FILOSOFIA
STORIA DELLA FILOSOFIA
Volume 9
Il pensiero contemporaneo: il dibattito attuale
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:
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J
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I contenuti di quest'opera sono tratti da:
Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, vol. I-III, quarta edizione
©1993 Utet, Torino. l
Giovanni Fomero, Storia della filosofia, vol. IV/l
©1993 Utet, Torino.
Id. et al., Storia della filosofia, vol. IV/2
© 1994 Utet, Torino.
Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, terza edizione aggiornata
e ampliata da Giovanni Fomero
© 1998 Utet, Torino.
Le didascalie e le note a margine sono redazionali. Per i passi antologici l'Editore è a disposizione
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Nicola Abbagnano
STORIA DELLA
FILOSOFIA
9
Il pensiero contemporaneo:
il dibattito attuale
Volume 9
IL PENSIERO CONTEMPORANEO:
IL DIBATTITO ATTUALE
INDICE
19 25 . l filosofi e la dittatura
·
1 207. Articolazione delle forze in campo . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 291
1 208. Le eredità filosofiche in campo intorno al 1925 . . .. . . . . . . . . . . . . . . 295
1 209. Lo scontro Croce-Gentile e i suoi effetti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 300
1 210. I cattolici contro Gentile . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 306
APPENDICE
l. IL CONTROLLO SOCIALE
l. Presupposti del problema? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 556
2. Fondamento del controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 560
3. Controlli di tradizione . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . 563
4. Controlli di gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 565
5. Modalità di controllo. . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . .. . . . . . . . 569
che sono a loro volta suddivisi in paragrafi. /b. sta per Ibidem e rimanda all'ultima opera
La numerazione dei paragrafi è unica dal primo citata in precedenza.
del volume l all'ultimo del volume 9 per sot
tolineare l'unitarietà dell'Opera e, nel con La citazione testuale è sempre seguita da una pa
tempo, per la finalità pratica di rendere chiari rentesi tonda con il riferimento all'opera e con
e semplici i rimandi interni e agevoli e ine il rimando al luogo testuale preciso. Il rimando
quivocabili le citazioni della Stmia da parte de puntuale al luogo citato è dato, in tutti i casi
gli studiosi. in cui ciò è stato possibile, non col numero del
la pagina dell'edizione utilizzata ma con i nu
Ove inizia la trattazione di un autore, il suo no meri -secondo i casi- di libro, capitolo o simili
me è evidenziato per comodità del lettore con il e/o -per i testi classici- con i riferimenti alla
maiuscoletto. Nei casi in cui a un autore è de foliazione dei codici e delle edizioni critiche
dicato un capitolo o un paragrafo il maiusco di riferimento che le varie edizioni e traduzio
letto si troverà molto probabilmente nelle pri ni riportano abitualmente in margine. Ciò ren
me righe; nel caso di autori minori l'uso del de le citazioni chiare indipendentemente dal
maiuscoletto a inizio trattazione consente di in l'edizione di cui disponga il lettore.
dividuarli meglio.
I rimandi interni all'Opera sono indicati tra pa
l!Opera contiene numerose citazioni testuali re rentesi con il numero del paragrafo di riferi
lative alle opere filosofiche che compaiono mento preceduto dal simbolo §; la numerazio
nel corso della trattazione; ogni opera filosofi ne sequenziale dei paragrafi dell'intera Opera
ca viene indicata per esteso all'inizio della trat rende la consultazione dei rimandi particolar
tazione di ciascun autore e nella relativa nota mente agevole.
bibliografica. Nelle citazioni successive il rife
rimento all'opera è abbreviato, per ragioni di Il Dizionario di filosofia contenuto nei volumi 10-
spazio e per facilitare la lettura del testo, con 12 utilizza lo stesso sistema di abbreviazione dei
le abbreviazioni abitualmente in uso e gene- titoli delle opere e di indicazione dei luoghi.
C A P I T O L O XXIX
Postmoderno e filosofia
di Giovanni Fornero
Come si vede, tale rassegna, pur non pretendendo di enucleare una qual
che <<essenza>> del postmoderno, riesce ad evidenziare in modo efficace alcu
ni luoghi tipiçi o ricorrenti di quel <<vortice pulviscolare di esperienze teori
che, artistiche e critiche>> che ruota intorno alla nozione odierna di post
modernism (G. Borradori, op.cit., p. 59). Anche per quanto concerne il
termine <<postmoderno>>, la situazione è meno drammatica di quella prospet
tata da qualche studioso, poiché esso, pur con tutti i suoi limiti e le sue
ambiguità, è oggettivamente servito ad evidenziare la persuasione secondo cui
all'interno della modernità si sarebbe verificato, ad un certo punto, qualcosa co
me una crisi, un ripensamento, una cesura, ovvero un radicale mutamento di para
digma nel modo di concepire la realtà. Un mutamento nel quale tenderebbe a Ti
conoscersi l'uomo tardo-moderno, nel suo sforzo di dare un nome e un volto alla
specificità della propria condizione e al diffuso senso di <<estraneità» o di «lonta
nanza» dalle idee-forza degli ultimi secoli.Tant'è vero che i postmoderni, al pa
ri dei loro critici, non sono riusciti, sinora, a trovare un termine-concetto
migliore o più adatto ad esprimere il loro progettato distacco dai codici
teorici e linguistici del passato (anche il termine posthistoire, che nella cul
tura tedesca vale tuttora come sinonimo di postmoderno, risulta meno
pregnante e non privo, esso stesso, di potenziali equivoci).
XXIX • POSTMODERNO E FILOSOFIA
9
nito per tematizzare la modernità stessa come problema - che andranno ri
cercate le radici o gli antefatti filosofici del postmoderno. Tali antefatti risiedo
no innanzitutto in quello specifico filone del pensiero radicale, che va da N ietz
sche sino alla Scuola di Francoforte, il quale ha prima relativizzato, e poi cri
ticamente contestato, le ragioni e i paradigmi del moderno, rilevandone l'in
trinseca contraddittorietà e ricercandone gli elementi patogeni nelle sue stes
se istanze ispiratrici. Filone che, secondo i postmoderni, risulta impersonato so
prattutto da N ietzsche ed Heidegger, cioè dai filosofi che hanno proclamato
con maggiore insistenza <<die Not des anderen Anfangs>> (la necessità di un'al
tro inizio) e che si sono fatti i profetici portavoce di un nuovo Denkweg (per
corso di pensiero) in grado di porsi al di fuori dell'orizzonte storico-epocale del
la Neuzeit. Tant'è vero che Vattimo fa iniziare il postmoderno con Nietzsche
e sostiene che è solo in virtù delle sue problematiche, e di quelle di Heideg
ger, che <<le sparse e non sempre coerenti teorizzazioni del postmoderno ac
quistano rigore e dignità filosofica>>, in quanto <<ciò che quest'ultimo cerca di
pensare con il prefisso "post" è proprio l'atteggiamento che [ ... ] Nietzsche ed
Heidegger hanno cercato di costruire nei confronti dell'eredità del pensiero eu
ropeo>> (La fine della modernità, Garzanti, Milano 1 985, p. 9 e 10).
Un'altra - e più diretta - matrice del postmoderno filosofico è quella
del cosiddetto <<poststrutturalismo francese>> , ovvero di quella diversificata
compagine di pensiero che va dall'ultimo Foucault all'ultimo Barthes, da
Kristeva a Derrida, da Virilio a Baudrillard. Corrente da cui il postmoderno,
soprattutto quello di Lyotard, ha tratto un armamentario di nozioni teoriche
- come quelle di <<de-centramento>>, <<proliferazione>>, <<dis-locamento>> - al
ternative a quelle di <<centro>> , <<struttura>>, <<campo>> ecc. Armamentario
che fa tutt'uno con il rifiuto di ogni gerarchizzazione topologica e con l'abban
dono delle opposizioni tipicamente <<moderne>> fra passato e presente, destra
e sinistra, conservazione e progresso ecc. Un'altra matrice di rilievo, che ha
agito soprattutto sulle elaborazioni del pensiero debole, è l'ermeneutica ga
dameriana. Da essa Vattimo ha derivato l'immagine dell'uomo come ente sto-
rico-finito e la concezione del mondo come
È solo in virtù delle problematiche rete aggrovigliata di interpretazioni (e di in
di N ietzsche che le sparse teorizzazioni terpretazioni delle interpretazioni) ovvero la
del postmoderno acquistano rigore dottrina secondo cui le cose vengono all'es
e dignità filosofica
sere entro orizzonti linguistici che non sono
degli apriori eterni, bensì degli accadimenti
storicamente ed epocalmente qualificati. Ottica che gli ha permesso di pro
.
spettare l'ermeneutica, intesa come lingua comune della coltura e della filo
sofia odierna, alla stregua di <<pensiero della fine della metafisica>> e di tema
tica che meglio rispecchia i nodi emergenti dall'odierna società di massa e dal-
X XIX • POSTMODERNO E FILOSOFIA
19
la pluralità conflittuale dei <<messaggi>> in cui essa consiste (v. oltre). Note
vole è pure l'influenza esercitata dall'epistemologia postpositivistica di Kuhn
e Feyerabend. Da essa i filosofi postmoderni hanno assimilato la tesi della li
bera inventività della scienza e, più in generale, la teoria dello statuto << in-
stabile», <<discontinuo», <<anarchico» e <<para-
dossale» del sapere. Teoria che ha agito so I l postmoderno filosofico è il prodotto
prattutto su Lyotard, il quale vi ha tratto il di trasformazioni storico-sociali che hanno
modello della cosiddetta << legittimazione inciso profondamente sulle condizioni
di esistenza dell'uomo novecentesco
per paralogia» (§ 1 18 1 ) e la tendenza a pre
sentare il postmoderno sotto forma di siste-
ma del non-sistema. Il postmoderno ha anche accolto e approfondito alcune
istanze tipiche dell'esistenzialismo e della teoria critica (come il richiamo al
la finitudine dell'uomo e la polemica contro le categorie di totalità e di sin
tesi), ripensandole tuttavia nell'ambito di una posizione teorica che rifiuta, co
me si è detto, ogni forma di pessimismo e di tragicismo.
Il postmoderno filosofico non è soltanto il frutto di un insieme di sug
gestioni teoretiche o di convergenze speculative. Esso è anche il prodotto
di trasformazioni storico-sociali che hanno inciso profondamente sulle con
dizioni di esistenza dell'uomo novecentesco. Infatti, alle spalle della cosid
detta moda post ( <<post-qui, post-là» ) vi è una serie concatenata di avveni
menti storici ( le guerre mondiali, gli orrori dei campi di concentramento, i
fallimenti del socialismo reale, gli inconvenienti del capitalismo, i pericoli
di una guerra atomica, la minaccia di una catastrofe ecologica ecc.) che han
no minato alla base i principali <<miti» della modernità, a cominciare da quel
li del progresso e della emancipazione. Analogamente ad Adorno, Lyotard
sintetizza questa strage di illusioni, in un'unica cifra: <<Ci sono molti tipi di
distruzione, diversi nomi che ne sono il simbolo. "Auschwitz" può esser
preso come un nome paradigmatico per l"'incompiutezza" tragica della
modernità», <<Quale tipo di pensiero è capace di aufheben, nel senso hegelia
no di cancellare e di riprendere insieme, "Auschwitz" inserendolo in un pro
cesso generale, empirico e persino speculativo, volto verso l'emancipazio
ne universale ?>> (Il postmodemo spiegato ai bambini, cit., p. 28 e 89).
Per quanto concerne le matrici sociali, il postmoderno si è qualificato,
sin dall'inizio, come uno dei riflessi più significativi e sofisticati dei mecca
nismi di struttura della società postindustriale, a cominciare dal noto pro
cesso - caratterizzato dalla transizione dalle tecnologie meccaniche alle
tecnologie informatiche - che va sotto il nome di <<informatizzazione della
società» o di <<egemonia dell'informatica» (Lyotard). Processo che ha coin
ciso con una <<complessificazione» o <<pluralizzazione inarrestabile» (Vatti
mo) delle condizioni di vita tardo-moderne e che ha prodotto, in concomi-
LA FI LOSOFIA CONTEMPORANEA
20
al '66 è assistente alla Sorbona e frequenta, tra l'altro, i celebri seminari di La
can. Nel '66, dopo aver vissuto le agitate vicende del gruppo marxista e la sua
divisione in due tronconi contrapposti, dà le dimissioni da << Pouvoir ou
vrier>>, una delle due associazioni sorte dalla scissione di <<Socialisme ou bar
barie>> de\ 1964: <<un periodo della mia vita finiva, abbandonando il servizio
della rivoluzione, avrei fatto altre cose» (Ib., p. 75). Nello stesso anno assume
la cattedra all'Università di Nanterre, che tiene fino al '70, allorché passa al
l'Università di Vincennes. È un periodo di crisi intellettuale e di ricerca di nuo
ve prospettive: solo le faville della rivolta studentesca lo riportano per un bre
ve periodo alla passione politica. Nel '71 acquisisce il dottorato, con Disco
urs , figure, e nel '72 è chiamato all'Università di Parigi VIII (Vincennes e poi
Saint-Denis). Nel 1979 pubblica La condition postmodern.e, grazie a cui acqui
sisce notorietà internazionale, divenendo il più importante punto di riferimen
to delle discussioni filosofiche sul <<postmodemo». Nell'83 pubblica Le Diffé
rend, che pur essendo il suo scritto più organico non ha lo stesso successo e la
stessa influenza di quello precedente. Negli anni successivi, che registrano un
progressivo calo di interesse per le tematiche del postmodemo, dà alle stampe
altri lavori di rilievo: celebre l'intervento Heidegger et «/es juifs» ( 1988), che
fa seguito al volume di Victor Farias su Heidegger e il nazionalsocialismo. In es
so Lyotard traccia una netta linea di confine tra la filosofia di Heidegger e la sua
Nel corso della sua vita Lyotard profuse grande impegno nella riflessione l
e nella pratica politiche.
LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
24
oggetti di discorso: nel conoscere, nel decidere, nel valutare, nel trasfor
mare>> (La condizione postmodema, cit., p. 38). Nelle società tradizionali <<il
sapere>> si esprime in forma narrativa, ovvero in una serie di <<racconti» com
posti da una pluralità di giochi linguistici aventi in se stessi la loro autoriz
zazione: << i racconti determinano i criteri di competenza e/o ne illustrano
l'applicazione. In tal modo essi definiscono ciò che può essere detto e fatto
nella coltura e, dal momento che ne sono anche parte integrante, ne vengo
no per ciò stessi legittimati>> (Ib., p. 45 ) . Invece, con la nascita della scien
za, ci troviamo in presenza di una forma di sapere composta da un unico
registro linguistico (quello denotativo) programmaticamente isolato da tut
ti gli altri. Un gioco che non trae alcuna va-
lidità dal semplice fatto di venir riferito, Il sapere scientifico non può sapere
ma che richiede, per essere accolto, una e far sapere che è il vero sapere senza
serie di <<argomenti>> o di <<prove». Tant'è ve ricorrere all'altro sapere, il racconto
ro che, agli occhi della scienza, le narrazio-
ni tradizionali si configurano come prodotti di una mentalità <<selvaggia>> o
<<primitiva>>, basata sull'opinione, sull'autorità e sui pregiudizi: <<l racconti
sono favole, miti, leggende, buoni per le donne e i bambini. Nel migliore dei
casi, si cercherà di far penetrare la luce in questo oscurantismo, di civiliz
zare, di educare [ ... ]. Tale è tutta la storia dell'imperialismo culturale a par
tire dalle origini dell'Occidente>> (Ib., p. 52).
Nonostante questa ostilità di principio nei confronti delle narrazioni,
anche la scienza risulta costretta ad esibire delle legittimazioni discorsive alle
proprie pretese epistemologiche e sociopolitiche. In altri termini, a meno di ca
dere essa stessa in un cieco dogmatismo, anche la scienza risulta obbligata ad
escogitare una qualche giustificazione extrascientifica di se medesima. Tant'è
vero che, da Platone in poi, essa si è costruita quella tipica forma di legittima
zione «ragionata>> del proprio statuto che è la filosofia: <<Il sapere scientifico non
può sapere e far sapere che è il vero sapere senza ricorrere all'altro sapere, il
racconto, che è per lui il non-sapere, in assenza del quale è costretto ad auto
presupporsi incorrendo così in ciò che esso condanna, la petizione di principio,
il pregiudizio>> (Ib., p. 55). Questa sorta di ritorno del narrativo nel non-nar
rativo avviene anche nel mondo moderno. Infatti, quest'ultimo appare carat
terizzato da un insieme di <<grandi racconti>> (o di metarécits: come li chiama an
che Lyotard, per sottolinearne l'universalità di sguardo) aventi per obiettivo
la legittimazione teorico-filosofica ed etico-politica del sapere: «La narrazio
ne non è più un lapsus della legittimazione. Questo esplicito ricorso alla nar
razione nella problematica del sapere coincide con l'emancipazione delle
borghesie dalle autorità tradizionali. Il sapere narrativo ricompare in Occi
dente per offrire una soluzione alla legittimità delle nuove autorità» (Ib., p. 56).
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
26
Questo declino del narrativo coincide, secondo Lyotard, con il tratto pe
culiare della postmodemità. Da ciò la tesi centrale del libro: <<Semplifican
do al massimo, possiamo considerare "postmodema" l'incredulità nei con
fronti delle metanarrazioni>> (Ib., p. 6). Tale scetticismo, secondo il filosofo
francese, ha ormai investito tutte le fedi della modernità: «Ognuno dei
grandi racconti di emancipazione, a qualunque genere abbia dato l'egemo
nia, è stato per così dire invalidato nel suo fondamento dagli ultimi cin
quant'anni. - Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è rea
le: "Auschwitz" confuta la dottrina speculativa. Almeno questo crimine, che
è reale, non è razionale. - Tutto ciò che è proletario è comunista, tutto ciò
che è comunista è proletario: "Berlino 1 953, Budapest 1956, Cecoslovacchia
1968, Polonia 1980" (e la serie non è completa) confutano la dottrina del ma
terialismo storico: i lavoratori insorgono contro il Partito. - Tutto ciò che è
democratico viene dal popolo e va verso il popolo, e viceversa: il "Maggio
1968" confuta la dottrina del liberalismo parlamentare. Il sociale quotidia
no mette in crisi l'istituzione rappresentativa. - Tutto ciò che è libero gioco
della domanda e dell'offerta favorisce l'arricchimento generale, e viceversa:
le "crisi del 1 9 1 1 e del 1 929" confutano la dottrina del liberalismo econo
mico mentre la "crisi degli anni 1 974- 1979" confutano la versione postkey
nesiana di essa>> (Il postmodemo spiegato ai bambini, cit., p. 38). Tuttavia, il no-
Lyotard sostiene che nella società postindustriale, dominata dai processi d'informatizzazione l
e mercificazione del sapere, le grandi narrazioni hanno perso la loro funzione.
(Studio televisivo di Rede Globo, Rio de Janeiro)
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
28
stro autore non si limita a constatare il tramonto dei grandi racconti, o a fa
re un ennesimo discorso sulla <<fine delle ideologie>> , ma, conformemente a
quella linea di pensiero che tende a mostrare come i germi della decadenza
della modernità incubassero nella modernità stessa, indaga i motivi interni
che spiegano la progressiva delegittimazione dei metarécits.
A suo giudizio, tali motivi non derivano tanto, o in primo luogo, dal
decollo della tecnologia (che ha posto l'accento sui mezzi piuttosto che sui fi
ni dell'azione) o dal rinnovato sviluppo del capitalismo odierno (che ha li
quidato l'alternativa comunista e valorizzato il godimento dei beni individua
li) ma da un'autodelegittimazione di diritto dei racconti stessi: <<Naturalmen
te, l'impatto che la ripresa e la prosperità capitalistica da una parte, e l'ef
fetto depistante del decollo tecnologico dall'altra, possono esercitare sullo
statuto del sapere, è chiaro. Ma è in primo luogo necessario rintracciare i ger
mi di "delegittimazione" e di nichilismo
che erano già immanenti alle grandi narra Il fallimento
zioni del XIX secolo per comprendere co dei "metarécits" della modernità
me la scienza contemporanea fosse già espo coincide con il fallimento
di ogni preteso sapere onnicomprensivo
sta a simili impatti assai prima che essi aves
sero luogo>> (La condizione postmoderna, cit.,
p. 70). Tanto per cominciare, la legittimazione idealistica del sapere scien
tifico, celava, in se stessa, un manifesto equivoco. Essa ritiene infatti che il
sapere positivo abbia significato soltanto in virtù di un metadiscorso filoso
fico in grado di giustificarne il valore nell'ambito di una trattazione enci
clopedica della <<vita dello Spirito>>. Ma nel momento in cui tale <<presup
posto>> speculativo viene meno - e ciò accade non appena gli si ritorcono con
tro le regole del gioco scientifico - il linguaggio della legittimazione si pale
sa come illegittimo e la scienza si trova priva di giustificazioni.
Altrettanto equivoco è il racconto illuministico, il quale, ritenendo che
la legittimità della scienza risieda nel suo contributo all'emancipazione uma
na, si basa sulla possibilità di stabilire un ponte fra teoria e prassi. In realtà,
osserva Lyotard, che in antitesi al pregiudizio platonico della deducibilità del
bene dal vero fa valere la nozione wittgensteiniana dell'eterogeneità dei gio
chi linguistici, tra la sfera teorico-conoscitiva degli enunciati denotativi e
quella pratico-morale degli enunciati prescritti vi, non vi è alcun legame ne
cessario, in quanto il denotativo non può assolutamente pretendere di iden
tificarsi con il prescrittivo. Infatti, sostiene il filosofo francese, azzerando il
rapporto di complementarità che univa tradizionalmente il vero e il giu
sto: <<Nulla prova che, se un enunciato che definisce una realtà è vero, l'e
nunciato prescrittivo, che dovrà necessariamente modificare la realtà, sia
giusto>> (Ib., p. 73 ). In altri termini, essendo un gioco linguistico dotato di
regole proprie, la scienza risulta priva degli strumenti atti a regolamentare
il gioco pratico (e quello estetico). Il fallimento dei metarécits della moder
nità coincide quindi con il fallimento di ogni preteso sapere onnicom
prensivo in grado di connettere, tramite un unico dispositivo legittimante,
i vari settori della conoscenza e del linguaggio. Ma se la condizione post-
LA FILOSOFIA C O N T E M P O R A N EA
32
IL SAPERE NARRATI V O
Jean-François Lyotard, L a condizione postmoderna, B.
