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FILOSOFIA
STORIA DELLA FILOSOFIA
Volume 9
Il pensiero contemporaneo: il dibattito attuale
Direzione editoriale: Enrico Cravetto
Consulenza editoriale: Edoardo Pia
Responsabile operativo progetto: Andrea Fava
Coordinamento generale a cura di Istituto Geografico De Agostini
Direttore generale Varia, Illustrati e Iniziative Speciali: Roberto Besana
:
L'aggioramento bibliografico per gli anni successivi al l994 si deve ad Alicubi
Redazione e impaginazione: New Siram
Luca Simonato (coordinamento redazionale), Francesca Ruggeri, Paola Bosio (redazione),
Margherita Miotti, Paolo Teghillo (ricerca iconografica)
Servizi Editoriali Iconografici De Agostini, diretti
Iconografia a cura di:
J
da Ada Mascheroni con la collaborazione di Laura Cavalieri e Maristella Mussini
Cartografia: Istituto Geografico De Agostini S.p.A.
Prestampa: Servizi tecnici Prepress De Agostini, responsabile Pietro Fortis
I contenuti di quest'opera sono tratti da:
Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, vol. I-III, quarta edizione
©1993 Utet, Torino. l
Giovanni Fomero, Storia della filosofia, vol. IV/l
©1993 Utet, Torino.
Id. et al., Storia della filosofia, vol. IV/2
© 1994 Utet, Torino.
Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, terza edizione aggiornata
e ampliata da Giovanni Fomero
© 1998 Utet, Torino.
Le didascalie e le note a margine sono redazionali. Per i passi antologici l'Editore è a disposizione
degli aventi diritto non potuti contattare, nonché per eventuali e involontari errori od omissioni.
© 2006 Istituto Geografico De Agostini S.p.A. -Novara
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del Gruppo Editoriale L'Espresso
Copertina: Ileana Pace per Obelix s.r.L
Foto di copertina: Roy Lichtenstein, "Blond Waiting", ©Estate ofRoy Lichtenstein
Stampa: Nuovo Istituto Italiano di Arti Grafiche - Bergamo, febbraio 2006
Nicola Abbagnano
STORIA DELLA
FILOSOFIA
9
Il pensiero contemporaneo:
il dibattito attuale
Volume 9
IL PENSIERO CONTEMPORANEO:
IL DIBATTITO ATTUALE
INDICE
19 25 . l filosofi e la dittatura
·
1 207. Articolazione delle forze in campo . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 291
1 208. Le eredità filosofiche in campo intorno al 1925 . . .. . . . . . . . . . . . . . . 295
1 209. Lo scontro Croce-Gentile e i suoi effetti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 300
1 210. I cattolici contro Gentile . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 306
APPENDICE
l. IL CONTROLLO SOCIALE
l. Presupposti del problema? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 556
2. Fondamento del controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 560
3. Controlli di tradizione . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . 563
4. Controlli di gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 565
5. Modalità di controllo. . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . .. . . . . . . . 569
che sono a loro volta suddivisi in paragrafi. /b. sta per Ibidem e rimanda all'ultima opera
La numerazione dei paragrafi è unica dal primo citata in precedenza.
del volume l all'ultimo del volume 9 per sot
tolineare l'unitarietà dell'Opera e, nel con La citazione testuale è sempre seguita da una pa
tempo, per la finalità pratica di rendere chiari rentesi tonda con il riferimento all'opera e con
e semplici i rimandi interni e agevoli e ine il rimando al luogo testuale preciso. Il rimando
quivocabili le citazioni della Stmia da parte de puntuale al luogo citato è dato, in tutti i casi
gli studiosi. in cui ciò è stato possibile, non col numero del
la pagina dell'edizione utilizzata ma con i nu
Ove inizia la trattazione di un autore, il suo no meri -secondo i casi- di libro, capitolo o simili
me è evidenziato per comodità del lettore con il e/o -per i testi classici- con i riferimenti alla
maiuscoletto. Nei casi in cui a un autore è de foliazione dei codici e delle edizioni critiche
dicato un capitolo o un paragrafo il maiusco di riferimento che le varie edizioni e traduzio
letto si troverà molto probabilmente nelle pri ni riportano abitualmente in margine. Ciò ren
me righe; nel caso di autori minori l'uso del de le citazioni chiare indipendentemente dal
maiuscoletto a inizio trattazione consente di in l'edizione di cui disponga il lettore.
dividuarli meglio.
I rimandi interni all'Opera sono indicati tra pa
l!Opera contiene numerose citazioni testuali re rentesi con il numero del paragrafo di riferi
lative alle opere filosofiche che compaiono mento preceduto dal simbolo §; la numerazio
nel corso della trattazione; ogni opera filosofi ne sequenziale dei paragrafi dell'intera Opera
ca viene indicata per esteso all'inizio della trat rende la consultazione dei rimandi particolar
tazione di ciascun autore e nella relativa nota mente agevole.
bibliografica. Nelle citazioni successive il rife
rimento all'opera è abbreviato, per ragioni di Il Dizionario di filosofia contenuto nei volumi 10-
spazio e per facilitare la lettura del testo, con 12 utilizza lo stesso sistema di abbreviazione dei
le abbreviazioni abitualmente in uso e gene- titoli delle opere e di indicazione dei luoghi.
C A P I T O L O XXIX
Postmoderno e filosofia
di Giovanni Fornero
Come si vede, tale rassegna, pur non pretendendo di enucleare una qual
che <<essenza>> del postmoderno, riesce ad evidenziare in modo efficace alcu
ni luoghi tipiçi o ricorrenti di quel <<vortice pulviscolare di esperienze teori
che, artistiche e critiche>> che ruota intorno alla nozione odierna di post
modernism (G. Borradori, op.cit., p. 59). Anche per quanto concerne il
termine <<postmoderno>>, la situazione è meno drammatica di quella prospet
tata da qualche studioso, poiché esso, pur con tutti i suoi limiti e le sue
ambiguità, è oggettivamente servito ad evidenziare la persuasione secondo cui
all'interno della modernità si sarebbe verificato, ad un certo punto, qualcosa co
me una crisi, un ripensamento, una cesura, ovvero un radicale mutamento di para
digma nel modo di concepire la realtà. Un mutamento nel quale tenderebbe a Ti
conoscersi l'uomo tardo-moderno, nel suo sforzo di dare un nome e un volto alla
specificità della propria condizione e al diffuso senso di <<estraneità» o di «lonta
nanza» dalle idee-forza degli ultimi secoli.Tant'è vero che i postmoderni, al pa
ri dei loro critici, non sono riusciti, sinora, a trovare un termine-concetto
migliore o più adatto ad esprimere il loro progettato distacco dai codici
teorici e linguistici del passato (anche il termine posthistoire, che nella cul
tura tedesca vale tuttora come sinonimo di postmoderno, risulta meno
pregnante e non privo, esso stesso, di potenziali equivoci).
XXIX • POSTMODERNO E FILOSOFIA
9
nito per tematizzare la modernità stessa come problema - che andranno ri
cercate le radici o gli antefatti filosofici del postmoderno. Tali antefatti risiedo
no innanzitutto in quello specifico filone del pensiero radicale, che va da N ietz
sche sino alla Scuola di Francoforte, il quale ha prima relativizzato, e poi cri
ticamente contestato, le ragioni e i paradigmi del moderno, rilevandone l'in
trinseca contraddittorietà e ricercandone gli elementi patogeni nelle sue stes
se istanze ispiratrici. Filone che, secondo i postmoderni, risulta impersonato so
prattutto da N ietzsche ed Heidegger, cioè dai filosofi che hanno proclamato
con maggiore insistenza <<die Not des anderen Anfangs>> (la necessità di un'al
tro inizio) e che si sono fatti i profetici portavoce di un nuovo Denkweg (per
corso di pensiero) in grado di porsi al di fuori dell'orizzonte storico-epocale del
la Neuzeit. Tant'è vero che Vattimo fa iniziare il postmoderno con Nietzsche
e sostiene che è solo in virtù delle sue problematiche, e di quelle di Heideg
ger, che <<le sparse e non sempre coerenti teorizzazioni del postmoderno ac
quistano rigore e dignità filosofica>>, in quanto <<ciò che quest'ultimo cerca di
pensare con il prefisso "post" è proprio l'atteggiamento che [ ... ] Nietzsche ed
Heidegger hanno cercato di costruire nei confronti dell'eredità del pensiero eu
ropeo>> (La fine della modernità, Garzanti, Milano 1 985, p. 9 e 10).
Un'altra - e più diretta - matrice del postmoderno filosofico è quella
del cosiddetto <<poststrutturalismo francese>> , ovvero di quella diversificata
compagine di pensiero che va dall'ultimo Foucault all'ultimo Barthes, da
Kristeva a Derrida, da Virilio a Baudrillard. Corrente da cui il postmoderno,
soprattutto quello di Lyotard, ha tratto un armamentario di nozioni teoriche
- come quelle di <<de-centramento>>, <<proliferazione>>, <<dis-locamento>> - al
ternative a quelle di <<centro>> , <<struttura>>, <<campo>> ecc. Armamentario
che fa tutt'uno con il rifiuto di ogni gerarchizzazione topologica e con l'abban
dono delle opposizioni tipicamente <<moderne>> fra passato e presente, destra
e sinistra, conservazione e progresso ecc. Un'altra matrice di rilievo, che ha
agito soprattutto sulle elaborazioni del pensiero debole, è l'ermeneutica ga
dameriana. Da essa Vattimo ha derivato l'immagine dell'uomo come ente sto-
rico-finito e la concezione del mondo come
È solo in virtù delle problematiche rete aggrovigliata di interpretazioni (e di in
di N ietzsche che le sparse teorizzazioni terpretazioni delle interpretazioni) ovvero la
del postmoderno acquistano rigore dottrina secondo cui le cose vengono all'es
e dignità filosofica
sere entro orizzonti linguistici che non sono
degli apriori eterni, bensì degli accadimenti
storicamente ed epocalmente qualificati. Ottica che gli ha permesso di pro
.
spettare l'ermeneutica, intesa come lingua comune della coltura e della filo
sofia odierna, alla stregua di <<pensiero della fine della metafisica>> e di tema
tica che meglio rispecchia i nodi emergenti dall'odierna società di massa e dal-
X XIX • POSTMODERNO E FILOSOFIA
19
la pluralità conflittuale dei <<messaggi>> in cui essa consiste (v. oltre). Note
vole è pure l'influenza esercitata dall'epistemologia postpositivistica di Kuhn
e Feyerabend. Da essa i filosofi postmoderni hanno assimilato la tesi della li
bera inventività della scienza e, più in generale, la teoria dello statuto << in-
stabile», <<discontinuo», <<anarchico» e <<para-
dossale» del sapere. Teoria che ha agito so I l postmoderno filosofico è il prodotto
prattutto su Lyotard, il quale vi ha tratto il di trasformazioni storico-sociali che hanno
modello della cosiddetta << legittimazione inciso profondamente sulle condizioni
di esistenza dell'uomo novecentesco
per paralogia» (§ 1 18 1 ) e la tendenza a pre
sentare il postmoderno sotto forma di siste-
ma del non-sistema. Il postmoderno ha anche accolto e approfondito alcune
istanze tipiche dell'esistenzialismo e della teoria critica (come il richiamo al
la finitudine dell'uomo e la polemica contro le categorie di totalità e di sin
tesi), ripensandole tuttavia nell'ambito di una posizione teorica che rifiuta, co
me si è detto, ogni forma di pessimismo e di tragicismo.
Il postmoderno filosofico non è soltanto il frutto di un insieme di sug
gestioni teoretiche o di convergenze speculative. Esso è anche il prodotto
di trasformazioni storico-sociali che hanno inciso profondamente sulle con
dizioni di esistenza dell'uomo novecentesco. Infatti, alle spalle della cosid
detta moda post ( <<post-qui, post-là» ) vi è una serie concatenata di avveni
menti storici ( le guerre mondiali, gli orrori dei campi di concentramento, i
fallimenti del socialismo reale, gli inconvenienti del capitalismo, i pericoli
di una guerra atomica, la minaccia di una catastrofe ecologica ecc.) che han
no minato alla base i principali <<miti» della modernità, a cominciare da quel
li del progresso e della emancipazione. Analogamente ad Adorno, Lyotard
sintetizza questa strage di illusioni, in un'unica cifra: <<Ci sono molti tipi di
distruzione, diversi nomi che ne sono il simbolo. "Auschwitz" può esser
preso come un nome paradigmatico per l"'incompiutezza" tragica della
modernità», <<Quale tipo di pensiero è capace di aufheben, nel senso hegelia
no di cancellare e di riprendere insieme, "Auschwitz" inserendolo in un pro
cesso generale, empirico e persino speculativo, volto verso l'emancipazio
ne universale ?>> (Il postmodemo spiegato ai bambini, cit., p. 28 e 89).
Per quanto concerne le matrici sociali, il postmoderno si è qualificato,
sin dall'inizio, come uno dei riflessi più significativi e sofisticati dei mecca
nismi di struttura della società postindustriale, a cominciare dal noto pro
cesso - caratterizzato dalla transizione dalle tecnologie meccaniche alle
tecnologie informatiche - che va sotto il nome di <<informatizzazione della
società» o di <<egemonia dell'informatica» (Lyotard). Processo che ha coin
ciso con una <<complessificazione» o <<pluralizzazione inarrestabile» (Vatti
mo) delle condizioni di vita tardo-moderne e che ha prodotto, in concomi-
LA FI LOSOFIA CONTEMPORANEA
20
al '66 è assistente alla Sorbona e frequenta, tra l'altro, i celebri seminari di La
can. Nel '66, dopo aver vissuto le agitate vicende del gruppo marxista e la sua
divisione in due tronconi contrapposti, dà le dimissioni da << Pouvoir ou
vrier>>, una delle due associazioni sorte dalla scissione di <<Socialisme ou bar
barie>> de\ 1964: <<un periodo della mia vita finiva, abbandonando il servizio
della rivoluzione, avrei fatto altre cose» (Ib., p. 75). Nello stesso anno assume
la cattedra all'Università di Nanterre, che tiene fino al '70, allorché passa al
l'Università di Vincennes. È un periodo di crisi intellettuale e di ricerca di nuo
ve prospettive: solo le faville della rivolta studentesca lo riportano per un bre
ve periodo alla passione politica. Nel '71 acquisisce il dottorato, con Disco
urs , figure, e nel '72 è chiamato all'Università di Parigi VIII (Vincennes e poi
Saint-Denis). Nel 1979 pubblica La condition postmodern.e, grazie a cui acqui
sisce notorietà internazionale, divenendo il più importante punto di riferimen
to delle discussioni filosofiche sul <<postmodemo». Nell'83 pubblica Le Diffé
rend, che pur essendo il suo scritto più organico non ha lo stesso successo e la
stessa influenza di quello precedente. Negli anni successivi, che registrano un
progressivo calo di interesse per le tematiche del postmodemo, dà alle stampe
altri lavori di rilievo: celebre l'intervento Heidegger et «/es juifs» ( 1988), che
fa seguito al volume di Victor Farias su Heidegger e il nazionalsocialismo. In es
so Lyotard traccia una netta linea di confine tra la filosofia di Heidegger e la sua
Nel corso della sua vita Lyotard profuse grande impegno nella riflessione l
e nella pratica politiche.
LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
24
oggetti di discorso: nel conoscere, nel decidere, nel valutare, nel trasfor
mare>> (La condizione postmodema, cit., p. 38). Nelle società tradizionali <<il
sapere>> si esprime in forma narrativa, ovvero in una serie di <<racconti» com
posti da una pluralità di giochi linguistici aventi in se stessi la loro autoriz
zazione: << i racconti determinano i criteri di competenza e/o ne illustrano
l'applicazione. In tal modo essi definiscono ciò che può essere detto e fatto
nella coltura e, dal momento che ne sono anche parte integrante, ne vengo
no per ciò stessi legittimati>> (Ib., p. 45 ) . Invece, con la nascita della scien
za, ci troviamo in presenza di una forma di sapere composta da un unico
registro linguistico (quello denotativo) programmaticamente isolato da tut
ti gli altri. Un gioco che non trae alcuna va-
lidità dal semplice fatto di venir riferito, Il sapere scientifico non può sapere
ma che richiede, per essere accolto, una e far sapere che è il vero sapere senza
serie di <<argomenti>> o di <<prove». Tant'è ve ricorrere all'altro sapere, il racconto
ro che, agli occhi della scienza, le narrazio-
ni tradizionali si configurano come prodotti di una mentalità <<selvaggia>> o
<<primitiva>>, basata sull'opinione, sull'autorità e sui pregiudizi: <<l racconti
sono favole, miti, leggende, buoni per le donne e i bambini. Nel migliore dei
casi, si cercherà di far penetrare la luce in questo oscurantismo, di civiliz
zare, di educare [ ... ]. Tale è tutta la storia dell'imperialismo culturale a par
tire dalle origini dell'Occidente>> (Ib., p. 52).
Nonostante questa ostilità di principio nei confronti delle narrazioni,
anche la scienza risulta costretta ad esibire delle legittimazioni discorsive alle
proprie pretese epistemologiche e sociopolitiche. In altri termini, a meno di ca
dere essa stessa in un cieco dogmatismo, anche la scienza risulta obbligata ad
escogitare una qualche giustificazione extrascientifica di se medesima. Tant'è
vero che, da Platone in poi, essa si è costruita quella tipica forma di legittima
zione «ragionata>> del proprio statuto che è la filosofia: <<Il sapere scientifico non
può sapere e far sapere che è il vero sapere senza ricorrere all'altro sapere, il
racconto, che è per lui il non-sapere, in assenza del quale è costretto ad auto
presupporsi incorrendo così in ciò che esso condanna, la petizione di principio,
il pregiudizio>> (Ib., p. 55). Questa sorta di ritorno del narrativo nel non-nar
rativo avviene anche nel mondo moderno. Infatti, quest'ultimo appare carat
terizzato da un insieme di <<grandi racconti>> (o di metarécits: come li chiama an
che Lyotard, per sottolinearne l'universalità di sguardo) aventi per obiettivo
la legittimazione teorico-filosofica ed etico-politica del sapere: «La narrazio
ne non è più un lapsus della legittimazione. Questo esplicito ricorso alla nar
razione nella problematica del sapere coincide con l'emancipazione delle
borghesie dalle autorità tradizionali. Il sapere narrativo ricompare in Occi
dente per offrire una soluzione alla legittimità delle nuove autorità» (Ib., p. 56).
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
26
Questo declino del narrativo coincide, secondo Lyotard, con il tratto pe
culiare della postmodemità. Da ciò la tesi centrale del libro: <<Semplifican
do al massimo, possiamo considerare "postmodema" l'incredulità nei con
fronti delle metanarrazioni>> (Ib., p. 6). Tale scetticismo, secondo il filosofo
francese, ha ormai investito tutte le fedi della modernità: «Ognuno dei
grandi racconti di emancipazione, a qualunque genere abbia dato l'egemo
nia, è stato per così dire invalidato nel suo fondamento dagli ultimi cin
quant'anni. - Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è rea
le: "Auschwitz" confuta la dottrina speculativa. Almeno questo crimine, che
è reale, non è razionale. - Tutto ciò che è proletario è comunista, tutto ciò
che è comunista è proletario: "Berlino 1 953, Budapest 1956, Cecoslovacchia
1968, Polonia 1980" (e la serie non è completa) confutano la dottrina del ma
terialismo storico: i lavoratori insorgono contro il Partito. - Tutto ciò che è
democratico viene dal popolo e va verso il popolo, e viceversa: il "Maggio
1968" confuta la dottrina del liberalismo parlamentare. Il sociale quotidia
no mette in crisi l'istituzione rappresentativa. - Tutto ciò che è libero gioco
della domanda e dell'offerta favorisce l'arricchimento generale, e viceversa:
le "crisi del 1 9 1 1 e del 1 929" confutano la dottrina del liberalismo econo
mico mentre la "crisi degli anni 1 974- 1979" confutano la versione postkey
nesiana di essa>> (Il postmodemo spiegato ai bambini, cit., p. 38). Tuttavia, il no-
Lyotard sostiene che nella società postindustriale, dominata dai processi d'informatizzazione l
e mercificazione del sapere, le grandi narrazioni hanno perso la loro funzione.
(Studio televisivo di Rede Globo, Rio de Janeiro)
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
28
stro autore non si limita a constatare il tramonto dei grandi racconti, o a fa
re un ennesimo discorso sulla <<fine delle ideologie>> , ma, conformemente a
quella linea di pensiero che tende a mostrare come i germi della decadenza
della modernità incubassero nella modernità stessa, indaga i motivi interni
che spiegano la progressiva delegittimazione dei metarécits.
A suo giudizio, tali motivi non derivano tanto, o in primo luogo, dal
decollo della tecnologia (che ha posto l'accento sui mezzi piuttosto che sui fi
ni dell'azione) o dal rinnovato sviluppo del capitalismo odierno (che ha li
quidato l'alternativa comunista e valorizzato il godimento dei beni individua
li) ma da un'autodelegittimazione di diritto dei racconti stessi: <<Naturalmen
te, l'impatto che la ripresa e la prosperità capitalistica da una parte, e l'ef
fetto depistante del decollo tecnologico dall'altra, possono esercitare sullo
statuto del sapere, è chiaro. Ma è in primo luogo necessario rintracciare i ger
mi di "delegittimazione" e di nichilismo
che erano già immanenti alle grandi narra Il fallimento
zioni del XIX secolo per comprendere co dei "metarécits" della modernità
me la scienza contemporanea fosse già espo coincide con il fallimento
di ogni preteso sapere onnicomprensivo
sta a simili impatti assai prima che essi aves
sero luogo>> (La condizione postmoderna, cit.,
p. 70). Tanto per cominciare, la legittimazione idealistica del sapere scien
tifico, celava, in se stessa, un manifesto equivoco. Essa ritiene infatti che il
sapere positivo abbia significato soltanto in virtù di un metadiscorso filoso
fico in grado di giustificarne il valore nell'ambito di una trattazione enci
clopedica della <<vita dello Spirito>>. Ma nel momento in cui tale <<presup
posto>> speculativo viene meno - e ciò accade non appena gli si ritorcono con
tro le regole del gioco scientifico - il linguaggio della legittimazione si pale
sa come illegittimo e la scienza si trova priva di giustificazioni.
Altrettanto equivoco è il racconto illuministico, il quale, ritenendo che
la legittimità della scienza risieda nel suo contributo all'emancipazione uma
na, si basa sulla possibilità di stabilire un ponte fra teoria e prassi. In realtà,
osserva Lyotard, che in antitesi al pregiudizio platonico della deducibilità del
bene dal vero fa valere la nozione wittgensteiniana dell'eterogeneità dei gio
chi linguistici, tra la sfera teorico-conoscitiva degli enunciati denotativi e
quella pratico-morale degli enunciati prescritti vi, non vi è alcun legame ne
cessario, in quanto il denotativo non può assolutamente pretendere di iden
tificarsi con il prescrittivo. Infatti, sostiene il filosofo francese, azzerando il
rapporto di complementarità che univa tradizionalmente il vero e il giu
sto: <<Nulla prova che, se un enunciato che definisce una realtà è vero, l'e
nunciato prescrittivo, che dovrà necessariamente modificare la realtà, sia
giusto>> (Ib., p. 73 ). In altri termini, essendo un gioco linguistico dotato di
regole proprie, la scienza risulta priva degli strumenti atti a regolamentare
il gioco pratico (e quello estetico). Il fallimento dei metarécits della moder
nità coincide quindi con il fallimento di ogni preteso sapere onnicom
prensivo in grado di connettere, tramite un unico dispositivo legittimante,
i vari settori della conoscenza e del linguaggio. Ma se la condizione post-
LA FILOSOFIA C O N T E M P O R A N EA
32
IL SAPERE NARRATI V O
Jean-François Lyotard, L a condizione postmoderna, B.
[ . . . ] siamo a Platone . Non è qui Ma vi è di più: è con la sua stes
il caso di fare l'esegesi di quei bra sa forma, che lo sforzo di legittima
ni dei Dialoghi in cui la pragma zione nei Dialoghi scritti da Plato
tica della scienza viene esplicita ne rende l'onore delle armi alla nar
mente messa in campo come te razione; l'uno e l'altra rivestono
ma o implicitamente assunta come sempre infatti la forma del rac
presupposto. Il gioco dialogico, con conto di una discussione scientifi
le sue esigenze specifiche , la rias ca. Poco importa qui che la storia
sume , includendo le due funzioni del dibattito sia più rappresentata
della ricerca e dell'insegnamento. che riferita, messa in scena piut
Ritroviamo qui alcune delle rego tosto che narrata, e che apparten
le enumerate in precedenza: l' ar ga dunque più alla tragedia che al
gomentazione ai soli fini del con l' epica. Resta il fatto che il discor
senso (homologia) , l'unicità del so platonico che inaugura la scien
referente come garanzia della pos za, e malgrado il suo intento sia
sibilità di accordo , la parità fra quello di legittimarla, non è scien
interlocutori, e persino il riconosci tifico. Il sapere scientifico non può
mento indiretto che si tratta di un sapere e far sapere che è il vero
gioco e non di un destino , dato che sapere senza ricorrere all'altro sa
ne sono esclusi tutti coloro che non pere, il racconto , che è per lui il
ne accettano le regole , per debolez non-sapere , in assenza del quale è
za o rozzezza. costretto ad autopresupporsi incor
Resta che il problema della legit rendo così in ciò che esso condan
timità del gioco, posta la sua natu na, la petizione di principio , il pre
ra scientifica, deve esso stesso far giudizio. Ma non vi incorre anche
parte dei problemi sollevati dal dia fondandosi sulla narrazione?
logo . Un esempio noto , tanto più Non è questa la sede per insegui
importante in quanto collega im re il ritorno del narrativo nel sape
mediatamente il problema della le re scientifico attraverso quei discor
gittimità a quello dell'autorità so si di legittimazione della scienza che
ciopolitica, ci è offerto nei libri sono, almeno in parte , i grandi si
VI e VII della Repubblica. Sap stemi filosofici antichi, medievali e
piamo che la risposta viene , al classici. È una sofferenza continua.
meno in parte , da una narrazione , Un pensiero risoluto come quello di
l'allegoria della caverna, che spie Cartesio non riesce ad esporre la le
ga come e perché gli uomini voglia gittimità della scienza che all' inter
no dei racconti e non riconoscano no di quella che Valéry chiamava la
------- � -------
LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
36
ma della liberazione ( 1974 ); Le avventure della differenza. Che cosa significa pen
1 Scrivo qui il termine tra virgolette perché intendo richiamare l'uso che della parola Er-
6rterung, che si deve tradurre con «collocazione» (insistendo sull'etimo più che sul senso
lessicale, che è piuttosto «discussione• ), fa Martin Heidegger nelle sue opere: cfr. su ciò
G. Vattimo, Essere, storia e linguaggio in Heidegger, Torino, ed. di •Filosofia•, 1963.
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
42
nità, cit., pp. 1 5 - 16). Inoltre, Benjamin ha insistito sulla natura «ideologi
ca>> della visione progressiva della storia, attribuendola ad una invenzione
delle classi dominanti, cioè al fatto che chi scrive la historia rerum gestarum
sono sempre i vincitori, i quali eliminano dalla memoria collettiva i lamen
ti dei vinti, fornendo, del passato, un'immagine consona ai loro interessi.
Questa crisi della concezione unitaria e progressiva della storia non è
l'effetto di semplici vicende intellettuali - ad esempio delle critiche che lo
storicismo ottocentesco ( idealistico, positivistico, marxista, ecc.) ha subi
to sul piano delle idee - ma il risultato di profonde trasformazioni storiche,
che vanno dal tramonto del colonialismo e dell'imperialismo sino all'avven
to della società della comunicazione. Infatti, se il riscatto dei popoli sotto
messi ha reso problematica la vicenda di una storia centralizzata mossa
dall'ideale europeo di umanità, l'esplosione dei media ha minato alla base
la possibilità stessa di una storia unitaria. In altri termini, per quanto con
cerne quest'ultimo aspetto - che è poi quello che sta principalmente a
cuore a Vattimo - se è vero che solo con il mondo moderno, ovvero con <<l'e
tà di Gutenberg>> di cui parla Mc Luhan, si sono create le condizioni per
costruire e trasmettere un'immagine globale della storia umana, è altret-
l Vattimo afferma
che •la storia non è più un filo unitario conduttore,
è invece una quantità di informazioni, di cronache, di televisori
che abbiamo in casa, molti televisori in una casa».
(Sequenza tratta da "Ritorno al futuro //" di Robert Zemeckis, 1 989)
XXIX • POSTMODERNO E FILOSOFIA
45
tanto vero che con la diffusione dei media ( § § 1 1 80-83 ) si è avuta una mol
tiplicazione dei centri di raccolta e di interpretazione degli avvenimenti:
<<la storia non è più un filo unitario conduttore, è invece una quantità di
informazioni, di cronache, di televisori che abbiamo in casa, molti televi
sori in una casa>> (Filosofia al presente, cit., p. 1 7 ) .
Questa condizione postistorica e postmodema, che coincide con una si
tuazione nella quale se la storia ha un senso <<questo consiste nella dissolu
zione del senso>> (lb., p. 10) - cioè nella negazione di un senso unico e asso
luto a favore di sensi molteplici e relativi -
fa tutt'uno, secondo Vattimo, con l'abbando Da Heidegger Vattimo deriva
no delle categorie <<forti>> della metafisica tra la concezione epocale dell'essere,
dizionale e con l'avvento di una visione ossia la persuasione secondo cui
<<debole>> dell'essere che si ispira a N ietz l'essere non è, ma accade
sibile solo se si prendono sul serio gli esiti della "distruzione dell'antologia"
operata da Heidegger e, prima, da Nietzsche. Finché l'uomo e l'essere sono
pensati, metafisicamente, platonicamente, in termini di strutture stabili che
impongono al pensiero e all'esistenza il compito di "fondarsi", di stabilirsi (con
la lbgica, con l'etica) nel dominio del non diveniente, riflettendosi in tutta
una mitizzazione delle strutture forti in ogni campo dell'esperienza, non sarà
possibile al pensiero vivere positivamente quella vera e propria età postme
tafisica che è la postmodemità» (La fine della modernità, ci t., p. 20).
Da Nietzsche Vattimo deriva innanzitutto l'annuncio della morte di Dio,
ovvero la dottrina secondo cui <<le strutture forti della metafisica - archai, Gran
de, evidenze prime e destini ultimi - erano solo forme di rassicurazione del pen
siero in epoche in cui la tecnica e l'organizzazione sociale non ci avevano
ancora reso capaci, come accade ora, di vivere in un orizzonte più aperto,
meno "magicamente" garantito>> (Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano 1983,
p. 18). Teoria che comporta, insieme alla caduta di ogni struttura metafisica
dell'universo, una destituzione del concetto tradizionale di <<soggettO>>. Da Hei
degger Vattimo deriva invece la concezione epocale dell'essere, ossia la per
suasione secondo cui l'essere non è, ma accade. Infatti, proprio perché l'acca
dere dell'essere di cui parla Heidegger non è altro, secondo Vattimo, che l'a
prirsi linguistico delle varie aperture storico-destinali, cioè dei vari orizzonti
concreti entro cui gli enti divengono accessibili all'uomo e l'uomo a se stes
so, ne segue che il senso dell'essere si risolve, ermeneuticamente, nella trasmis
sione di messaggi linguistici fra le varie generazioni: <<Ciò che possiamo dire
dell'essere è solo, a questo punto, che esso è trasmissione, invio: Ueber-liefe
rung e Geschick. Il mondo si esperisce in orizzonti che sono costruiti da una
LA FILOSOFIA CONTEM PORAN EA
46
UN ORIZZONTE « MAGICAMENTE»
GARANTITO
Gianni Vattimo, Dialettica, differenza, pensiero debole.
1 Le Tesi sono tradotte in italiano nel vol. Angelus Novus, a cura di R. SoImi,
Einaudi, Torino 1962.
LA FI LOSOFIA C O N T E M PO RAN EA
48
anche il pensiero della differenza cioè che le strutture forti della me
proviene . Quest'ultimo , nella sua tafisica - archai, Griinde, eviden
forma più radicale , ha la sua ze prime e destini ultimi - erano so
espressione in Heidegger. lo forme di rassicurazione del pen
La tesi che si propone deve dun siero in epoche in cui la tecnica e
que essere completata così: nello l'organizzazione sociale non ci ave
sviluppo del pensiero dialettico vano ancora resi capaci, come ac
novecentesco , si fa luce una ten cade ora, di vivere in un orizzonte
denza dissolutiva che lo schema dia più aperto , meno «magicamente»
lettico non riesce più a controlla garantito. I concetti reggenti della
re; questa tendenza è visibile nella metafisica - come l ' idea di una
micrologia benjaminiana, nella totalità del mondo , di un senso uni
«negatività» adomiana, e nell'uto tario della storia, di un soggetto au
pismo di Bloch. Il significato di que tocentrato capace eventualmente di
sta tendenza consiste nel mettere in appropriarsene - si rivelano come
luce che l'approccio dialettico al mezzi di disciplinamento e rassi
problema dell'alienazione e della Ti curazione non più necessari nel
appropriazione è ancora profonda quadro delle attuali capacità di di
mente complice dell'alienazione che sposizione della tecnica. Anche la
dovrebbe combattere : l'idea di to scoperta della superfluità della me
talità e quella di riappropriazione , tafisica (in termini marcusiani, del
capisaldi di ogni pensiero dialettico , la repressione addizionale) restereb
sono ancora nozioni me tafisiche be tuttavia esposta al rischio di ri
non criticate . Al venire in chiaro di solversi in una nuova metafisica
questa consapevolezza contribuisce (per esempio : umanistica, natu
in modo determinante Nietzsche , ralistica, vitalistica) , se si limitasse
con la sua analisi della soggettività a sostituire un essere «vero» a quel
metafisica in termini di dominio, e lo svelato falso dalla critica - sia es
con l'annuncio che Dio è morto , e sa di Nietzsche o di Marcuse .
A questo rischio , a cui soggiace in che sta alle spalle dell' ovvio-obiet
definitiva il pensiero dialettico , uta tivo e lo determina come tale . Ma
pico o negativo che sia, si sfugge so l'elaborazione di questo problema
lo se si associa allo critica della me conduce fin dall'inizio Heidegger
tafisica come ideologia legata all'in a scoprire altro: non una struttu
sicurezza e al dominio che da essa de ra trascendentale di tipo kantiano
riva la radicale ripresa del problema (o husserliano) né una totalità dia
deU' essere iniziata da Heidegger. lettica hegelo-marxiana da cui il
In apparenza , e più che in appa senso degli enti sia determinato;
renza, ma comunque in prima ap bensì l'insostenibilità (prima nella
prossimazione , il problema che «Cosa stessa» che nella nostra teo
Heidegger pone in Se in und Zeit è ria) di uno dei tratti che da sem
analogo a quello posto dalla criti pre la tradizione metafisica ha as
ca dell' ideologia: non possiamo segnato all'essere , cioè la stabilità
prender come ovvia la nozione di nella presenza, l'eternità, l' «enti
ente, giacché la sua ovvietà è già tà» o ousia. È la stabilità dell'esse
il risultato di una serie di « posizio re nella presenza che si rivela an
ni» , di accadimenti, o - dice Hei zitutto , fin da Sein und Zeit, co
degger - di aperture storico-cultu me ilfrutto di una «confusione» , di
rali (e , in senso heideggeriano , una «dimenticanza» perché deri
destinali) che , esse anzitutto (pri va dal modellare l'essere sugli en
ma della ovvietà-obiettiva dell' en ti, come se fosse solo il carattere più
te) , costituiscono il senso dell'esse generale di tutto ciò che si dà nella
re. Sembra dunque che , anche per presenza.
Heidegger come per i critici dell'i
Tratto da: Il pensiero debole. a cura di
deologia, si tratti di riappropriarsi
Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, Milano,
delle condizioni di possibilità, di ciò Feltrinelli, 1983, pp. 15-19.
Per Valtimo nichilista non è colui che attende utopisticamente l'alba radiosa del futuro. l
(Sandor Bortniyk, "!.:asino verde", Galleria Nazionale Ungherese, Budapest, 1924)
LA FI LOSOFIA C O N T E M PORAN EA
52
moderno è colui che dopo essere passato attraverso la fine delle grandi sin
tesi unificanti e attraverso la dissoluzione del pensiero metafisico tradizio
nale riesce a vivere «senza nevrosi>> in un mondo in cui Dio è nietzschia
namente morto, ossia in un mondo in cui non ci sono più strutture fisse
e garantite capaci di fornire una fondazione <<unica, ultima, normativa>> al-
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XXIX • POSTM O D E R N O E FILOSOFIA
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1 1 83 . Le critiche al postmoderno
Dopo l'apparizione del pamphlet di Lyotard, la dottrina postmoderna
si è trovata al centro di un vivace dibattito internazionale. Fra gli opposi
tori spicca soprattutto la voce di Jiirgen Habermas, il quale, a partire dagli
inizi degli anni Ottanta, ha criticato il postmoderno architettonico e poi fi
losofico in una serie di conferenze tenute in diverse università europee e
statunitensi (cfr. Die Moderne - Ein unvollendetes Projekt, in <<Die Zeit>> ,
1 9 settembre 1 980, ora in Kleine politische Schriften I - IV Suhrkamp,
Frankfurt a.M. 1 98 1 , pp. 444-64; Der philosopische Diskurs der Moderne. Zwolf
Vorlesungen, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1985 ) .
Secondo i l filosofo tedesco i l postmoderno non rappresenta una ve
duta coerente ed autonoma, ma un semplice <<segno dei tempi>> , cioè un
sintomo della situazione <<di stallo>> in cui è venuto a trovarsi il progetto
culturale moderno e la filosofia che meglio lo ha espresso, cioè l'illumini
smo. In altri termini, secondo Habermas (cfr. § 1 05 1 ) , la modernità non
sarebbe qualcosa di liquidato e concluso, bensì ein unvollendetes Projekt,
ovvero un <<progetto incompiuto>> , secondo il titolo della sopraccitata con
ferenza di Francoforte ( trad. it. parziale in << Alfabeta>> , n. 2 2 , 1 98 1 ,
pp. 1 5 - 1 7 ) . Un progetto che, proprio per essere stato parzialmente dis
atteso o tradito, attenderebbe ancora di essere riattivato e portato a
compimento. Infatti, facendosi portavoce e promotore di una rinnovata
fiducia nella <<tradizione illuministica della razionalità occidentale>> - pro
spettata come qualcosa di sostanzialmente << Ìnsuperato>> - Habermas
nega che la modernità sia un'avventura <<fallita>> e, anziché arrendersi di
fronte agli scacchi del progetto illuministico, propone di rilanciarne gli
ideali emancipativi, pena la ricaduta in posizioni immobilistiche ed oscu
rantistiche, suggellate dall'alleanza in atto fra postmodernisti e premoder-
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
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XXIX • POSTMODERNO E FI LOSOFIA
59
dendo il medesimo discorso sia a proposito del moderno che del post
moderno, scrive: <<nel libro [del '79] e sempre più dopo, mi sono reso con
to che non si può parlare di un'epoca postmoderna. Anche nella moder
nità si incontrano posizioni, idee, opere, personaggi che non si pensano
in relazione a un cammino progressivo, o regressivo, della storia in ge-
LA FILOSOFIA CONTEM P O R A N EA
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XXIX • POSTM O D E R N O E FI LOSOFIA
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gioni del pensiero debole, Boria, Roma 1993; L. D ISANTO , Theology and G . V. 's On
'
\
CAPITOLO XXX
l La riflessione filosofica sul tema della donna da parte di donne trovauno stimolo
fondamentale nel clima politico e culturale della Rivoluzione francese.
(Louis-Léopold Boilly, "Il trionfo di Marat", Musée des Beaux-Arts, Li/le, 1 794)
l Nell'Inghilterra di fine
Settecento la scrittrice
Mary Wollstonecraft si fa
promotrice ·di un movimento
di rivendicazione dei diritti
delle donne. (Ritratto
di Mary Wollstonecraft
Godwin, National Portrait
Gallery, Londra, XVIII sec.)
LA FI LOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
78
l Anche la psicoanalisi si è interessata alla differenza sociale di ruoli tra uomo e donna,
riconducendola al diverso rapporto che il bambino e la bambina hanno con i genitori.
(Plinio Nome/lini, "La sorella minore", Galleria Nazionale d'Arte moderna
e contemporanea, Roma, 1 9 1 1)
XXX • I L PENSIERO DELLE DONNE SULLE DON N E
81
1 1 85 . Virginia Woolf:
oltre le conquiste liberal�democratiche
Questo fatto, aggiunge più avanti l'autrice, << anche spiega perché essi
non tollerano la critica della donna; questa non può dire che il libro è brut
to, il dipinto difettoso, eccetera, senza suscitare assai più dolore e assai
più rabbia di quanta ne potrebbe suscitare un altro uomo con la stessa
critica. Giacché se la donna comincia a dire la verità, la figura nello
specchio [il maschio] si rimpicciolisce; l'uomo diventa meno adatto alla
vita» (Ib., p. 750).
Virginia Woolf, che ha scandagliato a fondo, nei suoi romanzi, l'inti
mo animo sia di donne che di uomini, osserva che se si analizzano i com
portamenti tradizionali dell'uomo verso la donna <<ci avviciniamo a quell'in
teressante e oscuro complesso maschile che ha sempre avuto una così forte
influenza sul movimento femminista; quel profondo desiderio, non tanto
di dimostrare che lei è inferiore, quanto di provare che lui è superiore. Un
desiderio che troviamo dappertutto>> (Ib., p. 770). Aprendo in tal modo
spiragli su problemi che avrebbero successivamente impegnato molti studi
\
del movimento delle donne, Virginia Woolf afferma anche che <<la storia del
l'opposizione degli uomini all'emancipazione delle donne è forse più inte
ressante della storia stessa di questa emancipazione>> (I b., p. 7 7 1 ).
Questa emancipazione, per la Woolf, si accelera in maniera netta a par
tire dalla fine del Settecento, quando <<avvenne un mutamento il quale,
se io dovessi riscrivere la storia, mi sembrerebbe più importante che le Cro
ciate o le Guerre delle due Rose, e meritevole di una più particolareggiata
descrizione. La donna di classe media cominciò a scrivere>> (Ib., pp. 780-
8 1 ) . Inizia l'epoca delle grandi scrittrici: Jane Austen, le sorelle Bronte,
George Eliot { la Woolf si limita all'area inglese, ma il discorso potrebbe
estendersi all'area francese e in parte a quella statunitense). Scrittrici di ro
manzi, soprattutto, perché il romanzo era
una forma d'arte abbastanza recente, e La storia dell'opposizione degli uomini
perché lo si poteva scrivere nella stanza di all'emancipazione delle donne
soggiorno, come faceva la Austen, nei ri è forse più interessante
tagli di tempo lasciati dagli impegni fami della storia stessa di questa emancipazione
dovranno insegnare solo le arti che si possono insegnare con poca spesa e
che possono essere esercitate da gente povera: la medicina, la matematica, la
musica, la pittura, la letteratura. E l'arte dei rapporti umani; l'arte di compren
dere la vita e la mente degli altri, insieme alle arti minori che le completano:
l'arte di conversare, di vestire, di cucinare. Lo scopo del nuovo college, del
college povero, dovrebbe essere non di segregare e di specializzare, ma di inte
grare>> (Ib., pp. 57-58). Sono passi importanti, che documentano in maniera
discreta, non dottrinaria, la contrapposizione radicale tra i valori della tradi
zione del predominio maschile (nella società, nell'economia, nella cultura)
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
90
che portano alla competitività e alla guerra, e i valori nuovi proposti dalle don
ne, che portano ad una società non competitiva, di collaborazione e di arric
chimento culturale.
Solo con questo rivolgimento di valori si potrà evitare che le don
ne, come è capitato per la prima guerra mondiale, vadano con entusiasmo
e spirito di sacrificio ad aiutare gli uomini nelle loro scelte militaristi-
che. Solo con una istruzione diversa da quella di tradizione maschile le fi
glie degli uomini colti saranno in grado di rifiutare i valori - o meglio i
disvalori - che portano alle guerre: <<Nell'attuale stato di cose, la ma
niera più efficace per prevenire la guerra, attraverso l'istruzione, è di con
tribuire il più generosamente possibile ai colleges per le figlie degli uomi
ni colti. Perché, ripetiamo, se queste donne non riceveranno un'istru
zione universitaria, non potranno guadagnarsi da vivere; se non saranno
in grado di guadagnarsi da vivere, torneranno a essere educate entro i con
fini angusti della casa paterna e finiranno quindi, ancora una volta, per
esercitare tutta la loro influenza, consciamente o inconsciamente, in fa
vore della guerra>> (lb., p. 6 1 ) .
Quanto alla utilizzazione della seconda ghinea, Virginia Woolf
muove dalla consapevolezza della condizione nuova aperta alle don
ne dalla legge del 1 9 1 9 che consente loro l'accesso alla maggior parte
delle libere professioni, cosa che ha dato loro <da nostra unica arma,
\
l'arma dell'indipendenza di pensiero frutto dell'indipendenza econo
mica>> (lb., p. 65 ) .
Anche in questo caso, accanto alla richiesta dell'avvocato , l a
Woolf h a una richiesta d i una donna che chiede u n contributo d i dena
ro per un'associazione che aiuta le giovani a entrare nelle libere profes
sioni. Il fatto che un'associazione del genere esista per le donne e non
per gli uomini costituisce un motivo di profonda riflessione per l'autri
ce, che utilizza statistiche ufficiali per dimostrare che gli uomini occu
pano in genere tutti i posti e le cariche senza alcun bisogno di associa
zioni che li aiutino. Impressionante è la messe di dati che mostrano l'e
sclusione delle donne dalle occupazioni più redditizie ma anche l'esclu
sione delle donne dalla remunerazione di alcuni loro impegni di lavoro
( in particolare di quello casalingo).
Anche in questo caso, però, la Woolf non accetta la tesi che le don
ne debbano associarsi al <<corteo>> degli uomini, cioè debbano ricercare
e conquistare le professioni, i posti, le occupazioni, così come gli uomi
ni li hanno modellati. La Woolf rifiuta la
tesi puramente emancipazionista, che por La maniera più efficace
terebbe le donne a fare le stesse cose de per prevenire la guerra è di contribuire
gli uomini, quelle cose, sottolinea l'autri il più possibile ai "colleges"
ce, che portano alle guerre. È vero, certo, per le figlie degli uomini colti
L A TERZA GHINEA
Virginia Woolf, Le tre ghinee, 3.
