, che noi altri hegeliani usiamo far la storia a priori, giuocan
do di fantasia, e storcendo i testi, che siamo incuriosi delle tradi
zioni, dispregiatori della fidata scorta del senso comune. Ed
aveva buon giuoco nel mettere in ridieolo l'opera del Conti. Pili
sottile invece e pili importante e Ia sua polemica con la prolusio
ne dell'Acri Su la natura della storia della filosofia (Bologna
1872). L'Acri aveva COS! sintetizzato la posizione di Hegel: Ia
storia della filosofia, che narra Ie apparizioni pure della verita
alIa coscienza umana, succedentisi nel tempo, risponde in tutto
alIa logica, la quale .rappresenta le apparizioni medesime della
verita, che, eternamente e senza consapevolezza, senza luce ne
suono, avvengono all'interno di lei; talche la logiea e una sempi
tern a storia della filosofia, e la storia della filosofia e una logica
temporale (op. cit., p. 11). Ora, mentre l'Acri attaccava Hegel
cercando di mostrare la non corrispondenza della successione
temporale con quella logiea, il Fiorentino si dava da fare a soste
nere che Hegel medesimo aveva ammesso Ia necessita di scevera
87

re nella storia 10 snodarsi essenziale delle categorie dalla scorza


esteriore: che era grave ammissione, anche se fondata corretta
mente su Hegel. Soggiungeva il Fiorentino: che cosa rimane di
saldo nella concezione hegeliana della storia della filosofia? Rima
ne la razionalita dello sviluppo, rimane quell'organismo interno
dei sistemi, per il quale un membro e collegato con l'altro e non
giacciono sminuzzati e sparsi come Ie membra del favoloso Osiri
de. Ora l'Acri contestava proprio la necessita del processo stori
co: nego che nei sistemi filosofici ci debba essere un progresso
necessario. Che ci sia nella storia del genere umano, come quello
ch'e deputato a recare a effetto un certo disegno non umano, sta
bene; rna che ci sia altresi nella storia dei filosofi, nessuno di
sano intelletto puo capacitarsi [...]. Se cio fosse vero, saresti obbli
gato a negare ai filosofi la liberal di essere stolti.
Fiorentino, fra l'altro, accusava allora l'Acri di qualche indul
gente benevolenza per i positivisti (<<quanto ai positivisti, Dio ti
perdoni di avere anteposto la loro maniera a quella degli hegelia
ni), Pili tardi egli ando sentenziando che l'idealismo puo essere
vuoto, il positivismo puo essere cieco, se scompagnati l'uno dal
l'altro: e come storico si mostra sempre pili preoccupato della
ricostruzione fedeIe della personalita dei pensieri. La storia della
filosofia - osservera Gentile (Le origini della filosofia contempora
nea in Italia, III, 1, Messina 1921, p. 49) - comincia ad atteggiar
si volentieri a rice rca biografica, bibliografica e di critica dei
testi; quindi a mescolarsi con ogni specie di questo genere, anche
se non riguardanti scrittori e scritti di filosofia. 11 Gentile, che
pure a sua volta fu spes so egregio perfino in queste ricerche,
sembrava svalutare questa filosofia che prendeva ad accompa
gnarsi di buon grado con ogni sorta di ricerca erudita e filologi
ca. E con 10 stesso animo veniva criticando l'opera di Felice
Tocco, trascorrendo nella vivacita polemica a giudizi non giusti e
non veri, che Ie opere del Tocco hanno resistito al tempo ben
altrimenti che tanta parte della storiografia idealistica dal Gen
tile apprezzata e promossa.
Tutta la critica gentiliana al saggio metodologico del Tocco,
Pensieri sulla storia della filosofia (pubblicato nel febbraio del
1877 suI Giornale napoletano di filosofia e letteratura) e impe
gnata di proposito a metterne in evidenza i limiti che pur non
mancavano. Ma non erano certo da combattersi certi princlpi
sottolineati nei Pensieri: Nelle serene regioni della storia non

v'ha ne reprobi, ne eletti; e tutti gli eroi del pensiero, i quali


dettero una nuova spinta al progresso filosofico, deb bono and are
studiati collo stesso amore [...] perche 10 storico e impegnato a
penetrare nel secreto della loro mente, scoprire i principi da cui
mossero, accompagnarli nel lento lavorio delle loro deduzioni,
spiarne Ie oscillazioni e Ie arditezze, in una parola rifare tutta la
via da loro percorsa per venire sino aIle estreme conseguenze
[...]. Chi non ha tale elasticita di mente, chi non sa accomodarsi
aIle varie guise in cui si puo considerare il mondo, smetta dallo
studio della storia della filosofia,
Felice Tocco fu veramente grande storico capace di cogliere i
nessi fra Ie formulazioni dei filosofi e Ie situazioni reali; Ie sue
opere hanno resistito al tempo. E i giudizi di Gentile sull'opera
sua sono stati veramente fra i meno felici e i meno sereni; come e
del tutto infondata l'immagine del Tocco piagnone. Fragile,
invece, e quasi inconsistente, la storiografia, e la riflessione meto
dologica, dei maggiori positivisti. La prolusione padovana dell'Ar
digo su Lo studio della storia della filosofia (Padova 1881) e, a
dir poco, infelicissima. Ne, in tutt'altra parte, appare pili feconda
la prolusione su La storia della filosofia, pronunciata dal Barzel
lotti nel 1907 aRoma, che pur reca a motto il testo di Hegel eine
jede Philosophie ist ihre Zeit in Gedanken erfasst tL'opera storica
della filosofia, Palermo s.d., pp. 273-303). La polemica del Croce,
e soprattutto del Gentile, ebbe facilmente ragione di avversari
sprovveduti. La Iettura di certi scritti (per esempio I limiti della
storia dellafilosofia del Bodrero, uscito ne11919 sulla Rivista di
filosofia, pp. 127-68) giustifica in pieno gli articoli impietosi
degli idealisti (cfr. la recensione del Gentile su La Critica,
XVIII, 1920, pp. 59-60).
Delle impostazioni metodologiche del Croce e del Gentile s'e
detto, anche se una discussione approfondita richiederebbe un
esame analitico della produzione storiografica che ad essi si ispira
(efr. C. Licitra, La storiografia idealistica. Dal programma di B.
Spaventa alia scuola di G. Gentile, Roma 1955, con bibliografia).
Ma accanto all'indirizzo idealistico, e talora in polemica con
esso, si e svolta l'opera di studiosi quali il Mondolfo, costantemen
te preoccupato di definire le proprie vedute generali e i propri
canoni metodici (efr. gia la prolusione del 1910 su La vitalita
della filosofia nella caducita dei sistemi, Cultura filosofica, V,
1911; per Ie impostazioni sue pili recenti e da vedere, oltre il

88

89

volume citato Problemas y metodos de la investigaeion en historia


de la [ilosofia, Tucurnan 1949, il saggio di Werner Goldschmidt,
Los quehaeheres del historiador de la filosojia, in Estudios de
historia de la filosojia en homenaje al professor R. Mondolfo,
Tucuman 1957, I, pp. 11-50).
D'altra parte proprio lavori come L'lnfinito del Mondolfo
(1934), che del resto proveniva dal positivismo e da studi marxi
stici, contribuivano in concreto a logorare le prospettive care agli
idealisti. SuI terreno di quelle ricerche medesime che aveva pro
mosso, l'attualismo veniva battuto, mentre anche il contributo dei
neoscolastici, particolarmente in talune zone ben definite, chiede
va nuovi approfondimenti e la messa a fuoco di non pochi proble
mi. L'apporto degli studiosi dell'antichita, filologi e filosofi, dal
Bignone al Calogero, metteva in crisi non piccola parte delle
costruzioni consacrate. Accanto alle storie 'classiche' quali Zeller,
Hoffding, Windelband, cominciavano a circolare i saggi di Dil
they, di Troeltsch, di Cassirer, da un lato, di Gilson dall'altro. Nel
'30 il De Ruggiero, nel presentare la terza parte della sua Storia
dedicata a Rinaseimento, Rijorma e Controrifonna, dichiarava di
vedere ormai in modo molto pili complesso i problemi e i compi
ti della storiografia e sentiva il bisogno di connettere i terni pill
strettamente filosofici ad aspetti sempre pili larghi della vita.
A questa fermento di ricerche si accompagnava una ripresa di
discussioni di metodo. Nel '33, in Civilta moderna che il Codi
gnola apriva aile esigenze pili vive del pensiero italiano ed euro
peo, escono contemporaneamente 10 studio di G. Galli su Filoso
fia e storia della [ilosofia e il saggio importantissimo di Antonio
Banfi su Coneetto e sviluppo della storiografia filosofiea (xCivilta
moderna, V, 1933, pp. 392-427, 552-66). 11 Banfi, non solo dava
una storia della storiografica filosofica in nuee, rna, informatissi
mo delle discussioni vive soprattutto in Germania, esaminava con
acutezza ricerche concrete e scritti di metodologia.
Purtroppo il lavoro del Banfi non ebbe l'eco che meritava;
esso resta come il segno dell'acuirsi della crisi di certe impostazio
ni. Non a caso fra il '37 e il '38 il Guzzo, negli Annali della Scuola
normale superiore di Pisa, diretti dal Gentile, pubblica i suoi sag
gi su Messianismo, dialettismo e gnoseologia seettiea nella storio
grafia filosofiea e su Tre luoghi comuni della storiografia filosofi
ea: i problemi, i passaggi neeessari, il superamento (poi in
Coneetto e saggi di storia della filosofia, Firenze 1940, pp. 1-31).

In quegli anni stessi l'Abbagnano pubblicava Le struttura del


l'esistenza (1939) e il saggio su La rieerea storiea (1942), ove il
problema della possibilita della ricerca storica si presentava in
termini nuovi, mentre la sua Storia della [iloso]ia verra rinnovan
do prospettivc e metodi consacrati.
Dopo la guerra it problema della storia della filosofia si e
posto con vivezza sempre maggiore; sotto 10 stimolo di altre esi
gcnze si e imposta con urgenza la necessita di rivedere i canoni
interpretativi correnti. II tentativo del Dal Pra, con la sua Rivi
sta di storia della filosofia fondata ne! '46, esprime il bisogno di
una storia del pensiero condotta con rigore e consapevolezza.
Bisogno, del resto, non solo italiano, se nello stesso anna il Jour
nal of the History of Ideas dedicava un Symposium, a cui pren
devana parte A. Edel, P.O. Kristeller e Philip P. Wiener, al signifi
cato della history of ideas (su cui sono da vedere i saggi dell'ispira
tore e dell'animatore della rivista Arthur O. Lovejoy, Essays in
the History of Ideas, Baltimora 1948).
In ltalia il dibattito e stato ampio, ne accenna a chiudersi: si
sono gia menzionati spesso i Problemi di storiografia filosofiea
raccolti nel '51 dal Banfi con i saggi, oltre che del Banfi, di Dal
Pra, Preti e Paolo Rossi, cui e da aggiungersi, a iniziativa di F.
Lombardi, il volume miscellaneo Verita e storia con contributi di
Abbagnano, Antoni, Calogero, Cantoni, Frondizi, Geymonat, Ga
rin, Lombardi, Mondolfo, Paci e Spirito. II volume e del '56, rna
raccoglie i testi di un dibattito promosso dalla Societa filosofica
romana nell'anno accademico 1953-54. Nel '53 il Lombardi stesso
aveva pubblicato un saggio di rilievo, appunto su Concetto e
problemi della storia della [ilosofia, mentre nel '54 Enrico Castelli
dedicava un fascicolo dell'Archivio di filosofia (poi tradotto
anche in francese) a La filosofia della storia della filosofia (con
scritti, oltre che del Castelli, di Dempf, De Corte, Del Noce,
Garin, Gouhier, Gueroult, Gusdorf, Husser!, Lombardi, Valori,
Wagner). Nel '56 un gruppo di amici si riuni a Firenze a discute
re alcune categorie storiografiche (unita, precorrimento, supera
mento) su relazioni di Garin, Dal Pra e Paci. Le re!azioni e gli
interventi (di Bobbio, Preti, P. Facchi, Pietro Rossi, A. Vasa, C.A.
Viano) furono pubblicati nei volumi XI, XII e XIII della Rivi
sta critica di storia della Iilosofia, e insieme a osservazioni criti
che uscite nel '56 su Aut Aut (Paci e Garin) e su II Pensiero
(Morpurgo-Tagliabue), nel '57 sulla Rivista di filosofia neoscola

90

91

stica (Olgiati), possono giovare a mettere a fuoco taluni proble


mi. Ma, accanto a questi scritti andranno tenuti presenti, oltre il
saggio gia citato di Pietro Rossi e C.A. Viano del 1955, Il mio
problema della storia della [ilosofia di A. Corsano (Trani 1955),
Note sulla storiografia filosofica italiana di Paolo Rossi (<<11 pen
siero critico, 1955, n. 11; e, sempre del Rossi, Sul lavoro storieo
in filosofia, nel vol. La rieerea filosofica nelle eoscienze delle
nuove generazioni, Bologna 1957, pp. 69-84; La filosofia seolasti
ea e i suoi orientamenti storiografici, Belfagor, XIII, 1958, pp.
162-76). Ad integrare questi punti di vista giovera, oltre la prolu
sione pavese del Pareyson del '51 sull'Unita della filosofia (e la
prolusione del '57, gia citata, di V.E. Alfieri), 10 studio di A.
Massolo, La storia della filosofia eome problema (Firenze 1955);
mentre una posizione di derivazione crociana e nella memoria
di M. Ciardo, Filologia e filosofia nella determinazione del vero
storieo (eAtti dell'Accademia pontaniana, N.S., V, 1955, pp.
209-20). Per la storiografia marxista sara da vedere G. Sasso,
Aspetti della storiografia marxista in Italia (1945-1955), Nord e
Sud, Ill, 1956, pp. 18-46 (con forte accentuazione critical.

GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA*

In un testa del 1933 Gramsci fisso i canoni per 10 studio di una


concezione del mondo che it pensatore non abbia mai esposto
sistematicamente, e quindi non sia consegnata, come tale, a un
singclo scritto 0 serie di scritti, rna debba essere rintracciata
nell'intiero sviluppo del lavoro intellettuale vario in cui gli ele
menti della concezione sono impliciti. In un'indagine del genere
occorre [...] preliminarmente un lavoro filologico minuzioso e
condotto col massimo scrupolo di esattezza, di onesta scientifica,
di lealta intellettuale, di assenza di ogni preconcetto ed apriori
smo 0 partito preso. Si tratta di identificare gli elementi stabili
e 'permanenti', [...] assunti come pensiero proprio, distinguendo
li dal materiale che e servito di stimolo, e fissando dall'intrinse
co gli enventuali periodi e i possibili scarti I.
E osservazione comune di ogni studioso come esperienza
personale - prosegue Gramsci - che ogni nuova teoria studiata
Pubblicato in Nuovi Argomenti, 30, 1958, pp. 154-80, e in Studi
gramsciani, Atti del convegno tenuto aRoma ne.i g~o~i 11-1~ gennaio 1?58:

Editori Riuniti, 1959, pp. 395-418. Le abbreviazioni per I riferirnenti ai


volumi delle opere sono quelle adottate per l'indice generale posto in fondo
al vol. VII. 11 vol. IX e indicato con I'abbreviazione O.N. Si e inoltre usata,
soprattutto per le pp. 202-33, l'Anto!o~ia popo/are,. ~oma 1957, ~ ~u~a di ~:
Salinari e M. Spinella; per altri scntn non raccolti III volume CI Sl e serylt!
delle riproduzioni in Rinascita, vol. 14, 1957, pp, 146-58. De La citta
futura si e usata una riproduzione fotografica del giugno 1952; per I~
grido del popolo l'esemplare della Biblioteca nazionale di Firenze. DI
proposito non si e fatto alcun riferimen~o. e~plicito alIa vas~a lett.eratura
gramsciana, spesso molto notevole. [Non Sl e ritenuto necessano aggiungere
Ie indicazioni delle pagine degli Scritti giovanili, vol. VIII delle Opere,
uscito nel maggio del '58, dopo la pubblicazione di questo studio.]
I M.S. 76-88.

93

con 'eroico furore' (cioe [...] non per mera curiosita esteriore ma
per un profondo interesse) per un certo tempo, specialmente se si
e giovani, attira di per se stessa, si impadronisce di tutta la perso
nalita, e viene limitata dalla teoria successivamente studiata, fin
che non si stabilisce un equilibrio critico, e si studia con profondi
ta, senza perc arrendersi subito al fascino del sistema 0 dell'auto
re studiato. Questa serie di osservazioni valgono tanto piu quanta
piu il pensatore dato e piuttosto irruento, di carattere polemico e
manca di spirito di sistema, quando si tratta di una personalita
nella quale l'attivita teorica e quella pratica sono indissolubilmen
te intrecciate, di un intelletto in continua creazione e in perpetuo
movimento, che sente vigorosamente l'autocritica nel modo piu
spietato e conseguente.
Gramsci - e nota - si riferiva a un eventuale studio su Marx:
eppure ai nostri orecchi suonano indicativi proprio per uno stu
dio sulla sua opera i suoi avvertimenti: distinguere fra scritti
compiuti e pubblicati, e scritti postumi; fra lavori conclusi
(<<un'opera non puo essere mai identificata col materiale bruto
raccolto per la sua compilazione: la scelta definitiva, la disposizio
ne degli elementi componenti, il peso maggiore 0 minore dato a
questa 0 a quello degli elementi raccolti nel periodo preparatorio,
sono appunto cio checostituisce l'opera effettiva). Delle lettere
converra usare con cautela: un'affermazione recisa fatta in una
lettera non sarebbe forse ripetuta in un libro. La vivacita stilistica
delle lettere, se spesso e artisticamente piu efficace della stile piu
misurato e ponderato di un libro, talvolta porta a deficienze di
argomentazioni; nelle lettere come nei discorsi si verificano piu
spes so errori logici: la rapidita maggiore del pensiero e spesso a
scapito della sua solidita 2.
E difficile pensare che Gramsci, nel '33, quando stendeva
gueste .pc~gin~,cosl cp~eci~e, .non avesse preseI1t~_ il_pr02!}~!av~Eo
consegnato aci articoli, pubblicati si, ma che egli stesso considera
va 'provvisori:;Jl~1ts:re; a quaderni d'appunti. Pensava alIa fine;
e del 24 luglio di quell'anno la lettera in cui fa cenno alIa cognata
dei lucidi discorsi pronunciati nel delirio: ero persuaso di mori
re, e cercavo di dimostrare l'inutilita della religione e la sua
inanita, ed ero preoccupato che, approfittando della mia debolez
za, il prete mi facesse fare 0 mi facesse delle cerimonie che mi
2

Cfr. M.S. 137.

94

ripugnavano e da cui non sapevo come difendermi. Pare che per


un'intera notte ho parlato dell'immortalita dell'anima in un sen so
realistico e storicistico, cioe come una necessaria sopravvivenza
delle nostre azioni utili e necessarie, e come un incorporarsi di
esse nel mondo di fuori 3.
E un testo umanamente significativo: ma che documenta
anche la consapevolezza di Gramsci; ed e un testo che, fra l'altro,
richiama una lettera di due anni prima, del 17 agosto 1931, molto
importante ai fini della determinazione dell'intrinseco dei mo
menti della sviluppo del suo pensiero. Ricordando i tempi in cui
era allievo di Umberto Cosmo dichiara che, 'sebbene allora non
avesse precisato la sua posizione', aveva tuttavia il senso di trovar
si su un terreno culturale comune a molti: partecipa'{a.Qloin
J!!Jto._o in parte al movimento morale e intellettuale promosso in
Jtalia da Benedetto Croce, il cui primo punto era questo, che
_ruomo moderno puo e deve vivere senza religione rive lata 0
-.Qsitiva 0 mitologica 0 come altrimenti si vuol dire. Questo punta
mi pare anche oggi il maggior contributo alIa cultura mondiale
che abbiano _~ato gli intellettuali moderni italiani; mi pare una
.Qnquista civile che non deve essere perduta 4.
Senza dubbio era presente qui una polemica precisa contro
una delle 'crisi' periodiche a cui vanno soggetti gli intellettuali
italiani; dopo la Conciliazione taluni convertiti dell'ideal.srno
crociano e gentiliano avevano trovato che una cattedra val bene
una messa. Eppure non era solo una polemica contingente che
operava in Gramsci: egli voleva definire una volta di piu un
tratto permanente del proprio rapporto con Croce e col movimen
to culturale che a lui si richiamava. In una lettera del 6 giugno
del '32 non esitera a dichiarare, in forma nettissima, non solo una
senile convergenza fra Croce e Gentile, ma la funzione di Croce
-.!'1.ell'Italia fascista: la piu potente macchina per conformare
Ie forze nuove italiane agli interessi del gruppo dominante, intima
:inente grato, nonostante qualche superficiale apparenza, al non

L. 229.
L. J32; Cfr. M.S. 199 do era [nel febbraio del '17] tendenzialmente
piuttosto crociano); L.V.N. 247 (dall'Avanti!, 21 agosto 1916): accanto
all'attivita conoscitiva, che ci rende curiosi degli altri, del mondo circostante,
10 spirito ha bisogno di esercitare la sua attivita estetica.
J

95

a caso sempre tollerato filosofo napoletano 5. E dei quaderni


la battuta sulla piu stretta parentela di Croce con i senatori Agnel
_lie_Benni che con Platone e Aristotele; ne a Gramsci era sfuggito
il parallelismo fra certi infelici discorsi di Gentile e la bonaria
difesa crociana (maggio del '24) delle piogge di pugni, in certi
casi utilmente e opportunamente somministrate, 0 di una funzio
ne positiva del fascismo (luglio del '24), per la restaurazione di
un piu severo regime liberale nel quadro di uno Stato forte 6.
Eppure, aceanto all'accusa COSt cruda di una concordia nascosta
fra Croce e il fascismo - non abbracciamento da palcoscenico,
_,"rna sempre [...] concordia e della piu Intima e fattiva - ecco
come Gramsci parla della crociana religione della liberta: Reli
gione della liberta significa [...]j~d~_ nella civilta moderna, che
non ha bisogno di trascendenza e rivelazioni rna contiene in se
.. stessa la propria razionalita e la propria origine.
Gramsci, insornma, anche quando giunse a una posizione
apertamente critica, e ormai del tutto staccata, non rinnego mai,
non solo una personale esperienza crociana, rna il valore perma
nente di certi temi, anche se poi in questi fatti umani - per usare
le sue parole - la concordia si presenta sempre [...] come una
lotta e una zuffa, E chi ricerchi, oltre gli scarti, gli elementi

stabili e permanenti e il ritmo del pensiero in isviluppo [00'] piu


importante delle singole affermazioni casuali 0 degli aforismi stac
cati, non potra nascondersi un costante riferimento, e magari
alla fine per combattere 0 rifiutare, a tutta una problematica
legata a quel vario rinnovarsi della cultura italiana che si mosse
intorno all'attivita del Croce. Anche se poi, spesso, molto piu che
di Croce, dovrebbe Farsi il nome del De Sanctis 0 del Labriola, e
perfino, in sede di critica letteraria, di Renato Serra, che crociano
senza dubbio non era, rna che Gramsci, in quella commossa pagi
na in cui pianse la morte di uno dei pochi veri uomini nuovi, uni
a De Sanctis e a Croce 7. Tanto riusci a influire, anche su una
mente acutissima, il mito di un comune rinnovamento culturale
avvenuto sotto il segno del nuovo idealismo,
D'altra parte proprio questa senso estremamente largo attri
buitQpiuttostoa un orientamento culturale che a posizioni specifi
~ .. deve rend ere molto cauti nel tentativo di sottolineare in
Gramsciil memento 0 l'aspetto 0 l'influenza di Croce. E di nuo
vo, rna rovesciandone l'uso, bisognera tener presente l'avvertenza
. slla,~ssere il ritmo del pensiero in sviluppo piu importante delle
singole affermazioni casuali,
--- Al qual proposito e Forse opportuna, in margine agli avverti
menti metodologici prima sottolineati, ancora qualche postilla
sulla questione piu volte dibattuta della frarnmentarieta dei 'qua
derni'. Che Gramsci si rendesse conto del pericolo insito in essa,
risulta chiaro. Come e altrettanto evidente che non gli sfuggivano
Ie insidie dell'isolamento del careere che, se poteva rendere in
certo modo essenziale la sua riflessione, rischiava anche di

5 L. 192-93. Sulle crisis degl'intellettuali (oltre le osservazioni sui Giulia


no, pubblicate in Energie nuove, febbraio 1919) e da rileggere, ne La
citta futura, Margini, 3: gli uomini cercano sempre fuori di se la ragione
dei propri fallimenti spirituali ... (con quel che segue).
e La Critica, XXII, 1924 (20 maggio), p. 191: non e detto [...j che la
eventuale pioggia di pugni non sia, in certi casi, utilmente e opportunamente
somministrata: Pagine sparse, vol. II, Napoli 1943, pp. 371-79 (dal Gior
nale d'Italia, 27 ottobre 1923; Corriere italiano, I febbraio 1924; Gior
nale d'Italia, luglio 1924). Nell'ultima intervista (luglio '24), p. 377, si legge:
esso [fascismo] non poteva e non doveva esser altro, a mio parere, che un
ponte di passaggio per la restaurazione di un pill severo regime liberale, nel
quadro di uno Stato pili forte [...j. Poteva ben soddisfarsi della non piccola
gloria di ridare tono e vigore alia vita politica italiana, cogliendo, per merito
dei gia combattenti, il miglior frutto della guerra [...j. Non si poteva aspetta
re, e neppure desiderare, che il fascismo cadesse a un tratto. Esso non e
state un infatuamento 0 un giochetto. Ha risposto a seri bisogni e ha fatto
molto di buono, come ogni animo equo riconosce. Si avanzo col consenso e
tra gli applausi della nazione ..., Nel ristampare queste pagine nel '43 (il
volume fu finito il 20 marzo del '43) il Croce annotava: L'autore [...j non
intende punto sottrarsi alia taccia che [...j gli puo essere data di facile
ottimismo e di non sufficiente preveggenza politica (cfr. N. Bobbio, Politica
e cultura, Torino 1955, pp. 217 sgg.; M. Abbate, La filosofia di Benedetto
Croce e La crisi della societa italiana, Torino 1955, pp. 221 sgg.).