[ . . . ] siamo a Platone . Non è qui Ma vi è di più: è con la sua stes
il caso di fare l'esegesi di quei bra sa forma, che lo sforzo di legittima
ni dei Dialoghi in cui la pragma zione nei Dialoghi scritti da Plato
tica della scienza viene esplicita ne rende l'onore delle armi alla nar
mente messa in campo come te razione; l'uno e l'altra rivestono
ma o implicitamente assunta come sempre infatti la forma del rac
presupposto. Il gioco dialogico, con conto di una discussione scientifi
le sue esigenze specifiche , la rias ca. Poco importa qui che la storia
sume , includendo le due funzioni del dibattito sia più rappresentata
della ricerca e dell'insegnamento. che riferita, messa in scena piut
Ritroviamo qui alcune delle rego tosto che narrata, e che apparten
le enumerate in precedenza: l' ar ga dunque più alla tragedia che al
gomentazione ai soli fini del con l' epica. Resta il fatto che il discor
senso (homologia) , l'unicità del so platonico che inaugura la scien
referente come garanzia della pos za, e malgrado il suo intento sia
sibilità di accordo , la parità fra quello di legittimarla, non è scien
interlocutori, e persino il riconosci tifico. Il sapere scientifico non può
mento indiretto che si tratta di un sapere e far sapere che è il vero
gioco e non di un destino , dato che sapere senza ricorrere all'altro sa
ne sono esclusi tutti coloro che non pere, il racconto , che è per lui il
ne accettano le regole , per debolez non-sapere , in assenza del quale è
za o rozzezza. costretto ad autopresupporsi incor
Resta che il problema della legit rendo così in ciò che esso condan
timità del gioco, posta la sua natu na, la petizione di principio , il pre
ra scientifica, deve esso stesso far giudizio. Ma non vi incorre anche
parte dei problemi sollevati dal dia fondandosi sulla narrazione?
logo . Un esempio noto , tanto più Non è questa la sede per insegui
importante in quanto collega im re il ritorno del narrativo nel sape
mediatamente il problema della le re scientifico attraverso quei discor
gittimità a quello dell'autorità so si di legittimazione della scienza che
ciopolitica, ci è offerto nei libri sono, almeno in parte , i grandi si
VI e VII della Repubblica. Sap stemi filosofici antichi, medievali e
piamo che la risposta viene , al classici. È una sofferenza continua.
meno in parte , da una narrazione , Un pensiero risoluto come quello di
l'allegoria della caverna, che spie Cartesio non riesce ad esporre la le
ga come e perché gli uomini voglia gittimità della scienza che all' inter
no dei racconti e non riconoscano no di quella che Valéry chiamava la
------- � -------
LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
36
ma della liberazione ( 1974 ); Le avventure della differenza. Che cosa significa pen
1 Scrivo qui il termine tra virgolette perché intendo richiamare l'uso che della parola Er-
6rterung, che si deve tradurre con «collocazione» (insistendo sull'etimo più che sul senso
lessicale, che è piuttosto «discussione• ), fa Martin Heidegger nelle sue opere: cfr. su ciò
G. Vattimo, Essere, storia e linguaggio in Heidegger, Torino, ed. di •Filosofia•, 1963.
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
42
nità, cit., pp. 1 5 - 16). Inoltre, Benjamin ha insistito sulla natura «ideologi
ca>> della visione progressiva della storia, attribuendola ad una invenzione
delle classi dominanti, cioè al fatto che chi scrive la historia rerum gestarum
sono sempre i vincitori, i quali eliminano dalla memoria collettiva i lamen
ti dei vinti, fornendo, del passato, un'immagine consona ai loro interessi.
Questa crisi della concezione unitaria e progressiva della storia non è
l'effetto di semplici vicende intellettuali - ad esempio delle critiche che lo
storicismo ottocentesco ( idealistico, positivistico, marxista, ecc.) ha subi
to sul piano delle idee - ma il risultato di profonde trasformazioni storiche,
che vanno dal tramonto del colonialismo e dell'imperialismo sino all'avven
to della società della comunicazione. Infatti, se il riscatto dei popoli sotto
messi ha reso problematica la vicenda di una storia centralizzata mossa
dall'ideale europeo di umanità, l'esplosione dei media ha minato alla base
la possibilità stessa di una storia unitaria. In altri termini, per quanto con
cerne quest'ultimo aspetto - che è poi quello che sta principalmente a
cuore a Vattimo - se è vero che solo con il mondo moderno, ovvero con <<l'e
tà di Gutenberg>> di cui parla Mc Luhan, si sono create le condizioni per
costruire e trasmettere un'immagine globale della storia umana, è altret-
l Vattimo afferma
che •la storia non è più un filo unitario conduttore,
è invece una quantità di informazioni, di cronache, di televisori
che abbiamo in casa, molti televisori in una casa».
(Sequenza tratta da "Ritorno al futuro //" di Robert Zemeckis, 1 989)
XXIX • POSTMODERNO E FILOSOFIA
45
tanto vero che con la diffusione dei media ( § § 1 1 80-83 ) si è avuta una mol
tiplicazione dei centri di raccolta e di interpretazione degli avvenimenti:
<<la storia non è più un filo unitario conduttore, è invece una quantità di
informazioni, di cronache, di televisori che abbiamo in casa, molti televi
sori in una casa>> (Filosofia al presente, cit., p. 1 7 ) .
Questa condizione postistorica e postmodema, che coincide con una si
tuazione nella quale se la storia ha un senso <<questo consiste nella dissolu
zione del senso>> (lb., p. 10) - cioè nella negazione di un senso unico e asso
luto a favore di sensi molteplici e relativi -
fa tutt'uno, secondo Vattimo, con l'abbando Da Heidegger Vattimo deriva
no delle categorie <<forti>> della metafisica tra la concezione epocale dell'essere,
dizionale e con l'avvento di una visione ossia la persuasione secondo cui
<<debole>> dell'essere che si ispira a N ietz l'essere non è, ma accade
sibile solo se si prendono sul serio gli esiti della "distruzione dell'antologia"
operata da Heidegger e, prima, da Nietzsche. Finché l'uomo e l'essere sono
pensati, metafisicamente, platonicamente, in termini di strutture stabili che
impongono al pensiero e all'esistenza il compito di "fondarsi", di stabilirsi (con
la lbgica, con l'etica) nel dominio del non diveniente, riflettendosi in tutta
una mitizzazione delle strutture forti in ogni campo dell'esperienza, non sarà
possibile al pensiero vivere positivamente quella vera e propria età postme
tafisica che è la postmodemità» (La fine della modernità, ci t., p. 20).
Da Nietzsche Vattimo deriva innanzitutto l'annuncio della morte di Dio,
ovvero la dottrina secondo cui <<le strutture forti della metafisica - archai, Gran
de, evidenze prime e destini ultimi - erano solo forme di rassicurazione del pen
siero in epoche in cui la tecnica e l'organizzazione sociale non ci avevano
ancora reso capaci, come accade ora, di vivere in un orizzonte più aperto,
meno "magicamente" garantito>> (Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano 1983,
p. 18). Teoria che comporta, insieme alla caduta di ogni struttura metafisica
dell'universo, una destituzione del concetto tradizionale di <<soggettO>>. Da Hei
degger Vattimo deriva invece la concezione epocale dell'essere, ossia la per
suasione secondo cui l'essere non è, ma accade. Infatti, proprio perché l'acca
dere dell'essere di cui parla Heidegger non è altro, secondo Vattimo, che l'a
prirsi linguistico delle varie aperture storico-destinali, cioè dei vari orizzonti
concreti entro cui gli enti divengono accessibili all'uomo e l'uomo a se stes
so, ne segue che il senso dell'essere si risolve, ermeneuticamente, nella trasmis
sione di messaggi linguistici fra le varie generazioni: <<Ciò che possiamo dire
dell'essere è solo, a questo punto, che esso è trasmissione, invio: Ueber-liefe
rung e Geschick. Il mondo si esperisce in orizzonti che sono costruiti da una
LA FILOSOFIA CONTEM PORAN EA
46
UN ORIZZONTE « MAGICAMENTE»
GARANTITO
Gianni Vattimo, Dialettica, differenza, pensiero debole.
1 Le Tesi sono tradotte in italiano nel vol. Angelus Novus, a cura di R. SoImi,
Einaudi, Torino 1962.
LA FI LOSOFIA C O N T E M PO RAN EA
48
anche il pensiero della differenza cioè che le strutture forti della me
proviene . Quest'ultimo , nella sua tafisica - archai, Griinde, eviden
forma più radicale , ha la sua ze prime e destini ultimi - erano so
espressione in Heidegger. lo forme di rassicurazione del pen
La tesi che si propone deve dun siero in epoche in cui la tecnica e
que essere completata così: nello l'organizzazione sociale non ci ave
sviluppo del pensiero dialettico vano ancora resi capaci, come ac
novecentesco , si fa luce una ten cade ora, di vivere in un orizzonte
denza dissolutiva che lo schema dia più aperto , meno «magicamente»
lettico non riesce più a controlla garantito. I concetti reggenti della
re; questa tendenza è visibile nella metafisica - come l ' idea di una
micrologia benjaminiana, nella totalità del mondo , di un senso uni
«negatività» adomiana, e nell'uto tario della storia, di un soggetto au
pismo di Bloch. Il significato di que tocentrato capace eventualmente di
sta tendenza consiste nel mettere in appropriarsene - si rivelano come
luce che l'approccio dialettico al mezzi di disciplinamento e rassi
problema dell'alienazione e della Ti curazione non più necessari nel
appropriazione è ancora profonda quadro delle attuali capacità di di
mente complice dell'alienazione che sposizione della tecnica. Anche la
dovrebbe combattere : l'idea di to scoperta della superfluità della me
talità e quella di riappropriazione , tafisica (in termini marcusiani, del
capisaldi di ogni pensiero dialettico , la repressione addizionale) restereb
sono ancora nozioni me tafisiche be tuttavia esposta al rischio di ri
non criticate . Al venire in chiaro di solversi in una nuova metafisica
questa consapevolezza contribuisce (per esempio : umanistica, natu
in modo determinante Nietzsche , ralistica, vitalistica) , se si limitasse
con la sua analisi della soggettività a sostituire un essere «vero» a quel
metafisica in termini di dominio, e lo svelato falso dalla critica - sia es
con l'annuncio che Dio è morto , e sa di Nietzsche o di Marcuse .
A questo rischio , a cui soggiace in che sta alle spalle dell' ovvio-obiet
definitiva il pensiero dialettico , uta tivo e lo determina come tale . Ma
pico o negativo che sia, si sfugge so l'elaborazione di questo problema
lo se si associa allo critica della me conduce fin dall'inizio Heidegger
tafisica come ideologia legata all'in a scoprire altro: non una struttu
sicurezza e al dominio che da essa de ra trascendentale di tipo kantiano
riva la radicale ripresa del problema (o husserliano) né una totalità dia
deU' essere iniziata da Heidegger. lettica hegelo-marxiana da cui il
In apparenza , e più che in appa senso degli enti sia determinato;
renza, ma comunque in prima ap bensì l'insostenibilità (prima nella
prossimazione , il problema che «Cosa stessa» che nella nostra teo
Heidegger pone in Se in und Zeit è ria) di uno dei tratti che da sem
analogo a quello posto dalla criti pre la tradizione metafisica ha as
ca dell' ideologia: non possiamo segnato all'essere , cioè la stabilità
prender come ovvia la nozione di nella presenza, l'eternità, l' «enti
ente, giacché la sua ovvietà è già tà» o ousia. È la stabilità dell'esse
il risultato di una serie di « posizio re nella presenza che si rivela an
ni» , di accadimenti, o - dice Hei zitutto , fin da Sein und Zeit, co
degger - di aperture storico-cultu me ilfrutto di una «confusione» , di
rali (e , in senso heideggeriano , una «dimenticanza» perché deri
destinali) che , esse anzitutto (pri va dal modellare l'essere sugli en
ma della ovvietà-obiettiva dell' en ti, come se fosse solo il carattere più
te) , costituiscono il senso dell'esse generale di tutto ciò che si dà nella
re. Sembra dunque che , anche per presenza.
Heidegger come per i critici dell'i
Tratto da: Il pensiero debole. a cura di
deologia, si tratti di riappropriarsi
Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, Milano,
delle condizioni di possibilità, di ciò Feltrinelli, 1983, pp. 15-19.
Per Valtimo nichilista non è colui che attende utopisticamente l'alba radiosa del futuro. l
(Sandor Bortniyk, "!.:asino verde", Galleria Nazionale Ungherese, Budapest, 1924)
LA FI LOSOFIA C O N T E M PORAN EA
52
moderno è colui che dopo essere passato attraverso la fine delle grandi sin
tesi unificanti e attraverso la dissoluzione del pensiero metafisico tradizio
nale riesce a vivere «senza nevrosi>> in un mondo in cui Dio è nietzschia
namente morto, ossia in un mondo in cui non ci sono più strutture fisse
e garantite capaci di fornire una fondazione <<unica, ultima, normativa>> al-
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XXIX • POSTM O D E R N O E FILOSOFIA
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1 1 83 . Le critiche al postmoderno
Dopo l'apparizione del pamphlet di Lyotard, la dottrina postmoderna
si è trovata al centro di un vivace dibattito internazionale. Fra gli opposi
tori spicca soprattutto la voce di Jiirgen Habermas, il quale, a partire dagli
inizi degli anni Ottanta, ha criticato il postmoderno architettonico e poi fi
losofico in una serie di conferenze tenute in diverse università europee e
statunitensi (cfr. Die Moderne - Ein unvollendetes Projekt, in <<Die Zeit>> ,
1 9 settembre 1 980, ora in Kleine politische Schriften I - IV Suhrkamp,
Frankfurt a.M. 1 98 1 , pp. 444-64; Der philosopische Diskurs der Moderne. Zwolf
Vorlesungen, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1985 ) .
Secondo i l filosofo tedesco i l postmoderno non rappresenta una ve
duta coerente ed autonoma, ma un semplice <<segno dei tempi>> , cioè un
sintomo della situazione <<di stallo>> in cui è venuto a trovarsi il progetto
culturale moderno e la filosofia che meglio lo ha espresso, cioè l'illumini
smo. In altri termini, secondo Habermas (cfr. § 1 05 1 ) , la modernità non
sarebbe qualcosa di liquidato e concluso, bensì ein unvollendetes Projekt,
ovvero un <<progetto incompiuto>> , secondo il titolo della sopraccitata con
ferenza di Francoforte ( trad. it. parziale in << Alfabeta>> , n. 2 2 , 1 98 1 ,
pp. 1 5 - 1 7 ) . Un progetto che, proprio per essere stato parzialmente dis
atteso o tradito, attenderebbe ancora di essere riattivato e portato a
compimento. Infatti, facendosi portavoce e promotore di una rinnovata
fiducia nella <<tradizione illuministica della razionalità occidentale>> - pro
spettata come qualcosa di sostanzialmente << Ìnsuperato>> - Habermas
nega che la modernità sia un'avventura <<fallita>> e, anziché arrendersi di
fronte agli scacchi del progetto illuministico, propone di rilanciarne gli
ideali emancipativi, pena la ricaduta in posizioni immobilistiche ed oscu
rantistiche, suggellate dall'alleanza in atto fra postmodernisti e premoder-
LA FILOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
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XXIX • POSTMODERNO E FI LOSOFIA
59
dendo il medesimo discorso sia a proposito del moderno che del post
moderno, scrive: <<nel libro [del '79] e sempre più dopo, mi sono reso con
to che non si può parlare di un'epoca postmoderna. Anche nella moder
nità si incontrano posizioni, idee, opere, personaggi che non si pensano
in relazione a un cammino progressivo, o regressivo, della storia in ge-
LA FILOSOFIA CONTEM P O R A N EA
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XXIX • POSTM O D E R N O E FI LOSOFIA
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gioni del pensiero debole, Boria, Roma 1993; L. D ISANTO , Theology and G . V. 's On
'
\
CAPITOLO XXX
l La riflessione filosofica sul tema della donna da parte di donne trovauno stimolo
fondamentale nel clima politico e culturale della Rivoluzione francese.
(Louis-Léopold Boilly, "Il trionfo di Marat", Musée des Beaux-Arts, Li/le, 1 794)
l Nell'Inghilterra di fine
Settecento la scrittrice
Mary Wollstonecraft si fa
promotrice ·di un movimento
di rivendicazione dei diritti
delle donne. (Ritratto
di Mary Wollstonecraft
Godwin, National Portrait
Gallery, Londra, XVIII sec.)
LA FI LOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
78
l Anche la psicoanalisi si è interessata alla differenza sociale di ruoli tra uomo e donna,
riconducendola al diverso rapporto che il bambino e la bambina hanno con i genitori.
(Plinio Nome/lini, "La sorella minore", Galleria Nazionale d'Arte moderna
e contemporanea, Roma, 1 9 1 1)
XXX • I L PENSIERO DELLE DONNE SULLE DON N E
81
1 1 85 . Virginia Woolf:
oltre le conquiste liberal�democratiche
Questo fatto, aggiunge più avanti l'autrice, << anche spiega perché essi
non tollerano la critica della donna; questa non può dire che il libro è brut
to, il dipinto difettoso, eccetera, senza suscitare assai più dolore e assai
più rabbia di quanta ne potrebbe suscitare un altro uomo con la stessa
critica. Giacché se la donna comincia a dire la verità, la figura nello
specchio [il maschio] si rimpicciolisce; l'uomo diventa meno adatto alla
vita» (Ib., p. 750).
Virginia Woolf, che ha scandagliato a fondo, nei suoi romanzi, l'inti
mo animo sia di donne che di uomini, osserva che se si analizzano i com
portamenti tradizionali dell'uomo verso la donna <<ci avviciniamo a quell'in
teressante e oscuro complesso maschile che ha sempre avuto una così forte
influenza sul movimento femminista; quel profondo desiderio, non tanto
di dimostrare che lei è inferiore, quanto di provare che lui è superiore. Un
desiderio che troviamo dappertutto>> (Ib., p. 770). Aprendo in tal modo
spiragli su problemi che avrebbero successivamente impegnato molti studi
\
del movimento delle donne, Virginia Woolf afferma anche che <<la storia del
l'opposizione degli uomini all'emancipazione delle donne è forse più inte
ressante della storia stessa di questa emancipazione>> (I b., p. 7 7 1 ).
Questa emancipazione, per la Woolf, si accelera in maniera netta a par
tire dalla fine del Settecento, quando <<avvenne un mutamento il quale,
se io dovessi riscrivere la storia, mi sembrerebbe più importante che le Cro
ciate o le Guerre delle due Rose, e meritevole di una più particolareggiata
descrizione. La donna di classe media cominciò a scrivere>> (Ib., pp. 780-
8 1 ) . Inizia l'epoca delle grandi scrittrici: Jane Austen, le sorelle Bronte,
George Eliot { la Woolf si limita all'area inglese, ma il discorso potrebbe
estendersi all'area francese e in parte a quella statunitense). Scrittrici di ro
manzi, soprattutto, perché il romanzo era
una forma d'arte abbastanza recente, e La storia dell'opposizione degli uomini
perché lo si poteva scrivere nella stanza di all'emancipazione delle donne
soggiorno, come faceva la Austen, nei ri è forse più interessante
tagli di tempo lasciati dagli impegni fami della storia stessa di questa emancipazione
dovranno insegnare solo le arti che si possono insegnare con poca spesa e
che possono essere esercitate da gente povera: la medicina, la matematica, la
musica, la pittura, la letteratura. E l'arte dei rapporti umani; l'arte di compren
dere la vita e la mente degli altri, insieme alle arti minori che le completano:
l'arte di conversare, di vestire, di cucinare. Lo scopo del nuovo college, del
college povero, dovrebbe essere non di segregare e di specializzare, ma di inte
grare>> (Ib., pp. 57-58). Sono passi importanti, che documentano in maniera
discreta, non dottrinaria, la contrapposizione radicale tra i valori della tradi
zione del predominio maschile (nella società, nell'economia, nella cultura)
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
90
che portano alla competitività e alla guerra, e i valori nuovi proposti dalle don
ne, che portano ad una società non competitiva, di collaborazione e di arric
chimento culturale.
Solo con questo rivolgimento di valori si potrà evitare che le don
ne, come è capitato per la prima guerra mondiale, vadano con entusiasmo
e spirito di sacrificio ad aiutare gli uomini nelle loro scelte militaristi-
che. Solo con una istruzione diversa da quella di tradizione maschile le fi
glie degli uomini colti saranno in grado di rifiutare i valori - o meglio i
disvalori - che portano alle guerre: <<Nell'attuale stato di cose, la ma
niera più efficace per prevenire la guerra, attraverso l'istruzione, è di con
tribuire il più generosamente possibile ai colleges per le figlie degli uomi
ni colti. Perché, ripetiamo, se queste donne non riceveranno un'istru
zione universitaria, non potranno guadagnarsi da vivere; se non saranno
in grado di guadagnarsi da vivere, torneranno a essere educate entro i con
fini angusti della casa paterna e finiranno quindi, ancora una volta, per
esercitare tutta la loro influenza, consciamente o inconsciamente, in fa
vore della guerra>> (lb., p. 6 1 ) .
Quanto alla utilizzazione della seconda ghinea, Virginia Woolf
muove dalla consapevolezza della condizione nuova aperta alle don
ne dalla legge del 1 9 1 9 che consente loro l'accesso alla maggior parte
delle libere professioni, cosa che ha dato loro <da nostra unica arma,
\
l'arma dell'indipendenza di pensiero frutto dell'indipendenza econo
mica>> (lb., p. 65 ) .
Anche in questo caso, accanto alla richiesta dell'avvocato , l a
Woolf h a una richiesta d i una donna che chiede u n contributo d i dena
ro per un'associazione che aiuta le giovani a entrare nelle libere profes
sioni. Il fatto che un'associazione del genere esista per le donne e non
per gli uomini costituisce un motivo di profonda riflessione per l'autri
ce, che utilizza statistiche ufficiali per dimostrare che gli uomini occu
pano in genere tutti i posti e le cariche senza alcun bisogno di associa
zioni che li aiutino. Impressionante è la messe di dati che mostrano l'e
sclusione delle donne dalle occupazioni più redditizie ma anche l'esclu
sione delle donne dalla remunerazione di alcuni loro impegni di lavoro
( in particolare di quello casalingo).
Anche in questo caso, però, la Woolf non accetta la tesi che le don
ne debbano associarsi al <<corteo>> degli uomini, cioè debbano ricercare
e conquistare le professioni, i posti, le occupazioni, così come gli uomi
ni li hanno modellati. La Woolf rifiuta la
tesi puramente emancipazionista, che por La maniera più efficace
terebbe le donne a fare le stesse cose de per prevenire la guerra è di contribuire
gli uomini, quelle cose, sottolinea l'autri il più possibile ai "colleges"
ce, che portano alle guerre. È vero, certo, per le figlie degli uomini colti
L A TERZA GHINEA
Virginia Woolf, Le tre ghinee, 3.