Per che cosa lottavano nel dician le parole non sono ancora cadute in
novesimo secolo quelle buffe don disuso.
nine con cappellino e mantella? Per Dai giornali escono ancora le uo
la stessa causa per cui lottiamo va di quegli insetti; Whitehall e
oggi . «La nostra lotta non era sol Westminster esalano ancora quel
tanto per i diritti delle donne » ; - è l' odore tipico e inconfondibile . E al
]osephine Butler che parla - «era l' estero il mostro si è fatto più auda
più vasta e più profonda; era la lot ce. Non ci si può sbagliare . Ha am
ta per il diritto di tutti - di tutti gli pliato il suo raggio d'azione . Osta
uomini e di tutte le donne - a vede cola ora la vostra libertà; vi impone
re rispettati nella propria persona i come dovete vivere; opera distinzio
grandi principi della Giustizia, del ni non solo tra i sessi, ma tra le raz
l' Uguaglianza e della Libertà» . So ze. Ora voi provate sulla vostra per
no le stesse parole che usa Lei; è sona quello che hanno provato le
la stessa lotta che conduce Lei. Le vostre madri quando furono esclu
figlie degli uomini che venivano se, quandofurono imprigionate per
chiamate - e la parola le offende ché erano donne . Ora voi siete
va - «femministe » in realtà furono esclusi , ora voi siete imprigionati,
le antesignane del Suo stesso movi perché siete ebrei, perché siete de
mento . mocratici , per ragioni razziali, per
Combattevano il medesimo nemi ragioni religiose. Non è una foto
co per i medesimi motivi . Combat grafia quella che vi sta davanti; sie
tevano contro l'oppressione dello te voi stessi, che arrancate in fila.
stato patriarcale come voi com Allora tutto cambia. Ora vi appa
battete contro l' oppressione dello re evidente in tutto il suo orrore
stato fascista . Noi non facciamo l' iniquità della dittatura, non im
che portare avanti la lotta iniziata porta dove, se a Oxford o a Cam
dalle nostre madri e dalle nos tre bridge , a Whitehall o a Downing
nonne ; lo dimostrano le loro pa Street, in Inghilterra o in Germa
role; lo dimostrano le vostre . Ma nia, in Italia o in Spagna; non im
ora, la Sua lettera ci garantisce che porta contro chi, se contro gli ebrei
oggi voi combattete al nostro fian o contro le donne . Ma oggi lottia
co, non contro di noi. È una circo mo fianco a fianco . Le figlie e i fi
stanza così straordinaria da giu gli degli uomini colti oggi lottano
stificare un' altra celebrazione . E uniti. Si tratta di un fatto così esal
quale cerimonia può essere più tante , benché ancora non sia giun
adatta dello scrivere altre parole to il momento di celebrarlo solenne
morte , altre parole corrotte su al mente , che se questa ghinea potes
trettanti fogli per poi distruggerle col se essere moltiplicata un milione di
fuoco : le parole Tiranno, Dittato volte , il milione di ghinee sarebbe
re, per esempio . Ma, ahimè , quel- tutto per voi, senz' altra condizio-
XXX • I L PENSI ERO DELLE DON N E SULLE DON N E
97
ne che quelle che vi siete voi stessi sesso e per educazione. È da quel
imposti. Prenda questa ghinea, la differenza, ancora una volta, che
dunque , e la usi per affermare «il può venirvi l'aiuto, se aiutarvi pos
diritto di tutti - di tutti gli uomini siamo , per difendere la libertà,
e di tutte le donne - a veder rispet per prevenire la guerra. Ma se fir
tati nella propria persona i grandi miamo il modulo che ci impegna a
principi della Giustizia, dell' Ugua diventare membri attivi della Sua
glianza e della Libertà» . Accenda associazione , sarebbe come perde
questa candela alla finestra della re quella differenza e quindi sacri
Sua nuova associazione: dio vo ficare la possibilità di aiutarvi. Non
glia che si viva fino a vedere il gior è facile spiegare perché, anche se
no che le parole tiranno e dittatore l'avervi regalato una ghinea ci ha
verranno ridotte in cenere, perché dato (così ci siamo vantate) la li
le parole tiranno e dittatore saran bertà di parlare senza paura, senza
no cadute in disuso. adulazione. Lasciamo in bianco il
Accordata la ghinea e firmato modulo per un momento , mentre
l'assegno, non resta ora da consi esaminiamo , come meglio sappia
derare che l'ultima richiesta: che mo, le ragioni e le emozioni che ci
compiliamo il modulo e diveniamo fanno esitare ad apporre la nostra
membri della Sua associazione. A firma. Perché quelle ragioni e quel
prima vista sembra una richiesta le emozioni affondano le radici lon
semplice, facile da soddisfare . Co tano, nel buio della memoria ance
sa può esservi di più semplice di en strale; si sono intrecciate crescen
trare a far parte della associazione do , ed è molto difficile districarle
a favore della quale abbiamo appe ora, alla luce [ . . . ]
na versato una ghinea? In superfi Giacché Lei è un uomo di legge e
cie è facilissimo, semplicissimo; ma ha una memoria giuridica, non è
nel profondo, com'è difficile, com'è necessario rammentar/e certe leggi
complesso . . . Quale nuova esitazio del diritto inglese dagli inizi al 1 9 1 9
ne, quali nuovi dubbi possono na per dimostrare che il rapporto pub
scondersi dietro quei tre puntini? blico, il rapporto sociale tra fratel
Quale pensiero, o quale emozione lo e sorella è stato ben diverso da
ci può far esitare a divenire mem quello privato. La parola «sociale» ,
bri di un'associazione i cui scopi ap da sola, fa risuonare nella memo
proviamo , ai cui fondi abbiamo ria i cupi rintocchi di una musica
contribuito? Forse non si tratta né crudele: non devi , non devi , non
di un pensiero né di un'emozione , devi. Non devi imparare; non de
ma di qualcosa di più profondo, di vi guadagnare; non devi possedere ,
più fondamentale. Di una differen non devi . . . Questo è stato il rap
za, forse . E diversi lo siamo , co porto sociale del fratello con la so
me hanno dimostrato i fatti, per rella per. tanti secoli [ . . .]
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
98
Non possiamo non pensare che la Sua associazione. Perché così fa
le società sono congiure che soffo cendo annegheremo la nostra iden
cano il fratello privato che molte tità nella vostra; entreremo, ri
di noi hanno motivo di rispettare , e producendoli e rendendoli ancora
generano al suo posto un maschio più profondi, dentro i vecchi slab
mostruoso, dalla voce prepotente , brati solchi lungo i quali la socie
dal pugno duro, puerilmente inten tà, come un grammofono rotto, va
to a tracciare cerchi di gesso sulla gracidando con insopportabile co
superficie della terra entro i quali ralità: «trecento milioni spesi per gli
vengono ammassati gli esseri uma armamenti» . Cancelleremmo la vi
ni , rigidamente , separatamente , sione che la nostra esperienza del
artificialmente; dove dipinto di ros la società ci ha aiutate a intrave
so e di oro , adorno come un selvag dere . Perciò, Signore , mentre La
gio di piume , nostro fratello consu rispettiamo come persona, e Glie
ma mistici riti e assapora il dubbio lo dimostriamo regalandoLe una
piacere del potere e del dominio, ghinea da spendere come vuole , sia
mentre noi, le «sue» donne , siamo mo convinte di aiutarLa più effica
chiuse a chiave tra le pareti dome cemente rifiutandoci di entrare nel
stiche , senza spazio alcuno nelle la Sua associazione; continuando a
molte società di cui la società si lavorare per i nostri fini comuni -
compone . Per queste ragioni, così la giustizia e l'uguaglianza e la li
dense di memorie e di emozioni bertà per tutti gli uomini e per tut
- e chi può analizzare la comples te le donne - al di fuori della Sua
sità di unamente che contiene in sé associazione , non all'interno .
una così profonda riserva di pas
sato - ci sembra sbagliato razional
Tratto da: Virginia Wooff, Le tre ghi nee, trad.
mente e impossibile emotivamente Adriana Bottini, Milano, Feftrineffi, 1 992,
compilare il Suo modulo e unirei al- p. 1 39-44.
XXX • IL PENSIERO DELLE DONNE SULLE DONN E
99
1 1 8 6 . Sìmone de Beauvoir:
la donna vittima e complice dell'uomo
trice sperava e meritava, che viene rilanciato sull'onda della ripresa del
movimento delle donne in tutto il mondo negli anni Sessanta, e che da al
lora costituisce una lettura obbligata, una sorta di bibbia-enciclopedia per
chiunque voglia accostarsi in maniera non superficiale alla trattazione fi
losofica della tematica delle donne negli ultimi decenni.
l Simone de Beauvoir,
compagna del filosofo esistenzialista Sartre, può essere
considerata la madre del movimento femminista, nato negli anni Sessanta in Europa.
(Simone de Beauvoir in una fotografia del 1 945)
XXX • I L PENSI ERO DELLE DON N E SULLE DON N E
IO!
definisce la donna: essa è l'Altro nel seno d i una totalità, i cui due ter
mini sono indispensabili l'uno all'altro>> (Il secondo sesso, Il Saggiatore,
Milano, 1 984, pp. 1 8 - 1 9 ) .
Essa è l'Altro che è stato posto come tale dall'uomo, autodefinitosi
l'Uno; ma <<quando l'uomo considera la donna come l'Altro, trova in lei una
complicità profonda. Così la donna non rivendica se stessa in quanto sog-
ziale e sovrana. Il dramma della donna consiste nel conflitto tra la rivendi
cazione fondamentale di ogni soggetto che si pone sempre come essenziale
e le esigenze di una situazione che fa di lei un inessenziale. Data questa si
tuazione, in che modo potrà realizzarsi come essere umano? Quali vie le
sono aperte? Quali finiscono in un vicolo cieco? come trovare l'indipenden
za nella dipendenza?>> (Ib., p. 27).
Abbiamo riportato il lungo brano perché costituisce la cornice filo
sofica nella quale è situata la successiva ricostruzione della storia, dei mi
ti e delle esperienze vissute della donna, oltre che la indicazione delle
vie d'uscita da questa condizione. Non è stato un destino fatale, inevitabi
le, naturale, a portare la donna alla condizione in cui per quasi tutta la sto
ria dell'umanità si è venuta a trovare. La donna, infatti, «non è una real
tà fissa, ma un divenire>> (Ib., p. 60). La biologia spiega la dualità dei ses
si, ma non il loro stato conflittuale connesso a situazioni umane più che
biologiche. È vero, tra i mammiferi, la donna ha subordinato la sua esisten
za, per ragioni connesse alla riproduzione, alla specie; ma <<una società non
è una specie» (Ib., p. 62), e la biologia, quindi, non è sufficiente per aiu
tarci a spiegare come è nata la subordinazione della donna all'uomo.
Non è sufficiente neppure la psicoanalisi,
Non è stato un destino fatale, inevitabile, che spiega tale subordinazione riconducen
naturale, a portare la donna dola a fatt i p uramente legati alla sfera
alla condizione in cui per tutta la storia della sessualità. In realtà, osserva l'autrice
dell'umanità si è venuta a trovare dopo una discussione in dettaglio delle
tesi di Freud, << la psicanalisi dà per con
cessi i fatti senza spiegarli » , giacché <<non bisogna prendere la sessualità
come un dato irriducibile; c'è nell'esistente una "ricerca dell'essere" più
originaria; la sessualità ne è soltanto uno degli aspetti»; il pansessuali
smo fa sì che <<lo psicanalista, in nome del determinismo e dell'inconscio
collettivo, respinge con la massima violenza proprio la nozione di scel
ta» , che sta alla base, invece, di qualsiasi esistenza individuale umana
(Ib., pp. 7 1 - 7 2 ) . In alternativa alla psicanalisi, scrive la de Beauvoir,
<<noi porremo in modo diversissimo il problema del destino femminile:
situeremo la donna in un mondo di valori e daremo al suo comporta
mento una dimensione di libertà. Noi pensiamo ch'ella deve scegliere
tra l'affermarsi come trascendenza e l'alienarsi come oggetto; ella non è
lo zimbello di impulsi contraddittori; crea soluzioni fornite di una gerar
chia etica» (Ib., p. 7 5 ) ; <<per noi la donna è un essere umano che cerca i
suoi valori in un mondo di valori» (Ib., p. 77).
Questi valori non esistono in astratto, ma nella struttura economica e
sociale, che è stata al centro dell'interesse del materialismo storico, nel-
XXX • I L PENSIERO DELLE DON N E SULLE DON N E
1 05
l'ambito del quale la tematica della storia della condizione della donna è
stata affrontata soprattutto da Engels nel noto libro su L'origine della fa
miglia, della proprietà privata e dello stato, su cui si sofferma l'autrice. An
che questa posizione filosofica, però, pur dando una spiegazione storico
economica del sorgere del destino di subordinazione della donna all'uomo
dopo un originario destino di parità e uguaglianza, pecca di unilateralità
e di insufficienza in quanto riduce tutto agli sviluppi della tecnica, della
economia, della lotta di classe: non considera il valore dell'individuo, del
la sua libertà di scelta. Né il monismo sessuale di Freud né il monismo eco
nomico di Engels vengono accettati da Simone de Beauvoir, la quale in
siste ad affermare che al di sotto di quanto riescono a vedere gli psicana
listi e i materialisti storici <<c'è una infrastruttura esistenziale che sola
permette di comprendere nella sua unità questa forma singola, irripetibi
le che è una vita>> (Ib., p. 85).
Simone de Beauvoir, quindi, rifiuta le spiegazioni di carattere monisti
\
co e richiama continuamente l'esigenza di partire dalla esperienza del singo
lo, dalle ragioni che lo condizionano, dalle situazioni che lo spingono o a sce
gliere la trascendenza (e questo è stato il caso, nella maggior parte dei pe
riodi storici, degli uomini, e non di tutti,
giacché anche tra gli uomini ci sono stati pa Né il monismo sessuale di Freud
droni e schiavi) o a scegliere l'immanenza (e né il monismo economico di Engels
questo è stato il caso, per lo più, delle don vengono accettati
ne, in quasi tutti i periodi storici). Le mol da Simone de Beauvoir
le e desiderio di una prole - che sot ta. Si può dire che in nessun paese
tomette il maschio alla femmina, l'uomo e la donna hanno una con
non ha riscattato socialmente la dizione legale paritetica e spesso la
donna. Anche il padrone e lo schia differenza va a duro svantaggio del
vo sono uniti da un bisogno eco la donna. Anche se astrattamente
nomico reciproco che tuttavia non le sono riconosciuti dei diritti , una
affranca lo schiavo. Perché nel rap lunga abitudine impedisce che essi
porto tra padrone e schiavo, il pa trovino nel costume la loro espres
drone non pone il bisogno che ha sione concreta. Economicamente
dell'altro; egli ha il potere di sod uomini e donne costituiscono qua
disfare questo desiderio e non ne si due caste; a parità di condizioni i
fa oggetto di mediazione ; viceversa primi hanno situazioni più favore
lo schiavo, nel suo stato di dipen voli , salari più e levati , maggiori
\ denza , per speranza o per paura, probabilità di riuscita di codeste
interiorizza il bisogno che ha del pa competitrici troppo recenti; gli uo
drone ; anche se l ' urgenza del bi mini occupano nell'industria, nel
sogno fosse pari in ambedue, torne la politica, ecc. un numero assai
rebbe sempre a favore dell' oppres più grande di posti e detengono le
sore contro l'oppresso; così si spie cariche più importanti. Oltre la for
ga, ad esempio , perché la liberazio za concreta, posseggono un pre
ne della classe operaia sia stata tan stigio del quale l'educazione dell'in
to lenta. Ora la donna è sempre fanzia tramanda la tradizione : il
stata, se non la schiava , la suddi presente assorbe il passato , e nel
ta dell'uomo; i due sessi non si so passato la storia è stata fatta dai
no mai divisi il mondo in parti maschi .
uguali e ancora oggi , nonostante la
Tratto da: Simone de Beauvoir, Il secondo
sua condizione stia evolvendosi,
sesso. trad. Roberto Cantini e Mario Andreose.
la donna è gravemente handicappa- Milano, il Saggiatore, 2002, pp. 18-20.
LA FI LOSOFIA C O N T E M PO RANEA
1 08
uomo; non è considerata dalla società con gli stessi occhi; l'universo le si pre
senta in una prospettiva diversa. Oggi il fatto di essere donna pone ad un
essere umano autonomo dei particolari problemi>> (Ib., p. 785 ). L'autrice esa
mina molti di questi problemi, ma la conclusione complessiva non è pessi
mistica. L'altra metà del cammino, che deve essere percorso in maniera
\
LA FI LOSO FIA CONTEMPORANEA
I lO
collettiva, sarà più facile se aumenterà, come sta aumentando, il numero del
le donne indipendenti.
La meta finale della liberazione della donna, per la quale Simone de
Beauvoir fa proprie alcune tesi di Marx (a p. 833 , per esempio, << il rapporto
dell'uomo alla donna è il rapporto più naturale dell'essere umano all'essere
umano>> ), è quella della uguaglianza tra uomo e donna, ma una uguaglian
za che esalti e non mortifichi le differenze, in una situazione di fraternità
umana: <<Liberare la donna significa rifiutare di chiuderla nei rapporti che
ha con l'uomo, ma non negare tali rapporti; se essa si pone per sé conti
nuerà ugualmente ad esistere anche per lui: riconoscendosi reciprocamente
XXX • I L PENSIERO DELLE DO N N E SULLE DON N E
Ili
di proiettare nel mondo la sua liber fuga; per la donna non c'è altro
tà; ne risulta , necessariamente, mezzo che lavorare sulla propria li
che le realizzazioni maschili sono di berazione .
gran lunga superiori a quelle delle Questa liberazione non può esse
donne: a queste , è quasi proibito di re che collettiva, ed esige prima di
fare alcunché. Tuttavia , confron tutto che si compia l'evoluzione
tare l'uso che nei loro limiti uomi economica della condizione femmi
ni e donne fanno della loro libertà, nile . Tuttavia ci sono state e ci
è a priori un tentativo privo di sen sono ancora molte donne che cer
so, appunto perché ne fanno libe cano di realizzare da sole la loro
ro uso . Sotto forme divers e , gli salvezza individuale . Cercano di
inganni della mala fede, le misti giustificare la loro esistenza in se
ficazioni della rispettabilità aspet no alla loro immanenza , cioè di
\
tano al varco gli uni come gli al realizzare la trascendenza nel
tri; la libertà è intera in ognuno . l'immanenza. Quest'ultimo sforzo
Soltanto perché nella donna ri - talora ridicolo , spesso patetico
mane astratta e vuota, non può es - della donna imprigionata per tra-
sere autenticamente assunta che sformare la sua prigione in un cie
nella ribellione : è questa l' unica lo di gloria , la sua schiavitù in so
strada aperta a coloro che non han vrana libertà, si può osservare nel
no la possibilità di costruire niente ; la donna narcisista, innamorata,
è necessario che rifiutino i limiti mistica.
della loro situazione e cerchino di
Tratto da: Simone de Beauvoir, Il secondo
aprirsi le strade dell' avvenire ; la
sesso, trad. Roberto Cantini e Mario Andreose,
rassegnazione non è che rinuncia e Milano, il Saggiatore, 2002, pp. 720-21.
l Vi è come uno specchio-piano che serve alla desessualizzazione delle pulsioni per
l'elaborazione dei monumenti funebri dell'io del •soggetto•.
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
1 20
"fasi". Non viene nemmeno evocato il piacere legato alla parete posteriore
della vagina, dei seni, del collo della vagina [ ...] Tutti organi mancanti,
non c'è dubbio, di parametri maschili>> (Ib., p. 24).
Ancora, sul rapporto bambina-madre: <<Perché Freud chiama maschi
le la fase nella quale la bambina ama, desidera la madre ? Non è forse un
modo per eludere la singolarità della relazione tra la bambina e sua ma
dre, così come altrove si fa cieco davanti l'originalità d'un desiderio tra
donne ? Tutte queste specifiche modalità della libido si trovano ricondot
te al desiderio dell'uomo per la donna-madre, oppure dell'uomo - bambi
na nella "fase maschile", bambina = maschietto, ecc. - per il fallo (rappre
sentato qui dalla madre "fallica"). Dell'uomo per l'uomo? Più esattamen
te: del fallo per il fallo>> (Ib., p. 2 7 ) ,
A tutte queste analisi, fallocentriche e << uomosessuali>> , L . lrigaray
contrappone sistematicamente altre analisi, che mettono al centro la spe
cificità e l'autonomia della sessualità, della libido, della formazione della don
na. Tutte analisi, ovviamente, incompatibili con la psicoanalisi di Freud, che
non può ammettere una specifica e autonoma libido femminile, giacché, os
serva lrigaray, << il carattere "ingiustificabile", insopportabile, delle parole "li
bido femminile" costituisce uno dei sintomi di un fuori che minaccia, agli
occhi del "soggetto" (maschile) della storia, le parole, i segni, il senso, la sin
tassi, i sistemi di rapprestentazione del voler dire o fare adeguatamente
sempre lo stesso>> (Ib., p. 38).
XXX • I L PENSIERO DELLE D O N N E S U LLE DON N E
121
1 1 8 8 . Le filosofe di Diòtima
e il pensiero della differenza:
Luisa M u raro e Adriana Cavarero
Anche l'Italia, come i paesi più avanzati del mondo occidentale, ha
visto una ripresa molto forte del movimento delle donne a partire dalla
fine degli anni Sessanta. Più che in altri paesi europei, in realtà, un mo
vimento delle donne aveva avuto in Italia una forte presenza, soprattut
to in connessione organica con partiti, sindacati e istituzioni della sini
stra da una parte, con partiti, sindacati e istituzioni legati al mondo cat
tolico dall'altra. Si era trattato però, in tutti questi casi, di un movi-
LA FI L O S O F I A C O N T E M PO RA N EA
1 24
mento che non viveva di vita autonoma. Legato a quei partiti, a quelle
istituzioni, ne costituiva la parte - in generale marginale e senza alcun po
tere di comando nei vertici - diretta a garantire la presenza tra le masse
femminili dei programmi e degli obiettivi di quei partiti e istituzioni: pro
grammi e obiettivi nella elaborazione dei quali le donne in quanto tali
avevano scarsa o nessuna voce in capitolo.
I movimenti di crescente politicizzazione giovanile degli anni Sessanta,
sfociati nelle rivolte e occupazioni studentesche del 1 968 e nelle successi
ve lotte operaie degli anni 1 969- 1 9 70, producono, tra i molti altri effetti,
una rapida e crescente consapevolezza, presso le donne, della specificità
dei loro problemi e della necessità di affrontarli in maniera autonoma sia sul
piano teorico-politico sia su quello organizzativo.
Nascono allora spontaneamente, tra gli anni Sessanta e gli anni Set
tanta, prima nelle grandi città (Milano, Roma) e via via anche nei cen
tri di provincia, gruppi di donne che, separandosi dalle tradizionali orga-
nizzazioni femminili o proponendo, in ma
Dalla metà degli anni Settanta niera del tutto indipendente da queste, for
si affermano le Librerie delle Donne. me nuove e originali di aggregazione e ri
i Centri culturali o di documentazione flessione sui problemi specifici delle don
della problematica femminile ne, danno origine a quel movimento che,
dopo oltre vent'anni, ha assunto una fi
sionomia e una articolazione mature e ben definite. Sono inizialmente i
gruppi Demau (demistificazione dell'autorità) di Milano, il cui primo
importante manifesto risale al l 966, Rivolta femminile di Roma, con un
suo manifesto del 1970 (in questo gruppo svolge funzione di stimolo teo
rico Carla Lonzi con un noto saggio del 1 970 Sputiamo su Hegel) , il Mo
vimento Femminista Romano che per tutti gli anni Settanta agita pro
blemi politici e teorici sul potere maschile, sulla prostituzione e affini.
Privi di un organo centrale di riferimento, questi gruppi svolgono azio
ne personale e capillare di contatti, discussioni, piccoli convegni, fogli vo
lanti e opuscoli, tramite i quali agevolano la nascita o il rafforzamento di
altri gruppi che si vanno formando spesso anche nei centri di provincia più
periferici. Dalla metà degli anni Settanta si affermano in molti centri le
Librerie delle Donne, i Centri culturali o di documentazione della pro
blematica femminile (spiccano in questo campo la Libreria delle Donne di
Milano, centro organizzativo ma anche di discussione teorica tra i più avan
zati, e il Centro Culturale Virginia Woolf di Roma, che ha istituito una
Università delle donne che promuove corsi e seminari sulle problemati
che delle donne e ha organizzato, tra l'altro, una importante mostra iti
nerante su Virginia Woolf) . Nei primi anni, una delle pratiche favorite al-
XXX • I L P E N SI E RO D E L L E D O N N E S U L L E DO N N E
1 25
tima. Il pensiero della differenza sessuale, anch'esso del 1 987, raccolta di sag
gi che approfondiscono il tema da diversi e convergenti punti di vista e
campi disciplinari. L'approfondimento teorico più organico vi è effet
tuato da ADRIANA CAVARERO, che riprenderà tali tematiche, affron
tandole in relazione ad alcuni autori dell'antichità (soprattutto Omero,
per la figura di Penelope, e Platone, per le figure della servetta di Tracia
e di Diòtima), nel suggestivo libro del 1 990 Nonostante Platone . Figure
femminili nella filosofia antica (Editori Riuniti, Roma). Alla comunità di
Diòtima appartiene anche Luisa Muraro, che approfondirà in successivi
scritti le sue posizioni, e soprattutto nel libro del 1991 L'ordine simbolico
della madre (Editori Riuniti, Roma) .
Si deve alla Muraro la proposta dell'affidamento tra donne, atta a facilitare l'inserimento l
della donna nella società grazie alla guida di una compagna più esperta.
(Gustav Klimt, "Le amiche", collezione privata, 1 9 1 6- 1 9 1 7)
LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
I28
111 movimento femminista italiano, che aveva le sue sedi principali a Milano e Verona,
mirava a rivendicare la differenza sessuale e culturale della donna rispetto all'uomo.
(G. Maldini, "Satira femminista", disegno, Milano, 1978)
bligata per chi voglia avere una documentazione non solo degli sviluppi
pratici ma anche delle elaborazioni teoriche del movimento delle don
ne in Italia.
In questa sede non è possibile dare un quadro dettagliato delle posizio
ni teoriche emerse in oltre vent'anni di vita del movimento delle donne in
Italia. I due testi appena citati consentono, a chi lo voglia, di farsene una
idea precisa e documentata. Qui ci limiteremo a indicare alcune posizioni
teoriche, connesse ai temi della differenza sessuale e dell'affidamento tra don
ne, che meglio caratterizzano, sul piano filosofico, gli sviluppi maturi del mo
vimento, nelle sedi di Milano e Verona, e nelle figure di Luisa Muraro e di
Adriana Cavarero.
Alla base, o come presupposto, di questi sviluppi c'è il rifiuto delle po
sizioni emancipazioniste, cioè di quelle teorie e pratiche tramite le quali il
vecchio movimento femminista aveva privilegiato la rivendicazione, nei
confronti dei poteri costituiti, di diritti e di parità rispetto agli uomini. n nuo
vo movimento delle donne non punta alla parità, che porterebbe le donne
ad appiattirsi sui valori maschili tradizionalmente vincenti, ma alla esalta
zione della differenza sessuale, alla liberazione e quindi alla conquista di mez
zi e condizioni che consentano la libera
esplicazione delle potenzialità insite in quel La politica delle rivendicazioni
la differenza. Questo punto di partenza fa leva su quello che risulta giusto
viene fissato con chiarezza e forza dal grup secondo una realtà progettata
po di M ilano nel volume Non credere di e tenuta in piedi da altri
niera molto forte tra le stesse donne: <<Il disordine più grande - scrive infatti a
tale proposito l'autrice -, che mette in forse la possibilità stessa della libertà fem
minile, è l'ignoranza di un ordine simbolico della madre anche da parte delle
donne. Molte immaginano la madre esattamente come Aristotele e Platone,
duemila anni fa, l'hanno pitturata nelle loro cosmologie, alla stregua di una po
tenza informe e/o ottusa interprete del potere costituito>> (Ib . , p. 92).
La tematica della differenza sessuale, quindi, e della liberazione della
donna, per la Muraro deve affermarsi come costruzione di un ordine sim
bolico alternativo a quello esistente da millenni nella nostra società.
I temi della differenza sessuale, e i problemi teorici e pratici ad essa
connessi, vengono affrontati anche, per iniziativa della comunità di Diòti
ma, nel volume del 1987 Diotima. Il pensiero della differenza sessuale. Nel
saggio La differenza sessuale: da scoprire e da produrre, scritto da un gruppo
interdisciplinare che comprende anche la Muraro, è preso di mira soprat
tutto il sapere filosofico-scientifico, di matrice essenzialmente maschilista,
responsabile di avere cancellato il significato della differenza sessuale; in ma-
niera diversa si comportano invece le anti
Sapere la differenza sessuale da parte che religioni e mitologie: <<L'ottusità verso la
del soggetto cne fa scienza vuoi dire potenza simbolica della differenza sessuale si
liberare il rapporto di conoscenza riscontra soprattutto nel sapere filosofico
dalla forma del dominio scientifico e non ha l'uguale in altri ambiti
culturali come le mitologie, le religioni
(escludendone la teologia) o le arti. Questo fatto indica che il dominio ses
sista di per sé non ha impedito ogni espressione simbolica della differenza ses
suale; l'elaborazione manca soprattutto dove il pensiero umano si applica
alla dimostrazione del vero» (La Tartaruga Edizioni, Milano, 1 987, p. 10).
Il discorso viene proseguito con un'analisi critica di tesi di Hegel e
di Freud, con la sottolineatura che in alcune scrittrici del Novecento la
differenza è stata manifestata, ma <<piuttosto nella forma di una passione» ,
cioè d i qualcosa d i <<patito» che <<capita>> a qualcuno. Dopo l'analisi del
le discussioni interne alla scuola psicoanalitica le autrici puntano alla
costruzione di un sapere non più falsamente neutro e sostanzialmente
maschile, bensì chiaramente <<sessuato» nel senso della consapevolezza del
la differenza sessuale: <<Sapere la differenza sessuale da parte del soggetto
che fa scienza vuoi dire dunque sapersi come soggetto sessuato e liberare
il rapporto di conoscenza dalla forma del dominio» (Ib., p. 24 ). La parte fi-
se, non so), ma richiede piuttosto una sospensione di fiducia, un diffidare del
pensiero, nei confronti dell'intiero castello concettuale della logica dell'u
no>> (Ib., p. 78).
Il pensiero della differenza, in questi ultimi anni, ha messo forti radici,
e una serie di scritti, non solo delle due autrici qui maggiormente considera
te sembrano aver avviato la costruzione di quel linguaggio della differenza,
di quella logica duale, di quella genealogia al femminile connessa all'ordi
ne simbolico della madre, che costituiscono gli obiettivi teorici principali di
buona parte del movimento delle donne in Italia.
XXX • IL PENSIERO DELLE DONNE SULLE DONNE
1 37
N OTA B I BL I O G R A F I C A
Una storia generale e molto accurata del pensiero delle donne, dalla fine del Sette
cento in poi, è stata pubblicata nel 1988 presso Routledge, New York-London, A.
NYE, Feminist Theary and the Philosophies of Man. Alcune indispensabili raccolte di
testi, presentate con accurate ricostruzioni per le singole aree, sono: French Femi
nist Thought. A Reader, a cura di T. Moi, Blackwell, Oxford 1987; British Feminist
Thought. A Reader, a cura di T. Lovell, Blackwell, Oxford 1990; Italian Feminist
Thought. A Reader, a cura di P. Bono e S. Kemp, Blackwell, Oxford 1991 (quest'ul
timo con una preziosa cronologia dei fatti, dei gruppi, delle riviste, con schede su cia
scuna, e con una ricchissima bibliografia); American Feminist Thought. A Reader, a
cura di L. Kaufmann, Blackwell, Oxford 1992.
Si vedano inoltre i seguenti testi, sulle diverse aree culturali e sulle diverse proble
matiche relative al pensiero delle donne: Feminist Epistemologics, a cura di
L. Alcoff, E. Potter, Routledge, London 1 993; M. BARRETT, Women's Oppres
sion Today: Problems in Marxist Feminism, Villiers Publications, London 1980;
C. Du BOIS, Feminism and Suffrage, Cornell University Press, lthaca N.Y. 1 978;
R. BRIFFAULT, The Mothers, Athenaeum, New York 1 977; M. ]. BUHLE, Women
and American Socialism, University of Illinois Press, Urbana 1 98 1 ; N. CHODO
ROW, The Reproduction ofMothering, Penguin Books, Harmondsworth 1969; New
French Feminisms, a cura di l. Courtivron e E. Marks, University of Massachusetts
Press, Amherst 1980; C. DELPHY, Close to Home : a Materialist Analysis of Wome
n's Oppression, Hutchinson, London 1984; Z. EISENSTEIN, Capitalist Patriarchy and
the Case far a Socialist Feminism, Monthly Review Press, New York 1979; I D .,
The Radica! Future ofLiberal Feminism, Longman, New York 198 1 ; E. FIGES, Pa
triarchal Attitudes, Faber and Faber, London 1 970; S. FIRESTONE, The Dialectic of
Sex, Bantam Books, New York 197 1 ; A . FOREMAN, Feminity and Alienation:
Women and the Family in Marxism and Psychoanalysis, Pluto Press, London 1 977;
Ethics: A Feminist Reader, a cura di E. Frazer, J . Hornsby, S. Lovibond, Black
well, Oxford 1992; Theories of Women's Studies, a cura di G. Bowles e R. Duelli
Klein, Routledge, London-New York 1983; M. GATENS, Feminism and Philosophy,
Polity Press, Oxford 199 1 ; ]. GALLOP, Feminism and Psychoanalysis: The Daugh
ter's Seduction, Macmillan, London 1982; C. G!LLIGAN, In a Different Voice: Psycho
logical Theory and Women's Development, Harvard University Press, Cambridge,
Mass. 1982; S. GRIFFIN, Pomography and Silence: Culture's Revenge against Natu
re, Harper and Row, New York 198 1 ; Feminist Perspectives in Philosophy, a cura
di M. Griffiths, A. Whitford, Macmillan, London 1988; N. HARTSOCK, Money,
Sex and Power, Longman, New York, 1983; Language and Sex: Difference and Do
minance, a cura di N. Henley e B. Thorne, Newbury House, Rowlwy 1975; A. ]AG
GAR, Feminist Politics and Human Nature, Rowman and Allanheld, Totowa, N.J.
1983; S. KR I EGER, The Mirror Dance: Identity in a Women's Community, Tempie
University Press, Philadelphia 1983; Feminism and Materialism, a cura di A. Kuhn
e A. Wolpe, Routledge, London 1978; W. KYMLICKA, Contemporary Politica!
Philosophy. An Introduction, Claredon Press, Oxford 1 990, contiene un utilissi
mo capitolo sul dibattito politico in ambito femminista; M. MARUANI, Les Syndi
cats à l'épreuve du féminisme, Syros, Paris 1979; W. O N EILL, The Woman's Move-
'
LA FILOSOFIA C O N T E M PO RAN EA
1 38
ment: Feminism in the United States and England, Allen and Unwin, London 1969;
R. REICHE, Sexuality and Class Relations, New Left Books, New York 1974; S. Row
BOTHAM, Women, Resistance and Revolution, Penguin, Harmondsworth 1972; Wo
men and Revolution: A Discussion of the Unhappy Marriage of Marxism and Femi
nism, a cura di L. Sargent, South End Press, Boston 198 1 ; Pleasure and Danger: Ex
ploring Female Sexuality, a cura di C. Vance, Routledge, London 1984.
Platon à Derrida, antologia critica a cura di E Collin, E. Pisier ed E. Varikas, Plon, Pa
ris 200 1 ; M. ANDREANI, Pensiero delle donne in filosofia. Il caso italiano, in Gli studi del
le donne in Italia. Una guida critica, a cura di P. Di Cori e D. Barazzetti, Carocci, Ro
ma, 200 1 , pp. 259-276; W. TOMMASI, I filosofi e le donne. La differenza sessuale nella
storia della filosofia, Tre Lune, Mantova 200 1 ; A. CAVARERO-F. RESTAINO, Le filo
sofie femministe : due secoli di battaglie teoriche e pratiche, B. Mondadori, Milano
2002; G. MÉNAGE, Storia delle donne filosofe, pref. di C. Zamboni, Ombre corte,Ve
rona 2005 (ed. orig., Historia mulierum philosopharum, Lugduni, 1690).
I l femminismo cristiano
e la filosofia radicale
post� cristiana
di Giovanni Fornero
Decisiva per la stesura del suo testo "La Chiesa e il secondo sesso" fu l'esperienza l
di Mary Daly a Friburgo, •città medievale che pareva uscita da un libro di storia•.
(Abbazia di Hauterive, Friburgo, Svizzera)
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O R A N E A
142
esita a classificare come <<il maschio più sciovinista di tutti i tempi>> (Al di là
di Dio Padre, cit., p. 9). Fra i passi incriminati, che Paolo presenta invece co
me espressione della volontà divina (<<Io [... ] ho ricevuto dal Signore quello
cha a mia volta vi ho trasmesso») vi sono soprattutto l Cor. 1 1 ,7 sgg.: <<L'uo
mo non deve coprirsi il capo poiché egli è immagine e gloria di Dio; la don
na invece è gloria dell'uomo. E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la
donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uo
mo»; Ef. 5,22-24: <<Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore: il ma
rito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa [...] E
come la Chiesa sia sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai
loro mariti in tutto» ; l Tim. l l -15: <<La donna impari in silenzio, con tutta sot
tomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare né dettar legge all'uo
mo, piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo perché prima è stato for
mato Adamo e poi Eva»; Cor. 14,34-35: <<Come in tutte le comunità dei fede
li, le donne nelle assemblee tacciano perché non è permesso loro di parlare;
stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qual
che cosa, interroghino a casa i loro mariti».
Se dalla Scrittura si passa alle opere dei Padri della Chiesa il quadro sem
bra ancor più desolante. Le caratteristiche femminili sottolineate dai vari Ge
rolamo, Ambrogio, Crisostomo, Clemente, Cirillo, Gregorio Magno ecc. sa
rebbero soprattutto la superficialità e l'incostanza, la loquacità e la debolezza, la
durezza del comprendonio e l'instabilità mentale (cfr. M. DALY, La Chiesa e il
secondo sesso, cit., p. 44 sgg.). Fra i numerosi passi messi sotto accusa spicca la
nota invettiva di Tertulliano: <<non sai che sei Eva? [.. ] Tu sei la porta del dia
.
volo, [...] tu sei colei che per prima ha violato la legge divina (tu es divinae legis
prima desertrix); tu sei colei che ha persuaso colui che il diavolo non fu capace
di attaccare; con quanta facilità hai fatto cadere l'uomo, l'immagine di Dio; per
la pena da te meritata, cioè la morte, perfino il figlio di Dio dovette morire>> (De
cultu foeminarum, I, l ML 1 , 1 30). Particolarmente bersagliato è anche Ago
stino, il quale, oltre a ripetere che l'ordine delle cose prevede una sottomissio
ne della donna all'uomo, si dichiara incapace di trovare una ragion d'essere del
l'esistenza della donna <<Se si toglie la causa del partorire (si pariendi causa sub
trahitur) >> (De Genesi ad litteram IX, cap. 5). Infatti, Adamo avrebbe potuto
essere aiutato meglio nel suo lavoro da un altro uomo e, in ogni caso, due
amici sono più atti a vivere insieme che l'uomo e la donna. Ancora più cruda
la prospettiva di Clemente d'Alessandria, secondo cui per la donna è già suffi
ciente <<motivo di vergogna il pensiero stesso di chi essa sia (quaenam sit)>> (Paed.
II, 2). Infatti, al di fuori della funzione procreativa e della possibilità di parte
cipare alla grazia - nel qual caso essa è però spirito e uomo perfetto (vir) - la don
na, per i Patres è solo una foemina, ovvero un essere nel quale si sintetizzano le
tentazioni della terra, del sesso e del demonio; <<Nella mentalità dei Padri, don
na e sessualità si identificavano, e quindi l'orrore da loro provato per il sesso
diventava orrore per la donna. Nulla fa pensare che si rendessero conto dei mec
canismi di proiezione che entravano in gioco nel loro atteggiamento misogino:
il senso di colpa maschile per il sesso, per un'ipersensibilità agli stimoli sessua
li, veniva così trasferito all"'Altra", alla donna, al sesso "colpevole"» (M. DALY,
La Chiesa e il secondo sesso, ci t., p. 4 7). Cer-
to, si ammette, i Padri glorificavano spesso Non sai che sei Eva?
Maria, «che però restava un caso unico, men Tu sei la porta del diavolo.
tre le donne concrete non venivano con ciò tu sei colei che per prima ha violato
la legge divina
liberate dalla cattiva reputazione [... ]. Per cui
il tipo di polemica che cerca di coprire l'an-
tifemminismo dei Padri citando gli elogi da loro fatti a Maria dimentica che ciò
non li indusse per nulla a mitigare la loro dottrina a proposito delle donne in
carne ed ossa; anzi si hanno buone ragioni per sospettare che tale compensazio
ne sia servita, a livello inconscio, a scaricare possibili sensi di colpa per le ingiu
stizie perpetrate a danno dell'altro sesso» (Ib . ).
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
I 48
La Daly cita Alberto Magno, ricordando come egli affermasse: «L'uomo si deve l
guardare da ogni donna come da un serpente velenoso e da un demonio cornuto».
(Johann Heinrich Fussli, "Satana chiama a sé Belzebù",
Kunsthaus Zurich, Zurigo, 1 802)
LA F I L O S O F IA C O N T E M P O RA N EA
1 50
Gli attacchi femministi sono apparsi così gravi da generare una serie di
<<strategie di difesa>> della Bibbia. Ad esempio, per quanto concerne il pia
no metodologico, si sono accusate le femministe di riportare documenti
unilaterali e di soffermarsi su dichiarazioni frammentarie, senza collocare i te
sti nel loro contesto, ovvero nel tutto cui appartengono (accuse che le fem-
Una delle questioni più importanti sollevate dal femminismo riguarda la Bibbia l
e il suo contenuto misogino e oppressivo.
(Joseph Assarfati, miniatura della Bibbia tratta da un manoscritto ebraico,
Biblioteca Nacional, Lisbona, 1 929)
LA FI LOSOFIA C O N T E M PO RAN EA
1 54
Dal punto di vista delle femministe, i testi di San Paolo sono apertamente maschilisti; l
la nuova ermeneutica dubita che egli sia l'autore dei passi presi in considerazione.
(Rembrandt, "Autoritratto come Paolo apostolo", Rijksmuseum, Amsterdam, 1661)
LA FI LOSO FIA CONTEM P O RAN EA
1 56
1 1 9 1 . La teologia femminista
La teologia femminista (feminist theology) si è sviluppata dapprima negli
Stati Uniti, in Germania e nel Nordeuropa. La sua fase di formazione risale
agli anni 1968-197 5, cioè allo stesso periodo di tempo in cui sono venute al
la ribalta la teologia della liberazione e la teologia nera (cfr. cap. VII).
Scaturita dal presupposto secondo cui << la teologia degli oppressi non
può e non dev'essere la stessa teologia degli oppressori» (Rosemary Rue
ther) , la teologia femminista implica, alla propria base, una serrata po
lemica contro ogni tipo di teologia fatta dai maschi e dall'ottica dei ma
schi. In altri termini, la teologia femminista sottintende il rifiuto di una
teologia androcentrica e sessista che avrebbe ignorato, attraverso i seco
li, il punto di vista dell' «altra metà>> dell'umanità e della Chiesa. Infat-
ti, contro una teologia degenerata in ido
La teologia femminista rivendica, latria e contro l'idea dei maschi come uni
per le donne, la funzione di nuovo soggetto co soggetto normativa di scienza - ovve
epistemologico idoneo a rappresentare ro contro il monopolio maschile della teo
l'altra faccia della medaglia teologica logia - la teologia femminista rivendica,
per le donne, la funzione di nuovo sogget
to epistemologico idoneo a rappresentare «l'altra faccia della medaglia teo
logica» . Per questi suoi caratteri, la teologia femminista non va confusa
con una delle cosidette « teologie del genitivo » ( teologia delle realtà
terrestri, teologia del lavoro ecc.) ossia con la cosiddetta <<teologia della
donna». Come scrive Gibellini, che nel nostro Paese ha contribuito più
di ogni altro a far conoscere la problematica delle teologie femministe,
mentre <<la teologia della donna era una ridente aiuola di orchidee, che
ben educati teologi celibi coltivavano a loro diletto nel bosco delle di
scipline teologiche, la teologia femminista è la teologia di donne e cristia
ne che osano "il viaggio verso la libertà"; essa non vuole essere unilate
rale, bensl reagire con efficacia alla unilateralità della dominante teolo
gia e pratica ecclesiale e si presenta come un "contributo alla dimensio
ne incompiuta della teologia", in vista di un'autentica "teologia dell'in
tegralità"» ( Whole Theology) (La teologia del XX secolo, ci t . , p. 45 1 ) .
Questo spiega perché anche quelle teologhe che continuano ad usare
l'espressione <<teologia del genitivo» avvertono che la teologia femmi
nista è innanzitutto una teologia del genitivo soggettivo, cioè una teologia
costruita da <<donne in rivolta» , divenute finalmente <<soggetto della
propria esperienza di fede, della sua formulazione e della relativa riflessio
ne» (C. HALKES, Primo bilancio della teologia femminista, in AA. Vv., La sfi
da del femminismo alla teologia, Queriniana, Brescia 1 980, p. 1 66 ) . Solo
XXXI • I L F E M M I N I S M O C R I S T I A N O E LA F I L O S O F I A R A D I C A L E
1 57
che parlano delle donne, abbiano preferito considerare l a Bibbia nel suo
complesso, per scoprirvi una prospettiva teologica capace di offrire una cri
tica di principio del patriarcato. Ad esempio, secondo la Ruether, <<quel
lo che nella Bibbia è tradizione utilizzabile per il femminismo non sono
alcune singole tesi sulla liberazione delle donne, ma piuttosto lo schema
critico del pensiero profetico>> (A Religion for Woman: Sources and Stra
tegies, in «Christianity and Crisis>> , 39, 1 979, pp. 307- 1 1 , p. 3 1 0 ) . In
altri termini, contenendo in se stessa un principio profetico-messiani
co che lascia intravvedere, al di là degli orrori del presente, una futura
situazione di giustizia, la Bibbia tenderebbe a destabilizzare tutte le
idee e i sistemi sociali che giustificano l'oppressione, palesando un'istan
za critico-rivoluzionaria destinata a travolgere le sue stesse affermazio
ni letterali (Io., Sexism and God-Talk: toward a feminist theology, Beacon
Press, Boston 1 983 , p. 2 3 ) .
Affine a quella della Ruether è l a posizione della Russell, che distin
guendo fra Scrittura e scritto, fra la Tradizione, intesa come l'effetto reden
tore e liberatore di Dio in Gesù Cristo, e la tradizione come fatto storica
mente e culturalmente condizionato (cfr. Teologia femminista, ci t., p. 89)
ritiene di poter individuare, nella Bibbia, un'essenza emancipatrice, ovve
ro «una tradizione critica liberante, incorporata nel suo messaggio "pro
fetico-messianico" di continua autocritica>>
( L' autorità e la sfida dell'interpre tazione Quello che nella Bibbia
femminista, in AA. Vv., Interpretazione fem è tradizione utilizzabile
minista della Bibbia, cit., p. 197). Non mol per il femminismo è lo schema critico
to diversa è l'opzione di Phyllis Trible, la del pensiero p rofetico
La Oaly intraprende una serrata polemica contro il più importante tra i simboli maschili l
caratterizzanti il cristianesimo: la figura di Dio Padre onnipotente.
(Bonifacio Bembo, "Incoronazione di Cristo e Maria ",
Museo Civico Ala Ponzone, Cremona, XV sec.)
LA F I LO S O FIA C O N T E M PORANEA
166
ni, e gli elementi. Essa comprende anche nostra sorella luna, i l sole e i suoi
pianeti, e le stelle più lontane delle più lontane galassie. Poiché esse, in quan
to sono, sono nostre sorelle nella comunità dell'essere» (Ib., pp. 213-14) .
«sorelle» al moto vorticoso della creazione: <<Colei che ha scelto il proprio Sé,
che definisce il proprio Sé, per propria scelta e non in relazione ai figli o all'uo
mo, e si dà la propria identità, è una spinster, una turbinante derviscia che
fila/volteggia in un tempo/spazio nuovo>> (Gyn/Ecology, Beacon Press, Bo
ston 1978, p. 3; cfr. N. MORTON, Dio/Dea - imTTillgine diletta, inAA. Vv., La sfi-
l
XXXI • I L F E M M I N I S M O C R I S T I A N O E LA F I L O S O F I A R A D I C A L E
1 69
da del femminismo alla teologia, cit., pp. 65-66). Sul tema del linguaggio e dei
poteri trasmutatori delle parole, intese come <<metafore di metaessere>> , ri
torna anche Pure Lust: Elementnl Feminist Philosophy ( 1 984), che teorizza il
recupero, da parte delle donne, delle «Forze biofile Elementali>>, all'insegna di
un rinnovato e gioioso dispiegamento della loro potenza spirituale, sensoria
le ed emozionale. Sulla stessa linea si muove la sintesi filosofico-autobiogra
fica Outercourse. The Be-DazzUng Voyage ( 1993 ).
Oltre che nella filosofia radicale della Daly, il femminismo religioso
postcristiano si incarna in numerose correnti e tendenze, sulle quali non
è possibile soffermarsi in questa sede. Uno dei motivi comuni dello sfaccet
tato panorama della Feminist Spirituality è la cosiddetta « religione della
Dea>> ( Goddes Religion) . Rifacendosi ai lavori di 1.1. Bachofen (Il diritto ma
terno, 1 86 1 ) , L.H. Morgan (La società antica, 1 87 7 ) , R. Briffault (Le Madri,
1 92 7 ) , 1. Harrison ( Prolegomeni allo s tudio della religione greca, 1 903 ) ,
ecc., che avevano avanzato l'ipostesi di una ginocrazia come stadio ante
riore alla androcrazia - e come forma di società egualitaria anziché gerar
chica - alcune studiose femministe hanno ripreso la teoria di un matriar
cato universale originario. Per cui, se Simone de Beauvoir aveva scritto Le
deuxième sexe ( 1949) , due decenni dopo Elisabeth Gould-Davis scriveva
The First Sex ( 1 97 1 ) , evidenziando, in modo polemico, come il secondo
sesso fosse in realtà, dal punto di vista storico, il primo sesso. Tuttavia, sul
la validità scientifica dell'ipotesi matriarcale non tutte le femministe so
no d'accordo. Ampi consensi riscuote invece la teoria di una divinità fem
minile originaria. Merlin Stone, in When
God Was a Woman ( 1 976), parla ad esem Il simbolo della Dea
pio di un antico culto della Dea soprav serve a risvegliare la forza divina
vissuto sino all'età classica e poi definitiva all'interno delle donne
mente soppresso dagli imperatori cristiani,
ai quali risale la chiusura, verso il 500 d.C., degli ultimi templi della Dea
(cfr. R. GIBELLINI, op. cit . , p. 458 sgg. ) . Da ciò la ripresa femminista del
culto della Goddes, vista come simbolo o personificazione del nuovo po
tere delle donne. Infatti, come afferma ad esempio la psicanalista junghia
na Naomi Goldenberg, se il simbolo di Dio-Padre è servito a confermare
il potere dei maschi, il simbolo della Dea serve a risvegliare la forza divi
na all'interno delle donne (cfr. Changing of Gods . Feminism and the End
of Traditional Religions, Beacon Press, Boston, cap. VII, pp. 85- 1 14).
