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gianpiero vincenzo

NEW RITUAL
SOCIETY
CONSUMISMO E CULTURA
NELLA SOCIET
CONTEMPORANEA

Art direction e Copertina: Gianni Latino


Progetto grafico, impaginazione e infografiche: Dario Privitera
Editor dei testi: Daniela Cartia
In copertina: Ten Dollars Bill, 1956 Estate of Roy Lichtenstein by SIAE 2014
Foto dell'autore in copertina: Oriana Tabacco

Fausto Lupetti Editore 2014


Via del Pratello, 31 40122 Bologna Tel +39 051 5870786
Viale Abruzzi, 84 20131 - Milano Tel +39 023653 6238
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Anvur - editore registrato
(Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca)
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Molti valori simbolici e mitici, che in passato erano


ormai istituzionalizzati e le cui valenze costituivano
un patrimonio insostituibile per la societ di allora,
appaiono oggi decaduti o indecifrabili, appunto
perch si spenta la loro carica simbolica.
Assistiamo per contro, al proliferare di nuovi miti e
di nuovi riti, basati sopra lordirsi di inediti legami
simbolici che, gi al loro primo apparire, risultano
come del tutto o parzialmente feticistici.
Gillo Dorfles, Fatti e fattoidi

Indice
6

PREFAZIONE di FRANCESCO POLI

INTRODUZIONE

17

LE ORIGINI DEL CONSUMISMO

27

IN PRINCIPIO FU LANOMIA

37

LE FORME ELEMENTARI DELLA RELIGIONE CIVILE

47

RITUALI E SOCIET

59

IL SISTEMA DEGLI OGGETTI

67

LE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI

75

IL DIO DENARO

85

IL CULTO DELLABBONDANZA

93

LE CATTEDRALI DEL CONSUMO

101

LA DROGA DELLA PROPAGANDA

117

LA FAVOLA DEL NATALE

123

ARTE E PUBBLICIT

141

FOTOGRAFIA E MEMORIA

149

VIE DEL REINCANTO

165

LE GENERAZIONI

177

CONSUMISMO E CULTURA

189

RICERCHE PSICOGRAFICHE

203

BLOCKBUSTER ART SHOWS

215

LINFANZIA CONSUMATA

224

CONCLUSIONE TEMPORANEA

225

RINGRAZIAMENTI

226

POSTILLA di GRZEGORZ KACZYSKI

241

BIBLIOGRAFIA

IL RITO COME METAMORFOSI DEL SACRO

Prefazione
Francesco Poli
Quando anche il linguaggio di tutti i giorni definitivamente contaminato in modo
pervasivo dalla visione economica commerciale , e dal suo vocabolario, vuol dire
che la nostra identit antropologica, culturale e sociale ha inesorabilmente subito
una profonda trasformazione a livello collettivo e individuale.
Ormai, per gli analisti dei mercati e per i sondaggisti, per gli strateghi del marketing e della pubblicit, per i produttori e i venditori di qualsiasi merce materiale
o immateriale, per gli amministratori e per i politici, e in generale per i mezzi di
comunicazione di massa, siamo tutti diventati innanzitutto dei consumatori. Le
persone (donne, uomini, bambini, giovani o vecchi, ricchi o poveri) tendono ad
essere inquadrate in specifiche categorie e valutate in ragione del loro effettivo o
potenziale tasso di consumo; sono interessanti come possibili target di questo o
quel prodotto; i loro comportamenti sono analizzati per elaborare le pi efficaci
forme di persuasione e di sollecitazione agli acquisti.
Anche nel campo della cultura, e non solo della cultura di massa, i lettori di libri,
gli spettatori di teatro e di cinema, i frequentatori di concerti, i visitatori di mostre
e musei, rientrano nella categoria dei consumatori (funzionali al mercato del tempo libero o di fruizioni pi sofisticate e litarie). La logica del mercato tende a condizionare sempre di pi anche la produzione creativa nelle forme e nei contenuti.
La nostra societ, a livello sempre pi globale, diventata per definizione consumistica, producendo indubbiamente effetti positivi: uno sviluppo allargato del
benessere materiale; la soddisfazione di bisogni e desideri che vanno al di l di
quelli primari; una maggiore libert di comportamenti individuali; una vitalizzazione dinamica dellimmaginario collettivo; una molto pi ampia circolazione di
informazioni e anche di stimoli culturali, ecc.
Ma ha prodotto e produce specularmente anche effetti negativi: dallalienante massificazione dei cervelli alla crescita spesso preoccupante dei pi svariati tipi di addiction e bulimie; dalle desolanti mercificazioni dei valori umani e culturali allimposizione eterodiretta di rituali conformisti finalizzati a mantenere e incrementare
il ciclo artificioso del sistema consumistico degli oggetti.
In questo saggio Gianpiero Vincenzo affronta da un punto di vista sociologico tutta questa vasta problematica, con un taglio allo stesso tempo diacronico e sincronico, facendo riferimento ai testi dei maggiori studiosi dellargomento.