Per che cosa lottavano nel dician le parole non sono ancora cadute in
novesimo secolo quelle buffe don disuso.
nine con cappellino e mantella? Per Dai giornali escono ancora le uo
la stessa causa per cui lottiamo va di quegli insetti; Whitehall e
oggi . «La nostra lotta non era sol Westminster esalano ancora quel
tanto per i diritti delle donne » ; - è l' odore tipico e inconfondibile . E al
]osephine Butler che parla - «era l' estero il mostro si è fatto più auda
più vasta e più profonda; era la lot ce. Non ci si può sbagliare . Ha am
ta per il diritto di tutti - di tutti gli pliato il suo raggio d'azione . Osta
uomini e di tutte le donne - a vede cola ora la vostra libertà; vi impone
re rispettati nella propria persona i come dovete vivere; opera distinzio
grandi principi della Giustizia, del ni non solo tra i sessi, ma tra le raz
l' Uguaglianza e della Libertà» . So ze. Ora voi provate sulla vostra per
no le stesse parole che usa Lei; è sona quello che hanno provato le
la stessa lotta che conduce Lei. Le vostre madri quando furono esclu
figlie degli uomini che venivano se, quandofurono imprigionate per
chiamate - e la parola le offende ché erano donne . Ora voi siete
va - «femministe » in realtà furono esclusi , ora voi siete imprigionati,
le antesignane del Suo stesso movi perché siete ebrei, perché siete de
mento . mocratici , per ragioni razziali, per
Combattevano il medesimo nemi ragioni religiose. Non è una foto
co per i medesimi motivi . Combat grafia quella che vi sta davanti; sie
tevano contro l'oppressione dello te voi stessi, che arrancate in fila.
stato patriarcale come voi com Allora tutto cambia. Ora vi appa
battete contro l' oppressione dello re evidente in tutto il suo orrore
stato fascista . Noi non facciamo l' iniquità della dittatura, non im
che portare avanti la lotta iniziata porta dove, se a Oxford o a Cam
dalle nostre madri e dalle nos tre bridge , a Whitehall o a Downing
nonne ; lo dimostrano le loro pa Street, in Inghilterra o in Germa
role; lo dimostrano le vostre . Ma nia, in Italia o in Spagna; non im
ora, la Sua lettera ci garantisce che porta contro chi, se contro gli ebrei
oggi voi combattete al nostro fian o contro le donne . Ma oggi lottia
co, non contro di noi. È una circo mo fianco a fianco . Le figlie e i fi
stanza così straordinaria da giu gli degli uomini colti oggi lottano
stificare un' altra celebrazione . E uniti. Si tratta di un fatto così esal
quale cerimonia può essere più tante , benché ancora non sia giun
adatta dello scrivere altre parole to il momento di celebrarlo solenne
morte , altre parole corrotte su al mente , che se questa ghinea potes
trettanti fogli per poi distruggerle col se essere moltiplicata un milione di
fuoco : le parole Tiranno, Dittato volte , il milione di ghinee sarebbe
re, per esempio . Ma, ahimè , quel- tutto per voi, senz' altra condizio-
XXX • I L PENSI ERO DELLE DON N E SULLE DON N E
97
ne che quelle che vi siete voi stessi sesso e per educazione. È da quel
imposti. Prenda questa ghinea, la differenza, ancora una volta, che
dunque , e la usi per affermare «il può venirvi l'aiuto, se aiutarvi pos
diritto di tutti - di tutti gli uomini siamo , per difendere la libertà,
e di tutte le donne - a veder rispet per prevenire la guerra. Ma se fir
tati nella propria persona i grandi miamo il modulo che ci impegna a
principi della Giustizia, dell' Ugua diventare membri attivi della Sua
glianza e della Libertà» . Accenda associazione , sarebbe come perde
questa candela alla finestra della re quella differenza e quindi sacri
Sua nuova associazione: dio vo ficare la possibilità di aiutarvi. Non
glia che si viva fino a vedere il gior è facile spiegare perché, anche se
no che le parole tiranno e dittatore l'avervi regalato una ghinea ci ha
verranno ridotte in cenere, perché dato (così ci siamo vantate) la li
le parole tiranno e dittatore saran bertà di parlare senza paura, senza
no cadute in disuso. adulazione. Lasciamo in bianco il
Accordata la ghinea e firmato modulo per un momento , mentre
l'assegno, non resta ora da consi esaminiamo , come meglio sappia
derare che l'ultima richiesta: che mo, le ragioni e le emozioni che ci
compiliamo il modulo e diveniamo fanno esitare ad apporre la nostra
membri della Sua associazione. A firma. Perché quelle ragioni e quel
prima vista sembra una richiesta le emozioni affondano le radici lon
semplice, facile da soddisfare . Co tano, nel buio della memoria ance
sa può esservi di più semplice di en strale; si sono intrecciate crescen
trare a far parte della associazione do , ed è molto difficile districarle
a favore della quale abbiamo appe ora, alla luce [ . . . ]
na versato una ghinea? In superfi Giacché Lei è un uomo di legge e
cie è facilissimo, semplicissimo; ma ha una memoria giuridica, non è
nel profondo, com'è difficile, com'è necessario rammentar/e certe leggi
complesso . . . Quale nuova esitazio del diritto inglese dagli inizi al 1 9 1 9
ne, quali nuovi dubbi possono na per dimostrare che il rapporto pub
scondersi dietro quei tre puntini? blico, il rapporto sociale tra fratel
Quale pensiero, o quale emozione lo e sorella è stato ben diverso da
ci può far esitare a divenire mem quello privato. La parola «sociale» ,
bri di un'associazione i cui scopi ap da sola, fa risuonare nella memo
proviamo , ai cui fondi abbiamo ria i cupi rintocchi di una musica
contribuito? Forse non si tratta né crudele: non devi , non devi , non
di un pensiero né di un'emozione , devi. Non devi imparare; non de
ma di qualcosa di più profondo, di vi guadagnare; non devi possedere ,
più fondamentale. Di una differen non devi . . . Questo è stato il rap
za, forse . E diversi lo siamo , co porto sociale del fratello con la so
me hanno dimostrato i fatti, per rella per. tanti secoli [ . . .]
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
98
Non possiamo non pensare che la Sua associazione. Perché così fa
le società sono congiure che soffo cendo annegheremo la nostra iden
cano il fratello privato che molte tità nella vostra; entreremo, ri
di noi hanno motivo di rispettare , e producendoli e rendendoli ancora
generano al suo posto un maschio più profondi, dentro i vecchi slab
mostruoso, dalla voce prepotente , brati solchi lungo i quali la socie
dal pugno duro, puerilmente inten tà, come un grammofono rotto, va
to a tracciare cerchi di gesso sulla gracidando con insopportabile co
superficie della terra entro i quali ralità: «trecento milioni spesi per gli
vengono ammassati gli esseri uma armamenti» . Cancelleremmo la vi
ni , rigidamente , separatamente , sione che la nostra esperienza del
artificialmente; dove dipinto di ros la società ci ha aiutate a intrave
so e di oro , adorno come un selvag dere . Perciò, Signore , mentre La
gio di piume , nostro fratello consu rispettiamo come persona, e Glie
ma mistici riti e assapora il dubbio lo dimostriamo regalandoLe una
piacere del potere e del dominio, ghinea da spendere come vuole , sia
mentre noi, le «sue» donne , siamo mo convinte di aiutarLa più effica
chiuse a chiave tra le pareti dome cemente rifiutandoci di entrare nel
stiche , senza spazio alcuno nelle la Sua associazione; continuando a
molte società di cui la società si lavorare per i nostri fini comuni -
compone . Per queste ragioni, così la giustizia e l'uguaglianza e la li
dense di memorie e di emozioni bertà per tutti gli uomini e per tut
- e chi può analizzare la comples te le donne - al di fuori della Sua
sità di unamente che contiene in sé associazione , non all'interno .
una così profonda riserva di pas
sato - ci sembra sbagliato razional
Tratto da: Virginia Wooff, Le tre ghi nee, trad.
mente e impossibile emotivamente Adriana Bottini, Milano, Feftrineffi, 1 992,
compilare il Suo modulo e unirei al- p. 1 39-44.
XXX • IL PENSIERO DELLE DONNE SULLE DONN E
99
1 1 8 6 . Sìmone de Beauvoir:
la donna vittima e complice dell'uomo
trice sperava e meritava, che viene rilanciato sull'onda della ripresa del
movimento delle donne in tutto il mondo negli anni Sessanta, e che da al
lora costituisce una lettura obbligata, una sorta di bibbia-enciclopedia per
chiunque voglia accostarsi in maniera non superficiale alla trattazione fi
losofica della tematica delle donne negli ultimi decenni.
l Simone de Beauvoir,
compagna del filosofo esistenzialista Sartre, può essere
considerata la madre del movimento femminista, nato negli anni Sessanta in Europa.
(Simone de Beauvoir in una fotografia del 1 945)
XXX • I L PENSI ERO DELLE DON N E SULLE DON N E
IO!
definisce la donna: essa è l'Altro nel seno d i una totalità, i cui due ter
mini sono indispensabili l'uno all'altro>> (Il secondo sesso, Il Saggiatore,
Milano, 1 984, pp. 1 8 - 1 9 ) .
Essa è l'Altro che è stato posto come tale dall'uomo, autodefinitosi
l'Uno; ma <<quando l'uomo considera la donna come l'Altro, trova in lei una
complicità profonda. Così la donna non rivendica se stessa in quanto sog-
ziale e sovrana. Il dramma della donna consiste nel conflitto tra la rivendi
cazione fondamentale di ogni soggetto che si pone sempre come essenziale
e le esigenze di una situazione che fa di lei un inessenziale. Data questa si
tuazione, in che modo potrà realizzarsi come essere umano? Quali vie le
sono aperte? Quali finiscono in un vicolo cieco? come trovare l'indipenden
za nella dipendenza?>> (Ib., p. 27).
Abbiamo riportato il lungo brano perché costituisce la cornice filo
sofica nella quale è situata la successiva ricostruzione della storia, dei mi
ti e delle esperienze vissute della donna, oltre che la indicazione delle
vie d'uscita da questa condizione. Non è stato un destino fatale, inevitabi
le, naturale, a portare la donna alla condizione in cui per quasi tutta la sto
ria dell'umanità si è venuta a trovare. La donna, infatti, «non è una real
tà fissa, ma un divenire>> (Ib., p. 60). La biologia spiega la dualità dei ses
si, ma non il loro stato conflittuale connesso a situazioni umane più che
biologiche. È vero, tra i mammiferi, la donna ha subordinato la sua esisten
za, per ragioni connesse alla riproduzione, alla specie; ma <<una società non
è una specie» (Ib., p. 62), e la biologia, quindi, non è sufficiente per aiu
tarci a spiegare come è nata la subordinazione della donna all'uomo.
Non è sufficiente neppure la psicoanalisi,
Non è stato un destino fatale, inevitabile, che spiega tale subordinazione riconducen
naturale, a portare la donna dola a fatt i p uramente legati alla sfera
alla condizione in cui per tutta la storia della sessualità. In realtà, osserva l'autrice
dell'umanità si è venuta a trovare dopo una discussione in dettaglio delle
tesi di Freud, << la psicanalisi dà per con
cessi i fatti senza spiegarli » , giacché <<non bisogna prendere la sessualità
come un dato irriducibile; c'è nell'esistente una "ricerca dell'essere" più
originaria; la sessualità ne è soltanto uno degli aspetti»; il pansessuali
smo fa sì che <<lo psicanalista, in nome del determinismo e dell'inconscio
collettivo, respinge con la massima violenza proprio la nozione di scel
ta» , che sta alla base, invece, di qualsiasi esistenza individuale umana
(Ib., pp. 7 1 - 7 2 ) . In alternativa alla psicanalisi, scrive la de Beauvoir,
<<noi porremo in modo diversissimo il problema del destino femminile:
situeremo la donna in un mondo di valori e daremo al suo comporta
mento una dimensione di libertà. Noi pensiamo ch'ella deve scegliere
tra l'affermarsi come trascendenza e l'alienarsi come oggetto; ella non è
lo zimbello di impulsi contraddittori; crea soluzioni fornite di una gerar
chia etica» (Ib., p. 7 5 ) ; <<per noi la donna è un essere umano che cerca i
suoi valori in un mondo di valori» (Ib., p. 77).
Questi valori non esistono in astratto, ma nella struttura economica e
sociale, che è stata al centro dell'interesse del materialismo storico, nel-
XXX • I L PENSIERO DELLE DON N E SULLE DON N E
1 05
l'ambito del quale la tematica della storia della condizione della donna è
stata affrontata soprattutto da Engels nel noto libro su L'origine della fa
miglia, della proprietà privata e dello stato, su cui si sofferma l'autrice. An
che questa posizione filosofica, però, pur dando una spiegazione storico
economica del sorgere del destino di subordinazione della donna all'uomo
dopo un originario destino di parità e uguaglianza, pecca di unilateralità
e di insufficienza in quanto riduce tutto agli sviluppi della tecnica, della
economia, della lotta di classe: non considera il valore dell'individuo, del
la sua libertà di scelta. Né il monismo sessuale di Freud né il monismo eco
nomico di Engels vengono accettati da Simone de Beauvoir, la quale in
siste ad affermare che al di sotto di quanto riescono a vedere gli psicana
listi e i materialisti storici <<c'è una infrastruttura esistenziale che sola
permette di comprendere nella sua unità questa forma singola, irripetibi
le che è una vita>> (Ib., p. 85).
Simone de Beauvoir, quindi, rifiuta le spiegazioni di carattere monisti
\
co e richiama continuamente l'esigenza di partire dalla esperienza del singo
lo, dalle ragioni che lo condizionano, dalle situazioni che lo spingono o a sce
gliere la trascendenza (e questo è stato il caso, nella maggior parte dei pe
riodi storici, degli uomini, e non di tutti,
giacché anche tra gli uomini ci sono stati pa Né il monismo sessuale di Freud
droni e schiavi) o a scegliere l'immanenza (e né il monismo economico di Engels
questo è stato il caso, per lo più, delle don vengono accettati
ne, in quasi tutti i periodi storici). Le mol da Simone de Beauvoir
le e desiderio di una prole - che sot ta. Si può dire che in nessun paese
tomette il maschio alla femmina, l'uomo e la donna hanno una con
non ha riscattato socialmente la dizione legale paritetica e spesso la
donna. Anche il padrone e lo schia differenza va a duro svantaggio del
vo sono uniti da un bisogno eco la donna. Anche se astrattamente
nomico reciproco che tuttavia non le sono riconosciuti dei diritti , una
affranca lo schiavo. Perché nel rap lunga abitudine impedisce che essi
porto tra padrone e schiavo, il pa trovino nel costume la loro espres
drone non pone il bisogno che ha sione concreta. Economicamente
dell'altro; egli ha il potere di sod uomini e donne costituiscono qua
disfare questo desiderio e non ne si due caste; a parità di condizioni i
fa oggetto di mediazione ; viceversa primi hanno situazioni più favore
lo schiavo, nel suo stato di dipen voli , salari più e levati , maggiori
\ denza , per speranza o per paura, probabilità di riuscita di codeste
interiorizza il bisogno che ha del pa competitrici troppo recenti; gli uo
drone ; anche se l ' urgenza del bi mini occupano nell'industria, nel
sogno fosse pari in ambedue, torne la politica, ecc. un numero assai
rebbe sempre a favore dell' oppres più grande di posti e detengono le
sore contro l'oppresso; così si spie cariche più importanti. Oltre la for
ga, ad esempio , perché la liberazio za concreta, posseggono un pre
ne della classe operaia sia stata tan stigio del quale l'educazione dell'in
to lenta. Ora la donna è sempre fanzia tramanda la tradizione : il
stata, se non la schiava , la suddi presente assorbe il passato , e nel
ta dell'uomo; i due sessi non si so passato la storia è stata fatta dai
no mai divisi il mondo in parti maschi .
uguali e ancora oggi , nonostante la
Tratto da: Simone de Beauvoir, Il secondo
sua condizione stia evolvendosi,
sesso. trad. Roberto Cantini e Mario Andreose.
la donna è gravemente handicappa- Milano, il Saggiatore, 2002, pp. 18-20.
LA FI LOSOFIA C O N T E M PO RANEA
1 08
uomo; non è considerata dalla società con gli stessi occhi; l'universo le si pre
senta in una prospettiva diversa. Oggi il fatto di essere donna pone ad un
essere umano autonomo dei particolari problemi>> (Ib., p. 785 ). L'autrice esa
mina molti di questi problemi, ma la conclusione complessiva non è pessi
mistica. L'altra metà del cammino, che deve essere percorso in maniera
\
LA FI LOSO FIA CONTEMPORANEA
I lO
collettiva, sarà più facile se aumenterà, come sta aumentando, il numero del
le donne indipendenti.
La meta finale della liberazione della donna, per la quale Simone de
Beauvoir fa proprie alcune tesi di Marx (a p. 833 , per esempio, << il rapporto
dell'uomo alla donna è il rapporto più naturale dell'essere umano all'essere
umano>> ), è quella della uguaglianza tra uomo e donna, ma una uguaglian
za che esalti e non mortifichi le differenze, in una situazione di fraternità
umana: <<Liberare la donna significa rifiutare di chiuderla nei rapporti che
ha con l'uomo, ma non negare tali rapporti; se essa si pone per sé conti
nuerà ugualmente ad esistere anche per lui: riconoscendosi reciprocamente
XXX • I L PENSIERO DELLE DO N N E SULLE DON N E
Ili
di proiettare nel mondo la sua liber fuga; per la donna non c'è altro
tà; ne risulta , necessariamente, mezzo che lavorare sulla propria li
che le realizzazioni maschili sono di berazione .
gran lunga superiori a quelle delle Questa liberazione non può esse
donne: a queste , è quasi proibito di re che collettiva, ed esige prima di
fare alcunché. Tuttavia , confron tutto che si compia l'evoluzione
tare l'uso che nei loro limiti uomi economica della condizione femmi
ni e donne fanno della loro libertà, nile . Tuttavia ci sono state e ci
è a priori un tentativo privo di sen sono ancora molte donne che cer
so, appunto perché ne fanno libe cano di realizzare da sole la loro
ro uso . Sotto forme divers e , gli salvezza individuale . Cercano di
inganni della mala fede, le misti giustificare la loro esistenza in se
ficazioni della rispettabilità aspet no alla loro immanenza , cioè di
\
tano al varco gli uni come gli al realizzare la trascendenza nel
tri; la libertà è intera in ognuno . l'immanenza. Quest'ultimo sforzo
Soltanto perché nella donna ri - talora ridicolo , spesso patetico
mane astratta e vuota, non può es - della donna imprigionata per tra-
sere autenticamente assunta che sformare la sua prigione in un cie
nella ribellione : è questa l' unica lo di gloria , la sua schiavitù in so
strada aperta a coloro che non han vrana libertà, si può osservare nel
no la possibilità di costruire niente ; la donna narcisista, innamorata,
è necessario che rifiutino i limiti mistica.
della loro situazione e cerchino di
Tratto da: Simone de Beauvoir, Il secondo
aprirsi le strade dell' avvenire ; la
sesso, trad. Roberto Cantini e Mario Andreose,
rassegnazione non è che rinuncia e Milano, il Saggiatore, 2002, pp. 720-21.
l Vi è come uno specchio-piano che serve alla desessualizzazione delle pulsioni per
l'elaborazione dei monumenti funebri dell'io del •soggetto•.
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
1 20
"fasi". Non viene nemmeno evocato il piacere legato alla parete posteriore
della vagina, dei seni, del collo della vagina [ ...] Tutti organi mancanti,
non c'è dubbio, di parametri maschili>> (Ib., p. 24).
Ancora, sul rapporto bambina-madre: <<Perché Freud chiama maschi
le la fase nella quale la bambina ama, desidera la madre ? Non è forse un
modo per eludere la singolarità della relazione tra la bambina e sua ma
dre, così come altrove si fa cieco davanti l'originalità d'un desiderio tra
donne ? Tutte queste specifiche modalità della libido si trovano ricondot
te al desiderio dell'uomo per la donna-madre, oppure dell'uomo - bambi
na nella "fase maschile", bambina = maschietto, ecc. - per il fallo (rappre
sentato qui dalla madre "fallica"). Dell'uomo per l'uomo? Più esattamen
te: del fallo per il fallo>> (Ib., p. 2 7 ) ,
A tutte queste analisi, fallocentriche e << uomosessuali>> , L . lrigaray
contrappone sistematicamente altre analisi, che mettono al centro la spe
cificità e l'autonomia della sessualità, della libido, della formazione della don
na. Tutte analisi, ovviamente, incompatibili con la psicoanalisi di Freud, che
non può ammettere una specifica e autonoma libido femminile, giacché, os
serva lrigaray, << il carattere "ingiustificabile", insopportabile, delle parole "li
bido femminile" costituisce uno dei sintomi di un fuori che minaccia, agli
occhi del "soggetto" (maschile) della storia, le parole, i segni, il senso, la sin
tassi, i sistemi di rapprestentazione del voler dire o fare adeguatamente
sempre lo stesso>> (Ib., p. 38).
XXX • I L PENSIERO DELLE D O N N E S U LLE DON N E
121
1 1 8 8 . Le filosofe di Diòtima
e il pensiero della differenza:
Luisa M u raro e Adriana Cavarero
Anche l'Italia, come i paesi più avanzati del mondo occidentale, ha
visto una ripresa molto forte del movimento delle donne a partire dalla
fine degli anni Sessanta. Più che in altri paesi europei, in realtà, un mo
vimento delle donne aveva avuto in Italia una forte presenza, soprattut
to in connessione organica con partiti, sindacati e istituzioni della sini
stra da una parte, con partiti, sindacati e istituzioni legati al mondo cat
tolico dall'altra. Si era trattato però, in tutti questi casi, di un movi-
LA FI L O S O F I A C O N T E M PO RA N EA
1 24
mento che non viveva di vita autonoma. Legato a quei partiti, a quelle
istituzioni, ne costituiva la parte - in generale marginale e senza alcun po
tere di comando nei vertici - diretta a garantire la presenza tra le masse
femminili dei programmi e degli obiettivi di quei partiti e istituzioni: pro
grammi e obiettivi nella elaborazione dei quali le donne in quanto tali
avevano scarsa o nessuna voce in capitolo.
I movimenti di crescente politicizzazione giovanile degli anni Sessanta,
sfociati nelle rivolte e occupazioni studentesche del 1 968 e nelle successi
ve lotte operaie degli anni 1 969- 1 9 70, producono, tra i molti altri effetti,
una rapida e crescente consapevolezza, presso le donne, della specificità
dei loro problemi e della necessità di affrontarli in maniera autonoma sia sul
piano teorico-politico sia su quello organizzativo.
Nascono allora spontaneamente, tra gli anni Sessanta e gli anni Set
tanta, prima nelle grandi città (Milano, Roma) e via via anche nei cen
tri di provincia, gruppi di donne che, separandosi dalle tradizionali orga-
nizzazioni femminili o proponendo, in ma
Dalla metà degli anni Settanta niera del tutto indipendente da queste, for
si affermano le Librerie delle Donne. me nuove e originali di aggregazione e ri
i Centri culturali o di documentazione flessione sui problemi specifici delle don
della problematica femminile ne, danno origine a quel movimento che,
dopo oltre vent'anni, ha assunto una fi
sionomia e una articolazione mature e ben definite. Sono inizialmente i
gruppi Demau (demistificazione dell'autorità) di Milano, il cui primo
importante manifesto risale al l 966, Rivolta femminile di Roma, con un
suo manifesto del 1970 (in questo gruppo svolge funzione di stimolo teo
rico Carla Lonzi con un noto saggio del 1 970 Sputiamo su Hegel) , il Mo
vimento Femminista Romano che per tutti gli anni Settanta agita pro
blemi politici e teorici sul potere maschile, sulla prostituzione e affini.
Privi di un organo centrale di riferimento, questi gruppi svolgono azio
ne personale e capillare di contatti, discussioni, piccoli convegni, fogli vo
lanti e opuscoli, tramite i quali agevolano la nascita o il rafforzamento di
altri gruppi che si vanno formando spesso anche nei centri di provincia più
periferici. Dalla metà degli anni Settanta si affermano in molti centri le
Librerie delle Donne, i Centri culturali o di documentazione della pro
blematica femminile (spiccano in questo campo la Libreria delle Donne di
Milano, centro organizzativo ma anche di discussione teorica tra i più avan
zati, e il Centro Culturale Virginia Woolf di Roma, che ha istituito una
Università delle donne che promuove corsi e seminari sulle problemati
che delle donne e ha organizzato, tra l'altro, una importante mostra iti
nerante su Virginia Woolf) . Nei primi anni, una delle pratiche favorite al-
XXX • I L P E N SI E RO D E L L E D O N N E S U L L E DO N N E
1 25
tima. Il pensiero della differenza sessuale, anch'esso del 1 987, raccolta di sag
gi che approfondiscono il tema da diversi e convergenti punti di vista e
campi disciplinari. L'approfondimento teorico più organico vi è effet
tuato da ADRIANA CAVARERO, che riprenderà tali tematiche, affron
tandole in relazione ad alcuni autori dell'antichità (soprattutto Omero,
per la figura di Penelope, e Platone, per le figure della servetta di Tracia
e di Diòtima), nel suggestivo libro del 1 990 Nonostante Platone . Figure
femminili nella filosofia antica (Editori Riuniti, Roma). Alla comunità di
Diòtima appartiene anche Luisa Muraro, che approfondirà in successivi
scritti le sue posizioni, e soprattutto nel libro del 1991 L'ordine simbolico
della madre (Editori Riuniti, Roma) .