Connesso alla Goddes Religion, ma con una sua fisionomia autonoma,
è il movimento Wicca (espressione che discende dall'antica parola inglese
wiccian e allude all' «arte saggia della stregoneria>> ). La Wicca comprende una
serie di rituali volti a potenziare l'energia psico-fisica femminile e ad esorciz-
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
1 70
l
XXXI • I L F E M M I N I S M O C R I ST I A N O E L A F I LOSOFIA RAD I C A L E
171
N OTA B I BLIOGRAFICA
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sofia. Vol. IV, La filosofia contemporanea, tomo I, di G. FORNERO, UTET, Torino 1991,
capp. III e VII (con bibliografia). Sul femminismo religioso in particolare è ancora
arretrato il lavoro di ricerca e coordinazione del materiale bibliografico; cfr. intan
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Strasbourg 1975 e Women in Church - la Femme dans l'Église. Bibliographie intema
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feministischen Theologie, a cura di E. Giissmann, E. Moltmann-Wendel, H. Pissa
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loh 199 1 ; Per un aggiornamento progressivo cfr. il bollettino internazionale «Fem
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Kyung, Lang, Frankfurt-Oxford, 2004.
C A P I T O L O X XX I I
Jonas:
la responsabil ità
verso le generaz ioni future
di Giovanni Fornero
1 1 93 . Vita e opere
dire: "È il pensiero che pensa in lui". Tale esperienza aveva in sé qualcosa
di impressionante, sicché si può facilmente spiegare la fama segreta di Hei
degger molto prima che con il suo libro Essere e tempo si imponesse negli an
nali della filosofia>> (Scienza come esperienza personale . Autobiografia intellet
tuale, trad. it. Morcelliana, Brescia 1 922, p. 1 8 ) . Laureatosi a Marburgo,
Jonas consegue la libera docenza nel 1928. Sotto l'influsso di Bultmann, e
l'appoggio di Heidegger, intraprende lo studio dello gnosticismo, di cui di
viene uno dei massimi specialisti a livello mondiale. Ebreo di nascita, do
po l'avvento del nazismo emigra prima in Inghilterra e poi in Palestina, di
venendo lettore di filosofia nell'Università ebraica di Gerusalemme. Par
tecipa come volontario alla seconda guerra mondiale, militando nelle file
LA FILOSOFIA CONTEM PO RAN EA
1 76
della «Brigata Ebraica>> dell'esercito inglese. Dal 1 949 in poi insegna in di
verse Università americane, prima in Canada e poi a N ew York, dove
muore il 5 febbraio 1 993 .
Fra le sue opere ricordiamo: Augustin und das paulinische Freiheitsproblem.
Eine philosophische Studie zum pelagianischen Streit (Agostino e il problema
paolino della libertà. Uno studio filosofico sulla disputa pelagiana, 1 930),
Gnosis und spiitantiker Geist, l: Die mythologische Gnosis (Gnosi e spirito
tardo-antico, l. La gnosi mitologica, 1934), Gnosis und spiitantiker Geist, 11/1.
Von der Mithologie zur mystischen Philosophie (Gnosi e spirito tardo-antico,
Il/l. Dalla mitologia alla filosofia mistica, 1954 ), The Gnostic Religion (La re
ligione gnostica, 1958), Zwischen Nichts und Ewigkeit (Fra il nulla e l'eter
nità, 1 963 ) , The Phenomenon ofLife . Towards a Philosophical Biology (Il feno
meno della vita. Verso una biologia filosofica, 1966; ne esiste anche un'e
dizione tedesca, con alcune varianti, 1 973) Philosophical Essays . From An
cient Creed to Technological Man (Saggi filosofici. Dalla fede antica all'uo
mo tecnologico, 197 4), Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik far die
\ technologische Civilisation (Il principio responsabilità. Ricerca di un'etica per
la civiltà tecnologica, 1 979), Macht oder Ohnmacht der Subjektivitiit? Das Leib
Seele-Problem im Varfeld des Prinzips Verantwortung (Potenza o impotenza del-
dere aspetti del pensiero gnostico non prima avvertiti. Ed ero sempre più im
pressionato dall'aria di famiglia di ciò che appariva invece del tutto strano.
Sono propenso a credere, guardando indietro, che fu l'emozione per questa
affinità oscuramente sentita, che mi attirò per prima nel labirinto gnostico>>
(The Gnostic Religion, trad. it. Lo Gnosticismo 1 99 1 2, p. 335).
Secondo Jonas la cifra di fondo del discorso gnostico è quello della «vi
ta straniera>> , cioè del trovarsi gettati a vivere in un mondo nel quale ci
si sente <<estraniati, o <<non-a-casa>> (unheimlich) , sia perché costretti a
dimorare in un'abitazione <<Stretta>> e piena di mali, sia perché lontana dal
la trascendenza, cioè dalla nostra vera origine ( Gnosis und spiitantiker Geist,
I. Die mytologische Gnosis, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1 9643, p.
96 sgg. ) . Alle radici della speculazione gnostica e dell'insieme dei suoi
-1f fondamento metafisico è strano a dirsi, non era mai comparsa sul
del nicflilismo è il dualismo. mio cammino di studi. Fu appunto il nuo
ovvero la dissociazione fra uomo vo ambiente spirituale angloamericano
e mondo. natura e spirito
che contribuì a farmi sentire quella lacuna e
mi stimolò a cercare di colmarla>> (Scienza
come esperienza personale, cit., p. 22 ) . Infatti, ricorda ]onas, la linea dominan
te della filosofia tedesca era rappresentata dall'idealismo coscienzialista, il
quale, sia nella forma neokantiana che in quella fenomenologica o esi
stenzialista <<non mostrava altro che la punta dell'iceberg del nostro essere,
lasciando sommersa l'ampia base organica su cui poggia il miracolo della
mente>> (Dalla fede all'uomo tecnologico. Saggi filosofici, trad. it., Il Mulino, Bo
logna 1 99 1 , p. 29). Ad esempio Heidegger parlava dell'esserci come cura,
ma non diceva nulla del primo fondamento fisico che impone la cura, os
sia della nostra corporeità. Tant'è che Essere e tempo, il quale riduce la na
tura a ciò che è semplicemente a disposizione, sembrava non tener conto del
fatto che l'uomo deve innanzitutto mangiare, e che tale decreto del corpo
è altrettanto decisivo quanto la morte imprescindibilmente connessa. N ien
te da stupirsi, poste queste premesse, che nel panorama filosofico tedesco
le scienze naturali venissero trascurate e che la filosofia della natura non fos
se più da lungo tempo <<una disciplina filosofica degna di rispetto» (Scienza
come esperienza personale, cit., pp. 22-23 ) .
Questo desiderio di contrastare la prevenzione speculativa verso la
natura e di sbarazzarsi dell'errore millenario del dualismo mette capo, in
Jonas, ad una filosofia della realtà organica, ovvero ad una sorta di bio-
XXX I I • j O N AS : LA R E S PO N SA B I L I TÀ VERSO LE G E N ERAZ I O N I FUTU RE
181
Questo finale approdo alla filosofia pratica non è soltanto l'effetto con
seguente della filosofia dell'organismo, ma è anche il frutto, come riferi
sce lo stesso Jonas, di uno «schock>> provocato dalle potenzialità distrutti
ve della tecnica. In altri termini, ciò che ha spinto Jonas a passare dalla
ragione teoretica a quella pratica non sono soltanto (o principalmente )
ragioni intellettuali, ma anche (o soprattutto) ragioni umane dettate dal ti
more di un possibile disastro planetario concludentesi con un vero e pro
prio biocidio.
PRIMARIA È LA RESPONSABILITÀ
DELL'UOMO PER L'UOMO
Hans Jonas, Il principio responsabilità.
Un'etica per la civiltà tecnologica, IV, 3.
------ �------
biente circostante, che coincide ormai con l'intera biosfera del pianeta, sia
della futura sopravvivenza della specie. Da ciò l'improrogabile necessità di
passare da un'etica antropocentrica ad un'etica planetaria e da un'etica della
prossimità, ovvero dei contemporanei o dei loro discendenti immediati , ad
un'etica dei posteri.
Al posto del vecchio imperativo categorico kantiano subentra quindi il
nuovo imperativo dell'età tecnologica, che Jonas racchiude nella formula
seguente: «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano com
patibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla terra». Oppu
re, tradotto in negativo: «Agisci in modo che le conseguenze della tua
azione non distruggano la possibilità futura di tale vita>>. Oppure, sempli
cemente: «Non mettere in pericolo le condizioni della sopravvivenza in
definita dell'umanità sulla terra». O ancora, tradotto nuovamente in posi
tivo: <<Includi nella tua scelta attuale l'integrità futura dell'uomo come og
getto della tua volontà» (Ib., p. 16). Tutte formule che implicano a loro vol
ta il seguente monito prudenziale: <<non si deve mai fare dell'esistenza o
dell'essenza dell'uomo globalmente inteso una posta in gioco nelle scommes
se dell'agire» (lb., p. 4 7).
Il nuovo imperativo ordina, in sostanza, di sacrificarci per un'umanità
ipotetica che i nostri occhi non vedranno più. Ma come convincere le ge
nerazioni presenti a sacrificarsi per un'umanità futura che non ha voce
per parlarci, pur essendo evidentemente soggetta all'arbitrio del nostro
potere? In altri termini, quale diritto possono esercitare coloro che non
sono ancora su coloro che già ci sono? Jonas osserva che a proposito dei non
ancora nati non si può, a rigore, parlare di <<diritti» , poiché questi ultimi
riguardano solo esseri concreti che già ci sono e non esseri immaginari
che ancora non ci sono: <<La pretesa all'es-
sere inizia soltanto con l'essere», <<ll non esi Agisci in modo
stente [ ... ] non solleva nessuna pretesa e per che le conseguenze della tua azione
ciò non può neppure subire una violazione 11011 distruggano la possibilità
ca», anche una fede religiosa può fornire una base all'etica. Ma poiché essa
<<non è disponibile su ordinazione» , e non risulta possibile <<appellarsi alla
fe1e mancante o discreditata neppure con il fortissimo argomento della
necessità», siamo ancora una volta rimandati alla metafisica, la quale, essen
do una faccenda di ragione, <<si può incomodare a richiesta>> (Il principio re
sponsabilità, cit., p. 5 7 ) .
I l problema metafisica d i un possibile <<dover essere dell'essere>> (Sein
sollen), che sottintende quello dell'oggettività del valore, viene risolto da Jo
nas mediante una macchinosa serie di ragionamenti, i quali, ridotti al noc
ciolo, consistono nel dimostrare che in natura vi sono degli scopi in sé e
che la presenza di scopi, ovvero l'essere, è infinitamente superiore all'as
senza di scopi, cioè al non essere: <<Nella capacità di avere degli scopi in
generale possiamo scorgere un bene-in-sé, la cui infinita superiorità rispet
to a ogni assenza di scopo dell'essere è intuitivamente certa. Non sono si
curo se questo sia un enunciato analitico, oppure sintetico, ma in ogni ca
so non è possibile retrocedere davanti all'autoevidenza che esso possiede»
(I b., p. l 02 ), << In questo tendere verso lo scopo [. ] possiamo scorgere un'au
..
vedere il mondo per la prima volta Potrebbe darsi quindi che ciò che
e con occhi nuovi, non potrà mai intenzionalmente appare come un
rivivere lo stupore che secondo Pla dono filantropico della scienza al
tone costituisce l'inizio della filoso l' uomo , la realizzazione di un desi
fia , né la curiosità del bambino derio nutrito sin da tempi remoti -
che abbastanza di rado trapassa sfuggire cioè alla maledizione della
nell'ansia di sapere dell'adulto, fin mortalità - finisca per risolversi in
ché anche qui si affievolisce . danno per l'uomo. Non intendo
Questo cominciare-sempre-di perdermi qui in profezie e neppure
nuovo , conseguibile soltanto al in valutazioni , malgrado sia chia
prezzo del finire-sempre-di-nuovo , ra la mia opinione di partenza. La
può raffigurare bene la speranza mia tesi è semplicemente che già il
dell'umanità, la sua salvaguardia dono promesso solleva interrogati
dall'affondare nella noia e nella vi che non furono mai posti in pre
routine , la sua chance di conserva cedenza in termini di scelta concre
re la spontaneità della vita. ta; e che nessun principio dell'etica
Si deve considerare altresì il ruo tradizionale , per la quale erano ov
lo del memento mori nella vita del vie le costanti antropologiche , ap
singolo e quello che il suo affievo pare in grado di farvi frante . Eppu
limento in una distanza indefinita re bisogna affrontarli , sotto il pro
potrebbe comportare. Farse il limi filo etico e in base a principi, non
te improrogabile del tempo che ci sotto la pressione degli interessi.
dobbiamo attendere è necessario a Tratto da: Hans Jonas, Il principio
ognuno di noi come impulso a con responsabilità. U n'etica per la civiltà
tecnologica, a cura di Pier Paolo Portinaro,
tare i nostri giorni e a farli contare . Torino, Einaudi, 2002, pp. 24-26.
XXX I I • j O NAS : LA R E S P O N SAB I L ITÀ VERSO LE G E N E RAZ I O N I F U T U R E
I 95
lati <<dato che per essa non fa differenza che l'attacco provenga da "destra"
o da "sinistra"» (Ib., p. 237). Fra questi limiti, Jonas ricorda quelli legati al
l'incremento demografico, all'alimentazione, alle materie prime, all'energia
e al surriscaldamento ambientale. La seconda tappa consiste nel mostrare
le pecche interne del marxismo e si concretizza in un'ampia disamina dei suoi
ideali messianici più radicali, come ad es. il sogno blochiano di un <<para
diso del tempo libero>> (che si fonda sulla falsa ipotesi di un <<regno della li
bertà>> al di fuori di quello della necessità).
La terza tappa consiste nel demolire «lo Tutto è "'transizione"'
sfondo negativo del sogno>>, ovvero la dot alla luce del dopo, qualcosa
trina secondo cui la storia svoltasi sinora non è "'adempimento"' alla luce
del prima
avrebbe ancora portato alla luce l'uomo
autentico. Opponendosi all'antologia del
<<non-essere-ancora>> e alla riduzione dell'uomo del passato a semplice
concime di quello futuro, Jonas afferma che l'uomo <<autentico>> , pur nel
l'ambiguità della sua natura finita e dei termini estremi che la qualificano
- grandezza e miseria, felicità e tormento, innocenza e colpa - è già da sem
pre esistito: <<Perciò si dovrà abbandonare in particolare l'idea della "prei
storia", il cui scopo saremmo stati proprio noi, che da parte nostra siamo a
sua volta il mezzo per raggiungere il fine definitivo [...] ancor più impor
tante è rendersi conto che ogni presente dell'umanità costituisce un fine
in se stesso e lo è stato perciò in ogni epoca passata (Oppure, come Ranke
sostenne contro Hegel: ogni epoca storica sta "in rapporto diretto con Dio").
Tutto è "transizione" alla luce del dopo, qualcosa è "adempimento" alla lu
ce del prima, qualcosa anche fallimento, ma nulla è semplice pre-figurazio
ne dell'autenticità che deve ancora venire>> (Ib., p. 28 1 ).
Non meno pericolosa dell'utopia marxista è la promozione della dina
mica tecnologica mondiale all'insegna del profitto e del libero mercato.
Jonas critica entrambi i sistemi, di cui riconosce pregi e difetti, ed evita di
effettuare una scelta esplicita a favore di uno dei due <<giganti tecnologi
ci>>. Di conseguenza, sostenere, come si è fatto ancora di recente, che <<la sua
risposta era più favorevole al marxismo che non al capitalismo» e che egli
<<assegnava al marxismo una relativa superiorità>> significa forzare il suo ge
nuino pensiero in proposito: <<ambedue i sistemi hanno i loro pro e i loro con
tro, ed è così che non sono giunto [...] ad una posizione chiara. E, intanto [...]
per il semplice fatto di essere seriamente interessato a come una tale questio
ne [quella di un agire responsabile] si situi ali' interno dei sistemi socialisti,
alcuni miei critici hanno sostenuto che io avessi fatto un'opzione per il so
cialismo. Naturalmente, però, anche l'altra parte potrebbe dire che io ho op
tato per il capitalismo, dato che valuto le possibilità che un disastro per
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
1 96
Secondo Jonas non sarà la filosofia a salvare il mondo dalla catastrofe ecologica; l
essa però può servire a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale.
(L'effetto delle piogge acide nei pressi di Karlovy VaryJ
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
1 98
DIO HA RINUNCIATO
ALLA SUA POTENZA
Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica.
go quindi l'idea di un Dio che per rinunciato alla sua potenza. Già
un'epoca determinata - l'epoca in precedenza si è visto come la
del processo cosmico - ha abdi nostra discussione del concetto di
cato ad ogni potere di interven potenza implicasse l'esclusione
to nel corso fisico del mondo: un dell'idea di onnipotenza. Ma la
Dio che nell' urto con gli eventi nostra discussione lascia aperta
mondani rivolti contro di lui, non da un punto di vista teoretico -
ha reagito «con la mano forte e la scelta fra un iniziale dualismo ,
con il braccio teso» - come noi teologico o antologico , e una au
ebrei recitiamo ogni anno ricor tolimitazione originaria dell'unico
dando l'esodo dall' Egitto - bensì Dio mediante la creazione dal nul
continuando con muta perseve la. Il dualismo può trovare sbocco
ranza la realizzazione del suo nella concezione manichea di una
fine incompiuto. forza attiva del male operante ab
In questo punto la mia meditazio origine in ogni cosa contro la vo
ne si allontana nettamente dalla lontà di Dio: una teologia dei due
più antica dottrina dell'ebraismo. Dei ; può altresì risolversi nella
Molti dei tredici dogmi di Mai concezione platonica di una real
monide - cantati durante il servi tà passiva in condizione di incar
zio religioso - terminano con l'e nare la realtà ideale nel mondo
spressione «mano forte» : i dogmi in modo necessariamente imper
del dominio assoluto di Dio sul fetto: una antologia di materia e
creato, della ricompensa del buo forma. La prima opzione - in di
no e della punizione del malva rezione di una teologia dei due Dei
gio , il dogma stesso della attesa del - è inaccettabile per l'ebraismo .
Messia promesso. Non altrettanto L'opzione platonica, nel migliore
mi allontano dai dogmi della chia dei casi, è una risposta al proble
mata delle anime , dell'ispirazione ma della mancanza di perfezione
dei Profeti e della Legge , e nep e della necessità in natura - non
pure dell'idea di elezione , poiché alla questione del male e della
solo alla realtà fisica va riferita sua possibilità; infatti la presenza
l'impotenza di Dio. Ciò che non del male implica una libertà con
viene mai messo in discussione è autonomo potere di decisione an
l'unicità di Dio e quindi la preghie che nei confronti del proprio crea
ra «Ascolta Israele» ; nessun dua tore; e oggi i termini con cui deve
lismo manicheo viene addatto per misurarsi la teologia ebraica sono
spiegare la presenza del male mo l'esistenza e il successo del male
rale che proviene dal cuore dell'uo quale oggetto della volontà umana
mo e si afferma nel mondo. Con e non più le disgrazie e le tribola
cedendo all'uomo la libertà, Dio ha zioni che provengono dalla cieca
L A F I L O S O FI A C O N T E M P O RA N EA
200
l Auschwitz e Lisbona. L'autore evoca il terremoto di Lisbona del !755 che distrusse
l'intera città, provocando trentamila morti; e, come scrive Adorno - 4(fu sufficiente
per guarire Voltaire dalla teodicea leibniziana•.
Dio << con la mano forte e il braccio teso » ) . Dio non è intervenuto ad
impedire Auschwitz << non perché non lo volle, ma perché non fu in
condizione di farlo» (Ib., p. 3 5 ) . Infatti, concedendo all'uomo la libertà,
Dio ha rinunciato alla sua potenza (Ib., p. 3 5 ) . In altri termini, secondo
Jonas, l'impotenza di Dio, cioè la sua impossibilità di intervenire nella sto
ria del mondo, sarebbe il rovescio della medaglia della libertà riconosciu
ta all'uomo: <<La creazione fu l'atto di assoluta sovranità, con cui la Di
vinità ha consentito a non essere più, per lungo tempo, assoluta - una op
zione radicale a tutto vantaggio dell'esistenza di un essere finito capace di
autodeterminare se stesso - un atto infine dell'autoalienazione divina»
(Ib., p. 3 7 ) .
Come s i può notare, una risposta d i questo tipo contrasta con l a visio
ne biblica di un Dio provvidente e, in particolare, con l'idea ebraica di un
Dio Signore del mondo e della storia. E Jonas ne è programmaticamente con
sapevole, anche se la ritiene l'unica possibile per mettere d'accordo la <<bon
tà>> e la <<comprensibilità>> dell'Assoluto. Alla fine dell'opuscolo, egli rico
nosce tuttavia che ogni teodicea, cioè ogni tentativo - compreso il suo
di rispondere alle inquietanti domande di Giobbe è soltanto un <<balbet
tio>> (Ib., p. 38 ).
.
Le m1nacce all ' uomo e ali' ambiente
egl i u l t i m i seco l i , mentre è cont i n ua l'am bie nte , la q u estione è stata sol levata
N ta la violenza dell 'uomo s u l l 'uomo, ha con particolare vigore a partire dalla secon
preso avvio uno sfrutta mento devastante da metà del Novecento, sia in a m bito po
d e l l e risorse natura l i del pia neta. Pena d i l itico sia in q ue l l o c u lturale. U n contributo
morte, d i ssesti am bienta l i , guerre, torture, concett u a l e i m portante è stato fornito da
u rb a n i zzazione selvaggia , i n q u i n a mento, H a n s Jonas con il suo p r i n c i p i o del la re
effetto serra sono solo a l cu n i fra i più noti sponsabi lità, che costituisce un'etica adat
di q u esti fe n o m e n i . R e l a t i va m e n t e a l - ta a l l 'età tecnologica. La natu ra chiede d i
.
•·
..
..·
O C IE A N O
A TL A N TI C O
1000 2000 I N D I A N O
km
D D D
Paesi che l'hanno abolita Paesi che la applicano Zone minate o devastate Aree soggette a deforestazione
i n casi eccezionali
D D - �
Paesi che di fatto Paesi in cui è in vigore Direttrici di spostamento Aree soggette a piogge acide
non la applicano dei rifugiati nel mondo
essere tutelata d a l l ' i ntera u m a n ità , e lo svi
l u ppo tec n olog i co deve tenere in c o n s i
derazione le esigenze del l'am biente.
G reenpeace.
Due mezzi di Greenpeace, associazione
ecologista nata in Canada nel 1 97 1 ,
presente i n 2 5 nazioni e riconosciuta d a ONU
e Unione Europea.
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Amchitka
(USA)
O CEA N O
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A TL A N TI C O
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Johnston
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(USA!
P A C F c o
OlJ]
di morte i n tutti gli Stati federati.
N OTA B I BLIOGRAFICA
Opere principali di Jonas: Augustin und das paulinische Freiheitsproblem . Eine philoso
phische Studie zum pelagianischen Streit, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen
1 930, 1 965 2 ; Der Begriff der Gnosis, Hibert & Co., Gòttingen 1 930; Gnosis und
spatantiker Geist. I: Die mythologische Gnosis, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin
gen 1934, 19542 , 19643 ; Gnosis und spatantiker Geist. II: Von der Mythologie zur mysti
schen Philosophie, i vi 1 954, 19662 ; The Gnostic Religion. The Message of the Alien
God and the Beginnings of Christianity, Beacon Press, Boston 1958, 19724; trad. it.
Lo gnosticismo, SEI, Torino 1958, 1991 2 ; Zwischen Nichts und Ewigkeit. Drei Aufsat
ze zur Lehre vom Menschen, Vandenhoeck & Ruprecht, Gòttingen 1963; trad. it. Tra
il nulla e l'eternità, Gallio, Ferrara 1992; The Phenomenon of Life . Towards a Philoso
phical Biology, Harper & Row, New York 1 966; Chicago University Press, Chicago
19742 [ed. tedesca con varianti Organismus und Freiheit. Ansatze zu einer philosophi
schen Biologie, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1973; in questa è contenuto
il testo Grtosis, Existentialismus und Nihilismus in trad. it. come Epilogo di Lo gnosti
cismo, cit.]; Wandel und Bestand. Vom Grunde der Verstehbarkeit des Geschichtlichen
in Wissenschaft und Gegenwart, Klostermann, Frankfurt 1970; Philosophical Essays .
From Ancient Creed to Technological Man, Chicago University Press, Chicago 197 4;
trad. it. Dalla fede antica all'uomo tecnologico. Saggi filosofici, Il Mulino, Bologna 1 99 1 ;
A Retrospective View, i n A A . Vv. , Proceedings of the International Colloquium on
Gnosticism (Stockholm, August 20-25 , 1 973 ), a cura di G. Widengren, Almqvist &
Wiksell, Stockholm-Leiden 1977, pp. 1 - 15; Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer
Ethik fiir die technologische Civilisation, lnsel, Frankfurt 1979; trad. i t. Il principio re
sponsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990 [ed. inglese con
varianti The Imperative Responsability. In Search of an Ethics for the Technological
Age, Chicago University Press, Chicago 1984); On Faith, Reason, and Responsability:
Six Essays, Harper & Row, New York 1978; Macht oder Ohnmacht der Subjektivitat?
Das Leib-Seele-Problem im Vorfeld des Prinzips Verantwortung, Klostermann, Frankfurt
1981; Was fiir morgen lebenswichtig ist. Unentdeckte Zukunftswerte, Herder, Basel-Wien
1 983; Der Gottesbegriff nach Auschwitz. Eine jiidische Stimme, in H. J. - F. STERN ,
Reflexionen finsterer Zeit, Mohr, Tubingen 1984, come vol. a parte Suhrkamp, Frank
furt 1987; trad. it. Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, il melangolo,
Genova 1990; Technik, Medizin und Ethik. Zur Praxis des Prinzips Verantwortung,
Insel, Frankfurt 1985, 1987 2 ; trad. it. parz. Il diritto di morire, il melangolo, Genova
1 99 1 ; Wissenschaft als personliches Erlebnis, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen
1987; trad. it. Scienza come esperienza personale, Morcelliana, Brescia 1992; Mate
rie , Geist und Schopfung. Kosmologischer Befund und kosmogonische Vermutung,
Suhrkamp, Frankfurt 1988; Erkenntnis und Verantwortung, Lamuv, Gottingen 1991
[si tratta del testo di una conversazione); De la gnose au Principe de responsabilité.
Un entretien avec H. ]., a cura di J. Greisch - E. Gillen, <<Esprit», 199 1 , pp. 5-2 1 .
goritmo>> deriva dal nome del matematico arabo Al KhuwarizmL Nel linguag
gio informatico allude alla serie di istruzioni o di strategie che servono a ri
solvere un problema e che risultano formalizzabili in un programma).
Il computer odierno si presenta come l'erede diretto di tali congegni e
come l'incarnazione vivente delle <<macchine pensanti», ovvero come lo
strumento di elezione per riprodurre attività mentali simili a quelle del
l'uomo (cfr. J. BERNSTEIN, Science Observed, 1978, Experiencing Science, 1 982,
trad. it. parz., Uomini e macchine intelligenti, Adelphi, M ilano 1 990, capp. II
e III). E questo anche perché il computer elettronico digitale - prospettato
nella forma della macchina astratta di Turing e realizzato secondo lo sche
ma sequenziale di von Neumann - ha cessato di fungere da semplice cal
colatore ad alta velocità per divenire un manipolatore di simboli (§ 1 1 99),
ovvero un dispositivo capace di effettuare le più disparate operazioni <<intel
ligenti>> . Anzi, il computer, inteso come macchina logico-deduttiva capa
ce di trattare informazioni in modo simbolico-computazionale ha finito
per essere innalzato a <<metafora della mente>> , ossia a realtà in grado di
fornirci un modello generale di come funziona il nostro cervello e di farci ca
pire come i vari aspetti del nostro pensiero, inclusi quelli più complessi e fles
sibili, possano venir considerati come <<descrizione ad alto livello di un siste
ma che, a basso livello, è governato da regole semplici, addirittura forma
li>> (D. R. HOFSTADTER, Gode!, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante,
1 979, trad. it., Adelphi, Milano 1 984, p. 604).
Nella messa a punto dei calcolatori l'lA ha conseguito successi note
voli. Basti pensare, per limitarci ad un solo esempio, alle strategie euristiche
volte ad aggirare il cosiddetto fenomeno della esplosione combinatoria, cioè
chine pensanti>> e con la sua teoria del computer come <<metafora della
mente» , l'lA ha oggettivamente rappresentato una sfida per la filosofia:
<< Pochi sviluppi scientifici hanno interessato e diviso i filosofi quanto la
nascita dell'Intelligenza Artificiale [ . . .] . L'idea che dei frammenti indi
scutibilmente inanimati di silicio e di rame possano essere paragonati a
delle persone per quanto riguarda la loro abilità a risolvere problemi, ri
spondere a domande e ad attenersi a un comportamento intelligente
sembra aver seminato il panico fra i ranghi dei filosofi. È singolare che
diversi secoli di indagine scientifica sul cervello umano non siano riusci
ti a catturare l'interesse dei filosofi (escludendo, naturalmente, poche
notevoli eccezioni), mentre pochi decenni di ricerca sulla possibilità di co
struire macchine pensanti abbiano provocato un vero e proprio uragano
filosofico» (C. BLAKEMORE, Per una teoria meccanicistica della mente e del
la percezione, in AA Vv. , Mente umana mente artificiale, a cura di R. Via
.
Secondo i filosofi, l'intelligenza artificiale delle macchine non è vera e propria intelligenza, l
in quanto a esse mancano la coscienza di essere-nel-mondo e un rapporto concreto
con l'ambiente circostante, caratteristiche tipiche dell'essere umano.
(Edward Hopper, "Eieven a.m. ", Hirshhorn Museum and Sculpture Garden,
Smithsonian lnstitution, Washington, 1 926)
LA F I L O S O FIA C O N T E M P O RA N E A
218
prio per evidenziare che quello che conta nella scelta di un modello da adotta
re, sia antropomorfico sia non antropomorfico, è solamente l'efficienza dei risul
tati ottenuti, e cioè la validità e la competitività delle prestazioni offerte dai si
stemi artificiali nei confronti di quelle parallele offerte dall'intelligenza uma
na>> (M. SoMALVICO, Emula non simula, in AA. Vv., Aspettando Robot, cit., p.
1 77). Tuttavia poiché questa distinzione non viene fatta - o non viene accet
tata - da tutti non dobbiamo stupirei che l'lA continui a muoversi all'interno di
una ambiguità di fondo, la quale fa sì che non si capisca mai bene <<se si voglio
no soltanto costruire macchine utili oppure si vuole riprodurre l'intelligenza uma
na>> (D. PARISI, op. cit., p. 254 ). Detto altrimenti, non bisogna dimenticare
che <<All'interno della Comunità dell'lA convivono e interagiscono progetti di
versi, e aspetti simulati vi ed emulativi possono coesistere addirittura nello
stesso sistema>> (D. MARCONI, Intelligenza artificiale, in AA. Vv., Enciclopedia Gar
zanti di filosofia, Garzanti, Milano 1993, nuova ed. riveduta, p. 55 1 ). Un punto
sembra invece ormai definitivamente assodato fra gli studiosi, anche fra quelli
più attaccati al simulazionismo, ossia che il compito della lA, per dirla con
Putnam, è, al massimo, quello di simulare - in senso lato - l'intelligenza, non
di duplicarla: «The notional task of artificial intelligence is to simulate intelli
gence, not to duplicate it>> (Renewing Philosophy, Harvard University Press, Cam
bridge, Mass., 1992, p. 1 1 ).
Ben lontana dal ridursi ad una sorta di autodifesa psicologica e ideologi
ca della superiorità intellettuale della specie umana o ad un maldestro tenta
tivo di decretare a priori l'impossibilità delle macchine pensanti, la riflessione
filosofica sull'lA è comunque servita ad agevolare il passaggio, tuttora in atto,
da una lA di tipo <<forte>> ad una lA di tipo <<debole>> (avvisiamo il lettore che
XXX I I I • I NT E L L I G E NZA ARTI FICIALE E FI LOSOFIA
2 19
Nel resto del suo articolo, Turing passa in rassegna una serie di obie
zioni alla tesi secondo cui le macchine possono pensare. Obiezioni che
vanno da quella teologica ( <<Il pensare è una funzione dell'anima immortale
dell'uomo. Dio ha dato un'anima immortale ad ogni uomo e donna, ma
non agli altri animali o alle macchine. Perciò nessun animale o macchina
può pensare>> ) a quella della <<testa nella sabbia>> ( <<Le conseguenze delle mac
chine pensanti sarebbero terribili; speriamo che esse non possano esistere>> ) ;
d a quella matematica (che fa leva sul teorema di Godel , cioè sul fatto che
in ogni linguaggio logicamente organizzato esistono enunciati che non
possono essere né provati né confutati nell'ambito del linguaggio stesso, con
la differenza che mentre l'uomo può rintracciare un nuovo linguaggio in
cui sia possibile la prova o la confutazione di quegli enunciati, la macchina
non può farlo, e quindi davanti a domande che rimandino a enunciati di quel
tipo, o non risponde o da risposte sbagliate) a quella dell'autocoscienza
{ <<Fino a quando una macchina non potrà scrivere un sonetto o comporre
un concerto in base a pensieri ed emozioni provate, e non per la giustap
posizione casuale di simboli, non potremo essere d'accordo sul fatto che
una macchina uguagli il cervello: cioè, che non solo scriva, ma sappia di aver
scritto>> ); da quella delle incapacità varie (che puntano sulla presunta non ido
neità da parte della macchina, a fare X, ad
es. <<Essere gentile, pieno di risorse, bello, La Macchina Analitica non ha
cordiale, avere iniziativa, avere senso dello la pretesa di creare alcunché.
humour, distinguere il bene dal male, com Può fare qualsiasi cosa
mettere errori, innamorarsi, gustare le frago siamo in grado di ordinarie di fare
l'identificazione esatta dopo 5 minuti di interrogazione [...] alla fine del se
colo l'uso delle parole e l'opinione corrente si saranno talmente mutate
che chiunque potrà parlare di macchine pensanti senza aspettarsi di essere
contraddetto>> (Macchine calcolatrici e intelligenza, cit., p. 1 66). Infatti, do
po essersi dichiarato fiducioso circa l'avvento di un calcolatore universale in
grado di simulare il comportamento computazionale e linguistico dell'uomo,
il nostro autore conclude il suo articolo con la speranza che <<le macchine
saranno alla fine in grado di competere con gli uomini in tutti i campi pu
ramente intellettuali» (Ib., p. 1 83 ) .
L a proposta d i Turing, tuttora a l centro d i una vasta letteratura critica
incentrata sul tema « menti-e-macchine», è stata variamente giudicata da
gli studiosi. Mentre per taluni essa rappresenta l'unico criterio efficace per
l'attribuzione di «intelligenza>> alle macchine, per altri risulta invece intrin
secamente debole e insufficiente. In ogni caso, per tutti coloro che si occu
pano di IA, il test dello studioso inglese (che tra l'altro nessuno degli ela
boratori a nostra disposizione è sinora riuscito a superare) continua a fun
gere da utile provocazione teorica, metodologica e tecnica.
alle leggi generali delle fisica] è in possesso degli strumenti necessari e suf
ficienti per l'azione intelligente generale. Con "necessario" intendiamo af
fermare che ogni sistema il quale esibisce intelligenza generale mostrerà ad
una successiva analisi di essere anche un sistema simbolico fisico. Per "suf
ficiente" si intende che ogni sistema simbolico di dimensioni sufficienti può
essere ulteriormente organizzato per esibire intelligenza generale. Con "azio
ne intelligente generale" vogliamo indicare lo stesso campo d'azione dell'in
telligenza come la si può vedere nell'azione umana» (Computer Science as
Empirica! Inquiry: Symbols and Search, in <<Communications of the Asso
ciations far Computing Machinary>> , vol. 19, 3, 1 976; ora in AA. Vv., Pro
gettare la mente, ci t., pp. 43-75, p. 49; cfr. Io., Physical Symbol System, in «Co
gnitive Science>>, IV, 1980, pp. 135-83 ) . Presupponendo una concezione del
la mente come entità «formale>> e «astratta>> (per usare le parole di Dennet
e Hofstadter) impegnata a connettere mediante algoritmi determinate
rappresentazioni, la teoria simbolico-computazionale tende spontaneamen
te a convergere con il funzionalismo, ossia con la dottrina secondo cui gli
eventi mentali risultano qualificati dalla loro funzione, cioè da ruoli ape
razionali o causali, e non da una specifica costituzione materiale. Dottrina
che, tradotta nel linguaggio proprio della lA, implica che una mente possa
essere «istanziata» da supporti fisici completamente diversi, purché atti a ge
nerare, fra i suoi elementi, le medesime relazioni, e i medesimi sistemi di
input e output (in linea di principio, dichiara ad es. Putnam, una mente
potrebbe anche essere fatta di formaggio svizzero ! ) . Infatti, posto che una
funzione rimandi ad una figura operativa suscettibile di venir realizzata in un
n numero di maniere diverse, ne segue la manifesta irrilevanza del substra
to fisico incaricato di ospitare tali funzioni (substrato che può essere elettro
nico nel caso del computer e biologico-neuronale nel caso del cervello).
Parte integrante di quest'ottica funzionalista è l'assimilazione del cer
vello allo hardware e della mente al software (com'è noto, la parola inglese
hardware, <<ferraglia>> o <<materiali duri», allude all'insieme delle componen
ti meccaniche ed elettroniche che costituiscono i computer, mentre la pa-
rola software, <<materiali morbidi>>, allude al
Parte integrante dell'ottica l'insieme delle istruzioni o dei programmi
funzionalista è l'assimilazione che li governano ) . In altri termini, come
del cervello all'hardware le proprietà formali che qualificano un
e della mente al software programma sono indipendenti dalle carat-
teristiche materiali dei calcolatori che li ese
guono, così le caratteristiche formali della mente sono indipendenti dalle
caratteristiche fisiche del cervello. Da ciò la nota immagine della mente come
programma, o insieme di programmi , che «girano» su quella complicata macchi
na biologica racchiusa nella nostra scatola cranica che è il cervello.
Il funzionalismo computazionale della lA, se da un lato si distingue
dal comportamentismo, in quanto ritiene legittimo discorrere di stati
mentali interni, dall'altro lato presuppone una esplicita presa di distanza
dal materialismo identista, ossia dalla teoria - rappresentata soprattutto da
gli australiani J . J . C. Smart e D. M. Armstrong - secondo cui gli stati
mentali, in quanto eventi che accadono <<nel cranio>>, sarebbero identici
agli stati neurocerebrali. Contro l'Identity Theorie, come contro qualsiasi for
ma di materialismo <<stretto>> , i funzionalisti fanno valere, innanzitutto, la
cosiddetta <<legge di Leibniz>>, ovvero il principio per cui se due enti sono
identici, allora tutte le proprietà del primo debbono anche competere al
secondo. Ora, nel caso della mente e del corpo, ciò non avviene, in quan
to vi sono caratteristiche, come ad esempio l'intenzionalità, che qualifica
no gli eventi mentali, ma non quelli fisici. In secondo luogo, i funzionalisti
affermano che la teoria dell'identità <<stretta>>, sottintendendo un aggan
cio univoco e necessario fra stati mentali e stati fisici, non spiega come
mai determinate operazioni intelligenti possano essere attive in enti, quali
le macchine, che non hanno un sistema neurocerebrale organico. Detto
XXX I I I • I NT E L L I G E N ZA ART I F I CIALE E FI LOSO FIA
229
altrimenti, il fatto che uno stesso software possa venir realizzato da tipi dif
ferenti di hardware, ossia che le medesime operazioni intellettuali possano
albergare in realtà tanto diverse quanto i cervelli e i computer, attesta
chiaramente come tali operazioni non siano identificabili, in senso stretto,
con i sottostanti meccanismi neurofisiologici (cfr. S. MORAVIA, L: enigma del
la mente, Laterza, Roma-Bari 1 988, in particolare il cap. V, pp. 1 1 7-42 ) .
S u questi argomenti ha insistito soprattutto Putnam. Rifiutando ogni far
ma di <<sciovinismo antropocentrico>>, derivante dall'idea che per avere stati
mentali bisogna per forza possedere un sistema nervoso come quello umano,
e facendo leva sul fatto che lo stesso algoritmo, in virtù del fenomeno della
multiple-realization, può essere eseguito da diversi tipi di macchine, e quindi
mediante stati fisici eterogeni, Putnam è giunto alla conclusione che sia il ma
terialismo tradizionale, sia il materialismo <<moderno>> o identista sono senz'al
tro <<sbagliati>> . Ad esempio, argomenta il
filosofo americano contro ogni ipotetica cor Ogni volta che io sono
rispondenza biunivoca fra stati mentali e sta in un particolare stato mentale,
ti cerebrali, <<Noi nonpossiamo scoprire le leg quello stato mentale è identico
gi in virtù delle quali è fisicamente necessa a uno stato cerebrale
casioni in cui io sono nel medesimo stato mentale, posso essere in un diffe
rente stato cerebrale. In altri termini ancora, secondo la dottrina della identi
tà delle occorrenze, ogni stato mentale si identifica con uno stato cerebrale, pe
rò tale identità non è necessaria e generale, type-type, bensì contingente e
singolare, ovvero token-token (cfr. W BECHTEL, Filosofia della mente, cit., p. 1 75 ).
Questa non-contraddittorietà filosofica e metodologica fra gli assunti del fun
zionalismo e quelli di un materialismo a maglie larghe è stata difesa anche da
quell'ami-materialista per eccellenza che è Putnam: <<La formulazione meno ri
schiosa del materialismo è forse la seguente: un essere umano è nella sua tota
lità semplicemente un sistema fisico dotato di una certa organizzazione fun
zionale complessa. Questa versione del materialismo è, io credo, certamente so
stenibile e probabilmente corretta» (Il positivismo logico e la filosofia della men
te, 1 969, in Mente , linguaggio e realtà, cit., p. 482).
Sebbene sia divenuto la posizione dominante, o l'ortodossia, di buona par
te della lA e della philosophy ofmind contemporanea, il funzionalismo compu
tazionale ha subito parecchi attacchi ed anche taluni dei suoi esponenti han
no finito per voltargli le spalle. Lo stesso Putnam, il quale osserva di essere
stato probabilmente <<il primo filosofo ad avanzare la tesi che il computer sia
il modello per la mente>> , in Representation and Reality, ha rivisto in parte le
sue idee, prendendo come bersaglio se stesso e coloro che ne hanno condivi
so le posizioni ( Rappresentazione e realtà, 1 988, trad. it. Garzanti, M ilano
1 993, pp. 9 e 12). Come si è accennato - e contrariamente a quanto ha soste
nuto qualche affrettato recensore - Putnam non intende ripudiare tutto il
funzionalismo. Infatti, dopo aver ricordato che la concezione computazionale
ha inteso essere <<una reazione contro l'idea che la nostra materia sia più impor
tante della nostra funzione, che la nostra co-
sa sia più importante del nostro come>> , pre Ciò che Putnam respinge
cisa: «<l mio "funzionalismo" insisteva sul fat del funzionalismo è la tesi
to che, in linea di principio, una macchina secondo cui gli stati mentali
sono stati computazionali
[... ], un essere umano, una creatura dotata di
una chimica al silicone e uno spirito disincar-
nato potrebbero funzionare grosso modo nella stessa maniera se descritti a un
adeguato livello d'astrazione, e che è semplicemente sbagliato pensare che l'es
senza delle nostre menti sia costituita dal nostro "hardware". Quest'idea
centrale nella mia concezione di un tempo - non verrà abbandonata neppure
nel corso del presente volume, e in realtà mi sembra ancora altrettanto vera e
importante quanto mi appariva una volta>> (Ib., p. 1 1 ). Ciò che Putnam respin
ge del funzionalismo è piuttosto la tesi secondo cui gli stati mentali sono stati
computazionali. Contro questa <<vecchia>> teoria, egli fa ora valere il principio
·J'ler cui non solo è sbagliata l'idea di una identificazione ingenua .f!'a•stati
LA FI LOSOFIA CONTEM PORANEA
232
mente l'uno dall'altro, e da cultura a cultura. Anche se tutti gli esseri umani,
al momento della nascita, sono computer dello stesso tipo, non è vero che
tutti gli esseri umani adulti devono percorrere la stessa sequenza di stati quan
do fissano una credenza che tradurremmo nella nostra lingua con l'enunciato
"ci sono molti gatti nei dintorni">> (Ib., p. 138).
quando la CPU esegue, una dopo l'altra, una sequenza di istruzioni sui dati
conservati nella memoria. Istruzioni che fanno tutt'uno con il programma
che qualcun altro dall'esterno (un essere umano) ha elaborato e inserito nel
la macchina, senza che esso abbia la possibilità di modificarsi o di miglio
rarsi per il solo fatto di venir applicato. Tutto ciò risulta palesemente estra
neo a quello che sappiamo intorno al cervello, su come è fatto e su come fun
ziona. Infatti, nel cervello è difficile «trovare una specie di omuncolo co
me è in sostanza il programma di istruzioni o l'unità centrale di elaborazio
ne che lo esegue, è difficile trovare depositi passivi di dati, è difficile iden
tificare una singola sequenza di attività mentre tutto il resto rimane inatti
vo, ed è difficile pensare a un cervello che resta lo stesso nel tempo, che
non apprende spontaneamente, e che riceve la sua "intelligenza" dall'e
sterno invece che crearsela da solo mediante l'esperienza o ereditarla da quel
l'altro grande processo di apprendimento che è l'adattamento biologico at
traverso la selezione naturale>> (Ib . , p. 1 7 ) .
I n concreto, i l cervello è formato da più sottosistemi che lavorano in
parallelo e presenta un'architettura composta da un gran numero di unità
relativamente semplici (i neuroni) collegate fra di loro da connessioni sinap
tiche che trasmettono attivazione e inibizione e che modificano costante-
struite nell'ambito della lA. In altri termini, lasciandosi alle spalle l'imposta
zione simbolica, sequenziale e programmatoria della lA classica, il connessio
nismo promette la costruzione di macchine intelligenti finalmente dotate
di flessibilità, sensibilità al contesto e capacità di apprendimento, ovvero di
macchine capaci di suggerire soluzioni proprio là dove l'lA incontra i suoi
maggiori ostacoli (§ 1 197 ). Ovviamente, solo l'avvenire potrà dirci se agli at
tuali entusiasmi corrisponderanno effettivi successi. Risultati concreti a
parte, una cosa è comunque certa, ossia che la stessa lA ha accettato la sfi
da del connessionismo, cercando non solo di introdurre degli elementi di
parallelismo nei sistemi di von Neumann, ma anche di studiare architettu
re, software e linguaggi di programmazione idonei a funzionare in parallelo.
L'approccio delle reti neurali, pur ponendosi come alternativa teorica
e pratica della lA, condivide con quest'ultima una fiducia di fondo nelle pos
sibilità dei computer. Tale fiducia appare invece radicalmente messa in
discussione da alcuni filosofi o informatici-filosofi.
L'INTELLIGENZA OLISTICA
Hubert Dreyfus, Ricostruire la mente o progettare modelli del cervello?
L'intelligenza artificiale torna al bivio.
1 2 O l . Dreyfus:
fenomenologia e intelligenza artificiale .
« Che cosa non possono fare i computer»
dispositivo che calcola - secondo regole precise e tramite una sequenza di pas
si distinti - una successione di dati aventi l'aspetto di fatti atomici e neutrali.
Evidentemente, un'intelligenza di questo tipo - tale almeno è la persuasio
ne di Dreyfus - non coincide affatto con l'intelligenza propriamente umana,
poiché quest'ultima è olistica e situazionale. Olistica, in quanto non agisce
manipolando elementi discreti e procedendo dagli atomi alla totalità, ma
cogliendo le parti (v. le note di una melodia o gli elementi di una frase) al
l'interno del tutto entro cui si collocano. Situazionale, in quanto organizza
il mondo alla luce di una rete di significati connessi a specifici interessi e
finalità. Interessi che discendono dai <<bisogni>> della nostra materialità con
creta e dalle nostre mutevoli maniere di autointerpretarci socialmente: <<una
data situazione di un essere umano dipende dai suoi obiettivi, i quali, a lo
ro volta, sono in funzione del corpo e dei suoi vari bisogni [...] questi biso
gni non vengono stabiliti una volta per sempre, ma vengono interpretati e
determinati attraverso l'acculturazione e perciò attraverso le modifiche
nel modo di interpretarsi degli esseri umani>> (Ib., p. 387). In altri termini,
mentre i computer non sono in situazione e sono entità senza corpo, l'umana
intelligenza è situazionale e condizionata dalla nostra struttura di esseri
corporei. <<Ciò che distingue le persone dalle macchine, per quanto intelli
gentemente costruite - scrive in modo caratteristico Dreyfus - non è un'a
nima astratta, universale, immateriale ma un corpo concreto, specifico, ma
teriale>> (Ib . , p. 327). Inoltre, proprio perché situazionale, la nostra intelli
genza implica un background primigenio di credenze (il <<senso comune>> )
che, essendo inoggettivabili, non possono venire computeristicamente
formalizzate e simulate: <<ogni intelligibilità e ogni comportamento intelli
gente devono essere ricondotti al senso comune di ciò che noi siamo, il
che necessariamente, se vogliamo evitare il regresso all'infinito, è conoscen
za che non si può rendere esplicita>> (Ib., p. 1 04 ) .