7 II grido del popolo di Torino,


20-11-1915: il Serra ha dato una
lezione di umanita: in cio egli ha veramente continuato Francesco de San
ctis, il pill grande critico ehe l'Europa abbia avuto [...l- Ora non possiamo
aspettarci pill nulla da Renato Serra. La guerra l'ha maciullato, la guerra
della quale aveva scritto eon parole cosi pure, eon eoncetti cosi ricchi di
visioni nuove e di sensazioni nuove. Una nuova urnanita vibrava in lui: era
l'uomo nuovo dei nostri tempi, che tanto ancora avrebbe potuto dirci ed
insegnarci. Ma la sua luee s'e spenta e noi non vediamo aneora chi per noi
potra sostituirla.... Ne La citta futura (Numero unico, Torino, 11 febbraio
1917), ove pure riporta un lungo testa di Salvemini sui coneetto di cultura,
nel riprodurre anche un testo di Croce, Gramsci 10 chiama il pill grande
pensatore d'Europa in questa memento. E pili oltre tMargini. 6), a proposi
to del socialismo scientifico di Claudio Treves, rimanda al positivismo
filosofico (equesta concezione non era seientifica, era solo meeeaniea, arida
mente meeeanica [...J ne e rimasto il ricordo scolorito nel riformismo teorico
[...J un balocco di fatalismo positivista),

97

96

impoverirla. La prigione - scrive nel '32 a proposito di un sag


gio su Carlo Bini - e una lima COS] sottile, che distrugge completa
mente il pensiero, oppure fa come quel maestro artigiano, al
quale era stato consegnato un bel tronco d'olivo stagionato per
fare una statua di san Pietro, e taglia di qua, taglia di la, correggi,
abbozza, fini col ricavarne un manico di lesina. Sono righe di
una consapevolezza crudele, che vien fatto di mettere a fronte al
programma di lavoro tracciato COSI organicamente, e con Sl ampio
respiro, nella ben nota lettera del 18 marzo 1927. Dell'inattuabili
ta di quel piano Gramsci si accorse subito: e non tanto per gli
ostacoli materiali - mancanza di libri, irnpossibilita di compiere
indagini preliminari - rna soprattutto per la condizione 'mentale'
in cui era costretto (<<mi e molto difficile abbandonarmi completa
mente ad un argomento 0 ad una materia e sprofondarmi in essa
[ ...J come si fa quando si studia suI serio) 8. E tuttavia nella
frammentarieta dei quaderni non si traduce solo quella disperata
volonta di operare che faceva suo il motto della saggezza Zulli:
~<~lTIeglio avanzare e morire, che fermarsi e morire. Se nelle nota
_ zioni epigrammatiche si esprime la forza polemica di un pensiero
estremamente lucido, a proposito delle rapide, minute, puntiglio
__~.ea_I!notazioni puo ripetersi quello che egli ebbe a dire del Croce
rninore: che hanno un maggiore evidente legame con la vita,
, col movimento storico concreto. D'altra parte, mentre non man
cano testi di ampio respiro, e di stesura quasi compiuta, non e
difficile individuare anche nei frammenti la costanza di temi ritor
nanti in un contesto unitario profondo. Manca la forma sistemati
ca, non la coerenza intima. Si crede volgarmente - egli osserva
una volta - che scienza voglia assolutamente dire 'sistema', e
percio si costruiscono sistemi purchessia, che del sistema non
hanno la coerenza intima e necessaria rna solo la meccanica este
riorita 9. Al contrario non di rado alia forza di un metodo preci
so e di una chiara concezione la forma frammentaria offre la pos
8
9

P. 130; L. 27-28; 39 (23 maggio 1927).


M.S. 131. Cfr. p. 179: disso1uzione [in Croce] del concetto di 'sistema'

chiuso e definito e quindi pedantesco e astruso in filosofia: affermazione che


la filosofia deve risolvere i problemi che il processo storieo nel suo svolgi
mento presenta volta a volta. La sisternaticita e ricercata non in una esterna
struttura architettonica rna nell'intima coerenza e feconda comprensibilita di
ogni soluzione partieolare. II pensiero filosofico non e concepito quindi
come uno svolgimento - da pensiero altro pensiero - rna pensiero della
realta storica ecc..

98

sibilita di puntualizzare le 'piccole cose m un voluto contrasto


con la tendenza a vedere Ie cose oleograficamente, nei momenti
culminanti di alta epicita. Nella realta - si legge in un testa
esemplare - da dovunque si cominci a operare, Ie difficolta ap
paiono subito gravi perche non si era mai pensato concretamente
a esse; e siccome occorre sempre cominciare da piccole cose (per
10 pili le grandi cose non sono che un insieme di piccole cose) la
'piccola cosa' viene a sdegno; e meglio continuare a sognare, e
rimandare l'azione al momenta della 'grande cosa' 10.
L'esigenza del concreto contro ogni residuo 'aroma speculati
vo' porto Gramsci a insistere sui metodi della 'filologia', suI deter
minatissimo 'certo' 1'. Scrive a Berti, nel '27, contro Ie idee genia
li : penso che la genialita debba essere mandata nel 'fosso' e
debba invece essere applicato il metodo delle esperienze pili minu
ziose 12. E la ricerca, minuziosa insieme e duttile, la notazione
precisa, venne a trovare un modo espressivo congeniale nella
breve nota, nell'appunto rapido, che tuttavia rimanda di continuo
a una fondamentale unita d'orientamento. Ove non si vuol gia
10 P. 7.
" M.S. 191: la fiJosofia della prassi deriva certamente dalla concezione

immanentistica della realta, rna da essa in quanto depurata da ogni aroma


speculativo e ridotta a pura storia 0 storicita 0 a puro umanesimo. Se il
concetto di struttura viene concepito 'speculativamente', certo esso diventa
un 'dio ascoso': rna appunto esso non deve essere concepito speculativarnen
te, rna storicamente, come l'insieme dei rapporti sociali in cui gli uomini
reali si muovono e operano, come un insieme di condizioni oggettive che
possono e debbono essere studiate coi metodi della 'filologia' e non della
'speculazione'. Come un 'certo' che sara anche 'vero', rna che deve essere
studiato prima di tutto nella sua 'certezza' per essere studiato come 'verita'.
Non solo la filosofia della prassi e connessa all'immanentismo, rna anche
alla concezione soggettiva della realta, in quanta appunto la capovolge,
spiegandola come fatto storico, come 'soggettivita storica di un gruppo
sociale', come fatto reale, che si presenta come fenomeno di 'speculazione'
filosofica ed e semplicemente un atto pratico, la forma di un contenuto
concreto sociale e il modo di condurre I'insieme della societa a foggiarsi una
units morale. L'affermazione che si tratti di 'apparenza', non ha nessun
significato trascendente 0 metafisico, rna e la semplice affermazione della
sua 'storicita', del suo essere 'morte-vita', del suo rendersi caduca perche una
nuova coscienza sociale e morale si sta sviluppando, piu comprensiva, supe
riore, che si pone come sola 'vita', come sola 'realta' in confronto del passato
morto e duro a morire nella stesso tempo. La filosofia della prassi e la
concezione storicistica della rea Ita, che si e liberata da ogni residuo di
trascendenza e di teologia anche nella lora ultima incarnazione speculativa;
10 storicismo idealistico crociano rimane ancora nella fase teologico-specu
lativa.

" L. 41.

99

negare la presenza, nei quaderni, di non pochi testi ancora infor


mi; si vuol rifiutare la tesi sostenuta dal Croce nel '48 che i
quaderni costituiscano solo una congerie di pensieri abbozzati 0
tentati, di interrogazioni a se stesso, di congetture e sospetti spes
so infondati, comunque privi sempre di quel pensiero sintetico
che scevera, fonde, integra in un tutto 13.
Non diverso discorso dovra farsi, del resto, a proposito delle
altre opere del Gramsci: Ie lettere, e, innanzitutto, gli articoli del
periodo anteriore all'arresto. Di essi e nota il giudizio che l'autore
dette nel settembre del 1931: pagine scritte alIa giornata e,
come tali, destinate a morire dopo la giornata 14. In realta, di
"nuevo, Ia forma espressiva e solidale con un modo d'intendere la
funzione della scritto, an~L4el pensiero, della riflessione; e, se si
__vuole usare il termine grave, della filosofia~In una delle sue
osservazioni piu acute Gramsc] cerchera di chiarire il senso di
una conversione 'non speculativadellafilosofia nellastoria: ed e
._ un testo da tener presente per intendere anche la vicinanza e la
Iontananza qellJL~Q11cezione.gramscianada identificazioni appa
rentemente analoghe proposte in sede idealistica: l'indentita filo
sofia-storia porta alIa conseguenza che occorre negare lafiloso
fia assoluta' 0 astratta e speculativa, cioe la filosofia che nasce
~Qalla precedente filosofia e ne eredita i 'problemisupremi'icosid
_~etti, 0 anche solo il 'problema filosofico', che diventa pertanto
_un problema di storia, di come nascono e si sviluppano i determi
nati problemi della filosofia. La precedenza passa [...] alIa storia
~~le dei rapporti sociali, dai quali quindi [...] sorgono (0 sono
presentati) iproblemi che il filosofo si.propone ed.elabora. Se la
filosofia
storia della filosofia, .se la filosofia 'storia', se la
filosofia si sviluppa perche si sviluppa la storia generale del mon
.-4-0 (e cioe i rapporti sociali in cui gli uomini vivono); e non gia
perche a un grande filosofo succede un piu grande filosofo e COS!
_~i.a, e chiaro che lavorando praticamente a fare storia si fa anche
filosofia... rs.
-
- - ..Co~~entare questo testa fino in fondo, seguirne Ie genesi e
discuterne il senso, porterebbe ad un'analisi completa del pensie
ro di Gramsci, che a me qui non compete: sarebbe necessario

13 Ouaderni della Critica, to, 1948, pp. 78-79.

:: L. 137 (sulla 'frammentarieta', pref. a M.S., XIX-XX).

M.S. 233-34.

100

infatti seguire il maturare della sua riflessione attraverso la lotta


politica, che 10 porto a leggere, 0 a rileggere con occhi resi diversi
da eventi decisivi, le pagine medesime di Marx 16. Ma in tale
prospettiva, e nel modo d'intendere il filosofo individuale, an
dra ricollocata tutta l.!l.sul'limpostazione delle vicende degli intel
...k1t.\l!lH italiani: tutta la sua storia della filosofia, della cultura;
_snzi, a un certo pun to, tutta la storia italian a cereata nel concreto
. degliindividui pensanti e operanti, pensanti in quanta operanti, e
.~apaci di rendersi conto, e di rendere conto in precise proposizio
ni teoriche volte a suscitare nuove azioni.
Comunque a qualche conclusione preliminare sembra possibi
le giungere circa il linguaggio gramsciano: e respinta la tesi degli
'inconditi abbozzi', degli articoli di giornale occasionali, e delle
lettere edificanti, sara da considerarsi con cautela anche il concet
to di unJl frammentarieta dovuta a una situazione anormale di
lavoro - -~once'tto in cui rischia di insinuarsi l'idea di una non
.organicita, e quindi di una non consapevolezza fondamentale. E
neppure, per le ragioni indicate, sara da accettare un netto distac
co fra l'elaborazione del periodo dal '27 in poi e l'attivita prece
dente, quasi di un momenta di pensiero posteriore a quello del
l'azione: opera di storico succeduta a quella del politico. Senza
dubbio uno sviluppo nel pensiero gramsciano e innegabile - nes
suno potrebbe porre mai sullo stesso piano l'articolo del Grido
del popolo in morte di Renato Serra e i testi dei quaderni su
Croce. Ma si tratta di una chiara linea di approfondimento, non
della verifica di una dialettica di tipo crociano fra un pensiero e
un'azione fra lora 'distinti'. La saldatura di teoria e pratica, di
pensiero e azione, fu anzi in Gramsci, a un certo momento, COS!
'realmente' raggiunta che, come i suoi piu energici articoli di
Ordine Nuovo mettono efficacemente e criticamente a Fuoco le
questioni del momento in cui operano, cosl, quanto piu profondo
I. Sono da rileggere gli articoli del '18, quali La eritiea eritiea (<<II grido
del popolo, 12 gennaio 1918): La nuova generazione pare voglia ritornare
alia genuina dottrina di Marx, per la quale I'uomo e la realta, 10 strumento
di lavoro e la volonta non sono dissaldati, rna si identificano nell'atto
storico. Credono pertanto che i canoni del materialismo storico valgano solo
post factum, per studiare e comprendere gli avvenimenti del passato, e non
debbano diventare ipoteca suI presente e suI futuro ...; 0 Il nostro Marx (4
maggio 1918: non e un mistico ne un metafisico positivista; e uno stori
co...). Poi vennero altre letture di Marx, letture di Lenin, e, soprattutto,
esperienze decisive [cfr. P. Togliatti, Gramsci e it leninismo, in Studi gram
sciani, cit., pp. 41944].

101

sembra farsi il suo ironico distacco 17, tanto pill aderente si rivela
il suo pensiero al mota delle case, pill pertinenti Ie osservazioni,
pill legate alle vicende effettuali: unitarie nell'ispirazione, puntua
lizzate nella scarno linguaggio di una nota. COS! fu costantemente
partecipe al dibattito culturaleanche nel memento della sua segre
.ECizigne e losegui fin negli aspetti marginali, in un dialogo serra
to con I'altra posizione allora effettivamente significativa da noi:
- con I'interpretazione della storia d'Italia elaborata sotto la spinta
della storicismo crociano. Al qual proposito, forse, non giova
- 'molto chiedersi se per avventura altre voci, soffocate dalla cosid
detta rinascita idealistica, fossero pill importanti, e meritassero
maggiore attenzione e pill equo giudizio. Gramsci non intendeva
fare opera di ricercatore erudito: la sua concezione del pensatore
e della storico 10 impegnava, in una situazione concreta, a scelte
reali. Ese, oggi, noi possiamo spesso considerare con occhio
distaccato non poche impostazioni e valutazioni che ancor ieri
sembravano dominanti; se, a un certo punto, anche i famosi 'con
ti con Croce' si possono supporre un capitolo chiuso della storia
della nostra cultura - rna non so, per ora, quanta sarebbe serio
farlo - non dovremmo dimenticare il contributo singolare che
all'esaurimento dall'interno di tante tesi ha dato proprio I'analisi
gramsciana, la quale, sottolineando con singolare energia la soli
darieta di certi ideali e di certe visioni con una situazione, ha
aperto la strada ad altre scelte e ad altre possibilita. E come sui
terreno dottrinale a un certo Hegel, a un certo Marx, a un certo
Labriola e, magari, a un certo Machiavelli, oppose un'altra possi
bilita interpretativa, COS! a un'altra storia d'Italia volle saldare
un'altra azione politica. Alia linea nazional-retorica, pill che stori
cistic.!!)d~alistica, pill che religiosa clericale, pill che liberale con:
servatrice, e pill che conservatrice fascista, intese opporre una
Italia capace'cli riscattare in tutta la sua storia altre possibilita
costantemente vinte, soffocate 0 mistificate. E proprio perche era
-lin politico e non un filosofo - e con cia si vuol dire solo che era
anche uno storico e un filosofo serio, e non un professore - non
.si preoccupo di raccogliere in candidi mazzolini temi incontamina
ti. perche a tutti estranei, rna combatte sui terreno reale, nella
.situazione reale, ed .affronto l'unica posizione veramente operante
in Italia (enon a caso era tale), veramente potente, e con essa si
17

L. 58.

impegno: ne prese talora il linguaggio, vide I'ambito della sua


-vaTidita, non ne sottovaluto ne l'importanza, ne la forza, ne Ie
conquiste reali. Oggi puo sembrare che sulla linea Romagnosi-Cat
taneo ci fosse una forza teorica pill robusta: e puo darsi 18; rna in
. tll1~~!.ali.a non a caso culturalmente croci ana e gentiliana, che ave~
_ va scelto una propria tradizione storica convergente verso un
esito politico molto chiaro, un impegno culturale serio non pote
va muoversi che consumando dall'intrinseco certe posizioni
ossia svelando Ie mistificazioni di Machiavelli come di Marx,
di Hegel come di De Sanctis 0 di Labriola: ossia ripercorrendo
tutta una serie di scelte storiografiche che erano anche scelte
_ politiche, e mettendo via via in evidenza il punto della deviazio
ne: ed anche questo, oltre la semplicistica divisione di cia che e
_.\::ivo da cia che e morta, in una superiore comprensione capace di
__. cogliere la diversa valenza dei temi, in modo da opporre a rifiuti
_.antistorici rapporti precisi.
~La rottura con una certa tradizione e la lotta per un'altra
Italia si configurano COS! - agli occhi di Gramsci - saldamente
radicate nella stessa storia d'Italia:_rappresentano la vittoria di
_forze vitali, di possibilita positive contro soluzioni esaurite: e
18 Gobetti,
nel '24, indicava fra i maestri pili diretti del Grarnsci
Salvemini. del Cattaneo grande ammiratore (editore, nel '22, presso il Tre
v~s, di una antologia molto significativa). Che, per vie mediate, il positive
di Carlo Cattaneo (per usare la distinzione del Labriola fra positive- e
positivistico) pas sasse in Gramsci, e comprensibile. Ma una meditazione
approfondita non risulta; il nome di Cattaneo (vgiacobino con troppe chime
re in testa, come 10 chiama in una lettera nel '31) compare nei volumi delle
opere una diecina di volte circa, e sempre in riferimenti generici, che, come
nel casu de La citta, mostrano un desiderio di letture piuttosto chc letture
gia fatte. Certo, acuto com'era, Gramsci si rese ben conto che anche in
posizioni legate al positivismo non mancavano temi fecondi (basterebbero
i richiami a Vailati, i'accenno alia teoria della previsione- in Limentani
ecc.). Ma la sua battaglia era altrovc. [Su questo pun to, e in genere suI
rapporto di Gramsci col positivismo, sono da vedere ora Ie riserve di P.
Ungari, nel saggio molto acuto su Positivismo, neopositivismo e cultura
socialista, Rivista storica del socialismo, I, 1958, pp, 331 e 337. A dire il
vero le parole devono avere, almeno in parte, singolarmente tradito il mio
pensiero, che intendevo solo ribadire, specialmente a proposito della comuni
cazione di Geymonat (Studi gramsciani, pp, 147-8), proprio quanta m'era
avvenuto di scrivere anche altra volta (sui Ponte, XII, 1956, p. 799). A
proposito poi dei limiti derivati a Gramsci proprio dalla storiografia idcalisti
ca (su cui efr. anche S. Radota in Nord e Sud, marzo 1958, p. 46)
converra forse scendere a pili precise confutazioni di una affermazione che
puo fondarsi Sll cosi numerose testimonianze fornite dai Quaderni del car

cere.]

102

103

sono, percio stesso, non pili parziali, rna vera mente rispondenti
all'aspirazione di tutta l'Italia, di tutta la sua storia, di tutto il suo
popolo.Dome non rieordare l'artieolo pubblicato nel '19 sull'Or
dine Nuovo, a propos ito dei rivoluzionari russi 19: hanno siste
. mato in organismo complesso e agilmente artieolato la [...] vita pili
-lntLr1!!lllkLpopolo-:J,.-la--sua-tFadizieRee la sua storia spirituale e
sociale pili profonda [...]. Hanno rotto col passato, rna hanno conti
nuato il passato; hanno spezzato una tradizione, rna hanno svilup
pato e arriechito una tradizione [...]. In cio sono stati rivoluziona
ri in quanta hanno rivelato al popolo che il nuovo Stato era il
suo Stato, la sua vita, il suo spirito, la sua tradizione. La rivoluzio
ne non va mai contro il mota storieo: e il punto in cui il processo
rompe gli argini che ]0 volevano chiudere - in cui gli istituti gia
elaborati come strumenti si irrigidiscono in barriere: e veramente,
per usare ancora un'espressione gram sciana, Ia protesta del dive
nire storico contro ogni irrigidimento e ogni impaludamento del
dinamismo sociale. E prosegue: Ia critiea marxista all'economia
liberale e la critiea del concetto di perpetuita degli istituti economi
ci e politici; e la riduzione a storicita e contingenza di ogni fatto, e
una lezione di realismo agli astrattisti pseudo-scienziati.
Non e facile staccarsi da questi testi gramsciani, cosi limpidi e
precisi, suI processo storieo come effettiva conquista di liberta,
contro ogni mistificazione del socialismo, contro ogni esperanti
smo pseudo-marxista che non tenga conto della vita reale di un
popolo 20. Tutti gli articoli del '19 andrebbero sottolineati con
que lIe lora dichiarazioni nettissime: l'esperienza liberale non e
vana, e non puo essere superata se non dopo averla fatta; la
creazione della Stato proletario non e[...] un atto taumaturgieo: e
[...] un farsi, e un processo di sviluppo. L'urto contro le cristalliz
zazioni in nome del processo di liberazione umana produce, e
vero, una scissione, che e di tutti: gruppi contro gruppi, l'uomo

a.N.
a.N.

7 (7 giugno 1919).
4-5, 9, 15, 18. A proposito dell'esperantismo e interessante l'artico
10 La lingua unica e l'esperanto, II grido del popolo, 16 febbraio 1918 (con
le iniziali A.G.): Quale atteggiamento devono prendere i socialisti in con
fronto dei banditori di lingue uniche? [...] combattere quelli che vorrebbero
che il partito si faccia sostenitore e propagatore dell'esperanto. E prosegue:
non c'e nella storia, nella vita sociale, niente di fisso, di irrigidito, di
definitivo. E non ci sara mai. Nuove verita accrescono il patrimonio della
sapienza, nuovi bisogni, nuove curiosita intellettuali e morali pungono 10
spirito... .
19

20

104

contro se stesso; rna 10 scisma del genere umana non puc durare
a lungo. L'umanita tende all'unificazione interiore ed esteriore,
tende ad organarsi in un sistema di convivenza pacifica che per
metta la ricostruzione del mondo. Gramsci combatte senza posa
JLeKJ.,1n marxismo che sia davvero, com'egli dice, umanismo integra
)e: e proprio per questo non esita a ribellarsi contro ogni economi
,smo e ogni determinismo assoluto: La pretesa - ribadisce - pre
sentata come postulato essenziale del materialismo storico, di
esporre ogni fluttuazione della politiea e dell'ideologia come
un'espressione immediata della struttura, deve essere combattuta
teorieamente come infantilismo primitivo. E in un testo dell'or:-',
dine Nuovo aveva ben precisato cosa fosse il suo umanesimo '
i~
l in tegra le : stt!~ia, nella storia, tanto le forze economiche che Ie
forze spirituali.Jestudia nelle interferenze reciproche, nella dialet

tica che si sprigiona dai cozzi inevitabili tra la c1asse capitalista,

essenzialmente economiea, e la c1asse proletaria, essenzialmente


spirituale, tra la conservazione e la rivoluzione. La dernagogia,
I l'illusione, 1# menzogna, la corruzione della societa capitalistica
II non sono accidenti secondari della sua struttura; sona inerenti al
disordine, allo scatenainento delle brute passioni, alIa feroce con- ,.~
correnza in cui e per cui la societa capitalistica vive [...]. Le
prediche, gli stimoli, Ie moralita, i ragionamenti, la scienza, i 'se'
[...] sono inutili e ridicoli. La proprieta privata capitalistiea dissol
ve ogni rap porto d'interesse generale, rende cieche e torbide le
coscienze. II lucro singolo finisce sempre col trionfare di ogni
buon proposito, di ogni idealita superiore, di ogni programma
morale; per guadagnare centomila lire si affama una citra: per
guadagnare un miliardo si distruggono venti milioni di vite umane
e duemila miliardi di ricchezza. La vita degli uomini, Ie conquiste
della civilta, il presente, l'avvenire sono in continuo pericolo.
Economismo, . determinismo icieco e meccanico, astrattismo

-!eologiz~B~__~_e<;co le accuse. che l'umanismo di Gramsci rivolge

~l~,_c_()!Lyi&..Qre .di argomenti, dalle colonne dell'edizione pie

montese dell'Avanti!,a Einaudi 21. L'economia studia i 'fatti' e


-trascura gli 'uomini': i processi storici sono visti come regolati da
leggi perpetuamente simili, immanenti alIa realta dell'economia
che e concepita avulsa dal processo storico generale. II meccani
smo economico si pone come autonomo: puo venir 'turbato'

21

a.N.