Si deve alla Muraro la proposta dell'affidamento tra donne, atta a facilitare l'inserimento l
della donna nella società grazie alla guida di una compagna più esperta.
(Gustav Klimt, "Le amiche", collezione privata, 1 9 1 6- 1 9 1 7)
LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
I28
111 movimento femminista italiano, che aveva le sue sedi principali a Milano e Verona,
mirava a rivendicare la differenza sessuale e culturale della donna rispetto all'uomo.
(G. Maldini, "Satira femminista", disegno, Milano, 1978)
bligata per chi voglia avere una documentazione non solo degli sviluppi
pratici ma anche delle elaborazioni teoriche del movimento delle don
ne in Italia.
In questa sede non è possibile dare un quadro dettagliato delle posizio
ni teoriche emerse in oltre vent'anni di vita del movimento delle donne in
Italia. I due testi appena citati consentono, a chi lo voglia, di farsene una
idea precisa e documentata. Qui ci limiteremo a indicare alcune posizioni
teoriche, connesse ai temi della differenza sessuale e dell'affidamento tra don
ne, che meglio caratterizzano, sul piano filosofico, gli sviluppi maturi del mo
vimento, nelle sedi di Milano e Verona, e nelle figure di Luisa Muraro e di
Adriana Cavarero.
Alla base, o come presupposto, di questi sviluppi c'è il rifiuto delle po
sizioni emancipazioniste, cioè di quelle teorie e pratiche tramite le quali il
vecchio movimento femminista aveva privilegiato la rivendicazione, nei
confronti dei poteri costituiti, di diritti e di parità rispetto agli uomini. n nuo
vo movimento delle donne non punta alla parità, che porterebbe le donne
ad appiattirsi sui valori maschili tradizionalmente vincenti, ma alla esalta
zione della differenza sessuale, alla liberazione e quindi alla conquista di mez
zi e condizioni che consentano la libera
esplicazione delle potenzialità insite in quel La politica delle rivendicazioni
la differenza. Questo punto di partenza fa leva su quello che risulta giusto
viene fissato con chiarezza e forza dal grup secondo una realtà progettata
po di M ilano nel volume Non credere di e tenuta in piedi da altri
niera molto forte tra le stesse donne: <<Il disordine più grande - scrive infatti a
tale proposito l'autrice -, che mette in forse la possibilità stessa della libertà fem
minile, è l'ignoranza di un ordine simbolico della madre anche da parte delle
donne. Molte immaginano la madre esattamente come Aristotele e Platone,
duemila anni fa, l'hanno pitturata nelle loro cosmologie, alla stregua di una po
tenza informe e/o ottusa interprete del potere costituito>> (Ib . , p. 92).
La tematica della differenza sessuale, quindi, e della liberazione della
donna, per la Muraro deve affermarsi come costruzione di un ordine sim
bolico alternativo a quello esistente da millenni nella nostra società.
I temi della differenza sessuale, e i problemi teorici e pratici ad essa
connessi, vengono affrontati anche, per iniziativa della comunità di Diòti
ma, nel volume del 1987 Diotima. Il pensiero della differenza sessuale. Nel
saggio La differenza sessuale: da scoprire e da produrre, scritto da un gruppo
interdisciplinare che comprende anche la Muraro, è preso di mira soprat
tutto il sapere filosofico-scientifico, di matrice essenzialmente maschilista,
responsabile di avere cancellato il significato della differenza sessuale; in ma-
niera diversa si comportano invece le anti
Sapere la differenza sessuale da parte che religioni e mitologie: <<L'ottusità verso la
del soggetto cne fa scienza vuoi dire potenza simbolica della differenza sessuale si
liberare il rapporto di conoscenza riscontra soprattutto nel sapere filosofico
dalla forma del dominio scientifico e non ha l'uguale in altri ambiti
culturali come le mitologie, le religioni
(escludendone la teologia) o le arti. Questo fatto indica che il dominio ses
sista di per sé non ha impedito ogni espressione simbolica della differenza ses
suale; l'elaborazione manca soprattutto dove il pensiero umano si applica
alla dimostrazione del vero» (La Tartaruga Edizioni, Milano, 1 987, p. 10).
Il discorso viene proseguito con un'analisi critica di tesi di Hegel e
di Freud, con la sottolineatura che in alcune scrittrici del Novecento la
differenza è stata manifestata, ma <<piuttosto nella forma di una passione» ,
cioè d i qualcosa d i <<patito» che <<capita>> a qualcuno. Dopo l'analisi del
le discussioni interne alla scuola psicoanalitica le autrici puntano alla
costruzione di un sapere non più falsamente neutro e sostanzialmente
maschile, bensì chiaramente <<sessuato» nel senso della consapevolezza del
la differenza sessuale: <<Sapere la differenza sessuale da parte del soggetto
che fa scienza vuoi dire dunque sapersi come soggetto sessuato e liberare
il rapporto di conoscenza dalla forma del dominio» (Ib., p. 24 ). La parte fi-
se, non so), ma richiede piuttosto una sospensione di fiducia, un diffidare del
pensiero, nei confronti dell'intiero castello concettuale della logica dell'u
no>> (Ib., p. 78).
Il pensiero della differenza, in questi ultimi anni, ha messo forti radici,
e una serie di scritti, non solo delle due autrici qui maggiormente considera
te sembrano aver avviato la costruzione di quel linguaggio della differenza,
di quella logica duale, di quella genealogia al femminile connessa all'ordi
ne simbolico della madre, che costituiscono gli obiettivi teorici principali di
buona parte del movimento delle donne in Italia.
XXX • IL PENSIERO DELLE DONNE SULLE DONNE
1 37
N OTA B I BL I O G R A F I C A
Una storia generale e molto accurata del pensiero delle donne, dalla fine del Sette
cento in poi, è stata pubblicata nel 1988 presso Routledge, New York-London, A.
NYE, Feminist Theary and the Philosophies of Man. Alcune indispensabili raccolte di
testi, presentate con accurate ricostruzioni per le singole aree, sono: French Femi
nist Thought. A Reader, a cura di T. Moi, Blackwell, Oxford 1987; British Feminist
Thought. A Reader, a cura di T. Lovell, Blackwell, Oxford 1990; Italian Feminist
Thought. A Reader, a cura di P. Bono e S. Kemp, Blackwell, Oxford 1991 (quest'ul
timo con una preziosa cronologia dei fatti, dei gruppi, delle riviste, con schede su cia
scuna, e con una ricchissima bibliografia); American Feminist Thought. A Reader, a
cura di L. Kaufmann, Blackwell, Oxford 1992.
Si vedano inoltre i seguenti testi, sulle diverse aree culturali e sulle diverse proble
matiche relative al pensiero delle donne: Feminist Epistemologics, a cura di
L. Alcoff, E. Potter, Routledge, London 1 993; M. BARRETT, Women's Oppres
sion Today: Problems in Marxist Feminism, Villiers Publications, London 1980;
C. Du BOIS, Feminism and Suffrage, Cornell University Press, lthaca N.Y. 1 978;
R. BRIFFAULT, The Mothers, Athenaeum, New York 1 977; M. ]. BUHLE, Women
and American Socialism, University of Illinois Press, Urbana 1 98 1 ; N. CHODO
ROW, The Reproduction ofMothering, Penguin Books, Harmondsworth 1969; New
French Feminisms, a cura di l. Courtivron e E. Marks, University of Massachusetts
Press, Amherst 1980; C. DELPHY, Close to Home : a Materialist Analysis of Wome
n's Oppression, Hutchinson, London 1984; Z. EISENSTEIN, Capitalist Patriarchy and
the Case far a Socialist Feminism, Monthly Review Press, New York 1979; I D .,
The Radica! Future ofLiberal Feminism, Longman, New York 198 1 ; E. FIGES, Pa
triarchal Attitudes, Faber and Faber, London 1 970; S. FIRESTONE, The Dialectic of
Sex, Bantam Books, New York 197 1 ; A . FOREMAN, Feminity and Alienation:
Women and the Family in Marxism and Psychoanalysis, Pluto Press, London 1 977;
Ethics: A Feminist Reader, a cura di E. Frazer, J . Hornsby, S. Lovibond, Black
well, Oxford 1992; Theories of Women's Studies, a cura di G. Bowles e R. Duelli
Klein, Routledge, London-New York 1983; M. GATENS, Feminism and Philosophy,
Polity Press, Oxford 199 1 ; ]. GALLOP, Feminism and Psychoanalysis: The Daugh
ter's Seduction, Macmillan, London 1982; C. G!LLIGAN, In a Different Voice: Psycho
logical Theory and Women's Development, Harvard University Press, Cambridge,
Mass. 1982; S. GRIFFIN, Pomography and Silence: Culture's Revenge against Natu
re, Harper and Row, New York 198 1 ; Feminist Perspectives in Philosophy, a cura
di M. Griffiths, A. Whitford, Macmillan, London 1988; N. HARTSOCK, Money,
Sex and Power, Longman, New York, 1983; Language and Sex: Difference and Do
minance, a cura di N. Henley e B. Thorne, Newbury House, Rowlwy 1975; A. ]AG
GAR, Feminist Politics and Human Nature, Rowman and Allanheld, Totowa, N.J.
1983; S. KR I EGER, The Mirror Dance: Identity in a Women's Community, Tempie
University Press, Philadelphia 1983; Feminism and Materialism, a cura di A. Kuhn
e A. Wolpe, Routledge, London 1978; W. KYMLICKA, Contemporary Politica!
Philosophy. An Introduction, Claredon Press, Oxford 1 990, contiene un utilissi
mo capitolo sul dibattito politico in ambito femminista; M. MARUANI, Les Syndi
cats à l'épreuve du féminisme, Syros, Paris 1979; W. O N EILL, The Woman's Move-
'
LA FILOSOFIA C O N T E M PO RAN EA
1 38
ment: Feminism in the United States and England, Allen and Unwin, London 1969;
R. REICHE, Sexuality and Class Relations, New Left Books, New York 1974; S. Row
BOTHAM, Women, Resistance and Revolution, Penguin, Harmondsworth 1972; Wo
men and Revolution: A Discussion of the Unhappy Marriage of Marxism and Femi
nism, a cura di L. Sargent, South End Press, Boston 198 1 ; Pleasure and Danger: Ex
ploring Female Sexuality, a cura di C. Vance, Routledge, London 1984.
Platon à Derrida, antologia critica a cura di E Collin, E. Pisier ed E. Varikas, Plon, Pa
ris 200 1 ; M. ANDREANI, Pensiero delle donne in filosofia. Il caso italiano, in Gli studi del
le donne in Italia. Una guida critica, a cura di P. Di Cori e D. Barazzetti, Carocci, Ro
ma, 200 1 , pp. 259-276; W. TOMMASI, I filosofi e le donne. La differenza sessuale nella
storia della filosofia, Tre Lune, Mantova 200 1 ; A. CAVARERO-F. RESTAINO, Le filo
sofie femministe : due secoli di battaglie teoriche e pratiche, B. Mondadori, Milano
2002; G. MÉNAGE, Storia delle donne filosofe, pref. di C. Zamboni, Ombre corte,Ve
rona 2005 (ed. orig., Historia mulierum philosopharum, Lugduni, 1690).
I l femminismo cristiano
e la filosofia radicale
post� cristiana
di Giovanni Fornero
Decisiva per la stesura del suo testo "La Chiesa e il secondo sesso" fu l'esperienza l
di Mary Daly a Friburgo, •città medievale che pareva uscita da un libro di storia•.
(Abbazia di Hauterive, Friburgo, Svizzera)
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O R A N E A
142
esita a classificare come <<il maschio più sciovinista di tutti i tempi>> (Al di là
di Dio Padre, cit., p. 9). Fra i passi incriminati, che Paolo presenta invece co
me espressione della volontà divina (<<Io [... ] ho ricevuto dal Signore quello
cha a mia volta vi ho trasmesso») vi sono soprattutto l Cor. 1 1 ,7 sgg.: <<L'uo
mo non deve coprirsi il capo poiché egli è immagine e gloria di Dio; la don
na invece è gloria dell'uomo. E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la
donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uo
mo»; Ef. 5,22-24: <<Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore: il ma
rito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa [...] E
come la Chiesa sia sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai
loro mariti in tutto» ; l Tim. l l -15: <<La donna impari in silenzio, con tutta sot
tomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare né dettar legge all'uo
mo, piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo perché prima è stato for
mato Adamo e poi Eva»; Cor. 14,34-35: <<Come in tutte le comunità dei fede
li, le donne nelle assemblee tacciano perché non è permesso loro di parlare;
stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qual
che cosa, interroghino a casa i loro mariti».
Se dalla Scrittura si passa alle opere dei Padri della Chiesa il quadro sem
bra ancor più desolante. Le caratteristiche femminili sottolineate dai vari Ge
rolamo, Ambrogio, Crisostomo, Clemente, Cirillo, Gregorio Magno ecc. sa
rebbero soprattutto la superficialità e l'incostanza, la loquacità e la debolezza, la
durezza del comprendonio e l'instabilità mentale (cfr. M. DALY, La Chiesa e il
secondo sesso, cit., p. 44 sgg.). Fra i numerosi passi messi sotto accusa spicca la
nota invettiva di Tertulliano: <<non sai che sei Eva? [.. ] Tu sei la porta del dia
.
volo, [...] tu sei colei che per prima ha violato la legge divina (tu es divinae legis
prima desertrix); tu sei colei che ha persuaso colui che il diavolo non fu capace
di attaccare; con quanta facilità hai fatto cadere l'uomo, l'immagine di Dio; per
la pena da te meritata, cioè la morte, perfino il figlio di Dio dovette morire>> (De
cultu foeminarum, I, l ML 1 , 1 30). Particolarmente bersagliato è anche Ago
stino, il quale, oltre a ripetere che l'ordine delle cose prevede una sottomissio
ne della donna all'uomo, si dichiara incapace di trovare una ragion d'essere del
l'esistenza della donna <<Se si toglie la causa del partorire (si pariendi causa sub
trahitur) >> (De Genesi ad litteram IX, cap. 5). Infatti, Adamo avrebbe potuto
essere aiutato meglio nel suo lavoro da un altro uomo e, in ogni caso, due
amici sono più atti a vivere insieme che l'uomo e la donna. Ancora più cruda
la prospettiva di Clemente d'Alessandria, secondo cui per la donna è già suffi
ciente <<motivo di vergogna il pensiero stesso di chi essa sia (quaenam sit)>> (Paed.
II, 2). Infatti, al di fuori della funzione procreativa e della possibilità di parte
cipare alla grazia - nel qual caso essa è però spirito e uomo perfetto (vir) - la don
na, per i Patres è solo una foemina, ovvero un essere nel quale si sintetizzano le
tentazioni della terra, del sesso e del demonio; <<Nella mentalità dei Padri, don
na e sessualità si identificavano, e quindi l'orrore da loro provato per il sesso
diventava orrore per la donna. Nulla fa pensare che si rendessero conto dei mec
canismi di proiezione che entravano in gioco nel loro atteggiamento misogino:
il senso di colpa maschile per il sesso, per un'ipersensibilità agli stimoli sessua
li, veniva così trasferito all"'Altra", alla donna, al sesso "colpevole"» (M. DALY,
La Chiesa e il secondo sesso, ci t., p. 4 7). Cer-
to, si ammette, i Padri glorificavano spesso Non sai che sei Eva?
Maria, «che però restava un caso unico, men Tu sei la porta del diavolo.
tre le donne concrete non venivano con ciò tu sei colei che per prima ha violato
la legge divina
liberate dalla cattiva reputazione [... ]. Per cui
il tipo di polemica che cerca di coprire l'an-
tifemminismo dei Padri citando gli elogi da loro fatti a Maria dimentica che ciò
non li indusse per nulla a mitigare la loro dottrina a proposito delle donne in
carne ed ossa; anzi si hanno buone ragioni per sospettare che tale compensazio
ne sia servita, a livello inconscio, a scaricare possibili sensi di colpa per le ingiu
stizie perpetrate a danno dell'altro sesso» (Ib . ).
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
I 48
La Daly cita Alberto Magno, ricordando come egli affermasse: «L'uomo si deve l
guardare da ogni donna come da un serpente velenoso e da un demonio cornuto».
(Johann Heinrich Fussli, "Satana chiama a sé Belzebù",
Kunsthaus Zurich, Zurigo, 1 802)
LA F I L O S O F IA C O N T E M P O RA N EA
1 50
Gli attacchi femministi sono apparsi così gravi da generare una serie di
<<strategie di difesa>> della Bibbia. Ad esempio, per quanto concerne il pia
no metodologico, si sono accusate le femministe di riportare documenti
unilaterali e di soffermarsi su dichiarazioni frammentarie, senza collocare i te
sti nel loro contesto, ovvero nel tutto cui appartengono (accuse che le fem-
Una delle questioni più importanti sollevate dal femminismo riguarda la Bibbia l
e il suo contenuto misogino e oppressivo.
(Joseph Assarfati, miniatura della Bibbia tratta da un manoscritto ebraico,
Biblioteca Nacional, Lisbona, 1 929)
LA FI LOSOFIA C O N T E M PO RAN EA
1 54
Dal punto di vista delle femministe, i testi di San Paolo sono apertamente maschilisti; l
la nuova ermeneutica dubita che egli sia l'autore dei passi presi in considerazione.
(Rembrandt, "Autoritratto come Paolo apostolo", Rijksmuseum, Amsterdam, 1661)
LA FI LOSO FIA CONTEM P O RAN EA
1 56
1 1 9 1 . La teologia femminista
La teologia femminista (feminist theology) si è sviluppata dapprima negli
Stati Uniti, in Germania e nel Nordeuropa. La sua fase di formazione risale
agli anni 1968-197 5, cioè allo stesso periodo di tempo in cui sono venute al
la ribalta la teologia della liberazione e la teologia nera (cfr. cap. VII).
Scaturita dal presupposto secondo cui << la teologia degli oppressi non
può e non dev'essere la stessa teologia degli oppressori» (Rosemary Rue
ther) , la teologia femminista implica, alla propria base, una serrata po
lemica contro ogni tipo di teologia fatta dai maschi e dall'ottica dei ma
schi. In altri termini, la teologia femminista sottintende il rifiuto di una
teologia androcentrica e sessista che avrebbe ignorato, attraverso i seco
li, il punto di vista dell' «altra metà>> dell'umanità e della Chiesa. Infat-
ti, contro una teologia degenerata in ido
La teologia femminista rivendica, latria e contro l'idea dei maschi come uni
per le donne, la funzione di nuovo soggetto co soggetto normativa di scienza - ovve
epistemologico idoneo a rappresentare ro contro il monopolio maschile della teo
l'altra faccia della medaglia teologica logia - la teologia femminista rivendica,
per le donne, la funzione di nuovo sogget
to epistemologico idoneo a rappresentare «l'altra faccia della medaglia teo
logica» . Per questi suoi caratteri, la teologia femminista non va confusa
con una delle cosidette « teologie del genitivo » ( teologia delle realtà
terrestri, teologia del lavoro ecc.) ossia con la cosiddetta <<teologia della
donna». Come scrive Gibellini, che nel nostro Paese ha contribuito più
di ogni altro a far conoscere la problematica delle teologie femministe,
mentre <<la teologia della donna era una ridente aiuola di orchidee, che
ben educati teologi celibi coltivavano a loro diletto nel bosco delle di
scipline teologiche, la teologia femminista è la teologia di donne e cristia
ne che osano "il viaggio verso la libertà"; essa non vuole essere unilate
rale, bensl reagire con efficacia alla unilateralità della dominante teolo
gia e pratica ecclesiale e si presenta come un "contributo alla dimensio
ne incompiuta della teologia", in vista di un'autentica "teologia dell'in
tegralità"» ( Whole Theology) (La teologia del XX secolo, ci t . , p. 45 1 ) .
Questo spiega perché anche quelle teologhe che continuano ad usare
l'espressione <<teologia del genitivo» avvertono che la teologia femmi
nista è innanzitutto una teologia del genitivo soggettivo, cioè una teologia
costruita da <<donne in rivolta» , divenute finalmente <<soggetto della
propria esperienza di fede, della sua formulazione e della relativa riflessio
ne» (C. HALKES, Primo bilancio della teologia femminista, in AA. Vv., La sfi
da del femminismo alla teologia, Queriniana, Brescia 1 980, p. 1 66 ) . Solo
XXXI • I L F E M M I N I S M O C R I S T I A N O E LA F I L O S O F I A R A D I C A L E
1 57
che parlano delle donne, abbiano preferito considerare l a Bibbia nel suo
complesso, per scoprirvi una prospettiva teologica capace di offrire una cri
tica di principio del patriarcato. Ad esempio, secondo la Ruether, <<quel
lo che nella Bibbia è tradizione utilizzabile per il femminismo non sono
alcune singole tesi sulla liberazione delle donne, ma piuttosto lo schema
critico del pensiero profetico>> (A Religion for Woman: Sources and Stra
tegies, in «Christianity and Crisis>> , 39, 1 979, pp. 307- 1 1 , p. 3 1 0 ) . In
altri termini, contenendo in se stessa un principio profetico-messiani
co che lascia intravvedere, al di là degli orrori del presente, una futura
situazione di giustizia, la Bibbia tenderebbe a destabilizzare tutte le
idee e i sistemi sociali che giustificano l'oppressione, palesando un'istan
za critico-rivoluzionaria destinata a travolgere le sue stesse affermazio
ni letterali (Io., Sexism and God-Talk: toward a feminist theology, Beacon
Press, Boston 1 983 , p. 2 3 ) .
Affine a quella della Ruether è l a posizione della Russell, che distin
guendo fra Scrittura e scritto, fra la Tradizione, intesa come l'effetto reden
tore e liberatore di Dio in Gesù Cristo, e la tradizione come fatto storica
mente e culturalmente condizionato (cfr. Teologia femminista, ci t., p. 89)
ritiene di poter individuare, nella Bibbia, un'essenza emancipatrice, ovve
ro «una tradizione critica liberante, incorporata nel suo messaggio "pro
fetico-messianico" di continua autocritica>>
( L' autorità e la sfida dell'interpre tazione Quello che nella Bibbia
femminista, in AA. Vv., Interpretazione fem è tradizione utilizzabile
minista della Bibbia, cit., p. 197). Non mol per il femminismo è lo schema critico
to diversa è l'opzione di Phyllis Trible, la del pensiero p rofetico
La Oaly intraprende una serrata polemica contro il più importante tra i simboli maschili l
caratterizzanti il cristianesimo: la figura di Dio Padre onnipotente.