Dreyfus esemplifica tutto questo discorso tramite una tipologia delle
attività intelligenti (v. p. 538) la quale, per ogni classe o area di compor
tamento, prende in considerazione: a) la rilevanza degli elementi del con
testo; b) il modo di acquisizione; c) il campo di applicazione e la procedu
ra applicata; d) il tipo di programma esistente - fissando, per ognuna di
esse, caratteristiche e limiti (Ib., pp. 389 sgg.). L'area I si identifica con il
comportamento elementare associativo ( innato oppure acquisito tramite
la ripetizione) e concerne una serie di ambiti specifici (giochi di memo
ria, traduzioni letterali, ecc.) che possono venir trattati con opportuni
programmi ( albero delle decisioni, ricerca tramite liste, ecc. ) . L'area II
corrisponde a ciò che Pasca! definiva esprit de géometrie e si riferisce ad
ambiti (giochi, teoremi, ecc.) completamente formalizzabili, e quindi facil
mente rappresentabili e calcolabili trami-
te sequenze rigorose di algoritmi. In questi L.:intelligenza implica un background
campi, precisa il nostro autore, l'lA risulta di credenze che non possono venire
teoricamente e praticamente <<possibile>> , computeristicamente formalizzate
riuscendo ad ottenere i maggiori e più spet e simulate
CLASSIFICAZIONE DEL l
Tipi di progTamma
Albero delle decisioni, Ricerca tramite liste, Algoritmi
sagome
XXXIII • I N T E L L I G E N Z A A RT I F I C I A L E E F I L O S O F I A
243
temente alle regole imparate sui banchi di scuola, insiste anche il lavoro,
scritto da Dreyfus insieme al fratello Stuart, Mind aver Machine: The Power
of Human Intuition and Expertise in the Era of Computers ( 1 986).
Uno degli aspetti più interessanti dell'opera di Dreyfus, che ricorre
anche negli studi più recenti, è il tentativo di mostrare come la computer
science sia lo sbocco consequenziale della tradizione filosofica e scientifica
dell'Occidente. D'accordo con Heidegger nell'identificare la cibernetica con
l'apogeo del cosiddetto rechnende Denken (pensiero calcolante), egli repu
ta infatti che l'lA rappresenti il parto necessario di quella linea di pensiero
formalistica, atomistica e riduzionistica che fa tutt'uno con la nostra tradi
zione culturale. Formalistica, poiché inseguendo l'obiettivo di una forma
lizzazione e matematizzazione totale dello scibile ritiene, a partire da !'la-
I I VITÀ INTELLIGENTI
• Formale complesso W. Non-formale
Teoricamente, come per Il; in pratica Dipende da significati e contesti non espliciti
Intrinsecamente dipendenti dal contesto
ma estrinsecamente è acontestuale
'
iochi non-computabili, ad es. scacchi Giochi non rigidamente definiti, ad es. enigmi
oppure Go ( intuizione globale, ( indovinare in base alle proprie conoscenze)
ed enumerazioni particolareggiate)
tone, che qualunque azione significante possa venire inglobata in una teo
ria ed essere espressa tramite un sistema di regole (quelle stesse che gli stu
diosi di lA ritengono predefinibili, e quindi simulabili dai computer). Tan
t'è vero che Dreyfus giunge a far iniziare l'lA con l'Eutifrone, e precisa-
mente con i passi in cui Socrate chiede al
Cartesio pensava che tutti suo compatriota quali siano le regole idonee
i fenomeni potessero essere capiti a fondare e a giudicare le azioni. Atomisti
come combinazioni complesse ca, poiché ritiene che l'esperienza possa es
di elementi semplici sere analizzata e scomposta in una serie di
elementi semplici (corrispondenti ai bit dei
computer). Cartesio, per venire ai moderni, pensava ad esempio che tutti i
fenomeni potessero essere capiti come combinazioni complesse di elemen
ti semplici. Hobbes pensava che tali elementi costituissero entità formali
collegate da pure operazioni sintattiche. Leibniz, rinnovando la nozione clas
sica di mathesis, ribadiva che devono esistere elementi semplici ultimi, sul
la base dei quali possono venir compresi i concetti complessi. Ispirandosi a
Frege e a Russell, il primo Wittgenstein elaborava a sua volta una visione rap
presentazionale e sintattica delle relazioni fra la mente e la realtà, definendo il
mondo come la totalità dei fatti atomici: <<L'lA può essere vista come il
tentativo di trovare nel soggetto (uomo o computer) gli elementi primitivi
e le relazioni logiche che rispecchiano gli oggetti primitivi e le loro rela
zioni che costituiscono il mondo. L'ipotesi del sistema fisico-simbolico di Ne
well e Simon in effetti trasforma la visione di Wittgenstein (che è in se
stessa il culmine della tradizione filosofica classica del razionalismo) in
una asserzione empirica e fonda su di essa un programma di ricerca>> (H. L.
DREYFUS e S. E. DREYFUS, Ricostruire la mente o progettare modelli del cervel
lo? L'intelligenza artificiale torna al bivio, 1 988, trad. it. in AA. Vv., Capire l'ar
tificiale, cit., p. 30 della la ed. ). Riduzionistica, poiché la riflessione filosofi
co-scientifica ha fin dall'inizio ignorato o distorto il contesto quotidiano e
pragmatico dell'attività umana, dando per scontato che capire un certo
dominio significhi possedere una mappa teorica volta a fissare connessioni
astratte e universali fra presunti elementi oggettivi. Da ciò l'idea che «l'a
strazione degli elementi dal loro contesto quotidiano, come accade in filo
sofia e nelle scienze naturali, debba funzionare altrettanto bene anche in lA>>
(Ib., p. 40 della la ed.).
In realtà, replica Dreyfus, l'ultimo Wittgenstein e il primo Heidegger
ci hanno insegnato a pensare diversamente. Infatti, queste due pietre mi
liari del pensiero contemporaneo hanno «chiamato in causa proprio la tra
dizione a cui si ispira il programma di ricerca riduzionista. Ambedue erano
olisti; ambedue sottolinearono l'importanza delle pratiche quotidiane e am-
X XX I I I • I NTELLIGENZA ARTI FICIALE E FI LOSOFIA
245
bedue sostennero che non sono possibili teorie sul mondo quotidiano» (Ib. ) .
Per quanto concerne Wittgenstein, osserva Dreyfus, non bisogna dimenti
care che egli divenne in un secondo tempo <<il più severo critico di se stes
so» (Che cosa non possono fare i computer, cit. , p. 3 0 1 ) e che il devastante
attacco al suo Tractatus, ossia le Ricerche filosofiche ( 1 953 ) apparvero esat
tamente quando, per una strana ironia della sorte, l'lA cominciava ad orien
tarsi verso la tradizione astratta e atomistica che egli attaccava. Infatti, do
po il Tractatus, Wittgenstein dedicò anni ad elaborare ciò che chiamò <<fe
nomenologia>>, cercando invano gli elementi atomici e gli oggetti di base
che la sua teoria richiedeva. Finì poi per abbandonare il pensiero del Trac
tatus e tutta la filosofia razionalista, rendendosi conto che l'analisi teorica di
una situazione per mezzo di fatti e di regole è essa stessa significativa solo
in alcuni contesti e per alcuni scopi. In altri termini, Wittgenstein scoprì che
quando tentiamo di risalire ai presunti elementi context-free { liberi dal
contesto) e purpose free { liberi da scopi), in verità stiamo tentando di isola
re alcuni aspetti della nostra esperienza da quella prestrutturazione prag
matica che rende possibile il loro uso intelligente e flessibile nell'ambito dei
problemi quotidiani (Ib., p. 359; cfr. Ricostruire la mente ecc., cit., pp. 40-4 1 ).
Anche Heidegger si rese conto che prima di incontrare le cose con la teoria,
e quindi come oggetti definiti da una serie di predicati, le incontriamo con
la <<cura» , ossia con una forma di intelligenza pratica costituita da un back
ground di credenze, disposizioni, abilità, ecc. Background che essendo non
rappresentazionale e non-intenzionale risulta per sua natura inoggettivabi
le (Ricostruire la mente, ci t., pp. 42-43; cfr. Being-in-the-world: A Commentary
on Division I of Being and 1ìme, MIT Press, Cambridge, Mass. 1 988).
Al contrario, tentando di eludere il problema posto da Heidegger, Hus
serl ritenne possibile una descrizione distaccata del sistema delle credenze
umane, perseguendo in tal modo l'ambizioso progetto che sta alle origini del
la filosofia sin da Socrate: rendere espliciti i principi impliciti del compor
tamento intelligente. Per cui, credendo nella oggettivabilità del principio del
senso comune e delle sue credenze, Husserl
poneva in anticipo il problema della possibi Credendo nella oggettivabilità
lità della lA. Egli fu dunque <<il nonno>> di ta del senso comune. H usserl pose
le disciplina (Ib., p. 4 1 ; cfr. Introduction in in anticipo il problema della possibilità
AA. Vv., Husserl, Intentionality and Cogniti dell'Intelligenza Artificiale
problema della riproduzione del senso comune. In tal maniera, il mondo quo
tidiano prese la sua rivincita sulla lA, precisamente come aveva fatto con
la filosofia tradizionale: <<La tradizione razionalista è stata alla fine sottopo
sta a un test empirico, ed è fallita. L'idea di produrre una teoria atomistica e
formale del senso comune quotidiano e di rappresentare questa teoria in un
manipolatore di simboli ha condotto alle stesse difficoltà che avevano sco
perto Heidegger e Wittgenstein>> (Ricostruire la mente, cit., p. 48).
Alla luce di questa impasse, l'lA classica, per usare la terminologia di La
katos, ha finito per configurarsi come un programma di ricerca degenerativo.
Pur essendo persuaso che <<non si arriverà mai [ . . ] alla simulazione del
.
l Secondo Dreyfus, l'lA potrà raggiungere risultati validi solo se i suoi fautori lavoreranno
non più come alchimisti, ma come scienziati e chimici.
(Giuseppe Wagner, "L'alchimista", incisione, Civica Raccolta delle Stampe
Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano, XVIII sec.)
XXXI I I • I NTELLIGE NZA ARTI FICIALE E FI LOSOFIA
247
tenuto l'oro dal piombo, e siamo riusciti ad atterrare sulla luna, ma solo
dopo aver abbandonato il lavoro al livello di alchimia per concentrarci sui
meccanismi del livello chimico, e al livello più profondo delle strutture
nucleari>> (Ib., p. 405; trad. rivista).
Inizialmente il pensiero di Dreyfus è stato accolto con fastidio e disprez
zo da buona parte degli addetti alla lA (cfr. P. McCORDUCK, op. cit. , pp. 220
sgg. ). Tipica la reazione di Edward Feigenbaum: «Ciò di cui ha bisogno l'intel
ligenza artificiale è un buon Dreyfus. I problemi concettuali della lA sono real
mente difficili, e un tipo come quello potrebbe essere di enorme aiuto [...].
Ma Dreyfus ci prende a randellate in testa [...]. E che cosa ci offre in cambio?
Fenomenologia! Quel cumulo di sciocchezze! Quello zucchero filato! >> (Ib.,
p . 233 ). Soltanto in un secondo tempo c i s i è resi conto del valore delle sue ar
gomentazioni. Infatti, sebbene <<con o senza il consiglio di Dreyfus>> i program
mi della lA siano diventati <<più complessi, flessibili [ ..] tolleranti ambiguità
.
Con il test della stanza cinese, Searle vuole sostenere che i computer, l
pur essendo in grado di eseguire operazioni di calcolo su dei simboli,
non sono però in grado di associare a essi dei significati.
(Ideogramma scolpito nella roccia)
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
250
pacità cognitiva di qualsiasi altra cosa>> ( Ib., p. 68). In altri termini, nessun
sistema, il quale si limiti a manipolare simboli, senza avere coscienza dei lo
ro significati, può essere considerato identico ad un essere pensante, anche se
le sue performances esteriori lo sono (La scienza cognitiva e la metafora del com
puter, 1 990, trad. it. in AA. Vv., Capire l'artificiale, cit., p. 6 1 ) .
La tesi anti-operazionalistica secondo cui i programmi non sono menti e
non sono di per sé sufficienti per avere una mente implica, a sua volta, una
presa di posizione contro il paradigma funzionalista e la sua maniera di impo
stare il mind-body problem (§ 1 1 99). Infatti, l'ipotesi funzionalista secondo cui
la mente sarebbe concettualmente ed empiricamente separabile dal cervello
- e starebbe a quest'ultimo come il software sta all'hardware - appare a Searle
pericolosamente dualistica: <<Questa forma di dualismo non è la tradizionale ve
rità cartesiana la quale dichiara che ci sono due generi di sostanze, ma è car
tesiana nel senso che conferma che ciò che è specificamente mentale intorno
alla mente non ha alcuna connessione intrinseca con le reali proprietà del
cervello>> (Menti cervelli e programmi, cit., p. 7 1 ). Tale dualismo, prosegue
Searle, è <<mascherato>> dal fatto che la lette-
ratura dell'lA contiene frequenti denunce Nessun sistema cfre manipoli simboli
contro il dualismo classico, senza che i suoi au senza avere coscienza dei loro
tori si rendano sufficientemente conto del ca significati può essere considerato
rattere neo-dualistico delle loro posizioni. identico a un essere pensante
1 2 03 . Winograd e Flores:
ermeneutica e informatica.
La critica al paradigma razionalistico
della intelligenza artificiale
Talune riserve filosofiche intorno alla lA classica sono condivise anche
da due specialisti di spicco del settore informatico: Winograd e Flores.
TERRY WINOGRAD (n. 1928), professore all'Università di Stanford e ri
cercatore allo Xerox Palo Alto Research Center, si è dedicato al trattamento
del linguaggio naturale - segmento in cui figura tra i massimi esperti a livello
internazionale - ed è stato coautore dei sistemi SHRDLU e KLR. FERNAN-
00 FLORES, dopo aver diretto una pionieristica applicazione dell'informati
ca al controllo del sistema industriale (progetto Cybersyn) è stato ministro nel
Cile di Allende. Dopo il colpo di Stato e la prigionia, si è trasferito negli
Stati Uniti, dove ha diretto una società che produce e vende Coordinator,
un sistema orientato a supportare la cooperazione fra persone e a gestire le con
versazioni aziendali. Pur provenendo da esperienze diverse, Winograd e Flo
res si sono trovati a condividere un medesimo atteggiamento critico verso le
pretese della lA. Atteggiamento che a Winograd è stato suggerito dalle diffi
coltà di trattare in modo computazionale la lingua viva e i suoi legami con il
contesto e il senso comune. Il frutto principale della loro collaborazione si tro
va in Understanding Computers and Cognition. A New Foundation far Design
( 1 984), che ha avuto vasto eco e parecchie traduzioni.
XXXI I I • I NT E L L I G E NZA ART I FICIALE E FI LOSO FIA
255
l Winograd e Flores affermano che i computer non possiedono lo stesso tipo di intelligenza
dell'uomo, poiché questa si riferisce alla vita sociale e alla partecipazione alla comunità.
(Umberto Boccioni, "Rissa in galleria", Pinacoteca di Brera, Milano, 1 9 1 1)
XXX I I I • I NTELLIGENZA ARTI FIC IALE E FILOSOFIA
259
l Winograd e Flores dichiarano: «È molto più facile scrivere un programma che esegua
operazioni formali astruse che capire l'istinto di un cane».
(Daniele Ranzoni, "l figli del principe Trubetzkoy con il cane",
particolare, Museo dell'Ottocento, Villa Belgioioso Bonaparte, Milano, 1 8 73)
X XX I I I • I NT E L L IG E NZA ARTI F I C IA L E E FI LOSOFIA
261
N OTA B I B L I OGRAFICA
Opere generali e collettive: si tengano presenti, fra le altre, le seguenti riviste specia
lizzate: <<Artificial Intelligence Review», <<Behavioral and Brain Sciences>>, «Com
puters and the Humanities», <<Mind and Language» , <<Minds and Machines», «Si
stemi Intelligenti».
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CAPITOLO XXXIV
capo del fascismo): Croce e i crociani, buona parte dei rappresentanti del
le filosofie accademiche del passato con Martinetti in testa, da una parte;
Gentile e i gentiliani, padr� Gemelli e i neoscolastici, dall'altra.
11 1 929, l'anno della Conciliazione, è un'altra data chiave, anche per
la filosofia. La Conciliazione porta la discordia e la divisione nel campo
dei filofascisti.
Gentile, che con la sua riforma scolastica del 1923 aveva introdotto,
rompendo con la tradizione laico-risorgimentale, l'insegnamento della re
ligione cattolica nelle elementari, guadagnandosi la simpatia e l'appog
gio strumentali dei cattolici molto grati anche, subito dopo, per il rico
noscimento della Università Cattolica di Milano, si trova spiazzato di fron
te al Concordato. La religione cattolica viene infatti dichiarata ufficial
mente religione dello Stato e coronamento di tutta l'istruzione, mentre per
Gentile doveva rimanere nell'ambito dell'istruzione elementare per poi es
sere assorbita, quale momento di esperienza inferiore, nel momento su
periore della filosofia. Le trattative tra Mussolini e il Vaticano erano sta
te condotte in gran segreto, e Gentile rimase sorpreso, come tutti, dalla
pubblicazione dei patti 1' 1 1 febbraio del
La Conciliazione 1 929. Qualche consolazione riuscì ad atte
porta la discordia e la divisione nerla dai discorsi ed atteggiamenti di Mus
nel campo dei filofascisti solini alla Camera ( 13 maggio) e al Sena-
to ( 24 maggio) e al Congresso nazionale
di filosofia ( 26 maggio ) , nei quali si cercava di calmare, con una inter
pretazione laicista forzata di alcuni punti chiave del Concordato, le forti
reazioni molto estese anche in campo fascista.
Ma il Concordato, e i documenti connessi, erano legge dello Stato. Lo
sconquasso in campo filosofico fu grande. L'alleanza precedente tra Genti
le e i cattolici si rompe, padre Gemelli attacca in maniera durissima Gen
tile, i gentiliani entrano in crisi e si dividono in diverse tendenze: chi si
avvicina ai cattolici (Armando Carlini, Augusto Guzzo, Michele Federico
Sciacca, Luigi Stefanini), chi rimane vicino al maestro (Vito Fazio-Allma
yer e altri), chi si sposta su posizioni di più o meno intransigente laicismo
(Ugo Spirito, Guido De Ruggiero, Giuseppe Lombardo-Radice, Ernesto Co
dignola, Adolfo Omodeo, Giuseppe Saitta, Guido Calogero, Galvano Del
la Volpe). Alcuni dei più intransigenti (Omodeo, De Ruggiero, Calogero) si
avvicineranno negli anni seguenti al Croce, il rivale di Gentile; altri, co
me Della Volpe, approderanno negli anni Quaranta al marxismo.
Gli anni Trenta si aprono quindi con un quadro più mosso e articolato
rispetto a quello degli anni Venti. La battaglia tra padre Gemelli e Gentile por
ta la divisione non solo nel campo idealista, come abbiamo appena visto, ma
XXXIV • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 990)
275
anche nel campo cattolico: qui infatti, a fianco e con differenziazioni crescen
ti rispetto ai neoscolastici tradizionalisti (Agostino Gemelli, Emilio Chioc
chetti, Francesco Olgiati, Arturo Masnovo), si affermano pensatori più pro
blematici e meno dogmatici, molto attenti ad una possibile utilizzazione del
l'attualismo di Gentile in funzione di un rinnovamento della filosofia di orien
tamento cattolico. Gustavo Bontadini è l'esponente principale di questo nuo
vo corso all'interno della filosofia cattolica, rispetto al quale bisogna ricorda
re anche gli esiti spiritualistico-cattolici ai quali gradualmente perverranno al
cuni ex-gentiliani già citati: Carlini, Guzzo, Sciacca, Stefanini.
La riflessione, la elaborazione e il dibattito filosofici degli anni Tren
ta non si limitano, tuttavia, ai nomi e alle posizioni finora indicati. Il
quadro deve essere completato citando, da una parte, il permanere di
vecchie posizioni estranee sia ai settori idealistici sia a quelli cattolici (si
pensi a figure quali Francesco De Sarlo, Antonio Aliotta, Ludovico Limen
tani, Piero Martinetti, Pantaleo Carabellese) , l'emergere di posizioni che
ambiscono a rappresentare la <<sana>> e << realistica>> filosofia del regime
(si pensi all'accademicamente potente Francesco Orestano) , le figure << in-
l La rivista
"Primato", sede di numerose rilevanti discussioni sia in campo filosofico
che culturale, venne fondata da Giuseppe Bottai, esponente di spicco del regime fascista.
(Manifesto elettorale di Bottai)
XXX I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 92 5- 1 990)
279
da Paci, << aut aut>>. A queste aree di Torino e Milano si affiancano, con
una loro atonomia, le aree di Bologna, con un neoilluminismo di provenien
za in parte laica e in parte cattolica (Antonio Santucci, Nicola Matteucci,
Alberto Pasquinelli) e con la rivista <<Il Mulino>> fondata nel 195 1 , e l'area
di Firenze, soprattutto con Garin, lo storico, Preti, il teoreta, e il più giova
ne Paolo Rossi (proveniente come Preti dall'area milanese di orientamen
to banfiano ), che alimenterà negli anni Cinquanta importanti dibattiti teo
rici e metodologici sulla storiografia filoso-
fica. A Roma prevalgono in questi anni, Alla Cattolica di Milano
fra i laici, pensatori legati in qualche manie la tradizione neoscolastica
ra all'eredità di Croce (Carlo Antoni) e di si rinnova in maniera profonda
Gentile (Ugo Spirito, Guido Calogero) o a per opera di Gustavo Bontadini
l L:assassinio di Matteotti viene considerato l'evento che segna l'inizio della dittatura fascista.
(Ritrovamento della salma dell'onorevole Giacomo Matteotti, 1 924)
non riesce ad avere un indirizzo preciso, oscillando, osserva Carlini, tra em
pirismo filoscientifico, realismo psicologistico e spiritualismo laico.
Il quadro presentato da Carlini manca di un tassello, quello dei catto
lici, che però erano assenti sostanzialmente dal dibattito filosofico, ali
mentato dagli idealisti contro tutti i loro predecessori, e conducevano le
loro battaglie per vie interne, cioè ancora nell'ambito della propria cer
chia. I cattolici si erano affacciati sulla scena culturale sia come variante ita
liana del movimento modemista (da Romolo Murri a Ernesto Buonaiuti, che
insieme ad altri con diverse riviste muoveranno per qualche anno le acque
del cattolicesimo, prima di accettare il silenzio imposto dall'enciclica pa
pale contro i modemisti) e come variante italiana del movimento neosco
lastico che aveva il suo centro di elaborazione a Lovanio (in Italia si orga
nizzano nel l 909 con la <<Rivista di filosofia neoscolastica>> , fondata e di
retta dal padre francescano Agostino Gemelli, che condanna il materiali
smo dei positivisti e si prepara a combattere gli idealisti, nemico più peri
coloso perché più concorrenziale) .
storico (da Francesco Fiorentino, Felice Tocco e Carlo Cantoni ai più recen
ti Alessandro Chiappelli e Guido Villa) e un filone costruttivo-sistematico
(con Filippo Masci, che è l'esponente più autorevole, lo stesso Maresca, Gio
vanni Del Vecchio e altri).
Il giovane Galvano Della Volpe, allora attualista, presenta un attento
quadro del neohegelismo, soffermandosi principalmente su Croce (la cui in
fluenza è molto vasta, egli precisa, tra storici e critici letterari, mentre è mol
to scarsa tra i filosofi) e Gentile, ma deli-
neando anche un quadro delle differenze Il quadro complessivo
emerse tra gli allievi di Gentile: indica una della filosofia italiana
posizione di destra (Armando Carlini), cioè consente di affrontare i problemi relativi
trascendentista e filocattolica, e una posizio allo scontro Croce-Gentile
ne di sinistra (Giuseppe Saitta e Guido De
Ruggiero), cioè fortemente immanentista e anticlericale, oltre a una posi
zione ortodossa o di gentiliani fedeli (Vito Fazio-Allmayer, Adolfo Omodeo,
Cecilia Dentice d'Accadia, Francesco Anzilotti) .
Paolo Eustachio Lamanna, infine, vicino a De Sarlo e a d Aliotta, pre
senta il realismo psicologistico inaugurato fra Otto e Novecento da Fran
cesco De Sarlo nei suoi libri, nel suo laboratorio di psicologia e nella rivi
sta «La cultura filosofica» dal 1 907 all 91 5 . Vicini a De Sarlo sono Anto
nio Aliotta a Napoli, Giovanni Calò interessato a problemi pedagogici, lo
stesso Lamanna e Ernesto Bonaventura.
Abbiamo forse esagerato nel numero dei nomi (e non sono tutti) cita
ti per delineare il quadro complessivo della filosofia italiana quale si pre
sentava, con le sue ascendenze ottocentesche, all'inizio degli anni Venti.
Crediamo però che tale quadro consenta di affrontare i problemi relativi
allo scontro Croce-Gentile e all'emergere della presenza cattolica organiz
;oata nella filosofia italiana degli anni Venti senza il pericolo di semplifica
re riduttivamente ed eccessivamente.
Intanto, dobbiamo precisare che nel quadro offerto dalla rivista «Lo
gos>> mancano due episodi della filosofia italiana del periodo preso in esa
me: quello specificamente marxista e quello pragmatista. Il primo, è ve
ro, appare, ma solo indirettamente, nella trattazione di Limentani sulle
varie tendenze o direzioni di ricerca del positivismo (abbiamo visto ci
tati i nomi di Labriola, Mondolfo, Groppali, Chiappelli, tutti interessa
risi alle problematiche marxiste tra fine Ottocento e inizio Novecento) ;
d e l secondo e delle s u e articolazioni interne non si fa alcun cenno
(Giovanni Vailati e Mario Calderoni, pragmatisti <<scientisti>> , da una par
te, il primo Giovanni Papini e il primo Giuseppe Prezzolini, pragmatisti
<<magici>>, dall'altra) .
LA FI LOSO FIA C O N T E M P O RA N E A
298
l Piero Gobetti,
giornalista
e uomo politico;
nel 1 922 fonda la rivista
"La Rivoluzione Uberale". ----- -
LA F I LOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
300
Gentile e i suoi, d'altra parte, fautori di una filosofia che vuole essere al
ternativa sia alle tradizioni positivistiche e affini sia al cattolicesimo, in
tendono utilizzare lo Stato (in cui l'individuo deve riconoscersi, in quanto
lo Stato non è quello del vecchio liberalismo, ma è lo Stato etico che imper
sona nella maniera più alta- anche più alta della religione - la sovranità del
l'Atto) per occupare posizioni di influenza nelle istituzioni, nelle universi
tà, nelle iniziative editoriali e culturali in genere.
Croce, che fino al l 924 crede ancora nella possibilità che il governo
di Mussolini (ancora un governo di coalizione, ricordiamolo) possa ripri
stinare, dopo il burrascoso dopoguerra, il vecchio liberalismo, alla fine di
quell'anno compie la sua scelta finale, di fronte al profilarsi di un regime
assolutamente antiliberale: è contro Gentile, con il quale aveva mantenu
to ottimi rapporti anche nel periodo successivo all'approvazione della ri
forma scolastica, perché Gentile avalla filosoficamente e politicamente il
nuovo regime mussoliniano; è contro Gemelli e i cattolici che intendono
anch'essi utilizzare lo Stato per sconfiggere il liberalismo e il laicismo e ri
portare la società e la cultura italiane alle condizioni prerisorgimentali.
Croce, in fin dei conti, nello scontro che ha inizio nel 1925, si pone
come l'erede più alto della tradizione laico-risorgimentale-liberale, contro
gli affossatori, su posizioni differenti e conflittuali o concorrenziali, di
quella tradizione: Gentile e Gemelli.
fascismo, che chiamava gli individui al sacrificio per una idea superiore
identificata con la Patria, <<tradizione che nella coscienza del cittadino, lun
gi dal restare morta memoria del passato, si fa personalità consapevole di un
fine da attuare, tradizione perciò e missione. Di qui il carattere religioso del Fa
scismo>> (in E. R. PAPA, Storia di due manifesti, Feltrinelli, Milano, 1958, p. 60).
Intransigente perché religioso e portatore di un'idea, il fascismo doveva neces
sariamente contrastare e abbattere lo Stato Costituzionale ( «antifascista, poi
ché era lo Stato della maggioranza>>, e «liberale, ma del liberalismo agnosti
co ed abdicatario, che non conosce se non la libertà esteriore>>; Ib. , p. 6 1 ) ; e
ciò ha fatto, come minoranza (minoranza era anche la Giovane Italia di
Mazzini) portatrice di un'idea, organizzatasi come squadrismo ( «Giovani riso
luti, armati, indossanti la camicia nera, ordinati militarmente, si misero con
tro la legge per instaurare una nuova
legge, forza armata contro lo Stato per
fondare il nuovo Stato. Lo squadrismo
agì contro le forze disgregatrici anti
nazionali>>; Ib., p. 62); la conquista del
potere ha dato inizio alla costruzione
del nuovo Stato ( «questa trasforma
zione ha luogo gradualmente in mez
zo ad un perfetto ordine pubblico
[...] quantunque non sian mancate e
non manchino oscillazioni dell'opi
nione pubblica agitata violentemen
te da una pubblica stampa che [ ... ] pro
fitta di ogni errore e di ogni inciden
te [il riferimento è al delitto Mat
teotti] per sobillare il popolo contro la
tenace e dura opera costruttiva del
nuovo Governo>> , Ib. ) ; la Patria rin
novata dal fascismo «è scuola di su
bordinazione di ciò che è particolare
ed inferiore a ciò che è universale ed
immortale», cioè il nuovo Stato etico, <<è concezione austera della vita, è se
rietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non
dipinge ideali magnifici per relegarli fuori diquestomondo [qui l'attacco è con
tro il cattolicesimo], dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e
miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita>> (Ib., p. 62); <<il Fascismo
viene accusato d'essere un movimento reazionario antiliberale, antioperaio,
ma l'accusa è falsa>> (Ib., p. 63 ); al governo fascista <<Si imputano misure di
polizia lesive della libertà di stampa. Questioni di fatto più che di principio>>
(Ib., p. 64 ), che lasciano indifferente <<la grande massa del popolo italiano>>, la
quale, sottolinea ripetutamente con compiacimento Gentile, <<rimane estra
nea e sente che la materia del contrasto, scelto dalle opposizioni, non ha una
consistenza politica apprezzabile ed atta ad interessare l'anima popolare>>
(Ib., p. 65); le opposizioni, concludeva Gentile con magnanimità, dovranno
finire <<per interno logorio ed inazione>> e i fascisti <<possono ormai con pazien
za longanime attendere>> (Ib., p. 66).
Gli attacchi alla tradizione risorgimentale liberale, democratica e sociali
sta, erano palesi e ripetuti, accompagnati da frecciate contro i cattolici. Cro
ce, sollecitato dagli amici liberali tra i quali Giovanni Amendola, che ospite
rà il contromanifesto crociano nel suo giornale <<Il Mondo>> il primo maggio,
stende il manifesto degli antifascisti di orientamento liberale. Condanna al-
l'inizio, sulla base della distinzione tra intellettuali (con la appropriata sfera di
attività) e cittadini (che possono svolgere attività politica militante), il man
cato rispetto di tale distinzione: «contaminare politica e letteratura, politica e
scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patro
cinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stam
pa, non può dirsi nemmeno errore generoso» (p. 93, dove è trasparente la
condanna dell'ex amico Gentile); critica il
fraintendimento storico e filosofico del con Nobilitare con il nome di religione
cetto di liberalismo presente nel manifesto il sospetto e l'animosità sparsi dappertutto
Gentile, la teoria di una società e di uno è cosa che suona
Stato gerarchizzati, e soprattutto <<l'abuso che come un'assai lugubre facezia
zia>> (Ib., p. 95); richiama con passione e forza la tradizione risorgimentale, ri
spetto alla quale il regime attuale è un continuo insulto; sottolinea i limiti del
Risorgimento nel suo essere stata opera di una minoranza, cosa della quale
mai si compiacquero i liberali italiani, mentre i fascisti accentuano il loro es
sere una minoranza attiva che può farsi valere perché la maggioranza se ne sta
in disparte, passiva; afferma il valore, soprattutto per il futuro, della presente
lotta politica, perché <<forse un giorno, guardando serenamente al passato, si
giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa a noi, era uno
stadio che l'Italia doveva percorrere per rinvigorire la sua vita nazionale, per
compiere la sua educazione politica, per sentire in modo più severo i suoi dove
ri di popolo civile>> (Ib., p. 97).
I due manifesti poco hanno di filosofico a una lettura che si limiti alla
superficie del testo. Ma le filosofie dei due grandi personaggi erano ben
note, e quei manifesti ne erano un'applicazione significativa pur nella loro
brevità e schematicità. Ben lo videro gli intellettuali che li lessero e che in
numero grandissimo scelsero di sottoscrivere quello crociano, operando una
scelta di schieramento di campo che divise profondamente, per alcuni anni,
gli idealisti italiani.
D'altra parte, sul piano strettamente filosofico, le tensioni e divergen
ze tra l'attualismo gentiliano e lo storicismo crociano, latenti o accennate
nella corrispondenza privata tra i due protagonisti della vicenda idealistica
fin dagli inizi della loro frequentazione ( 1 896), erano venute alla luce, in
maniera pubblica anche se poi erano state messe a tacere, tra la fine del 1913
LA F I LOSOFIA CONTE M PO RAN EA
304
e l'inizio del 1 9 1 4. La cosa era avvenuta sulle pagine della <<Voce», la rivi
sta di Prezzolini che accomunava, tra il 1 908 e il 1 9 1 4, gran parte della in
tellettualità rinnovatrice italiana.
Gentile, negli anni di insegnamento universitario a Palermo ( 1 907-
14), coincidenti con gli anni di massimo impegno nella collaborazione con
Croce nella <<Critica>> , aveva precisato, so
La vita dello spirito per Gentile prattutto a partire dal1 9 1 1 , le linee teoriche
si identificava con l'unità di pensiero della sua filosofia attualistica, ed era divenu
e azione, con l'atto non trascendibile to rapidamente un maestro per alcuni giova
né dalla natura, né dal passato, né da Dio ni laureatisi con lui o comunque a lui avvi-
cinatisi (Giuseppe Lombardo Radice, Vito
Fazio Allmayer, Adolfo Omodeo, Guido De Ruggiero e altri). I suoi allievi
avevano lanciato qualche strale nei confronti dell'idealismo storicistico di
Croce, e quest'ultimo se n'era risentito, e aveva esposto le sue rimostranze e
critiche teoriche in un testo molto importante, Intorno all'idealismo attuale,
comparso sulla <<Voce» alla fine del 1913.
I discepoli di Gentile e quindi il loro maestro avevano criticato Croce per
le distinzioni da lui conservate all'interno della vita dello spirito, che per Gen
tile si identificava invece con l'unità di pensiero e azione, con l'atto non tra
scendibile né dalla natura, né dal passato, né da Dio. Croce non era andato per
il sottile e aveva attaccato direttamente la teoria centrale di Gentile e dei suoi
allievi secondo cui <<bisogna guardarsi dal trascendere l'atto>>. Questa, sotto
lineava e argomentava Croce, è una posizione mistica: <<Voi volete starvene
immersi nell'attualità, senza veramente pensarla; perché pensare è unificare
distinguendo o distinguere unificando, il che voi considerate come un trascen
dere l'attualità. Perdonate; ma codesta è la schietta posizione mistica, e si espri
me, o piuttosto non si esprime, nell'Ineffabile>> («La Voce» , 1 908- 1 9 1 4, a
cura di A. Romanò, Einaudi, Torino, 1960, pp. 595-96). E ancora: <<La con
seguenza logica del vostro principio dell'attualità immanente sarebbe, a dir ve
ro, l'immersione in un immobile presente, privo di opposizioni, se ogni op
posizione si fonda, come certamente si fonda, su una distinzione[ ... ]. Il vostro
è misticismo, che indamo tenta di superar se stesso» (Ib . , p. 597).
Croce faceva risalire l'idealismo attuale alla filosofia di Bertrando Spa
venta, il maestro tanto esaltato da Gentile (e zio di Croce). I gentiliani
avevano attribuito a Spaventa la fissazione dell'unità dell'atto spirituale, a
scapito della ricchezza presente nello hegelismo autentico: lo Spaventa <<che,
venuto fuori dal seminario e dalla teologia, fu esclusivamente divorato dal
l'ansia religiosa dell'unità e rimase chiuso a ogni altro interesse; tanto che
lasciò cadere tutto il ricco contenuto del sistema hegeliano, e si restrinse a
meditare, e quasi direi ad arzigogolare, sulle prime categorie della Logica e
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305
1929 e dopo.
Il Concordato e la discordia tra i filosofi
mento di tutta l'istruzione pubblica. Altre conseguenze molto gravi per i lai
ci riguardavano la normativa matrimoniale ed altre normative su cattolici
e pubblica amministrazione. Era un completo rovesciamento dei princìpi ri
sorgimentali, alla cui luce era stato laicizzato lo Stato e, insieme allo Stato,
l'istruzione pubblica.
Ed è proprio sul terreno dei problemi teorici, di principio, oltre che prati
co-politici, relativi alla funzione della religione cattolica nell'ambito dell'istru
zione pubblica, che il Concordato suscita immediatamente un dibattito mol
to aspro, che vede convergere nelle critiche tutta l'intellettualità antifascista
laica e buona parte della stessa intellettualità fascista con Gentile alla testa.
Ovviamente le reazioni di parte cattolica sono molto diverse. Innanzi
tutto quelle del pontefice, che giustamente sottolinea l'importanza del Con
cordato, dal punto di vista degli interessi della Chiesa, dichiarando nel gior
no della firma che il Concordato regolava finalmente <<le condizioni religio-
se in Italia, per sì lunga stagione manomes
Il Concordato suscita un dibattito se, sovvertite, devastate in una lunga succes
clie vede convergere nelle critiche sione di governi settari od ubbidienti e ligi
tutta l'intellettualità antifascista ai nemici della Chiesa>>; ed esaltando Mus
e buona parte di quella fascista so lini, l'Uomo inviato dalla Provvidenza,
nel famigerato discorso di pochi giorni do
po agli intellettuali, docenti e studenti, della Università Cattolica di Mila
no: «Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha
fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola
liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamen
ti o piuttosto disordinamenti [cioè la precedente legislazione] erano altret
tanti feticci, e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quan
to più brutti e deformi>> .
L a reazione laica e anticlericale nei giorni successivi risulta tanto este
sa che Mussolini è costretto a dare una interpretazione molto restrittiva,
ma sostanzialmente debole e formalmente scorretta, della portata e delle con
seguenze del Concordato sulla sovranità dello Stato. Ciò avviene sia nel dis
corso di presentazione del testo dei patti alla Camera, sia in quello al Se
nato ( il 1 3 e il 24 maggio) , per la ratifica, sia con la sua presenza al Con
gresso nazionale di filosofia dei giorni seguenti e con il suo assenso al dis
corso di Gentile sul rapporto Stato-Chiesa.
Il Concordato, avevano lamentato giustamente i laici, dal loro punto di
vista e prendendo in esame il testo da approvare, prospettava una grave li
mitazione della sovranità dello Stato in diversi campi in quanto prevede
va, in determinate materie (istruzione, matrimonio), la compresenza di nor
mative contrastanti di due Stati ugualmente sovrani.
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315
LA F I LOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
318
sempre, non è altro che la filosofia: «<l carattere critico che compete al
la dottrina dello Stato è lo stesso carattere critico essenziale al pensiero,
e cioè alla filosofia. La quale [ ... ] vive perciò di critica (ossia di pensiero
che sa di doversi di continuo rinnovare e svolgere, sopra tutti i suoi og
getti) . In realtà la dottrina dello Stato è la stessa dottrina del cittadino,
ma dottrina critica, cioè filosofia. Lo Stato, consapevole della sua es
senza, promuove la speculazione filosofica, perché sa che così si poten
zia il pensiero, che è la sua forza>> .
Il discorso, per chi voleva capire, era molto chiaro. L o Stato s i identi
fica con la filosofia, con il pensiero critico, ed è questo che deve costituire la
base dell'insegnamento; non, cioè, la religione, e in particolare la religione
cattolica, che è pensiero acritico, verità irrigidita.
A rendere esplicite le conseguenze del discorso di Gentile è Augusto
Guzzo ( 1894-1986), allora attualista (sarebbe poi diventato spiritualista, cat
tolico, ma sempre in polemica con i neotomisti). Nella sua relazione su L'in
segnamento della filosofia nelle scuole medie Guzzo affronta direttamente lo
schieramento cattolico-concordatario che chiede con insistenza l'esten
sione alle scuole medie dell'insegnamento della religione (la riforma Gen
tile lo limitava alle elementari), con alcuni <<estremisti>> che lo chiedereb
bero anche per l'Università.
I cattolici, presenti in gran numero {Gemelli, Semeria, Bontadini,
Olgiati, Mazzantini, Masnovo e altri), hanno già avanzato le loro ri
chieste, e il minimo che chiedono è che l'insegnamento della filosofia,
nelle medie superiori, avvenga secondo un orientamento cattolico. La co
sa scandalizza gli attualisti, e Guzzo che pur non è tra i più fanatici del lai
cismo. Egli pone giustamente il problema della compatibilità di tale ri
chiesta ( possibile sulla base della lettera dell'art. 36 del Concordato)
con le leggi vigenti che garantiscono <<a
La filosofia vive di pensiero ciascun professore il pieno diritto di inse
clie sa di doversi di continuo gnare secondo la propria coscienza>> e si di
rin novare e svolgere. ce sicuro e fiducioso che le posizioni ol
sopra tutti i suoi oggetti tranziste non passeranno: <<Il quesito è du-
plice: l ) Si può sensatamente credere che
la Chiesa Cattolica intenda valersi delle buone disposizioni dello Stato
italiano [cioè gli articoli del Concordato] per tentare d'asservire con la
forza le coscienze che non siano già, per spontanea reverenza, fedeli ?
2) Si può ragionevolmente supporre lo Stato italiano disposto a compri
mere la libertà di coscienza, e massime la libertà d'indagine speculativa in
Italia? Dirò subito che il solo porre domande simili è già un gratuito in
sulto che si fa alla Chiesa e allo Stato>> .
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Alla possibile obiezione sul che fare dei professori attualmente in ser
vizio e non propensi a insegnare <<cattolicamente>> , la risposta di padre Ge
melli è franca e brutale: <<Non tocca a me dare la soluzione del problema: a
me basta stabilire che, dato che lo Stato ha riconosciuto che la religione cat
tolica è fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica, l'idealismo non
può essere insegnato nella scuola media pubblica senza violar la coscienza
dei giovani e senza spezzare il Concordato che lo Stato ha firmato con la San
ta Sede>>. E infatti, precisa, <<nulla vi è di meno religioso, di meno cristiano
del pensiero di Gentile e degli idealisti [...]; nulla vi è di più anticristiano; ed
è bene dirlo perché nulla vi è di più dissolvitore dell'anima cristiana dell'i
dealismo, perché nessun sistema è tanto negatore del fondamento cristia
no della vita quanto l'idealismo, anche se esso usa le nostre parole» .
Il discorso d i padre Gemelli non h a bisogno d i commenti, tanto è chia
ro e brutale. Gentile è costretto a intervenire in difesa del suo idealismo ac-
cusato di essere corruttore delle coscienze
dei giovani: una filosofia spiritualistica, sot Lo Stato fra riconosciuto
tolinea, e addirittura con un <<carattere pro che la religione cattolica
fondamente cristiano » , che ha avuto il è fondamento e coronamento
grande merito, storico e filosofico, di scon dell'istruzione pubblica
figgere positivismo e materialismo e di ri-
aprire le porte della cultura e delle istituzioni italiane al cattolicesimo, e
nella fattispecie al neotomismo (bisogna ricordare che nel primo decen
nio del secolo Gentile aveva criticato severamente il modernismo catto
lico, tanto odiato dai neotomisti). Altro che violatore delle coscienze dei
giovani! <<A chi incolpa l'idealismo di avere negli ultimi trent'anni scristia
nizzato l'Italia, conviene pur rammentare che è merito degli idealisti se in
Italia oggi i cattolici, laici e preti, hanno riacquistato il diritto di cittadi
nanza e di parola nel campo della scienza, donde per mezzo secolo erano sta
ti cacciati dall'intolleranza del positivismo dominante; è merito degli
idealisti se le filosofie antireligiose perché antispiritualistiche sono state de
bellate e distrutte, e restaurato il senso del divino e promossa con la liber
tà della scuola e della discussione scientifica la cultura degli ecclesiastici.
Professore Gemelli, senza l'idealismo voi non sareste qui; come non ci sa
rebbe l'Università cattolica, cosl non ci sarebbe neppure quel movimento
neotomista, che voi con tanto ardore state promovendo. lo ricordo a che
termini s'era ridotta in Italia la scolastica, dopo la fioritura napoletana d'in
torno al l850, anche dopo l'enciclica Aetemi Patris [l'enciclica del l 879 che
dichiarava il tomismo dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica] , e malgra
do le solenni cerimonie accademiche, romane e provinciali, di deserta
memoria. Chi la pigliava sul serio? Chi vi badava?».
L A F l L O S O F l A C O N T E'M P O R A N E A
322
l Uno dei temi trascurati dalla filosofia di Gentile,e approfonditi dai suoi discepoli,
è il rapporto che si instaura tra Stato ed economia all'interno di un sistema corporativista.
(Un negozio di articoli sportivi espone il cartello autarchico che garantisce la vendita
esclusiva di prodotti italiani, Milano, 1 937)
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329
1 2 1 5 . La d iaspora attualista :
destra ( Carlini, Sciacca) e sinistra ( Sp irito, Calogero )
In primo luogo, vediamo quel che succede fra gli attualisti, o ex-attua
listi ( ma raramente ci sarà un rinnegamento esplicito della filosofia di
Gentile da parte dei diversi transfughi).
Il più anziano, ARMANDO CARLINI ( 1 878- 1959), abbiamo visto co
me, nel 1 9 1 4 , esaltasse le filosofie dell'idealismo italiano (Croce e Gen
tile insieme, nonostante ci fosse già stata la polemica pubblica alla fine del
1 9 1 3 ) . Autore di diverse monografie teoriche, che scandiscono il suo
progressivo distacco dall'iniziale immanentismo idealistico e l'approdo
XXX I V • I L D I B A T T I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( l 9 2 5 - l 9 9 0 )
333
filosofia al valore del verum, quello della religione al valore del bonum.
La radice di tutto, comunque, resta l'atto originario, e in tal modo Car
lini mantiene il suo legame con l'attualismo, dandone però una versio
ne trascendentistico-religiosa anche se la trascendenza, abbiamo visto,
viene da lui considerata come fondata sulla immanenza dell'atto. Il prin
cipio teologico viene radicato anch'esso nella personalità, la quale,
fondata a sua volta nell'atto, è insieme rivolta al mondo (arte, conoscen
za) e a Dio (religione ) .
l Carlini affronta la
questione dell'esteticità dell'individuo definendo la personalità
non in termini astratti, bensì come «io, proprio io che scrivo, in carne e ossa,
come suoi dirsi, e tu, o lettore, che leggi•.
(Frantisek Kupka, "Autoritratto", Galleria Nazionale, Praga, 1905)
XXX I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
335
p. 447 ) . Già in questa prima fase Sciacca non è un semplice ripetitore del
pensiero di Gentile, in quanto sente molto forte l'esigenza religiosa, ma di
una religiosità non dogmatica o positiva. Sente, in proposito, l'insufficien
za del rigido immanentismo gentiliano, da cui uscirà abbastanza rapidamen
te, secondo quanto egli stesso scrive: <<e riconoscevo che a svegliarci dàl son
no dogmatico dell'immanentismo aveva molto contribuito la Neoscolasti
ca italiana>> (Ib., p. 448).
Sciacca tuttavia non accetta le posizioni neoscolastiche, che consi
dera metafisiche e non adeguate alle sue esigenze spiritualistico-perso
nalistiche. Egli approda pertanto, intorno al 1 936, alle posizioni che de
finisce <<spiritualismo critico>> nell'opera di quell'anno Linee di uno spiri
tualismo critico. Vi perviene attraverso riflessioni teoriche e molteplici stu
di storico-filosofici dalla filosofia medioevale allo scozzese Thomas
Reid, soprattutto, e a Rosmini, che costi
Il mondo è coeterno a Dio, tuirà nei decenni successivi il principale
è concreazione di Dio punto di riferimento del suo spirituali
e dello spirito umano smo cristiano: << Attraverso una critica
del teismo tradizionale - suggeritami dal
la mia formazione idealistica - arrivavo ad una concezione di Dio come
eterna attività creatrice ("il mondo è coeterno a Dio") , di Dio non co
me assoluto statico, ma come assoluto dinamico, atto infinito in peren
ne attuazione. Cercavo di evitare il panteismo col porre la creazione co
me atto libero della volontà di Dio, Atto di amore, e concludendo con
l'affermazione che "il mondo è concreazione di Dio e dello spirito uma
no">> ( Ib . , p. 449 ) .