232-35.

105

dagli uornini, rna non ne e determinato e vivificato; e uno


schema, un piano prestabilito, una via della provvidenza, una
utopia astratta e materialistica, che non ha mai avuto e non avra
mai incastro nella realta storica, Gli economisti di tipo einaudia
no hanno tutta la mentalita dei sacerdoti; sono queruli e sconten
ti sempre, perche le forze del male impediscono che la citra di
Dio venga da loro costruita in questa basso mondo.
Nell'idea di una 'natura' umana si cela un residuo 'teologico'
e 'metafisico'. <<J:,a natura dell'uorno - insiste Gramsci - e la
)toria' [...] se [...] si da astoria il significato di 'divenire' di una
~concordia discors' che non parte dall'unita, rna ha in se le ragioni

_ di una units possibile; percio la 'natura urnana' non puo ritrovar

-si in nessun uomo particolare rna in tutta la storia del 'genere'

.' umano 22. Ove, ancora, quella 'storia del genere umano' lungi
dall'essere pura dialettica concettuale e storia di uomini reali in
rapporti reali, in cui i processi che modificano le situazioni e la
coscienza che se ne ha, i pensieri e le opere, sono indissolubilmen
te legati. Si giunge cost [...] all'[ ...] equazione fra 'filosofia e
politica', fra pensiero e azione, cioe a una filosofia della prassi
[... ].~a sola filosofia e la storia in atto 23 - la storia che riguar
da gli uomini viventi [...] tutti gli uomini del mondo in quanta si
_ uniscono tra loro in societa, e lavorano e lottano e migliorano se
stessi 24.
Proprio per questa la politica di Gramsci doveva saldarsi
indissolubilmente con una visione storica, anzi con una revisione
della storia di quel popolo a cui apparteneva e tra cui operava.
Scoprire e inventare modi di vita originali - com'egli dice - non
si puo se non rispondendo concretamente e positivamente a do

mande reali, essenziali, maturate nella storia d'Italia, individuan


dole in una comprensione dei rapporti fra le sue molteplici com
ponenti, e non isolandone alcune, 0 mutilandole per difendere
interessi di parte. E bastera rileggere gli articoli pubblicati sul
J'Avanti! nel novembre del '19, e riflettere suI sl detto a Ca
vour, e sul no detto a Giolitti, per comprendere, non solo la
maturita della visione gramsciana della storia d'Italia, rna anche
la sua vibrante condanna dell'esperantismo e la sua insistenza
sulle traduzioni nazionali dei grandi moti della storia 25. 11 ri
corrente richiamo a Kant che decapita Dio, mentre Robespierre
decapita il re, non vuole indicare soltanto il rapporto fra una
tranquilla teoria che cambia le idee, e una rivoluzione che
muta la societa: vuol richiamare al problema della traduzione
varia in linguaggi nazionali di posizioni dottrinali equivalenti .
La gramsciana filosofia della prassi, se respinge ogni mistificazio
ne speculativa,JifiuliL:ogni~ntismo; tnld\lc~ilmarxismo in
italian2LQ~ia int~nd5':rispondere alle richieste maturateTti'n'go la
storia italiana in modo ad esse appropriato 26. Non e, insornma,
unformulario di risposte prefabbricate, rna un modo di individua
re le dornande, e un metodo per rispondervi realmente, non evasi
vamente.
Ne Gramsci poneva limite alcuno alla storicita della filosofia
della prassi: nata quale manifestazione delle intime contraddizio
ni da cui la societa e stata lacerata [...] non puo evadere dall'attuale
terreno delle contraddizioni: anch'essa 'provvisoria' in nome del
Ia storicita di ogni concezione del mondo e della vita. E si puo
persino giungere ad affermare che, mentre tutto il sistema della
filosofia della prassi puo divenire caduco in un mondo unificato,
molte concezioni idealistiche, 0 almena alcuni aspetti di esse, che
sana utopistiche durante il regno della necessita, potrebbero di
ventare 'verita' 27. Avviene, e vero, che la stessa filosofia della
prassi tenda a diventare una ideologia: tenda, anch'essa, a conce
dere a necessita esteriori e pedantesche di architettura del siste
ma e ad idiosincrasie individuali: tenda insomma a Iarsi asto
rica. Lo sforzo costante di Gramsci e stato quello appunto di
opporsi a qualsiasi trasformazione della filosofia della prassi in

" M.S. 31-32.


23 Seguita: in questo sen so si puo interpretare la tesi del proletariato
tedesco erede della filosofia classica tedesca - e si puo affermare che la
teorizzazione e la realizzazione dell'egemonia fatta da Lenin e stata anche un
grande avvenimento 'rnetafisico'. E ancora (M.S. 32): nella storia l'ugua
glianza reale, cioe il grado di spiritualita, raggiunto dal processo storico della
'natura umana', si identifica nel sistema di associazioni 'private e pubbliche',
'esplicite ed implicite' che si annodano nella 'Stato' e nel sistema mondiale
politico: si tratta di 'uguaglianze' sentite come tali fra i membri di un'associa
zione e di 'diseguaglianze' sentite tra le diverse associazioni; uguaglianze e
diseguaglianze che valgono in quanta se ne abbia coscienza individualmente
e come gruppo. A proposito di Lenin, e interessante il testa di Croce,
Pagine sparse, cit., II, p. 177.
24 L. 255.

" D.N. 299-301: M.S. 61-62.

ze M.S. 61, 63 sgg., 67.

27 M.S. 96.

106

107

una metafisica 0 teologia, per svolgerne uno 'storicismo' assolu


to, inteso come mondanizzazione e terrestrita assoluta del pen
siero, come un umanismo assoluto della storia.
Per questa l'attivita critica, la sola possibile, e impiegata co
stantemente a risolvere i problemi che si presentano come
espressione della svolgimento storico: e poiche l'unita della
storia, cio che gl'idealisti chiamano unita della spirito, non e un
presupposto rna un continuo farsi progressive, l'indagine storica
e di continuo sollecitata a riesaminare le scelte gia operate in
funzione di certi modi d'agire, per saggiarne la validita, respinger
ne l'insufficienza, risolverne la parzialita in un'azione piu com
prensiva, davvero popolare e nazionale.
-- Di fronte alIa cultura tradizionale, a tutta la vicenda di un
( paese quale e sboccata nella situazione del presente, di fronte alIa
cultura presente, la filosofia della prassi tende, non a rifiuti radi
cali 0 a scelte interessate.jma a una visione comprensiva, la piu
. comprensiva possibile, capace di intendere le radici di ogni termi
$_incontra.sto, senza isolare le idee dalle cose, i gruppi dominan
. ti dalle forze che lottano per la propria elevazione, i vincitoridai
.vinti: e soprattutto non considera mai la vittoria di un gruppoo
_diJ.m'idea ragione sufficiente per dimenticare 0 condannare senza
~~!1oLvmti. D'altra parte se e facile trovare nel passato [... J
tutto quello che si vuole manipolando le prospettive e l'ordine
-delle grandezze e dei valori (e attraverso l'immorale sollecita
zione dei testi): se e vero che la tradizione italiana presenta
filoni molteplici, e pur vero che sara atteggiamento storicamente
serio e particolarmente costruttivo solo quello che piu elevato
avra il senso della molteplicita e della distinzione. Si condanna
in blocco il passato quando non si riesce a differenziarsene 0
almeno Ie differenziazioni sono di carattere secondario e si esauri
scono quindi nell'entusiasmo declamatorio 28.
Costretto a trasferire la propria attivita su un piano diverso,
nei quaderni Gramsci tende soprattutto a una storia della tradizio
,gt:c:ulturale italiana vista nel concreto della vita dei gruppi intel
lettuali allo scopo di definire una 'concezione del mondo'. La
fondazione di una classe dirigente - egli scrive - (e cioe di uno
State) equivale alla creazione di una Weltanschauung, che, d'al
.tra parte, non e solo elaborazione 'individuale' di concetti siste
28

.m!.ticamente coerenti, rna inoltre e specialmente [...J lotta cultura


le per"trasformare' la 'mentalita popolare' e diffondere le innova
-zioni filosofiche che si dimostreranno 'storicamente vere' nella
.misura in cui diventeranno concretarnente cioe storicamente e
"iOClalmente universali 29. Ove la traduzione di cui s'e detto si
presenta come inserimento attivo di una 'visione della vita' in una
situazione 'nazionale', ossia come esame critico di tutta una tradi
zione, in modo che la nuova concezione ne appaia la risoluzione
vitale. Ne-.imp-orta che J~risQluzione"possa:presentarsi come
totale rifiuto (<<tal~olta e avversario tutto il pensiero passato)
.. impQrta veramel1te ricordare che .si dimostra piu 'avanzato' chi
compreQ!ie. che l'avversario pub esprimere una esigenza che de
~~re incorporata, sia pure come elemento subordinato, nella
propria. costruzione,
.In questi termini l'elaborazione della filosofia della prassi fa
corpo con una storia d'ltalia, dei suoi gruppi intellettuali, non
'isolati nelle lora idee 0 nei loro scritti, rna visti in rapporto con le
.forze reali operanti, e con quei popolani la cui voce solo di rado
sembra affiorare 0 essere ascoltata e conservata, rna che pure
-hanno espresso lungo i secoli artisti e contadini, artigiani, e ciom
- pi, e soldati. Non e difficile schedare il materiale dei quader
- ni gramsciani lungo queste linee, e ordinarIo per argomenti ad
esse riconducibili . ...D'altra parte questa storia doveva sempre
legarsi criticarnente aIle altre storie: a quelle piu valide per
intima solidita, esprimenti efficacemente forze e temi di rilievo;
COSt come a quelle dominanti e trionfanti sul piano politico italia
no. Uno dei segni del carattere non velleitario della critica gram
-s-cian"iukC;qua:aemista proprio nel suo rapporto costante con
Croce da un lato, e con le piu vistose e rilevanti manifestazioni
delle correnti cattoliche e idealistiche dall'altro.
Il fatto che COSt spesso l'opera di Gramsci si faccia dialogo
serrato con Croce, il fatto che le irnpostazioni discusse, elaborate
o respinte si leghino alIa situazione culturale creata dal Croce, e
segno di forza e di attualita di un pensieroche non lavorava alteri
saeculo, rna per questa secolo. L'altro secolo che poi giudica, che
-mwci\'limiti e ingiusti giudizi, probabilmente non sarebbe mai
nato COSt acuto senza quelle discussioni. La caducita di certi
29 M.S. 21 sgg., 25, 75 sgg. (per la distinzione forze rnateriali-ideologie
contenuto-forrna, distinzione rnerarnente didascalica, efr. M.S . 49).

P. 34, 63, 131.

108

109

giudizi non e che l'altra faccia della loro storicita: e, mentre


l'impegnarsi nel tempo e il segno della responsabilita di un dibatti
to, il discorso polemico col piu efficace, a cui percio stesso si
lega, e anche il lavoro storicamente piu costruttivo - il solo
veramente costruttivo.
Sarebbe ben difficile negare oggi, nella spostarsi di una discus
sione, che certe valutazioni gramsciane di importanti movimenti
sono particolarmente insufficienti 0 almena discutibili: bastereb
be pensare all'atteggiamento di fronte al positivismo, e, per altro
verso, all'apprezzamento del modernismo. Nel primo caso, anche
se probabilmente converrebbe andar molto cauti, per non incorre
re in frettolose revisioni, e tenerdistinte cose distinte, e rendersi
ragione di pur sempre validi temi polemici (e and are magari a
rileggersi il Marx di Loria, del 1902) 30, e certo che Gramsci
risenti di tutto que1 moto culturale che caratterizzo i primi due
decenni del secolo, e in cui la Critica ebbe tanta parte. COSI
come, viceversa, negli accenni all'importanza dei 'modernisti' ita
liani, a guardar da vicino, c'e da chiedersi quanta pesasse - que
sta volta - la polemica antigentiliana. Ne, per fare un altro esem
pio, par sostenibile il peso specifico attribuito una volta al movi
mento vociano, rilevante soprattutto come espressione paradigma
tica di una singolare confusione di idee. II discorso potrebbe
continuare, rna per esser davvero utile dovrebbe estendersi - e

questo non e possibile qui ora - a tutta la rete, fittissima, di rapporti


e dibattiti che travagliarono la cultura italiana del primo Novecen
to, ove la voce di Gramsci - come, per altro verso, quella di Gobetti
(e, prima ancora, di Salvemini) - inserirono, proprio sulle linee piu
avanzate, una nota originale, che appare oggi, nell'esaurirsi di altri
temi, singolarmente stimolante. Ed e proprio in questi toni che piu
giova affermare il significato della meditazione gramsciana.
L'Italia - osserva Gramsci - ebbe e conserve [...] una tradi
zione culturale che non risale all'antichita classica, rna al periodo
dal Trecento al Seicento, e che fu ricollegata all'eta classica dal
l'Umanesimo e dal Rinascimento, ossia aggiungeremmo noi, at
traverso un preciso programma pedagogico-politico 31. Fedele a
questa impostazione, Gramsci venne articolando la sua visione
della storia italiana intorno a Machiavelli e al Rinascimento, al
Risorgimento e alla lotta culturale del primo Novecento. E pro
prio nella sua analisi di questi punti nodali, e nei suoi debiti
verso interpreti e critici (che per Machiavelli, ad esempio, vanno
dal De Sanctis al Croce e al Russo), si colgono bene le differenze
della sua posizione, e la sua originalita 32, CM, se amo singolar
mente Dante, fu in rapporto a Machiavelli che venne precisando
metodi e posizioni. Mentre la concezione politica di Dante gli
apparve importante solo come elemento della sviluppo persona
Ie di Dante, in Machiavelli una fase del mondo moderno e gia
riuscita a elaborare Ie sue questioni e Ie soluzioni relative in
modo gia molto chiaro e approfondito. D'altra parte a valutare
esattamente Ie riflessioni gramsciane su Machiavelli sarebbe ne
cessario un lavoro preliminare - che manca - in cui avesse risalto
quello che il terna Machiavelli fu in Italia fra la prima guerra
mondiale e il fascismo. Impegnarsi su Machiavelli non era analiz
zare un momenta qualsiasi della cultura italiana: significava
prendere posizione su tutte Ie questioni fondamentali della storia
e della politica italiana. E forse non e senza significato che pro
prio Croce abbia sl detto piu volte la sua opinione (e soprattutto
sul machiavellismo), rna un saggio di ampio respiro su Machia
velli non l'abbia scritto mai; ov'e, in certo modo, la verifica della

JO Cfr. A. Loria, Marx e La sua dottrina, Sandron, Palermo 1902, p. 64


(da un art. del I' aprile 1883): Carlo Marx [...j e la produzione fatale
dell'eta [...]. Era it 1840. La vecchia metafisica era morente, it nuovo positivi
smo non era ancor nato. Era dunque troppo tardi per essere metafisico,
troppo presto per essere positivista. Studioso della filosofia hegeliana, ei
ten to ringiovanirla, associandola all'indagine delle scienze storiche e giuridi
che; e pili tardi, quando it nuovo indirizzo della scienza. ebbe vasto trionfo,
egli si immerse nell'investigazione realistica, studio la vita sociale, e tento di
innestare nel tronco delle sue teorie filosofiche le immense nozioni positive,
che aveva acquistate. Ma l'antico indirizzo del suo pensiero e de' suoi studi
non fu cancellato. Malgrado la sua cognizione meravigliosa della vita reale,
ei rimane un metafisico in mezzo a una generazione di positivisti, vagheg
giando la determinazione dell'Idea fra genti che non ne comprendevano it
nome. Presso 10 stesso editore, nella Biblioteca di scienze sociali e politi
che, n. 32, nel 1900, Croce aveva riunito i suoi saggi critici su Materiali
smo storieo ed economia marxista; e nella stessa collana it liliale 'positivista'
Tarozzi si incontrava con l'ineffabile Enrico Ferri. I sarcasmi di Engels, 0 di
Labriola, erano ben lontani dal raggiungere l'arnena leggerezza di quei
valenuiomini: nel confronto dei quali - non si dimentichi - si collocava
Croce. Del resto sui positivisrno- e da rileggere sempre tutta la lettera di
Labriola a Engels del '94 (Rorna 1949, pp. 146-50).

31 P. 16 (cfr. I. 28 sgg.; L.V.N. 204-205; R. 6 sgg.).


" Cfr. L. 144 <quando vidi it Cosmo, l'ultima volta nel maggie 1922 [...]
egli ancora insistette perche io scrivessi uno studio sui Machiavelli e it
machiavellismo: era una sua idea fissa, fin dal 1917, che io dovessi scrivere
uno studio sui Machiavelli, e me 10 ricordava a ogni occasione),

110

111

tesi gramsciana dell'erasmismo di Croce - anche se e da chiedersi


se non si tratti piuttosto di un Voltaire senza I'ironia crudele di
Voltaire, con la maschera di Erasmo (e di un Erasmo un po'
convenzionale) 33.
Gramsci sa che Machiavelli e esemplare; sa che non si inten
de se non si lega a una situazione storica; si rende conto che 10
stesso richiamo aRoma e meno astratto di quanta non paia, se
collocato puntualmente nel clima dell'Umanesimo e del Rinasci
mento, D'altra parte, mentre e fortemente condizionato da De
Sanctis - da una svalutazione moralistica del Rinascimento
accoglie paradossalmente intepretazioni di tipo toffaniniano per
un'ulteriore condanna del mota umanistico. Di contro ha anche il
senso di una potente positivita, che tuttavia non riesce a giustifica
reo Si rende conto di quello che possono significare Alberti, Casti
glione 0 Della Casa - dei tratti che li avvicinano a Machiavelli
rna un'immagine artificiosa dell'uomo del Rinascimento gli preclu
de un'adeguata valutazione di due secoli decisivi per la storia
d'Italia 34. Su Machiavelli, invece, e veramente originale e sugge
stivo. Bisogna considerare - premette - il Machiavelli come
espressione necessaria del suo tempo [...]. Non solo l'Arte della
guerra deve essere connessa al Principe, sibbene anche le Istorie
fiorentine, che devono servire appunto come un'analisi delle con
dizioni reali ed europee da cui scaturiscono Ie esigenze immediate
contenute nel Principe [ ...]. La dottrina di Machiavelli non era, al
tempo suo, una cosa puramente 'Iibresca', un monopolio di pensa
tori isolati, un libro segreto che circola fra iniziati. Lo stile del
Machiavelli non e quello di un trattatista sistematico [...] e stile di
uomo d'azione, di chi vuole spingere all'azione, e stile di 'manife
sto' di partito 35. Manifesto e profezia: dover essere che si fa
3J Le due figure Gramsci-Machiavelli, Croce-Erasmo hanno un valore
paradigmatico. Cio non toglie che, mentre la 'passione' di Machiavelli e bene
afferrata per conoscenza diretta, l'Erasmo gramsciano e sfocato (e un Erasmo
quale 10 potev.a delinea~e I?~ ~uggiero) .. Del Croce e da rileggere proprio
qu~llo che ~~rtve sulla politica del M. intorno al '25, e subito dopo (cfr.
Etica e politica, ed. 1943, pp. 251 e 246: e risaputo che il M. scopre la
necessita e I'autonomia della politica, della politica che e di la, 0 piuttosto di
qua, dal bene e dal male morale, che ha Ie sue leggi a cui e vane ribellarsi
che non si pub esorcizzare e cacciare dal mondo con l'acqua benedetta [...]
11 problema del Rousseau non e di questa sorta, e, in fondo, non e un
problema che si riferisca all'indagine della realta).
34 Mach. 6, 9, 141; P. 34; I, 34-35.

35 Mach. 9, 13, 15.

112

costruttivo dell'essere. Gramsci a proposito di Machiavelli pone


due rapporti illuminanti: con Savonarola e con Rousseau.
L'opposizione Savonarola-Machiavelli, scrive, non e l'opposi
zione tra essere e dover essere [...] rna tra due dover essere,
quello astratto [ ...] del Savonarola, e quello realistico del Machia
velli, realistico anche se non diventato realta, perche Machiavel
li non fu capo di uno Stato, ne capitano di un esercito: rna SI
uorno di parte, di passioni poderose, un politico in atto, che vuol
creare nuovi rapporti di forze e percio non pUG non occuparsi del
dover essere, Machiavelli non e mai un mero scienziato; si
fa popolo; [e] non con un popolo genericamente inteso, rna col
popolo di cui egli diventa e si sente cosciente espressione. Ed
ecco che nei termini di Rousseau il Principe diventa la volonta
generale nel momento del contrasto e dell'autorita, mentre i Di
scorsi rappresentano il momento del consenso 36. Anche se talora
sembrano affiorare parole diverse, Gramsci respinge l'idea di un
Machiavelli fondatore della scienza politica, primo annunziatore
dell'autonomia della politica, e scopritore dell'economico. 'Mora
le' e il principato, 'morale' e la repubblica. 11 Principe prende il
posto, nella coscienza, della divinita 0 dell'imperativo categorico,
diventa la base del laicismo moderno e di una completa laicizza
zione di tutta la vita - per la res publica si perde I'anima; alla
volonta generale si sacrifica tutto 37. Tragica nel momenta dell'au
torita-principato: armonica in quello del consenso-repubblica, la
situazione umana, la natura umana e sempre un movimento stori
camente concreto: non esiste una astratta 'natura umana', fissa
e immutabile (concetto che deriva dal pensiero religioso e dalla
trascendenza); [...] la natura umana e[...] un fatto storieo accerta
bile [ ...] coi metodi della filologia e della critica [...]. Che son
parole che andranno messe a confronto con le altre su Kant: la
formula kantiana, analizzata realisticamente, non supera [un]
qualsiasi ambiente dato, con tutte Ie sue superstizioni e i suoi
costumi barbarici; e statica, e una vuota forma che pub essere
riempita di qualsiasi contenuto storico attuale e anacronistico
(con le sue contraddizioni). La formula kantiana sembra superio
re perche gl'intellettuali la riempiono delloro particolare modo di
vivere e di operare [...] 38. Nella staticita formale kantiana,
,. Mach. 10, 40.
37 Mach. 147 (e 117).
38

P. 202.

113

opposta al non velleitario dover essere di Machiavelli, al suo


dannarsi per la terrestre res publica; nella dialettica Principe-Di
scorsi; nella figura Machiavelli-Rousseau; in Machiavelli rivolu
zionario, si trova puntualizzata la posizione di Gramsci e la sua
distanza da Croce. Non si trattava solo di rovesciare la formula
crociana di Marx Machiavelli del proletariato in un Machiavel
li-Marx del popolo fiorentino e italiano del '500. Con la procla
mata moralita del Principe si rifiutava cosl la distinzione di
tipo crociano come l'idea teologale ad essa congiunta di una na
tura umana, per risolvere con forza ogni forma trascendentale
nella societa umana pacificata: e questa nel punta stesso in cui il
dover essere della res publica si poneva come norma di un rigori
smo e di un'intransigenza di riformatore religioso. Per Ia res publi
ca, per una Iegge non formale di giustizia, si sacrifica - parados
salmente - anche l'anima: che e una forma di ascesi che invano si
cercherebbe nella tradizione italiana, non solo fra le anime belle
e le anime pie, 0 fra i molti salvatori di anime proprie ed altrui,
rna anche fra i piu rigorosi e seri moralisti.
Quanto di se stesso Gramsci prestasse a questa Machiavelli,
non e difficile vedere: saldato, non a un qualunque popolo, rna al
suo popolo, non a qualunque cultura, rna alIa cultura italiana del
suo tempo; intellettuale non veUeitario, rna uomo di passione che
dei suoi scritti fa un manifesto; realistico anche se condannato a
n~n realizzare, perche ha in mana solo una penna e non il potere;
di un rigorismo morale intransigente e amaramente disincantato;
ecco il profilo dell'intellettuale non separato, che vive col suo
popolo per esprimerlo, e non in una casta soprarazionale; che
salda il sapere al fare, che al posta dell'atteggiamento oracolare e
del piglio pontificale pone la verita come ricerca e lavoro comu
ne. Nella figura di Machiavelli, forse meglio che in ogni altro
suo scritto, Gramsci ha fissato iI proprio pensiero, e la propria
lontananza non solo da Croce rna dal tipo di cultura che Croce ha
incarnato. Non a caso Gramsci colloea dopo Machiavelli la decisi
va separazione degli intellettuali italiani - come non a caso egli
insiste sulla corrispondenza simbolica Croce-Erasmo.
Troppo facile sarebbe nella storia degli intellettuali italiani
delineata da Gramsei enumerare con mentalita notarile difficolta
d'ogni sorta; altrettanto facile quanta sottolinearne suggerimenti e
giudizi di una singolare penetrazione, che oltrepassano i lirniti
impostigli dalle fonti a cui era costretto ad attingere. Perche non
114

sarebbe difficile rintracciare nella storiografia crociana, 0 dei cro


ciani (da De Ruggiero a Omodeo), proprio le radici di queUe
posizioni di Gramsci che menD soddisfano: da un Erasmo conven
zionale allo scarso rilievo dato alIa tradizione scientifica dal '500
in poi; dalI'atteggiamento di fronte agli illuministi del '700 alIa
svalutazione di non poche posizioni dell'800. Una serie di ricer
che in questa direzione sarebbe certo giovevole, rna non destinata
a incidere sensibilmente sulla prospettiva cost origin ale in cui
I'opera di Gramsci si colloca. Quando piu volte, a proposito della
filosofia della prassi, si richiama a Hegel; quando si collega a De
Sanctis - e soprattutto quando cosi Iargamente 10 utilizza -; quan
do reca su Labriola quel giudizio tanto notevole circa la possibili
ta di un'elaborazione autonoma della filosofia della prassi; quan
do, infine, polemizza con egual vigore contro i 'mistificatori' del
marxismo, siano essi kantiani, 0 idealisti, 0 sociologi positivisti,
Gramsci precisa con sieura consapevolezza la propria posizione.
De Sanctis e Labriola, piuttosto che Spaventa - e Croce per
quanta contribui a man tenere vivi i primi due. Ma dalla guerra
mondiale in poi Gramsci ripercorrera a ritroso, sempre pili chiara
mente, nella lotta prima, nella chiusa meditazione dopo, il carnmi
no crociano; Croce aveva ritrovato, nel distacco da Labriola e
nella revisione dell'hegelismp, una direzione kantiana di for
me non storicizzabiIi: un 'sistema' della 'filosofia della spirito',
una 'natura umana' assoluta. Gramsci, al contrario, non si limite
ra a rifiutare I'atto spirituale taumaturgico, e solo retoricamente
operoso, per ritrovare il positivo e il concreto processo storico,
vivo e rea Ie nel lavoro delle societa umane. Anche I'ultimo aro
ma speculativo svanira: nella critica alla doppia mistificazione
del marxismo - sia in direzione idealistica che materialistiea - e
nella elaborazione di una originale 'concezione del mondo' si
consolidera nitidissimo un integrale umanismo storico: uomini
veri, reali, che vivono convivendo in reali rapporti: mobili, in un
processo condizionato insieme e libero.
Limpido e preciso qui Gramsci e veramente nostro 39, ossia di
quanti credono nel compito critico di una cultura volta a liberare
gli uomini in terra, per costruire una citta giusta: per la sua
moralita impietosa; per la sua ironiea lucidita: per il suo atteggia
mento di lotta in un tempo di lotta. Della sua zuffa continua
39

Cfr. Croce. Ouaderni della Critica, 8, 1947, p. 86.