(Bonifacio Bembo, "Incoronazione di Cristo e Maria ",
Museo Civico Ala Ponzone, Cremona, XV sec.)
LA F I LO S O FIA C O N T E M PORANEA
166
ni, e gli elementi. Essa comprende anche nostra sorella luna, i l sole e i suoi
pianeti, e le stelle più lontane delle più lontane galassie. Poiché esse, in quan
to sono, sono nostre sorelle nella comunità dell'essere» (Ib., pp. 213-14) .
«sorelle» al moto vorticoso della creazione: <<Colei che ha scelto il proprio Sé,
che definisce il proprio Sé, per propria scelta e non in relazione ai figli o all'uo
mo, e si dà la propria identità, è una spinster, una turbinante derviscia che
fila/volteggia in un tempo/spazio nuovo>> (Gyn/Ecology, Beacon Press, Bo
ston 1978, p. 3; cfr. N. MORTON, Dio/Dea - imTTillgine diletta, inAA. Vv., La sfi-
l
XXXI • I L F E M M I N I S M O C R I S T I A N O E LA F I L O S O F I A R A D I C A L E
1 69
da del femminismo alla teologia, cit., pp. 65-66). Sul tema del linguaggio e dei
poteri trasmutatori delle parole, intese come <<metafore di metaessere>> , ri
torna anche Pure Lust: Elementnl Feminist Philosophy ( 1 984), che teorizza il
recupero, da parte delle donne, delle «Forze biofile Elementali>>, all'insegna di
un rinnovato e gioioso dispiegamento della loro potenza spirituale, sensoria
le ed emozionale. Sulla stessa linea si muove la sintesi filosofico-autobiogra
fica Outercourse. The Be-DazzUng Voyage ( 1993 ).
Oltre che nella filosofia radicale della Daly, il femminismo religioso
postcristiano si incarna in numerose correnti e tendenze, sulle quali non
è possibile soffermarsi in questa sede. Uno dei motivi comuni dello sfaccet
tato panorama della Feminist Spirituality è la cosiddetta « religione della
Dea>> ( Goddes Religion) . Rifacendosi ai lavori di 1.1. Bachofen (Il diritto ma
terno, 1 86 1 ) , L.H. Morgan (La società antica, 1 87 7 ) , R. Briffault (Le Madri,
1 92 7 ) , 1. Harrison ( Prolegomeni allo s tudio della religione greca, 1 903 ) ,
ecc., che avevano avanzato l'ipostesi di una ginocrazia come stadio ante
riore alla androcrazia - e come forma di società egualitaria anziché gerar
chica - alcune studiose femministe hanno ripreso la teoria di un matriar
cato universale originario. Per cui, se Simone de Beauvoir aveva scritto Le
deuxième sexe ( 1949) , due decenni dopo Elisabeth Gould-Davis scriveva
The First Sex ( 1 97 1 ) , evidenziando, in modo polemico, come il secondo
sesso fosse in realtà, dal punto di vista storico, il primo sesso. Tuttavia, sul
la validità scientifica dell'ipotesi matriarcale non tutte le femministe so
no d'accordo. Ampi consensi riscuote invece la teoria di una divinità fem
minile originaria. Merlin Stone, in When
God Was a Woman ( 1 976), parla ad esem Il simbolo della Dea
pio di un antico culto della Dea soprav serve a risvegliare la forza divina
vissuto sino all'età classica e poi definitiva all'interno delle donne
mente soppresso dagli imperatori cristiani,
ai quali risale la chiusura, verso il 500 d.C., degli ultimi templi della Dea
(cfr. R. GIBELLINI, op. cit . , p. 458 sgg. ) . Da ciò la ripresa femminista del
culto della Goddes, vista come simbolo o personificazione del nuovo po
tere delle donne. Infatti, come afferma ad esempio la psicanalista junghia
na Naomi Goldenberg, se il simbolo di Dio-Padre è servito a confermare
il potere dei maschi, il simbolo della Dea serve a risvegliare la forza divi
na all'interno delle donne (cfr. Changing of Gods . Feminism and the End
of Traditional Religions, Beacon Press, Boston, cap. VII, pp. 85- 1 14).
Connesso alla Goddes Religion, ma con una sua fisionomia autonoma,
è il movimento Wicca (espressione che discende dall'antica parola inglese
wiccian e allude all' «arte saggia della stregoneria>> ). La Wicca comprende una
serie di rituali volti a potenziare l'energia psico-fisica femminile e ad esorciz-
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N E A
1 70
l
XXXI • I L F E M M I N I S M O C R I ST I A N O E L A F I LOSOFIA RAD I C A L E
171
N OTA B I BLIOGRAFICA
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sofia. Vol. IV, La filosofia contemporanea, tomo I, di G. FORNERO, UTET, Torino 1991,
capp. III e VII (con bibliografia). Sul femminismo religioso in particolare è ancora
arretrato il lavoro di ricerca e coordinazione del materiale bibliografico; cfr. intan
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Strasbourg 1975 e Women in Church - la Femme dans l'Église. Bibliographie intema
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feministischen Theologie, a cura di E. Giissmann, E. Moltmann-Wendel, H. Pissa
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loh 199 1 ; Per un aggiornamento progressivo cfr. il bollettino internazionale «Fem
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Kyung, Lang, Frankfurt-Oxford, 2004.
C A P I T O L O X XX I I
Jonas:
la responsabil ità
verso le generaz ioni future
di Giovanni Fornero
1 1 93 . Vita e opere
dire: "È il pensiero che pensa in lui". Tale esperienza aveva in sé qualcosa
di impressionante, sicché si può facilmente spiegare la fama segreta di Hei
degger molto prima che con il suo libro Essere e tempo si imponesse negli an
nali della filosofia>> (Scienza come esperienza personale . Autobiografia intellet
tuale, trad. it. Morcelliana, Brescia 1 922, p. 1 8 ) . Laureatosi a Marburgo,
Jonas consegue la libera docenza nel 1928. Sotto l'influsso di Bultmann, e
l'appoggio di Heidegger, intraprende lo studio dello gnosticismo, di cui di
viene uno dei massimi specialisti a livello mondiale. Ebreo di nascita, do
po l'avvento del nazismo emigra prima in Inghilterra e poi in Palestina, di
venendo lettore di filosofia nell'Università ebraica di Gerusalemme. Par
tecipa come volontario alla seconda guerra mondiale, militando nelle file
LA FILOSOFIA CONTEM PO RAN EA
1 76
della «Brigata Ebraica>> dell'esercito inglese. Dal 1 949 in poi insegna in di
verse Università americane, prima in Canada e poi a N ew York, dove
muore il 5 febbraio 1 993 .
Fra le sue opere ricordiamo: Augustin und das paulinische Freiheitsproblem.
Eine philosophische Studie zum pelagianischen Streit (Agostino e il problema
paolino della libertà. Uno studio filosofico sulla disputa pelagiana, 1 930),
Gnosis und spiitantiker Geist, l: Die mythologische Gnosis (Gnosi e spirito
tardo-antico, l. La gnosi mitologica, 1934), Gnosis und spiitantiker Geist, 11/1.
Von der Mithologie zur mystischen Philosophie (Gnosi e spirito tardo-antico,
Il/l. Dalla mitologia alla filosofia mistica, 1954 ), The Gnostic Religion (La re
ligione gnostica, 1958), Zwischen Nichts und Ewigkeit (Fra il nulla e l'eter
nità, 1 963 ) , The Phenomenon ofLife . Towards a Philosophical Biology (Il feno
meno della vita. Verso una biologia filosofica, 1966; ne esiste anche un'e
dizione tedesca, con alcune varianti, 1 973) Philosophical Essays . From An
cient Creed to Technological Man (Saggi filosofici. Dalla fede antica all'uo
mo tecnologico, 197 4), Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik far die
\ technologische Civilisation (Il principio responsabilità. Ricerca di un'etica per
la civiltà tecnologica, 1 979), Macht oder Ohnmacht der Subjektivitiit? Das Leib
Seele-Problem im Varfeld des Prinzips Verantwortung (Potenza o impotenza del-
dere aspetti del pensiero gnostico non prima avvertiti. Ed ero sempre più im
pressionato dall'aria di famiglia di ciò che appariva invece del tutto strano.
Sono propenso a credere, guardando indietro, che fu l'emozione per questa
affinità oscuramente sentita, che mi attirò per prima nel labirinto gnostico>>
(The Gnostic Religion, trad. it. Lo Gnosticismo 1 99 1 2, p. 335).
Secondo Jonas la cifra di fondo del discorso gnostico è quello della «vi
ta straniera>> , cioè del trovarsi gettati a vivere in un mondo nel quale ci
si sente <<estraniati, o <<non-a-casa>> (unheimlich) , sia perché costretti a
dimorare in un'abitazione <<Stretta>> e piena di mali, sia perché lontana dal
la trascendenza, cioè dalla nostra vera origine ( Gnosis und spiitantiker Geist,
I. Die mytologische Gnosis, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1 9643, p.
96 sgg. ) . Alle radici della speculazione gnostica e dell'insieme dei suoi
-1f fondamento metafisico è strano a dirsi, non era mai comparsa sul
del nicflilismo è il dualismo. mio cammino di studi. Fu appunto il nuo
ovvero la dissociazione fra uomo vo ambiente spirituale angloamericano
e mondo. natura e spirito
che contribuì a farmi sentire quella lacuna e
mi stimolò a cercare di colmarla>> (Scienza
come esperienza personale, cit., p. 22 ) . Infatti, ricorda ]onas, la linea dominan
te della filosofia tedesca era rappresentata dall'idealismo coscienzialista, il
quale, sia nella forma neokantiana che in quella fenomenologica o esi
stenzialista <<non mostrava altro che la punta dell'iceberg del nostro essere,
lasciando sommersa l'ampia base organica su cui poggia il miracolo della
mente>> (Dalla fede all'uomo tecnologico. Saggi filosofici, trad. it., Il Mulino, Bo
logna 1 99 1 , p. 29). Ad esempio Heidegger parlava dell'esserci come cura,
ma non diceva nulla del primo fondamento fisico che impone la cura, os
sia della nostra corporeità. Tant'è che Essere e tempo, il quale riduce la na
tura a ciò che è semplicemente a disposizione, sembrava non tener conto del
fatto che l'uomo deve innanzitutto mangiare, e che tale decreto del corpo
è altrettanto decisivo quanto la morte imprescindibilmente connessa. N ien
te da stupirsi, poste queste premesse, che nel panorama filosofico tedesco
le scienze naturali venissero trascurate e che la filosofia della natura non fos
se più da lungo tempo <<una disciplina filosofica degna di rispetto» (Scienza
come esperienza personale, cit., pp. 22-23 ) .
Questo desiderio di contrastare la prevenzione speculativa verso la
natura e di sbarazzarsi dell'errore millenario del dualismo mette capo, in
Jonas, ad una filosofia della realtà organica, ovvero ad una sorta di bio-
XXX I I • j O N AS : LA R E S PO N SA B I L I TÀ VERSO LE G E N ERAZ I O N I FUTU RE
181
Questo finale approdo alla filosofia pratica non è soltanto l'effetto con
seguente della filosofia dell'organismo, ma è anche il frutto, come riferi
sce lo stesso Jonas, di uno «schock>> provocato dalle potenzialità distrutti
ve della tecnica. In altri termini, ciò che ha spinto Jonas a passare dalla
ragione teoretica a quella pratica non sono soltanto (o principalmente )
ragioni intellettuali, ma anche (o soprattutto) ragioni umane dettate dal ti
more di un possibile disastro planetario concludentesi con un vero e pro
prio biocidio.
PRIMARIA È LA RESPONSABILITÀ
DELL'UOMO PER L'UOMO
Hans Jonas, Il principio responsabilità.
Un'etica per la civiltà tecnologica, IV, 3.
------ �------
biente circostante, che coincide ormai con l'intera biosfera del pianeta, sia
della futura sopravvivenza della specie. Da ciò l'improrogabile necessità di
passare da un'etica antropocentrica ad un'etica planetaria e da un'etica della
prossimità, ovvero dei contemporanei o dei loro discendenti immediati , ad
un'etica dei posteri.
Al posto del vecchio imperativo categorico kantiano subentra quindi il
nuovo imperativo dell'età tecnologica, che Jonas racchiude nella formula
seguente: «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano com
patibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla terra». Oppu
re, tradotto in negativo: «Agisci in modo che le conseguenze della tua
azione non distruggano la possibilità futura di tale vita>>. Oppure, sempli
cemente: «Non mettere in pericolo le condizioni della sopravvivenza in
definita dell'umanità sulla terra». O ancora, tradotto nuovamente in posi
tivo: <<Includi nella tua scelta attuale l'integrità futura dell'uomo come og
getto della tua volontà» (Ib., p. 16). Tutte formule che implicano a loro vol
ta il seguente monito prudenziale: <<non si deve mai fare dell'esistenza o
dell'essenza dell'uomo globalmente inteso una posta in gioco nelle scommes
se dell'agire» (lb., p. 4 7).
Il nuovo imperativo ordina, in sostanza, di sacrificarci per un'umanità
ipotetica che i nostri occhi non vedranno più. Ma come convincere le ge
nerazioni presenti a sacrificarsi per un'umanità futura che non ha voce
per parlarci, pur essendo evidentemente soggetta all'arbitrio del nostro
potere? In altri termini, quale diritto possono esercitare coloro che non
sono ancora su coloro che già ci sono? Jonas osserva che a proposito dei non
ancora nati non si può, a rigore, parlare di <<diritti» , poiché questi ultimi
riguardano solo esseri concreti che già ci sono e non esseri immaginari
che ancora non ci sono: <<La pretesa all'es-
sere inizia soltanto con l'essere», <<ll non esi Agisci in modo
stente [ ... ] non solleva nessuna pretesa e per che le conseguenze della tua azione
ciò non può neppure subire una violazione 11011 distruggano la possibilità
ca», anche una fede religiosa può fornire una base all'etica. Ma poiché essa
<<non è disponibile su ordinazione» , e non risulta possibile <<appellarsi alla
fe1e mancante o discreditata neppure con il fortissimo argomento della
necessità», siamo ancora una volta rimandati alla metafisica, la quale, essen
do una faccenda di ragione, <<si può incomodare a richiesta>> (Il principio re
sponsabilità, cit., p. 5 7 ) .
I l problema metafisica d i un possibile <<dover essere dell'essere>> (Sein
sollen), che sottintende quello dell'oggettività del valore, viene risolto da Jo
nas mediante una macchinosa serie di ragionamenti, i quali, ridotti al noc
ciolo, consistono nel dimostrare che in natura vi sono degli scopi in sé e
che la presenza di scopi, ovvero l'essere, è infinitamente superiore all'as
senza di scopi, cioè al non essere: <<Nella capacità di avere degli scopi in
generale possiamo scorgere un bene-in-sé, la cui infinita superiorità rispet
to a ogni assenza di scopo dell'essere è intuitivamente certa. Non sono si
curo se questo sia un enunciato analitico, oppure sintetico, ma in ogni ca
so non è possibile retrocedere davanti all'autoevidenza che esso possiede»
(I b., p. l 02 ), << In questo tendere verso lo scopo [. ] possiamo scorgere un'au
..
vedere il mondo per la prima volta Potrebbe darsi quindi che ciò che
e con occhi nuovi, non potrà mai intenzionalmente appare come un
rivivere lo stupore che secondo Pla dono filantropico della scienza al
tone costituisce l'inizio della filoso l' uomo , la realizzazione di un desi
fia , né la curiosità del bambino derio nutrito sin da tempi remoti -
che abbastanza di rado trapassa sfuggire cioè alla maledizione della
nell'ansia di sapere dell'adulto, fin mortalità - finisca per risolversi in
ché anche qui si affievolisce . danno per l'uomo. Non intendo
Questo cominciare-sempre-di perdermi qui in profezie e neppure
nuovo , conseguibile soltanto al in valutazioni , malgrado sia chia
prezzo del finire-sempre-di-nuovo , ra la mia opinione di partenza. La
può raffigurare bene la speranza mia tesi è semplicemente che già il
dell'umanità, la sua salvaguardia dono promesso solleva interrogati
dall'affondare nella noia e nella vi che non furono mai posti in pre
routine , la sua chance di conserva cedenza in termini di scelta concre
re la spontaneità della vita. ta; e che nessun principio dell'etica
Si deve considerare altresì il ruo tradizionale , per la quale erano ov
lo del memento mori nella vita del vie le costanti antropologiche , ap
singolo e quello che il suo affievo pare in grado di farvi frante . Eppu
limento in una distanza indefinita re bisogna affrontarli , sotto il pro
potrebbe comportare. Farse il limi filo etico e in base a principi, non
te improrogabile del tempo che ci sotto la pressione degli interessi.
dobbiamo attendere è necessario a Tratto da: Hans Jonas, Il principio
ognuno di noi come impulso a con responsabilità. U n'etica per la civiltà
tecnologica, a cura di Pier Paolo Portinaro,
tare i nostri giorni e a farli contare . Torino, Einaudi, 2002, pp. 24-26.
XXX I I • j O NAS : LA R E S P O N SAB I L ITÀ VERSO LE G E N E RAZ I O N I F U T U R E
I 95
lati <<dato che per essa non fa differenza che l'attacco provenga da "destra"
o da "sinistra"» (Ib., p. 237). Fra questi limiti, Jonas ricorda quelli legati al
l'incremento demografico, all'alimentazione, alle materie prime, all'energia
e al surriscaldamento ambientale. La seconda tappa consiste nel mostrare
le pecche interne del marxismo e si concretizza in un'ampia disamina dei suoi
ideali messianici più radicali, come ad es. il sogno blochiano di un <<para
diso del tempo libero>> (che si fonda sulla falsa ipotesi di un <<regno della li
bertà>> al di fuori di quello della necessità).
La terza tappa consiste nel demolire «lo Tutto è "'transizione"'
sfondo negativo del sogno>>, ovvero la dot alla luce del dopo, qualcosa
trina secondo cui la storia svoltasi sinora non è "'adempimento"' alla luce
del prima
avrebbe ancora portato alla luce l'uomo
autentico. Opponendosi all'antologia del
<<non-essere-ancora>> e alla riduzione dell'uomo del passato a semplice
concime di quello futuro, Jonas afferma che l'uomo <<autentico>> , pur nel
l'ambiguità della sua natura finita e dei termini estremi che la qualificano
- grandezza e miseria, felicità e tormento, innocenza e colpa - è già da sem
pre esistito: <<Perciò si dovrà abbandonare in particolare l'idea della "prei
storia", il cui scopo saremmo stati proprio noi, che da parte nostra siamo a
sua volta il mezzo per raggiungere il fine definitivo [...] ancor più impor
tante è rendersi conto che ogni presente dell'umanità costituisce un fine
in se stesso e lo è stato perciò in ogni epoca passata (Oppure, come Ranke
sostenne contro Hegel: ogni epoca storica sta "in rapporto diretto con Dio").
Tutto è "transizione" alla luce del dopo, qualcosa è "adempimento" alla lu
ce del prima, qualcosa anche fallimento, ma nulla è semplice pre-figurazio
ne dell'autenticità che deve ancora venire>> (Ib., p. 28 1 ).
Non meno pericolosa dell'utopia marxista è la promozione della dina
mica tecnologica mondiale all'insegna del profitto e del libero mercato.
Jonas critica entrambi i sistemi, di cui riconosce pregi e difetti, ed evita di
effettuare una scelta esplicita a favore di uno dei due <<giganti tecnologi
ci>>. Di conseguenza, sostenere, come si è fatto ancora di recente, che <<la sua
risposta era più favorevole al marxismo che non al capitalismo» e che egli
<<assegnava al marxismo una relativa superiorità>> significa forzare il suo ge
nuino pensiero in proposito: <<ambedue i sistemi hanno i loro pro e i loro con
tro, ed è così che non sono giunto [...] ad una posizione chiara. E, intanto [...]
per il semplice fatto di essere seriamente interessato a come una tale questio
ne [quella di un agire responsabile] si situi ali' interno dei sistemi socialisti,
alcuni miei critici hanno sostenuto che io avessi fatto un'opzione per il so
cialismo. Naturalmente, però, anche l'altra parte potrebbe dire che io ho op
tato per il capitalismo, dato che valuto le possibilità che un disastro per
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
1 96
Secondo Jonas non sarà la filosofia a salvare il mondo dalla catastrofe ecologica; l
essa però può servire a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale.
(L'effetto delle piogge acide nei pressi di Karlovy VaryJ
LA F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
1 98
DIO HA RINUNCIATO
ALLA SUA POTENZA
Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica.
go quindi l'idea di un Dio che per rinunciato alla sua potenza. Già
un'epoca determinata - l'epoca in precedenza si è visto come la
del processo cosmico - ha abdi nostra discussione del concetto di
cato ad ogni potere di interven potenza implicasse l'esclusione
to nel corso fisico del mondo: un dell'idea di onnipotenza. Ma la
Dio che nell' urto con gli eventi nostra discussione lascia aperta
mondani rivolti contro di lui, non da un punto di vista teoretico -
ha reagito «con la mano forte e la scelta fra un iniziale dualismo ,
con il braccio teso» - come noi teologico o antologico , e una au
ebrei recitiamo ogni anno ricor tolimitazione originaria dell'unico
dando l'esodo dall' Egitto - bensì Dio mediante la creazione dal nul
continuando con muta perseve la. Il dualismo può trovare sbocco
ranza la realizzazione del suo nella concezione manichea di una
fine incompiuto. forza attiva del male operante ab
In questo punto la mia meditazio origine in ogni cosa contro la vo
ne si allontana nettamente dalla lontà di Dio: una teologia dei due
più antica dottrina dell'ebraismo. Dei ; può altresì risolversi nella
Molti dei tredici dogmi di Mai concezione platonica di una real
monide - cantati durante il servi tà passiva in condizione di incar
zio religioso - terminano con l'e nare la realtà ideale nel mondo
spressione «mano forte» : i dogmi in modo necessariamente imper
del dominio assoluto di Dio sul fetto: una antologia di materia e
creato, della ricompensa del buo forma. La prima opzione - in di
no e della punizione del malva rezione di una teologia dei due Dei
gio , il dogma stesso della attesa del - è inaccettabile per l'ebraismo .
Messia promesso. Non altrettanto L'opzione platonica, nel migliore
mi allontano dai dogmi della chia dei casi, è una risposta al proble
mata delle anime , dell'ispirazione ma della mancanza di perfezione
dei Profeti e della Legge , e nep e della necessità in natura - non
pure dell'idea di elezione , poiché alla questione del male e della
solo alla realtà fisica va riferita sua possibilità; infatti la presenza
l'impotenza di Dio. Ciò che non del male implica una libertà con
viene mai messo in discussione è autonomo potere di decisione an
l'unicità di Dio e quindi la preghie che nei confronti del proprio crea
ra «Ascolta Israele» ; nessun dua tore; e oggi i termini con cui deve
lismo manicheo viene addatto per misurarsi la teologia ebraica sono
spiegare la presenza del male mo l'esistenza e il successo del male
rale che proviene dal cuore dell'uo quale oggetto della volontà umana
mo e si afferma nel mondo. Con e non più le disgrazie e le tribola
cedendo all'uomo la libertà, Dio ha zioni che provengono dalla cieca
L A F I L O S O FI A C O N T E M P O RA N EA
200
l Auschwitz e Lisbona. L'autore evoca il terremoto di Lisbona del !755 che distrusse
l'intera città, provocando trentamila morti; e, come scrive Adorno - 4(fu sufficiente
per guarire Voltaire dalla teodicea leibniziana•.