Né teismo n é panteismo, quindi, m a attualismo creazionistico i n cui
Dio, il mondo e l'uomo sembrano identificarsi in un volontarismo creazio
nistico con forte radicamento nella concezione gentiliana dell'atto. Con
cezioni, ben si vede, molto lontane da quelle della neoscolastica di padre Ge
melli. È questa una fase che Sciacca chiama di spiritualismo critico, non an
cora esplicitamente cristiano. Ad uno spiritualismo esplicitamente cristia
no e cattolico perviene negli anni successivi, precisando in senso religioso
le linee già fissate del suo pensiero. Un numero notevole di scritti, sia sto
rici (su Agostino, Rosmini, Platone, Blondel) sia teorici, fanno di Sciacca
uno degli autori più prolifici del periodo.
A questo filone spiritualistico, trascendentistico, cattolico, di ex
gentiliani, definito anche la <<destra>> dell'attualismo, si contrappone il
filone immanentistico, laico, politicamente più impegnato in senso in
novativo, la <<sinistra>> , che fa capo principalmente a Ugo Spirito e al più
giovane Guido Calogero oltre che allo storico del pensiero rinascimen-
XXX I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( l 9 2 5 - l 9 9 0 )
337
Sciacca si allontana dalla filosofia di Gentile quando riconosce alla corrente neoscolastica l
il merito di aver risvegliato le menti dal sonno dogmatico dell'immanentismo.
(Raffaello, "La liberazione di San Pietro", particolare: il soldato dormiente,
Stanza di Eliodoro, Musei Vaticani, Città del Vaticano, 1 5 1 1 - 1 5 1 4)
LA FI LOSO FIA CONTE MP O RA N EA
338
Trenta nella cultura filosofica del paese. Un ulteriore sviluppo delle te
matiche problematiciste si sarebbe avuto nelle riflessioni di Spirito nel se
condo dopoguerra, riscontrabili soprattutto nel volume La vita come
amore del 1952 e in numerosi saggi e interventi sul <<Giornale critico del
la filosofia italiana>> .
Alla sinistra gentiliana si fa appartenere generalmente anche GUIDO
CALOGERO ( 1 904-86) , che giovanissimo aveva scritto importanti saggi,
di orientamento attualistico, sulla logica e sulla filosofia antica ( del
1927 sono i Fondamenti della logica aristotelica, del 1 93 2 gli S tudi sull'e
leatismo) . Interessato anche alla filosofia dell'avversario del suo mae
stro, pubblica nel 1 930 gli S tudi crociani, confluiti successivamente nel vo
lume del 1 93 8 su La conclusione della filosofia del conoscere: un volume
che segna il suo distacco dall'attualismo ortodosso, il suo forte avvicina-
l Spirito paragona
la libertà della ricerca del filosofo alla libertà di colui che crea:
•Ogni uomo è artista e cioè tende all'ideale, all'infinito•.
(Michele Gordigiani, "Il figlio pittore Eduardo, l'architetto Egisto Fabbri e il pittore
Alfredo Muller•, Galleria Nazionale d'Arte moderna e contemporanea, Roma, 1 895)
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343
vano una sintesi felice nello scritto del l 950 Lago e dialogo. Qui Caloge
ro indica il principio del dialogo come un imperativo di tipo assoluto,
dal quale non si può prescindere nella convivenza umana. C'è in ognu
no di noi qualcosa di originario, la <<volontà d'intendere>> , che è un <<ve
ro absolutum» (La filosofia del dialogo, Ed. di Comunità, Milano, 1 962,
p. 39). È l'etica che per Calogero viene prima della logica: <<Non la lo
gica genera la morale, ma la morale la logica» (Ib., p. 43 ), per cui <<il "prin
cipio del dialogo" appare come più cogente, ed originario, del "princi
pio del logo"» (Ib., p. 44 ) .
I l principio del dialogo, l a volontà d i intendere gli altri, stanno alla
base della storia e della convivenza umana, oltre che di quel bene pre
zioso individuato nella libertà di coscienza. Su quest'ultimo tema Calo
gero scrive pagine appassionate, dettate dalla sua strenua critica di ogni
forma di intolleranza, da quella dominante negli anni del regime fasci
sta a quella degli anni della guerra fredda e della << incomprensione» e << in
comunicabilità» tra cattolici e comunisti. Calogero auspica, contro
ogni tipo di intolleranza, la <<situazione dialogica», nella quale il rispet
to della mia libertà di coscienza è indistinguibile dal rispetto della altrui
libertà di coscienza.
<<E allora si comprende perché la mia volontà d'intendere debba
sempre andare da Me verso Te, e faccia di Me qualcosa di essenzialmente
diverso da Te, qualunque sia la voce che dica Me parlando a Te. [ ...] Per
ciò quel che mi preme, l'ideale costante del mio comportamento, non è
il fatto che sia libero di pensare e criticare io, giacché tale libertà è talmen-
te intrinseca al mio pensare, anzi così iden
Nella situazione dialogica il rispetto tica senz'altro al mio esserci consapevole,
della mia libertà di coscienza che neppure lontanamente io posso imma
è indistinguibile dal rispetto ginare la sua assenza. Quel che mi preme
della altrui libertà di coscienza è che sia libero di pensare e di criticare e di
discutere tu, giacché solo in tal modo io po
trò intenderti e soddisfare realmente il mio desiderio di colloquio. [ . . . ]
Ecco perché la libertà di coscienza e di pensiero [. . .] s'identifica col con
tenuto stesso della legge etica, quando sia concepita come l'assicurazione
dell'altrui possibilità di rispondere efficacemente alla nostra volontà
d'intendere» (Ib., pp. 8 1 -82).
In queste riflessioni, che ricordano analoghe considerazioni dell'ami
co Capitini sulla non violenza e sul primato del dialogo, si intrecciano mo
tivi teorici di ascendenza liberaldemocratica con esigenze etico-religiose che
reinterpretano in maniera laica momenti centrali del messaggio originario
del cristianesimo.
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345
Il principio del dialogo costituisce il fondamento della filosofia di Calogero: egli riconosce l
nella volontà d'intendere il moto originario della socialità umana. (John Everett Millais,
"La figlia del boscaiolo", particolare, Guildha/1 Art Gal/ery, Londra, XIX sec.)
corrente nella cultura italiana; emerge pure nelle pagine della <<Rivista di
filosofia neoscolastica», per la quale sono da ricordare le valutazioni
dello stesso studioso laico citato poc'anzi: <<Il sostanziale isolamento in cui
la neoscolastica continuava così a trovarsi di fronte alle correnti più vi
ve della filosofia italiana, e la sua difficoltà a realizzarvi una più profon-
Negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, l'attività della corrente l
neoscolastica è indirizzata soprattutto alla produzione storiografica:
viene elaborata una rilettura in chiave cattolica di autori quali Campanella e Galilei.
(Jacob Sustermans, "Ritratto di Galileo Galilei", Galleria degli Uffizi, Firenze, 1 636)
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
348
za, la finitudine non può essere imputata all'uomo, se non per intervento
di ulteriori ragioni» (Ib . , p. l 7 1 ). Le ulteriori ragioni sono quelle della me
tafisica, che porta a svolgimento e superamento la fase problematicistica,
di cui quella esistenzialistica non è che una manifestazione, anzi, dice Bon
tadini, <<l'espressione più tipica>> .
I l passaggio d a questa fase dell'unità dell'esperienza indicata dall'e
sistenzialismo alla fase della metafisica avviene sulla base della spinta
all'assoluto e all'infinito, all'idea della totalità, proveniente dall'esperien
za stessa. Una spinta che porta alla distinzione tra esperienza e ragione.
L'idea dell'assoluto, afferma Bontadini, è infatti « idea o l'idea della ra
gione [ . ] L'idea dell'assoluto, in quanto è presente, appartiene all'esperien-
..
Tra i principali promotori del dibattito teorico del dopoguerra, un ruolo essenziale ebbero l
Bobbio, Geymonat e Luporini; quest'ultimo compì i suoi studi alla Normale di Pisa.
(Palazzo dei Cavalieri, sede della Scuola Normale Superiore, Pisa)
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
362
Banfi e i suoi allievi, tutti comunque con una specifica autonomia di in
teressi e posizioni, privilegiano (con l'eccezione di Paci) le tendenze razio
nalistiche, anche se si tratta di un razionalismo critico che tiene conto
delle esigenze avanzate dal <<mondo della vita>> . L'atteggiamento nei con
fronti dell'esistenzialismo è fortemente critico. Su posizioni affini si colloca
no Galvano Della Volpe, intransigente critico del romanticismo, dell'irra
zionalismo e dell'esistenzialismo <<negativo» {mentre apprezza quello <<viri
le» di Abbagnano) e Norberto Bobbio, che accomuna nella sua critica ra
zionalistico-illuministica l'esistenzialismo all'irrazionalismo e più in genera
le alle filosofie da lui definite decadentistiche. Croce e quelli a lui vicini, con
motivazioni diverse, criticano severamente l'esistenzialismo. Anche gli am
bienti neoscolastici tendono a criticare l'esistenzialismo tedesco, tendenzial
mente o palesemente ateo, mentre apprezzano, semmai, quello cattolico fran
cese, ma sempre con forti riserve.
Abbagnano, quelli a lui più vicini, Paci, e per altri aspetti e con altre
motivazioni il cattolico di orientamento spiritualista Pareyson, quello di
orientamento tomista Fabro, e pochi altri, fra cui Stefanini, privilegiano
invece le correnti esistenzialiste, magari dif
La riflessione ferenziandosi su punti chiave. Un apprez
sulle tematiche esistenzialistiche zamento positivo proviene anche da diver
ha luogo per lo più in pubblicazioni si settori dell'attualismo, che tendono ad
e riviste accademiche <<assorbire» l'esistenzialismo nell'attualismo,
o, nel più giovane Luporini, a conciliare esi
stenzialismo, attualismo e filosofie della vita nel quadro di un'attenzione
di tipo nuovo per l'essere umano nella sua materialità, nella sua condizio
ne storica effettiva, esistenziale e sociale.
L'informazione e la riflessione sulle tematiche esistenzialistiche aumenta
no verso la fine degli anni Trenta e soprattutto durante la guerra. Esse hanno
luogo per lo più in pubblicazioni e riviste accademiche, quindi con diffusio
ne ristretta. Trovano primi momenti di dibattito tra varie tendenze filosofiche
nei congressi nazionali di filosofia del 1 938 e del 1 940. Rispecchiano co
munque un clima di crescente incertezza nella opinione colta, favorito an
che dalla evidente stanchezza rispetto a posizioni teoriche ormai definite e do
minanti da tempo (attualismo, neoscolastica). Questo clima ha i suoi corri
spettivi in altri campi della opinione colta: la letteratura in primo luogo, che
in questi anni vive tra i giovani più consapevoli il rifiuto della retorica e
l'avvio di nuove tematiche portate avanti inizialmente con un'attenzione al
nuovo proveniente da un continente immune dalla retorica dei vari fascismi
e nazismi: il continente nordamericano, che offre ai Pavese, Vittorini e altri
giovani spunti e motivi di critica sempre più trasparente nei confronti del
XXX I V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
365
regime e della sua letteratura. Le vicende connesse alla pubblicazione della no
ta antologia vittoriniana, Americana, tra il 1 94 1 e il 1 942 sono a tal fine
molto significative.
Questi e altri giovani (Giaime Pintor, Giansiro Ferrata) alimentano
in particolare sulle pagine della rivista di Bottai <<Primato•• , dal 1 940 al
1 943, un dibattito culturale che investe rapidamente anche i settori
specificamente filosofici: Galvano Della Volpe p�bblica nel 1 940 una ras
segna dal titolo Taccuino del filosofo, alla ricerca di un'estetica razionali
stico-materialistica e di una filosofia che vada oltre l'attualismo in questa
direzione.
Ed è proprio su questa rivista che avviene nel 1 943, l'anno più critico per
le sorti della guerra e del regime, l'incontro-scontro fra le diverse posizioni
emerse nella cultura filosofica italiana in quegli anni sul problema dell'esi
stenzialismo: una rivista non accademica, non specificamente filosofica, a lar
ghissima diffusione rispetto alle riviste tradizionali collegate all'Università.
Prima di esaminare i punti salienti e le divergenze emerse tra i vari par
tecipanti al dibattito sull'esistenzialismo aperto su questa rivista da Abbagna
no e Paci appare opportuno, per avere più
chiaro il significato complessivo del dibat Sulla rivista "Taccuino del filosofo"
tito, soffermarci su quelle che appaiono le avviene nel 1 943 l'incontro-scontro
iniziative più rinnovatrici, nel campo filoso fra le diverse posizioni emerse
fico, nel periodo in esame: da una parte la nella cultura filosofica italiana
fondazione da parte di Banfi della rivista
«Studi filosofici» a Milano nel 1940 (ne seguiremo brevemente la vicenda,
per la sua prima serie, 1 940-44 - in quest'anno viene fatta chiudere dalle
autorità del regime -, e concluderemo con l'analisi del «manifesto» del razio
nalismo critico presentato nel saggio omonimo di Banfi scritto nel 1943 ); dal
l'altra la presentazione da parte di Abbagnano, fra il 1 939 e il l 943, della
sua forma specifica di esistenzialismo, che proporrà in forma concisa sulle pa
gine di «Primato» nel gennaio del l 943 allo scopo di aprire il dibattito su
cui ci soffermeremo più avanti.
1 2 1 9 . Abbagnano
e la proposta d i un es istenzialismo positivo
Diverso, m a con problematiche i n parte affini, è H punto di partenza
di NICOLA ABBAGNANO ( 1 90 1 -90), e in parte convergente, a noi pare, il
suo punto di arrivo, quello che trova lucida manifestazione soprattutto
nella Struttura dell'esistenza del 1939, nella Introduzione all'esistenzialismo del
1942, nel testo di apertura del dibattito sull'esistenzialismo nel 1 943, nel sag
gio di autobiografia filosofica Metafisica ed esistenza del 1944. Un punto di
arrivo molto distante dall'esistenzialismo <<negativo>> di un Heidegger o di
un Jaspers, e molto vicino a quelle istanze illuministico-umanistiche, anti
romantiche e antiirrazionalistiche, presenti, pur in un inquadramento teo
rico diverso, in Banfi.
Anche Abbagnano, infatti, nell'opera giovanile del 1923 su Le sorgenti ir
razionaU del pensiero muove dalla problematica del rapporto, della tensione, tra
il momento irrazionale, istintuale, e quello razionale dell'esperienza umana. In
quell'opera Abbagnano considerava insufficienti sia le teorie filosofiche di
tipo razionalistico, da lui lungamente esaminate, sia quelle di tipo pragmati
stico, intuizionistico o irrazionalistico: né le prime né le seconde danno ri
sposta soddisfacente al problema della tensione tra sfera irrazionale e sfera
razionale dell'esperienza umana. <<Da queste constatazioni - scrive Abba
gnano rievocando nel 1 944 il suo itinerario filosofico - ero portato ad affer
mare l'irreducibilità reciproca del pensiero e della vita [... ]. Il pensiero mi ap
pariva come un regno di prospettive variopinte e variabili nelle quali trovas
se la sua espressione e rivelazione la forza nascosta della vita. Mi appariva
come il simbolo delle situazioni, dei movimenti e dei contrasti della vita stes
sa [... ]. E come il simbolo non sta a sé, ma ricava il suo significato e il suo va
lore da ciò che esso manifesta ed esprime, così il pensiero, nei suoi atteggia
menti e nelle sue fondamentali posizioni, mi pareva non facesse altro che espri
mere a suo modo, sul piano di una logicità che non arriva mai ad essere asso
lutamente pura ed autonoma, i bisogni e gli urti, le deficienze e le aspirazioni
della vita umana>> (in Filosofi itaUani contemporanei, cit., pp. 2-3 ).
Il problema che Abbagnano non riusciva però a risolvere era quello del
le modalità del rapporto tra mondo del pensiero e mondo della vita (proble
ma analogo, si è visto, a quello di Banfi): <<In tal modo - scrive ancora Ab
bagnano - io avevo stabilito le premesse negative del mio lavoro>> (Ib., p. 4 ).
Rifiutate le prospettive razionalistiche e idealistiche da una parte, quelle prag
matistiche, mistiche, intuizionistiche e irrazionalistiche dall'altra, Abbagna
no impegna gli anni successivi a chiarire a se stesso il porsi di quel problema
nel passato antico (Aristotele), medioevale (Ockham) e moderno e con-
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
370
LA << REALIZZAZIONE>>
DEL POSSIBILE
Nicola Abbagnano, Problemi di una filosofia del possibile, 5.
che alla possibilità non si contrap il rapporto che essa deve riconosce
pone l'attualità come la pienezza re non è quello potenzialità-attua
e la concretezza dell'essere di fron lità ma quello possibilità-possibilità
te ad un essere puramente ideale trascendentale . È in questo rappor
o comu71que diminuito. V attualità to che il possibile si costituisce co
si contrappone e si lega alla po me tale e dà luogo alla propria ve
tenzialità , e l'una e l'altra sono de rificazione . Vessere di cui la filoso
terminazioni del necessario . Se la fia può parlare è , in ogni caso e sol
filosofia deve mantenersi, come in tanto , l'essere possibile .
realtà deve fare se non vuole toglie
re a se stessa l'orizzonte in cui re Tratto da, Nicola Abbagnano, Scritti
esistenzialisti, a cura di Bruno Maiorca,
spira, nella categoria del possibile, Torino, UTET, 1 988, pp. 554-56.
impone una formula [... ). Dal suo canto, è pronto alla collaborazione e alla
lotta>> (Ib . , pp. 6 1 0- 1 1 ) .
gersi all'estero quando c'è già in Italia una filosofia che può soddisfare le
esigenze manifestate dall'esistenzialismo: <<0 non è esso una delle forme in
cui negli ultimi decenni si è riaffermato l'idealismo come spiritualismo, os-
sia come concreto attualistico idealismo? E
L.:esistenzialismo originario abbiamo proprio noi Italiani bisogno di cer
ha il merito di aver contrapposto care in motivi di speculazione straniera, le
l'autonomia del mondo della vita gata a contingenti polemiche e dottrine
rispetto a quello della ragione estranee al movimento spontaneo del pen-
siero italiano , ispirazioni a una filosofia
che sul momento platonizzante e razionalistico dell'essenza faccia prevale
re il momento dell'esistenza, per esistenza ritenendo la sola che abbia un
significato per l'uomo, cioè la sua stessa esistenza quale si conquista attraver
so l'esperienza vissuta?>> (Ib., p. 383 ) .
S i deve aggiungere che non i l solo Gentile, fra gli attualisti, riteneva as
sorbibile l'esistenzialismo nell'attualismo. Fra i non attualisti, su questo pun
to concordava anche il cattolico di formazione spiritualistica collega a To
rino di Abbagnano, Luigi Pareyson, che nei suoi Studi sull'esistenzialismo
afferma tra l'altro che Abbagnano, <<nell'atto stesso in cui definisce con net
ta precisione le divergenze che dividono esistenzialismo e attualismo, coglie
la convergenza che li riunisce, e il suo pensiero è così permeato delle più
genuine istanze idealistiche>> (L. PAREYSON, Studi sull'esistenzialismo, Sanso
ni, Firenze, 1 943, p. 302).
Vediamo ora gli interventi di Banfi, Della Volpe e Luporini. Banfi, che
era intervenuto criticamente e più distesamente sul problema dell'esistenzia
lismo nella sua rivista (e vi era intervenuto anche Abbagnano oltre ai soliti
collaboratori), qui opera una distinzione tra diverse forme o versioni dell'e
sistenzialismo: l'esistenzialismo originario dell'Ottocento (Hamann, Stimer,
Kierkegaard, Nietzsche), del quale dà una valutazione positiva; quello tede
sco del Novecento (e sue propaggini spiritualistico-religiose francesi e ita
liane) , del quale dà una valutazione negativa; quello italiano di Abbagna
no, che considera una via che porta fuori dall'esistenzialismo.
I.: esistenzialismo originario ha avuto il merito, secondo Banfi, di aver
messo a nudo <<l'esperienza della irriducibilità dell'esistenza personale e
dei suoi concreti assillanti problemi, radicalmente vissuti e sofferti, ad un
ideale sistema armonico della realtà, alla legge di una continuità co
erente della vita>> ( in « Primato>> . Antologia, ci t., p. 48 1 ) . Il merito cioè
di aver contrapposto l'autonomia del mondo della vita rispetto a quello
della ragione. Il demerito degli esistenzialisti tedeschi del Novecento è
stato quello di aver interpretato in maniera astratta e metafisica questa
esperienza: <<questa esperienza vissuta e sofferta, questa fede e volontà tra-
XXXIV • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
381
to>> e poi sul <<Politecnico>>, quasi con le stesse parole, un ritorno a Cattaneo,
un grande pensatore da molti decenni dimenticato. Giovani che ritrovere
mo, quando non siano morti nella guerra contro i nazifascisti (è il caso di
Pintor, uno dei più acuti protagonisti del dibattito culturale su <<Prima
to» ) , tra i principali animatori del dibattito culturale e politico dell'imme
diato dopoguerra, in particolare sulle pagine del <<Politecnico>>. Sarà questa,
come vedremo, la rivista che inaugura la fase più libera della cultura del
dopoguerra.
XXX IV • I L D I B A T T I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
389
ha un peso enorme, rispetto al resto del paese. Croce rappresenta nel Cen
tro Sud la più alta tradizione culturale italiana, nobilitata dall'essere egli sta
to il più illustre rappresentante dell'antifascismo in Italia. Ma l'antifascismo
centrosettentrionale non faceva riferimento al palazzo patrizio del centro
storico di Napoli; faceva riferimento ad una guerra duramente combattuta,
con aspetti di guerra civile, per la liberazione dai resti di un regime sempre
più violento e sanguinario.
Questa differenza tra le due aree ( il Centro Nord è l'area più avanzata
sul piano economico, civile, culturale, con maggiori rapporti con quanto ac
cade fuori d'Italia) si riflette direttamente, possiamo dire, anche nel cam
po delle elaborazioni e del dibattito filosofici.
Le forze comuniste, insieme a quelle del partito d'azione e socialiste,
sono state all'avanguardia, nel Centro Nord, in quella lotta. Nel Sud,
quando Togliatti arriva da Mosca nel marzo del 1 944, non esistono for
ze politiche rinnovatrici che abbiano una organizzazione e una influen-
i 1n Italia,
la differenza culturale ed economica tra Nord e Sud si riflette
anche in ambito filosofico. (Comitato dei contadini di San Giorgio di Piano
durante l'occupazione delle terre, 1 950)
XXX I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
39 1
La posizione del partito comunista nella realtà culturale del dopoguerra diviene l
egemonica nel momento in cui numerosi intellettuali legati al Partito d'Azione entrano
nelle file comuniste dopo la fine del governo Parri.
(Ferruccio Parri presiede il primo governo dell'Italia libera, 1 945)
LA F I L O S O F I A C O N T E M PO RAN E A
394
teologia dei padri gesuiti (l'Università Cattolica di Milano era invece tra
dizionalmente legata ai padri francescani). Un movimento che alimente
rà, con gli annuali incontri e convegni, il dibattito filosofico tra i cattolici
nei decenni successivi.
Il quadro per così dire organizzativo delle diverse correnti di opinione
filosofica affacciatesi nel dibattito culturale del primo dopoguerra risulta ric
camente articolato, anche se sul piano specificamente teorico, come ve
dremo subito, risulta scarsamente produttivo di idee nuove. Le tre grandi
correnti di opinione filosofica (marxista, laica, cattolica) non sono masse
compatte e omogenee, anche se si presentano fortemente caratterizzate
nei loro rapporti o non-rapporti reciproci; al loro interno non appaiono mo
nolitiche e monocordi, come si può desumere da quanto si diceva poc'anzi:
ci sono diverse forme di marxismo, diverse forme di laicismo, diverse for
me di cattolicesimo.
N el periodo del dopoguerra dobbiamo distinguere gli anni 1 94 5-4 7, nei
quali i rapporti fra le tre aree esistono e sono promossi e documentati da
alcune riviste (soprattutto <<Il Politecnico>> e la «Rivista di filosofia>> ) e da
alcuni libri e interventi di cattolici comunisti o di sinistra (Balbo, Del No
ce, Rodano), e il decennio successivo, nel quale prevalgono i non-rappor
ti, e ognuna delle tre aree di opinione sviluppa dibattiti e approfondimenti
sostanzialmente per conto suo. Bisognerà attendere la fine degli anni Cin
quanta perché le acque si smuovano e riprendano i contatti e le discussio
ni fra le diverse aree.
l L'intento dell'opera
di Elio Vittorini, scrittore
e giornalista, è spronare gli intellettuali italiani
del dopoguerra alla costruzione di una nuova
società, fondata su •una cultura che protegga
dalle sofferenze, che le combatta e le elimini».
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
398
di Gramsci, "con speranza", con "il paese reale", con tutto il popolo: que
sta è la differenza tra allora e oggi, tra quella piccola borghesia in cui si
era rifugiata l'ultima serietà ideale e morale della classe borghese e il pro
letariato>> (I b . , p. 2 1 3 ) .
Balbo, Vittorini, insieme a Cesare Pavese, a Norberto Bobbio, a Gian
siro Ferrata, a Delio Cantimori, ad altri cattolici comunisti quali Franco Ro
dano e Mario Motta (il loro comune amico Augusto Del Noce prenderà
subito, invece, una strada diversa, che lo porterà su posizioni filosofiche net
tamente anticomuniste) , continueranno insieme la battaglia per un radi
cale rinnovamento culturale in senso antifascista nella collaborazione con
la casa editrice Einaudi. Presso questa casa editrice, infatti, dal 1 94 7 appa
riranno le opere di Gramsci, di Gobetti, di Dorso. Anche in questa sede, co
munque, si presenteranno i problemi del rapporto con il partito comuni
sta, dal momento che proprio su questo editore puntava Togliatti, nei pri
mi anni del dopoguerra, per estendere l'influenza del marxismo, e dal l 948
in poi del pensiero di Gramsci, nella cultura italiana.
Di fronte alle tre correnti << negative>> sta la corrente <<positiva>> del
realismo, che Banfi apprezza parzialmente in quanto nelle sue forme so
prattutto angloamericane (Moore, Russell, Whitehead, Alexander, e in par
ticolare Dewey, che con il suo strumentalismo e l'interesse per la pratica
umana e sociale può essere avvicinato al marxismo) conserva la speranza
di cambiamento nell'umanità; quella speranza che, unita all'atteggiamen
to critico della ragione, trova il suo coronamento teorico e pratico nel
marxismo. Anche la stessa filosofia di Banfi, il razionalismo critico, viene
considerata come <<assorbita» e <<coronata>> dalla filosofia che esprime gli in
teressi e le spinte del proletariato: <<La volontà rivoluzionaria e costruttiva
del proletariato, come coscienza del senso della storia e interna risoluzione
della sua propria dialettica, ha nel razionalismo critico, liberato da ogni re
siduo metafisico-coscienzialistico del suo originario terreno kantiano, e
nel realismo dialettico che vi corrisponde, la sua più vasta limpida e fecon
dante atmosfera>> (L: uomo copernicano, cit., p. 93 ).
Banfi non limita le sue critiche e i suoi apprezzamenti, si diceva, alle
filosofie straniere; si dedica anzi con virulenza anche maggiore alla disami
na delle principali correnti filosofiche operanti in Italia, correnti che indi-
Banfi paragona lo spiritualismo italiano a •una fumeria d'oppio dove tutte le energie l
si trasformano in sogni fumosi e tutte le magnifiche visioni in soddisfatto abbrutimento».
(Gaetano Previati, "Fumatrici di oppio", Galleria d'Arte moderna Ricci Oddi, Piacenza, 1887)
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
406
1 2 2 5 . G eymonat e l a proposta
di un nuovo raz ionalismo
Anche la posizione filosofica espressa da Luoovrco GEYMONAT ( 1 908-
9 1 ), nell'area torinese, con i suoi Studi per un nuovo razionalismo del 1 945 do
veva apparire a un Togliatti ben lontana dalle esigenze della lotta filosofi
ca e politica in Italia. Geymonat, infatti, anch'egli proveniente dalla lotta
partigiana ed esponente di rilievo nazionale del partito comunista, fa tabu
la rasa della cultura filosofica italiana precedente. La sua proposta di un ra
zionalismo nuovo, ancorato alla recente filosofia neoempiristica risalente al
Circolo di Vienna ( il libro contiene importanti saggi degli anni Trenta che
per primi presentavano analiticamente quella filosofia), vuole essere di ca
rattere antimetafisico e intende garantire quel legame tra filosofia, scienze
e prassi che è necessario per far progredire la cultura e la società.
Il nuovo razionalismo proposto nel libro, scrive Geymonat, «deve es
sere ben più agguerrito e penetrante di quelli che caratterizzarono i secoli
passati: esso deve contemporaneamente essere: critico, ossia capace di tene
re nel dovuto conto le obiezioni mosse contro la pura ragione dalle filoso-
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
408
fie mistiche e decadenti, fiorite negli ultimi anni; costruttivo, cioè in gra
do di soddisfare le esigenze di ricostruzione e di logicità caratteristiche del
la nuova epoca; aperto, cioè capace di affrontare i problemi sempre nuovi
che la scienza e la prassi pongono innanzi allo spirito umano>> (ed. Chianto
re, Torino, 1 945, p. VIII).
Fin qui il discorso rimane abbastanza generico. I problemi nascono,
per chi aderisce al materialismo storico e dialettico, quando Geymonat
va a precisare i caratteri e le modalità operative del tipo di razionalità pro
spettato dal nuovo razionalista: <<Naturalmente - scrive Geymonat dan
do come ovvio un concetto che tale non è - egli sa ciò che i vecchi ra
zionalisti non sapevano, e cioè che ogni ricerca razionale ha inizio con
che della filosofia marxista dellavolpiana, che, emarginata nei dieci anni suc
cessivi, ricomparirà con forza nel dibattito tra i marxisti italiani tra la fine
degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta.
Nel saggio del 1 945 Della Volpe mette a confronto due teorie del
l'emancipazione umana: quelle di Rousseau e quella di Marx. Quella di
Rousseau viene ricondotta alle sue premesse o origini platonico-cristiane.
Con il suo stile tipico, spezzato, contorto e con frequenti sottolineatu
re, Della Volpe mette in luce la contraddi-
zione che emerge in Rousseau tra libertà Della Volpe mette in luce
della persona e uguaglianza sociale, tra la contraddizione che emerge in Rousseau
istanza individualistica e istanza sociale: tra istanza individualistica
<< Così la legittimazione delle "disegua e istanza sociale
glianze" o differenze "naturali" o empiri-
che degli individui - legittimazione che consegue dalla loro giusnaturali
stica ipostatizzazione richiesta dalle premesse platoniche ossia innatistiche
- porta al tipo di eguaglianza-diseguaglianza che caratterizza i rapporti dei
membri dello Stato democratico russoiano: eguaglianza-diseguaglianza
che è, infatti, il risultato del concepire l'eguaglianza in funzione della li
bertà ( persona), ma non anche viceversa: non anche viceversa, appunto
=
nario marxiano che lo stesso Marx negli ultimi anni, ed Engels, avreb
bero un po' trascurato) , sul rapporto infine tra americanismo (Dewey) e
comunismo (anche in questo caso vengono indicati, pp. 1 23 sgg., i limi
ti metafisici e borghesi del pensiero di Dewey, rispetto al quale quello mar
xista comunista rivela la sua superiorità).
1 2 2 8 . La l inea Togliatti:
verso l'operazione G rams c i
L e proposte filosofiche degli intellettuali comunisti dell'area toscana
(Luporini, Cantimori e il gruppo di <<Società» ) , romagnola (Della Volpe),
torinese (Geymonat) e milanese (Banfi e i gruppi di «Studi filosofici» e
del «Politecnico» ) avevano in comune - abbiamo cercato di documen
tarlo - l'esigenza di ripartire su basi nuove rispetto alla recente tradizio
ne filosofica italiana: basi ricercate prevalentemente nella riflessione fi
losofica straniera, nelle sue varie direzioni di ricerca, dal Settecento al
Novecento, e solo marginalmente in alcuni autori filosoficamente trascu
rati della tradizione italiana (Cattaneo, Leopardi). Togliatti, la cui forma
zione teorica e la cui preparazione culturale erano prevalentemente fon
date sulle esperienze e sulla tradizione culturale italiane, considerava
astratte quelle proposte, nel senso che per lui il compito principale de
gli intellettuali comunisti era quello, nella situazione politica specifica
che si viveva allora, di fare i conti con la tradizione culturale e filosofi
ca italiana, per svolgerne dall'interno le potenzialità democratiche e di
rinnovamento.
Nel biennio 1 945-47 Togliatti non è ancora in grado di fornire il ma
teriale e gli strumenti della linea politico-culturale alternativa rispetto
a quella degli intellettuali del Centro Nord. Ma già nel discorso com
memorativo del decennale della morte di Gramsci, dell'aprile 1 94 7 ,
vengono poste chiaramente le basi della sua alternativa: saranno gli scrit
ti e il pensiero di Gramsci degli anni del carcere, sconosciuti del tutto
alla cultura italiana ( l'ultimo scritto gramsciano conosciuto era quello
su Alcuni temi della questione meridionale del 1 926), a costituire il mate
riale e gli strumenti della battaglia di rinnovamento filosofico e cultura-
XXXIV • IL DIBATTITO FILOSOFICO IN ITALIA ( 1925-1990)
419
Tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, Togliatti si fa promotore l
di una serie di iniziative atte a incoraggiare un rinnovamento della cultura italiana.
(Renato Guttuso, "l funerali di Togliatti", Galleria d'Arte moderna, Bologna, 1 9 72)
LA FI LOSO FIA C O N T E M P O RA N EA
422
dizione culturale e filosofica del paese (gli scritti di Gramsci, le sue rifles
sioni e analisi sulla storia e la società italiane) . L'intento politico-cultu
rale di fondo, nei tempi duri della opposizione al sistema di potere con
servatore rafforzatosi dopo le elezioni del 1 8 aprile del l 948, è quello di
evitare l'isolamento, di conservare e possibilmente accrescere la presa sul
la cultura italiana realizzata negli anni 1 945-4 7, di prepararsi per una ri
presa, che non tarderà a verificarsi, con luci e ombre, dopo i <<dieci in
verni» della guerra fredda.
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
423
194 7 , 195 6 .
S ' i mpone Gramsc i .
Con t inu i t à fra i cattolic i . L'ora de i lai c i
fici della filosofia della prassi nella sua fase attuale, riconducendone l'ori
gine sia all'esperienza tedesca ( Hegel-Marx) sia a quella italiana (Labrio
la) . Egli sottolinea la svolta antinaturalistica, antidualistica, operata da
Hegel rispetto alle filosofie precedenti, e la continuazione di tale svolta, in
senso non più hegelianamente speculativo, da parte di Marx. Riportiamo un
passo chiave, che documenta il persistente legame con l'interpretazione gio
vanile di Gentile, che aveva ispirato il giovane Gramsci: <<Fino alla filoso
fia classica tedesca, la filosofia fu concepita come attività ricettiva o al
massimo ordinatrice, cioè fu concepita come conoscenza di un meccani
smo obiettivamente funzionante all'infuori dell'uomo. La filosofia classica
tedesca introdusse il concetto di "creatività" del pensiero, ma in senso
idealistico e speculativo. Pare che solo la
La scienza fta come oggetto filosofia della prassi abbia fatto fare un pas
e interesse il rapporto tra l'uomo so avanti al pensiero, sulla base della filo
e la realtà con la mediazione sofia classica tedesca, evitando ogni tenden
della tecnologia za al solipsismo, storicizzando il pensiero in
quanto lo assume come concezione del mon
do, come "buon senso" diffuso nel gran numero (e tale diffusione non sa
.
rebbe appunto pensabile senza la razionalità o storicità) e diffuso in modo
tale da convertirsi in norma attiva di condotta>> (Ib., p. 23 ).
Gramsci insiste ricorrentemente, nelle pagine successive, su questo
carattere antinaturalistico della filosofia della prassi (per esempio quando
identifica la natura umana con il complesso dei rapporti sociali, pp. 3 1 -32,
o quando afferma che la scienza ha come oggetto e interesse non <<l'ogget
tività del reale, ma l'uomo che elabora i suoi metodi di ricerca, che rettifi
ca continuamente i suoi strumenti materiali che rafforzano gli organi senso
ri e gli strumenti logici ( incluse le matematiche) di discriminazione e di
accertamento, cioè la cultura, cioè la concezione del mondo, cioè il rap
porto tra l'uomo e la realtà con la mediazione della tecnologia » , p. 5 5 ) .
Vedremo più avanti le critiche sia d i Luporini, sulla sottovalutazione della
<<naturalità» dell'essere umano in Gramsci, sia di Geymonat, sul carattere
datato, obsoleto, delle considerazioni gramsciane sulla scienza.
Dopo aver riconosciuto il valore di Labriola nella rivendicazione dei
caratteri specifici della filosofia della prassi Gramsci procede a definire
tale filosofia come storicismo, come culmine della storia moderna, e a
differenziarla dallo storicismo crociano: <<La filosofia della prassi presup
pone [. . .] la Rinascita [Rinascimento] e la Riforma, la filosofia tedesca e
la Rivoluzione francese, il calvinismo e l'economia classica inglese, il libe
ralismo laico e lo storicismo che è alla base di tutta la concezione moder
na della vita. La filosofia della prassi è il coronamento di tutto questo
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 · 1 9 9 0 )
427
Gramsci dedica molte pagine alla presentazione dei vari aspetti del
pensiero - e dell'attività pratico-politica - di Croce: dall'estetica alla sto
riografia, dal pensiero politico a quello più generalmente filosofico. Soffer
mandosi in maniera particolare su quest'ultimo aspetto, che è poi quello
più importante, anche se si manifesta non tanto in un sistema filosofico quan
to nel complesso delle attività di Croce, Gramsci propone la sua tesi dell'a
nalogia tra il rapporto Hegel-Marx e quello Croce-marxismo attuale. Croce
ha svolto le sue ricerche ed elaborazioni su un terreno sanamente laico e
storicistico, scrive Gramsci, senza però abbandonare del tutto il carattere spe
culativo di quelle; per cui <<l'opposizione tra il crocismo e la filosofia della pras
si è da ricercare nel carattere speculativo del crocismo>> (Ib., p. 1 89).
In un breve passo successivo Gramsci precisa il terreno comune (lo
storicismo) tra Croce e la filosofia della prassi, e le divergenze: <<La filoso
fia della prassi è la concezione storicistica della realtà, che si è liberata da
ogni residuo di trascendenza e di teologia anche nella loro ultima incarna-
l Gramsci si interessa
alla filosofia della prassi
di Croce, per sottolinearne
il legame con il marxismo.
(Il filosofo Benedetto Croce)
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
429
ghesia, giacché opera in una varietà di campi molto più ampia di quella in
cui opera Gentile, più vicino alla figura dell'intellettuale specialista. Gen
tile eserciterà una influenza molto vasta, lo sappiamo, specialmente tra i
filosofi in senso stretto, accademico; Croce la eserciterà tra gli intellettuali
in senso largo (storici, letterati, critici, giornalisti e altro).
Per circa un decennio la cultura di sinistra - ma non solo quella, lo si ac
cennava precedentemente - leggerà avidamente gli scritti di Gramsci, il cui
insegnamento darà i suoi frutti migliori nel campo della storiografia (an
che in quella filosofica, si pensi a Garin e a quelli a lui vicini) , della storia
e critica letteraria, e forse anche del giornalismo; certamente, non nella fi
losofia, dove invece troveremo gli autori più innovativi su posizioni so
stanzialmente critiche nei confronti dello storicismo gramsciano.
Fra i filosofi di area cattolica continua, nel dopoguerra, da una parte, al
l'Università Cattolica di Milano, il dibattito interno tra neoscolastici tra
dizionali (neotomisti) e rinnovatori della metafisica classica (Bontadini e
quelli a lui vicini), con propaggini nell'area padovana (Marino Gentile, Um
berto Padovani); dall'altra, a Torino, Genova e in altre sedi, la riflessione de
gli spiritualisti, parzialmente rinnovata dal filone personalista o esistenzia
lista (Pareyson, Mathieu, Stefanini, Prini, Rigobello).
La Cattolica di Milano, si diceva, continua la tradizione neoscolasti
ca, rinnovata negli anni precedenti da Bontadini (il quale ripercorre il suo
itinerario filosofico nei due volumi Dall'attualismo al problematicismo del 1946
e Dal problematicismo alla metafisica del l952) e in parte dal più anziano Um
berto A. Padovani, che nel 1 948 preferirà trasferirsi a Padova. Qui con
Marino Gentile e Carlo Giacon alimenterà una importante scuola di stori
ci e teorici interessati a una ripresa di studi e a una reinterpretazione dal pun
to di vista cattolico della metafisica classica.
Bontadini continua in questi decenni a ripensare il destino storico
della metafisica classica. Rievocando le sue posizioni di questo periodo egli
scrive di aver operato convinto che <<in questa metafisica (il cui arco stori
co va da Parmenide a Gioberti e a qualche contemporaneo) giaccia una
verità essenziale, che, spesso non avvertita, mai è stata colpita» (in La filo
sofia dal '45 ad oggi, a cura di V. Verra, ERI, Torino, 1 976, p. 452 ) . Chi ha
tentato di colpirla è stato lo gnoseologismo moderno, culminato nell'idea
lismo immanentistico di Gentile: <<Ma l'esito di quello gnoseologismo, che
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431
Pareyson non ritiene però che questa via d'uscita ( umanismo e marxi
smo) sia l'unica possibile. Egli afferma infatti che c'è un'altra maniera di
affrontare la consapevolezza della crisi attuale espressa dall'esistenzialismo:
è la consapevolezza offerta dal cristianesimo, che sposta l'accento dalla con
siderazione dell'uomo d'oggi alla considerazione dell'uomo in sé, della sua
essenza, del suo rapporto con l'eterno: <<All'esistenzialismo che non è se non
l'assolutizzazione dell'uomo d'oggi nella sua crisi si contrappone in tal modo
l'esistenzialismo che riconduce la crisi dell'uomo d'oggi alla natura dell'uo
mo in sé>> (Ib . , p. 2 5 6 ) . L'esistenzialismo, infatti, <<ha posto in luce che
l'uomo non è Dio. Da un lato l'esistenzialismo di tendenza umanistica: la
LA LIBERTÀ DI FILOSOFI
E D I NON FILOSOFI
Nicola Abbagnano, Filosofia e libertà (1 950).
due massime manifestazioni della fi re. Se lafilosofia odierna deve pren
losofia dell'Ottocento , l'idealismo e dere coscienza della sua coinciden
il positivismo . Per esso , l'uomo e za essenziale con la libertà indivi
la sua storia sono la realizzazione e duale , deve abbandonare decisa
la manifestazione di un principio in mente le categorie romantiche e tro
finito, variamente chiamato (Ragio vare il suo precedente storico nell'il
ne assoluta, Idea autocosciente, Spi luminismo . Il filosofo non può oggi
rito infinito , Umanità, Inconoscibi pretendere di essere la voce stessa
le) , ma il cui tratto essenziale è quel dell'Infinito e dell'Assoluto e non
lo di realizzarsi infallibilmente nel può, in virtù di questa pretesa, limi
l'uomo e garantire il carattere neces tare o manomettere la libertà altrui.
sariamente progressivo della sua tra È un uomo libero che parla ad altri
dizione storica. La filosofia roman uomini liberi , cercando di svegliarli
tica ha una tendenza insopprimibi e di chiamarli alla loro stessa liber
le (che si è manifestata tipicamente tà. E non pretende di insegnare o di
in Hegel e in Comte) all'assolutismo rigere , ma vuole solo mettere a di
dottrinale e politico. Il filosofo ro sposizione di tutti certi chiarimenti
mantico non parla da uomo ad al fondamentali intorno all' uomo ed al
tri uomini , ma parla in nome di un mondo, che egli stesso deve , in buo
principio infinito che lo rende in na parte, all'opera ed al lavoro de
fallibile e di fronte al quale non gli altri . La filosofia è un colloquio
possono né debbono esistere dispa tra uomini liberi, e il suo compito
rità di credenze , di opinioni o di at fondamentale è quello di consoli
teggiamenti. Ogni appello a una li dare e garantire la libertà di que
bertà, che non sia la semplice ade sto colloquio.
sione necessaria alla verità da lui
Tratto da, Nicola Abbagnano. Scritti
espressa, è condannata dai filosofo
neoilluministici, a cura di Bruno Maiorca,
romantico come deviazione ed erro- Torino, UTET, 2001, pp. 1 1 2-15.
------ ��------
XXXIV • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
437
l Con l'ascesa al soglio pontificio di Giovanni XXIII nel1 958 inizia una fase
di distensione tra il mondo marxista e quello cattolico, dopo le tensioni della guerra fredda.
(Cerimonia di elezione di Giovanni XXIII nella Loggia della Basilica di San Pietro,
4 novembre 1 958)
X X X I V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - l 9 9 0 )
439
riodi il suo interesse per la logica considerata non da un punto di vista tec
nico-specialistico ma filosofico ( importanti in proposito i due volumi su
Logica formale e logica trascendentale, 1 95 7-65 ) . Alla sua scuola si forma
Marcello Pera, che negli anni Settanta offrirà notevoli contributi al di
battito e allo studio su problemi epistemologici.
Meno importante filosoficamente, anche se molto influente sul pia
no accademico, è l'opera di M. F. Sciacca nel dopoguerra (dal l 946 ha
una sua rivista, il <<Giornale di metafisica>> ) : egli continua il filone agosti
niano-rosminiano (del 1 95 1 è I.: interiorità oggettiva) , e successivamente il
suo spiritualismo interioristico sfocia in una filosofia dell'integralità con
forti accentuazioni realistiche e oggettivistiche ( del 1 959 è Filosofia e meta
fisica) . La sua scuola ha centro a Genova e si espande a Pavia. A Roma ope
ra nel dopoguerra Enrico Castelli (nato nel 1 900), con interessi filosofici
e religiosi complessi, tra spiritualismo ed esistenzialismo, e cura dal l 946
importanti e influenti numeri monografici dell'<<Archivio di filosofia>> , con
collaboratori italiani e stranieri. Tra gli autori che si formano a Roma, in un
ambiente abbastanza aperto e vario filosoficamente, ricordiamo qui Fran
co Bianco, con forti interessi per l'ermeneutica. Altri autori potremmo
nominare, ma torneremo più avanti a trattare in maniera ravvicinata
quest'area filosofica.
Bisogna sottolineare il fatto che tra area marxista e area cattolica
non è più possibile alcun confronto sereno e costruttivo, dopo l'inizio
della guerra fredda e soprattutto dopo la scomunica dei comunisti ( iscrit
ti al partito e perfino semplici elettori) da parte del Vaticano nel 1 949.
Vi è anche da dire che in generale i toni
da crociata anticomunista che il cattoli Il rivoluzionario papato
cesimo impegnato politicamente adotta in di Giovanni XXIII è caratterizzato
questo periodo sono sos tanzialmente da una forte volontà di dialogo
estranei alle filosofie cattoliche cui abbia- con gli erranti al di là dell"errore
mo fatto cenno. Esse operano, a differen-
za di quanto era successo - almeno per la neoscolastica - durante il fasci
smo, in una sfera diversa, abbastanza appartata rispetto al dibattito po
litico. Una ripresa di dialogo sarà possibile quando le cose cambieran
no sia ai vertici del mondo comunista {destalinizzazione) sia soprattut
to ai vertici del mondo cattolico ( il rivoluzionario papato di Giovanni
XXIII, iniziato nel l958 e caratterizzato da una forte volontà di dialogo
con gli << erranti>> al di là dell' <<errore>> e da una fortissima volontà di
rinnovamento del cattolicesimo, iniziato con il Concilio Vaticano Se
condo ) . Da parte dell'area comunista, comunque, un tentativo di dia
logo avrà luogo alla metà degli anni Cinquanta.
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
440
(Paci, Preti, Cantoni) e, ancora da Milano, Mario Dal Pra e il più giovane
Ferruccio Rossi Landi, quindi da Firenze Eugenio Garin (e il più giovane Pao
lo Rossi, suo allievo ma poi collaboratore di Banfi a Milano prima di ritor
nare a Firenze nei primi anni Cinquanta) e da Bologna, negli anni Cinquan
ta, alcuni giovani di provenienza in parte cattolica (Antonio Santucci,
Alberto Pasquinelli, Nicola Matteucci).
Gli uomini guida dell'area laica, in questo decennio, sono Abba
gnano, il più anziano, e i pressoché coetanei Bobbio, Geymonat, Paci, Pre
ti, Dal Pra e Garin: le riviste più importanti di quest'area sono la torine
se <<Rivista di filosofia» diretta da Bobbio e Abbagnano e la milanese <<Ri
vista di storia della filosofia>> diretta da Dal Pra, cui si affiancheranno
nel 1 956 Garin e Preti. Appartengono anche a quest'area la rivista di Can
toni << I l pensiero critico» fondata a Milano nel 1 950 e quella di Paci
<< aut aut» fondata nel 1 95 1 sempre a Milano (gli antichi collaboratori
di Banfi non avevano aderito alle conclusioni materialistico-dialettiche
del loro maestro, divenuto nel 1 948 senatore, che chiude << Studi filoso
fici» nel 1949). Collegate a quest'area tramite soprattutto Geymonat, Pre
ti, Silvio Ceccato e Vittorio Somenzi ma con un indirizzo più speciali
stico, sono le riviste legate ai Centri di studi metodologici di Torino,
Milano e Roma, <<Analisi» ( 1 945-46, Milano) , <<Sigma» ( 1 947, Roma),
<<Methodos» ( 1 949-64, Milano).