115

con Croce, come dell'essersi consapevolmente calato tutto nella


tradizione culturale italiana piu viva, non c'e persona seria che
-'possa dubitare. E a caratterizzare la sua distanza da posizioni a
-cui pure, in origine, era vicino, nulla giova quanto la sua ripetuta
_()sservazione sul carattere delle due celebri 'storie d'Europae
d'Italia': Croce non e storico .dei momenti rivoluzionari; Croce e
storieo degli istituti e delle 'forrn~'l:ia conservare, non delle liber
ta reali da conquistare. La storia etico-politiea potra anche essere
riassunta riel momento -del consenso: nella' crudelta: della 'lotta,
quando si chiede piuttosto il giustiziere che il giustificatore, quan
do essere ingiusti e necessario, e bisogna dannarsi e non salvarsi,
l'olimpiea serenita goethiana e piuttosto irritante che consolante.
Gramsci - l'aveva gta notato Gobetti (che per questa gli fu vici
no) - e invece l'espressione dell'intransigenza morale piu aspra
nel campo della cultura : l'imperativo piu forte alla lotta per la
Iiberta 40, anche a costa di perdere l'anima, a costa di riuscire
odiosi alle anime belle: perche l'umanita si serve nella volonta
ferma di costruire un mondo comune oltre le scomuniehe, perche
la verita e cosa comune, con un linguaggio comune. Ed e questa
verita comune, non oracolare e non fuori del tempo, rna che nella
storia si costruisce e nella storia si consuma, tutta umana, di
uomini e per uomini, quella che Gramsci cerca e per cui lotta:
per questo, oltre le parti, egli e di quanti in Italia intendono
lavorare insieme intorno a problemi precisi (alle piecole cose),
con semplicita, con quanti piu uomini e possibile. Sara indulgen
za alIa retorica, rna come non concludere con la conclusione di
quell'ultima lettera al figlio? <do penso che la storia ti piace, come
~(;ey.a a me quando avevo latua eta, perche riguarda gli uomini
viv~nti, e tutto cio che riguarda gli uomini, quanti piu uomini e
~Qssipjle, tutti gli uomini del mondo in quanta si uniscono tra
.IoroIn.societa, e lavorano e. lottano e miglioranose stessi, non
"'p"'u5>ll.on piacere, piu di.ognialtra cosa.

SESSANTA ANNI DOPO*

40 P. Gobetti, La rivoluzione liberale, Torino 1950, p. 117: La figura di


Lenin gli appariva come una volonta eroica di liberazione: i motivi ideali
che costituiscono il mite bolscevico [...J dovevano agire [...] come l'incitamen
to a una libera iniziativa operante dal basso.

* Questo saggio concesso dall'editore Maria Paci,?-i Fazzi di Lucca


tratto dalla rivista Iride. Filosofia e discussione pubblica, n. 2, 1989.
116

1. Ho incontrato ufficialmente la filosofia nel 1923, studente


di prima al Liceo-ginnasio classieo Galileo Galilei di Firen
ze, dove ho fatto tutti gli studi secondari. Come e noto, in quel
l'anno entravano in vigore i nuovi programmi di filosofia introdot
ti dalla Riforma Gentile: lettura, nei tre anni di liceo, di alcune
(quattro) opere di grandi filosofi (antichi, medievali, moderni e
contemporanei) con un sobrio commento storieo. Era un program
ma saggio, che poteva riuscire molto fecondo, anche perche i testi
indicati erano davvero grandi testi (con qualche singolare eccezio
ne, che pero era agevole evitare), e facili a collegarsi con opere e
problemi che si studiavano in altre materie. Furono invece moIti
gli insegnanti che, per pigrizia 0 impreparazione, rimpiansero il
precedente insegnamento sistematico, di elementi di psicologia,
logiea ed etica, distribuiti nei tre anni delliceo: un insegnamento
fatto su manuali spesso sciagurati, oppure troppo complessi e
poco adatti (per esempio quello di Filippo Masci, arduo anche
per l'Universita).
11 mio professore al Galilee, Arturo Linaker, che di filosofi
co aveva soprattutto una gran barba bianca, e che aveva studiato
con qualche successo i pedagogisti italiani dell'Ottocento, dichia
ro subito che non avrebbe seguito i nuovi programmi. A Kant
confesso - non ci sono ancora arrivato. Si mise invece a dettare
- come del resto aveva sempre fatto - una sorta di suo ristretto
di psicologia, nel qua le cominciava con 10 svelare che la sensazio
ne era qualcosa di assai misterioso che metteva in rapporto il
mistero del soggetto con quello del mondo esterno. Ne molto di
pili aveva da dire, nel secondo anno, sulla logica, a parte le figure
del sillogismo 0 le caratteristiche del dilemma cornuto.
119

Avevo deciso di presentarmi alIa maturita dopo due anni,


saltando il terzo. COS! studiai per conto mio i tre anni di filoso
fia secondo i nuovi programmi, e di Arturo Linaker ricordo solo,
oltra la barba e la statura imponente, la noia infinita delle lezioni
sotto dettatura, l'amicizia con Vilfredo Pareto di cui si vantava
ogni momento, e la bonarieta tollerante di chi forse oscuramente
sapeva .di non sapere quello che insegnava.
Devo tuttavia aggiungere che proprio al licea, a quel licea,
senza quasi accorgermene, incontrai quella che e poi rimasta per
me la vera filosofia, la grande filosofia. La incontrai altrove, e in
un modo che credo abbia lasciato in me un segno profondo,
incancellabile. La incontrai a lezione di greco e di latino, con un
professore di cui divenni, tanti anni dopo, collega alIa Facolta di
Lettere di Firenze: Ugo Enrico Paoli. Fu lui che mi mise in mana
il testo greco dell'edizione Teubner della Repubblica di Platone,
costringendomi a tradurre il libro decimo. Fu una fatica improba,
nonostante il ricorso a traduzioni, e fu probabilmente un errore
didattico. In compenso fui io stesso a leggermi, dopo, il resto
della Repubblica, e a scegliere come testo per l'esame di maturita
anche il Teeteto, in filosofia greca. COS! come incontrai i dialoghi
di Seneca a lezione di latino, e fui indotto a leggere per mio conto
Lucrezio.
Quella la mia prima vera esperienza di una lettura filosofica,
legata ai classici, e allo studio del mondo elassico, rna non solo a
quello: pill in generale agli studi storici e letterari. La sollecitazio
ne a leggere il Breviario di estetica di Croce mi venne dalla
letteratura italiana, COS! come il primo stimolo a riflettere sui
grandi problemi di morale e di filosofia della storia mi venne,
senza che me ne accorgessi, dalla lettura di romanzi, soprattutto
dei grandi romanzi russi allora di gran moda fra i giovani. Guerra
e pace, Delitto e castigo e i Karamazoff furono esperienze che
non si cancellano: soprattutto Guerra e pace letto e riletto non so
pill quante volte. E quando, non molto dopo, all'Universita, sentii
dire dal professore di filosofia morale con cui poi mi sarei laurea
to, e che incise profondamente sulla mia formazione, che tra le
grandi opere di filosofia dell'Ottocento erano da porre, a parer
suo, innanzitutto alcuni grandi romanzi, ne fui confortato a mette
re in discussione non pochi luoghi comuni, e a vedere sfumare
molte barriere fra discipline. Imparai - cominciai a imparare - a
non cercare la filosofia solo nei libri che si proelamavano libri di

filosofia. Cominciai a capire che la filosofia - come lessi pill tardi


in Bertrand Russell - non si nutre di se stessa, e che una delle vie
d'accesso al filosofare e proprio la riflessione sugli aspetti esem
plari delle varie forme dell'esperienza umana.
Nell'autunno del '25 mi iscrissi, senza perplessita, alIa facolta
fiorentina di Lettere, e scelsi subito il corso di studi filosofici,
attirato in modo particolare dalla filosofia morale, allora insegna
ta da Ludovico Limentani. Le stesse esigenze storiche, che in me
erano molto forti, trovarono larga soddisfazione nelle sue lezioni,
e nel suo modo di far lezione. Allievo di Ardigo e di Marchesini,
del positivismo era fedele al metodo quanto diffidente nei con
fronti di ogni tentazione rnetafisica. Ma prima di tentare di
analizzare quella che fu la mia esperienza universitaria, e come
ne rimanessi segnato, vorrei sottolineare alcune cose. E, innanzi
tutto, che una scuola universitaria, almeno fino al '68, era non
solo, e non tanto, un nueleo di insegnamenti, e magari qualche
autentico maestro: era un ambiente, un clima; erano i compagni,
con gli amici e i nemici; erano le discussioni, le letture suggeri
te, le esperienze comuni, gli orientamenti religiosi e politici; era
no legami a volte destinati a durare una vita. Erano tradizioni
culturali accettate 0 respinte, lontane e vicine. Era il senso, lenta
mente acquisito, di muoversi dentro, poco importa se pro 0 con
tro, un tutto estremamente complesso, facendone parte e in qual
che modo contribuendo al suo stesso movimento.
Nel 1925, e non del tutto saggiamente, il vecchio Istituto di
Studi Superiori, nato con l'Unita, e con un passato ben caratterizza
to, aveva lasciato il posta all'Universita. La Facolta di Lettere e
Filosofia, almena nei primi anni, non cambia molto. Gli stessi, 0
quasi, i professori, a parte Gaetano Salvemini, cacciato dal fasci
smo per ragioni politiche, e fra i rimpianti di molti, scolari e
colleghi. Restava il nueleo forte degli studi elassici, con Giorgio
Pasquali, Ettore Bignone, e, sia pur per poco, Ermenegildo Pistelli.
Era ancora vivo Domenico Comparetti, della cui splendida bibliote
ca di It a non molto la Facolta sarebbe stata erede, unendola a
quella di Felice Tocco, e, domani, a quella, molto specializzata, di
Girolamo Vitelli. CM anche questa conta, per chi si avvia agli
studi: ritrovare, nel volume delle opere latine inedite di Giordano
Bruno, a cura di Tocco e Vitelli, le correzioni e le aggiunte, intro
dotte via via dai curatori nel lora esemplare, e come sorprendere
gli studiosi al lavoro, e averne una lezione eloquente.

120

121

Vedevamo Vitelli venire regolarmente ogni mattina, e conti


nuo per anni, al gabinetto dei papiri. In biblioteca si vedeva
an cora Pio Rajna, delle cui Fonti dell'Orlando Furioso solo qual
che crociano un po' sciocco ridacchiava con scarso seguito. A
filosofia teoretica Francesco De Sarlo manteneva viva la polemica
con Croce e Gentile (sono del '25 le Lettere di un superato), e
proprio nel '26 era costretto a sospendere quasi per un anna i
corsi in seguito agli incidenti sollevati da un suo discorso sulla
liberta della ricerca e dell'insegnamento, pronunciato al Congres
so di filosofia di Milano del '26, rna gia anticipato alIa Biblioteca
filosofica di Firenze. A sollecitare l'intervento delle autorita politi
che e dei fascisti era state Armando Carlini, cattedratico pisano e,
allora, idealista ortodosso.
Fedele al metodo storico Luigi Foscolo Benedetto faceva delle
lezioni su Montaigne che interessavano anche qualche studente di
filosofia. Sopravvivevano, della un giorno fiorente sezione asiati
ca, alcuni insegnamenti di lingue e letterature orientali, come
ebraico con Umberto Cassuto e sanscrito con Paolo Emilio Pavoli
ni. Pill tardi tenne i suoi corsi Belloni Filippi interessato soprattut
to alIa letteratura filosofica. Non era spenta, insomma, l'eredita
del metodo di Pasquale Villari e l'impianto che aveva dato alIa
vecchia classe di lettere dell'Istituto di Studi Superiori.
L'ondata idealistica si faceva sentire - a parte qualche eco
dell'estetica crociana in Ernesto Giacomo Parodi, che pero era
scornparso gia nel '23 - oltre che come bersaglio polemico di
alcuni professori, come tentazione per alcuni studenti che leggeva
no La Critica spinti anche dalla tensione politica, 0 che si
avvicinavano a Gentile storico della filosofia, soprattutto sollecita
ti dalle voci presenti all'allora Istituto di Magistero, e dalle pill
raccolte e quasi iniziatiche riunioni della Biblioteca Filosofica. A
Lettere, tuttavia, in quasi tutte le discipline, all'insegna della filo
logia, si affermava un rigoroso metodo storico, aperto piuttosto
aIle seduzioni dell'alta erudizione che aIle tentazioni dell'attuali
smo. Si aggunga la persistenza di una tradizione sempre forte
all'Istituto di Studi Superiori: la particolare considerazione della
scienza tedesca. La conoscenza del tedesco era indicata come
essenziale per gli studi; tedesche le grandi opere di consultazione
pre senti nella vecchia sala di studio a San Marco, dalla Pauly-Wis
sowa sacra' agli studenti di antichita classica a Die Kultur der
Gegenwart della Teubner, il cui volume Systematische Philoso
122

phie si apriva con le 72 dure pagine del Das Wesen der Philoso
phie di Oilthey.
.
Nella stessa direzione,del'resto, si orientavano anche molti
studenti stranieri, soprattutto ebrei, che dai paesi dell'Est veniva
no spesso a studiare a Firenze, e che si legavano ai compagni
italiani per cui erano Fonte di stimoli e di informazioni preziose.
COS! ricordo nei vecchi corridoi di San Marco Oiringer come
Rubinstein approdati poi in Inghilterra. Come non so dimentica
re, decisiva nei miei studi, l'amicizia di una vita con Jacob Tei
cher, un ebreo polacco che preparava con Cassuto una tesi sulla
filosofia di Crescas e il pensiero ebraico medievale, e che si e
spento qualche anna fa a Cambridge dove aveva trovato rifugio
in seguito alIa persecuzione razzista del '38, rna che a Firenze
rimase legato fino alIa fine. A lui, a una conversazione per anni
quasi quotidiana, devo una iniziazione non convenzionale alIa
filosofia medievale, e in particolare ai grandi testi arabi ed ebrei,
da Averroe a Maimonide, da Avicebron a Crescas. Come a lui
debbo la prima conoscenza degli scritti kabbalistici di Gerhard
Scholem.
Professori, compagni di studio; incontri e scontri, letture
d'ogni genere, confronto anche con studenti di altre facolta, di
altri paesi (Firenze negli anni Venti era an cora molto frequentata
da non italiani). 11 numero allora assai piccolo degli iscritti fre
quentanti facilitava i rapporti anche con i professori, con alcuni
almeno, che non sdegnavano incontri amichevoli, e magari passeg
giate comuni sui colli con piccoli gruppi di allievi, anche di mate
rie diverse. Si distingueva, in questo, Pasquali, pieno di curiosita
umane e ricchissimo di cultura nei campi pill vari. Anche chi
come chi scrive - non riusciva a vincere ogni diffidenza nei
confronti di alcuni suoi atteggiamenti, non poteva non profittare
di stimoli, di osservazioni, di giudizi, di preziose indicazioni di
metodo. Anche per chi filologo non era, e non voleva diventare,
la presenza di Pasquali incideva, nel tempo, a fondo, per riemer
gere nelle forme pill impensate.
Infine, 0 in principio, quella data: il 1925 e l'agonia della
democrazia in Italia. Erano gli ultimi sussulti delle liberta che
andavano scomparendo. Fra i testi che Limentani aveva scelto
per le esercitazioni di filosofia morale, La Liberti! di John
Stuart Mill, stampata da Piero Gobetti con la prefazione di Luigi
Einaudi, Ricordo che a quelle lezioni veniva anche qualche udi
123

tore e non so dimenticare un giovane laureato che aveva scritto


su Rivoluzione liberale, e che si sarebbe, di li a non molto,
tolta la vita: Piero Burresi. Devo a lui, alle sue conversazioni, il
primo incontro col Max Weber de L'etica protestante e 10 spirito
del capitalismo che aveva tradotto. La Facolta, specialmente a
filosofia, aveva fama di antifascismo: Salvernini cacciato, rna rim
pianto dagli allievi; De Sarlo costretto a tacere; molti i professori
firmatari del manifesto Croce (anche se non pochi, piu tardi, i
pentiti). La politica, in forme varie, che gia spesso tendevano a
farsi allusive, pesava fortemente, quasi senza che ci si rendesse
conto a pieno, su scelte e letture, che, a volte, aprivano la strada a
esiti imprevisti. COS! sulla forte simpatia che alcuni di noi matura
rona allora per l'opera di Piero Martinetti peso un atteggiamento
politico coerente e coraggioso. D'altra parte Martinetti significava
anche Kant, un Kant mirabilmente conosciuto ed esposto (in
forme fortemente tendenziose) - e Kant fu allora per alcuni di
noi un'esperienza fondamentale, con cui non si poteva evitare di
fare i conti (un po' quello che, anni dopo, fu per altri Hegel). Ma
il Kant di Martinetti, il Kant del suo commento ai Prolegomeni e
di alcuni efficacissimi saggi morali, era un Kant che per un verso
portava con se Platone, e per un altro Schopenhauer, e che insi
nuava, quasi senza che uno se ne accorgesse, tante altre cose che
andavano molto lantana dalle trasparenti letture che ne andava
facendo Lamanna. Del resto le nostre tumultuose letture filosofi
che di quegli anni, se in parte erano legate alle solllecitazioni dei
corsi universitari, e alle esigenze degli esami, in parte erano dovu
te a influenze d'ogni sorta, non ultime certe offerte editoriali di
chiara matrice politica, che univano le mode teoretiche di ieri
all'insofferenza pratica di oggi. COS!, a volte, l'ingenua metafisica
de I primi principi di Spencer andava a collocarsi sui nostro
tavolo di lavoro accanto a Schopenhauer e a Nietzsche, e magari
a tutto Stirner.
Non esiste, credo, rna metterrebbe conto farla, un'analisi siste
matica e approfondita della complessa attivita editoriale, anche
economica e popolare, fra la fine della prima guerra mondiale
e la prima meta degli anni Trenta, soprattutto per quello che
concerne aspetti significativi del pensiero filosofico e scientifico,
rna anche opere letterarie fortemente caratterizzate dal punta di
vista ideologico, Eppure chi ha fatto quella esperienza, sa quanta
importanza alcune di quelle pubblicazioni avessero in anni cari
124

chi di tensione, fra censure e conformismi crescenti sui piano


culturale, Del resto qualche documento caratteristico eben pre
sente nei Quaderni gramsciani.
Se torno ai miei ricordi, a parte una curios ita che mi spingeva
a letture d'ogni genere, resta preciso il mio debito filosofico nei
confronti di alcuni insegnamenti, ben delimitati, della Facolta
fiorentina: un debito che, oltre a qualche spunto di psicologia
dovuto a Enzo Bonaventura, e ad alcune letture e orientamenti
fondamentali suggeriti da Francesco De Sarlo, comprende soprat
tutto quella che fu per me la lezione a cui sono rimasto sempre in
qualche modo legato: la lezione di filosofia morale di Ludovico
Limentani.
Nessuno ha mai finora dato il giusto rilievo all'atto con cui,
all'inizio del secolo, sulla cattedra da cui per decenni erano disce
se le omelie edificanti del pio Augusto Conti, la Facolta fiorentina
chiamo un medico-filosofo, uno psichiatra, che aveva seguito a
Napoli gli ultimi corsi di Bertrando Spaventa e ascoltato Angiulli,
che aveva esordito scrivendo sui darwinismo, che aveva civettato
col positivismo, e che, con l'appoggio di Villari, avrebbe fatto
funzionare un gabinetto di psicologia sperimentale con apparec
ehiature venute di Germania, alimentando una scuola psicologica
importante in Italia. Tale Francesco De Sarlo, titolare di filosofia
teoretica, il flebotomo mancato di papiniana memoria, ehe tut
tavia dovette dar voce a una reazione diffusa. D'altra parte sem
brava attuarsi il piano di Villari, che a un certo punto aveva
disegnato di far venire a Firenze addirittura Ardigo. In compenso
il giovane De Sarlo univa a una cultura filosofica molto aggiorna
ta una solida preparazione scientifica e bene affiancava uno stori
eo della filosofia come Felice Tocco. Del resto 10 stesso Croce, da
principio, non mostro ostilita alla psicologia a cui guardava De
Sarlo, anche se poi ebbe eon lui una polemic a durissima. Nel '25,
appunto quando mi iscrissi alla Facolta, De Sarlo pubblicava
contro Gentile e Croce le Lettere filosofiche di un superato, un
libro tutto sommato malinconico, che prendeva atto di una scon
fitta. E se il tono era molto aspro nei confronti di Gentile, era
tutt'altro nei confronti del Croce ( 10 non ho bisogno di ricordare
le sue grandi benemerenze quale suscitatore di idee e quale pro
motore di reali progressi negli studi). Al Croce, poi, l'avrebbe
riavvicinato l'avversione al fascismo. De Sarlo sentiva la necessita
di chiarire tutta la distanza della sua psicologia dalla croci ana
125

filosofia della spirito, rna sentiva anche la difficolta di precisa


re una buona volta con tutta chiarezza il rap porto psicologia/filo
sofia. Era partito all'inizio del secolo con due punti ben fermi: il
nesso scienza/filosofia, e la tesi del rapporto privilegiato fra la
psicologia come scienza e la filosofia. Subito Croce l'aveva messo
in guardia sul1e possibilita di equivoci che potevano annidarsi in
quella psicologia scientifica e nel suo rapporto con la filosofia
della spirito.
Proprio nel suo tentativo di andare a fondo nel problema
della psicologia, e dei suoi caratteri, De Sarlo si era incontra to
con Fancesco Brentano, che fino alIa guerra del '15 era vissuto a
Firenze e col quale aveva stretto amicizia. Nella Psicologia da un
punto di vista empirico del Brentano, e soprattutto nella Classifi
cazione delle attivita psichiche aggiunta alIa seconda edizione
della Psicologia del 1911, De Sarlo aveva creduto di trovare moti
vi di convergenza. Proprio nel periodo in cui ho seguito Ie sue
lezioni e le sue esercitazioni De Sarlo venne approfondendo
appunto i temi che aveva svolto in una memoria lincea del '24, i
Lineamenti di una fenomenologia della spirito (che ristampo nel
'28 dedicandola alIa memoria del Brentano). Ricordo non solo
l'insistenza su alcuni motivi, quali l'intenzionalita, rna il richiamo
a Husserl fino a spingermi a leggere, anche se allora con scarsi
risultati, il primo volume delle Ricerche logiche. Non si spense,
peraltro, l'interesse per Husserl, riacceso dalle Meditations carte
siennes del '29, e poi, nel '36, dall'inizio della Krisis (nella rivista
Philosophia di Belgrado), non tanto processo alIa scienza mo
derna, quanto atto di accusa contro quella crisi del pensiero occi
dentale che era culminata nel nazismo.
L'altro pun to allora emergente nell'insegnamento del De Sarlo
era il dibattito su scienza e filosofia, a cui pure dedico un corso
che seguii, la cui essenza pubblico poi, nel '30, in due articoli di
Scientia, la rivista di Enriques. Era chiaro che, in Italia, al
centro della discussione era Croce, rna a De Sarlo non sfuggiva,
come a tanti critici d'oggi, che Croce si muoveva in un contesto
europeo molto ampio. Piu ancora che negli articoli nelle lezioni
la discussione di De Sarlo chiamava in causa Bergson, mentre
tutto il problema veniva da lui ricollocato in una situazione diffu
sa fra Ottocento e Novecento.
Di formazione scientifica, De Sarlo amava trattare le grandi
teorie che avevano rinnovato la scienza moderna ripercuotendosi

nei dibattiti filosofici. Tali le dottrine dell'evoluzione a cui era


dedicato l'ultimo corso di lui che ho sentito, di grande interesse
nella esposizione storica, piu stanco nelle conc1usioni generali, di
gusto rnetafisico, che presero poi forma nell'ultimo suo libro
Vita e psiche. Saggio di una filosofia della biologia, uscito nel
1935, cost deludente e arcaico nelle conc1usioni. Piu tardi, ritor
nando a studiare sistematicamente tutta l'opera sua, mi resi conto
di dovergli la sollecitazione a leggere autori, in Italia, allora, non
molto frequentati (per esempio Bradley), rna soprattutto capii di
avere tratto dalle sue lezioni la consapevolezza di tutta la difficol
ta e la problematicita del rapporto filosofia/scienza, e questa pro
prio a proposito di quella psicologia che egli aveva considerata
accesso privilegiato al filosofare, rna che gli si era venuta svelan
do un groviglio di problemi non risolti (mentre si contendevano il
campo le filosofie della spirito, Ie scienze della spirito, le
fenomenologie, con tutti i lora equivoci). La psicologia come la
biologia: aveva cominciato con giovanile baldanza nel 1903 con
una grande opera I dati dell'esperienza psichica per dimostrare
che la psicologia e essenzialmente scienza filosofica, l'anello di
congiunzione fra la scienza e la filosofia, e si era visto dinanzi un
po' alla volta il dissolversi, nei metodi e negli oggetti, proprio di
quella psicologia e di quella psiche. Aveva finito nel '35 con
l'illusione di una filosofia della biologia capace di armonizzare
filosoficamente Vita e psiche, in una romantica visione d'in
sieme non meno fallimentare della sua psicologia filosofica,
Comunque, nel '25, quando entrai alIa sua scuola, 10 sforzo
del De Sarlo di trovare una via d'uscita nella direzione di una
fenomenologia della spirito, ebbe il merito di avvicinarci attra
verso Brentano a Husserl, che anni dopo avremmo ritrovato sul
nostro cammino. D'altra parte, nell'insegnamento di psicologia
sperimentale, Enzo Bonaventura, scolaro del De Sarlo, in quegli
anni medesimi tratto con molto seguito la psicoanalisi e Freud,
inserendolo in una serie di limpide lezioni in un ampio panorama
molto stimolante.
Anche a filosofia morale, la disciplina che scelsi molto
presto per la tesi di laurea, la psicologia era di casa, rna come
riferimento costante al concreto dell'esperienza. La prima eserci
tazione che, matricola, mi fu assegnata da Ludovico Limenta
ni fu un'esposizione critica della Psicologia dei sentimenti di Ri
bot, un libro che m'indusse a leggere, fra l'altro, i Principi di