Dio << con la mano forte e il braccio teso » ) . Dio non è intervenuto ad
impedire Auschwitz << non perché non lo volle, ma perché non fu in
condizione di farlo» (Ib., p. 3 5 ) . Infatti, concedendo all'uomo la libertà,
Dio ha rinunciato alla sua potenza (Ib., p. 3 5 ) . In altri termini, secondo
Jonas, l'impotenza di Dio, cioè la sua impossibilità di intervenire nella sto
ria del mondo, sarebbe il rovescio della medaglia della libertà riconosciu
ta all'uomo: <<La creazione fu l'atto di assoluta sovranità, con cui la Di
vinità ha consentito a non essere più, per lungo tempo, assoluta - una op
zione radicale a tutto vantaggio dell'esistenza di un essere finito capace di
autodeterminare se stesso - un atto infine dell'autoalienazione divina»
(Ib., p. 3 7 ) .
Come s i può notare, una risposta d i questo tipo contrasta con l a visio
ne biblica di un Dio provvidente e, in particolare, con l'idea ebraica di un
Dio Signore del mondo e della storia. E Jonas ne è programmaticamente con
sapevole, anche se la ritiene l'unica possibile per mettere d'accordo la <<bon
tà>> e la <<comprensibilità>> dell'Assoluto. Alla fine dell'opuscolo, egli rico
nosce tuttavia che ogni teodicea, cioè ogni tentativo - compreso il suo
di rispondere alle inquietanti domande di Giobbe è soltanto un <<balbet
tio>> (Ib., p. 38 ).
.
Le m1nacce all ' uomo e ali' ambiente
egl i u l t i m i seco l i , mentre è cont i n ua l'am bie nte , la q u estione è stata sol levata
N ta la violenza dell 'uomo s u l l 'uomo, ha con particolare vigore a partire dalla secon
preso avvio uno sfrutta mento devastante da metà del Novecento, sia in a m bito po
d e l l e risorse natura l i del pia neta. Pena d i l itico sia in q ue l l o c u lturale. U n contributo
morte, d i ssesti am bienta l i , guerre, torture, concett u a l e i m portante è stato fornito da
u rb a n i zzazione selvaggia , i n q u i n a mento, H a n s Jonas con il suo p r i n c i p i o del la re
effetto serra sono solo a l cu n i fra i più noti sponsabi lità, che costituisce un'etica adat
di q u esti fe n o m e n i . R e l a t i va m e n t e a l - ta a l l 'età tecnologica. La natu ra chiede d i
.
•·
..
..·
O C IE A N O
A TL A N TI C O
1000 2000 I N D I A N O
km
D D D
Paesi che l'hanno abolita Paesi che la applicano Zone minate o devastate Aree soggette a deforestazione
i n casi eccezionali
D D - �
Paesi che di fatto Paesi in cui è in vigore Direttrici di spostamento Aree soggette a piogge acide
non la applicano dei rifugiati nel mondo
essere tutelata d a l l ' i ntera u m a n ità , e lo svi
l u ppo tec n olog i co deve tenere in c o n s i
derazione le esigenze del l'am biente.
G reenpeace.
Due mezzi di Greenpeace, associazione
ecologista nata in Canada nel 1 97 1 ,
presente i n 2 5 nazioni e riconosciuta d a ONU
e Unione Europea.
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Amchitka
(USA)
O CEA N O
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A TL A N TI C O
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Johnston
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(USA!
P A C F c o
OlJ]
di morte i n tutti gli Stati federati.
N OTA B I BLIOGRAFICA
Opere principali di Jonas: Augustin und das paulinische Freiheitsproblem . Eine philoso
phische Studie zum pelagianischen Streit, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen
1 930, 1 965 2 ; Der Begriff der Gnosis, Hibert & Co., Gòttingen 1 930; Gnosis und
spatantiker Geist. I: Die mythologische Gnosis, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin
gen 1934, 19542 , 19643 ; Gnosis und spatantiker Geist. II: Von der Mythologie zur mysti
schen Philosophie, i vi 1 954, 19662 ; The Gnostic Religion. The Message of the Alien
God and the Beginnings of Christianity, Beacon Press, Boston 1958, 19724; trad. it.
Lo gnosticismo, SEI, Torino 1958, 1991 2 ; Zwischen Nichts und Ewigkeit. Drei Aufsat
ze zur Lehre vom Menschen, Vandenhoeck & Ruprecht, Gòttingen 1963; trad. it. Tra
il nulla e l'eternità, Gallio, Ferrara 1992; The Phenomenon of Life . Towards a Philoso
phical Biology, Harper & Row, New York 1 966; Chicago University Press, Chicago
19742 [ed. tedesca con varianti Organismus und Freiheit. Ansatze zu einer philosophi
schen Biologie, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1973; in questa è contenuto
il testo Grtosis, Existentialismus und Nihilismus in trad. it. come Epilogo di Lo gnosti
cismo, cit.]; Wandel und Bestand. Vom Grunde der Verstehbarkeit des Geschichtlichen
in Wissenschaft und Gegenwart, Klostermann, Frankfurt 1970; Philosophical Essays .
From Ancient Creed to Technological Man, Chicago University Press, Chicago 197 4;
trad. it. Dalla fede antica all'uomo tecnologico. Saggi filosofici, Il Mulino, Bologna 1 99 1 ;
A Retrospective View, i n A A . Vv. , Proceedings of the International Colloquium on
Gnosticism (Stockholm, August 20-25 , 1 973 ), a cura di G. Widengren, Almqvist &
Wiksell, Stockholm-Leiden 1977, pp. 1 - 15; Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer
Ethik fiir die technologische Civilisation, lnsel, Frankfurt 1979; trad. i t. Il principio re
sponsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990 [ed. inglese con
varianti The Imperative Responsability. In Search of an Ethics for the Technological
Age, Chicago University Press, Chicago 1984); On Faith, Reason, and Responsability:
Six Essays, Harper & Row, New York 1978; Macht oder Ohnmacht der Subjektivitat?
Das Leib-Seele-Problem im Vorfeld des Prinzips Verantwortung, Klostermann, Frankfurt
1981; Was fiir morgen lebenswichtig ist. Unentdeckte Zukunftswerte, Herder, Basel-Wien
1 983; Der Gottesbegriff nach Auschwitz. Eine jiidische Stimme, in H. J. - F. STERN ,
Reflexionen finsterer Zeit, Mohr, Tubingen 1984, come vol. a parte Suhrkamp, Frank
furt 1987; trad. it. Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, il melangolo,
Genova 1990; Technik, Medizin und Ethik. Zur Praxis des Prinzips Verantwortung,
Insel, Frankfurt 1985, 1987 2 ; trad. it. parz. Il diritto di morire, il melangolo, Genova
1 99 1 ; Wissenschaft als personliches Erlebnis, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen
1987; trad. it. Scienza come esperienza personale, Morcelliana, Brescia 1992; Mate
rie , Geist und Schopfung. Kosmologischer Befund und kosmogonische Vermutung,
Suhrkamp, Frankfurt 1988; Erkenntnis und Verantwortung, Lamuv, Gottingen 1991
[si tratta del testo di una conversazione); De la gnose au Principe de responsabilité.
Un entretien avec H. ]., a cura di J. Greisch - E. Gillen, <<Esprit», 199 1 , pp. 5-2 1 .
goritmo>> deriva dal nome del matematico arabo Al KhuwarizmL Nel linguag
gio informatico allude alla serie di istruzioni o di strategie che servono a ri
solvere un problema e che risultano formalizzabili in un programma).
Il computer odierno si presenta come l'erede diretto di tali congegni e
come l'incarnazione vivente delle <<macchine pensanti», ovvero come lo
strumento di elezione per riprodurre attività mentali simili a quelle del
l'uomo (cfr. J. BERNSTEIN, Science Observed, 1978, Experiencing Science, 1 982,
trad. it. parz., Uomini e macchine intelligenti, Adelphi, M ilano 1 990, capp. II
e III). E questo anche perché il computer elettronico digitale - prospettato
nella forma della macchina astratta di Turing e realizzato secondo lo sche
ma sequenziale di von Neumann - ha cessato di fungere da semplice cal
colatore ad alta velocità per divenire un manipolatore di simboli (§ 1 1 99),
ovvero un dispositivo capace di effettuare le più disparate operazioni <<intel
ligenti>> . Anzi, il computer, inteso come macchina logico-deduttiva capa
ce di trattare informazioni in modo simbolico-computazionale ha finito
per essere innalzato a <<metafora della mente>> , ossia a realtà in grado di
fornirci un modello generale di come funziona il nostro cervello e di farci ca
pire come i vari aspetti del nostro pensiero, inclusi quelli più complessi e fles
sibili, possano venir considerati come <<descrizione ad alto livello di un siste
ma che, a basso livello, è governato da regole semplici, addirittura forma
li>> (D. R. HOFSTADTER, Gode!, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante,
1 979, trad. it., Adelphi, Milano 1 984, p. 604).
Nella messa a punto dei calcolatori l'lA ha conseguito successi note
voli. Basti pensare, per limitarci ad un solo esempio, alle strategie euristiche
volte ad aggirare il cosiddetto fenomeno della esplosione combinatoria, cioè
chine pensanti>> e con la sua teoria del computer come <<metafora della
mente» , l'lA ha oggettivamente rappresentato una sfida per la filosofia:
<< Pochi sviluppi scientifici hanno interessato e diviso i filosofi quanto la
nascita dell'Intelligenza Artificiale [ . . .] . L'idea che dei frammenti indi
scutibilmente inanimati di silicio e di rame possano essere paragonati a
delle persone per quanto riguarda la loro abilità a risolvere problemi, ri
spondere a domande e ad attenersi a un comportamento intelligente
sembra aver seminato il panico fra i ranghi dei filosofi. È singolare che
diversi secoli di indagine scientifica sul cervello umano non siano riusci
ti a catturare l'interesse dei filosofi (escludendo, naturalmente, poche
notevoli eccezioni), mentre pochi decenni di ricerca sulla possibilità di co
struire macchine pensanti abbiano provocato un vero e proprio uragano
filosofico» (C. BLAKEMORE, Per una teoria meccanicistica della mente e del
la percezione, in AA Vv. , Mente umana mente artificiale, a cura di R. Via
.
Secondo i filosofi, l'intelligenza artificiale delle macchine non è vera e propria intelligenza, l
in quanto a esse mancano la coscienza di essere-nel-mondo e un rapporto concreto
con l'ambiente circostante, caratteristiche tipiche dell'essere umano.
(Edward Hopper, "Eieven a.m. ", Hirshhorn Museum and Sculpture Garden,
Smithsonian lnstitution, Washington, 1 926)
LA F I L O S O FIA C O N T E M P O RA N E A
218
prio per evidenziare che quello che conta nella scelta di un modello da adotta
re, sia antropomorfico sia non antropomorfico, è solamente l'efficienza dei risul
tati ottenuti, e cioè la validità e la competitività delle prestazioni offerte dai si
stemi artificiali nei confronti di quelle parallele offerte dall'intelligenza uma
na>> (M. SoMALVICO, Emula non simula, in AA. Vv., Aspettando Robot, cit., p.
1 77). Tuttavia poiché questa distinzione non viene fatta - o non viene accet
tata - da tutti non dobbiamo stupirei che l'lA continui a muoversi all'interno di
una ambiguità di fondo, la quale fa sì che non si capisca mai bene <<se si voglio
no soltanto costruire macchine utili oppure si vuole riprodurre l'intelligenza uma
na>> (D. PARISI, op. cit., p. 254 ). Detto altrimenti, non bisogna dimenticare
che <<All'interno della Comunità dell'lA convivono e interagiscono progetti di
versi, e aspetti simulati vi ed emulativi possono coesistere addirittura nello
stesso sistema>> (D. MARCONI, Intelligenza artificiale, in AA. Vv., Enciclopedia Gar
zanti di filosofia, Garzanti, Milano 1993, nuova ed. riveduta, p. 55 1 ). Un punto
sembra invece ormai definitivamente assodato fra gli studiosi, anche fra quelli
più attaccati al simulazionismo, ossia che il compito della lA, per dirla con
Putnam, è, al massimo, quello di simulare - in senso lato - l'intelligenza, non
di duplicarla: «The notional task of artificial intelligence is to simulate intelli
gence, not to duplicate it>> (Renewing Philosophy, Harvard University Press, Cam
bridge, Mass., 1992, p. 1 1 ).
Ben lontana dal ridursi ad una sorta di autodifesa psicologica e ideologi
ca della superiorità intellettuale della specie umana o ad un maldestro tenta
tivo di decretare a priori l'impossibilità delle macchine pensanti, la riflessione
filosofica sull'lA è comunque servita ad agevolare il passaggio, tuttora in atto,
da una lA di tipo <<forte>> ad una lA di tipo <<debole>> (avvisiamo il lettore che
XXX I I I • I NT E L L I G E NZA ARTI FICIALE E FI LOSOFIA
2 19
Nel resto del suo articolo, Turing passa in rassegna una serie di obie
zioni alla tesi secondo cui le macchine possono pensare. Obiezioni che
vanno da quella teologica ( <<Il pensare è una funzione dell'anima immortale
dell'uomo. Dio ha dato un'anima immortale ad ogni uomo e donna, ma
non agli altri animali o alle macchine. Perciò nessun animale o macchina
può pensare>> ) a quella della <<testa nella sabbia>> ( <<Le conseguenze delle mac
chine pensanti sarebbero terribili; speriamo che esse non possano esistere>> ) ;
d a quella matematica (che fa leva sul teorema di Godel , cioè sul fatto che
in ogni linguaggio logicamente organizzato esistono enunciati che non
possono essere né provati né confutati nell'ambito del linguaggio stesso, con
la differenza che mentre l'uomo può rintracciare un nuovo linguaggio in
cui sia possibile la prova o la confutazione di quegli enunciati, la macchina
non può farlo, e quindi davanti a domande che rimandino a enunciati di quel
tipo, o non risponde o da risposte sbagliate) a quella dell'autocoscienza
{ <<Fino a quando una macchina non potrà scrivere un sonetto o comporre
un concerto in base a pensieri ed emozioni provate, e non per la giustap
posizione casuale di simboli, non potremo essere d'accordo sul fatto che
una macchina uguagli il cervello: cioè, che non solo scriva, ma sappia di aver
scritto>> ); da quella delle incapacità varie (che puntano sulla presunta non ido
neità da parte della macchina, a fare X, ad
es. <<Essere gentile, pieno di risorse, bello, La Macchina Analitica non ha
cordiale, avere iniziativa, avere senso dello la pretesa di creare alcunché.
humour, distinguere il bene dal male, com Può fare qualsiasi cosa
mettere errori, innamorarsi, gustare le frago siamo in grado di ordinarie di fare
l'identificazione esatta dopo 5 minuti di interrogazione [...] alla fine del se
colo l'uso delle parole e l'opinione corrente si saranno talmente mutate
che chiunque potrà parlare di macchine pensanti senza aspettarsi di essere
contraddetto>> (Macchine calcolatrici e intelligenza, cit., p. 1 66). Infatti, do
po essersi dichiarato fiducioso circa l'avvento di un calcolatore universale in
grado di simulare il comportamento computazionale e linguistico dell'uomo,
il nostro autore conclude il suo articolo con la speranza che <<le macchine
saranno alla fine in grado di competere con gli uomini in tutti i campi pu
ramente intellettuali» (Ib., p. 1 83 ) .
L a proposta d i Turing, tuttora a l centro d i una vasta letteratura critica
incentrata sul tema « menti-e-macchine», è stata variamente giudicata da
gli studiosi. Mentre per taluni essa rappresenta l'unico criterio efficace per
l'attribuzione di «intelligenza>> alle macchine, per altri risulta invece intrin
secamente debole e insufficiente. In ogni caso, per tutti coloro che si occu
pano di IA, il test dello studioso inglese (che tra l'altro nessuno degli ela
boratori a nostra disposizione è sinora riuscito a superare) continua a fun
gere da utile provocazione teorica, metodologica e tecnica.
alle leggi generali delle fisica] è in possesso degli strumenti necessari e suf
ficienti per l'azione intelligente generale. Con "necessario" intendiamo af
fermare che ogni sistema il quale esibisce intelligenza generale mostrerà ad
una successiva analisi di essere anche un sistema simbolico fisico. Per "suf
ficiente" si intende che ogni sistema simbolico di dimensioni sufficienti può
essere ulteriormente organizzato per esibire intelligenza generale. Con "azio
ne intelligente generale" vogliamo indicare lo stesso campo d'azione dell'in
telligenza come la si può vedere nell'azione umana» (Computer Science as
Empirica! Inquiry: Symbols and Search, in <<Communications of the Asso
ciations far Computing Machinary>> , vol. 19, 3, 1 976; ora in AA. Vv., Pro
gettare la mente, ci t., pp. 43-75, p. 49; cfr. Io., Physical Symbol System, in «Co
gnitive Science>>, IV, 1980, pp. 135-83 ) . Presupponendo una concezione del
la mente come entità «formale>> e «astratta>> (per usare le parole di Dennet
e Hofstadter) impegnata a connettere mediante algoritmi determinate
rappresentazioni, la teoria simbolico-computazionale tende spontaneamen
te a convergere con il funzionalismo, ossia con la dottrina secondo cui gli
eventi mentali risultano qualificati dalla loro funzione, cioè da ruoli ape
razionali o causali, e non da una specifica costituzione materiale. Dottrina
che, tradotta nel linguaggio proprio della lA, implica che una mente possa
essere «istanziata» da supporti fisici completamente diversi, purché atti a ge
nerare, fra i suoi elementi, le medesime relazioni, e i medesimi sistemi di
input e output (in linea di principio, dichiara ad es. Putnam, una mente
potrebbe anche essere fatta di formaggio svizzero ! ) . Infatti, posto che una
funzione rimandi ad una figura operativa suscettibile di venir realizzata in un
n numero di maniere diverse, ne segue la manifesta irrilevanza del substra
to fisico incaricato di ospitare tali funzioni (substrato che può essere elettro
nico nel caso del computer e biologico-neuronale nel caso del cervello).
Parte integrante di quest'ottica funzionalista è l'assimilazione del cer
vello allo hardware e della mente al software (com'è noto, la parola inglese
hardware, <<ferraglia>> o <<materiali duri», allude all'insieme delle componen
ti meccaniche ed elettroniche che costituiscono i computer, mentre la pa-
rola software, <<materiali morbidi>>, allude al
Parte integrante dell'ottica l'insieme delle istruzioni o dei programmi
funzionalista è l'assimilazione che li governano ) . In altri termini, come
del cervello all'hardware le proprietà formali che qualificano un
e della mente al software programma sono indipendenti dalle carat-
teristiche materiali dei calcolatori che li ese
guono, così le caratteristiche formali della mente sono indipendenti dalle
caratteristiche fisiche del cervello. Da ciò la nota immagine della mente come
programma, o insieme di programmi , che «girano» su quella complicata macchi
na biologica racchiusa nella nostra scatola cranica che è il cervello.
Il funzionalismo computazionale della lA, se da un lato si distingue
dal comportamentismo, in quanto ritiene legittimo discorrere di stati
mentali interni, dall'altro lato presuppone una esplicita presa di distanza
dal materialismo identista, ossia dalla teoria - rappresentata soprattutto da
gli australiani J . J . C. Smart e D. M. Armstrong - secondo cui gli stati
mentali, in quanto eventi che accadono <<nel cranio>>, sarebbero identici
agli stati neurocerebrali. Contro l'Identity Theorie, come contro qualsiasi for
ma di materialismo <<stretto>> , i funzionalisti fanno valere, innanzitutto, la
cosiddetta <<legge di Leibniz>>, ovvero il principio per cui se due enti sono
identici, allora tutte le proprietà del primo debbono anche competere al
secondo. Ora, nel caso della mente e del corpo, ciò non avviene, in quan
to vi sono caratteristiche, come ad esempio l'intenzionalità, che qualifica
no gli eventi mentali, ma non quelli fisici. In secondo luogo, i funzionalisti
affermano che la teoria dell'identità <<stretta>>, sottintendendo un aggan
cio univoco e necessario fra stati mentali e stati fisici, non spiega come
mai determinate operazioni intelligenti possano essere attive in enti, quali
le macchine, che non hanno un sistema neurocerebrale organico. Detto
XXX I I I • I NT E L L I G E N ZA ART I F I CIALE E FI LOSO FIA
229
altrimenti, il fatto che uno stesso software possa venir realizzato da tipi dif
ferenti di hardware, ossia che le medesime operazioni intellettuali possano
albergare in realtà tanto diverse quanto i cervelli e i computer, attesta
chiaramente come tali operazioni non siano identificabili, in senso stretto,
con i sottostanti meccanismi neurofisiologici (cfr. S. MORAVIA, L: enigma del
la mente, Laterza, Roma-Bari 1 988, in particolare il cap. V, pp. 1 1 7-42 ) .
S u questi argomenti ha insistito soprattutto Putnam. Rifiutando ogni far
ma di <<sciovinismo antropocentrico>>, derivante dall'idea che per avere stati
mentali bisogna per forza possedere un sistema nervoso come quello umano,
e facendo leva sul fatto che lo stesso algoritmo, in virtù del fenomeno della
multiple-realization, può essere eseguito da diversi tipi di macchine, e quindi
mediante stati fisici eterogeni, Putnam è giunto alla conclusione che sia il ma
terialismo tradizionale, sia il materialismo <<moderno>> o identista sono senz'al
tro <<sbagliati>> . Ad esempio, argomenta il
filosofo americano contro ogni ipotetica cor Ogni volta che io sono
rispondenza biunivoca fra stati mentali e sta in un particolare stato mentale,
ti cerebrali, <<Noi nonpossiamo scoprire le leg quello stato mentale è identico
gi in virtù delle quali è fisicamente necessa a uno stato cerebrale
casioni in cui io sono nel medesimo stato mentale, posso essere in un diffe
rente stato cerebrale. In altri termini ancora, secondo la dottrina della identi
tà delle occorrenze, ogni stato mentale si identifica con uno stato cerebrale, pe
rò tale identità non è necessaria e generale, type-type, bensì contingente e
singolare, ovvero token-token (cfr. W BECHTEL, Filosofia della mente, cit., p. 1 75 ).
Questa non-contraddittorietà filosofica e metodologica fra gli assunti del fun
zionalismo e quelli di un materialismo a maglie larghe è stata difesa anche da
quell'ami-materialista per eccellenza che è Putnam: <<La formulazione meno ri
schiosa del materialismo è forse la seguente: un essere umano è nella sua tota
lità semplicemente un sistema fisico dotato di una certa organizzazione fun
zionale complessa. Questa versione del materialismo è, io credo, certamente so
stenibile e probabilmente corretta» (Il positivismo logico e la filosofia della men
te, 1 969, in Mente , linguaggio e realtà, cit., p. 482).