Un'area, quella laica, come pure quella marxista degli anni 1 945-47 e
quella cattolica del periodo in esame, che opera soprattutto nelle zone
centrosettentrionali, con centro di irradiazione e di organizzazione localiz
zato a Torino e Milano, con le propaggini di Bologna e Firenze.
L'area laica non si esurisce, comunque, in quei centri. A Roma, in que
gli stessi anni, operano personaggi legati al filone attualistico (Ugo Spi
rito, Guido Calogero) o a quello crociano
( lo stesso Calogero, Carlo Antoni) oppu Le riviste più importanti dell'area laica
re a quello spiritualistico ed esistenziali sono la torinese "Rivista di filosofia"
stico (Enrico Castelli) , o portatori di filo e la milanese
sofie attente ai fatti umani (Franco Lom- "Rivista di storia della filosofia"
bardi) , o interessati in maniera eclettica a
diverse correnti filosofiche (Paolo Filiasi Carcano, tra neopositivismo,
fenomenologia ed esistenzialismo), tutti molto influenti sul piano accade
mico, ma prosecutori di linee di pensiero già consolidatesi prima della
seconda guerra mondiale, e quindi non molto ascoltati dalle giovani gene
razioni. Più a Sud vengono in qualche maniera continuate le tradizioni
di Aliotta (Pietro Piovani e Cleto Carbonara a Napoli), di Gentile, o di
Croce (Raffaello Franchini).
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
442
Si è detto poc'anzi che questa area laica vive nel decennio in esame il
suo momento di maggiore influenza, pur non producendo, complessivamen
te, nessuna opera di particolare rilievo teorico. In quest'area si rifugge dal co
struire sistemi, dottrine compiute e generali. Atteggiamento comune è quel
lo del richiamo a una ragione terrena, le cui tecniche non hanno nulla di
teologico, di metafisica, di scientistico. Una ragione che non <<vola» alto,
ma si trattiene al livello empirico delle ricerche scientifiche, storiografi
che, sociologiche, giuridiche, etiche, e di altri campi del sapere, con il
compito di rendere chiara la condizione in cui gli esseri umani si trovano a
operare: nel mondo naturale, nel mondo sociale, nella storia concreta e
nei problemi che in essa si incontrano.
È la linea che Abbagnano, il maestro riconosciuto di questo movimen
to, aveva già proposto nei primi anni Quaranta, e che ripropone in saggi,
volumi e interventi vari, nel decennio in esame. Dai saggi su L: esistenzia
lismo positivo del 1 948 a quelli raccolti poi nel volume del 1 956 Possibilità
e libertà ( tra i quali molto influenti sono stati L: appello alla ragione e le tec
niche della ragione del 1 952 e Morte o trasfigurazione dell'esistenzialismo del
1 95 5 ) questa linea viene riproposta e arricchita con aperture ai problemi
delle metodologie scientifiche, di quelle di
Atteggiamento comune dell'area laica è storiografia filosofica, e ad autori che svol
il richiamo a una ragione terrena, , geranno un ruolo importante nel movi
le cui tecniche non hanno nulla mento neoilluministico (Dewey, soprattut
di teologico, di metafisico, di scientistico to, e l'ultimo Wittgenstein) . Ma l'influen-
za maggiore, più continua e diffusa, Ab
bagnano l'ha esercitata con la sua Storia della filosofia, la cui prima edizio
ne esce in tre volumi dal 1 946 al 1 950. Qui i filosofi vengono presentati
nella loro irriducibile singolarità e <<libertà>> . Non sono affatto i tasselli
di un mosaico o i gradini di una scala; non sono <<precorritori>> o <<supe
ratori>> rispetto a un presente e a un passato connessi in una catena che
ha un inizio e una fine ben precisi. La storiografia idealistica e quella
cattolica, ciascuna con una sua verità che consente di valutare il contri
buto di ogni filosofo, vengono messe da parte non con manifesti polemi
ci ma con la pratica di un'altra storiografia: quella, appunto, che unendo
istanze esistenzialistiche e istanze neoilluministiche studia e presenta
ciascun pensatore in relazione al proprio contesto di appartenenza e alle
proprie progettualità teoriche.
Questa linea, abbastanza comune all'insieme dell'area laica d i
orientamento neoilluministico ( o razionalista critico, come h a preferito
chiamarlo Dal Pra), non viene soltanto affermata sul piano teorico e pro
grammatico; essa viene concretizzata con iniziative di diverso tipo: dai
XXX I V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( ! 9 2 5 - ! 9 9 0 )
443
convegni, con presenze molto limitate e con temi molto specifici, alle tra
duzioni e agli studi su autori fino allora poco frequentati nella cultura
filosofica italiana.
Quest'ultimo è un aspetto molto significativo, che ha lasciato segni
indelebili, nel dibattito filosofico dell'epoca. Fino ad allora, infatti, di mol
ti autori estranei alla tradizione idealistica e a quella cattolica si aveva una
conoscenza molto vaga, e i loro testi non erano a disposizione né in ori
ginale né in traduzione. Ora, invece, è un fervore di iniziative editoriali
che consentono la circolazione di autori e testi del tutto nuovi. Abba
gnano, per esempio, svolge un lavoro di grande importanza, in questo cam
po: sia con la sua piccola casa editrice (la Taylor, che pubblica soprattut
to i testi teorici di orientamento esistenzialistico di Abbagnano, Paci e Pa
reyson, oltre che studi critici, di Chiodi e di altri, su Heidegger e Hus
serl), sia con la sua presenza alla Utet (la sua Storia della filosofia e soprat
tutto la direzione della collana di Classici della filosofia, nella quale appa
re la traduzione a cura di Chiodi di Essere e tempo di Heidegger) sia con
l'influenza sulla Paravia (qui egli stesso presenta Dewey, Preti presenta Car
nap, Ferruccio Rossi Landi presenta Charles Morris) . Bobbio, a sua vol
ta, svolge un lavoro altrettanto importante presso la casa editrice Einaudi,
nella quale cura la collana di
studi filosofici dove, con la
collaborazione di Geymonat e
altri più giovani, escono im
portanti testi: sia sul neopo
sitivismo (Weinberg), sulla fi
losofia del linguaggio ordina
rio di Oxford {Ferruccio Ros
si Landi cura l'edizione ita
liana dell'opera maggiore di
G ilbert Ryle con il titolo Lo
spirito come comportamento ) ,
sul pragmatismo (Visalberghi
cura la traduzione di Logica ,
teoria dell'indagine di Dewey) ,
sulla logica moderna (Geymo-
nat cura un'edizione di scritti di Frege; più tardi uscirà l'Introduzione alla
logica dell'oxoniense Strawson); sia su recuperi di pensatori italiani pre
cedentemente trascurati (Geymonat cura la raccolta di saggi di Erminio
Juvalta su I limiti del razionalismo etico) , tra i quali la linea Cattaneo-Go
betti, o di classici moderni divenuti attuali ( Feuerbach, il giovane
Marx). Ancora Geymonat, Preti, Dal Pra (con gli editori Bocca a Milano) ,
opereranno perché vengano tradotti presso altre case editrici autori con
temporanei (da Russell a Carnap a Dewey) . Escono fascicoli monografici
della rivista di Dal Pra su questi autori appena citati.
Per quanto riguarda i convegni, per iniziativa soprattutto di Abbagna
no e con la collaborazione di Bobbio e Geymonat, se ne svolsero diversi, an
nualmente, dal 1 953 in poi, fra Torino, Milano e Firenze. I più importanti
sono i primi, fino al l 957. I temi, nel susseguirsi dei convegni, sono: scien
za e filosofia, nel l 953, con relazioni di Geymonat, Preti e Abbagnano,
che orientano il dibattito anche sulle scienze umane quali la sociologia; si
gnificato e valutazione, nel 1954, con relazioni di tre giovani, Pasquinelli,
Scarpelli e Viano, e il confronto tra filosofia analitica di orientamento
neopositivistica e filosofia analitica di orientamento oxoniense; l'analisi del
linguaggio storiografico, nel 1955, con relazioni, oltre che del grande stori
co Arnaldo Momigliano, dei due giovani Pietro e Paolo Rossi, che con
frontano le rispettive posizioni metodologiche; la storiografia filosofica,
nel 1 956 a Firenze, con relazioni di Garin, Dal Pra e Paci, che rispettivamen
te affrontano e discutono i concetti di unità, superamento e precorrimento
nella storiografia filosofica; cultura e civiltà, nel 1 95 7 , con relazione di
Pietro Rossi, che introduce il dibattito su altre scienze umane, quali l'an
tropologia e l'etnologia.
nel 1 953 nel volume, che eserciterà una grande influenza, Saggi di filo
sofia neorazionalistica. Egli fa riferimento in maniera esplicita al nuovo il
luminismo di Abbagnano, anche se usa più frequentemente, per indi
care le stesse posizioni teoriche, l'espressione <<razionalismo critico•• o
«neorazionalismo».
Il razionalismo critico professato da Geymonat si differenzia sia dal
razionalismo dogmatico sia da quello scientistico, nel senso che evita,
di queste due forme, il carattere e le am
È l'uomo concreto, bizioni assolutistici: «<l nuovo razionalista
storicamente dato non va alla ricerca di princìpi metafisici
che va considerato l'unico artefice evidenti, eterni e indiscutibili, sui quali
della razionalità fondare una scienza assoluta; ma si sforza
di determinare con estrema precisione, di
volta in volta, tutti i concetti con i quali opera, tutti i postulati dei qua
li si serve, tutte le trasformazioni che accetta come logicamente corret
te. E poi con spirito galileiano tenta di modificare, ora i concetti, ora i po
stulati, ora i princìpi logici, per vedere che cosa possa scaturire da tali mo
difiche» (ed. Einaudi, Torino, 1 953, p. 23 ) .
U n razionalismo, precisa Geymonat, che è insieme estremamente mo
desto ed estremamente superbo, perché non deve rendere conto ad alcuna
autorità esterna o trascendente, e perché «è l'uomo concreto, storicamente
dato, l'uomo finito di cui parlano gli esistenzialisti, che va considerato l'uni
co artefice della razionalità. È esso, e non qualcosa di superiore a lui, la
fonte e l'arbitro del sapere» (Ib. , p. 25 ) . Geymonat, insieme ad Abbagna
no, individua in un filosofo come Dewey l'espressione teorica corrisponden
te a queste posizioni di razionalismo critico o neoilluminismo, e sottolinea
l'importanza che deve avere la ricerca metodologica (anche qui in concor
danza con i frequenti richiami di Abbagnano) negli sviluppi liberi e concre
ti di questo razionalismo. Passa da questa accentuazione della importanza
della consapevolezza metodologica per il carattere critico della ricerca, il rap
porto tra filosofia e scienze. La ricerca filosofica «integra l'opera dei meto
dologi, valorizzandola su di un piano non puramente scientifico» (Ib., p. 3 1 ) .
Il rapporto con l e scienze, tramite il comune ricorso alla metodologia,
evita di ricadere in una razionalità astratta, sistematica e metafisica, e fa «del
neorazionalismo, più un atteggiamento di pensiero (un modo di affrontare
i problemi filosofici) che non una vera e propria filosofia nel senso tradi
zionale del termine» (Ib. , p. 40).
Geymonat collega infine il neorazionalismo (prendendo le distanze dal
convenzionalismo di matrice neopositivistica dell'opera del 1 945) al tema
della storicità e strumentalità delle tecniche, che per l'uomo devono rap-
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
45 1
Alla fine degli anni Cinquanta Paci avrebbe poi coniugato Husserl
(soprattutto l'ultimo Husserl, quello poco frequentato da Banfi) con Marx,
sempre spinto dall'esigenza di approfondire le relazioni concrete degli uo
mini nella società e nella storia, e avrebbe inaugurato una stagione di di
battiti molto serrati, con alcuni pensatori di area marxista, su tali temati
che. Nei primi anni Cinquanta, comunque, le ragioni di convergenza ri
spetto ad Abbagnano e ai neoilluministi prevalgono sulle ragioni di divergen
za, che pure esistono.
Meno complesso teoricamente, anche perché più legato a interessi di sto
riografia filosofica, l'itinerario di Mario Dal Pra ( 19 14-92). Formatosi a Vi
cenza all'insegnamento del vecchio Erminio Troilo, di tendenze realistiche,
passa attraverso una fase di interesse immanentistico (idealismo crociano, più
che gentiliano), dalla quale esce durante la guerra e la partecipazione alla Re
sistenza fra gli azionisti a Milano (molto vicino a Parri), dove trascorrerà il
resto della sua vita, formando una scuola notevole di storici della filosofia.
Dalla Resistenza esce anche con una crisi personale che gli farà abbandona
re la fede religiosa. Un'esperienza analoga sarà quella dell'amico e collega An-
l Dal Pra partecipò alla Resistenza militando nel Partito d'Azione e collaborando
con uno dei suoi esponenti più noti, Ferruccio Parri; l'esperienza provocò nel filosofo
una profonda crisi religiosa.
(Il Comando generale del corpo volontari per la libertà sfila a Milano il 6 maggio 1 945;
il terzo da sinistra è Ferruccio ParriJ
X X X I V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
455
drea Vasa ( 19 1 4-80), anch'egli passato, dopo una formazione religiosa, at
traverso l'immanentismo (gentiliano), e approdato ad una sorta di religiosi
tà laica che sfocierà, nei primissimi anni Cinquanta, in quella posizione, con
divisa con Dal Pra, nota come <<trascendentalismo della prassi>>, Vasa rac
coglierà nel volume del 1 957 Ricerche sul razionalismo della prassi le sue idee,
e le svilupperà nei due decenni successivi di insegnamento a Firenze.
Dal Pra fonda nel l 946 la <<Rivista di storia della filosofia>> ( dopo
qualche anno l'aggettivo <<critica>> verrà aggiunto alla prima parola della
testata), e, anche attraverso il suo impegno nella casa editrice Bocca, con
tribuisce con grande operosità all'arricchimento della storiografia filosofica,
pubblicando in poco più di dieci anni (dai primi anni Quaranta ai primi
anni Cinquanta) importanti volumi sulla filosofia antica (lo scetticismo gre
co e altro), su quella medioevale (Scoto Eriugena, Giovanni di Salisbury,
Amalrico di Bène, Nicola di Autrecourt), e soprattutto su quella moderna
(Condillac e Hume, sul quale ritornerà in maniera ricorrente con inter
pretazioni sempre più approfondite).
Sul piano teorico, si è detto, Dal Pra approda nei primi anni Cinquan
ta insieme all'amico Vasa al trascendentalismo della prassi, dal quale si dis
tacca molto presto anche per l'influenza di autori come Dewey e Marx,
che lo spingono ad elaborare uno storicismo concreto e umanistico che
starà alla base del suo lavoro storiografico.
Lo stesso Dal Pra, con chiarezza e precisione, ha descritto questo suo
itinerario: <<Dapprima ho ritenuto di orientarmi attraverso un superamento
critico dell'attualismo gentiliano, nel quale avevo còlto un'accentuazione del
motivo della prassi. Ne ho ricavato quell'orientamento che, indicato come
trascendentalismo della prassi, insisteva sulla priorità dell'iniziativa e della
responsabilità umana rispetto ad ogni compito conoscitivo e criticava la pre
tesa di circoscrivere comunque quella iniziativa entro il quadro prestabilito
da un significato già acquisito dell'essere che
alla conoscenza spettava appunto di rilevare Dal Pra
in assoluto. Di qui una sorta di intenziona contribuisce con grande operosità
lità religiosa dell'azione, volta a trascende all'arricchimento
della storiografia filosofica
re il dato ed a tentare, per via pratica, la ri
cerca di un valore eccedente della realtà.
In un secondo momento mi è parso, però, che questa prospettiva da un lato
finisse per attribuire alla prassi un nuovo carattere di assolutezza, in contra
sto con i molti limiti che essa incontra nell'esperienza umana, e dall'altro aves
se come risultato sia un estremo impoverimento degli strumenti finiti per la
trasformazione del mondo storico, sia un'eccessiva restrizione del contribu
to che la teoria poteva effettivamente recare a quel compito pratico. Ho
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
456
Preti, e, sostanzialmente, anche di Dal Pra. <<La ricerca storica effettiva - scri
ve in proposito Garin -, specialmente nel periodo fra guerra e dopoguerra, mi
se per me in crisi, insieme con questo modo di intendere la storia della filoso
fia, il concetto stesso di filosofia. Impegnato a esplorare il moto delle idee in
un periodo di rinnovamento profondo - il trapasso dal cosiddetto medioevo
all'età moderna - mi si venne chiarendo come una "rivoluzione" culturale aves
se distrutto ben altro che i contenuti e gli oggetti del sapere [... ]. Il lavoro sto
rico [...] scopriva, al posto della filosofia come sviluppo autonomo di un sapere
autosufficiente, una pluralità di campi d'indagine, di impostazioni, di visioni,
ove l'unità del filosofare si configurava come un livello di consapevolezza cri
tica; al limite, come un'esigenza di unificazione di campi di ricerca. La storia del
la filosofia si faceva analisi del divenire di forme dell'attività umana, critica del
le visioni d'insieme, indagine delle loro radici reali>> (Ib., pp. 450-5 1 ).
Queste ultime precisazioni rendono chiaro come l'incontro con l'appel
lo di Abbagnano e l'attenzione di Geymonat per le tecniche, per una ra
zionalità non separabile dai contesti dei campi di ricerca, per la dimensio
ne umana del sapere o meglio dei saperi, fosse possibile e realizzabile. E co-
Garin mira a superare l'approccio storiografico tradizionale che considera gli eventi l
del passato come preparazione e anticipazione di un presente già deciso.
(Jean-Honoré Fragonard, "La battaglia di Marignano",
Musée et Domain National de Versail/es et de Trianon. Versail/es, 1 806)
LA FILOSOFIA CONTEM PORANEA
458
sì fu, per qualche anno, fino a quando il convegno fiorentino del 1 956 sul
le categorie della storiografia filosofica mise in luce, come abbiamo riferi
to, le divergenze all'interno delle varie posizioni del neoilh.iminismo. Ga
rin avrebbe poi elaborato in forma più distesa e organica le posizioni for
mulate in quel convegno, in alcuni saggi raccolti nel volume del 1 959 La
filosofia come sapere storico (Laterza, Bari, ristampato nel 1 990).
Garin, nel frattempo, aveva pubblicato opere di storiografia filosofica,
specialmente sul periodo umanistico-rinascimentale, che costituiscono
ancora punti di riferimento fondamentali per la ricerca in questo campo (dal
lavoro su Pico della Mirandola del l 93 7 a Vumanesimo italiano del 1 947, a
Medioevo e Rinascimento del l954). Nel 1 955 pubblicava, dopo averne da
to alcuni assaggi sul <<Giornale critico della filosofia italiana>>, le Cronache di
filosofia italiana. 1 900- 1 943 (sempre presso Laterza, che sarà l'editore di qua
si tutte le sue pubblicazioni e che dalla sua presenza acquisterà una fisiono
mia filosofica ben individuale nel panorama editoriale italiano).
Grazie alla favorevole recensione che Togliatti diede delle "Cronache di filosofia italiana", l
Garin divenne un autore molto popolare presso la sinistra.
(Palmiro Togliatti tra i segretari comunisti, 1935)
meno che gli scolastici del marxismo si trovarono alleati con i gentiliani e
contribuirono notevolmente a ridar loro forza e fiducia in se stessi. [...] Di fron
te ai nuovi fermenti filosofici, ci si limitò a esaltare il pensiero di Gramsci:
pensiero indubbiamente ricco di germi vivissimi, ma appartenente ( non
certo per colpa del suo autore) a una fase dello sviluppo culturale assai di
versa da quella odierna; ad una fase cioè in cui il peso della scienza e della tec
nica era enormemente minore di oggi, e in cui lo sviluppo delle teorie
scientifiche e delle loro applicazioni non aveva ancora posto alla filosofia i
gravi problemi che oggi stiamo dibattendo>> ( in Gli intellettUilli di sinistra e la
crisi de/ 1 956, a cura di G. Vacca, Editori Riuniti, Roma, 1978, p. 49).
L'attenzione esclusiva, tramite anche l'influenza di Gramsci, alla tradi
zione filosofica italiana, ha significato inoltre il privilegiamento del filone uma
nistico-metafisico di questa e la disattenzione verso il filone scientifico, <<on
de si finì per ragionare come se quest'ultimo (che va da Leonardo a Galileo e
a Cattaneo) non fosse mai esistito. [. . .] Orbene, è un fatto che molti giovani
marxisti, educatisi sulle opere degli idealisti nostrani dell'Ottocento e del
Novecento, ereditarono per intero la loro prospettiva storica, onde sembrano
ancor oggi ritenere che l'interesse filosofico per la scienza sia poco meno che
una "merce" di importazione americana. [...] È un fatto che l'apertura verso Spa
venta ha sempre significato chiusura verso Cattaneo>> ( Ib. , pp. 49-50).
Nel dibattito intervengono anche Lucio Colletti, che presenta in alter
nativa antigramsciana una radicalizzazione delle note tesi di Della Volpe, e
Cesare Luporini, che con riferi
menti all'esistenzialismo ,e alle
problematiche metodologiche
insiste sul carattere materialisti
co-socio logico della << ipotesi
marxista». Interviene anche lta
lo Calvino, che dopo pochi me
si abbandonerà il partito, e scri
ve anche lui parole molto seve
re sulle conseguenze della vit
toria della linea gramsciana e
<<meridionale» (provinciale, ri-
spetto a quella <<cosmopolita>> del Nord Italia) tra filosofi e letterati di area
marxista: <<La campagna "anticosmopolita", per la "tradizione nazionale",
applicata a una cultura come l'italiana che dà così poche armi per capire il
mondo moderno, e la cui letteratura degli ultimi tre secoli [ma il discorso
sembra valere anche per la filosofia] è una "letteratura minore", che può
essere letta solo in un confronto critico con quelle "maggiori", se ci ha fat
to studiare meglio qualche cosa nostra, ci è stata pure di gran danno, se
condando l'abitudine reazionaria alla sufficienza paesana che è abbastanza
radicata negli italiani per non aver bisogno d'incoraggiamenti. Tra Nord e
Roma-è certo del Nord che si è lasciato battere e quasi annullare nella gui
da culturale del nostro movimento. Non sarà questione di pochi anni, ma
dobbiamo puntare su un panorama dell'Italia culturale in cui il Nord conti
di più, in cui la fonna-mentis internazionalista domini in tutte le nostre azio
ni e pensieri» (Ib., pp. 28-29 ).
Era una diagnosi, questa di Calvino, che ci sembra confermare quanto
nel capitolo precedente si diceva, a proposito dell'area marxista, sulle dif
ferenze tra il Nord attento a quanto succedeva oltralpe e il Centro-Sud an
cora legato all'eredità idealistica nostrana.
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
465
L'aumento e la diffusione della cultura, in ge e della guerra. i problemi della vita
nerale e in particolare nelle università, spin-
gono verso la ricerca del nuovo, verso la rivendicazione di libertà sempre
più ampie. La fine del decennio, con il '68 studentesco e il '69 operaio, se
gna il punto d'arrivo di quelle esigenze e richieste.
Gli anni Settanta si aprono con le delusioni rispetto alle speranze del
'68 e del '69. Delusioni che portano da una parte alla rassegnazione, dal
l'altra alla esasperazione (gli anni di piombo del terrorismo) . Sul piano
culturale, e filosofico, le spinte al rinnovamento radicale, presenti soprattut
to nell'area marxista, si esauriscono verso la metà del decennio: il momen-
LA FI LOSO FIA CONTEM PORAN EA
466
norl'l'lale
tras #ori'I'Jablle
I'I'IUHipla
to più alto dell'affermazione elettorale del partito comunista, cui quelle aree
sono collegate, il biennio 1 975-76, segna anche l'inizio di un declino che
molto rapidamente farà scomparire le idee marxiste dal dibattito filosofico
del paese. Inizierà allora un nuovo periodo, con caratteri molto diversi ri
spetto agli anni Cinquanta.
Quali sono i caratteri del ventennio 195 7-76, sul piano filosofico?
In primo luogo è da segnalare l'uscita dell'area marxista dal deç:ennale
letargo degli anni della guerra fredda. In quegli anni il fatto più importan
te, in quest'area, era stato l'assorbimento del pensiero di Gramsci, i cui Qua
derni del carcere erano stati pubblicati tra il 1948 e il 1 95 1 , unito all'assor
bimento del pensiero dei classici del marxismo, tradotti e pubblicati negli
stessi anni e in quelli seguenti. Dal 1 956-57, in concomitanza e anche in
conseguenza della destalinizzazione e delle scelte di autonomia (le vie nazio
nali al socialismo) del partito di Togliatti, cominciano a dare frutti quelle
esperienze di assorbimento.
Sul piano della produzione storiografica, della critica letteraria, del di
battito culturale in genere e di quello filosofico in particolare, si apre una
XXXI V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
467
i l! processo di destalinizzazione
produce rilevanti conseguenze
sulla scuola marxista,
incoraggiando un'apertura al dialogo
sia al suo interno che rispetto
alle altre correnti filosofiche italiane.
(Il prernier sovietico Kruscev
e il presidente statunitense
Eisenhower fotografati insieme
nel l 959)
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
469
l La corrente
spiritualistico-personalistica
inaugurata da Pareyson
riceve nuovi apporti,
nei campi della semiotica,
grazie agli studi di Umberto Eco.
(Il filosofo e scrittore Umberto Eco)
LA FI LOSO FIA C O N T E M PO RAN EA
472
percorso l'itinerario di Marx dagli scritti del 1843-44 (in particolare la Cri
tica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, testo molto caro a Della Vol
pe, e i Manoscritti economico-filosofici), nei quali Marx fa i conti con la dia
lettica mistico-metafisica di Hegel, a quelli del 1 846-47, nei quali fa i con
ti con il carattere astratto e metafisica dell'economia politica, fino alla In
troduzione del 1857 a Per la Critica dell'Economia politica del 1 859, nella
quale viene dispiegata la filosofia-scienza di Marx, quella logica sperimen
tale e scientifica poi compiutamente organizzata nel Capitale.
<<Ora - scrive Della Volpe -, la portata metodologica della dialetti
ca scientifica (simboleggiata nel circolo concreto-astratto-concreto o cir
colo di materia e ragione o di induzione e deduzione, che si dica) è poco
meno che rivoluzionaria: significa che ogni sapere degno del nome è scien
za e quindi non mero sapere o contemplazione: significa che non c'è
che una scienza perché non c'è che un metodo ossia una logica: la logica
materialistica della scienza sperimentale o moderna, spogliata questa, è sot
tinteso, di quel platonismo più o meno matematizzante ch'è il supporto
filosofico della scienza teorizzata da ogni scienziato borghese, da Galileo
a Einstein» ( Rousseau e Marx, Editori Riuniti, Roma, 1 9 5 7 , p. 1 24 ) .
Della Volpe individua questa unica logica scientifica, sperimentale e
materialistica, nella filosofia divenuta scienza dell'uomo quale si riscon-
Cases muove critiche molto aspre al libro di Preti (di cui peraltro rico
nosce la grande intelligenza), da un punto di vista di una concezione globa
le del marxismo, da lui definita scherzosamente paleomarxista. Criticando sia
Preti sia gli altri promotori di un discorso analogo, Cases nega che il neopo
sitivismo possa essere considerato un neutrale fornitore di tecniche, di cui
il marxismo potrebbe fare uso senza alcun pericolo di contaminazione. In real
tà, osserva Cases richiamando le posizioni di Horkheimer e Adorno e di
Lukacs nelle opere sopra citate, è stato dimostrato che il contenuto sia del
neopositivismo sia del pragmatismo, !ungi dall'essere neutralmente e natu
ralmente scientifico, è <<intimamente legato alla conservazione delle strut
ture monopolistiche» (Marxismo e neopositivismo, Einaudi Torino, 1 958, p.
12). Scientifico è il marxismo, invece, anzi
Il contenuto sia del neopositivismo <<l'unica concezione del mondo veramente
sia del pragmatismo scientifica>> , <<mentre le ideologie del capita
è intimamente legato alla conservazione lismo americano raggiungono il completo as
delle strutture monopolistiche servimento del soggetto alla violenza dei mo-
nopoli persuadendolo che la sua assenza di
idee e la sua riduzione all"'operatività" metodologica nell'ambito dell'ame
rican way of life costituiscono l'unico possibile atteggiamento scientifico, la
liberazione da tutti i nonsensi metafisici>> (Ib . , pp. 1 2- 13 ) .
Introdurre in Italia i l neopositivismo o i l pragmatismo significa fare ope
ra di sprovincializzazione, come vorrebbero Preti e altri? (la critica qui ri
guarda ovviamente Geymonat). In realtà, ribatte Cases, <<polemizzare astrat
tamente contro i limiti provinciali invocando l'introduzione di un tipo di
pensiero di cui non esistono i presupposti, significa fare del provincialismo
all'incontrario>> (Ib . , p. 1 5) . Non che Cases accetti, in alternativa al neo
positivismo, la linea gramsciana: anche questa viene criticata, perché, se pu
re ha avuto il grande merito di aver evitato di far cadere la cultura marxi
sta nel dogmatismo, ha anche costituito <<una remora per il pieno sviluppo
del marxismo>>. La linea gramsciana non ha favorito, infatti, un approccio
autenticamente marxista ai problemi del paese; <<si potrebbe dire che gran
dezza e miseria del marxismo italiano si possono riassumere nella constata
zione che esso non ha mai fatto uso del predicato "borghese" aggiunto a
parole come filosofia, storiografia, estetica, ecc.>> (Ib . , pp. 20- 2 1 ) . Cases ri
vendica invece la versione lukacsiana del marxismo, la sua concezione di es
so (utilizzata soprattutto in campo estetico) come rispecchiamento scien
tifico di una realtà oggettiva separata dal soggetto.
Contro questa concezione lukacsiana si esprime Cesare Luporini, che
interviene all'inizio del 1 959 sul <<Contemporaneo» con l'importante arti
colo Marxismo, neopositivismo e altre cose. Luporini ha una concezione di-
XXX I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
479
alla presa di qunlsiasi "concezione del mondo", peggio ancora alla presa del
l'irrazionalità e del misticismo (come già avveniva nelle conclusioni di
Wittgenstein) [il riferimento qui è al Wittgenstein del Tractatus logico-phi
losophicus del 1 9 2 1 ] , poiché ciò che resta escluso è proprio la possibilità
di una "concezione del mondo", di una ideologia, che sia critico-scienti
fica. Le radici e la funzione di classe, borghese-reazionaria, del punto di vi
sta neopositivistico sono perciò lampanti e non si deve avere nessuna
esitazione a dichiararle» (Ib . , p. 5 ) .
Quando parla di una ideologia critico-scientifica Luporini si sta riferen
do al marxismo, che non considera scienza in senso compiuto e definitivo,
come volevano i dellavolpiani, ma una
Luporini considera il marxismo come ipotesi di interpretazione della storia uma
una ipotesi di interpretazione della storia na nei suoi rapporti di produzione ma anche
umana nei suoi rapporti di produzione nella sua naturalità. Questo richiamo al
ma anche nella sua naturalità rapporto uomo-natura è stato una costante
in Luporini e non gli ha consentito di accet
tare in pieno lo storicismo gramsciano. Le sue riserve emergono, sia pure
in forma diplomatica, nel primo convegno gramsciano del 1 958, in cui le re
lazioni iniziali vengono tenute da Garin (Gramsci nella cultura italiana) , da
Togliatti (Gramsci e il leninismo) e da Luporini (La metodologia del marxismo
nel pensiero di Gramsci).
C'è una differenza notevole tra le prime due relazioni e quella di Lu
porini. Le prime due infatti riaffermano con forza l'attualità del pensiero
di Gramsci sia nel suo rapporto con i problemi della tradizione culturale
italiana sia nel suo rapporto con i problemi posti dal leninismo. Quella
di Luporini appare più problematica e meno esaltatrice nei confronti del
pensiero di Gramsci. Luporini insiste, dopo aver affrontato diversi proble
mi relativi al rapporto tra Gramsci e il materialismo storico, sulla centrali
tà del problema della naturalità dell'uomo, <<ossia la centralità della consi
derazione dell'uomo nel suo nesso permanente e attivo con la natura (dal
cui svolgersi e complicarsi storico si sviluppa tutta la storia sociale umana),
come dell'unico punto di partenza concreto che possediamo per ogni altra
considerazione sul reale» (in Studi gramsciani. Atti del convegno, Editori Ri
uniti, Roma, 1 958, p. 458) . Ora, osserva più avanti Luporini, «a Gramsci
interessò soprattutto il lato umano (e quindi anche ideologico, superstruttu
rale, storico) della questione dell'oggettività, attorno a cui le sue riflessioni
sono di grande importanza e originalità. Ma per quanto concerne il grave pro
blema del nesso fra questa oggettività e la naturalità si è ormai come al mar
gine estremo del suo interesse e della sua meditazione. E non è detto che qui
non si verifichi qualche oscillazione o incertezza>> (Ib . , pp. 459-60).
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
481
Luporini qualche anno più tardi renderà più esplicite le sue critiche
allo storicismo gramsciano (nella prefazione a Dialettica e materialismo del
1 974 ripercorrerà le fasi di queste critiche, per le quali afferma che comin
ciano proprio nel 1 958), che, in relazione al nesso continuità-discontinui
tà proprio del marxismo, pone l'accento sul primo termine e trascura il se
condo, quello della rottura, della rivoluzione.
Anche Geymonat, nel convegno, interveniva con un succinto dis
corso che attaccava sostanzialmente la tesi gariniana della attualità e fecon
dità del pensiero di Gramsci, ricondotto nelle sue elaborazioni più origi
nali, dallo stesso Garin, alle problematiche poste da Croce: <<Proprio qui
- osservava Geymonat - vanno ricercate le
Il neoilluminismo radici ultime della perplessità di alcuni
fta fatto affiorare temi n uovi, studiosi italiani, legati alla odierna rina
assolutamente ignoti scita illuministica, nel giudicare l'attualità
alla problematica crociana
"piena e completa" dell'opera di Gramsci.
Il neoilluminismo ha costituito un rivolgi
mento profondo della filos�fia, e ha fatto affiorare temi nuovi, assolutamen
te ignoti alla problematica crociana (basti ricordare quelli connessi alla me
todologia scientifica, alla tecnica, alla logica formale, ecc.) e presenti inve
ce in altri filoni della cultura italiana (Cattaneo, Peano, Vailati, Enri
ques) trascurati dal crocianesimo [. ..] . Non si tratta evidentemente di dis
conoscere l'importanza del pensiero di Gramsci nella storia della filosofia
e tanto meno l'interesse, anche attuale, del suo intenso sforzo per oltre
passare la tematica crociana, ma soltanto di decidere se - una volta ab
bandonata questa tematica - si possano ancora trovare, ed in quale misu
ra, nell'opera di Gramsci gli elementi fondamentali al fine di risolvere i nuo
vi problemi filosofici di oggi» (Ib . , p. 148).
Il dibattito fra i marxisti continua negli anni successivi, e trova un
nuovo momento di discussione collettiva nel 1 962 su <<Rinascita» , dopo
la pubblicazione, in quell'anno, del libro di N icola Badaloni dal titolo
Marxismo come storicismo. Questa volta il dibattito si sviluppa su temi e
problemi sottilmente tecnici, e ha a che fare con le interpretazioni che
della dialettica hegeliana e marxiana, e del concetto marxiano di astra
zione determinata, propongono i diversi interlocutori (Luporini, Col
letti, Della Volpe, Badaloni e altri) . Gli interventi di questo dibattito, co
me di altri precedenti e successivi ( 1 958 e 1 97 1 ) sono stati utilmente rac
colti nel volume a cura di F. Cassano Marxismo e filosofia in Italia ( 1 958-
1 97 1 ) ( De Donato, Bari, 1 97 3 ) .
Altri dibattiti, in quest'area, avvengono negli anni Sessanta e Set
tanta, provocati generalmente dalle riviste della sinistra non comuni-
X X X I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
483
la cattolica. Di Gramsci, poi, proprio nel 1975 escono, sempre presso Einau
di a cura di Valentino Gerratana, i Quaderni del carcere in edizione critica, cioè
non secondo scelte tematiche come era avvenuto nell'edizione 1 948-5 1 ma
secondo i tempi e i modi della effettiva composizione. Questa nuova edi
zione consente, e spesso impone, un approccio ai testi gramsciani meno ideo
logico-politico, più consono ai tempi disincantati verso i quali anche l'a
rea marxista si incammina.
sto andar ricercando, nel processo dell'umano lavoro, il moto delle idee,
il nesso delle concezioni con le situazioni, e il loro variare, non per movi
menti propri ( idee da idee) [e qui forse c'è una risposta a Preti] , ma in
quel complesso gioco di bisogni, di richieste, di costruzioni, che costituisco
no nel suo concreto ritmo temporale la vita degli uomini: e degli uomini
reali, distribuiti variamente in stati, gruppi, classi, collaboranti o in conflit
to, coesistenti e pur diversi per educazione e sviluppo, e perciò con program
mi e concezioni diverse in un medesimo tempo, e parziali, eppure ciascu
na con la pretesa di totalità ed unicità>> (La filosofia come sapere storico,
Laterza, Bari, 1 959, p. 78).
Lo storico della filosofia deve quindi considerare la storicità e la plu
ralità reali delle filosofie nei contesti in cui emergono e vivono, deve <<met
tere in luce i nessi nascosti allo stesso filosofo, le radici reali delle scelte idea
li, e le loro conseguenze>> . E ancora: <<Il lavoro proprio dello storico della
filosofia è, dunque, lo stabilimento di rapporti fra idee, teorie, visioni d'in-
l Garin sostiene che lavoro dello storico della filosofia è quello di prendere in considerazione
le varie correnti di pensiero, di stabilire rapporti tra le tradizioni orali e scritte,
di ricostruire le riflessioni degli uomini.
(Theo Van Rysselberghe, "La lettura", Museum Voor Schone Kunsten,
Gand, Belgio, 1 903)
X X X I V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
487
motore a Napoli di una importante scuola di studiosi molto attenti alle te
matiche storicistiche, ma anche esistenzialistiche, della filosofia tedesca con
temporanea (Fulvio Tessitore, Aldo Masullo, Giuseppe Cacciatore, Giusep
pe Cantillo, Eugenio Mazzarella). Piovani si occupa inizialmente di tema
tiche etico-giuridiche in Platone, negli anni Quaranta, per poi passare allo
studio di Rosmini negli anni Cinquanta, e pervenire infine all'attenzione
per Vico e per lo storicismo contemporaneo, filtrata attraverso i suoi persi
stenti interessi etici. Tra le sue opere spiccano i Princìpi di una filosofia della
morale del 1962 e Conoscenza storica e coscienza morale del 1966.
Pensatore con scrittura complessa, Piovani ha indicato quali compi
ti della sua << teoresi>> i seguenti: <<Capire la relazione che connette realiz
zazione e tensione, fatto e norma, reale e ideale, azione e valore, individua
le e universale>> (in La filosofia dal '45 ad oggi, cit., p. 5 1 1 ) . Questi compi
ti sono stati realizzati in un approccio interdisciplinare a problematiche
etiche, giuridiche, metodologiche, storiografiche. Alla base vi è l'esigen
za del rispetto del fattuale in sé, dell'esistente concreto, e quindi il rifiuto
delle grandi sintesi filosofico-metafisiche, nelle quali quella esigenza non
può essere soddisfatta.
Nella prospettiva <<esigenzialistica>> di Piovani operano elementi della tra
dizione esistenzialistica uniti ad una prospettiva storicistica che però non ha
nulla dell' <<Ontico-ideale>> delle sintesi metafisiche. Egli intende andare oltre
queste, verso sintesi <<tensionali>> che non cancellano il valore profondo rap
presentato dal fattuale in sé, dall'esistente in sé: <<La tradizione ontico-ideale
della filosofia, pur nelle sue innegabili grandiose benemerenze, è stata una ten
denziale espropriazione di quel valore profon-
do. Contro questa tradizione metafisica, il Alla base della teoresi di Piovani
deesse, riconosciuto come la sola categoria del vi è l'esigenza del rispetto
filosofare dinamico, deve cercare in ogni del fattuale in sé,
esistente ciò che ne costituisce l'esigenza qua dell'esistente concreto
le radicale deficere. Il tema primario della fi-
losofia cessa di essere il quod est; diventa il quod deest. Siffatto esigenzialismo
non è formalistico perché è formazionistico. Progetti e tensioni, tentando sod
disfare i bisogni, motori delle azioni, universalizzano grazie a questa tensio
nalità l'individuale, differenziandolo dall'immediato particolare, dal mero em�
pirico. L'universalità non è che in questa tensionalità>> (Ib., p. 5 1 2).
l Il pontificato di Giovanni
Paolo Il incoraggia
il confronto tra le correnti
filosofiche d'area cattolica
e le posizioni marxiste;
in questa direzione
si muovono Del Noce,
Pareyson e Severino.
(Filigrana raffigurante papa
Giovanni Paolo Il, Museo
della Carta e della Filigrana,
Fabriano, XX sec.)
LA FI LOSOFIA C O N T E M P O RAN EA
498
Rievocando gli anni del secondo dopoguerra nei quali egli aveva
avanzato le sue peculiari posizioni sull'ateismo e il marxismo e confrontan
doli con il presente, nel 1 986 Del Noce ricorda: <<Furono gli anni in cui
tornò in circolazione la celebre frase hegeliana "la filosofia è il proprio
tempo appreso con il pensiero", nella persuasione che marxismo, esisten
zialismo di sinistra e neopositivismo fosse-
ro capaci di questa comprensione storica. Nel secondo dopoguerra
Il resto era filosofia da collegio. Queste linee tornò in circolazione la frase hegeliana
tennero il campo per molti anni; ma progres "la filosofia è il proprio tempo
sivamente il loro rapporto con la storia del appreso come pensiero"
nostro tempo si allentò. E oggi si è tornati al
pensiero della crisi, approfondendo in essa anche le posizioni che presu
mevano di risolverla. I giovani che cominciarono il loro iter filosofico ne
gli anni successivi al '45 ebbero l'impressione di una frattura radicale con
il passato prossimo della filosofia italiana>> (in Dove va la filosofia italiana?,
a cura di J. Jacobelli, Laterza, Roma-Bari, 1 986, p. 59). Quell'impressione
è durata per decenni, ha fatto sì che oggi più nessuno prenda in mano le ope
re filosofiche di un Gentile o di un Croce, ma era un'impressione fondata
su un profondo errore di valutazione: secondo Del Noce, in realtà, <<rispet
to alla filosofia del quarantennio 1 900-40 e del quarantennio successivo, dal
'45 a oggi, bisogna parlare di unità. Viene infatti alla luce nel secondo una
crisi che già sussisteva, latente, nel precedente» (Ib . , p. 60).
Del Noce sostiene la tesi che nel primo quarantennio del Novecento
la filosofia di Gentile conclude in Italia il filone antimetafisico della filo
sofia moderna: <<Nella sua filosofia si trovano, portate all'estremo, tutte le
possibili linee del pensiero antimetafisico» (Ib., p. 6 1 ). L'immanentismo com
piuto dell'attualismo non è stato superato, come si ritiene comunemente,
dal marxismo, e in modo speciale dal marxismo di Gramsci, il quale, se
condo Del Noce, <<credendo di ricuperare Marx attraverso Croce, incontrò
invece Gentile, abbandonando, si intende, l'interpretazione dell'attualismo
in termini di "filosofia cristiana"» , per cui, osserva Del Noce riferendosi
agli anni Ottanta, è pensabile <<che il declino irreversibile della fortuna di
Gramsci sia il momento di mediazione per il passaggio dal pensiero di sini
stra al nichilismo e avvenga perché il gramscismo è stato portato davanti al
l'attualismo» (Ib., p. 62).
Il discorso sul marxismo - quello di Marx, non quello di Gramsci - vie
ne collegato da Del Noce, nell'opera ormai classica del 1 964, al discorso su
Hegel e a quello sul cristianesimo. Il marxismo <<è l'hegelismo che , portato alla
sua coerenza estrema, raggiunge le masse» (sottolineatura dell'autore, in Il pro
blema deU' ateismo, Il Mulino, Bologna, 1964, p. CIX). Il marxismo è cioè quel-
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
500
ca quel rapporto con l'essere in cui risiede l'essere stesso dell'uomo; in essa
si attua la primigenia solidarietà dell'uomo con la verità. E questa originarie
tà dell'interpretazione spiega non solo il carattere interpretativo d'ogni re
lazione umana, bensì anche il carattere antologico d'ogni interpretazione,
per determinata e particolare che sia: interpretare significa trascendere, e non
si può parlare autenticamente degli enti senza insieme riferirsi all'essere»
(Ib. , p. 53). È un passo molto significativo, nel quale appare evidente, anche
lica di Milano con il suo maestro Gustavo Bontadini agli inizi degli an
ni Sessanta. Queste discussioni, che sono successive a quelle del 1957 con
il massimo esponente dello spiritualismo cattolico, Sciacca, trovano il
momento più impegnativo nell'articolo Ritornare a Parmenide, apparso nel
1 964 sulla <<Rivista di filosofia neoscolastica>> . Con questo articolo Se
verino si distacca definitivamente dalle posizioni di Bontadini e suscita
un ampio dibattito che porterà nel 1970 alla dichiarazione delle autori
tà ecclesiastiche di incompatibilità tra il cattolicesimo e le posizioni fi
losofiche dell'autore ( il quale, si è accennato, deve lasciare la Cattolica,
e si trasferisce all'Università di Venezia).
L'articolo del 1 964, insieme ad altri contributi e documenti con
nessi alla discussione in ambito cattolico di quegli anni, vengono pub
blicati da Severino nel volume del 1 97 2 Essenza del nichilismo, opera
che ha avuto molta fortuna e che è stata seguita da altre fortunate ope
re, tra le quali Techne . Le radici della violenza del 1 9 79 e Il destino della ne
cessità del 1 980.
Severino usa un linguaggio molto tecnico, nell'articolo del 1 964, che
non consente di riferirei ad esso per esporre in forme brevi e chiare il suo
pensiero. Ma in altri testi lo stesso autore ha ripresentato in forme più acces
sibili le sue tesi, che partono dal problema della metafisica classica della con
traddizione o meno tra l'essere e il non essere o divenire. A differenza di Bon
tadini, che cercava di risolvere questo problema rimanendo legato ai testi
classici, Severino lo affronta te
nendo presenti autori contempora
nei quali Nietzsche e Heidegger.
La tesi generale di Severino è
che il peccato e l'errore dell'Occiden
te (e il cristianesimo è compreso in
questa critica) consistono nell'es
sersi allontanato dal precetto parme
nideo secondo il quale solo l'essere c'è
e può essere pensato e definito. Sce
gliendo di non rispettare il precetto
IL MAGGIOR ERRORE
NELL'INTERPRETAZIONE DEL MARXISMO
Augusto Del Noce, Il problema dell'ateismo, l, l O.
OPEROSITÀ UMANA
Luigi Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Il, 4.
t,.___
--- !+\ --
LA F I L O S O FIA C O N T E M P O RA N EA
512
uscire da questa testimonianza non segue la direzione verso cui muove l'Oc
cidente>> (Ib . , p. 1 7 2 ) . È il linguaggio del ritorno a Parmenide, dell'essere
contro il divenire, della negazione del nichilismo attraverso un suo oltre
passamento a ritroso.
Severino rimane a tutt'oggi uno degli autori postcattolici più vivaci e
battaglieri. I suoi interventi si sono estesi alla collaborazione alla stampa quo
tidiana, e, a Venezia, si sono formati alla sua scuola studiosi oggi maturi e in
dipendenti. Tra questi sono da segnalare in particolare Mario Ruggenini, Lui
gi Ruggio, Carmelo Vigna, Salvatore Natoli e Umberto Galimberti, autore
di suggestivi libri su tematiche filosofiche e psicologiche, e soprattutto di un
grande Dizionario di Psicologia (UTET, Torino, 1 992).
X X X I V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
5I3
1 9 7 6 � 1 990.
D a l pens iero negativo al p ens iero debol e .
I critici della nuova koiné.
Moderno o postmoderno ?
Carea che si viene a formare alla fine degli anni Settanta, e che per como
dità possiamo riferire al <<postmoderno>>, è la risultante di almeno tre eredità:
l'eredità, nell'area torinese, delle posizioni ermeneutiche di Pareyson, svi
luppata in maniere differenti dai suoi allievi Umberto Eco e soprattutto Gian
ni Vattimo, eredità che trova una sua sede di circolazione, oltre che nei nume
rosi libri, nella «Rivista di estetica»; l'eredità, nell'area milanese, della linea
alquanto eclettica dell'ultimo Paci, proseguita in particolare ma con posizio
ni molto diverse dai suoi allievi Carlo Sini e Pier Aldo Rovatti, il quale uti
lizza la rivista <<aut aut>> come strumento di circolazione delle nuove remati
che; l'eredità, infine, della tradizione marxista eterodossa e di dibattiti a que
sta collegati, rappresentata dai giovani Aldo G. Gargani (area pisana} e
Massimo Cacciari (area veneziana), i quali da una lettura personale del pen
siero di Wittgenstein (ma non solo da questo) pervengono a posizioni che li
avvicinano a quelle degli altri pensatori di orientamento postmoderno. A que
st'area appartiene anche Emanuele Severino a Venezia, con posizioni ben
individuate, e più anziano degli altri autori citati.