126

127

James. Limentani era state allievo a Padova di Ardigo e Marchesi


nit rna un allievo inquieto e curioso che aveva avuto corrisponden
za col Vailati che ne aveva apprezzato La previsione dei fatti
sociali del 1907, un'opera singolarmente acuta e interessante,
aperta alIa problematica pragmatista. Aveva studiato nel 1905
l'Einleitung in die Geisteswissenschaften di Dilthey difendendone
l'importanza con Vailati; conosceva bene Simmel, specialmente
l'Einleitung in die Moralwissenschaft, molto utilizzata e discussa
nella sua opera maggiore, I presupposti formali dell'indagine etica
del 1913, d'altronde attenta agli inglesi, soprattutto al Sidgwick
dei Methods of Ethics. Cia che colpiva subito, cosi nelle sue
lezioni e conversazioni come nei suoi scritti, era l'intreccio fra
una problematica non convenzionale di grande attualita e il richia
mo agli autori: illegame inscindibile fra una filosofia immersa
nei conflitti della vita individuale e sociale, e la ricchezza del
divenire storico.
I suoi corsi erano punta di partenza per esplorazioni e indagi
ni d'ogni genere: ne ricordo su Giordano Bruno di cui fu studio so
acuto quanta erudito, su Smith e su Rousseau, su Feuerbach,
sulla morale della simpatia e sui conflitti morali. Rispettoso al
massimo delle opinioni anche ingenue 0 gratuite dell'interlocuto
re, era tuttavia un assai sottile e fine dialettico, e semina tore di
dubbi piuttosto che distributore di certezze. Fu Limentani che
nelle lezioni, nelle conversazioni e nei libri, e poi in un'amicizia
durata fino alIa sua scomparsa nel '40, nell'amarezza della campa
gna razziale, mi dette il senso di un modo di fare filosofia e di
affrontarne la storia, al cui spirito ho cercato di mantenermi
fedele.

2. AlIa fine di giugno del '29 discutevo la tesi di laurea in filoso


fia morale con un lavoro storico su Joseph Butler, anzi sui sermo
ni morali del Butler. Soprattutto negli ultimi due anni universitari
avevo concentra to gran parte delle mie letture su filosofi inglesi
del Seicento e Settecento, incoraggiato da Limentani che aveva
scritto un libro importante sulla morale della simpatia di
Smith. La mia attenzione, tuttavia, era rivolta a un node proble
matico un po' diverso, che mi sembrava fondamentale nel Sette
cento inglese: il nesso politica-morale-religione, legato a una pro
blematizzazione sempre piu sottile e radicale dell'unita dell'io, del
soggetto, dell'uomo.

Matricola, avevo scelto come classico per l'esame di filoso


fia morale Hobbes. Limentani si contentava del Leviathan, rna io
lessi e rilessi, anche se spesso senza intendere a fonda, quanto
piu potei, preso dalla centralita di Hobbes nel dibattito morale e
politico, e non solo inglese, ne solo morale e politico. Ricordo che
non a caso fu in quell a occasione che lessi tanto Spinoza, e
scoprii le Passioni di Descartes, un testo che mi sernbro - e
continua a sembrarmi - straordinario, e che tanti anni dopo avrei
addirittura cercato di tradurre in italiano. Cominciai cost a studia
re sistematicamente gli inglesi, maggiori e minori, servendomi
come di guida per il Settecento, oltre che delle pagine del Sid
gwick, dei due volumi di Leslie Stephen History of English
Thought in 18th Century, un'opera che via via venni apprezzando
sempre di piu, e che mi indusse a leggere gli altri lavori storici
della Stephen. Scoprii un mondo di problemi e di dibattiti la cui
ricchezza non sospettavo, e cosl diverso da quelli di cui gia sape
yo, anche se in modo insufficiente e frammentario: voglio dire la
cultura filosofica francese e tedesca. Nello stesso tempo mi trovai
innanzi un modo diverso di fare storia della filosofia, lontano da
quello usato dal Carlini nel suo libro su Locke, per un verso piu
che espositivo riassuntivo, e per un altro piu che intepretativo
trasfigurante e, alIa fine, falsificante. Usando la storiografia ingle
se dell'Ottocento, col suo gusto per la biografia, mi trovai indotto
a leggere, oltre i grandi consacrati (Hobbes, Locke, Berkeley,
Hume), autori di singolare rilievo, rna tra noi trascurati, qualcu
no, come Shaftesbury, anche formalmente splendido, altri, come
Mandeville, di singolare forza critica, alcuni infine, come Samuel
Clarke, piuttosto grevi rna decisivi per mettere a fuoco anche non
poche posizioni newtoniane. Furono incontri durevoli. Su Mande
ville sono tomato piu volte inseguendone le tracce nel Settecento;
Shaftesbury ho continuato a cercar di tradurre fino ad anni
recenti.
Certo quando ripenso oggi aIle pagine che scrissi fra il '29 e il
'42 su Butler, Clarke, Mandeville, Edwards, Burke, fino a un
tentativo di libro d'insieme nel '42, sono ben consapevole dei
limiti di quel lavoro: lacune, ingenuita, fragilita, incertezza di
metodo, e cosi via. Ma ho capito anche che il silenzio con cui
quei saggi furono accolti, e la totale indifferenza con cui furono
lasciati cadere, non dipendevano solo da quegli indiscutibili difet
ti, rna per un verso dall'argomento, e per un altro dal modo in cui

128

129

venivano affrontate le questioni e dallo sforzo di battere un'altra


strada per fare storia della filosofia. Senza dubbio non era attua
le l'argomento: non I'<antistorico illuminismo in genere, non in
special modo l'illuminismo inglese, intreccio di problemi etico-re
ligiosi, politici, scientifici, dove anche ritrovare i confini tradizio
nali tra discipline era ben arduo; dove poesia metafisica, lette
ratura, romanzo, erano anch'essi filosofia e riflessione politica.
In Italia, in realta, fra i grandi solo Croce aveva affrontato,
sia pure occasionalmente rna in pagine molto efficaci, qualche
Figura e problema, da Shaftesbury a Mandeville. Riallacciandosi
in qualche modo alle sue pagine, un allievo Fedele di Limentani,
Luigi Bandini, Figura atipica di studioso, pubblico nel 1930 da
Laterza un accurato volume su Shaftesbury, rna i due volumi
sull'illuminismo che il De Ruggiero dava alla luce nel '39 mostra
no chiaramente il perdurare di schemi tradizionali in una certa
storiografia, per cui uno Hume, che nella filosofia della pratica
non supera il medio livello del moralismo della scuola scozze
se, non merita, nell'analisi del suo pensiero teorico, se non un
terzo dello spazio dedicato a Locke. Per non dire di Mario Manlio
Rossi, della storia del pensiero inglese eccellente conoscitore, au
tore di una monumentale biografia di Herbert di Chirbury, atten
to ai problemi dei rapporti fra biografia e storia del pensiero, che
in una sua monografia su Berkeley, da lui studiato per una vita
intera, giunse a conc1usioni a dir poco sconcertanti.
In realta le preoccupazioni e gli scopi che erano al centro di
quei miei lontani lavori erano di tutt'altro genere, e si muovevano
in altre direzioni. Mi ero convinto che studiare un autore signifi
cava leggerlo in quanta ci aveva lasciato: leggerne ogni pagina,
ogni frammento, fino a farne resultare ogni sfumatura di significa
to, ogni tensione interna, ogni minima variazione di tono, ogni
eco di letture, di conversazioni, di polemiche, di contrasti. Fonda
menta Ie, per questo, mi sembrava scandire nel tempo testi in
apparenza compatti, sottolineare le varianti di senso di un termi
ne, ritrovando oscillazioni, incertezze, conflitti. Ricordo che la
mia tesi di laurea aveva al centro la enumerazione dei significati
che amor di se (self-love) aveva nei Sermons di Butler, gli
aggettivi a cui si accompagnava, il mutare di tono. Dal nesso fra
l'amore di se e la ragionevolezza, dalla profonda sfiducia nella
capacita della ragione, cercavo di far scaturire la tesi del Butler
circa i1 primato della coscienza morale da lui propos to con tanta
energia e tanta efficacia.

Nessuno si accorse, 0 si interesso allora del Butler, anche se


poi (fra il 1969 e il '71) tutte le sue opere vennero elegantemente
tradotte in italiano, e gli venne dedicata una monografia (dal
Babolin, quarant'anni dopo). 10, comunque, ero sempre pili preso
dalle analisi del sentimento, delle passioni, che gli inglesi
erano venuti facendo, riprendendo, rna con eccezionale originali
ta, l'onda di riflessione e di ricerche stimolata dal ritorno rinasci
mentale dello stoicismo. N6 ero meno interessato dalla dissoluzio
ne dell'io-sostanziale, dalla messa in discussione dell'eidentita per
sonale, dall'ondata di scetticismo che, dopo le conquiste scientifi
che di Newton, sembro investire in Europa tutto il sapere. Si
aggiunga che una pili attenta lettura di certi testi, dai Platonici di
Cambridge a Clarke, da Clarke a Newton e alla Siris di Berkeley,
mi sembrava imporre un ulteriore lavoro di scavo proprio nel
retroterra della scienza e della filosofia in Europa fra Cartesio e
Newton. Cosi, agli inizi degli anni Trenta, mi buttai a studiare
sempre pili intensamente il Rinascimento e la sua eredita, parten
do proprio da Cudworth e da More.
Avevo, ancora all'Universita, e in occasione di un corso di
Limentani sui Dialoghi morali di Bruno, letto molte opere bru
niane, scoprendo, e proprio a proposito delle ricerche che allora
veniva facendo Limentani, la questione di Bruno in Inghilterra.
Vidi cost quanta Fosse legata all'opera del Ficino, e pili in genera
le quale eccezionale rilievo avesse avuto Ficino nella diffusione
europea del platonismo fino all'Ottocento, quando ancora si ri
stampava la sua versione di Plotino. D'altra parte chi conosca le
edizioni delle traduzioni ficiniane dei platonici, da Platone a Pro
do e a Giamblico, sa quanta Fieino passasse nei lettori attraverso
quelle pagine, folte di esposizioni, prologhi, commenti, illustrazio
ni e cosi via. E sa anche quanto composito Fosse quel platonismo,
e quanta ermetismo vi Fosse filtrato, per usare un termine reso
pili tardi familiare dai libri di Frances Yates. N6 posso dimentica
re l'impressione che mi fece la History of Philosophy di Thomas
Stanley, uscita nel 1655 e tante volte ristampata, e tradotta in
latino, che per integrare l'esposizione di Platone presenta la ver
sione compendiata del Commento di Giovanni Pico della Miran
dola a una canzone d'amore di Girolamo Benivieni (A Platonick
Discourse, written by John Earl of Mirandula, in Explication of a
Sonnet by Hieronymo Benivieni). Solo pili tardi lessi la bella
traduzione libera che dell'Oratio, sempre del Pico, faceva nel
medesimo giro d'anni un poeta come Thomas Traherne.

130

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Deeisi cosi di approfondire una figura in qualche modo emble


matiea, accompagnata nei secoli quasi da una leggenda, e che in
Inghilterra aveva destato subito interesse, se Tommaso Moro ne
aveva tradotto la biografia scritta dal nipote. Nel '31, a Palermo
dove ero andato a insegnare filosofia e storia al Liceo seientifico,
comineiai a studiare sistematieamente Giovanni Pieo, a cui avrei
dedicato anni di lavoro. A dire il vero in partenza mi aveva
interessato molto anche il nipote Gian Francesco, e proprio per il
suo sforzo di rimettere in discussione tutto il sapere antico attra
verso una sorta di critiea sistematica della conoscenza sia sensibi
Ie che razionale, utilizzando per un verso Sesto Empirieo, e per la
critiea alIa fisiea di Aristotele Crescas, di cui si eta fatto tradurre
dall'ebraieo in latino Ie discussioni di Or Adonai, come proprio
nel 1929 aveva dimostrato Harry Austrin Wolfson. D'altra parte
una seria discussione di Gian Francesco presuppone un'approfon
dita lettura di Giovanni da cui partiva. Per questa mi impegnai a
studiare il primo dei Pieo.
La storia della filosofia del Rinaseimento a Firenze era di
casa, sulle orme della grande opera di Felice Tocco. Proprio con
Tocco vi si era avviato Mondolfo. II 18 novembre 1921 Limenta
ni dava inizio al suo insegnamento all'Istituto di Studi Superiori
di Firenze con una prolusione a un corso su La morale di Giorda
no Bruno, a cui poi avrebbe dedieato un libro. Per suo suggeri
mento avevo studiato molto presto i bei saggi di Dilthey su L'ana
lisi dell'uomo e l'intuizione della natura, nel '27 tradotti in italia
no, e, sempre nel '27, l'affaseinante libro del Cassirer Individuum
und Kosmos in der Philosophie der Reinassance, nelle Studien
della Bibliothek Warburg. Proprio sotto l'influenza dell'opera del
Cassirer e delle letture bruniane, avevo rivolto una partieolare
attenzione a Cusano, che mi parve tuttavia molto lontano da
Fieino e da Pieo. Mi sarebbe stato molto diffieile allora, e, forse,
ancor pill oggi, dire in che misura peso sulla mia conversione
dal mondo di Shaftesbury a quello di Pico e Fieino la produzione
di Cassirer di quegli anni. Dopo Individuum und Kosmos del '27,
infatti, nel '32, usci di Cassirer, sempre nelle Studien del War
burg, Die platonische Reinassance in England und die Schule von
Cambridge, facendo seguito all'artieolo Shaftesbury und die Rei
nassance des Platonismus in England (<<Vortrage der Bibl, War
burg, IX, 1930/31, pp. 136-55). Di una cosa comunque, mi
sento debitore a Cassirer: della convinzione, che si evenuta facen

do via via sempre pill profonda, del peso grande che certe temati
che caratteristiehe del Rinaseimento italiano conservarono a lun
go su vari piani della cultura europea.
Quando mi detti a studiare Pico, non ricca era la letteratura
su di lui, ne in Italia, ne fuori; non agevole orientarsi sulle sue
fonti, soprattutto kabbalistiche, ne familiarizzarsi con la sua
straordinaria biblioteca, purtroppo dispersa e, in gran parte, pro
babilmente- distrutta. Non era ancora useito il bel libro di Pearl
Kibre, The Library of Pico della Mirandola, pubblicato a New
York nel '36, e che ebbi quando il mio libro era appena stampato,
constatando tuttavia con soddisfazione che Ie mie tanto pill brevi
pagine, fondate sull'inventario del 1498 dell'Archivio di Stato di
Modena, e sui richiami e Ie eitazioni nelle opere, mantenevano la
lora validita.
Consapevolmente cercai di rieostruire Ie sue letture, i suoi
incontri, i suoi interlocutori, gli ambienti che aveva frequentato.
Attraverso Ie lettere (di lui e a lui), e con l'aiuto degli inediti
risalendo quando era possibile dalle stampe (spesso postume) ai
manoscritti che conservavano Ie redazioni originali, tentai non
solo di rimettere a fuoco un contesto, rna anche di ripercorrere un
itinerario. Soprattutto fui costretto a riflettere a quello che face
YO, allavoro della storieo della filosofia, ai metodi di una diseipli
na che, allora, piuttosto che discutere se stessa amava abbando
narsi ad affermazioni generali. In realta, oltre Ie etiehette di ideali
smo e positivismo, oltre Ie accuse di filologia e di erudizione, il
lavoro storiografico oscillava fra esposizioni piatte delle opere, e
del sistema, e rieostruzioni violente e falsificanti del vero
autore, 0 della verita dell'autore, ossia di quanto poteva rientra
re negli schemi prefabbricati di una progressiva conquista della
verita (de claritate in claritatem: da Talete a Hegel, 0 a Gentile, 0
al neotomismo; cio che e vivo e cio che e morto ecc.). Questo,
ovviamente, non escludeva dellavoro eccellente, soprattutto nelle
indagini speeifiche, dove meno pesavano Ie concezioni d'insieme
dei compiti e del signifieato della filosofia nel suo sviluppo. La
tradizione dei Fiorentino e dei Tocco, quando io comineiai a
lavorare, aveva dei degni continuatori nei Nardi e nei Mondolfo,
0, nonostante la sua retorica, nel Bignone, per rieordare anche
uno storico del pensiero antieo che aveva fatto parlare non poco
del suo Epieuro, e pill avrebbe fatto parlare dell'Aristotele
perduto.

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3. Che i problemi generali della storiografia filosofica mi siano


venuti incontro suI campo della ricerca, ha pesato poi sempre suI
mio lavoro, se in bene 0 in male non so; certo ha pesato fortemen
teo L'autore su cui mi ero fermato, Giovanni Pico, si era scontrato
molto presto, per Ie idee che sosteneva, con posizioni dottrinali
ufficialmente imperanti COS! nella Scuola come nella Chiesa, ma
era entrato in polemica anche con Ie correnti pili radicali del
rinnovamento umanistico. Pico e condannato dalla Chiesa roma
na, ma e anche in lotta, non si dimentichi, con Ficino da una
parte e col Barbaro dall'altra, col Platone del primo e con l'Aristo

tele del secondo. La cosa poneva allo studioso due ordini di proble
mi, e quindi di ricerche: in primo luogo, e piu in generale, circa il
nesso fra l'indagine, sia essa scientifica 0 filosofica, che il singolo
conduce e gli istituti ufficiali esistenti - nel caso specifico, Scuole
universitarie e Chiesa romana. In secondo luogo, ma non meno
rilevante, si imponeva la questione del rapporto con Ie posizioni,
non solo tradizionali (filosofia scolastica) ma anche critiche e
innovatrici (1'umanesimo, e Ie istanze che ne derivavano).
Credere, come certuni continuano a fare, che si possa legge
re l'opera di un pensatore come Pico, a prescindere dai suoi
progetti anche pratici (il congresso universale di Roma per
l'incontro e la pacificazione filosofico-religiosa; l'uso della kabba
lah ebraica, e dei suoi metodi, per la dimostrazione dell'unita
ebraico-cristiana), e, a dir poco, palesemente assurdo. Come e
assurdo pensare che un processo c1amoroso come il processo
romano, una condanna e un arresto, nonche una sorta di assegna
zione a confino, passassero senza lasciare tracce profonde suI
piano dottrinale. Uno storico serio non puo non cercare di mette
re a fuoco, per un verso, la polemica aspra contro il Barbaro (ma
domani ripresa a lungo da Melantone) sullinguaggio dei filosofi
(1a filosofia non e questione linguistica), e, per un altro verso
l'adesione finale del filosofo al movimento savonaroliano: ossia
una lotta per il rinnovamento spirituale che continua su un altro
piano.
Non intendo, sia ben chiaro, difendere ora, dopo piu di cin
quant'anni, una interpretazione dei cui limiti sono tanto convinto
che non ho mai voluto ristampare quel libro d'allora. Voglio
pero cercare di mettere a fuoco l'avvio di un modo di lavorare: il
nesso costantemente cercato fra storia delle idee, della scienza,
della filosofia, e storia degli uomini (biografia) e delle realta e
degli istituti in mezzo a cui questi uomini hanno cercato e lottato;
il rifiuto, su tutti i piani, della concepibilita di una storia - che
storia, poi, non sarebbe - in cui Ie idee generino virginalmente Ie
idee in ritmi logici puri, Che e rifiuto di una pseudostoria insieme
logica e progressiva: dalle idee alle idee attraverso Ie idee, de
claritate in claritatem; rifiuto della storia della filosofia come
rischiaramento progressivo e ascesa costante, nel singolo pensato
re e nel complesso della ricerca.
Le conseguenze di un orientamento di questa genere, avviato
faticosamente, lentamente, fra dubbi e oscillazioni, sono state per

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Fra la fine degli anni venti e gli anni trenta, tuttavia, mentre
l'attualismo era in crisi, anche la storiografia filosofica era costret
ta a riflettere su se stessa.
Ricordo l'impressione che mi fece, proprio nel '30, la pagina
che Guido De Ruggiero premise alIa sua ripresa dell'ambizioso
disegno di una storia generaIe della filosofia. L'aveva avviata da
Laterza nel '18, e continuata nel '20 fino a tutto il Medioevo (in
cinque volumi complessivi). Nel '30, presentando due volumi pro
prio suI Rinascimento (anzi su Rinascimento, Riforma e Controri
forma), non solo mostrava di rendersi conto di quanta complesso
fosse il compito (<<un com pi to COS! arduo che solo una spensierata
baldanza giovanile puo rischiare di assumersi), ma anche di un
complicarsi dei problemi e compiti della storiografia. E dopo
aver lamentato Ie lacune degli Hoffding, dei Windel band, ecc.,
usciva a dire che dagli Spaventa, dai Fiorentino, dai Gentile, il
Rinascimento filosofico e stato ridotto a un piccolo gruppo di
problemi convenzionali e scolastici. II giudizio non era solo
ingeneroso - non era vero; ma i1lettore non poteva non ricordare
a sua volta quello che Gentile aveva detto di Tocco: grande
filologo, non filosofo. Ne poteva fare a meno di riflettere sugli
autori di cui De Ruggiero diceva, per contro, di essersi largamen
te giovato: Dilthey, Troeltsch, Cassirer.
Se problematica era l'impostazione, non meno discutibile era
l'attuazione, da cui emergeva chiara l'urgenza di una ripresa dei
problemi di fondo che il De Ruggiero eludeva, a cominciare dalla
valutazione del pensiero medievale (di cui aveva dato un'esposi
zione deludente), e del rapporto in cui il Rinascimento si veniva
ponendo con l'eta che I'aveva preceduto.