Sebbene sia divenuto la posizione dominante, o l'ortodossia, di buona par
te della lA e della philosophy ofmind contemporanea, il funzionalismo compu
tazionale ha subito parecchi attacchi ed anche taluni dei suoi esponenti han
no finito per voltargli le spalle. Lo stesso Putnam, il quale osserva di essere
stato probabilmente <<il primo filosofo ad avanzare la tesi che il computer sia
il modello per la mente>> , in Representation and Reality, ha rivisto in parte le
sue idee, prendendo come bersaglio se stesso e coloro che ne hanno condivi
so le posizioni ( Rappresentazione e realtà, 1 988, trad. it. Garzanti, M ilano
1 993, pp. 9 e 12). Come si è accennato - e contrariamente a quanto ha soste
nuto qualche affrettato recensore - Putnam non intende ripudiare tutto il
funzionalismo. Infatti, dopo aver ricordato che la concezione computazionale
ha inteso essere <<una reazione contro l'idea che la nostra materia sia più impor
tante della nostra funzione, che la nostra co-
sa sia più importante del nostro come>> , pre Ciò che Putnam respinge
cisa: «<l mio "funzionalismo" insisteva sul fat del funzionalismo è la tesi
to che, in linea di principio, una macchina secondo cui gli stati mentali
sono stati computazionali
[... ], un essere umano, una creatura dotata di
una chimica al silicone e uno spirito disincar-
nato potrebbero funzionare grosso modo nella stessa maniera se descritti a un
adeguato livello d'astrazione, e che è semplicemente sbagliato pensare che l'es
senza delle nostre menti sia costituita dal nostro "hardware". Quest'idea
centrale nella mia concezione di un tempo - non verrà abbandonata neppure
nel corso del presente volume, e in realtà mi sembra ancora altrettanto vera e
importante quanto mi appariva una volta>> (Ib., p. 1 1 ). Ciò che Putnam respin
ge del funzionalismo è piuttosto la tesi secondo cui gli stati mentali sono stati
computazionali. Contro questa <<vecchia>> teoria, egli fa ora valere il principio
·J'ler cui non solo è sbagliata l'idea di una identificazione ingenua .f!'a•stati
LA FI LOSOFIA CONTEM PORANEA
232
mente l'uno dall'altro, e da cultura a cultura. Anche se tutti gli esseri umani,
al momento della nascita, sono computer dello stesso tipo, non è vero che
tutti gli esseri umani adulti devono percorrere la stessa sequenza di stati quan
do fissano una credenza che tradurremmo nella nostra lingua con l'enunciato
"ci sono molti gatti nei dintorni">> (Ib., p. 138).
quando la CPU esegue, una dopo l'altra, una sequenza di istruzioni sui dati
conservati nella memoria. Istruzioni che fanno tutt'uno con il programma
che qualcun altro dall'esterno (un essere umano) ha elaborato e inserito nel
la macchina, senza che esso abbia la possibilità di modificarsi o di miglio
rarsi per il solo fatto di venir applicato. Tutto ciò risulta palesemente estra
neo a quello che sappiamo intorno al cervello, su come è fatto e su come fun
ziona. Infatti, nel cervello è difficile «trovare una specie di omuncolo co
me è in sostanza il programma di istruzioni o l'unità centrale di elaborazio
ne che lo esegue, è difficile trovare depositi passivi di dati, è difficile iden
tificare una singola sequenza di attività mentre tutto il resto rimane inatti
vo, ed è difficile pensare a un cervello che resta lo stesso nel tempo, che
non apprende spontaneamente, e che riceve la sua "intelligenza" dall'e
sterno invece che crearsela da solo mediante l'esperienza o ereditarla da quel
l'altro grande processo di apprendimento che è l'adattamento biologico at
traverso la selezione naturale>> (Ib . , p. 1 7 ) .
I n concreto, i l cervello è formato da più sottosistemi che lavorano in
parallelo e presenta un'architettura composta da un gran numero di unità
relativamente semplici (i neuroni) collegate fra di loro da connessioni sinap
tiche che trasmettono attivazione e inibizione e che modificano costante-
struite nell'ambito della lA. In altri termini, lasciandosi alle spalle l'imposta
zione simbolica, sequenziale e programmatoria della lA classica, il connessio
nismo promette la costruzione di macchine intelligenti finalmente dotate
di flessibilità, sensibilità al contesto e capacità di apprendimento, ovvero di
macchine capaci di suggerire soluzioni proprio là dove l'lA incontra i suoi
maggiori ostacoli (§ 1 197 ). Ovviamente, solo l'avvenire potrà dirci se agli at
tuali entusiasmi corrisponderanno effettivi successi. Risultati concreti a
parte, una cosa è comunque certa, ossia che la stessa lA ha accettato la sfi
da del connessionismo, cercando non solo di introdurre degli elementi di
parallelismo nei sistemi di von Neumann, ma anche di studiare architettu
re, software e linguaggi di programmazione idonei a funzionare in parallelo.
L'approccio delle reti neurali, pur ponendosi come alternativa teorica
e pratica della lA, condivide con quest'ultima una fiducia di fondo nelle pos
sibilità dei computer. Tale fiducia appare invece radicalmente messa in
discussione da alcuni filosofi o informatici-filosofi.
L'INTELLIGENZA OLISTICA
Hubert Dreyfus, Ricostruire la mente o progettare modelli del cervello?
L'intelligenza artificiale torna al bivio.
1 2 O l . Dreyfus:
fenomenologia e intelligenza artificiale .
« Che cosa non possono fare i computer»
dispositivo che calcola - secondo regole precise e tramite una sequenza di pas
si distinti - una successione di dati aventi l'aspetto di fatti atomici e neutrali.
Evidentemente, un'intelligenza di questo tipo - tale almeno è la persuasio
ne di Dreyfus - non coincide affatto con l'intelligenza propriamente umana,
poiché quest'ultima è olistica e situazionale. Olistica, in quanto non agisce
manipolando elementi discreti e procedendo dagli atomi alla totalità, ma
cogliendo le parti (v. le note di una melodia o gli elementi di una frase) al
l'interno del tutto entro cui si collocano. Situazionale, in quanto organizza
il mondo alla luce di una rete di significati connessi a specifici interessi e
finalità. Interessi che discendono dai <<bisogni>> della nostra materialità con
creta e dalle nostre mutevoli maniere di autointerpretarci socialmente: <<una
data situazione di un essere umano dipende dai suoi obiettivi, i quali, a lo
ro volta, sono in funzione del corpo e dei suoi vari bisogni [...] questi biso
gni non vengono stabiliti una volta per sempre, ma vengono interpretati e
determinati attraverso l'acculturazione e perciò attraverso le modifiche
nel modo di interpretarsi degli esseri umani>> (Ib., p. 387). In altri termini,
mentre i computer non sono in situazione e sono entità senza corpo, l'umana
intelligenza è situazionale e condizionata dalla nostra struttura di esseri
corporei. <<Ciò che distingue le persone dalle macchine, per quanto intelli
gentemente costruite - scrive in modo caratteristico Dreyfus - non è un'a
nima astratta, universale, immateriale ma un corpo concreto, specifico, ma
teriale>> (Ib . , p. 327). Inoltre, proprio perché situazionale, la nostra intelli
genza implica un background primigenio di credenze (il <<senso comune>> )
che, essendo inoggettivabili, non possono venire computeristicamente
formalizzate e simulate: <<ogni intelligibilità e ogni comportamento intelli
gente devono essere ricondotti al senso comune di ciò che noi siamo, il
che necessariamente, se vogliamo evitare il regresso all'infinito, è conoscen
za che non si può rendere esplicita>> (Ib., p. 1 04 ) .
Dreyfus esemplifica tutto questo discorso tramite una tipologia delle
attività intelligenti (v. p. 538) la quale, per ogni classe o area di compor
tamento, prende in considerazione: a) la rilevanza degli elementi del con
testo; b) il modo di acquisizione; c) il campo di applicazione e la procedu
ra applicata; d) il tipo di programma esistente - fissando, per ognuna di
esse, caratteristiche e limiti (Ib., pp. 389 sgg.). L'area I si identifica con il
comportamento elementare associativo ( innato oppure acquisito tramite
la ripetizione) e concerne una serie di ambiti specifici (giochi di memo
ria, traduzioni letterali, ecc.) che possono venir trattati con opportuni
programmi ( albero delle decisioni, ricerca tramite liste, ecc. ) . L'area II
corrisponde a ciò che Pasca! definiva esprit de géometrie e si riferisce ad
ambiti (giochi, teoremi, ecc.) completamente formalizzabili, e quindi facil
mente rappresentabili e calcolabili trami-
te sequenze rigorose di algoritmi. In questi L.:intelligenza implica un background
campi, precisa il nostro autore, l'lA risulta di credenze che non possono venire
teoricamente e praticamente <<possibile>> , computeristicamente formalizzate
riuscendo ad ottenere i maggiori e più spet e simulate
CLASSIFICAZIONE DEL l
Tipi di progTamma
Albero delle decisioni, Ricerca tramite liste, Algoritmi
sagome
XXXIII • I N T E L L I G E N Z A A RT I F I C I A L E E F I L O S O F I A
243
temente alle regole imparate sui banchi di scuola, insiste anche il lavoro,
scritto da Dreyfus insieme al fratello Stuart, Mind aver Machine: The Power
of Human Intuition and Expertise in the Era of Computers ( 1 986).
Uno degli aspetti più interessanti dell'opera di Dreyfus, che ricorre
anche negli studi più recenti, è il tentativo di mostrare come la computer
science sia lo sbocco consequenziale della tradizione filosofica e scientifica
dell'Occidente. D'accordo con Heidegger nell'identificare la cibernetica con
l'apogeo del cosiddetto rechnende Denken (pensiero calcolante), egli repu
ta infatti che l'lA rappresenti il parto necessario di quella linea di pensiero
formalistica, atomistica e riduzionistica che fa tutt'uno con la nostra tradi
zione culturale. Formalistica, poiché inseguendo l'obiettivo di una forma
lizzazione e matematizzazione totale dello scibile ritiene, a partire da !'la-
I I VITÀ INTELLIGENTI
• Formale complesso W. Non-formale
Teoricamente, come per Il; in pratica Dipende da significati e contesti non espliciti
Intrinsecamente dipendenti dal contesto
ma estrinsecamente è acontestuale
'
iochi non-computabili, ad es. scacchi Giochi non rigidamente definiti, ad es. enigmi
oppure Go ( intuizione globale, ( indovinare in base alle proprie conoscenze)
ed enumerazioni particolareggiate)
tone, che qualunque azione significante possa venire inglobata in una teo
ria ed essere espressa tramite un sistema di regole (quelle stesse che gli stu
diosi di lA ritengono predefinibili, e quindi simulabili dai computer). Tan
t'è vero che Dreyfus giunge a far iniziare l'lA con l'Eutifrone, e precisa-
mente con i passi in cui Socrate chiede al
Cartesio pensava che tutti suo compatriota quali siano le regole idonee
i fenomeni potessero essere capiti a fondare e a giudicare le azioni. Atomisti
come combinazioni complesse ca, poiché ritiene che l'esperienza possa es
di elementi semplici sere analizzata e scomposta in una serie di
elementi semplici (corrispondenti ai bit dei
computer). Cartesio, per venire ai moderni, pensava ad esempio che tutti i
fenomeni potessero essere capiti come combinazioni complesse di elemen
ti semplici. Hobbes pensava che tali elementi costituissero entità formali
collegate da pure operazioni sintattiche. Leibniz, rinnovando la nozione clas
sica di mathesis, ribadiva che devono esistere elementi semplici ultimi, sul
la base dei quali possono venir compresi i concetti complessi. Ispirandosi a
Frege e a Russell, il primo Wittgenstein elaborava a sua volta una visione rap
presentazionale e sintattica delle relazioni fra la mente e la realtà, definendo il
mondo come la totalità dei fatti atomici: <<L'lA può essere vista come il
tentativo di trovare nel soggetto (uomo o computer) gli elementi primitivi
e le relazioni logiche che rispecchiano gli oggetti primitivi e le loro rela
zioni che costituiscono il mondo. L'ipotesi del sistema fisico-simbolico di Ne
well e Simon in effetti trasforma la visione di Wittgenstein (che è in se
stessa il culmine della tradizione filosofica classica del razionalismo) in
una asserzione empirica e fonda su di essa un programma di ricerca>> (H. L.
DREYFUS e S. E. DREYFUS, Ricostruire la mente o progettare modelli del cervel
lo? L'intelligenza artificiale torna al bivio, 1 988, trad. it. in AA. Vv., Capire l'ar
tificiale, cit., p. 30 della la ed. ). Riduzionistica, poiché la riflessione filosofi
co-scientifica ha fin dall'inizio ignorato o distorto il contesto quotidiano e
pragmatico dell'attività umana, dando per scontato che capire un certo
dominio significhi possedere una mappa teorica volta a fissare connessioni
astratte e universali fra presunti elementi oggettivi. Da ciò l'idea che «l'a
strazione degli elementi dal loro contesto quotidiano, come accade in filo
sofia e nelle scienze naturali, debba funzionare altrettanto bene anche in lA>>
(Ib., p. 40 della la ed.).
In realtà, replica Dreyfus, l'ultimo Wittgenstein e il primo Heidegger
ci hanno insegnato a pensare diversamente. Infatti, queste due pietre mi
liari del pensiero contemporaneo hanno «chiamato in causa proprio la tra
dizione a cui si ispira il programma di ricerca riduzionista. Ambedue erano
olisti; ambedue sottolinearono l'importanza delle pratiche quotidiane e am-
X XX I I I • I NTELLIGENZA ARTI FICIALE E FI LOSOFIA
245
bedue sostennero che non sono possibili teorie sul mondo quotidiano» (Ib. ) .
Per quanto concerne Wittgenstein, osserva Dreyfus, non bisogna dimenti
care che egli divenne in un secondo tempo <<il più severo critico di se stes
so» (Che cosa non possono fare i computer, cit. , p. 3 0 1 ) e che il devastante
attacco al suo Tractatus, ossia le Ricerche filosofiche ( 1 953 ) apparvero esat
tamente quando, per una strana ironia della sorte, l'lA cominciava ad orien
tarsi verso la tradizione astratta e atomistica che egli attaccava. Infatti, do
po il Tractatus, Wittgenstein dedicò anni ad elaborare ciò che chiamò <<fe
nomenologia>>, cercando invano gli elementi atomici e gli oggetti di base
che la sua teoria richiedeva. Finì poi per abbandonare il pensiero del Trac
tatus e tutta la filosofia razionalista, rendendosi conto che l'analisi teorica di
una situazione per mezzo di fatti e di regole è essa stessa significativa solo
in alcuni contesti e per alcuni scopi. In altri termini, Wittgenstein scoprì che
quando tentiamo di risalire ai presunti elementi context-free { liberi dal
contesto) e purpose free { liberi da scopi), in verità stiamo tentando di isola
re alcuni aspetti della nostra esperienza da quella prestrutturazione prag
matica che rende possibile il loro uso intelligente e flessibile nell'ambito dei
problemi quotidiani (Ib., p. 359; cfr. Ricostruire la mente ecc., cit., pp. 40-4 1 ).
Anche Heidegger si rese conto che prima di incontrare le cose con la teoria,
e quindi come oggetti definiti da una serie di predicati, le incontriamo con
la <<cura» , ossia con una forma di intelligenza pratica costituita da un back
ground di credenze, disposizioni, abilità, ecc. Background che essendo non
rappresentazionale e non-intenzionale risulta per sua natura inoggettivabi
le (Ricostruire la mente, ci t., pp. 42-43; cfr. Being-in-the-world: A Commentary
on Division I of Being and 1ìme, MIT Press, Cambridge, Mass. 1 988).
Al contrario, tentando di eludere il problema posto da Heidegger, Hus
serl ritenne possibile una descrizione distaccata del sistema delle credenze
umane, perseguendo in tal modo l'ambizioso progetto che sta alle origini del
la filosofia sin da Socrate: rendere espliciti i principi impliciti del compor
tamento intelligente. Per cui, credendo nella oggettivabilità del principio del
senso comune e delle sue credenze, Husserl
poneva in anticipo il problema della possibi Credendo nella oggettivabilità
lità della lA. Egli fu dunque <<il nonno>> di ta del senso comune. H usserl pose
le disciplina (Ib., p. 4 1 ; cfr. Introduction in in anticipo il problema della possibilità
AA. Vv., Husserl, Intentionality and Cogniti dell'Intelligenza Artificiale
problema della riproduzione del senso comune. In tal maniera, il mondo quo
tidiano prese la sua rivincita sulla lA, precisamente come aveva fatto con
la filosofia tradizionale: <<La tradizione razionalista è stata alla fine sottopo
sta a un test empirico, ed è fallita. L'idea di produrre una teoria atomistica e
formale del senso comune quotidiano e di rappresentare questa teoria in un
manipolatore di simboli ha condotto alle stesse difficoltà che avevano sco
perto Heidegger e Wittgenstein>> (Ricostruire la mente, cit., p. 48).
Alla luce di questa impasse, l'lA classica, per usare la terminologia di La
katos, ha finito per configurarsi come un programma di ricerca degenerativo.
Pur essendo persuaso che <<non si arriverà mai [ . . ] alla simulazione del
.
l Secondo Dreyfus, l'lA potrà raggiungere risultati validi solo se i suoi fautori lavoreranno
non più come alchimisti, ma come scienziati e chimici.
(Giuseppe Wagner, "L'alchimista", incisione, Civica Raccolta delle Stampe
Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano, XVIII sec.)
XXXI I I • I NTELLIGE NZA ARTI FICIALE E FI LOSOFIA
247
tenuto l'oro dal piombo, e siamo riusciti ad atterrare sulla luna, ma solo
dopo aver abbandonato il lavoro al livello di alchimia per concentrarci sui
meccanismi del livello chimico, e al livello più profondo delle strutture
nucleari>> (Ib., p. 405; trad. rivista).
Inizialmente il pensiero di Dreyfus è stato accolto con fastidio e disprez
zo da buona parte degli addetti alla lA (cfr. P. McCORDUCK, op. cit. , pp. 220
sgg. ). Tipica la reazione di Edward Feigenbaum: «Ciò di cui ha bisogno l'intel
ligenza artificiale è un buon Dreyfus. I problemi concettuali della lA sono real
mente difficili, e un tipo come quello potrebbe essere di enorme aiuto [...].
Ma Dreyfus ci prende a randellate in testa [...]. E che cosa ci offre in cambio?
Fenomenologia! Quel cumulo di sciocchezze! Quello zucchero filato! >> (Ib.,
p . 233 ). Soltanto in un secondo tempo c i s i è resi conto del valore delle sue ar
gomentazioni. Infatti, sebbene <<con o senza il consiglio di Dreyfus>> i program
mi della lA siano diventati <<più complessi, flessibili [ ..] tolleranti ambiguità
.
Con il test della stanza cinese, Searle vuole sostenere che i computer, l
pur essendo in grado di eseguire operazioni di calcolo su dei simboli,
non sono però in grado di associare a essi dei significati.
(Ideogramma scolpito nella roccia)
L A F I L O S O F I A C O N T E M P O RA N EA
250
pacità cognitiva di qualsiasi altra cosa>> ( Ib., p. 68). In altri termini, nessun
sistema, il quale si limiti a manipolare simboli, senza avere coscienza dei lo
ro significati, può essere considerato identico ad un essere pensante, anche se
le sue performances esteriori lo sono (La scienza cognitiva e la metafora del com
puter, 1 990, trad. it. in AA. Vv., Capire l'artificiale, cit., p. 6 1 ) .
La tesi anti-operazionalistica secondo cui i programmi non sono menti e
non sono di per sé sufficienti per avere una mente implica, a sua volta, una
presa di posizione contro il paradigma funzionalista e la sua maniera di impo
stare il mind-body problem (§ 1 1 99). Infatti, l'ipotesi funzionalista secondo cui
la mente sarebbe concettualmente ed empiricamente separabile dal cervello
- e starebbe a quest'ultimo come il software sta all'hardware - appare a Searle
pericolosamente dualistica: <<Questa forma di dualismo non è la tradizionale ve
rità cartesiana la quale dichiara che ci sono due generi di sostanze, ma è car
tesiana nel senso che conferma che ciò che è specificamente mentale intorno
alla mente non ha alcuna connessione intrinseca con le reali proprietà del
cervello>> (Menti cervelli e programmi, cit., p. 7 1 ). Tale dualismo, prosegue
Searle, è <<mascherato>> dal fatto che la lette-
ratura dell'lA contiene frequenti denunce Nessun sistema cfre manipoli simboli
contro il dualismo classico, senza che i suoi au senza avere coscienza dei loro
tori si rendano sufficientemente conto del ca significati può essere considerato
rattere neo-dualistico delle loro posizioni. identico a un essere pensante
1 2 03 . Winograd e Flores:
ermeneutica e informatica.
La critica al paradigma razionalistico
della intelligenza artificiale
Talune riserve filosofiche intorno alla lA classica sono condivise anche
da due specialisti di spicco del settore informatico: Winograd e Flores.
TERRY WINOGRAD (n. 1928), professore all'Università di Stanford e ri
cercatore allo Xerox Palo Alto Research Center, si è dedicato al trattamento
del linguaggio naturale - segmento in cui figura tra i massimi esperti a livello
internazionale - ed è stato coautore dei sistemi SHRDLU e KLR. FERNAN-
00 FLORES, dopo aver diretto una pionieristica applicazione dell'informati
ca al controllo del sistema industriale (progetto Cybersyn) è stato ministro nel
Cile di Allende. Dopo il colpo di Stato e la prigionia, si è trasferito negli
Stati Uniti, dove ha diretto una società che produce e vende Coordinator,
un sistema orientato a supportare la cooperazione fra persone e a gestire le con
versazioni aziendali. Pur provenendo da esperienze diverse, Winograd e Flo
res si sono trovati a condividere un medesimo atteggiamento critico verso le
pretese della lA. Atteggiamento che a Winograd è stato suggerito dalle diffi
coltà di trattare in modo computazionale la lingua viva e i suoi legami con il
contesto e il senso comune. Il frutto principale della loro collaborazione si tro
va in Understanding Computers and Cognition. A New Foundation far Design
( 1 984), che ha avuto vasto eco e parecchie traduzioni.
XXXI I I • I NT E L L I G E NZA ART I FICIALE E FI LOSO FIA
255
l Winograd e Flores affermano che i computer non possiedono lo stesso tipo di intelligenza
dell'uomo, poiché questa si riferisce alla vita sociale e alla partecipazione alla comunità.
(Umberto Boccioni, "Rissa in galleria", Pinacoteca di Brera, Milano, 1 9 1 1)
XXX I I I • I NTELLIGENZA ARTI FIC IALE E FILOSOFIA
259
l Winograd e Flores dichiarano: «È molto più facile scrivere un programma che esegua
operazioni formali astruse che capire l'istinto di un cane».
(Daniele Ranzoni, "l figli del principe Trubetzkoy con il cane",
particolare, Museo dell'Ottocento, Villa Belgioioso Bonaparte, Milano, 1 8 73)
X XX I I I • I NT E L L IG E NZA ARTI F I C IA L E E FI LOSOFIA
261
N OTA B I B L I OGRAFICA
Opere generali e collettive: si tengano presenti, fra le altre, le seguenti riviste specia
lizzate: <<Artificial Intelligence Review», <<Behavioral and Brain Sciences>>, «Com
puters and the Humanities», <<Mind and Language» , <<Minds and Machines», «Si
stemi Intelligenti».
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CAPITOLO XXXIV
capo del fascismo): Croce e i crociani, buona parte dei rappresentanti del
le filosofie accademiche del passato con Martinetti in testa, da una parte;
Gentile e i gentiliani, padr� Gemelli e i neoscolastici, dall'altra.
11 1 929, l'anno della Conciliazione, è un'altra data chiave, anche per
la filosofia. La Conciliazione porta la discordia e la divisione nel campo
dei filofascisti.