Il dibattito filosofico nel quindicennio in esame ha visto come protago
nisti, anche se non esclusivi, gli autori che abbiamo elencato. Quali sono
stati, e sono, i caratteri nuovi di tale dibattito, le opere che lo hanno alimen
tato, le idee che lo hanno sostanziato?
Si è detto ( § 1 236) che intorno alla metà degli anni Settanta si era esau
rita la spinta teorica che aveva alimentato per circa venti anni l'area mar
xista e che aveva messo forti radici nel resto della cultura filosofica italia
na. Gli ultimi anni di dibattito in quell'a
Intorno alla metà degli anni Settanta rea avevano visto emergere, dopo l'interes
si esaurisce la spinta teorica se per il pensiero di Lukacs (l'ultimo Lukacs
che aveva alimentato per circa negli anni Cinquanta, il primo Lukacs negli
venti anni l'area marxista
anni Sessanta), quello per altri autori di
orientamento marxista ma eterodosso (Hor
kheimer, Adorno, Marcuse, la Luxemburg, e poi Benjamin, Bloch, Korsch) :
insomma, i l cosiddetto <<marxismo occidentale>> degli anni Venti, opposto
al marxismo orientale o sovietico ufficiale. Fra gli anni Sessanta e gli anni
Settanta erano state utilizzate anche le più recenti forme di marxismo di pro
venienza francese: prima quello, di derivazione esistenzialistica, di Sartre
(per molti anni il suo pensiero era stato oggetto di condanna, ma con la
Critica della ragione dialettica del 1 960 Sartre aveva accettato il marxismo co
me filosofia del nostro tempo, entro la quale l'esistenzialismo svolgeva un
ruolo subordinato); poi quello, antisartriano e di derivazione strutturalisti
ca, di Althusser; infine quello ispirato sia a Foucault sia ad altri giovani
teorici sessantotteschi.
X X X I V • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 9 9 0 )
5I5
Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, quindi, circolavano, per l'I
talia, molte forme di marxismo: si devono infatti aggiungere a quelle presen
ti nell'area marxista (c'è anche il materialismo dialettico di Geymonat, ol
tre ovviamente a quello già dominante storicistico-gramsciano) anche quel
le utilizzate nell'area laica (il marxismo pragmatistico di Preti, quello hus
serliano di Paci) e in quella cattolica ( il marxismo ateistico di Del Noce,
quello nichilistico di Severino).
Non c'è da meravigliarsi che a un certo punto, quasi per una sensazione dif
fusa di sazietà, il dibattito coinvolgente tante forme di marxismo cessi quasi
all'improvviso. Questo fatto avviene intorno alla metà degli anni Settanta.
Contemporaneamente avviene un altro fatto, che si origina in una par
te dell'area cattolica (Pareyson e i suoi allievi), ex-cattolica (Severino) e
marxista o ex-marxista (Cacciari): l'interesse improvvisamente affermato
si per alcuni autori del filone <<irrazionalistico>> dell'Otto-Novecento: Nietz
sche, Heidegger, Wittgenstein (quest'ultimo interpretato non in collega
mento con la filosofia analitica anglosassone, come di solito era avvenuto
all'estero, ma in collegamento con la tradizione irrazionalistica di area tede
sca, e cioè con Schopenhauer, Nietzsche e qualche altro) . Quest'interesse,
In Italia, tra gli anni Sessanta e Settanta, le riflessioni del filosofo Jean-Paul Sartre l
sul marxismo contribuiscono ad alimentare il dibattito filosofico in corso.
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O R A N E A
516
integrato con quello per autori già presenti nella nostra cultura filosofica
(Husserl, alcuni pragmatisti), viene condiviso in parte da alcuni allievi di
Paci, in particolare da Rovatti, che vanno a confluire in questa variegata e
composita area. Altri più recenti autori, in particolare Gadamer, ma anche
Ricoeur, cioè il filone ermeneutico, entrano rapidamente, negli anni Set
tanta, negli interessi di quest'area.
All'esaurimento del dibattito nell'area marxista, e all'emergere di quest'a
rea composita nella quale si affermeranno posizioni note come pensiero ne
gativo (riferimento privilegiato a Nietzsche), filosofia della differenza (riferi
mento privilegiato a Heidegger), pensiero debole (riferimento privilegiato a
Gadamer), corrispondono, negli stessi anni, la continuazione dell'attività pre
valentemente storiografica dell'area laica, e l'interesse crescente, in alcuni set
tori dell'area cattolica (a Padova in particolare, con Enrico Berti e Franco Vol
pi) e di quella marxista, per autori come Apel, Haberrnas e in genere per la
recente filosofia pratica di area tedesca (con forte ripresa di tematiche ari
stoteliche). Altri giovani di area laica o marxista {legati alla Normale di Pisa),
studiano con approcci innovativi, storico-teorici, autori dell'area tedesca, in
particolare Hegel (Sergio Landucci, Remo Bodei), Feuerbach (Claudio Ce
sa), Marx (Aldo Zanardo). Altri rappresentanti dell'area cattolica, meno schie
rati con le nuove posizioni, svolgono una importante attività storiografica, con
un privilegiamento della filosofia tedesca, da Hegel allo storicismo alla er
meneutica (Vittorio Mathieu, Vale
rio Verra, e altri più giovani).
Un posto a parte, in questo perio
do, occupano i fautori in Italia della
filosofia analitica, pochissimi negli
anni Cinquanta (Paolo Filiasi Carca
no, Francesco Barone, Uberto Scar
pelli, Ferruccio Rossi Landi, Alberto
Pasquinelli), ma in aumento costan
te anche se non cospicuo, nei de
cenni successivi, soprattutto nelle
aree di Roma, Milano, Torino, Fi
renze e Padova (Ettore Casari, An-
drea Bonomi, Eugenio Lecaldano, Paolo Parrini, Rosaria Egidi, Carlo Celluc
ci, Antonio Pieretti, Giacomo Gava, Renzo Piovesan, Diego Marconi, Mar
co Santambrogio, Paolo Leonardi, Eva Picardi), alcuni fortemente interessati
negli ultimi anni alle tematiche dell'etica pratica, della filosofia politica e
della bioetica (Salvatore Veca, Sebastiano Maffettone, introduttori di autori
come Rawls e Nozick, il più giovane Maurizio Mori per la bioetica).
A differenza dell'area legata alle tematiche del postmodemo, che privile
gia il pensiero tedesco e francese di tendenza irrazionalistica (cui negli ultimi
anni si è avvicinato un autore americano molto tradotto in Italia, Richard
Rorty), il gruppo dei filosofi analitici ha sempre privilegiato gli autori anglosas
soni sia del versante neopositivistico sia di quello della filosofia del linguaggio
ordinario (da Moore e Russell al Wittgenstein del periodo inglese, da Camap
a Quine, a Ryle, Austin, Hare e tanti altri) , sia dei più recenti e nuovi autori
(Dummett, Davidson, Putnam, Kripke e altri), promuovendone traduzioni.
Nell'ambito di tale area si sono svolti inoltre importanti convegni, con pri
vilegiamento delle tematiche etiche o eticopratiche e giuridiche (sono da se
gnalare, come documenti importanti di tali
attività, il fascicolo monografico della <<Ri A fianco della filosofia analitica
vista di filosofia>>, del l 976, contenente gli at si deve anche ricordare
ti di un convegno su La logica e il dover essere la presenza di un forte filone
con importanti contributi di Scarpelli, Lecal di filosofia della scienza
dano, Gaetano Carcaterra e altri, il volume
a cura di Lecaldano e Letizia Gianformaggio su Etica e diritto, del 1986, conte
nente gli atti di un convegno con partecipanti italiani e stranieri, tra i quali Ha
re, il volume del 1987 Questioni di bioetica a cura di Maurizio Mori, e infine il
volume del l990, a cura di C. A. Viano, sulle Teorie etiche contemporanee).
A fianco della filosofia analitica si deve anche ricordare la presenza di un
forte filone di filosofia della scienza, sia tra i laici di orientamento marxista ( Gey
mbnat e la sua scuola prevalentemente milanese), sia tra i laici di diverso orien
tamento (da Francesco Barone a Marcello Pera), sia tra i cattolici (da Evan
dro Agazzi a Dario Antiseri), sviluppatosi soprattutto negli anni Sessanta e Set
tanta, con attenzione crescente verso le epistemologie nuove, successive o
critiche rispetto a quelle di orientamento neopositivistico. Molto diffuse, tra
dotte e studiate sono le opere di Popper, di Kuhn, di Lakatos, di Feyerabend e
dei più recenti autori di area anglosassone ed europea.
La maggior circolazione delle idee, delle pubblicazioni, dei dibattiti,
favoriti sia dall'interesse dei media (grande stampa, anche quotidiana, e
perfino la televisione) sia dalla crescente attività convegnistica degli ul
timi decenni, ha favorito la diffusione delle nuove posizioni in tutte le aree
culturali del paese.
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O R A N E A
518
l Massimo Cacciari è stato sindaco di Venezia dal l993 al 2000, ed è stato rieletto nel 2005.
(La basilica di Santa Maria della Salute dal Canale della Giudecca, Venezia)
X X X I V • [ L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( ! 9 2 5 - ! 9 9 0 )
525
cultura europea tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX. C'è stata crisi del
la razionalità classica allorquando Mach ha respinto la nozione newtonia
na di massa come quantità di materia - cioè nei termini di un assolutismo
ontologico - per ridefinirla come rapporto misurabile tra le accelerazioni che
i corpi si imprimono tra loro. In luogo di sostanze, di entità statiche, su
bentrano operazioni di misura, interazioni tra strutture fisicamente determi
nate» (Ib . , pp. 2 1 -22) .
I l significato e l e conseguenze della crisi della razionalità classica van
no ricercati nella liberazione da schemi totalitari, prima nella scienza, poi nel
la conoscenza in generale. Non si dipende più da un ordine naturale fisso e
immutabile di cui la ragione scopre le leggi, ma si interviene creativamente
dando ordine alle cose con la nostra azione e la nostra conoscenza.
Gargani estende le sue riflessioni alle ragioni ultime, di carattere poli
tico-sociale, che stanno a fondamento della razionalità classica. Autorita
rismo della ragione classica significa autoritarismo della società che ne sta
alla base. Liberazione da quella ragione significa liberazione da quelle
strutture sociali.
Come in Cacciari, anche in Gargani opera l'eredità marxista, ma utiliz
zata in una concezione che sta ormai fuori dal marxismo: <<La crisi della ra
zionalità classica si è originata dalla consapevolezza che quella razionalità
non è una natura, e che la struttura socio-
economica della nostra civiltà ha generato Liberarsi dalla razionalità classica
un sistema di astrazioni e di generalità che significa e comporta e consente
riflettono una costellazione di poteri e di il proliferare di molteplicità
funzioni del dominio. Anziché essere una di saperi liberanti
natura, quella razionalità si è rivelata, sot-
to la spinta dei bisogni della nostra vita, "una crosta sottile e precaria" che
nasconde un codice di norme convenzionali, un sistema di divieti e proibi
zioni imposti dai gruppi sociali dominanti nei termini di una ragione natu
rale e normale. A queste istanze normative il disciplinamento sociale si è
innalzato usando le espressioni di un linguaggio astratto e universale. La pra
tica sociale autoritaria per proteggere il privilegio di classi e gruppi su altri
è sempre ricorsa a metanorme, cioè a regole che disciplinano il sistema socia
le dall'esterno, nel senso che la loro legittimazione non ha riferimento alle
relazioni reciproche e controllabili del sistema al suo interno>> (Ib., p. 40).
Dove appare, ci sembra, anche l'eco delle posizioni di Foucault, presenti ne
gli anni Settanta nel dibattito e nelle elaborazioni della sinistra nel nostro
paese. Liberarsi dalla razionalità classica, quindi, come per Foucault, signi
fica e comporta e consente il proliferare di molteplicità di saperi liberanti,
collegati alla pratica militante diffusa, plurale, molteplice anch'essa.
LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
528
Nel suo saggio Dialettica, differenza, pensiero debole, che apre la raccol
ta Il pensiero debole, Vattimo colloca quest'ultima sua posizione, in maniera
heideggeriana e non hegeliana, come al di là delle posizioni filosofiche che
l'hanno storicamente preceduto nell'età contemporanea, e cioè la filosofia
dialettica hegeliano-marxiana fino alla sua dissoluzione novecentesca e la
filosofia della differenza che fa capo a Nietzsche e a Heidegger.
Il pensiero debole è in parte una prosecuzione, in parte un'alternativa,
rispetto a queste due posizioni: «Il pensiero debole - scrive Vattimo in
apertura -, di cui si cercano i tratti in questo saggio, ha con dialettica e dif
ferenza una relazione che non è principalmente o soltanto di "superamen
to", ma piuttosto si definirà mediante il
termine heideggeriano di Verwindung, ter Il pensiero debole ha con dialettica
mine esso stesso comprensibile solo entro e differenza una relazione che si definisce
una visione "debole" di che cosa significhi mediante il termine heideggeriano
pensare. Non si può, comunque, leggere il di 'Verwindung"
rapporto fra i tre termini come un itinerario,
un passaggio da a: il pensiero debole non si è lasciato semplicemente alle
spalle la dialettica e il pensiero della differenza; essi costituiscono per lui, in
vece, un passato nel senso del Gewesenes heideggeriano, che ha molto da fa
re con l'invio e il destino>> (Feltrinelli, Milano, 1 983, p. 1 2 ) .
Quanto alla dialettica, l e sue vicende teoriche vengono ripercorse da
Hegel e Marx fino a Sartre, Benjamin, Adorno e Bloch, pensatori questi
ultimi che pur partendo dalla dialettica <<non sono pensatori della dialetti
ca, ma della sua dissoluzione>>, come risulta da <<uno schema assai sempli
ce: il pensiero dialettico novecentesco, avendo recepito le ragioni del ro
vesciamento marxiano dell'idealismo, si presenta come pensiero della to
talità e pensiero della riappropriazione, rivendicando come materialismo il
riscatto di ciò che la cultura dei dominatori ha escluso. Ma "la parte male
detta", ciò che è stato escluso dalla cultura dei dominatori, non si lascia tan
to facilmente ricomprendere in una totalizzazione: gli esclusi hanno fatto
esperienza del fatto che la stessa nozione di totalità è una nozione signori
le, dei dominatori. Di qui, nel rovesciamento materialistico della dialetti
ca hegeliana, una permanente tendenza che si può chiamare "dissolutiva",
che ha la sua peculiare espressione nella dialettica negativa di Adorno,
nella mistura di materialismo e teologia di Benjamin, nell'utopismo di Bloch.
Su questa tendenza dissolutiva e sulle questioni che essa riflette e apre si
inserisce il pensiero della differenza>> (Ib., p. 1 7 ) .
I l pensiero della differenza h a i suoi punti d i riferimento nelle posizio
ni di Nietzsche e soprattutto di Heidegger, presso il quale si esprime <<nella
sua forma più radicale>>. Esso tenta di dare risposta ai problemi lasciati irri-
LA FI LOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
530
Dichiara Vattimo: •L.:indebolimento dell'essere, il darsi esplicito della sua essenza temporale l
si ripercuote profondamente sul modo di concepire il pensiero•.
(Aiexandre Seon, "Le retour au foyer", Musée d'Art et d'Industrie,
Saint-Etienne, Francia, 1 9 1 3)
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O R A N E A
532
che via via si affacciavano sulla scena divenne esasperato. Pareyson depu
rò sempre più gli aspetti soggettivistici dell'idealismo del maestro e appro
dò a forme di idealism9 oggettivistico, che avevano trovato nell'ermeneu
tica e nel neoheideggerismo le loro forme ideali. Ma con Paci e Pareyson
la filosofia italiana perdette l'originalità, magari discutibile e ambigua, che
derivava dall'adattamento dei prodotti stranieri alla situazione italiana e si
avviò a ripetere da noi quel che avveniva anche fuori. La fenomenologia ispi
rata al secondo Husserl, lo strutturalismo e la filosofia letteraria francese
furono gli orizzonti nei quali s'inserì Paci, mentre Pareyson preferì guarda
re a Gadamer e alla rinascita heideggeriana. Oggi i loro continuatori pro
ducono cose sulle quali la condizione italiana pesa pochissimo» (in Dove
va la filosofia italiana? , cit., p. 202 ) .
Viano sottolinea i l fatto che in Italia erano presenti altre posizioni filo
sofiche, <<tendenze di lungo periodo, che erano presenti prima dell'idealismo,
che agivano perfino nell'idealismo, specialmente in quello crociano, e che
ebbero particolare vitalità nella cultura dell'immediato dopoguerra. Erano
tendenze fortemente critiche verso la tradizione, portatrici di progetti di ri
forma e ricostruzione del sapere, sospettose di ogni forma di cultura tenera,
ideologica, moralistica, amanti del rigore più che della passione» (lb., p. 203 ) .
Erano le tendenze del filone neoilluministico, di quella cultura riformatri
ce, di cui uno dei centri maggiori di irradiazione era stata la Torino laica.
Comunque, osserva Viano, <<quel tipo di cultura è stata sconfitta».
La cultura filosofica dominante oggi in Italia (Viano sta scrivendo nel
1 986) <<è relativamente uniforme» ed è di tipo tradizionalistico, contraria
alle scienze e in genere alla civiltà industriale, alle quali contrappone il
primato della tradizione o della letteratura edificante.
Viano presenta a questo punto un quadro desolante della produzione fi
losofica italiana, un quadro che, partendo dai postmodemi, investe in pratica
tutte le posizioni e le <<eredità» filosofiche del recente passato: <<In Italia l'in
fluenza è prevalentemente tedesca e francese, cioè della filosofia più turgida e
di carattere prevalentemente letterario o pro-
fetico; meno operanti sono le influenze anglo In Italia l'influenza è prevalentemente
'
sassoni, che prediligono forme di sapere un po tedesca e francese. cioè della filosofia
sottili e faticose. Oggi in Italia si leggono so più turgida e di carattere
prattutto lunghe tirate contro la civiltà tecni prevalentemente letterario o profetico
co-industriale, sul destino dell'Occidente, va-
riazioni su temi genericamente hegeliani, parafrasi di testi heideggeriani, esal
tazioni della letteratura. Gli autori necessari per scrivere un testo filosofico
sono N ietzsche, Musi!, Heidegger e Peirce; un attacco sempre buono è una
frase di Nietzsche o di Heidegger; la tecnica più importante è il trait d'union,
LA F I LOSOFIA C O N T EM P O RA N EA
534
po sul serio quei filosofi che non esitano a raccontare a tutti di "aver pene
trato il segreto metafisica dell'Occidente",, (in Paragone degli impegni moder
ni e postnwdemi, Il Mulino, Bologna, 1989, pp. 3 1 -32).
Rossi lamenta, con parole vicine a quelle di Viano, il fatto che « il
mondo moderno è stato spesso presentato ad un larghissimo pubblico non
come un edificio bisognoso di riparazioni o ristrutturazioni, ma come un muc
chio di macerie. La critica dell'esistente è diventata il pretesto per un ri
fiuto della società in generale, per una aggressione ai valori della cono
scenza e per una difesa degli istinti» (Ib . , p. 29).
La critica investe qui le posizioni estreme, ma in altri passi è direttamen
te rivolta ai fautori del pensiero debole. Questi vengono presentati come por
tatori di una utilizzazione consolatoria dell'heideggerismo, diversa da quel
la fattane dai marxisti negli anni Sessanta. Tra i fautori del pensiero debo
le, scrive Rossi, <<la filosofia si presenta come una forma di tradizionalismo,
si limita a dire come stanno le cose, si volge verso l'estetica e la letteratura,
ispira la saggia pacatezza che è propria dei convalescenti e riprende in pie
no la sua tradizionale funzione consolatoria. Il pensiero debole è in realtà so
lo una sottospecie dell'antiilluminismo forte. Ai miei occhi appare come
la varietà, amorosamente coltivata in una serra, di una lussureggiante erbac
cia che si era diffusa in tutta Europa. L'heideggerismo che agì in profondità
nella cultura della sinistra italiana nel corso degli anni Sessanta e dei pri
mi anni Settanta e che variamente si rimescolò con il marxismo italiano
fu davvero un'altra cosa>> (I b., p. 23 ).
Anche LUCIO COLLETII ( 1 924-200 1 ) attacca duramente, in diverse oc
casioni dopo la sua uscita dal marxismo e l'avvicinamento, attraverso
Kant, alle posizioni del pensiero moderno che privilegiano il rapporto con
le scienze, tutte le filosofie anti o postmoderne. Le sue nuove posizioni era
no state anticipate nella citata Intervista politico-filosofica del 1 974 e svilup
pate in opere successive, tra le quali Tramonto dell'ideologia del 1980.
Colletti individua come carattere comune a queste filosofie il disprez
zo per la scienza, per la tecnica e per la civiltà industriale in genere, alla
quale contrappongono, seguendo lo sche-
ma romantico della radicale distinzione tra Il pensiero debole è la varietà,
Kultur e Zivilisation, un pensiero antimo amorosamente coltivata in una serra,
derno, spiritualistico in sostanza, che Col di una lussureggiante erbaccia
che si era diffusa in tutta Europa
letti fa risalire alla linea Hegel-Marx-Hei
degger: una linea accomunata dal rifiuto
della realtà naturale e dalla esclusiva considerazione della realtà stori
co-umana come unico oggetto degno della riflessione filosofica: <<C'è un
elemento di continuità profondo nella triade Hegel-Marx-Heidegger. Si
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
536
tratta di filosofie che affermano che la Realtà è Storia; con il che esse
non intendono la storia dell'universo e neppure la storia del pianeta
Terra, ma proprio e soltanto la storia umana, cioè la storia avvenuta, a par
tire da un certo momento, a opera (o, meglio, per il tramite) della no
stra specie. Filosofie della storia, che sono insieme filosofie antropocen
triche >> (in Dove va la filosofia italiana? , cit. , p. 40) .
È d a notare i l rovesciamento d i posizioni di Colletti sul rapporto
Marx-Hegel, sul quale per molti anni aveva scritto - sulla scia di Del
la Volpe - sottolineando la radicale opposizione tra l'Hegel mistico e ro
mantico e il Marx scienziato pieno. Colletti, accettando ora una vec
chia interpretazione di Lowith, accomuna Hegel, Marx, He idegger,
inserendoli tutti nell'ambito di una tradizione che in ultima istanza è
quella biblica.
Quella tradizione germanica ha anche un altro elemento in comune:
quello di essersi sempre opposta, sul piano politico diretto oltre che su
quello del pensiero politico, << alle istituzioni sociali e politiche che si an
davano sviluppando in Francia e in Inghilterra>> (I b., p. 43 ), cioè alle isti
tuzioni liberaldemocratiche. Anche in questo caso osserviamo un rove
sciamento rispetto alla tesi precedentemente sostenuta - sempre sulla scia
di Della Volpe - sulla superiorità dell'uguaglianza «comunista» rispetto al
la libertà e alla democrazia <<borghesi>>.
Il legame con la tradizione della Kultur (Hegel-Marx-Heidegger) è an
dato di pari passo, nella filosofia italiana, con la condanna del sistema li
beraldeinocratico borghese, e quindi della civiltà industriale con la quale
è connesso, emessa in ma
niera convergente dal
mondo cattolico e da quel
lo comunista (<<una dupli
ce e opposta critica della
democrazia industriale mo
derna, da destra e da sini
stra contemporaneamente:
la "critica romantica" che
fatti sullo sfondo si delinea un pen- quelle» ( ibid. , p. 22) ; a tutto que
siero forte, anzi fortissimo, che i eu- ·sto si aggiungono i giochi linguistici à
ratori identificano nella ricerca di la Wittgenstein, interpretati con un
una «fondazione unica , ultima , po� di filosofia del dialogo e un po'
normativa» (Rovatti e Vattimo , di «sentimento di rispetto per i ma
p. 7) . Ma, seconda loro, si tratta numenti» (ibid . , p . 25) . Eco da
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O R A N E A
540
parte sua si rifà di nuovo al <<prin ni più discreti per farsi accettare . Il
cipio peirciano della interpreta pensiero forte sembra improponibi
zione e quindi della semiosi illimi le: indeboliamolo, per renderlo ac
tata>> (Eco, p. 75) . Dialettica, me cettabile , per continuare a parlare di
tafisica, ermeneutica, retorica, in dialettica, ermeneutica , retorica
terpretazione: questi sembrano i ecc . , ecc.
protagonisti del pensiero debole , per
sonaggi di una scena già vista altre Tratto da, Carlo Augusto Viano,
volte , che ora cercano di ripresen Va' pensiero. I l carattere della filosofia
italiana contemporanea, Torino, Einaudi,
tarsi in spoglie più dimesse , con to- 1 985, pp. 3-8.
------- � -------
Bodei ritiene che questa situazione epigonale, di crisi delle idee nelle
quali la generazione cresciuta nel dopoguerra aveva creduto, abbia creato
una sorta di vuoto, da lui chiamato, efficacemente, uno scisma del presen
te: <<nel senso che lo spazio dell'esperienza, il passato, le tradizioni di pen
siero che ci avevano intellettualmente saturato ( in particolare le diverse
forme di storicismo) non ci sorreggono più e che l'orizzonte del futuro,
delle attese, si è abbassato. Dal punto di vista dei molti destinati ad eredi
tarla, la tradizione si presenta come esaurita ed il futuro incombe più co
me una minaccia che come una promessa [... ]. Si è esaurita la volontà di
proiettarsi con forza verso un "futuro eterno", come nelle religioni, o ver
so un futuro temporale lontano, come nelle tradizioni politiche laiche di
progetti che sacrificano il presente al progresso o alla "città futura". Il
presente si mostra, così, inospitale, una lacuna in cui è difficile non solo in
novare ma anche conservare. Eppure questo vuoto può diventare per il pen
siero filosofico anche uno spazio di opportunità, un inizio, una possibile
alternativa all'autofagia o all'estenuazione>> (lb . , p. 34).
Bodei muove dunque da una diagnosi abbastanza negativa ma punta a
indicare dei compiti positivi al pensiero filosofico. Quali compiti? Qui Bo
dei cerca di distinguere la sua risposta e dal pensiero dei postmoderni e da
quello dei moderni. Non accetta infatti né un atteggiamento di <<estenua
zione>> né <<l'apologia della "società industriale" nei termini di Viano e di
Colletti» (Ib. , p. 3 5 ) . Secondo Bodei << la difesa della civiltà industriale
suona piuttosto anacronistica>>, giac
ché siamo ormai nelle condizioni
di una società postindustriale, <<lega
ta all'elaborazione, processing, delle
informazioni, al ruolo strategico del
la conoscenza teorica come base del
lo sviluppo tecnologico, al primato
dell'educazione quale forza di avan
zamento sociale e, quantitativamen
te, alla prevalenza degli addetti ai
servizi, alla ricerca e alla burocra
zia, in particolare nei settori della sa-
MA R G L A C IA L E A R TI C O
. .{-
..... ...:": ..
TERRA DI · ···•� �
FRANC. GIUSEPPE "
ra i gra n d i sconvolgi menti del XX seco
T lo un posto d i p r i m o p i a n o s petta a l
processo d i d issoluzione d i u n a d e l l e d ue
potenze mond i a l i : l ' U n i one Sovietica . La
c r i s i d e i s i ste m i co m u n i st i d e l l ' E u ro p a
d e l l 'est si ma n ifestò a partire dagli a n n i Ot
tanta . Nel l 9 9 1 anche I ' U RSS cessò di esi
stere , e fu costituita u na Com u n ità di sta
ti i n d i pendenti (CS I ) , con lo scopo di co
ord i n a re l a gestione d e l l e a r m i ato m i c h e
e d i prom uovere la cooperazione economi
ca . La c risi del com u n ismo i n nescò inevi
t a b i l me nte u na serie di rifless i o n i p o l i t i
c o - i d e o l og i c h e che i nvest i r o n o a n c h e i l
ca m po d e l l a filosofi a , rid i me n s i o n a n d o o
com u n q ue rimettendo i n d iscussione gran
' ()
I C pa rte del d i battito sul m a rxismo.
t =:
N OTA B I B L I O G R A F I C A
Diamo i n questa sede - a integrazione d i quanto citato nel testo - una bibliografia se
lettiva, indicando, nel caso, i volumi nei quali sono presenti ricche bibliografie per
ulteriori informazioni atte ad approfondire qualche aspetto, corrente o autore tra
quelli trattati.
cultura filosofica italiana dal 1 945 al 1 980, Guida, Napoli 1982; AA. Vv., La filosofia
italiana dal dopoguerra a oggi, Laterza, Roma-Bari 1985; C. SINI, Panorama delle idee,
in AA. Vv., Profili dell'Italia repubblicana, a cura di O. Cecchi e E. Ghidetti, Editori
Riuniti, Roma 1 985, pp. 403-34; P. ZECCHINATO, Il punto archimedeo. Ragione ed
etica nellafilosofia italiana dal ' 45 ad oggi, Liviana, Padova 1986; AA. Vv , Filosofia ita
.
liana e filosofie straniere ne! dopoguerra, a cura di P. Rossi e C. A. Viano, Il Mulino, Bo
logna 1 99 1 ; AA. VY. , I progressi della filosofia nell'Italia del Novecento, a cura di F.
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camme valeur historique: le néo-illuminisrne italien, in «Archives de philosophie», 56
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lermo 1995; V. POSSENTI, Cattolicesimo e modernità: Balbo, Del Noce , Rodano,
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razionalismo critico da Antonio Banfi ad Evandro Agazzi, con contributi di F. Papi e J.
Petitot, ERGA, Genova 1998; F. SBARBERI, L'utopia della libertà eguale: il liberali
smo sociale da Rosselli a Bobbio, Bollati Boringhieri, Torino 1999; AA. Vv., Cin
quant'anni di storiografia filosofica in Italia. Omaggio a Carlo Viano, a cura di E. Do
saggio ed E. Pasini, il Mulino, Bologna, 2000; M. MARTELLI, Etica e storia: Croce e
Gramsci a confronto, la Città del Sole, Napoli 200 1 ; Le avanguardie della filosofia ita
liana nel XX secolo, a cura di P. Di Giovanni, F. Angeli, Milano 2002; Nicola Abba
gnana: un itinerario filosofico, a cura di B. Miglio, il Mulino, Bologna 2002; G. BE
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a cura di P. Di Giovanni, F. Angeli, Milano 2003; Filosofi italiani contemporanei, a
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cura di G. Micheli e C. Scilironi, Cleup, Padova 2004; AA. Vv. , Realismo, illumini
smo ed ermeneutica. Percorsi della ricercafilosofica attuale, a cura di F. Minazzi e D. Ria,
F. Angeli, Milano 2004; M. BOCCI, Agostino Gemelli rettore e francescano: Chiesa,
regime , democrazia, pref. di S. Zaninelli, Morcelliana, Brescia 2003; A. Russo, Fi
losofi italiani del Novecento, con una lettera inedita di N. Bobbio, Armando, Roma
2004; Idealismo e ami-idealismo nella filosofia italiana del Novecento, a cura di P. Di Gio
vanni, F. Angeli, Milano 2005. Di grande utilità sono alcune raccolte collettive di
testi dei filosofi italiani dagli anni Trenta a oggi. Citiamo quelle più importanti: AA.
Vv., Filosofi italiani contemporanei, a cura di M. F. Sciacca, Marzorati, Milano 1 944,
seconda ed. 1 946; AA. Vv., Filosofi che si confessano, a cura di G. M. Sciacca,
D'Anna, Messina 1948; AA. Vv., La mia prospettiva filosofica, Liviana, Padova 1950;
AA. Vv., La filosofia contemporanea in Italia. I, Società e filosofia oggi in Italia; II, In
vito al dialogo, Arethusa, Asti-Roma 1 95 8 ; AA. Vv. , Parlano i filosofi italiani,
( 1972), in La filosofia dal '45 ad oggi, a cura di V. Verra, Mursia, Milano 1 976; AA.
Vv., Che cosa fanno oggi i filosofi?, Bompiani, Milano 1982; AA. Vv., Filosofi italiani
contemporanei. Parlano i protagonisti, a cura di B. Maiorca, Dedalo, Bari 1984; AA.
Vv., Dove va la filosofia italiana?, a cura di J. Jacobelli, Laterza, Roma-Bari 1 986;
AA. Vv., Les Philosophes italiens par eux-memes, fase. monografico di <<Critique», 452-
53, 1985; AA. Vv., Recoding Metaphysics . The New Italian Philosophy, a cura di Gio
vanna Borradori, Northwestem University Press, Evanston, ili., 1988. Uno strumen
to ancora indispensabile, per la prima metà del secolo, è la Bibliografia filosofica ita
liana dal l 900 al l 950 curata dal Centro filosofico di Gallarate, Delfino, Roma 1950-
5 5 . Ulteriori indicazioni bibliografiche, ragionate e per correnti filosofiche, nel
vol. XXXIV della Grande Antologia Filosofica, dedicato all Aggiornamento Bibliogra
'
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Roma 1967; AA. Vv., Gramsci e la cultura contemporanea, a cura di P. Rossi, voli. 2 ,
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APPENDICE
Appendice
dell'atto cui è stato costretto e par Quando non è fondato sulla libe
tecipa dell'atteggiamento che esso ra risposta della persona, ottenuta
esprime . In altri termini il con o sollecitata attraverso la comuni
trollo, come fatto sociale, deve ave cazione, esso non ha significato so
re la caratteristica di tutti i fatti ciale. Indubbiamente, la frequenza
sociali: dev' essere fondato sulla con cui i gruppi sociali ricorrono
comunicazione. alla forza fisica per assicurarsi il
controllo dei loro membri, segna ciologia infatti non può avere per
la all'attenzione della sociologia oggetto che gli elementi relativamen
le tecniche di cui essi si avvalgono. te uniformi e ripetibili di tali rappor
Ma la distinzione fra tali tecniche ti: per questo carattere dei suoi ogget
e il controllo sociale autentico, ti la sociologia rivendica giustamente
fondato sulla comunicazione, è la il suo carattere scientifico, nei con
condizione per intendere l'una e fronti delle discipline umanistiche o
l'altra cosa. storiografiche, che guardano invece a
2. I rapporti sociali formano ogget ciò che, negli eventi umani, c'è di
to della sociologia in quanto costitui individuale e di irripetibile. Per at
scono atteggiamenti ed istituzioni. La so- teggiamento si deve intendere un qual-
fare con un gruppo ristretto e prati rare la realtà del fenomeno, ma può
camente isolabile di fenomeni socia essere data semplicemente ed agevol
li, ma investe e accompagna ogni mente dall'analisi dell'elemento so
fenomeno, in quanto è considerabi ciologico fondamentale. Per conse
le dalla sociologia cioè in quanto co guenza, tutti i fenomeni sociali in
stituisce un atteggiamento. Lo studio distintamente possono essere consi
del controllo sociale è lo studio del derati dal punto di vista del con
la struttura normativa propria di ogni trollo sociale; intendendo per feno
atteggiamento sociale. E la definizio meno sociale ogni rapporto sociale
ne del controllo stesso non ha biso determinabile come atteggiamento
gno di lunghi e tortuosi giri per affer- od istituzione. Ogni fenomeno socia-
6 reels of Jo�
mano e si dissolvono, con tutta fa rattere magico, cioè il potere di pro
cilità, a seconda dei movimenti del muovere e garantire la felice riusci
la cosiddetta << opinione pubblica>> ta dell'atto iniziato. Nelle società
cioè di quegli atteggiamenti che secondarie l'importanza della ceri
prendono improvvisamente corpo, monia come tecnica di controllo
in un gruppo sociale, dinanzi a una tende a scemare: i l cerimon iale
situazione o a un problema determi laico tende sempre più a diventare
nato. Altre tecniche di controllo una vuota mçtschera, e non elimina
sono più stabili ed esse possono es né diminuisce l'antagonismo degli
sere classificate secondo che con atteggiamenti.
cernono i controlli di tradizione o i Ma proprio in questi casi si vede
controlli di gruppo. meglio, nel cerimoniale, il suo ca
Ai controlli di tradizione si rife rattere di strumento di controllo:
riscono la cerimonia, il rito, la leg esso tende ad evitare che gli incon
genda, il mito, e, per contrasto, la tri tra atteggiamenti diversi siano
moda. La cerimonia è un insieme apertamente ostili sin dall'inizio e
tradizionale di atti che sottolinea quindi precludano ogni via even
no solennemente l'importanza di tuale di composizione.
un evento. L'evento appartiene La leggenda e il mito hanno un ca
sempre al novero di quelli che se rattere più sostanziale: tendono ad
gnano una certa data nei rapporti esaltare i valori della tradizione e
umani: una nascita, una morte, un a rafforzarli come fondamenti degli
matrimonio, una laurea, una riunio atteggiamenti futuri. La leggenda è
ne politica, il conferimento di una il racconto di un fatto vero o pre
carica, ecc. La cerimonia tende a sunto, che esalta il fatto stesso, in
rinforzare, con la suggestione dei modo da farne la manifestazione ti
simboli, il valore dell'evento e de pica di un atteggiamento istituzio
gli atteggiamenti che le sono con nalizzato in un certo sistema di cul
nessi e in questo senso è una tec tura. Le figure dei profeti religiosi,
nica di controllo. Una cerimonia dei grandi legislatori, dei fondato
a cui si attribuisca un valore religio ri di stati, e i fatti fondamentali
so e che quindi tenda a rinforzare relativi alla formazione dei grandi
e a promuovere atteggiamenti re sistemi culturali, tendono a diven
ligiosi è un rito. tare leggendari e contro questo lo
Nelle società primarie, alla ceri ro carattere molte volte si spunta
monia si attribuisce solitamente ca- no le armi della critica storica. Ogni
gruppo sociale coltiva il culto leg rito e della leggenda, la moda, che
gendario degli eroi nei quali si so non a torto è stata definita come << il
no incarnati gli atteggiamenti che capriccio del costume>>. Attraverso
il gruppo ritiene consustanziati alla la moda si inseriscono nella tradi
sua tradizione. zione improvvisamente, attraverso
A differenza della leggenda, il mi una rapida assimilazione, atteggia
to non presuppone la tradizione, ma menti che senza di essa dovrebbe
spesso tende a formarla. Esso non ro combattere a lungo per sopravvi
concerne quindi necessariamente vere e conservarsi.
un fatto o una figura storica, ma può Il fenomeno non concerne soltan
assumere come suo fondamento an to aspetti esteriori o secondari del
che un'idea o un concetto o un la socialità come il vestire e il diver
principio filosofico o storico. In tirsi, ma tutti i sistemi di cultura:
ogni caso, però, il suo fine è quello il linguaggio, la letteratura, l'arte,
di promuovere e rafforzare atteggia la politica, la filosofia, le scienze
menti determinati: esso è sostan e, attraverso queste ultime, anche
zialmente una tecnica di controllo. la religione e la morale.
Sorel parlava del mito dello <<scio Il cartesianesimo, l'illuminismo,
pero generale>> per promuovere e l'hegelismo, il darwinismo sono sta
tener desta l'energia combattiva ti nel passato vere e proprie mode
della classe operaia. L'idea del pro culturali, alle quali altre sono segui
gresso è adoperata come mito ogni te. La moda tende a rendere super
volta che è diretta a persuadere del ficiale e a stereotipare in atteggia
la inevitabilità di certi sviluppi sto menti facili e appariscenti ciò che,
rici. Ogni forma di utopia avveniri in un dato campo culturale, dovreb
stica è un mito nello stesso senso. be essere oggetto di serie indagini e
L'esaltazione della razza o di un di continua problematizzazione. Ma
popolo privilegiato, quella del <<ca- essa è un aspetto ineliminabile dei
. po>> di uno stato o di un partito, controlli di tradizione: i quali, nel
sono altre forme di miti. loro sforzo di conservazione, pro
Nella società contemporanea, l'e muovono ed esigono, indirettamen
sigenza di controllare gli atteggia te, atteggiamenti di resistenza e
menti di grandi masse di persone ha d'innovazione, che assumono ap
portato alla creazione deliberata punto la forma della moda.
di leggende e di miti e la tecn i ca Sotto questo profilo, la moda è
di questa creazione fa parte essen uno strumento di controllo, che
ziale del bagaglio di ogni propagan limita e indebolisce i controlli di
dista professionale. tradizione.
Fa da contrappeso alla tendenza Ai controlli di gruppo si riferisco
conservativa del cerimoniale, del no l'autorità e le sanzioni. Questi
S C R I TT I N E O I L L U M I N I S T I C I
573
l L'autorità
si rafforza attraverso l'uso di sanzioni positive o negative;
quando sono negative esse assumono la forma delle pene.
(Juan O'Gorman, "Indipendenza del Messico", particolare, XX sec.)
SCRITTI N EO I L L U M I N ISTICI
575
e gli atteggiamenti l
Il processo educativo è il tentativo di mutare il carattere
dell'individuo senza nessuna limitazione di età o di circostanze.
(Adriaen van Ostade, "Il maestro", particolare, Louvre, Parigi, XVII sec.)
APPENDICE
578
di forze che sussistono fuori e indi mo, che, ancora una volta, non può
pendentemente da essa e che agi essere che l'anima, la sostanza, l'at
scono a formarla cioè a produrre i to, la coscienza, ecc. Quindi, anco
suoi caratteri e le sue azioni. Una ra una volta ci troviamo rinviati
persona non crea la società in cui al contrasto fra certi dati e risultan
nasce e la cui formazione è dovuta ze scientifiche o almeno apparen
a forze storiche; piuttosto la socie temente scientifiche e certe affer
tà crea la persona singola che nasce mazioni di natura metafisica.
in essa, fornendola di linguaggio, di
costumi, di credenze, di tecniche di
lavoro, ecc. Perciò la persona sin 4. L'aporia dei valori
gola è, non solo dominata e diret
ta, ma integralmente formata, nel L'aporia dei valori nasce da quel
le sue intime strutture, dalle forze la situazione della cultura contem
sociali alle quali essa non può sot poranea che si suole comunemente
trarsi se non annul l andosi come designare con la parola << crisi>> . La
persona cioè perdendo tutti i suoi crisi infatti nasce dall'incertezza sui
caratteri concreti. valori che presiedono o debbono
Questa è la tesi del determinismo presiedere alla vita individuale e so
sociale. Dall'altro lato, c'è la tesi ciale. E quest'incertezza è suggeri
simmetrica e opposta dell'indeter ta dal fatto che nessuno dei valori
minismo sociale. Secondo quest'ul che l'uomo può assumere a sua gui
tima, la persona essendo una realtà da e mettere a base della sua forma
a sé, irrisolvibile negli elementi so zione non sia stato negato o non
ciali che si possono riconoscere in possa essere negato.
essa, è pienamente indipendente di La disparità delle concezioni po
fronte alle forze sociali e si dirige da litiche e sociali che si contendono
s é , senza nessun rapporto di su il campo nella vita moderna si fon
bordinazione verso tali forze. da appunto sul fatto che ciascuna di
Questa tesi deve evidentemente queste concezioni praticamente ne
fondarsi su un'analisi della persona ga i valori morali, intellettuali, este
che prescinda completamente dal tici, ecc. che sono a base dell'al
le sue connessioni sociali: su un'a tra. Ciascuna definisce spesso come
nalisi cioè che veda nella persona << vero» << bello>> << giusto >> ciò che
un principio assolutamente autono- l'altra definisce con i termini con-
trari. Inoltre, e per ciò che riguarda valore, quali siano le sue caratteristi
gli individui singoli, è apparsa evi che riconoscibili, cioè tali da con
dente la scarsa radice che anche i trassegnarlo sufficientemente nei
valori meglio riconosciuti dalla tra confronti del suo contrario, se e in
dizione hanno negli individui stes quale misura il valore stesso possa es
si; e come poco occorra affinché ta sere detto o riconosciuto <<trascen
li valori vacillino e si spengano in in dente>>, sono tutti problemi ai quali
teri gruppi di persone nelle quali la occorre trovare una certa soluzione,
tradizione e l'educazione avrebbero per poter legittimamente parlare di
dovuto profondamente radicarli. valori nell'ambito di una qualsiasi
È chiaro che se si prende atto di teoria educativa.
questa crisi dei valori, l'educazione Ed è evidente che al problema del
diventa estremamente problematica. valore si intreccia l'altro problema,
Educare l'uomo ... a che cosa? A in ugualmente fondamentale per l'e
formare la propria vita e quella de ducazione, del rapporto fra l'esse
gli altri? Ed è poi possibile radicare i re e il dover essere. Anzi sotto un
valori nella vita umana in modo me certo aspetto, si tratta di due
no labile e più sicuro, sicché non sia espressioni diverse di un medesimo
no messi in discussione o negati al problema.
la prima occasione? Se non si rispon Non è possibile educare l'uomo se
de a queste domande, nessun proces non avvalendosi dei poteri e delle
so di formazione umana può avere capacità che sono in suo possesso e
la sua bussola, i suoi punti di orien perciò considerandolo per quello
tamento. Ci si può appellare certa che egli realmente è . Ma dall'al
mente alla tradizione e ritenere ga tro lato, non è possibile educare
rantiti da essa i valori che essa inse l'uomo se non rendendosi conto
gna. Ma con ciò non si chiudono di quello che egli deve essere e per
gli occhi di fronte ai dubbi ben fon ciò cercando di portare al livello di
dati e non si rischia di scambiare questo dover essere la sua realtà ef
per <<valore>> un pregiudizio che si è fettiva. Ma, con ciò, il problema
radicato e tramandato? Dall'altro la del rapporto tra l'essere e il dover
to, l'atteggiamento di critica verso i essere dell'uomo si impone all'at
valori come può riconoscere ad essi tenzione con tutte le sue difficoltà.
una saldezza sufficiente a costituirli Un dover essere, cioè un sistema di
come principi direttivi della vita valori o di ideali che sia determina
umana? to senza tener alcun conto delle ef
A questi problemi si aggiungono fettive capacità di realizzazione in
quelli relativi alla stessa formulazio possesso dell'uomo, è inutile e ino
ne teoretica del concetto di valore. perante. Ma dall'altro lato determi
Che cosa sia e come possa definirsi il nare i l dover essere sulla misura
SCRITTI NEOILLUMINISTICI
583
Dall'altro lato, se questa precisazio gazioni, come una forza attiva che
ne è fatta, si è trovato, probab il produce immancabilmente l'ogget
mente, un filo conduttore che per to sì che questo non può non veri
mette di e l iminare taluni dubbi ficarsi. Per esempio: la forza di gra
paralizzanti. Per esempio ci siamo vità è la causa dei movimenti ce
già imbattuti nel dubbio: perché lesti e della caduta dei gravi sulla
dobbiamo credere più alla scienza terra. Conosciuta la misura di que
che alla filosofia, oppure più alla fi sta forza, si possono infallibilmente
losofia che alla scienza ? È chiaro prevedere i movimenti di rotazione
che se risultasse che la scienza e la o di caduta che essa produce. Que
filosofia fanno appello allo stesso ti sti movimenti non possono non ve
po di spiegazione, l'alternativa pre rificarsi, se è data quella forza; non
sentata da quel dubbio perderebbe possono non verificarsi che in una
molto del suo valore e, forse, si ri data misura se è data la misura di
velerebbe poco importante. quella forza.