me tante, ma spesso sconcertanti e contraddittorie.jlnnanzitntto e


caduta l'idea di una storia.dellafilosofia come ricostruzionedi un
suo progressivo crescere su .se.stessa.nella scoperta della.xerita,
mentre_oe.!~_':l~E1:in~!.~'PpiJ . flQ.n .._sax~bJ2erQ ...che.<:Icci.d.elltLda
~tere .c1a.par!e,CQme peruna.sona di paradosso 10 studio.del
mito della prisca..thoolegia))e della perdita prcgressiva.della
Verita tuttariyelata in principia;..sembraza svelare l:equiv o co .del
...!!li!() simmetrico della Verita totale collocata alIa fine dellungo
~l!J:iD.<Ld.ella..pura. ragione.alla.ccaquista.di.sestessa.
Contemporaneamente, proprio nella studio sistematico di un
pensatore di frontiera, fra la cultura medievale attinta a Parigi e a
Padova, e i nuovi orientamenti incontrati a Ferrara e a Firenze,
molte altre certezze entravano in crisi, e innanzitutto il carattere
rnonolitico con cui una certa storiografia era solita presentare,
non solo certi periodi storici (medioevo, rinascimento, umanesi
mo, scolasticismo), ma anche certe posizioni dottrinali (platoni
smo, aristotelismo, averroismo). COS! mentre certi pretesi concetti
si svelavano equivoci pseudoconcetti, mutava l'avvicinamento al
le opere che perdevano la lora compattezza di superficie. Emerge
va la necessita di ritrovarne la genesi, la scansione temporale,
mentre spesso si svelava l'occasionalita di certe parti e la mancan
za di necessita della loro strutturazione complessiva. Via via che
nelle singole opere di coglievano gli strati successivi, entravano in
crisi Ie tesi, non solo di una unita delle opere progressivamente
raggiunta al meglio dagli au tori, ma anche di una unita del lora
pensiero e della lora personalita, di cui l'ultima stesura dell'ulti
ma opera sarebbe da considerare la conclusione pill rappresenta
tiva: Vico sul letto di morte con in mana la Scienza nuova del
'44.
Cadeva insieme il supporto, esplicito 0 sottinteso, di tanta
storiografia filosofica fra Ottocento e Novecento: della filosofia
quale veduta tutta razionale che cresce su se stessa in un ragiona
mento coerente, in cui uomini ed eventi sono i portatori di un
discorso in se autonomo, anche se, a volte, con pause 0 scarti
irrazionali, destinati via via ad essere individuati ed espunti.
Al posta di tutto questa subentrava un colloquio umano da
ricostruire, fatto di domande e risposte, di lotte e di sconfitte, di
ritorni, di tentativi variamente intrecciati, consegnati ad abbozzi
abbandonati e ripresi, corretti e integrati, ma anche lasciati cade
re del tutto, per altri cominciamenti e altre vie.
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Fu anzi proprio nella sforzo di ricostruire il dialogo di cui


Pico fu un interlocutore, che mi resi conto della necessita di
rimettere in discussione, almeno sui piano della cultura filosofico
scientifica, tutto quel moto di civilta in cui si collocava: il Rinasci
mento, appunto, 0 quello che ormai si chiamava cosi, Godeva,
allora, di una certa fortuna di discussioni l'opera di Giuseppe
Toffanin, che aveva avuto it merito di scorgere difficolta non
piccole nelle vedute tradizionali dell'eta dell'eumanesimo, ma
che aveva poi il gran torto di ridurre i problemi pill seri nei
termini generici di facili contrapposizioni verbali: Roma e il seco
10 senza Roma, retorica e filosofia, Ie scienze e Ie lettere. Giusta,
invece, l'esigenza di ripensare tutti i termini della questione, di
rileggere i testi, di approfondire, come secolo-chiave, il Quattro
cento, proprio per determinare i rapporti col Medioevo.
Fu COS! che fra gli anni Trenta e il principio degli anni Qua
ranta accompagnai it mio libro e i miei studi su Pico a una serie
di tentativi di approfondimento di problemi che non solo mi
sembravano eentrali, ma ehe toeeavano alcuni temi chiave del
Rinascimento. Innanzitutto cercai di vedere pill chiaro nel rappor
to col pensiero filosofieo classico, che significassero sui serio il
ritorno dei filosofi antichi, le nuove traduzioni dal greco, la
lettura di pensatori ebrei e arabi. Tentai insieme di stabilire un
pill soddisfacente rapporto con la cultura medievale, studiando
scuole, insegnamento, libri di testo.
Nel 1977 un saggio del Journal of the History of Ideas su A
Medieval View of Human Dignity cominciava la nota bibliografi
ca iniziale con un mio studio del 1938 che indicava nella letteratu
ra patristica greca e latina (e nei testi ermetici) Ie fonti, del resto
dichiarate, di uno dei temi centrali - divenuto un luogo comune
della letteratura rinascimentale. Quasi contemporaneamente
(1940) richiamavo l'attenzione sulle fonti ermetiche, su cui tanti
anni dopo Frances Yates avrebbe COS! largamente insistito, e ten
tavo (1939) di far vedere come la diseussione, e in molti casi il
rifiuto di Aristotele, non potessero disgiungersi dall'accettazione
di un Aristotele riletto e commentato in forme diverse, alIa luce
di commentatori greci diversi, 0 diversamente letti, che fu poi
idea feconda svolta da Charles B. Schmitt.
Contemporaneamente mi davo a ripubblicare, 0 a pubblicare,
ma soprattutto a tradurre e a commentare, testi rinascimentali,
specialmente quattrocenteschi: un lavoro a cui ho atteso per de
137

4. Finito e consegnato nel '34 (rna pubblicato solo nel '37 per le
difficolta in conseguenza della guerra etiopica), il volume su
Giovanni Pico (uscito fra Ie pubblicazioni della Facolta di Lettere
di Firenze) ebbe una sorte curiosa. In Italia 10 recensi ampiamen
te e positivamente Carlo Dionisotti sul Giornale Storico della
Letteratura Italiana mentre Gentile pubblico sul Giornale Criti
co della Filosofia Italiana una recensione ampia e di fondamen

tale consenso del Kristeller. Cassirer, che ebbe il volume a Gate


borg, subito me ne scrisse e ne prese nel '38 10 spunto per discute
re ampiamente del Pico, tenendo conto delle mie ricerche, in un
saggio che usci nel '42 (sul Journal of the History of Ideas, in
due puntate e con qualche taglio), e che si colloco in parallelo col
saggio sul Ficino di Kristeller, del '45.
Nonostante la guerra che di Ii a poco travolse il mondo, il
libro, e la sua impostazione, destarono maggior interesse fuori
d'Italia, e presso studiosi non italiani. In Italia, per fare un solo
esempio, De Ruggiero si interesse all'argomento rna ignore il mio
lavoro. Altri disse che si trattava di ricerca meramente filologica.
In compenso Giovanni Pico, e specialmente la celebre orazione
sull'uomo, conobbero una nuova circolazione e nuova fortuna. 10
stesso ne pubblicai due volte il testo con traduzione. Un'edizione
commentata e tradotta ne pubblico Bruno Cicognani. Nel '40 a
Amsterdam (Pantheon Akademische Verlagsanstalt) esce una nuo
va traduzione tedesca, con alcuni altri scritti, a cura di H.W.
Russel, troppo presto scomparso in anni tragici, che nello stesso
anna (1940) pubblica un volume Gestalt eines christlichen Huma
nismus (che nel 1945 Einaudi pubblichera nella traduzione di
Giuseppe Rensi).
L'esaltazione, senza dubbio dai risvolti retorici, della liber
ta umana, l'appello alla pace religiosa e filosofica fra tutti gli
uomini, la celebrazione dei valori spirituali in tempi di razzi
smo sfrenato, tutto destava echi in altri momenti non sospettati.
La tesi stessa, che e al centro di tanta parte dell'opera del Pico,
dell'uomo come essere dalla natura indeterminata, libero di co
struirsi come vuole, padrone del suo destino, che non ha ne una
forma predeterminata ne una specie, sembrava potersi do
mani incontrare con Ie istanze estreme dell'umanismo sartriano.
Mentre infuriavano odi, massacri, le dottrine della razza; in un
mondo in cui gli scienziati inseguivano a gara Ie tecniche piu
raffinate dello sterminio totale, una voce che ricollocava l'uomo
al centro di infiniti orizzonti di liberta e di valore, poteva sembra
re terribilmente inattuale, rna ritrovava pure una sua capacita di
seduzione. L'umanismo rinascimentale era si terribilmente lonta
no, rna offriva la possibilita di riflettere con serieta sulle origini
del mondo moderno, sulla politica, sulla morale, sulla scienza.
Quando oggi, quasi mezzo secolo dopo, si ripensa a quella produ
zione storiografica come a quegli orientamenti filosofici, sarebbe

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cenni: un lavoro modesto, certo non privo di mende (puntualmen


te rilevate da chi lavorava sul gia fatto), che non ha mai preteso di
dare edizioni critiche, rna solo testi leggibili, quasi sempre accom
pagnati da non malvage versioni italiane, e spesso da commenti
anche estesi. Sono tuttavia convinto che i miei volumi delle opere
di Pico, e soprattutto la traduzione e il commento dei libri contro
gli astrologi, hanno aiutato a Ieggere e a rendere familiari pagine
altrimenti pressoche ignote, 0 chiuse da sette sigilli. Cosi ho pub
blicato opere inedite, perfino sconosciute, dal Salutati all'Alberti,
da Poggio al Ficino, in genere di qualche rilievo, fino alIa rinnova
ta versione (1987) del Liber de sapiente del Bovelles (che Einaudi
aveva dato alIa luce nel 1943) 0 all'opuscolo anticopernicano del
Tolosani (1546/1547), utilizzato dal Caccini per la denuncia di
Galileo, e che gli storici, nostrani e no, avevano ignorato. Sono
molte migliaia di pagine, inedite e no, a volte, se non erro, di
grande bellezza (per esempio quelle dell'Alberti), spesso di notevo
le altezza teorica e rilevanza storica: pagine che pochi conosceva
no (a volte, nessuno), e che pure possono dare altro colore al volta
di un secolo. Cosi, almeno, mi e sembrato. Sono comunque i docu
menti su cui, fondatamente 0 meno, si appoggia il mio lavoro. Con
Ie note a pie' di pagina dei saggi, intendono offrire le basi per un
confronto: per accettare 0 respingere, rna a ragion veduta (e non
in generiche condanne per la presunta appartenenza a questa 0
quell'orientamento generale).
Infine una postilla sugli inediti, che solo per buoni motivi
andrebbero editi per intero. Eben difficile, infatti, apprezzare le
immani fatiche impiegate per dare integralmente alIa luce, in
edizioni critiche, esercitazioni metriche senza ispirazione ne respi
ro, che non dicono nulla e non significano nulla, mentre docu
menti fondamentali di storia e di cultura restano a volte inattingi
bili, magari in stampe pili rare di manoscritti.

bene non dimenticare che cosa fu quell'Europa tormentata fra le


due guerre, e poi nella seconda guerra mondiale - e che cosa fu il
clima italiano fra il '35 e il '45, dalla guerra etiopica alIa catastro
fe, e poi alIa Liberazione.
Ero tornato a Firenze, da Palermo, nel '35, a insegnare al
Liceo scientifico e, ben presto, contemporaneamente, per incarico,
alIa Facolta di Lettere in un impegno molto faticoso che sarebbe
durato fino al '49. E tuttavia alIa doppia funzione di insegnante
liceale e universitario, che ebbi per quasi quindici anni, so di
dovere molte cose, dall'obbligo di un'estrema chiarezza alIa co
scienza del circolo riflessione-comunicazione. So bene che sono
possibili, magari auspicabili, altre strade, ma e certo che, allora,
quel circolo funzionava. Ne i tempi erano facili, fra il momenta di
maggior consenso al fascismo e la crisi sempre pili tragica, dalla
guerra di Spagna alIa catastrofe, con momenti amarissimi ancora
nel ricordo, per chi consapevolmente li visse. Fra gli altri, partico
larmente avvilenti, oltreche dolorosi, quelli della campagna razzia
le, allorquando fummo condannati a essere collocati con i persecu
tori. Tornare, allora, a un'epoca della tradizione nazionale domina
ta dal valore dell'uomo, dall'appello alla pace culturale e all'incon
tro religioso, non era davvero privo di senso. Ricordo ancora l'ani
mo con cui, nel '39, lessi e recensii il volume di Marcel Bataillon
(del '37) Erasme et l'Espagne, un monumento di dottrina, ma che
allora ebbe un suono che non ebbe mai pili.
Non e certo il caso, neppure sarebbe possibile qui, tentare di
rievocare quegli anni nella scuola e negli studi, con i fondi anti
chi delle biblioteche e degli archivi sfollati per la minaccia belli
ca, in una tensione che dava a tutto toni e colori diversi. II
dramma del presente si riverberava suI passato: ci aiutava - pen
savamo - a vedere il passato. Nel '43 lessi alIa Colombaria, che
si specchiava ancora in Arno nel vecchio palazzo fatto saltare dai
tedeschi, la lunga memoria su Coluccio Salutati, che anticipava i
miei studi suI Cancelliere di vari anni dopo, e cost pure l'altro
studio su vita attiva e contemplativa. Non era possibile capire
quegli uomini, quei tempi, quella cultura, a prescindere dalle
vicende politiche e morali. Non dipendevano certo, quei lavori,
da Hans Baron, che aveva, sl, scritto alcuni articoli - pubblicati,
fra l'altro, a Firenze, e in riviste a cui mi trovavo a collaborare
contemporaneamente anche io. Non dicevamo neppure Ie stesse
cose, anche se, lungo vie di svolgimento diverse, ci incontravamo

nel valorizzare figure, temi e problemi molto vicini. Erano modi


simili di approccio all'eta dell'Umanesimo, che nei decenni succes
sivi avrebbero trovato, pur nella differenza, crescenti punti di
contatto. Era il rilievo dato, anche nel campo della filosofia, al
linguaggio, alIa politica, alIa storia, aIle discipline morali.
Cost, fra il '43 e il '44, mi trovai spesso a discorrere del
Quattrocento italiano con Ernesto Grassi, e a leggere con lui testi
di scrittori del Quattrocento e del Cinquecento, discutendo l'imma
gine che dell'Umanesimo italiano egli cercava di costruire nel suo
confronto con Heidegger, che ben conosceva. Nei medesimi anni
Enrico Castelli veniva disegnando per dopa, se mai ci fosse state
un dopa, una edizione dei filosofi italiani di cui spesso veniva a
parlare a Firenze con me, che dedicavo Ie mie ore libere a stende
re quella Storia della filosofia italiana, che sarebbe uscita nel '47
(e poi, di nuovo, rimaneggiata, da Einaudi nel '66).
Se Grassi discuteva con Heidegger sull'eumanismo, e Castel
li, a suo modo, ripercorreva per vie originali itinerari esistenzia
li, nel variegato panorama esistenzialistico si traducevano in
una babelica molteplicita di linguaggi la crisi profonda della cultu
ra e il senso della tragedia del mondo. Pur nella superficialita di
tanti dibattiti, fino all'inchiesta del '43 di Bottai su Primate,
emergevano, con l'insoddisfazione ormai dilagante delle certezze
idealistiche, i problemi che rimettevano in discussione il senso
stesso e la funzione del filosofare, la sua possibilita di sopravvi
venza nel premere di urgenze politiche e di tematiche religiose, la
sua autonomia espressiva e il suo posto nei confronti della grande
arte, della letteratura, del teatro. L'accento batteva sui grandi
problemi morali, 0 induceva a riflettere pili a fondo sulla storia
dell'uomo, suI senso del suo lavoro. Non a caso, mi parve, Cesare
Luporini, che nel '42 aveva pubblicato negli Studi filosofici
diretti dal Gentile un volume molto significativo (Situazione e
liberta nell'esistenza umana), che si collocava alIa confluenza
dell'idealismo italiano, della filosofia della vita e della filo
sofia esistenziale, in una prefazione alIa second a edizione datata
Firenze, agosto-novembre 1944 (Ia data va sottolineata, perche e
l'inizio di una nuova liberta), batteva non solo sull'equivocita
dell'esistenzialismo, ma anche sull'intrinseca contraddittorieta del
la filosofia <nella sua essenza) e suI momenta di crisi in cui si
trovava. Maturava, in realta, una filosofia della filosofia che sem
brava poter trovare anche in una storiografia rinnovata un alleato

140

141

e un ampio campo d'indagine, mentre gli sviluppi delle moderne


scienze della natura e dell'uomo, nonche delle discipline logiche,
facevano sentire pili urgente la messa in discussione della loro
origine e delloro divenire, della lora funzione e del lora destino.
D'altra parte nel '45 urgeva un esame di coscienza che inve
stisse alle radici non solo fascismi e nazismi, rna quasi mezzo
secolo di vita europea, per cercare di capire come tuttoera stato
possibile: come si era giunti a quello che gia allora sembrava un
punto di non ritorno. Nel 1983 concludevo l'ultimo dei miei libri
su Ottocento e Novecento con un lungo capitolo che cominciava
con le illusioni dell'inizio del secolo, a cui uomini come Croce e
Musil avevano dato un volta pieno di speranza e di gioia, lieto di
trionfi e di felicita, e approdava non solo alle immagini atroci di
Buchenwald e di Auschwitz rna alle visioni apocalittiche di Hiro
shima e Nagasaki. Citavo Anders e il nulla sotto spirito delle
pagine heideggeriane ad uso delle studentesse di scuola second a
ria contrapposto a un mondo in cui non ci sono pili confini
all'uccidere, e in cui l'uomo si avvia consapevolmente alla distru
zione totale di se e di quanta 10 circonda. Nel '45, a dir vero,
c'era ancora la speranza. Anche se l'orrore dell'assurda strage di
Nagasaki aveva distrutto le ultime illusioni, restava la fiducia di
un possibile incontro umana su un piano di ragionevolezza comu
ne. Diceva Anders che se dobbiamo rinunciare consapevolmente
a voler andare fino in fondo resta i] nostro dovere di trovare
un denominatore comune accettabile. Nel '45 poteva sembrare
una buona premessa a una nuova vita in un mondo nuovo render
si conto di quello che veramente era accaduto nei tempi amari
che avevano preceduto la catastrofe e, insieme, capire meglio Ie
radici del nostro mondo moderno.

5. II '44-'45 fu, per molti di quelli che appartengono alla mia


generazione, un anna difficile e complicato: di riflessioni e, innan
zitutto, di conti con se stessi. La fine del regime dittatoriale, la
liberta, imponevano non poche revisioni e non pochi ripens a
menti. Ci fu chi, diverso per eta, per esperienze, per atteggiarnen
to verso la vita, le sue scelte aveva gia fatto, e le conserve intatte.
II fascismo apparteneva al passato, e quel passato era chiuso. II
prezzo pagato per il riscatto, chiunque l'avesse pagato, compensa
va largamente non solo i guasti, rna anche i peccati di omissione,

e copriva antiche debolezze e colpe che il fascismo avevano provo


cato, favorito, alimentato. Era tempo di dimenticare, di fare come
se nulla Fosse stato, e di costruire un futuro tutto diverso.
Taluni, invece, ritennero che il fascismo, anche rifiutato, aves
se tuttavia contribuito a deformare le prospettive - tutte le pro
spettive; che avesse radici profonde nella storia e nella cultura
italiana. Di qui, per chi era in questa posizione, la necessita di un
lungo ripensamento, di una lenta rilettura di testi, di una intensa
e seria meditazione. Poiche appartengo a questa categoria, dedi
cai molti anni a tentare di rendermi conto di quella che era stata
l'esperienza alIa quale ero stato condannato, e nella quale mi ero
formato.
La mia produzione del decennio '45-'55 rispecchia fede1mente
quello che per me non fu un lavoro facile, e che si svolse lungo
tre linee precise: 10 sforzo di portare a compimento l'ambizioso
disegno di una storia della filosofia in Italia; il tentative di formu
lare una visione d'insieme, sia pur provvisoria, del Rinascimento
italiano come momenta decisivo nella formazione dell'Europa mo
derna; una sorta di bilancio delle discussioni filosofiche in Italia
nel Novecento. Ognuna di queste ricerche si concluse con un'ope
ra d'insieme di una certa mole, rna ognuna di queste opere fu
preceduta e accompagnata da una grande quantita di saggi, di
edizioni di testi e documenti, secondo un modo di lavorare a cui
ho sempre cercato di restare Fedele. Siccome, d'altra parte, queste
linee di riflessione e di indagine sono in me rimaste costanti,
cerchero di accennare a ciascuna in modo specifico.
Devo aggiungere che un gran peso sul mio modo di vedere la
storia culturale italiana ebbe una lettura attenta degli scritti di
Antonio Gramsci, via via che venivano pubblicati i volumi delle
opere, nella forma, appunto, in cui vennero inizialmente presenta
ti. Anche la dove mi ero gia formato un concetto preciso, anche
quando - per esempio sull'eta del Rinascimento - mi trovavo a
dissentire nettamente, le osservazioni di Gramsci ebbero su di me
un peso via via crescente. Sulla storia intellettuale italiana attra
verso i secoli i termini principali di confronto, a parte figure 0
momenti specifici, erano stati per me specialmente Croce e Genti
le, e lora gli interlocutori costanti. In Gramsci, fin dal principio,
vidi un lettore acuto degli stessi storici, rna con una carica critica
non comune, e con continue indicazioni feconde, di cui cercai di
accogliere sempre di pili stimoli e suggerimenti. Non so quanta

142

143

questa sia riuscito e si colga, rna fu certo per me un'esperienza


decisiva che duro a lungo.
Come ho detto, lavoro ambizioso rna avviato senza molta
convinzione fu la Storia della filosofia italiana. L'aveva comincia
ta agli inizi del secolo Gentile per la Storia dei Generi Letterari
Italiani che l'Editore Vallardi pubblicava a dispense. L'impresa
aveva avuto un avvio vivace.intornoal 1904 (uscirono le dispen
se 10, 17,35,41,192 pagine, recensite ne11908 sul II Rinnova
mento, II, 3, pp. 413-14, da Giovanni Boine, che non a torto
cominciava: Pochi si sono fin qui accorti che Giovanni Gentile,
nonostante la guerra santa mossa dal suo compagno d'armi Bene
detto Croce contro i generi letterari, ha impreso a scrivere nella
Storia dei generi letterari, edita dal Vallardi, nientemeno che
[...]). Nel 1915 erano uscite ancora due dispense (pp. 193-296)
fino a Valla compreso, all'epicureismo del Valla. Poi piu nulla.
Dopo che ebbi pubblicato il volume su Pico e vari studi sul
Rinascimento, Gentile propose al VaIlardi di affidare a me un
secondo volume della Storia, di cui egli avrebbe conc1uso il pri
mo volume. Cosi cominciai il lavoro dal Cinquecento, dall'aristo
telismo e da Pomponazzi, e continuai. Poi la guerra ando precipi
tando. Gentile scomparve tragicamente. Quando ripresi il lavoro,
con grande esitazione e per le sollecitazioni dell'Editore, cornin
ciai col ripropormi il problema di una filosofia italiana naziona
Ie, risolvendomi a trattare l'eta medievale come una sorta di am
pia introduzione al Trecento. Avendo accettato di compilare io
tutta l'opera, una parte almena della problematica tradiziona1e
sulla nazionalita della filosofia mi sernbro sfocata. Se infatti
apparivano nitide certe linee unitarie di interessi e di ricerche, di
linguaggi e di tradizioni, ~e.r@yan9_n~n~!~~SO tempo _~2Q_t~tta
chiare~~a le difficolta di supporre unita di problemi e di sviluppo,
.2 nessi fra soluzioni, attraverso secoli lontani. Mentre iTegami
culturali fra discipline e campi diversi in un determinato periodo
si imponevano, I'identita delle discipline nei lunghi periodi si
presentava come assai problematica. Caduto il comodo rifugio
delle sorti necessariamente progressive, ossia di un processo linea
re e omogeneo de claritate in claritatem, anche nel campo limitato
della filosofia italiana unita e continuita si facevano spesso
evanescenti, mentre diventava via via evidente l'opportunita di
cercare la filosofia nella letteratura, nelle scienze della natura,
nel diritto, nelle scienze morali.
144