Gentile, che con la sua riforma scolastica del 1923 aveva introdotto,
rompendo con la tradizione laico-risorgimentale, l'insegnamento della re
ligione cattolica nelle elementari, guadagnandosi la simpatia e l'appog
gio strumentali dei cattolici molto grati anche, subito dopo, per il rico
noscimento della Università Cattolica di Milano, si trova spiazzato di fron
te al Concordato. La religione cattolica viene infatti dichiarata ufficial
mente religione dello Stato e coronamento di tutta l'istruzione, mentre per
Gentile doveva rimanere nell'ambito dell'istruzione elementare per poi es
sere assorbita, quale momento di esperienza inferiore, nel momento su
periore della filosofia. Le trattative tra Mussolini e il Vaticano erano sta
te condotte in gran segreto, e Gentile rimase sorpreso, come tutti, dalla
pubblicazione dei patti 1' 1 1 febbraio del
La Conciliazione 1 929. Qualche consolazione riuscì ad atte
porta la discordia e la divisione nerla dai discorsi ed atteggiamenti di Mus
nel campo dei filofascisti solini alla Camera ( 13 maggio) e al Sena-
to ( 24 maggio) e al Congresso nazionale
di filosofia ( 26 maggio ) , nei quali si cercava di calmare, con una inter
pretazione laicista forzata di alcuni punti chiave del Concordato, le forti
reazioni molto estese anche in campo fascista.
Ma il Concordato, e i documenti connessi, erano legge dello Stato. Lo
sconquasso in campo filosofico fu grande. L'alleanza precedente tra Genti
le e i cattolici si rompe, padre Gemelli attacca in maniera durissima Gen
tile, i gentiliani entrano in crisi e si dividono in diverse tendenze: chi si
avvicina ai cattolici (Armando Carlini, Augusto Guzzo, Michele Federico
Sciacca, Luigi Stefanini), chi rimane vicino al maestro (Vito Fazio-Allma
yer e altri), chi si sposta su posizioni di più o meno intransigente laicismo
(Ugo Spirito, Guido De Ruggiero, Giuseppe Lombardo-Radice, Ernesto Co
dignola, Adolfo Omodeo, Giuseppe Saitta, Guido Calogero, Galvano Del
la Volpe). Alcuni dei più intransigenti (Omodeo, De Ruggiero, Calogero) si
avvicineranno negli anni seguenti al Croce, il rivale di Gentile; altri, co
me Della Volpe, approderanno negli anni Quaranta al marxismo.
Gli anni Trenta si aprono quindi con un quadro più mosso e articolato
rispetto a quello degli anni Venti. La battaglia tra padre Gemelli e Gentile por
ta la divisione non solo nel campo idealista, come abbiamo appena visto, ma
XXXIV • I L D I B AT T I T O F I L O S O F I C O I N I T A L I A ( 1 9 2 5 - 1 990)
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anche nel campo cattolico: qui infatti, a fianco e con differenziazioni crescen
ti rispetto ai neoscolastici tradizionalisti (Agostino Gemelli, Emilio Chioc
chetti, Francesco Olgiati, Arturo Masnovo), si affermano pensatori più pro
blematici e meno dogmatici, molto attenti ad una possibile utilizzazione del
l'attualismo di Gentile in funzione di un rinnovamento della filosofia di orien
tamento cattolico. Gustavo Bontadini è l'esponente principale di questo nuo
vo corso all'interno della filosofia cattolica, rispetto al quale bisogna ricorda
re anche gli esiti spiritualistico-cattolici ai quali gradualmente perverranno al
cuni ex-gentiliani già citati: Carlini, Guzzo, Sciacca, Stefanini.
La riflessione, la elaborazione e il dibattito filosofici degli anni Tren
ta non si limitano, tuttavia, ai nomi e alle posizioni finora indicati. Il
quadro deve essere completato citando, da una parte, il permanere di
vecchie posizioni estranee sia ai settori idealistici sia a quelli cattolici (si
pensi a figure quali Francesco De Sarlo, Antonio Aliotta, Ludovico Limen
tani, Piero Martinetti, Pantaleo Carabellese) , l'emergere di posizioni che
ambiscono a rappresentare la <<sana>> e << realistica>> filosofia del regime
(si pensi all'accademicamente potente Francesco Orestano) , le figure << in-
l La rivista
"Primato", sede di numerose rilevanti discussioni sia in campo filosofico
che culturale, venne fondata da Giuseppe Bottai, esponente di spicco del regime fascista.
(Manifesto elettorale di Bottai)
XXX I V • I L D I BATT I T O F I L O S O F I C O I N I TA L I A ( 1 92 5- 1 990)
279
da Paci, << aut aut>>. A queste aree di Torino e Milano si affiancano, con
una loro atonomia, le aree di Bologna, con un neoilluminismo di provenien
za in parte laica e in parte cattolica (Antonio Santucci, Nicola Matteucci,
Alberto Pasquinelli) e con la rivista <<Il Mulino>> fondata nel 195 1 , e l'area
di Firenze, soprattutto con Garin, lo storico, Preti, il teoreta, e il più giova
ne Paolo Rossi (proveniente come Preti dall'area milanese di orientamen
to banfiano ), che alimenterà negli anni Cinquanta importanti dibattiti teo
rici e metodologici sulla storiografia filoso-
fica. A Roma prevalgono in questi anni, Alla Cattolica di Milano
fra i laici, pensatori legati in qualche manie la tradizione neoscolastica
ra all'eredità di Croce (Carlo Antoni) e di si rinnova in maniera profonda
Gentile (Ugo Spirito, Guido Calogero) o a per opera di Gustavo Bontadini
l L:assassinio di Matteotti viene considerato l'evento che segna l'inizio della dittatura fascista.
(Ritrovamento della salma dell'onorevole Giacomo Matteotti, 1 924)
non riesce ad avere un indirizzo preciso, oscillando, osserva Carlini, tra em
pirismo filoscientifico, realismo psicologistico e spiritualismo laico.
Il quadro presentato da Carlini manca di un tassello, quello dei catto
lici, che però erano assenti sostanzialmente dal dibattito filosofico, ali
mentato dagli idealisti contro tutti i loro predecessori, e conducevano le
loro battaglie per vie interne, cioè ancora nell'ambito della propria cer
chia. I cattolici si erano affacciati sulla scena culturale sia come variante ita
liana del movimento modemista (da Romolo Murri a Ernesto Buonaiuti, che
insieme ad altri con diverse riviste muoveranno per qualche anno le acque
del cattolicesimo, prima di accettare il silenzio imposto dall'enciclica pa
pale contro i modemisti) e come variante italiana del movimento neosco
lastico che aveva il suo centro di elaborazione a Lovanio (in Italia si orga
nizzano nel l 909 con la <<Rivista di filosofia neoscolastica>> , fondata e di
retta dal padre francescano Agostino Gemelli, che condanna il materiali
smo dei positivisti e si prepara a combattere gli idealisti, nemico più peri
coloso perché più concorrenziale) .
storico (da Francesco Fiorentino, Felice Tocco e Carlo Cantoni ai più recen
ti Alessandro Chiappelli e Guido Villa) e un filone costruttivo-sistematico
(con Filippo Masci, che è l'esponente più autorevole, lo stesso Maresca, Gio
vanni Del Vecchio e altri).
Il giovane Galvano Della Volpe, allora attualista, presenta un attento
quadro del neohegelismo, soffermandosi principalmente su Croce (la cui in
fluenza è molto vasta, egli precisa, tra storici e critici letterari, mentre è mol
to scarsa tra i filosofi) e Gentile, ma deli-
neando anche un quadro delle differenze Il quadro complessivo
emerse tra gli allievi di Gentile: indica una della filosofia italiana
posizione di destra (Armando Carlini), cioè consente di affrontare i problemi relativi
trascendentista e filocattolica, e una posizio allo scontro Croce-Gentile
ne di sinistra (Giuseppe Saitta e Guido De
Ruggiero), cioè fortemente immanentista e anticlericale, oltre a una posi
zione ortodossa o di gentiliani fedeli (Vito Fazio-Allmayer, Adolfo Omodeo,
Cecilia Dentice d'Accadia, Francesco Anzilotti) .
Paolo Eustachio Lamanna, infine, vicino a De Sarlo e a d Aliotta, pre
senta il realismo psicologistico inaugurato fra Otto e Novecento da Fran
cesco De Sarlo nei suoi libri, nel suo laboratorio di psicologia e nella rivi
sta «La cultura filosofica» dal 1 907 all 91 5 . Vicini a De Sarlo sono Anto
nio Aliotta a Napoli, Giovanni Calò interessato a problemi pedagogici, lo
stesso Lamanna e Ernesto Bonaventura.
Abbiamo forse esagerato nel numero dei nomi (e non sono tutti) cita
ti per delineare il quadro complessivo della filosofia italiana quale si pre
sentava, con le sue ascendenze ottocentesche, all'inizio degli anni Venti.
Crediamo però che tale quadro consenta di affrontare i problemi relativi
allo scontro Croce-Gentile e all'emergere della presenza cattolica organiz
;oata nella filosofia italiana degli anni Venti senza il pericolo di semplifica
re riduttivamente ed eccessivamente.
Intanto, dobbiamo precisare che nel quadro offerto dalla rivista «Lo
gos>> mancano due episodi della filosofia italiana del periodo preso in esa
me: quello specificamente marxista e quello pragmatista. Il primo, è ve
ro, appare, ma solo indirettamente, nella trattazione di Limentani sulle
varie tendenze o direzioni di ricerca del positivismo (abbiamo visto ci
tati i nomi di Labriola, Mondolfo, Groppali, Chiappelli, tutti interessa
risi alle problematiche marxiste tra fine Ottocento e inizio Novecento) ;
d e l secondo e delle s u e articolazioni interne non si fa alcun cenno
(Giovanni Vailati e Mario Calderoni, pragmatisti <<scientisti>> , da una par
te, il primo Giovanni Papini e il primo Giuseppe Prezzolini, pragmatisti
<<magici>>, dall'altra) .
LA FI LOSO FIA C O N T E M P O RA N E A
298
l Piero Gobetti,
giornalista
e uomo politico;
nel 1 922 fonda la rivista
"La Rivoluzione Uberale". ----- -
LA F I LOSOFIA C O N T E M P O RA N EA
300
Gentile e i suoi, d'altra parte, fautori di una filosofia che vuole essere al
ternativa sia alle tradizioni positivistiche e affini sia al cattolicesimo, in
tendono utilizzare lo Stato (in cui l'individuo deve riconoscersi, in quanto
lo Stato non è quello del vecchio liberalismo, ma è lo Stato etico che imper
sona nella maniera più alta- anche più alta della religione - la sovranità del
l'Atto) per occupare posizioni di influenza nelle istituzioni, nelle universi
tà, nelle iniziative editoriali e culturali in genere.
Croce, che fino al l 924 crede ancora nella possibilità che il governo
di Mussolini (ancora un governo di coalizione, ricordiamolo) possa ripri
stinare, dopo il burrascoso dopoguerra, il vecchio liberalismo, alla fine di
quell'anno compie la sua scelta finale, di fronte al profilarsi di un regime
assolutamente antiliberale: è contro Gentile, con il quale aveva mantenu
to ottimi rapporti anche nel periodo successivo all'approvazione della ri
forma scolastica, perché Gentile avalla filosoficamente e politicamente il
nuovo regime mussoliniano; è contro Gemelli e i cattolici che intendono
anch'essi utilizzare lo Stato per sconfiggere il liberalismo e il laicismo e ri
portare la società e la cultura italiane alle condizioni prerisorgimentali.
Croce, in fin dei conti, nello scontro che ha inizio nel 1925, si pone
come l'erede più alto della tradizione laico-risorgimentale-liberale, contro
gli affossatori, su posizioni differenti e conflittuali o concorrenziali, di
quella tradizione: Gentile e Gemelli.
fascismo, che chiamava gli individui al sacrificio per una idea superiore
identificata con la Patria, <<tradizione che nella coscienza del cittadino, lun
gi dal restare morta memoria del passato, si fa personalità consapevole di un
fine da attuare, tradizione perciò e missione. Di qui il carattere religioso del Fa
scismo>> (in E. R. PAPA, Storia di due manifesti, Feltrinelli, Milano, 1958, p. 60).
Intransigente perché religioso e portatore di un'idea, il fascismo doveva neces
sariamente contrastare e abbattere lo Stato Costituzionale ( «antifascista, poi
ché era lo Stato della maggioranza>>, e «liberale, ma del liberalismo agnosti
co ed abdicatario, che non conosce se non la libertà esteriore>>; Ib. , p. 6 1 ) ; e
ciò ha fatto, come minoranza (minoranza era anche la Giovane Italia di
Mazzini) portatrice di un'idea, organizzatasi come squadrismo ( «Giovani riso
luti, armati, indossanti la camicia nera, ordinati militarmente, si misero con
tro la legge per instaurare una nuova
legge, forza armata contro lo Stato per
fondare il nuovo Stato. Lo squadrismo
agì contro le forze disgregatrici anti
nazionali>>; Ib., p. 62); la conquista del
potere ha dato inizio alla costruzione
del nuovo Stato ( «questa trasforma
zione ha luogo gradualmente in mez
zo ad un perfetto ordine pubblico
[...] quantunque non sian mancate e
non manchino oscillazioni dell'opi
nione pubblica agitata violentemen
te da una pubblica stampa che [ ... ] pro
fitta di ogni errore e di ogni inciden
te [il riferimento è al delitto Mat
teotti] per sobillare il popolo contro la
tenace e dura opera costruttiva del
nuovo Governo>> , Ib. ) ; la Patria rin
novata dal fascismo «è scuola di su
bordinazione di ciò che è particolare
ed inferiore a ciò che è universale ed
immortale», cioè il nuovo Stato etico, <<è concezione austera della vita, è se
rietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non
dipinge ideali magnifici per relegarli fuori diquestomondo [qui l'attacco è con
tro il cattolicesimo], dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e
miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita>> (Ib., p. 62); <<il Fascismo
viene accusato d'essere un movimento reazionario antiliberale, antioperaio,
ma l'accusa è falsa>> (Ib., p. 63 ); al governo fascista <<Si imputano misure di
polizia lesive della libertà di stampa. Questioni di fatto più che di principio>>
(Ib., p. 64 ), che lasciano indifferente <<la grande massa del popolo italiano>>, la
quale, sottolinea ripetutamente con compiacimento Gentile, <<rimane estra
nea e sente che la materia del contrasto, scelto dalle opposizioni, non ha una
consistenza politica apprezzabile ed atta ad interessare l'anima popolare>>
(Ib., p. 65); le opposizioni, concludeva Gentile con magnanimità, dovranno
finire <<per interno logorio ed inazione>> e i fascisti <<possono ormai con pazien
za longanime attendere>> (Ib., p. 66).
Gli attacchi alla tradizione risorgimentale liberale, democratica e sociali
sta, erano palesi e ripetuti, accompagnati da frecciate contro i cattolici. Cro
ce, sollecitato dagli amici liberali tra i quali Giovanni Amendola, che ospite
rà il contromanifesto crociano nel suo giornale <<Il Mondo>> il primo maggio,
stende il manifesto degli antifascisti di orientamento liberale. Condanna al-
l'inizio, sulla base della distinzione tra intellettuali (con la appropriata sfera di
attività) e cittadini (che possono svolgere attività politica militante), il man
cato rispetto di tale distinzione: «contaminare politica e letteratura, politica e
scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patro
cinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stam
pa, non può dirsi nemmeno errore generoso» (p. 93, dove è trasparente la
condanna dell'ex amico Gentile); critica il
fraintendimento storico e filosofico del con Nobilitare con il nome di religione
cetto di liberalismo presente nel manifesto il sospetto e l'animosità sparsi dappertutto
Gentile, la teoria di una società e di uno è cosa che suona
Stato gerarchizzati, e soprattutto <<l'abuso che come un'assai lugubre facezia
zia>> (Ib., p. 95); richiama con passione e forza la tradizione risorgimentale, ri
spetto alla quale il regime attuale è un continuo insulto; sottolinea i limiti del
Risorgimento nel suo essere stata opera di una minoranza, cosa della quale
mai si compiacquero i liberali italiani, mentre i fascisti accentuano il loro es
sere una minoranza attiva che può farsi valere perché la maggioranza se ne sta
in disparte, passiva; afferma il valore, soprattutto per il futuro, della presente
lotta politica, perché <<forse un giorno, guardando serenamente al passato, si
giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa a noi, era uno
stadio che l'Italia doveva percorrere per rinvigorire la sua vita nazionale, per
compiere la sua educazione politica, per sentire in modo più severo i suoi dove
ri di popolo civile>> (Ib., p. 97).
I due manifesti poco hanno di filosofico a una lettura che si limiti alla
superficie del testo. Ma le filosofie dei due grandi personaggi erano ben
note, e quei manifesti ne erano un'applicazione significativa pur nella loro
brevità e schematicità. Ben lo videro gli intellettuali che li lessero e che in
numero grandissimo scelsero di sottoscrivere quello crociano, operando una
scelta di schieramento di campo che divise profondamente, per alcuni anni,
gli idealisti italiani.
D'altra parte, sul piano strettamente filosofico, le tensioni e divergen
ze tra l'attualismo gentiliano e lo storicismo crociano, latenti o accennate
nella corrispondenza privata tra i due protagonisti della vicenda idealistica
fin dagli inizi della loro frequentazione ( 1 896), erano venute alla luce, in
maniera pubblica anche se poi erano state messe a tacere, tra la fine del 1913
LA F I LOSOFIA CONTE M PO RAN EA
304
e l'inizio del 1 9 1 4. La cosa era avvenuta sulle pagine della <<Voce», la rivi
sta di Prezzolini che accomunava, tra il 1 908 e il 1 9 1 4, gran parte della in
tellettualità rinnovatrice italiana.
Gentile, negli anni di insegnamento universitario a Palermo ( 1 907-
14), coincidenti con gli anni di massimo impegno nella collaborazione con
Croce nella <<Critica>> , aveva precisato, so
La vita dello spirito per Gentile prattutto a partire dal1 9 1 1 , le linee teoriche
si identificava con l'unità di pensiero della sua filosofia attualistica, ed era divenu
e azione, con l'atto non trascendibile to rapidamente un maestro per alcuni giova
né dalla natura, né dal passato, né da Dio ni laureatisi con lui o comunque a lui avvi-
cinatisi (Giuseppe Lombardo Radice, Vito
Fazio Allmayer, Adolfo Omodeo, Guido De Ruggiero e altri). I suoi allievi
avevano lanciato qualche strale nei confronti dell'idealismo storicistico di
Croce, e quest'ultimo se n'era risentito, e aveva esposto le sue rimostranze e
critiche teoriche in un testo molto importante, Intorno all'idealismo attuale,
comparso sulla <<Voce» alla fine del 1913.
I discepoli di Gentile e quindi il loro maestro avevano criticato Croce per
le distinzioni da lui conservate all'interno della vita dello spirito, che per Gen
tile si identificava invece con l'unità di pensiero e azione, con l'atto non tra
scendibile né dalla natura, né dal passato, né da Dio. Croce non era andato per
il sottile e aveva attaccato direttamente la teoria centrale di Gentile e dei suoi
allievi secondo cui <<bisogna guardarsi dal trascendere l'atto>>. Questa, sotto
lineava e argomentava Croce, è una posizione mistica: <<Voi volete starvene
immersi nell'attualità, senza veramente pensarla; perché pensare è unificare
distinguendo o distinguere unificando, il che voi considerate come un trascen
dere l'attualità. Perdonate; ma codesta è la schietta posizione mistica, e si espri
me, o piuttosto non si esprime, nell'Ineffabile>> («La Voce» , 1 908- 1 9 1 4, a
cura di A. Romanò, Einaudi, Torino, 1960, pp. 595-96). E ancora: <<La con
seguenza logica del vostro principio dell'attualità immanente sarebbe, a dir ve
ro, l'immersione in un immobile presente, privo di opposizioni, se ogni op
posizione si fonda, come certamente si fonda, su una distinzione[ ... ]. Il vostro
è misticismo, che indamo tenta di superar se stesso» (Ib . , p. 597).
Croce faceva risalire l'idealismo attuale alla filosofia di Bertrando Spa
venta, il maestro tanto esaltato da Gentile (e zio di Croce). I gentiliani
avevano attribuito a Spaventa la fissazione dell'unità dell'atto spirituale, a
scapito della ricchezza presente nello hegelismo autentico: lo Spaventa <<che,
venuto fuori dal seminario e dalla teologia, fu esclusivamente divorato dal
l'ansia religiosa dell'unità e rimase chiuso a ogni altro interesse; tanto che
lasciò cadere tutto il ricco contenuto del sistema hegeliano, e si restrinse a
meditare, e quasi direi ad arzigogolare, sulle prime categorie della Logica e
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305
1929 e dopo.
Il Concordato e la discordia tra i filosofi
mento di tutta l'istruzione pubblica. Altre conseguenze molto gravi per i lai
ci riguardavano la normativa matrimoniale ed altre normative su cattolici
e pubblica amministrazione. Era un completo rovesciamento dei princìpi ri
sorgimentali, alla cui luce era stato laicizzato lo Stato e, insieme allo Stato,
l'istruzione pubblica.
Ed è proprio sul terreno dei problemi teorici, di principio, oltre che prati
co-politici, relativi alla funzione della religione cattolica nell'ambito dell'istru
zione pubblica, che il Concordato suscita immediatamente un dibattito mol
to aspro, che vede convergere nelle critiche tutta l'intellettualità antifascista
laica e buona parte della stessa intellettualità fascista con Gentile alla testa.
Ovviamente le reazioni di parte cattolica sono molto diverse. Innanzi
tutto quelle del pontefice, che giustamente sottolinea l'importanza del Con
cordato, dal punto di vista degli interessi della Chiesa, dichiarando nel gior
no della firma che il Concordato regolava finalmente <<le condizioni religio-
se in Italia, per sì lunga stagione manomes
Il Concordato suscita un dibattito se, sovvertite, devastate in una lunga succes
clie vede convergere nelle critiche sione di governi settari od ubbidienti e ligi
tutta l'intellettualità antifascista ai nemici della Chiesa>>; ed esaltando Mus
e buona parte di quella fascista so lini, l'Uomo inviato dalla Provvidenza,
nel famigerato discorso di pochi giorni do
po agli intellettuali, docenti e studenti, della Università Cattolica di Mila
no: «Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha
fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola
liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamen
ti o piuttosto disordinamenti [cioè la precedente legislazione] erano altret
tanti feticci, e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quan
to più brutti e deformi>> .
L a reazione laica e anticlericale nei giorni successivi risulta tanto este
sa che Mussolini è costretto a dare una interpretazione molto restrittiva,
ma sostanzialmente debole e formalmente scorretta, della portata e delle con
seguenze del Concordato sulla sovranità dello Stato. Ciò avviene sia nel dis
corso di presentazione del testo dei patti alla Camera, sia in quello al Se
nato ( il 1 3 e il 24 maggio) , per la ratifica, sia con la sua presenza al Con
gresso nazionale di filosofia dei giorni seguenti e con il suo assenso al dis
corso di Gentile sul rapporto Stato-Chiesa.
Il Concordato, avevano lamentato giustamente i laici, dal loro punto di
vista e prendendo in esame il testo da approvare, prospettava una grave li
mitazione della sovranità dello Stato in diversi campi in quanto prevede
va, in determinate materie (istruzione, matrimonio), la compresenza di nor
mative contrastanti di due Stati ugualmente sovrani.
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