Questo tipo di spiegazione costi
tuisce il perfezionamento tecnico,
2. La spiegazione causale quindi la precisazione, di quel tipo
di spiegazione primitiva per cui noi
La tradizione scientifica e filosofi vogliamo sapere «perché una cosa
ca, che si è fissata anche nel lin è nata» . Tale spiegazione primiti
guaggio comune, ha determinato va è suggerita evidentemente da
un certo tipo di spiegazione che è la un'analogia antropomorfica. Mol
spiegazione causale. Per essa, un og ti oggetti di cui l'uomo dispone so
getto risulta spiegato, se se ne può no prodotti dall'uomo stesso: cioè,
assegnare la causa. La risposta al nascono perché l'uomo li produce
perché di un oggetto indica la cau con la sua attività o la sua forza. Un
sa dell'oggetto stesso. La causa è ciò utensile, un mobile, un vestito c'è
che, se si verifica, necessariamen perché l'uomo lo ha prodotto: la sua
te si verifica l'oggetto di cui è cau spiegazione è nella forza produttri
sa. Essa è quindi il fattore di que ce dell'uomo. Secondo questa ana
st'oggetto, nel senso che infallibil logia l ' uomo ha cercato le prime
mente lo produce o lo pone in esse spiegazioni del mondo, domandan
re. Poiché, data la causa, l'effetto dosi quale fosse la forza o il princi
segue necessariamente, il verificar pio produttivo del mondo stesso. A
si dell'effetto è perfettamente pre poco a poco, questa spiegazione si è
vedi bile. La sp iegazione causale chiarita e purificata dai suoi e le
rende perciò infallibilmente preve menti antropomorfici, ma l'elemen
dibili gli oggetti ai quali si applica. to antropomorfico rimane nel con
La causa viene intesa, in tali spie- cetto stesso di causa intesa come
SCR ITTI N EOI L L U M I N I ST I C I
589
Molti oggetti che fanno parte del mondo hanno come loro spiegazione ultima l'uomo, l
ovvero sono prodotti dalla sua stessa attività. (Aieksandra Exter,
"Natura morta con bottiglia e bicchiere", Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid, 1 9 1 2)
APPENDICE
590
me cose, nel senso che a questa paro cile parola di l inguaggio umano.
la si attribuisce nel mondo macrosco Qualcosa c'è o è un fatto. Che si
pico. Il comportamento delle cose gnifica quest'affermazione?
macroscopiche è infatti descrivibile Per la scienza dell'800 un fatto fi
totalmente e quindi prevedibile in sico esiste sempre di suo pieno di
modo sicuro. La scienza parla ora del ritto e l'osservazione scientifica va
lo stato di un complesso atomico: lo le solo a dimostrarne il carattere e
stato non è che una determinazione le manifestazioni. Per essa, in altri
matematica, una funzione, la quale, termini, l'esistenza del fatto è presup
mentre riassume tutto ciò che è sta posta come qualcosa di necessario.
to osservato intorno al complesso Per la fisica contemporanea e in par
atomico ad un dato istante, permet ticolare per la meccanica quantisti
te di calcolare la probabilità di tro ca, tale attribuzione preliminare di
vare un determinato risultato quan una realtà necessaria al fatto fisico
do, ad un istante futuro, si eseguirà è completamente priva di senso.
sul sistema un'altra osservazione. Per essa, l'affermazione X è un fat
<<
Lo stato non somiglia quindi a nes tO>> o X esiste>> significa soltanto: <<è
<<
spiegazione del comportamento co re, l'animale cade in uno stato simi
sì detto «simbolico>> dell'uomo, cioè le all'ipnosi. Messo in presenza di
del comportamento diretto da segni uno stimolo condizionato, il cane
o simboli, linguistici o d'altra na risponde con la salivazione, ma non
tura. Per esempio il viaggiatore che mostra reazioni motrici (non si av
incontra sulla strada un cartello che via dalla parte in cui gli si offre abi
lo ammonisce che la strada è p iù tualmente il cibo). Messo in presen
in là interrotta reagisce ( per es. za dello stimolo ordinario (un pez
tornando indietro) proprio come se zo di carne ) , l'animale reagisce in
avesse visto l'interruzione della stra modo diverso; qualche volta la se
da. Egli tuttavia non ha visto l'in crezione salivare è normale, ma non
terruzione: il simbolo ( il cartello) si si producono i movimenti di masti
è sostituito come stimolo artificia cazione; qualche volta, al contrario,
le allo stimolo naturale ( la vista del il cane mangia la carne ma la secre
l'interruzione). zione salivare si fa attendere. Pa
Il Pavlov e molti sostenitori della vlov spiega questi comportamenti
teoria dei riflessi condizionati han come casi di inibizione. Ma la spie
no tenuto fermo il principio che gazione stessa della capacità di ini
ogni riflesso, che entra a comporre bizione manca totalmente nella sua
un riflesso condizionato è un mec teoria. Difatti se ogni azione psichi
canismo semplice ed infallibile col ca è un'azione riflessa, nel senso
legato con una determinata struttu classico della p arola, c ioè come
ra anatomica. Ma le osservazioni azione infallibilmente prodotta da
sperimentali non si prestano ad uno stimolo, l'azione dell'inibizio
essere inquadrate in questa teoria. ne è inspiegabile, giacché l'inibizio
Essa infatti mostra che le reazioni ne è una forza contraria a quella
degli animali sono variabili e pos riflessa e che tiene in iscacco la for
sono dissociarsi o anche invertirsi za riflessa: essa non appartiene per
sicché Pavlov è stato costretto ad ciò all'azione riflessa (come intesa
introdurre, anche nel campo dei ri da Pavlov) e non si vede dove pos
flessi condizionati, la nozione di ini sa essere collocata. Pavlov stesso
bizione. Sono state soprattutto si parla di un cane che, dopo qual
gnificative le osservazioni su anima che tempo, si rifiuta ad ogni nuo
li frequentemente sottoposti a espe va esperienza: «più la seduta si pro
rienze di condizionamento. Un ca lungava, più esso si eccitava, vole
ne frequentemente sottoposto a ta va distaccarsi, grattava il pavimen
li esperienze, presenta stranissime to, mordicchiava le p areti , ecc.
anomalie. Dal momento che gli si dopo un po' divenne inutile per il
applica il dispositivo che permette lavoro sperimentale>>. Pavlov inter
di raccogliere la secrezione saliva- preta questo comportamento co-
S C R I TT I N E O I L L U M I N I S T I C I
607
d'essere che se stessi: sono tutto ciò prodotti spirituali dell'uomo, perciò
che vogliono essere e perché lo vo ad una sostituzione delle esigenze
gliono essere . Il primo difetto di esplicative con la caratterizzazione
questo tipo di spiegazione consiste retorica. Ciò spiega perché le forme
appunto in ciò: che essa non è spie più avvedute dell'indeterminismo
gazione affatto, se per spiegazione contemporaneo cercano di intro
s'intende dar ragione di una cosa. Si durre delle limitazioni nell'indeter
può dar ragione di ciò che è con minismo per renderlo adatto alla
dizionato, facendo appello alle sue sp iegazione della vita spirituale
condizioni. Ma ciò che è incondi umana. Il caso più tipico in questo
zionato, che è tutto ciò che vuol es senso è quello di Bergson. Egli con
sere e solo perché vuol esserlo, non cepisce bensì la vita come la ma
h a alcuna ragione. Tanto s i può nifestazione di un principio asso
dire preliminarmente su tutte le lutamente creativo, lo slancio vita
concezioni che fanno appello ad un le, ma considera anche le limitazio
indeterminismo radicale. ni e gli ostacoli a cui questo prin
Ho detto preliminarmente, cioè cipio va incontro.
dal punto di vista del tipo di spiega A tali limitazioni ed ostacoli è do
zione (o di non spiegazione) a cui vuto il fatto che la vita non si evol
esse fanno appello. Ma non è tutto ve secondo una linea unica ed in
qui. Se nell'uomo agisse un princi fallibil mente p rogressiva, ma s i
pio creatore nel senso suddetto, do rompe a d ogni istante in numero
vrebbe mancare ogni l imite nelle se direzioni, che progrediscono più
realizzazioni umane, quindi anche o meno e di cui alcune finiscono
ogni difficoltà ed ogni problema. in un vicolo cieco. In tal modo
L'insuccesso dovrebbe essere scono Bergson h a cercato di conciliare
sciuto. L'esperienza dell'errore, del l'indeterminismo radicale, derivan
la deviazione, della perdita, dell'in te dal presupposto del carattere
successo, dovrebbe essere ridotta a incondizionato ed assoluto dello
pura apparenza. Il carattere essen slancio vitale ( che, come egli di
zialmente problematico, che le ma ce, o è divino o è Dio stesso) con i
nifestazioni della spiritualità uma limiti e le condizioni delle sue con
na presentano in grado così accen crete manifestazioni nei fenomeni
tuato, dovrebbe essere addirittura della vita. E lo stesso atteggiamen
ignorato. Da un punto di vista di to egli assume nei confronti del pro
questo genere non si può costruire blema che qui esaminiamo, quello
una teoria esplicativa dell'attività dei rapporti tra spirito e corpo. Le
spirituale umana; si può solo dar forme meno avvedute, e perciò più
luogo a un mero discorso elogiati radicali, dell'indeterminismo, a dif
vo, ad una esaltazione acritica dei ferenza della dottrina bergsoniana,
APPEN DICE
614
e infallibile o non è . Causa è ciò che veduta con certezza, rimane sempre
produce immancabilmente l'effetto; e una possibilità: cioè esclude ogni ne
là dove l'effetto non segue immanca cessità. La causalità invece è sem
bilmente e non è quindi prevedibi pre necessaria: ciò che è causalmen
le in modo infallibile, non si può par te determinato non può non verifi
lare di causa. Occorre ricorrere a un carsi nel modo in cui si verifica.
tipo diverso di spiegazione, come a Queste caratterizzazioni escludono
un tipo diverso di spiegazione ha fat ogni compromesso o contaminazio
to ricorso la fisica contemporanea. ne tra il concetto di causa e il con
Questo tipo diverso è come si è vi cetto di condizione. Occorre avva
sto il concetto di condizione. La con lersi o dell'uno o dell'altro di questi
dizione si differenzia dalla causa in concetti; e l'uso dell'uno esclude l'u
quanto: primo, non si assume come so dell'altro.
forza produttrice; secondo, non im In tal modo l'antinomia tra il deter
plica l'univocità e l'immancabilità minismo e l' indeterminismo nel
dell'effetto. Si deve intendere per campo dei fenomeni psicobiologici si
condizione la delimitazione di un risolve con l'eliminazione dei con
campo di possibilità determinate. cetti che sono alla base dell'uno e
In qualche caso-limite questo campo dell'altro e con il ricorso ad una tec
di possibilità può restringersi ad una nica esplicativa per la quale l'uno e
sola possibilità, e in tal caso la con l'altro perdono ogni significato. Il de
dizione consente una previsione cer terminismo viene rigettato, allora,
ta, ma che tuttavia non avrà mai la non per fare il salto mortale nella
pretesa dell'infallibilità perché è metafisica indeterministica ma pro
sempre la previsione di una possibi prio perché ha in comune con que
lità. In tali casi-limite tuttavia, può sta metafisica un presupposto fonda
sembrare a prima vista che ci sia so mentale: il presupposto che il prin
lo un filo sottile di differenza tra cau cipio di spiegazione sia una forza produ
salità e condizionamento. cente. Ricorrere, per spiegare i feno
Ma in realtà non è così. Si tratta meni della vita psicobiologica, a cau
di due tipi di spiegazione completa se che li producono immancabil
mente diversi, che suppongono an mente significa ricorrere a forze pro
damenti di ricerche e quindi proce ducenti, anche se queste forze ven
dimenti logici, completamente di gono identificate con eventi o con
versi. La ricerca del condizionamen strutture fisiche.
to non è mai conclusa, ma sempre E ricorrere, per spiegare gli stessi fe
aperta ed invita continuamente al nomeni a sostanze, attività, principi
la ricerca ulteriore. Inoltre una pos incondizionati, significa egualmente
sibilità, per quanto (come accade in ricorrere a forze che producono im
certi casi-limite) possa essere pre- mancabilmente quei fenomeni stessi.
S C R I TT I N E O I L L U M I N I S T I C I
617
È vero che nel primo caso si trattereb cologici, nonché (come vedremo) a
be di forze identificabili con eventi fi quelli propriamente umani della vi
sici e nel secondo caso di forze non ta storica e sociale. Essa perciò non ha
identificabili con tali eventi e acces bisogno di dividere la realtà in due
sibili solo attraverso considerazioni parti per renderla comprensibile. La
metafisiche. Ma questa differenza non divisione di spirito e natura è perciò
influisce sul tipo di spiegazione pre inutile per essa. In quanto non è una
supposto nell'uno o nell'altro caso: di esigenza esplicativa, essa può trascu
fatti nell'uno e nell'altro caso la spie rarla senz'altro come irrilevante, quin
gazione si ritiene data con l'individua di rifiutarsi di prenderla in conside
zione della forza, quale che sia, che razione.
produce il fenomeno. E questo rifiuto è legittimo perché
La ricerca della condizione invece l'unico fondamento possibile della di
prescinde completamente dalla con visione tra spirito e natura sarebbe
siderazione di ogni forza produttiva. l'impossibilità di spiegare l'uno con ciò
Essa mira a determinare, e possibil che spiega l'altra. Determinismo e in
mente a enumerare, le alternative che determinismo s'incontrano in questa
si presentano possibili in una certa si impossibilità; giacché entrambi, nel
tuazione; e a determinare altresì la ge le loro spiegazioni, ricorrono al con
rarchia di tali alternative secondo l'or cetto di forza producente, e la forza
dine della loro maggiore probabilità. allora dev'essere qualificata o come
Questa ricerca non implica nessuna spirito o come natura per dar ragione
assunzione circa una <<forza produtti delle modalità della sua azione.
va>> di qualsiasi natura. Essa elimina Ma la considerazione condizionale
perciò anche l'antinomia tra materia che prescinde, nelle sue spiegazio
lismo e spiritualismo, che incombe in ni, dal concetto di forza, ignora sen
vece sempre sull'altro tipo di spiega z'alì:ro la divisione o la distinzione tra
. zione; il quale, ricorrendo all'azione forza fisica e forza spirituale e può in
causale di forza, deve poi sempre pro tendere i fenomeni apparentemen
nunziarsi sulla natura di queste forze e te più eterogenei avvalendosi della
non può farlo se non sulla base di stessa tecnica esplicativa. D'altron
quella prima e grossolana astrazione de per la sua stessa natura questa tec
che consiste appunto nel distinguere nica non si esaurisce in uno schema
lo spirito dalla natura. Questa stessa unico, da applicarsi rigidamente, ma
astrazione perde ogni significato può assumere modalità diverse, a
quando ci si mette dal punto di vista seconda dei vari campi d'indagine,
della tecnica esplicativa condiziona e trovare o costituire in ognuno di
le. Questa tecnica infatti si applica questi campi gli strumenti di accer
ugualmente bene ai fenomeni fisici tamento e di controllo di cui la ricer
come a quelli biologici, psichici, psi- ca ha bisogno.
APPENDICE
618
\ l
l ) che tali rapporti sono forze che Questa tesi è in realtà un sempli
producono immancabilmente la ce pregiudizio economicistico, che
personalità stessa, in maniera da non si lascia giustificare per via di
determinarne con perfetta necessi una osservazione spregiudicata dei
tà tutti i caratteri; rapporti umani. Questi non si la
2) che tali rapporti sono condizio sciano ricondurre, quanto alla mi
ni che rendono possibili i caratteri sura del loro peso nella vita delle
e lo sviluppo di una personalità persone, ad un criterio unico e pri
qualsiasi (che va poi considerata ca vilegiato. L'uomo concretamente
so per caso) . Questi due significati esistente, l'uomo sociale, si trova
si possono egualmente ritrovare ne sin dalla nascita inserito in una tra
gli scritti di Marx, che non ha co ma complessa di rapporti che lo
scienza della loro diversità e che sollecitano da tutte le parti e spes
perciò li adopera come equivalenti. so in direzioni contrastanti. Già i
In realtà, si tratta di due significa rapporti di lavoro non si modella
ti diversi ed opposti perché il primo no necessariamente su quelli d i
di essi fa riferimento alla spiega produzione.
zione causale, il secondo alla spie Uno stesso tipo di rapporti di pro
gazione condizionale. Si è vista pre duzione ( la produzione essendo
cedentemente la divergenza fra condizionata dallo stato delle co
queste due tecniche esplicative. Si noscenze tecniche) può dar luogo
può intendere come Marx, vissuto a rapporti di lavoro completamen
nel periodo in cui la scienza assu te differenti. Ma gli stessi rapporti
meva come indubitabile la tecnica di lavoro possono avere, nella co
esplicativa causale, si sia riferito a stituzione della personalità reale
questa tecnica nel definire i suoi dei singoli, un peso differentissimo
concetti antropologici fondamen giacché essi si combinano con tut
tali. Ma è chiaro che, dato il mu ti gli altri tipi di rapporti: rapporti
tamento di indirizzo che la spiega sessuali, affettivi, di intrattenimen
zione scientifica ha subìto nell'epo to e di d ivertimento, rapporti d i
ca attuale, sarebbe difficile oggi la esperienze spirituali ( cioè estetici,
confusione delle due tecniche. Oc religiosi, scientifici). Il peso rispet
corre su questo punto riproporsi il tivo di ciascuno di questi tipi d i
problema, alla luce degli strumen rapporti , nonché d i quanti altri
ti concettuali che la cultura con tipi si possono distinguere e indivi
temporanea mette a nostra disposi duare nella complessa esperienza
zione. La terza tesi di Marx è che i sociale dell'uomo, non è stabilito
rapporti sociali siano, nel loro solo in anticipo.
aspetto reale e determinante, rap Certamente, nel pregiudizio eco
porti di produzione e di lavoro. nomicistico agisce il detto primum
APPENDICE
622
vivere deinde philosophari, nel sen fissate dal costume e dalla tradizio
so che l' uomo non può vivere se ne, spesso anche (come accade nel
non produce i suoi mezzi di sussi le società primitive) con carattere
stenza e che perciò questa produ magico e religioso. Accade perciò
zione è decisiva per lui. che le tecniche e i progetti di rap
Ma la realtà umana non obbedisce porti produttivi siano sempre, in
a questo schema troppo semplice. qualche misura, condizionate e li
Ogni società esige dall'uomo non mitate dalle tecniche di altri rap
solo che egli lavori, ma che lavori porti. Si può scorgere in questo
in un certo modo, secondo certi semplicemente l'azione di pregiu
schemi e certe tecniche che sono dizi. Ma anche così si deve rico
proprie di quel l a società e sono noscere che un pregiudizio qualsia-
rata irresistibile e tale da non poter nel campo delle scienze biologiche,
essere in nessun modo evitata. Il in cui la teoria dell'azione riflessa
concetto che domina da un capo ha subito, negli ultimi decenni,
all'altro queste concezioni è, non un rivolgimento radicale, sottraen
ostante tutte le pretese scientifiche dosi completamente allo schema
del materialismo storico, un con esplicativo causale.
cetto metafisica: quello della for Non ci sarebbe quindi ragione di
za agente secondo una necess ità mantenere questo schema nella
causale. Questo concetto metafi considerazione dei fatti umani, cioè
sica viene assunto come il solo ti della storia, comportandosi in que
po di spiegazione possibile e quin sto campo di ricerche come se nul
di come tale da eliminare la con la fosse avvenuto nel frattempo ne
siderazione di dover essere ed a ren gli altri campi della cultura. Tut
dere impossibile nel mondo socia tavia questa considerazione non è
le ogni azione che contrasti con la sufficiente a decidere l'abbando
direzione presunta delle forze ope no dello schema causale nella spie
ranti nella storia. gazione dei fatti storici. Occorrono
Questa direzione presunta è an motivi intrinseci alla struttura spe
ch'essa un portato d e l l o stesso cifica di tali fatti.
schema esplicativo, giacché la spie Questi motivi non mancano. Si
gazione causale e la previsione in può osservare in primo luogo che,
fallibile sono le due facce indisso se la natura delle persone fosse de
lubili di questo stesso schema: so terminata necessariamente dai rap
lo se si ammette l'azione infallibi porti sociali esistenti in un'epoca
le di una forza determinante si può determinata, in ogni epoca tutte
ammettere la previsione infallibile le persone viventi dovrebbero esat
e i risultati di questa forza. tamente rispondere, nella loro na
La concezione del materialismo tura, ai rapporti e alle forze domi
dialettico si trova quindi stretta nanti nell'epoca stessa.
mente legata a quella fase della Gli atteggiamenti delle persone
scienza e della cultura dell'800 che dovrebbero essere tutti perfetta
è stata tutta dominata dalla tecni mente riconducibili all'azione di
ca della spiegazione causale. Ab queste forze. Marx ha previsto que
biamo già accennato come questa sta obiezione e vi ha risposto af
tecnica sia venuta meno nelle fermando che le forze dominanti
scienze naturali e in primo luogo in lasciano spesso sussistere forze mi
quella, tra le scienze, che ha fatto nori contrastanti, le quali si espri
più rapidi e decisivi progressi, cioè mono in quegli atteggiamenti per
nella fisica. Si è visto pure come sonali che sono in contrasto con
la stessa tecnica sia venuta meno l'atteggiamento tipico dell'epoca e
APPENDICE
626
bertà, è stata per esempio consi ne della libertà umana è tanto più
derata la concezione della storia grande in quanto si cerca di mi
di Hegel, ma in questa concezione stificare il concetto stesso di liber
gli eventi umani si collegano stret tà. Mentre le concezioni determi
tamente in un organismo dialetti nistiche negano senz'altro la liber
co unico e totale nel quale si ma tà o la espungono dalla propria
nifesta e realizza l'Idea assoluta o considerazione, le concezioni idea
Ragione autocosciente. listiche pretendono di difendere la
Ciò che cambia in questa dottri libertà perché l'identificano con la
na è la natura della forza o del <<necessità storica» . Questa identi
principio invocato a spiegare i fat ficazione è il loro aspetto più gra
ti della storia, non già la natura ve e subdolo. Le persone sarebbe
della spiegazione. I fatti storici ri ro libere solo nella misura in cui
mangono fatti necessari, tali che si facessero strumento della neces
non possono non essere nel modo sità storica e agissero in confor
che sono. Tutto ciò che accade de mità. Ma poiché interpreti della
ve necessariamente accadere, per necessità storica non sono le per
ché è un elemento della raziona sone stesse, ma certe istituzioni de
lità superiore e perfetta che si rea terminate, per esempio lo Stato, la
lizza nel mondo della storia. pretesa coincidenza di libertà e ne
Che questa necessità venga qua cessità significa soltanto la subor
lificata come <<dialettica>> invece dinazione assoluta delle persone al
che << causale>> ; che essa venga ri la volontà dello Stato (o di quelli
portata a un principio razionale o che dicono di agire in suo nome)
sp irituale p iuttosto che a forze ed è perciò la d ifesa pura e sem
naturali e materiali; sono diversità plice dell'assolutismo politico. Le
che non inducono un mutamento parole ragione, spirito, eticità,
radicale nello schema esplicativo vengono qui impiegate a camuf
adoperato. La caratteristica di que fare la pretesa di un assolutismo
sto schema rimane sempre l'azione politico, che vuol ornarsi con il
di una forza ineluttabile e quindi la manto della libertà.
previsione infallibile dei risultati A questa conseguenza non si può
di questa forza. sfuggire ricorrendo alla distinzio
E il risultato dell' uso di questo ne, introdotta da Croce nei suoi ul
schema rimane sempre quello: l'e timi scritti, tra la storia come co
liminazione della libertà come pos noscenza e la storia come azione.
sibilità di scelta delle persone vi Mentre la storia come conoscen
venti della storia. Si può dire anzi za sarebbe tutta necessità, la storia
che nella concezione dialettica e come azione, la storia che si fa,
idealistica della storia, la negazio- sarebbe invece libertà. La perso-
SCRITTI N EO I L LU M I N I STICI
629
na che si inserisce nella storia co necessità del corso storico teore
me azione agirebbe liberamente, in ticamente considerato. Queste
conformità dell'imperativo mora pretese forme di << indeterminismo»
le; la persona che considerasse la sono altrettanto deterministiche,
storia nel suo corso ordinato non e in forma più subdola, delle dot
vedrebbe in essa che necessità. trine deterministiche.
Ora se questa dottrina non è una
dottrina della doppia verità, una
pratica e l'altra teoretica, non si 5. La condizionalità storica
gnifica nulla.
Se è una dottrina della doppia ve Negli scritti più recenti di meto
rità, signific_a che l'uomo, quando dologia della storia e nelle più av
agisce, agisce come se gli eventi vedute opere della storiografia con
della storia non fossero dominati temporanea si va sviluppando e chia
da una necessità a lui superiore e rendo un mutamento di prospettiva
che è capace di farsi strada anche che è esattamente analogo a quello
senza di lui. che abbiamo visto verificarsi nella fi
Questo come se sarebbe quindi sica e nella biologia contemporanea.
una verità o un postulato pratico, Si abbandona cioè lo schema espli
inconciliabile con la storia teore cativo causale e necessitante per ado
ticamente considerata. Per agire perare uno schema diverso, secon
l'individuo dovrebbe dimenticar do il quale l'operare umano storico
si della conoscenza storica. E a che viene ad essere inteso in rapporto a
cosa allora servirebbe tale cono tutto il complesso delle sue condizio
scenza ? È impossibile dirlo. Ma in ni naturali e sociali, senza che tut
realtà per Croce non può trattarsi tavia si presuma che tali condizioni
di una dottrina della doppia veri possano determinarlo e quindi ren
tà. Anche la persona che agisce derlo prevedibile in maniera infalli
nella storia, sa e deve sapere che la bile. In altri termini, dallo schema
storia è necessità. causale si sta passando, con il p iù
Ma in tal caso quale valore potrà recente lavoro della storiografia, al
dare alla sua stessa azione ? Come la tecnica condizionale della spie
potrà credere efficace questa azio gazione storica.
ne quando appare in contrasto con Nel modo p iù semplice e popo
forze, tradizioni, istituzioni, auto lare, per quanto non in quello più
rità, che sembrano designate dal- rigoroso, questa tecnica esplicati
la necessità storica a sopravvivere va è stata descritta dal Toynbee co
e a trionfare ? Non è possibile sal me quella della sfida e della rispo
vare insieme la libertà efficace del sta. L'ambiente fisico e l'ambien
la persona umana nella storia e la te sociale in cui un gruppo d'uomi-
SCR ITTI N EO I L LU M I N ISTICI
631
l 1n molte attività
artistiche, come suonare il pianoforte, vi è una perfetta
coincidenza del fine con i mezzi, perché l'esercizio continuo è finalizzato a ottenere
una perfetta abilità pratica. (Giovanni Boldini, "Ritratto del pianista A. Rey Colaço",
pastelli su carta applicata su tela, 1885)
APPENDICE
642
lore stesso e il fatto; o, per usare al to, se si vuol far uso di questa no
tri termini che d icono la stessa zione, occorre, fin dall'inizio, pre
cosa, tra il dover essere e l'essere. scindere dal postulato su cui quel
Possiamo dire che l'essere è un va le dottrine si fondano.
lore solo se ed in quanto deve, an Ciò vuol dire pure che la nozio
cora e sempre , essere. In questo ne del valore non può essere inte
senso, la trascendenza del valore sa e giustificata nell'ambito di una
si lega a particolari presupposti me dottrina che adoperi la categoria
tafisici. Essa è implicita nella cate della necessità. Se ciò che è, è ne
goria stessa di valore, in quanto re cessariamente, il valore non h a
gola per la comprensione delle co luogo. L a considerazione del valo
se dal punto di vista della loro va re trova posto soltanto nell'orizzon
lidità e quindi per l'uso stesso del te del possibile, perciò nell'ambi
la parola. to delle tecniche esplicative con
Tuttavia, anche in questi limiti, la dizionali, che escludono ogni for
trascendenza del valore esclude al ma di causalità necessaria.
cune impostazioni metafis iche,
quelle che non lasciano posto alla
trascendenza. Tutte le dottrine le 5 . 11 modo d'essere
quali fanno coincidere i l dover del valore
essere e l'essere, escludono la no
zione di valore in quanto rendono I chiarimenti finora addotti pos
impossibile la trascendenza del va sono forse consentirci di definire il
lore. Si tratta di quelle dottrine , senso del predicato antologico,
idealistiche e positivistiche, le qua quando viene riferito al valore. No
li ritengono che tutto ciò che acca teremo qui fra parentesi che il pun
de deve necessariamente accadere, to culminante di una qualsiasi ri
che il reale e il razionale s'identi cerca, in qualsiasi campo venga
ficano e che l'uomo non può dar le condotta, si raggiunge solo quando
zione alla realtà la quale possiede si è in grado di definire il significa
una razionalità superiore e perfetta to preciso della parola è o c'è rife
anche là dove a prima vista que rita all'oggetto della ricerca stes
sta razionalità non appare o dove sa. Il contrassegno specifico della
l'uomo la trova scomoda e contra cultura moderna rispetto a questo
ria ai suoi privati interessi. L'idea problema consiste in un atteggia
lismo di Hegel e dei neohegeliani, mento negativo: quello di non pre
come le forme del positivismo ot supporre un significato unico ed as
tocentesco, postulando l'identità di soluto del predicato antologico:
essere e dover essere, escludono la cioè nel non presupporre che la pa
considerazione del valore. Pertan- rola è o c'è debba necessariamente
S C R I TTI N EO I L L U M I N I S T I C I
643
l Una regola tecnica, come quella che segue chi deve costruire
un edificio, è relativa alla situazione particolare,
a differenza della regola morale che vale incondizionatamente.
(Juan O'Gorman, "La Città del Messico", particolare,
Museo de Arte Moderno, Città del Messico, 1 949)
SCRITTI N EO I L L U M I N I ST I C I
649
condo una massima autonoma, che nale che vive insieme con altri esseri
possa essere fatta propria dagli altri. razionali. Dall'altro lato il riconosci
Tutte queste formulazioni non hanno mento che le norme morali siano,
senso perciò se non a partire da quel come tutte le altre, condizionate,
la condizione che Kant riconosce pro non le mette sullo stesso piano con
pria non solo degli uomini ma di tut le altre. L'uomo non può riconoscere
ti gli esseri razionali in generale (po valori e formulare regole o norme se
sto che ci siano ipoteticamente altri non a partire da condizioni determi
esseri razionali oltre gli uomini). È nate; ma questo non dice nulla sul rap
evidente che le formulazioni kantia porto reciproco dei valori e sulla gerar
ne hanno dato alle norme morali la chia delle norme. Il giudizio sui valo
massima generalità possibile, ma non ri e sulle norme che li esprimono è
le hanno rese incondizionate; le han sempre un giudizio comparativo e con
no anzi subordinate a quella che è la duce sempre ad una scelta, ogni vol
prima e fondamentale condizione di ta che si presenti un'alternativa. Per
ogni attività di esseri razionali qual ciò la subordinazione dei valori l'uno
siasi: la loro coesistenza, con l'esi all'altro, e la gerarchizzazione delle
genza della reciprocità. norme, sono aspetti inevitabili di qual
Queste osservazioni bastano a far ve siasi attività umana. Nella espressione
dere che le qualifiche di <<incondizio puramente formale che Kant ha dato
nato>> e di «assoluto>> con le quali Kant alle norme morali, queste hanno il pri
ha voluto marcare la differenza tra le mato sulle altre; ma bisogna osserva
norme morali e tutte le altre, non han re che appunto per il loro aspetto for
no un senso rigoroso. Le norme mora male, tali norme lasciano aperto il pro
li hanno una condizione diversa, pri blema di ciò che, in ogni situazione
maria e fondamentale rispetto alle particolare data, è riconducibile sot
condizioni delle altre norme. Non to la norma morale. Naturalmente, ciò
sono prive di condizioni. Una norma che, nello spirito dell'etica kantiana,
priva di condizione non potrebbe pre viene ricondotto a norma morale,
scrivere nulla affatto; certamente, non acquista un primato su ogni altro va
potrebbe prescrivere di adottare una lore normalizzabile. Ma di volta in vol
massima che valga per tutti e che con ta, di caso in caso, il problema di ciò
sideri sempre l'umanità come un fine che la norma morale esige in partico
e mai come un mezzo. La forza di que lare, cioè di quale massima va effettua
ste formulazioni sta proprio nel loro ta la normalizzazione morale, rimane
condizionamento; esse tengono con aperto. Ed è questo tutto sommato il
to di una condizione da cui l'uomo problema decisivo, nel quale si metto
non può prescindere, quale che sia la no a prova le intenzioni morali dell'uo
sua attività, perché in ogni caso que mo, nel quale è pur sempre possibile
sta attività è quella di un essere razio- l'errore morale.
APPENDICE
650
N OTE B I BL I O G R A F I C H E
Derrida J., lO, 1 1 , 18, 22, 7 1 , Efirov S . A . , 547 Finocchiaro M. A., 551
81, 1 13, 288, 289, 472, Egidi R., 5 1 7 Fiorentino E, 297
484, 528 Einstein A., 474 Firestone S., 137
De Ruggiero G., 274, 297, Eisenstein Z., 137 Flanagan O. L, 267
304, 326, 329, 363, 378 Elias W., 70 Flores E, 216, 247, 254-260,
De Sanctis E, 391, 396, 423, Eliot G., 86, 87 268
458, 469, 475 Engels E, 78, 79, 105, 280, Fodor J . A., 226, 253, 265-
De Sarlo E, 275, 277, 293, 399, 400, 413, 419, 421, 269
295-297, 331, 332 475, 626 Foreman A., 137
Descarres R., v. Cartesio Enriques E, 296, 361, 482 Formenti C., 29, 35, 73, 208
De Vecchi, 332 Esiodo, 64 Formigari L., 469
Devitte J., 208 Fomero G., 1 7 1 , 550, 555
Dewey ]., 280, 286, 404, 406, Fomi G., 67
413, 442-444, 450, 45 1 , F Forti M., 397
455, 456, 476, 492, 556 Fortini E, 398, 423, 550
Dezza P., 549 Faber H., 1 72 Fossati R., 174
Diderot D., 534 Fabris R., 1 74 Foster H., 67
Di Domenico G., 550 Fabro C., 285, 346, 348, 363, Foucault M., 8, 18, 56, 288,
Di Giovanni P., 547, 548 364, 472, 552 472, 484, 514, 527, 540
Dilthey W., 363, 446 Farias V., 23 Fourier C., 7 8
D' Isanto L., 74 Farina R., 207 Franchini R., 283, 441, 470,
Donati G., 306, 308 Fattori M., 3 1 2, 549 485
Donnelly S., 207, 208 Fazio-Allmayer V., 274, 297, Frank M., 67, 69
Dorso G., 396, 401, 402, 420 304, 322, 326 Fraser J., 550
Dos Passos J ., l O Featherstone M., 69 Frazer E., 137
Dowell S., 1 73 Fehér E, 69 Frege E G., 244, 444
Dretske E L, 266, 267 Feigenbaum E. A., 247, 262 Freud S., 80, 104, 105, 1 13,
Dreyfus H. L., 216, 219, 220, Feigl H., 264 1 15-1 18, 120, 1 2 1 , 1 23,
238-247, 256, 259, 264, Femia J. A., 551 132, 484
265, 267, 268 Ferraris M., 10, 15, 50, 65, 67, Friedan B., 81, 1 1 5, 140, 166
Dreyfus S. E., 244, 268 72-74, 520, 538, 552 Frixione M., 236, 270
Du Bois C., 137 Ferrarotti E, 489 Fruchtl J., 74
Duelli Klein R., 137 Ferrata G., 365, 387, 396, Fuchs W. W., 70
Dumas E, 1 7 1 398, 402
Dummett M., 5 1 7 Fetscher L , 207
Dworkin A., 1 15 Fetzer J. H., 269 G
Feuerbach L. A., 276, 359,
41 1 , 432, 444, 459, 506- Gadamer H. G., 37, 256, 257,
E 508, 516 287, 288, 501 , 5 1 6, 528,
Feyerabend P. K., 19, 32, 264, 531, 533
Eccles J., 253, 264, 265, 267, 5 1 7 , 534 Gagliardo E., 262
269 Fichte J. G., 26, 415, 417, Galilei G., 2 1 9, 324, 345,
Eco U., 288, 471, 514, 519, 432, 453 347, 391, 463, 473, 474
520, 522, 523, 538-540, Figes E., 1 14, 137 Galimberti U., 512
552 Filiasi Carcano P., 441, 516 Galli C., 202, 208
Edelman G. M., 268, 269 Filoramo G., 207 Gallino L., 263, 267
655
Gallop J., 137 396, 407-410, 418, 423, 430, 458-460, 462, 463,
Gardner H., 267, 268 426, 440, 441, 443-446, 466, 472, 475, 480, 482,
Gargani A., 287, 5 14, 519, 449, 450, 456-458, 462, 485, 499, 522, 531, 534,
520, 522-528, 534, 552 467, 473, 477, 478, 482, 550
Garin E., 277, 283, 286, 289, 484, 489, 493, 5 15, 517, Granir R., 265
296, 323, 331, 332, 367, 534 Grant R. M., 206
393, 394, 403, 420, 423, Ghidetti E., 547 Grassi E., 362
430, 440, 441, 444-447, Giacon C., 284, 348, 349, Graziano, 148
456-459, 467, 468, 480, 394, 430, 43 1 , 470, 550 Greblo E., 72
482, 485-488, 490, 492, Giancotti E., 469 Greer G., 1 14
5 13, 520, 522, 547-550 Gianformaggio-Bastida L., Gregorio Magno, papa, 146,
Gamero G., 3 517 147
Garroni E., 68 Giannantoni G., 469, 550 Gregory T., 3 1 2, 469, 549
Gasche R., 69 Gibellini R., 140, 156, 169, Greisch J., 206
Gasparri P., cardinale, 3 13, 1 7 1 , 173, 1 74 Grey M., 1 73
315 Giddens A., 70 Griffin S., 137
Gassendi P., 469 Gillen E., 206 Griffiths M., 137
Gatens M., 137 Gilligan C., 13 7 Groot G., 74
Gava G., 262, 263, 5 1 7 Gilson É., 445 Groppali A., 296, 297
Gazzaniga G., 269 Ginzburg C., 519 Groppo M., 263
Geach P., 264 Gioberti V., 430 Grossberg S., 268
Gehlen A., 42 Giorello G., 214, 263, 484, Groult B., 172
Gemelli A., 273-276, 283, 519 Gruppi L., 550
292, 294-296, 299, 300, Giovanni XXII I , papa, 286, Guastella C., 296
308-3 1 1 , 3 1 7-325, 327, 287, 438, 439 Guerra A., 469
329, 332, 336, 345, 348, Giovanni Crisostomo, 14 7 Guglielmo di Ockham, 369
367 Giovanni di Salisbury, 455 Guibal F., 70
Genet J., 1 14 Giovanni Scoto Eriugena, Guiducci R., 473
Gentile G., 273-277, 283, 455 Gunderson K., 264
289-293, 295, 297-3 1 1 , Girardi G., 472, 500 Guzzo A., 274, 275, 277, 284,
3 14, 3 15, 3 17, 318, 320- Givone S., 471 3 18, 3 19, 326, 329, 331,
326, 328, 329, 331, 332, Glymour C., 269 332, 335, 348, 356, 363,
335-340, 343, 348, 359, Gnemmi A., 549 378, 394, 432, 438, 485,
362, 363, 371, 378-380, Gobetti P., 280, 298, 299, 498, 532, 549
387, 391, 393, 394, 401, 396, 401, 402, 420, 444
405-407, 423-426, 429, Godei K., 223
430, 441, 445, 458, 470, Goldenberg N., 169, 1 72 H
473, 498, 499, 548 G6mez Miiller A., 69
Gentile M., 285, 348, 356, Goodman N., 8, 267, 526 Habermas J., 29, 32, 57-59,
430, 472 Giissmann E., 1 7 1 , 174 64, 65, 67, 288, 516
George F. H., 264 Gould-Davis E., 169 Hageman A. L., 172
Gerber U., 1 74 Gozzini V., 174 Halkes C., 156, 157, 163,
Gerolamo, v. Girolamo, santo Graham G., 270 173, 174
Gerratana V., 467, 485 Gramsci A., 276, 280-282, Hamann J. G., 380
Geymonat L., 277, 282, 3 1 2, 298, 330, 391, 393, 396, Handjaras L., 551
330, 331, 354, 360, 361, 400, 402, 418, 420, 422- Hardesty N., 1 72
656
Raulet G., 70 5 13, 5 18-523, 528, 532, 491, 492, 513, 5 1 8, 5 19,
Ravera M., 268 534, 535, 537, 547, 549, 521, 550
Rawls J., 5 1 7 550, 552 Sargent L, 138
Reading B., 72 Rossi Pietro, 282, 440, 444, Sartre ). P., 47, 79, 83, 99,
Redding P., 72 468, 488, 490, 491 , 5 13, 100, 103, 1 13, 280, 397,
Reed )., 398 5 19, 521, 555 398, 403, 468, 472, 492,
Reiche R., 138 Rossi -Landi F., 282, 441, 443, 5 14, 515, 529, 530, 540
Reid T., 336 516 Sasso G., 548
Reik T., 144 Rossini G., 549 Sassower R., 72
Rella F., 67, 73, 522, 523, 552 Rosso A., 552 Sayre F., 264, 265
Remotti F., 522 Rousseau ).-)., 76, 82, 397, Scalera V., 548
Renner R. G., 69 41 1-413, 416, 417, 448, Scanzoni L, 1 72
Rensi G., 276, 296, 331 459, 473, 507 Scarpelli U., 440, 444, 5 16,
Rich A., 267 Rovatti P. A., 38, 49, 56, 70, 5 1 7, 5 19, 552
Rich E., 1 14 74,467, 492, 5 1 4, 5 1 6, Scaruffi P., 263
Richardson H., 1 72 5 19, 522, 523, 538, 539 Schaefer W., 208
Richardson R. C., 266, 267 Roviello A.-M., 70 Schank R. C., 213, 267
Ricoeur P., 208, 287, 288, Rowbotham S., 138 Schaumberger C., 1 7 1
501 , 5 16, 528 Royce )., 324 Scheib1er 1., 74
Riconda G., 549 Rubinoff L, 207 Scheler M., 362, 415, 417
Rigobello A., 285, 356, 430, Ruby C., 70 Schelling F. W., 432
472 Ruggenini M., 5 1 2 Schiller F., 432
Robbe-Griller A., 5 Ruggio L, 5 1 2 Schleiermacher F. D . E., 528
Rochester N., 209 Rumelhart D. E., 233, 268 Schmidt B., 68
Rockmore T., 70 Rumi G., 549 Schonherr H.-M., 74
Rodano F., 280, 402 Russell B., 2 1 9, 244, 299, Schopenhauer A., 324, 515,
Rodano R., 395 398, 404, 444, 45 1, 453, 525
Rogozinski )., 70 517 Schorsch C., 70
Rolando D., 522, 551 Russell L, 157, 159, 1 7 1 - 1 73 Schottroff L, 1 7 1
Rollet H . , 1 73 Russo L, 279, 326, 329, 392 Schrader W. H., 72
Romanò A., 304 Ryle G., 443, 5 1 7 Schrey H . H., 173
Romano S., 309, 548 Schubert W., 208
Rorty R., 1 1 , 21, 22, 72, 253, Schiingel-Straumann H., 1 7 1
288, 517, 528 s Schussler Fiorenza E., 157,
Rose G., 7 1 161, 1 7 1 - 173
Rosenberg H., 7 Sainati V., 549 Sciacca G. M., 548
Rosenblatt F., 233, 235 Saint-Simon C.-H., 78 Sciacca M. F., 274, 275, 279,
Rosenfeld E., 268 Saitta G., 274, 297, 326, 332, 284, 326, 329, 331, 333,
Rosenfield 1., 269 33 7 ' 393, 485, 549 335-337, 348, 349, 356-
Rosenkranz K. F., 537 Sakenfeld K. D., 158, 160 358, 368, 394, 439, 470,
Roser A., 208 Salvemini G., 396 504, 548
Rosmini A., 283, 333, 336, Sandrini M. G., 551 Scianchi F., 549
495 Santambrogio M., 5 1 7 Scoto Eriugena, v. Giovanni
Rossi M., 469, 473 Santaniello G., 550 Scoto Eriugena
Rossi Paolo, 59, 70, 283, 441, Santiago Guerv6s L E., 73 Scott C., 69
444, 468, 487-489, 492, Santucci A., 283, 441, 468, Scriven M., 263, 264
661
Searle J. R., 2 16, 2 1 9, 222, Spaemann R., 207, 208 Tertulliano Quinto Settimio
225, 247-254, 257, 266, Spanos W. V., IO Fiorente, 14 7
267, 269 Spaventa B., 304, 305, 391, Tessitore F., 470, 495, 5 19,
Secchi G., 263 396, 423, 458, 463, 469, 547
Sejnowski T. ]., 269 475 Thom R., 534
Semerari G., 470, 5 1 8 Spedigato P., 3 Thorne B., 137
Semeria G., 318 Spinoza B., 345, 357, 469, Ttlgher A., 276, 33 1
Sereni E., 423 543 Ttllich P., 143
Sestov L., 50 l Spirito U., 274, 283, 287, Ttmpanaro S., 483
Sève B., 208 298, 326, 328, 329, 33 1 , Tocco F. , 297
Severino E., 286, 47 1 , 472, 332, 336-342, 349, 362, Togliatti P., 279, 280, 389-
497 ' 503-505, 508, 509, 378, 393, 441, 470, 473, 392, 395, 396, 398-400,
512, 5 14, 515, 5 19, 522, 513 402, 407, 4 1 2, 418-42 1 ,
523, 534 Spriano P., 550 424, 440, 448, 458-46 1,
Seymour Lipset M., 68 Stalin, 280, 285, 400, 403, 466, 467, 480, 485, 550
Shakespeare W., 84 419, 421, 461 Tolbert M. A., 162
Shannon C., 209 Staudinger H., 207 Tomasevic B., 74
Shapiro C., 263 Stefanini L., 274, 275, 284, Tommaso d'Aquino, santo,
Sharples M., 263 356, 363, 364, 394, 430 148, 150, 283, 285, 309,
Sherrington C. S., 225 Steinbeck ]., IO 3 1 1 , 325, 376
Sichirollo L., 469, 550 Stendhal, 101 Tonfoni G., 268, 269
Siciliani de Cumis N., 312, Stern F., 7, 206 Toynbee A., l, 630-632
549 Sternberg R. ] ., 269 Trautteur G., 268
Sim S., 72 Stich S. P., 266, 267 Trible P., 159, 1 73
Simmel G., 299, 357, 45 1 , Stirner M., 380, 508 Trinchero M., 5 13, 519
452 Stock 0., 267, 270 Troeltsch A., 363
Simon H. A., 210, 226, 244, Stone M., 169, 1 72 Troilo E., 296, 331, 454
264-266 Strahm D., 174 Trotskij L. D., 421
Simons G. L., 268 Strata P., 214, 263 Turi G., 276, 330, 549, 550
Sini C., 467, 492, 514, 5 1 8, Strawson P. F., 444 Turing A. M., 2 1 2, 221-226,
547 Stringa L., 215 229, 250, 263
Sloman A., 265 Stroker E., 207 Tiirk H. ]., 70
Smart ]. ] . C., 228, 264 Sturzo L., 299
Smith H., 68
Smolensky P., 235, 236, 269 v
Snyder J., 74 T
Socrate, 126, 185, 197, 244, Vacca G., 463, 475, 550, 551
245, 373, 587, 596 Tabossi P., 263 Vaccarini L., 74
Sofocle, 1 1 6, 122 Tacchi Venturi P., 328 Vaccaro L., 174
Solari G., 360, 392 Tagliagambe S., 270, 484 Vaccaro S., 68
Salle D., 1 73 Talete, 351 Vailati G., 297, 298, 482,
Soma lvico M., 2 1 8 Tarozzi G., 296 489, 492
Somenzi V. , 213, 262, 270, Taylor H., 77, 82 Valentini F., 469, 548
441 Teilhard de Chardin P., 496 Valerio A., !51
Sonncman U., 69 Tennant N., 267 Van Boheemen C., 69
Sorel G., 572 Teresa d'Avila, santa, ! 5 1 Vance C., 138
662
Van den Brink B., 72 Vigorelli A., 550 Whitehead A N., 404, 453,
Van Lunen Chenu M.-T., Villa G., 297 467, 492
140, 1 73, 174 Villani A., 68 Whitford A., 137
Vanni Rovighi S., 283, 324, Violi C., 551 Widengren G., 177, 206
346, 348, 362, 549 Virilio P., 18 Wilson R., 206
Van Peperstraten F., 72 Visalberghi A., 440, 443 Winograd T., 216, 219, 247,
Van Reijen W., 72 Visentin M., 552 254-260, 264-266, 268
Varisco B., 296 Vismara A., 346 Winston P. H., 265
Vasa A., 282, 455 Vitale E., 208 Wittgenstein L., 238, 244-
Vasoli C., 346, 468, 487, 549 Vitello V., 552 246, 299, 410, 442, 480,
Vattimo G., 1 1 , 12, 14-16, Vittoria A., 550 514, 5 1 5, 5 1 7-519, 523-
18-20, 22, 37-57, 59-65, Vittorini E., 277, 279-281 , 526, 53 1, 537
73, 138, 288, 470, 47 1 , 364, 387, 389, 392, 396- Wolff H., 1 72
503, 5 14, 519-523, 526, 399, 402 Wollstonecraft M., 76, 77, 82
528-53 1 ' 538, 539 Volonté R., 74 Wolpe A., 137
Veca S., 5 1 7, 5 1 9, 522, 552 Volpi F., 14, 68, 5 16, 552 Woolf V., 77, 83-99, 101,124
Veerman D., 69 Voltaire François Marie
Vegetti M., 522 Arouet, 417, 418, 469
Vendler Z., 265, 267 Von Baer K. E., 150 y
Verra V., 430, 453, 470, 471, Vonnegut K., 10
485, 488, 516, 5 1 8-520, Von Neumann, 212, 233, 238 Young }. Z., 268
548, 552
Verri A., 548
Vester H.-G., 68 w z
Viale R., 216, 263
Viano C. A., 282, 440, 444, Wartofsky M. W., 207 Zambelli P., 468, 487
468, 488-490, 513, 5 1 7, Watson S. H., 72 Zamboni G., 324, 325
5 19-52 1 , 523, 528, 532, Weber A., 53, 72 Zanardo A., 469, 5 1 6
533, 535, 537, 538, 540, Weber M., 418, 489, 491 , 540 Zanca A., 268
541, 547, 552, 555 Weinberg }. R., 443 Zanini A., 70
Vico G., 345, 360, 376, 391, Weizenbaum }., 265 Zanzi L., 552
396, 453, 469, 470, 487, Wellmer A., 68, 71 Zdanov A. A., 280, 421
495, 522, 53 1 Welsch W., 69, 70, 72, 74 Zecchi S., 68, 493, 521, 552
Vidali P., 552 Wendnagel }., 208 Zecchinato P., 547, 552
Vigna C., 5 1 2 White H., 8 Zetkin C., 78