Accettato alIa fine una specie di compromesso, come capitava


in opere del genere - quando ancora si facevano -, intorno al '46
conc1usi un panorama abbastanza ampio di cio che per consuetu
dine si considerava tradizione filosofica italiana, rna tenendo co
me punti di forza i secoli dalla meta del XIV al XVI, l'eta di Vico
e l'illuminismo, alcuni aspetti dell'Ottocento, cercando di cornpen
sare con l'informazione del gia fatto, e una larga citazione di testi,
approfondimenti incompiuti, 0 allora impossibili. Ne ebbi, insie
me, confermata I'idea della fine.di.unsgenerezjIe__ grandia.sto
...ri.e__cl~li~Ji1Qt>ofia ~_.0..E~.t'a di un solo autor~!Jega!e all'ideadi.uno
__sviluppo logico, di una conquista progressiva della Verita,
in cui il particolare, a cominciare dalla vitae dalla personalita
derpensatori trattati, fino aIle situazioni storiche concrete.calla,
reale circolazione delle idee, sono accidentali. Che e poi l'imma
gine convenziona1e, e un po' sprovveduta, che della storia della
filosofia hanno spesso taluni filosofi che della questione vanno
scrivendo e disputando.
II libro tuttavia ebbe una qualche circolazione, tanto che,
quando passe nel '66 a Einaudi, in una nuova edizione aggiunsi
un lungo epilogo a proposito della rinascita dell'idealismo, ri
maneggiandolo tutto e aggiornando 1a bibliografia, cosa che feci
ancora nel '78, ma considerandolo sempre come una specie di
parentesi che mi era costata una grande fatica. In realta il mio
interesse continuava ad essere rivolto, per un verso alIa cultura
del Rinascimento, per un altro al dibattito italiano contempora
neo. Nel '47 usciva in tedesco a Berna presso l'editore Francke, in
veste molto e1egante, un volume mio di quasi trecento pagine dal
titolo Der italienische Humanismus, che presentava, da Petrarca a
Giordano Bruno, quelli che mi sembravano gli aspetti rilevanti
del pensiero italiano quali si erano venuti affermando nell'eta in
cui la cultura italiana aveva toccato una delle sue punte piu alte,
II libro usciva, forse mette conto ricordarlo, in una eolIana De
berlieferung und Auftrag, diretta da Ernesto Grassi e Wilhelm
Szilasi, distinta in due serie, Schriften e Probleme und Hinweise.
Proprio quando nella serie Schriften usciva il mio libro, nell'altra
serie usciva di Martin Heidegger, con la ristampa di Platons Leh
re von der Warheit (scritto nel '40 e gia uscito ne1 '42), il Brief
iiber den Humanismus, in risposta a Jean Beaufret (del '46).
Erano, al di Iii di ogni confronto, mondi diversi e lontanissimi.
L'eumanesimo di cui parlavo io accentuava al massimo il concre
145

to dell'umanesimo storico, batteva sull'impegno civile dell'uo


mo, suI senso terreno e politico dell'operare umano. Non a caso
Ie mie pagine partivano da una rea Ita storica, da quella che si
presentava come interpretazione valida di una realta storica
ori~ntata verso una concreta attivita mondana. Le battute heideg:
genane sull' umanesimo sia classico che del Rinascimento (cdie
sogenannte Reinassance des 14. und 15. Jahrhunderts in Italien
ist eine renascentia romanitatis [... ]), prese per se, non erano che
banalita, in un discorso che era altro e mirava ad altro.
Quanto al mio libro, qualunque cosa valesse, si collocava
c~nsap~vo~men~e suI ve~sante storiografico di un complesso di
discussioni sull umanesimo, storico 0 no, che si intrecciavano
spesso n.el clima culturale del tempo, mentre pili 0 meno diretta
~ente riprendevano non pochi problemi e spunti allora assai
diffusi: dal significato della retorica alle tesi sull'umanesimo civi
le, dalle origini della dialettica alle radici della rivoluzione scienti
fica. Ricordo gli incontri, ideali e reali, con Hans Baron per un
verso e con Chaim Perelman per un altro, con Frances Yates e
l?P. Walker; i colloqui con Robert Klein, l'utilizzazione delle
ricerche di storici dell'arte come Ernst H. Gombrich e Andre
Chaste!.
II volume sull'Umanesimo italiano ripubblicai nel '52 in italia
no da Laterza, che divenne allora il mio principale editore. L'ave
vo ampliato, ci avevo aggiunto alcune parti. Al titolo avevo fatto
s~guire un sottotitolo: Filosofia e vita civile nel Rinascimento.
~ opera, che ha avuto una dozzina di ristampe, e stata tradotta in
inglese come in giapponese, in polacco come in rumeno e fu
spesso avvicinata inpositivo come in negativo alle ricerche del
~a:~n, con cui, come ho gia accennato sopra, talora senza dubbio
SI e incontrata. In realta, giunta a talune conclusioni sirnili per vie
auton~me,. te~de a mettere a fuoco il composito formarsi degIi
asp~ttl s~~le~tI della mentalita modema. Piuttosto che opera con
clusiva d mSl~me, .come spesso e stata letta, essa ha costituito per
me una ~pecte di programma di lavoro, le cui varie parti ho
c~rcat~ dl approfondire in vari decenni: dal rapporto Medioevo
RmasClmento al nodo di questioni intorno aile origini della scien
za modema.
Lontanissimo, anzi profondamente avverso alia tesi cara al
Kristeller di un umanesimo del Rinascimento come fatto sostan
zialmente grammaticale, di un Rinascimento speculativamente
146

continuatore del Medioevo, e come tale, in verita inconsistente,


ho cercato al contrario di individuarne la peculiarita proprio nel
nesso profondo dei suoi molteplici aspetti, e soprattutto nella
concezione della vita, dell'uomoe della sua attivita: nell'arte co
me nella politica, nella sviluppo delle tecniche come nel contribu
to al risveglio scientifico. Qui, appunto, Ie complesse radici della
civilta moderna, senza negare i profondi legami con l'eta prece
dente, rna senza neppure attenuare Ie non meno profonde diffe
renziazioni. Non e il caso di riprendere qui certe discussioni. Esse
sono consegnate a una serie di ricerche, qualunque cosa valgano,
durate decenni, con 10 scopo di affrontare in termini non generi
ci, campo per campo, proprio la questione dei rapporti del Rina
scimento con l'eta precedente e col mondo classico.
Non casualmente nel '54, dopo avere pubblicato nel '52, per i
Classici Ricciardi, una grossa raccolta di Prosatori latini del Quat
trocento, vedeva la luce iI libro di cui, forse, sono poi rimasto
meno insoddisfatto: Medioevo e Rinascimento. Si trattava di una
raccolta molto sistematica di saggi; in realta un tentativo di anda
re a fondo su alcuni punti chiave del rap porto fra i due momenti
storici. Fra questi uno ve n'era su cui sono poi tomato con insi
stenza: ermetismo, magia e astrologia. Gli studi suI Pico mi aveva
no costretto a riflettere suI problema. Pico, critico dell'astrologia,
sotto certi aspetti COS! favorevole aIle scienze, e pure capace di
apprezzare la magia naturale come parte pratica della scienza
della natura. La laboriosa preparazione dei due volumi delle pi
chiane dispute contro gli astrologi, della loro versione e del loro
commento, mi fecero quasi toccare con mano la complessita dei
problemi da Lynn Thorndike sfiorati in capitoli fra i meno felici
della sua History of Magic and Experimental Science, nei quali la
sua allergia alIa riflessione filosofica sembra toccare punte
estreme.
D'altronde proprio li, in quello strano intreccio di ermetismo
e razionalita, si coglie in pieno l'esigenza di trattare con estrema
delicatezza un node di ragione e no, in cui per altro rimasero
presi uomini come Keplero e Newton. Certo Frances Yates ha poi
esagerato con l'ermetismo, rna non ha esagerato meno chi ha
creduto di poter parlare di Ficino quasi dimenticando il posta
eminente che nella sua opera ha avuto l'ermetismo, e nelle sue
forme piu torbide. Ne esagera meno chi, a qualsiasi prezzo, anche
della sollecitazione dei testi, tenta di espungere alcuni aspetti
147

di tali influenze specialmente notevoli dalla venuta del Pletone in


poi. Che e questione della cui importanza gia mi rendevo con to
negli anni Cinquanta, e che affrontai allora (Studi sui piatonismo
medievaie, 1958), in ricerche da rettificare e integrare, rna che in
molti punti ritengo ancora valide.

, . 6. 11 terzo argomento -su cui lavorai intensamente neldecennio


'45'55, e in cui mi impegnai forse con maggior passione, fu la
discussione filosofica italiana nel Novecento. Gli uomini di cui
\ trattare erano in gran parte uomini con cui avevamo parlato, di
i, cui avevamo conosciuto mutamenti repentini, faticose conversio
~_.~ebolezzee, talora, vilta. E nei tempi andati era pili rara
: l'indulgenza per le debolezze dei filosofi, soprattutto di quelli
che amavano ancora presentarsi come maestri di saggezza.
r--~egli anni del!a dittatur~, ~'e~a chi. aveva sce!to prog~ammati
; camente, su alcuni argomenti, il silenzio, raccoghendo gh appunti
dalle letture e sugli eventi, in una specie di diario. Subito dopo la
fine della guerra, nel '46, nella piccola rivista di informazione
bibliografica Leonardo, messa insieme con alcuni amici, comin
ciai a pubblicare una serie di articoli sul pensiero italiano del
'900, in cui richiamavo, credo fra i primi (se non il primo dopo la
f guerra), l'attenzione su Vailati, mentre recensivo lungamente il
libro di Preti su Idealismo e positivismo uscito nel '43. LeonarII do ebbe vita breve, rna nel '51 e nel '53, sul Giornale critico
I della filosofia italiana, pubblicai sei nutrite puntate di Cronache
\ dellafilosofia italiana (1900-1943). Era illavoro che usci in volu
\ me nel 1955, e che nel 1 era pronto, a. parte alcuni particolari.
L... Ero, confesso, molto mcerto se pubbhcarlo, e non solo perche
ne vedevo i limiti d'ogni genere, rna perche mi rendevo conto che
ne sarebbero rimasti feriti un po' tutti, ne d'altra parte avevo
intenzione di modificarne ne la forma ne la sostanza. Ricordo che
nel '51 fu incuriosito dalle prime puntate anche Benedetto Croce
che, dopo averle lette, me ne scrisse richiamando i primi tempi
della Critica, gli scritti di Gentile sui filosofi italiani contempo
ranei, e i suoi pensieri d'allora su come fare storia della filosofia.
Proprio leggendo il suo giudizio anche troppo affettuoso, mi chie
si se l'avrebbe mantenuto uguale fino alla fine. COSl. illibro rima
se fra Ie mie carte fino al '55, quando Vito Laterza vinse Ie mie
perplessita, e il libro comparve.

Dei suoi difetti sono sempre state consapevole, anche se sono


convinto che erano intrinseci al suo stesso genere. Poteva non
essere pubblicato, rna, ai miei occhi, per le mie esperienze, non
doveva essere corretto. Era il diario di uno che quegli anni aveva
attraversato, con quell'animo. La stessa conclusione, che Roderi
go di Castiglia su Rinascita giudico in fondo piuttosto deluden
te, non solo non correggerei neppur oggi, rna la mia immagine
della filosofia e rimasta nell'essenza quella d'allora: degli ultimi
capoversi dell'edizione del '55, ivi compresa la citazione dei Mini
ma Moralia di Adorno. Scrivevo allora: ritrovare l'umanita del
filosofare non in un distacco aperto 0 nascosto dalla realta nella
sua "corpulenta" definitezza, rna nella umanizzazione della realta
e degli strumenti con cui si possiede si elabora e si trasforma: nel
difendere il senso della presenza umana, non esaltandola illusoria
mente al di fuori delle cose, rna con esse e fra esse, come coscien
za di un centro, perduto il quale tutto perderebbe colore. "Senza
l'uomo, cosa significherebbe la realta dell'universo?'?. Ove non
si dice che senza l'uomo I'universo non sarebbe, rna, si, che que
sto universo non sarebbe. Ove non si affaccia un'estrema difesa
romantica, [...] rna l'impegno a determinare, e quindi a difendere,
l'umanita di ogni strumento, di ogni tecnica, di ogni opera, in una
"storia" esatta e fedele, ossia in una visione chiara delle guise
dell'attivita umana colte nelloro articolato sviluppo, alla sorgente
della lora mobile dispersione nell'opera. [...] Che e, del filosofare,
un'immagine senza dubbio modesta, dopo tante superbe pretese;
rna che al virtuosismo di un ragionare sterile e astratto, e a costru
zioni fantastiche senza verita e senza bellezza, sostituisce un lavo
ro pulito e utile, innanzitutto, come sforzo di consapevolezza criti
ca entro la molteplicita delle attivita umane; utile alle varie ricer
che, illustrando, nella discussione dei procedimenti logici e delle
forme espressive, possibilita di convergenze e d'incontri, e difficol
ta e fonti d'errore, e limiti reciproci e fondamentali unita: utile
"moralmente", distruggendo non le speranze rna i miti, non le pos
sibilita rna la trasposizione dei desideri in una fittizia realta,
Certo, oggi, non scriverei COSl., e la forma stessa mi spiace, rna
non molto diversa la visione del filosofare, dei suoi compiti, dei
suoi limiti, della sua funzione critica nei confronti, non solo delle
attivita e delle costruzioni, rna delle pretese e delle illusioni del
l'uomo.
Non continuai le Cronache. Nonostante il titolo, era un libro

148

149

'?

legato a un'esperienza ben definita e, come tale, conclusa. Qual


che anna dopo, nel '62, a un volume su La cultura italiana Ira
'800 e '900 aggiunsi un lungo scritto di ben oltre cento pagine dal
titolo Ouindici anni dopo. 1945-1960, che fu poi aggiunto come
appendice all'edizione delle Cronache del '66 (e poi di nuovo nel
'75). In realta era opera diversa, nell'origine e negli intenti. Era
nata per un invito di Lelio Basso a scrivere un articolo per i
Problemi del socialismo su alcuni aspetti della cultura di sini
stra in Italia. Anche se 10 scritto si era poi trasformato per
strada diventando altra cosa anche per mole, aveva conservato
non poco del timbro iniziale, di intervento politico in un dibat
tito in atto nella cultura italiana. E questa del resto emerse dai
toni aspri che assunse la discussione di quel libro, e sui quali non
e il caso di tornare. Ma proprio a chiarimento della questione,
non so dimenticare che quel testo si chiudeva con una citazione
di Giulio Preti, da una sua pagina molto vivace con cui, su Pae
se Sera (Suppl. libri del 10/11 novembre 1961), aveva cornmen
tato il rilancio dell'ultimo Husserl a opera di Paci. Per Preti si
trattava del tentativo di riportare sul mercato filosofico una for
ma piu esperta e piu moderna del vecchio idealismo, come con
traltare spiritualistico e retorico a forme piu avanzate di pensiero
quali il neopositivismo, il pragmatismo, il marxismo, Preti, in
realta, aveva insieme ragione e torto: aveva ragione quando nella
ripresa della fenomenologia vedeva un ritorno di fiamma del
l'idealismo; aveva torto quando non 10 vedeva in molti dei modi
in cui in Italia circolava il marxismo, 0 quando dava per scontata
la superiorita di un neopositivismo 0 di un pragmatismo non
meglio precisati, 0, peggio ancora, quando si serviva di contrappo
sizioni quali logica e retorica. A commento di quanto aveva
detto del ritorno dell'ultimo Husserl, io osservavo: dopo quindi
ci anni, sul terreno ideologico, e negli istituti in cui si educano
gl'italiani, l' "idealismo" in forme piu 0 meno rammodernate conti
nua a sopravvivere. Ma soggiungevo (con ragione, penso) che a
certe insidie nessuno sfuggiva, a cominciare da Giulio Preti, e
non solo negli scritti giovanili. II suo libro del '68, Retorica e
logica. Le due culture, per una parte notevole polemico proprio
con me, non mi sembra davvero che riuscisse a superare difficolta
ed equivoci.
Purtroppo nel '72 Preti scomparve anzi tempo, e con lui Ie
sue provocazioni. In qualche modo, quasi concludendo, sono tor

nato sull'argomento nell'85 col saggio Agonia e morte dell'ideali


e discutibile nella sfiduciato quadro finale
della filosofia attuale, e probabilmente ben fondato per quanto
riguarda la chiusura di un lungo periodo del dibattito culturale
italiano col '68 (e dintorni), invece che col '45. In cio mi conforta
anche il ricordo di Giulio Preti e di quello che fu per lui il '68,
delle sue reazioni e dei suoi giudizi, nelle radici e nelle manifesta
zioni COS! diversi dai miei. Del movimento studentesco del '68,
quale 10 sperimentai in prima persona a Firenze, ho dato sempre
una valutazione del tutto negativa, anche se ero convinto, e non
. 10 nascosi mai, delle colpe gravissime dei pubblici poteri e di una
parte del corpo docente, che mai, dopo la fine del fascismo,
avevano voluto dar mana a un rinnovamento effettivo della scuo
la, ne avevano voluto tenere conto, per provvedervi, della trasfor
mazione in atto dell'universita e della ricerca. Che poi l'esplosio
ne studentesca, giusta nelle sue ragioni, prendesse di fatto vie
completamente sbagliate, e destinte a peggiorare la situazione, e
in non piccola parte da riportarsi, di nuovo, ai modi spesso sciagu
rati con cui si credette di fronteggiarla. Ma questa e un altro
discorso e riguarda, fra l'altro, la fine di un tipo di scuola univer
sitaria.
Quanto a me, passata l'ondata di piena durante la quale rima
si al mio posta facendo una serie di esperienze tanto istruttive
quanta malinconiche, nel '74 ottenni di passare alla Scuola Nor
male Superiore di Pisa dove, negli ultimi dieci anni del mio
insegnamento, ritrovai quel rapporto di umana collaborazione e
amicizia, senza il quale scuola non si da.

150

151

smo italiano, che se

7. Fra la seconda meta degli anni Cinquanta e gli anni Settanta


all'insegnamento fiorentino intrecciai una costante attivita di ricer
ca e di riflessione sui metodi della indagine storica. Frutto di una
collaborazione nata a scuola con piu giovani studiosi furono i
volumi, composti a piu mani, di testi e studi, pubblicati nel '53 e
nel '55, sull'ermetismo e sulla retorica, a cui dettero il lora contri
buto, fra gli altri, Paolo Rossi, Cesare Vasoli e Paola Zambelli. Li
ricordo, non solo perche hanno lasciato una qualche traccia nel
l'ambito di tali studi, maperche mi fecero toccare con mana la
possibilita di un fecondo lavoro comune nella scuola universitaria
anche nella ricerca storico-filosofica. Comunita di lavoro che lun

go quegli anni realizzai a Firenze anche con colleghi e amiei di


diverse discipline, come Delio Cantimori prima ed Ernesto Ragio
nieri poi.
Dal '53 avevo cominciato a partecipare agli incontri che, au
spice Abbagnano, un gruppo di filosofi aveva regolarrnente, a
Torino, Milano, e poi a Firenze, per discutere questioni che inte
ressavano tutti. Erano amici e colleghi che avevano in comune
alcuni orientamenti generali, e cioe che: 1. la ricerca filosofica
deve evitare atteggiamenti che Ie impediscano un'apertura verso
tutti i problemi della cultura moderna e verso [ ...] l'uso delle
ricerche e delle tecniehe specifiche elaborate nei vari campi del
sapere. 2. [...] deve porre continuamente in problema i propri
resultati e i propri metodi, mutandoli e perfezionandoli secondo
Ie esigenze di una critiea spregiudicata e radicale. 3. Si stabilisca
fra filosofia e scienza una connessione artieolata [ ...] cap ace di
sgombrare la filosofia da problemi e concezioni derivanti da fasi
arretrate della ricerca scientifica, e capace di dare un contributo
positivo alIa critiea e al rinnovamento delle strutture di fondo
delle scienze. 4. Si affermi la responsabilita politiea inerente al
l'impostazione aperta dellavoro filosofico, e l'impegno di difende
re e promuovere le condizioni di Iiberta che rendono possibile
tale lavoro.
Fu in quest'ambito che nel '58, in un incontro sulla dialettica
aperto da Abbagnano e chiuso da Bobbio (su la dialettica in
Marx), esposi in una re1azione il giuoco fra retorica e dialettiea
dal secolo XII ai principi dell'eta moderna. A Firenze, nell'aprile
del '56, insieme a Dal Pra e Paci, in uno di tali incontri si
discusse, invece, della storia della filosofia e dei suoi metodi, in
realta di alcune categoric della storiografia idealistica: unita
(Garin), superamento (Dal Pra), precorrimento (Paci). La discus
sione fu molto vivace, soprattutto per la stroncatura che Preti
offri delle mie posizioni, oltre che per il contrasto con Paci, e per
la generale sufficienza dei filosofi nei confronti della storico
che non chiedeva perdono della sua condizione di inferiorita, Ne
trassi conforto per le mie posizioni: e cioe che la storia della
filosofia come io la intendevo, e cercavo di farla, era 10 sforzo di
portare alIa luce i procedimenti autentici, e quindi i1 senso di un
pensatore, analizzando sul serio - sui documenti - i suoi tentati
vi, i suoi sviluppi, le sue contraddizioni, le varie sue risposte aIle
domande che emergevano nella situazione in cui si muoveva.
152

!I

Solo cosl la storia mi dava l'altro con cui confrontarmi, e dalla


cui frequentazione imparare. A Preti e a Paci, anche se in modi
diversi, non interessano affatto ne l'autenticita ne l'autentica alte
rita. Importava sistemare Platone 0 Leibniz nel lora discorso,
indicarne magari Ie contraddizioni, collocarli al lora posto, e so
prattutto metterli al pill presto a posto nella problematica attua
le, poco importa se a lora del tutto estranea.
Ricordo che, per mio conforto, dopo la requisitoria del Preti,
mi rilessi, di Preti, Il Cristianesimo universale di Leibniz del
1953, e, di seguito, di Jean Baruzi, Leibniz et l'organisation reli
gieuse de la terre, del 1907, che Preti neppure menziona, per
ritrovare la differenza che passa fra un gran libro di storia e di
filosofia, e una gradevole esposizione scolastica di quasi tutto
Leibniz, cominciando dal giorno della nascita.
Pill tardi, nel primo fascicolo del '59 del Giornale critieo
della filosofia italiana usciva un mio ampio saggio suI problema
(Osservazioni preliminari a una storia della filosofia) a cui tenne
dietro una lunga discussione con studiosi eminenti, con una con
clusione da me pubblicata nel '60. Sempre nel '59 riunivo i vari
scritti miei (e un intervento di Paci) da Laterza in un volume La
filosofia eome sapere storieo che, di proposito, si chiudeva con un
saggio su Antonio Grarnsci, che era poi la relazione d'apertura
del convegno su Gramsci del gennaio 1958. Di proposito, ripeto,
perche non intendevo solo sottolineare il peso che la riflessione di
Gramsci aveva avuto sul mio pensiero, rna anche i1 debito per un
grande insegnamento.
11 volume ebbe allora qualche risonanza (ne scrisse perfino
Luigi Sturzo). Presto esaurito, non l'ho mai voluto riprendere.
Proprio perche continuavo a essere convinto della bonta della sua
tesi di fondo (che facendo sul serio storia della filosofia si fa
filosofia), ho preferito continuare nel lavoro di storieo. In questa
momenta COSt poco felice per gli studi di storia della filosofia, mi
viene spontaneamente fatto di ripetere quanto scrivevo quaran
t'anni fa chiudendo quel saggio: visto che fra l'ottuso profeta e
l'onesto somaro abbiamo scelto la com pagnia del secondo, lascia
teci lavorare in pace!

8. Come ho gia detto, le discussioni di metodo non diminuirono


il mio lavoro di ricerca, innanzitutto sui Rinascimento che rimane
153

va per me un momenta decisivo per intendere il mondo rnoderno.


Cost, se non trascurai Ie occasioni di presentarlo nel suo insieme,
venni particolarmente insistendo nell'indagine su punti deter
minati.
SuI piano dei tentativi di sintesi pubblicati nel '64, per la
Propylaen-Weltgeschichte di . Golo Mann e August Nitschke,
Die Kultur der Reinassance, che abbracciava le vicende europee e
che ebbe una sua diffusione anche in edizioni autonome. Nel '66,
per la Storia della letteratura italiana del Cecchi e del Sapegno
curai un'ampia Letteratura degli Umanisti. II mio interesse mag
giore, tuttavia, mi spingeva a proseguire il mio lavoro di scavo, e
innanzitutto su quello che mi appariva, e mi appare tuttora, un
punta decisivo: l'educazione, la formazione umana, il mutamento
delle scuole e dei metodi di insegnamento, il cambiamento dei
libri di scuola, e, su altro livello, la crisi delle universita, la
trasformazione degli istituti di ricerca, la nascita delle accademie,
lanuova encic1opedia. Nel '57 pubblicavo un libro ambizioso
L'educazione in Europa. 1400-1600. Problemi e programmi (al
l'edizione francese fece la prefazione Philippe Aries), accompa
gnato nel '58 da una gross a opera ancor pili ambiziosa It pensiero
pedagogico dell'umanesimo, una raccolta sistematica di testi e
documenti, dagli Auctores octo al materiaIe pressoche completo
dell'attivita di Vittorino da Feltre, alle lettere di Guarino e a testi
della sua scuola, e cost via.
Erano gli anni di pili vivi dibattiti in Italia sulla riforma
della scuola e l'organizzazione della cultura, e un mio discorso a
Roma del gennaio del '60, edito nei libri bianchi Einaudi, non
rnanco di provocare, piuttosto che discussioni su proposte e orien
tamenti, piccole reazioni politiche di benpensanti. Ma nel
'60-'61 - sia ricordato per incidenza - ero destinato a raggiungere
il massimo dell'impopolarita durante le celebrazioni per il Cente
nario dell'Unita d'ltalia, soprattutto per il discorso dell'aprile del
'61 al Comune di Bologna e per quello del 27 ottobre, a Torino, a
Palazzo Madama, sull'emancipazione femminile (troppo rivolu
zionario il primo, e troppo femminista il secondo).
Non per questo fui distolto dal mio lavoro, diretto a mettere
sempre meglio in evidenza il rapporto Medioevo-Rinascimento
iL'eta nuova, 1969), la complessita delle tematiche in discussione
(La cultura filosofica del Rinascimento italiano, 1961), i lora
sviluppi fino all'Illuminismo iDal Rinascimento all'Illuminismo,

1970; Rinascite e rivoluzioni, 1975), l'intreccio delle discipline


(Umanisti, artisti, scienziati nel Rinascimento italiano, 1989).
Con particolare insistenza ho cercato di mettere a fuoco i legami
fra cultura umanistica e scienze della natura, in fruttuosa discus
sione con Klein (1961), analizzando Leonardo e Galileo, e presen
tando architetti e urbanisti (Scienza e vita civile nel Rinascimento
italiano, 1965). Ho ripreso i problemi della circolazione e tradu
zione dei testi greci, dopo le mie lontane indagini sulle versioni di
Platone e di Aristotele (II ritorno dei [ilosofi antichi, 1983); sono
tomato sulla non immacolata nascita della scienza modema esa
minando gli ambigui giuochi dell'astrologia, della magia e dell'er
metismo (Ermetismo del Rinascimento, 1988). Mi sono divertito a
insistere sulla nascita rinascimentale dei concetti di Eta buia
(delle tenebre) e di Rinascimento, rna battendo sulle incertezze
circa la durata di que lIe tenebre (da qualche secolo a mille anni),
e sulla presenza delle filosofie della storia legate alIa teoria astro
logica delle grandi congiunzioni (Lo zodiaco della vita. La polemi
ca sull'astrologia dal Trecento al Cinquecento, 1976).
Nelle mie peregrinazioni fra manoscritti e vecchi libri mi sono
pili volte imbattuto in testi singolari, ignorati 0 ritenuti smarriti,
talora importanti. Ho tuttavia avuto la rara fortuna, nel 1964, di
imbattermi, riconoscere e rimettere in circolazione quello che per
me e uno dei testi pili belli e significativi del Quattrocento: un
folto gruppo di dialoghi latini (Intercenali) di Leon Battista Alber
ti, che si credevano perduti: un ritrovamento che mi ha largamen
te ricompensato di molte faticose ricerche e che nella mia memo
ria resta legato alIa scuola, e ad alcuni dottissimi allievie amici
del Convento dei Domenicani di Pistoia, al P. Armando Verde,
storico impareggiabile della Studio Fiorentino nel Rinascimento,
al P. Salvatore Camporeale, studioso eccellente del Valla, e non
solo del Valla. Furono loro che mi fecero vedere, e mi chiesero di
quel manoscritto senza nome d'autore della biblioteca del loro
convento, e in cui riconobbi subito Ie pagine albertiane. Era l'AI
berti su cui avevo insistito fino dal '50, del Momus, del Fatum et
fortuna (che avevo riedito e tradotto), del Defunctus, rna anche
del Theogenius: un Alberti segreto, disincantato, di un pessimi
smo cupo, che la pacatezza delle opere pili note sembra sottolinea
re, e che svela quanto complessa e profonda e alta sia l'ispirazio
ne quattrocentesca. Quell'Alberti poi sempre ha accompagnato gli
ultimi vent'anni dei miei studi sull'eta dell'Umanesimo, dalla ri

154

155

flessione sulla trasfigurazione di Luciano agli studi e alle traduzio


ni di Erasmo, che sempre piu sono convinto che conoscesse que
sto Alberti, non a caso imitato anche da Ariosto. Di que lie Interce
nali detti subito un'edizione, tra il '64 e il '65, come sapevo. Altri
poi ha migliorato il mio testo, parecchi anni dopo, da buon filolo
go. 10 misi subito a disposizione degli studiosi un testo leggibile,
che a mio parere deve ormai essere tenuto presente da chiunque
scriva sul Quattrocento, un testo sul quale sono tornato molte
volte e a lungo, apprezzandolo sempre di piu.
Di pari passo con l'approfondimento e l'estensione degli studi
sul Rinascimento sono venuto ampliando anche le mie ricerche
sul pensiero europeo fra 600 e 700, ritornando in qualche modo
al mio punto di partenza, a proposito di quello che e stato l'inces
sante moto delle idee pur nelle differenti oscillazioni da tempo a
tempo.
Di Descartes mi ero occupato da sempre, rna sulla fine degli
anni Sessanta, preparandone un'ampia raccolta di scritti, non solo
10 rilessi tutto, rna ne stesi un profilo che, uscito nel '67 insieme
alle opere, rivide la luce, corretto sistematicamente, come volume
a se stante nel 1984. Era una strada che avevo gia tentato piu
volte con ritratti - come li avevo chiamati (Ritratti di umanisti,
1967) - di grandi figure dei secoli XV e XVI, fino al profilo
popolare di Giordano Bruno del '66, quasi contemporaneo,
nella stesura, al Cartesio. E chiaro, ne c'e bisogno di sottolinear
10, che dietro una scelta del genere ci sono complessi problemi di
metodo, e consapevoli scelte teoriche che non e possibile discute
re qui. Resta il fatto che il taglio biografico nel caso di Descartes
e stato voluto consapevolmente, e polemicamente, per sottolinea
re temi e problemi che troppo spesso monografie tese a ricostru
zioni sistematiche di opere e dottrine lasciano nell'ombra (Descar
tes selon l'ordre des raisons, come dice il titolo di un libro ben
noto). Devo aggiungere che 10 stesso stato attuale degli studi
cartesiani (a cominciare da quelli sul linguaggio e sullo stile) ha
moltiplicato il numero dei problemi, tanto complessi quanta fe
condi. Dai sogni agli enigmatici frammenti giovanili, dai viaggi
ai rapporti con i Rosacroce, dalla stratificazione di opere come
Ie Regulae alIa composizione del Discours e degli Essais, Descar
tes presenta problemi che solo certa improvvida superficialita di
sedicenti filosofi pub credere di risolvere facilmente in sede
metodologica.

Non meno appassionante 10 studio di Rousseau (1971), del


l'opera sua e della vicenda umana, con i suoi riflessi continui nei
suoi scritti, 0 quello, a cui pure ho lungamente atteso, di Male
branche (1983) e della Recherche, un testo fondamentale per
avvicinarsi aIle discussioni anche italiane, scientifiche non meno
che filosofiche, fra 600 e 700, rna soprattutto decisivo per com
prendere il groviglio di problemi che un'opera del genere pone.
Avviata nel 1668, stampata la prima volta nel '74, e poi di nuovo
senza posa, mutata, accresciuta progressivamente, rivista, corret
ta, tagliata, con gli Eclaircissements in continua trasformazione,
fino al 1712, ormai con l'attenzione tesa agli sviluppi della teoria
newtoniana della luce. Come disse Fontenelle all'Accademie des
Sciences il 22 aprile 1716, era ancora il sistema di Descartes, rna
anche qualcosa del tutto diverso. Studiare, non diro Malebran
che, rna la sola Recherche, e la sua circolazione europea, che fu
eccezionale, vuol dire studiare quarant'anni di storia della filoso
fia e delle scienze, e non un'opera rna tante opere, uscite in tanti
anni diversi.
COSt ho studiato Condillac (1977), e non solo il Trattato dei
sistemi, sempre piu preoccupato di vedere con maggiore chiarez
za la circolazione delle idee, appunto dal Rinascimento all'Illumi
nismo, integrando il moto nella successione temporale con quello
spaziale nella contemporaneita, Per questo ho inseguito in Ita
lia Cartesio a Napoli in Tommaso Cornelio, e poi Cartesio e
Bayle in Vico, e su Vico mi sono fermato a lungo, a piu riprese,
discutendone anche l'indiscutibile solitudine, rna senza riuscire
a persuadermi di avere torto. Perseverare diabolicum!

156

157

9. Proprio l'impostazione che ho sempre cercato di dare al mio


modo di fare storia della filosofia (non, come e stato detto, ridur
re la filosofia a storiografia, rna storia della filosofia come filoso
fia), ha importato un circolo costante fra presente e passato, legan
do strettamente la problematica del presente alla riflessione suI
passato, rna senza mai schiacciare l'uno sull'altro. Di qui una
costante attenzione alIa riflessione filosofica piu vicina, consegna
ta a lavori d'insieme sulla fenomenologia (1960), su Filosofia e
scienze del Novecento (1978), sullo storicismo (1983). Per quanto
riguarda piu strettamente il pensiero italiano, dopo aver pubblica
to nel '55 quelle Cronache che cercavano di ripercorrere la vicen

da di questa secolo, uno dei temi su cui piu mi sono fermato e


stato il positivismo, la sua affermazione nell'Ottocento, la sua
crisi, il suo tramonto, il suo rapporto con la cosiddetta rinascita
dell'idealismo. Di fronte a certe sue indiscriminate rivalutazioni
indebitamente connesse con una rivalutazione delle scienze (di
cui le scienze proprio non avevano bisogno), in tutta una serie di
ricerche ho cercato di distinguere, nel positivismo ottocentesco,
una feconda linea critica e metodologica, con chiare risonanze di
Mill, quale si espresse in Pasquale Villari, da ambigue forme di
superficiale scientismo e di metafisica naturalistica di sapore spen
ceriano, cosl come nel Novecento ho piu volte sottolineato la
validita dei Vailati e dei Calderoni, 0 delle ricerche nell'ambito
delle scienze morali e storiche. Nello stesso tempo, anche a propo
sito della polemica sul positivismo, ho cercato di rileggere pensa
tori come Antonio Labriola 0 Rodolfo Mondolfo, ripercorrendo le
discussioni sul marxismo e la diffusione del socialismo in Italia.
D'altra parte a chi aveva vissuto la sua giovinezza sotto il
fascismo non era possibile evitare di riflettere di continuo suI
rapporto fra fascismo e cultura. Libri come La cultura italiana fra
'800 e '900 (1962), Intellettuali italiani del ventesimo secolo
(1974, 1987), Tra due secoli. Socialismo e filosofia in Italia dopo
l'Unita (1983), con l'insistente ritorno su Croce, Gramsci, Salve
mini, Mondolfo, Banfi, Russo, Codignola, e altri molti, maestri e
amici, vogliono di proposito intrecciare la lotta delle idee e la
vicenda degli uomini.

320C912

INDICI

INDICE DEI NOMI

Abbagnano, N., 3n, 14 e n, 34, 91,


152.
Abbate, M., 96n.
Acri, F., 80, 87-8.
Actis Perinetti, L., 21.
Adorno, Th., 149.
Agnelli, G., 96.
Agostino, S., 72.
Alberti, L.B., 112, 138, 155-6.
Alfieri, V.E., 78n, 92.
Anders, G., 142.
Angiulli, A., 125.
Antoni, C., 33, 91.
Ardigo, R., 89, 121, 125, 128.
Aries, Ph., 154.
Ariosto, L., 156.
Aristotele, 6, 13, 38 e n, 45-6, 48n,
49n, 81, 96, 132-4, 137, 155.
Averroe, 123.
Avicebron, 123.
Avicenna, 86n.

Berlin, I., SOn.


Berti, L., 99.
Bianchi Bandinelli, R., VIII.
Bignone, E., 90, 121, 133.
Bini, C., 98.
Bloch, M., 82-3.
Bobbio, N., Sin, 52n, 91, 96n, 152.
Bodrero, E., 89.
Boine, G., 144.
Bonaventura, E., 125, 127.
Bottai, G., 141.
Bovelles, Ch, de, 138.
Bracciolini, P., 138.
Bradley, F.H., 127.
Brehier, E., 6n, 16n, 58-9, 61, 68,
70-1.
Brentano, F., 126-7.
Bruno, G., 13, 38, 49n, 121, 128,
131, 145, 156.
Brunschvicg, L., 14, 30, 8On, 83.
Burke, E., 129.
Burresi, P., 124.
Butler, J., 128-31.

Babolin, A., 131.

Bandini, L., 130.

Banfi, A., 4n, 41n, Sin, 90-1, 158.

Barbaro, E., 134-5.

Baron, H., 140, 146.

Baruzi, J., 153.

Barzellotti, G., 89.

Basso, L., 150.

Bataillon, M., 140.

Bayle, P., 157.

Beaufret, J., 145.

Benedetto, L.F., 122.

Belloni Filippi, F., 122.

Benivieni, G., 131.

Benni, A.S., 96.

Bergson, M., 58, 126.

Berkeley, G., 4, 129-31.

Caccini, T., 138.


Calamandrei, P., 28.
Calderoni, M., 158.
Calogero, G., 10, 90-1.
Campanella, T., 46n.
Camporeale, S., 155.
Cantimori, D., 15n, 34n, 39n, 73n,
152.
Cantoni, R., Sin, 53n, 56n, 61n, 91.
Capizzi, A., 4n, 86n.
Carlini, A., 6n, 122, 129.
Cartesio, 6, 15n, 45, 46n, 60, 68,
71-2, 129, 131, 156-7.
Cassirer, E., 27, 29, 42n, 90, 132,
134, 139.

161

Einaudi, L., 105, 123, 138.


Engels, F., 27n, 47n, 11On.
Enriques, F., 126.
Epicuro, 70, 133.
Erasmo da Rotterdam, 112 e n,
114-5, 156.
Euclide, 29.

Cassuto, V., 122-3.


Castelli, E., 91, 141.
Castiglione, B., 112.
Cattaneo, C., 103 e n.
Cavour, C. Benso, conte di, 107.
Cecchi, E., 154.
'
Chastel, A., 146.
Chiodi, P., 19, 66n.
Ciardo, M., 92.
Cicognani, B., 139.
Clarke, S., 129-30.
Codignola, E., 3n, soo, 90, 158.
Codino, F., 46n.
Collingwood, R.G., 38n.
Comparetti, D., 121.
Condillac, E.B., 157.
Conti, A., 87, 125.
Cornelio, T., 157.
Corsano, A., lOn, 92.
Cosmo, V., 95, I11n.
Cousin, Y., 45n.
Crescas, H., 123, 132.
Croce, B., 3n, 5, 25n, 28, 36n, 37n,
44n, 56, 78n, 89, 95, 96 e n, 97 e
n, 98 e n, 100-2, l06n, 109,
11On, 111, 112 e n, 114, 115 e n,
116, 120, 122, 124-6, 130, 142-4,
148, 158.
Cudworth, R., 131.
Curtius, E.R., 134.
Cuvier, G., 5, 7, 11.

Facchi, P., 14n, 91.


Fazio Allmayer, V., 5 e n, 11, 34,
35n.
Febvre, L., 61, 83 e n.
Ferri, E., liOn.
Feuerbach. L.A., 6, 32, 50-1, 53,
128.
Fichte, J.G" 45.
Ficino, M., 131-2, 134, 138-9, 147.
Fiorentino, F" 87-8, 133-4.
Fontenelle, B., Le Bouvier de, 157.
Freud, S., 127.
Frondizi, R., 91.
Galilei, Galileo, 72-3, 138, 155.
Galli, G., 44n, 90.
Gentile, G., 5 e n, 7-8, 10-1, 28,
35n, 40, 41n, 44, 55n, 88-90,
95-6, 122, 125, 133-4, 138, 141,
143-4, 148.
Geymonat, L., 16n, 23, 91, 103n.
Giamblico, 131.
Gilson, E., 8 e n, 9-11, 59, 60 e n,
83,90.
Giolitti, G., 107.
Giuliano, B., 96n.
Gobetti, P., 34, 103 e n, 111, 116 e n,
123.
Goethe, T.W., 38n.
Goldschmidt, V., 7n.
Goldschmidt, W., 90.
Gombrich, E.H., 146.
Gouhier, H., 8n, 15n, 60 e n, 91.
Gramsci, A" VIIVIII, 15n, 93-6, 97 e
n, 98-102,103 e n, 105-11, 112 e
n, 113-6, 143, 153, 158.
Grassi, E., 141, 145.
Guarini, G., 154.
Gueroult, M., 6n, 91.
Gusdorf, G., 91.
Guzzo, A., 5n, 90.

Dal Pra, M., VII, lOn, 24, Sin, 91,


152.
Dante Alighieri, 111.
De Corte, M., 91.
Della Casa, G., 112.
Del Noce, A., 91.
Dempf, A., 91.
Denti, A., 61n.
De Ruggiero, G., 90, 112n, 115,
130, 134, 139.
De Sanctis, F., 97 e n, 103, 111-2,
115.
Desanti, J.T., 49n, 74n.
De Sarlo, F., 122, 124-7.
De Yleeschauwer, H.J., 6n.
Dilthey, W., 31, 65 e n, 69n, 70,
74n, 85, 90, 123, 128, 132, 134.
Dionisotti, C., 138.
Diringer, D., 123.
Droysen, J.G., 73n.
Duns Scoto, J., 28.

Halbwachs, M., 70 e n.
Hartmann, N., 39 e n, 61-2, 63 e n,
64, 65n, 66 e n, 67, 69.
Hegel, G.W.F., 6-7, 27, 33, 39, 44n,
45-6, 48 e n, 49n, 50-1, 52 e n,

Edel, A., 91.


Edwards, J., 129.

162

53, 66n, 78n, 87-9, 102-3, 115,


124, 133.
Heidegger, M., 19, 66n, 69n, 141,
145.
Heisenberg, W., 19.
Herbert di Cherbury, 130.
Hobbes, Th., 38n, 129.
Hoffding, H., 90, 134.
Hume, D., 47, 55-6, 129-30.
Husserl, E., 21, 68 e n, 69 e n, 85,
91, 126-7, 150.

Martinetti, P.,124.
Marx, K., 6n, 19, 27n, 46n, 51 en,
52, 56, 66n, 74, 78n, 82, 94, 101
e n, 102-3, liOn, 114, 152.
Masci, F., 119.
Massolo, A., 3n, 92.
Masterman, M., 63n.
Mehring, F., 47n.
Meinecke, F., 36n.
Melantone, F., 135.
Merleau-Ponty, M., 25n, 29.
Messineo, A" son.
Misch, G., 69n.
Mondolfo, R., 13, 14n, 47n, 48n,
49n, 55n, 72, 76 e n, 89, 90-1,
132-3, 158.
Montaigne, M.E., 122.
Morandi, R., 35n.
Moro, T., 131-2.
Morpurgo-Tagliabue, G., 91.
Musil, R., 142.

James, W., 128.


Jaspers, K., 19.
Kant, 1., 4, 6, 8-9, 12, 24, 27, 29,
38n, 45-6, 68, 107, 113, 119,
124.
Keplero, G., 147.
Kibre, P., 133.
Klein, R., 146, 155.
Kristeller, P.O., 91, 139, 146.

Nardi, B., 33 e n, 133.


Newton, 1., 72, 131, 147.
Nicolini, F., 25n.
Nietzsche, F.W., 124.
Nitschke, A., 154.
Nohl, H., 65n.

Labriola, A., 97, 102, 103 e n, 11On,


115, 158.
Lamanna, P.E., 124.
Laterza, V., 5, 148.
Lauer, Q., 68n, 69n.
Leibniz, G.W., 72, 153.
Lenin, N., lOin, l06n, 116n.
Leonardo da Vinci, 86n, 155.
Licitra, C., Sn., 89.
Limentani, L., 103n, 121, 123, 125,
127-9, 130-2.
Linaker, A., 119-20.
Locke, J., 129-30.
Lombardi, F., lOn, 91.
Loria, A., 110 e n.
Lovejoy, A.O., 12, 13n, 91.
Lucrezio, 120.
Luporini, C., 141.
Lutero, M., 75, 83.

Occam, G., 83.


Oggioni, E., 34n.
Olgiati, F., 5, 7, 11 e n, 92.
Omodeo, A., 85, 115.
Paci, E., VIIVIII, 18n, 25 e n, 31,
34n, 44n, 47n, 53n, 69n, 91,
150, 152-3.
Paoli, V.E., 120.
Pareto, V., 120.
Pareyson, L., 5n, 92.
Parodi, E.G., 122.
Pascal, B., 83.
Pasquali, G., 121, 123.
Patrizi, F., 49n.
Pavolini, P.E., 122.
Pegis, A.C., 10.
Perelman, Ch., 146.
Petrarca, F., 145.
Pico della Mirandola, G.F., 132.
Pica della Mirandola, G., 131-2,
134-5, 137-9, 144, 147.
Pistelli, E., 121.
Platone, 4, 6, 8, 12-3, 15n, 38n, 49n,
58, 60, 68, 70, 78n, 8Q-l, 96,
120, 124, 131, 134, 153, 155.

Macchiavelli, N., 83, 102-3, 111 e n,


112 e n, 113-4,
Maimonide, M., 123.
Malebranche, N. de, 157.
Mandeville, B. de, 129-30.
Mann, G., 154.
Mannheim, K., 65n.
Marcel, G., 31.
Marchesini, G., 121, 128.
Marinoni, A., 86n.
Marrou, H.T., 8On.

163

Pletone (Gemisto), G., 148.


Plotino, 131.
Pomponazzi, P., 144.
Preti, G., 4 e n, 7, 8n, 12,74 en, 91,
148, ISO-I, 153.
Proclo, 131.
Protagora, 4.
Rabelais, F., 83.
Radota, S., 103n.
Ragionieri, E., 152.
Rajna, P., 122.
Rensi, G., 139.
Ribot, Th., 127.
Robespierre, M.-F.-I., 30, 75, 107.
Romagnosi, G.D., 103.
Rosmini, A., 10.
Rossi, M.M., 4n, 130.
Rossi, Paolo, 91, 151.
Rossi, Pietro, 14n, 69n, 76n, 91-2.
Rossi-Landi, F., 31.
Rousseau, J.-J., 112n, 113-4, 128,
157.
Rubinstein, N., 123.
Russel, B., 121.
Russel, H.W., 139.
Russo, L., 111, 158.

INDICE DEL VOLUME

Spinoza, B., 27, 30, 78n, 129.


Spirito, U~, VIII, 35n, 36n, 91.
Stanley, Th., 131.
. Stendhal, H.B., 8On.
Stephen, L., 129.
Stirner, M., 124.
Stuart Mill, J., 123, 158.
Sturzo, L., 153.
Szilasi, W., 145.

Talete, 7, 27, 55n, 133.


Tarozzi, G., lIOn.
Tatarkiewicz, L., 6n.
Teicher, J., 123.
Thorndike, L., 147.
Tocco, F., 88-9, 121, 125, 132-4.
Toffanin, G., 137.
Togliatti, P., lOIn.
Tolosani, G.M., 138.
Tolstoi, L.N., 80n.
Tommaso, s., 72.
Traherne, Th., 131.
Treves, C., 97n.
Troeltsch, E., 90, 134.
Troilo, E., 86n.
Ungari, P., 103n.
Vailati, G., 103n, 128, 148, 158.
Valla, L., 144, 155.
Valori, P., 91.
Vasa, A., 91.
Vasoli, C., 151.
Verde, A., 155.
Verra, V., 73n.
Viano, C.A., 14n, 76n, 91-2.
Vico, G.B., 72-4, 136, 145, 157.
Villari, P., 122, 125, 158.
Vitelli, G., 121-2.
Vittorino da Feltre, 154.
Voltaire, F.M.A., 112.

Sabetti, A., sOn.


Salinari, C., 93n.
Salutati, C., 138, 140.
Salvemini, G., 37n, 43n, 97n, 103n,
Ill, 121, 124, 158.
Sanna, G., 3n, SOn.
Santucci, A., 65n.
Sapegno, N., 154.
Sasso, G., 92.
Savonarola, G., 113.
Schmitt, Ch. B., 137.
Scholem, G., 123.
Schopenhauer, A., 124.
Seneca, L.A., 120.
Serra, R., 97 e n, 101.
Sestan, E., 37n.
Sesto Empirico, 132.
Shaftesbury, A.A.C. conte di, 129
130, 132.
Sidgwick, H., 128-9.
Simmel, G., 128.
Smith, A., 128.
Socrate, 8, 28, 31, 68, 70.
Spaventa, B., 87, lIS, 125, 134.
Spencer, H., 124.
Spinella, M., 93n.

Wagner, A., 91.


Walker, D.P., 146.
Weber, M., 25n, 124.
Weisenger, H., 55n.
Wiener, Ph.P., 91.
Windelband, W., 12, 90, 134.
Wolfson H.A., 132.
Wust, P., 69 e n.
Yates, F., 131, 137, 146-7.
Yorck von Wartenberg, P., 69n.
Zambelli, P., 151.
Zeller, E., 90.

164

Avvertenza

Avvertenza alia prima edizione

VII

La filosofia eome sapere storieo


L'Unita nella storiografia filosofica
Appendice

Filosofia e antifilosofia
(Una discussione con Enzo Paci)

18

Osservazioni preliminari a una storia della filosofia

33

Postilla bibliografica

87

Gramsci nella cultura italiana

93

Sessanta anni dopo

117

Indice dei nomi

161

Sagittari Laterza
1.
2.
3.
4.
5.

Paolo Sylos Labini Le classi sociali negli anni '80


Giuliano Toraldo di Francia Le cose e i lora nomi
Franco Ferrarotti La storia e il quotidiano
Antonio Gambino Vivere con la bomba
Ludovico Geymonat - Giulio Giorello Le ragioni della

scienza
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.

Ludwig Wittgenstein Diari segreti


Aldo Rizzo Guerra e pace nel Duemila
Omar Calabrese L 'eta neobarocca
William Barrett La morte dell'anima
Franco Ferrarotti II ricordo e la temporalita
Jiirgen Habermas II discorso filosofico della modernita
Cesare Merlini Fine dell'atomo?
Grahame Clark L 'uomo oltre la natura
Achille Ardigo Per una sociologia oltre it post-mo
derno
Morris N. Eagle La psicoanalisi contemporanea
Aldo G. Gargani Sguardo e destino
Maria Luisa Dalla Chiara - Giuliano Toraldo di Francia
La scimmia allo specchio. Osservarsi per conoscere
Ralf Dahrendorf Per un nuovo liberalismo
Antonio Cassese I diritti umani nel mondo con tempo
raneo
Jerome Bruner La mente a pili dimensioni
Franco Ferrarotti La sociologia alla riscoperta della
qualita
David I. Kertzer Riti e simboli del potere
Paolo Sylos Labini Nuove tecnologie e disoccupazione
Carlo Sini I segni dell'anima

25. Mirko D. Grmek Aids. Storia di una epidemia at


tuale
26. Alberto e Anna Oliverio Nei labirinti della mente
27. Paul K. Feyerabend Dialogo sui metodo
28. Ralf Dahrendorf II conflitto sociale nella moder
nita

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