E per verificare la seriet delle basi di questo studio basta scorrere la consistente
bibliografia, dove troviamo classici della sociologia come Durkheim, Tnnies, Simmel, Weber; autori fondamentali come Benjamin, Packard, Habermas, Debord,
Marcuse, Goffman e Baudrillard; e grandi specialisti come Bordieu, Bauman, McCracken e Moscovici.
Analizzare il consumismo, le sue origini, i modi del suo sviluppo e i fatti sociali
che ruotano attorno ad esso scrive Vincenzo significa non solo cercare di dare
un contributo alla comprensione di alcuni degli aspetti pi significativi della vita
contemporanea, ma anche considerare quali siano i fatti sociali che esercitano una
pi profonda influenza sulla cultura e sulla mentalit contemporanee.
Unattenzione particolare rivolta agli sviluppi delle ricerche artistiche in relazione
alla societ consumistica e alla cultura delle comunicazioni di massa. E non a caso,
perch Vincenzo, che insegna allAccademia di Belle Arti di Catania, pensa giustamente che la comprensione di questi cruciali aspetti della societ e della cultura
attuale siano essenziali per la formazione dei giovani artisti, e per una produzione
artistica che contribuisca veramente a una libera e creativa trasformazione della
nostra visione del mondo.

Interno del Mall of America, Camp Snoopy, Bloomington


8

Introduzione

Scoprire quali siano i luoghi pi visitati della terra particolarmente indicativo dei comportamenti umani e pu riservare molte sorprese. Si prendano per
esempio i luoghi dellarte. Nel 2011, secondo la graduatoria stilata dal mensile The
Art Newspaper, il Louvre di Parigi risultava essere di gran lunga il museo pi frequentato al mondo, con oltre 8 milioni di visitatori lanno, seguito dal Metropolitan
Museum di New York e dal British Museum di Londra che si attestavano intorno
ai 6 milioni annui. Prima e unica istituzione italiana tra le prime venti del mondo
la Galleria degli Uffizi di Firenze, al diciannovesimo posto, con poco pi di 1,7
milioni di visitatori.
I musei non rappresentano, per, il principale polo dattrazione dei maggiori
flussi umani. I parchi divertimenti riescono ad attirare un pubblico di gran lunga
pi numeroso. Secondo i dati della Disney, nel 2009 il Magic Kingdom at Walt
Disney World in Florida ha attirato pi di 17 milioni di spettatori, due in pi di Disneyland in California: pi o meno quanto totalizzato complessivamente dai primi
tre maggiori musei.
Tuttavia, proseguendo in questo singolare guinness dei primati, le pi grandi
masse di persone non si spostano n con il turismo culturale, n alla ricerca di
divertimento, ma piuttosto vanno nella direzione del puro consumo. Il primato
dei posti pi frequentati spetta infatti ai centri commerciali, come per esempio il
West Edmonton Mall nellAlberta, in Canada, che ha una superficie commerciale di 350.000 m, un totale complessivo di quasi 500.000 m e, secondo la rivista
Travel+Leisure, una media di 28 milioni di visitatori annui.
La struttura raccoglie quasi mille negozi, una spiaggia artificiale e un luna park
coperto, oltre a piste di pattinaggio e parchi acquatici con sottomarini che esplorano un lago sotterraneo. Il maggiore centro commerciale americano per numero
di visitatori, per, risulta essere il Mall of America di Bloomington, di propriet
del Triple Five Group, proprietario anche del West Edmonton: raggiunge i 40 mi9

40
17
16,5

5
4
10 6

1 8
2

11
9
3

MILIONI

6
5
3,3
3,2
2,9
2,87
2,3

1
2
3

Mall of America
(Bloomington)
Disney World
(Florida)
SM MegaMall
(Manila)

Louvre (Parigi)

British Museum
(Londra)
Musei Vaticani
(Roma)

National Palace
Museum (Taipei)
National Gallery of Art
(Washington)
Museo Nazionale
della Corea (Seoul)

10

11

Museo del Prado


(Madrid)
Hermitage
(San Pietroburgo)

Confronto numero visitatori per anno in musei, parchi divertimenti e centri


commerciali, dati Worldofmeters.com
lioni di visitatori annui suscettibili di considerevole aumento, tanto vero che
stato varato recentemente un piano di investimenti da oltre 2 miliardi di dollari
per raddoppiare la sua attuale superficie e portarla fino a 480.000 m. Si tratta di
una struttura complessa nella quale confluiscono un largo numero di attrazioni
commerciali, a cominciare dal parco a tema - in origine chiamato Knotts Camp
Snoopy in onore del creatore dei Peanuts, Charles Schulz, poi dal 2007 Nickelodeon
Universe, a seguito dellaccordo con lomonimo network televisivo per ragazzi - per
proseguire con lUnderwater Adventures in cui si compie un vero e proprio viaggio
attraverso ricostruzioni di localit turistiche compresa una immersione subacquea virtuale di un centinaio di metri su di un nastro trasportatore per incontrare
le oltre 3.000 specie marine presenti nellacquario. Si calcola che almeno un 30%
dei visitatori del centro commerciale siano da considerare turisti.
Il numero dei turisti che visitano i centri commerciali comparabile quindi a
quello dei visitatori delle maggiori citt del pianeta. A Londra pernottano annualmente circa 25 milioni di turisti (dati Banca Finnat, 2011), anche se si calcola che
i suoi visitatori annuali siano almeno il doppio. Lo scettro di luogo pi turistico
della terra appartiene per a Times Square di New York, un primato che rientra
nelle dinamiche consumistiche. Pi piccola delle piazze di altre metropoli, come la
Piazza Rossa a Mosca o Trafalgar Square a Londra, Times Square deve la sua for-

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tuna allorganizzazione del capodanno cittadino, che ha avuto luogo la prima volta
nel 1907. Da allora la piazza ha pi volte cambiato aspetto, fino a diventare lattuale
vetrina della citt, tappezzata di monumentali insegne luminose, non a caso definite spectaculars, che le conferiscono lattuale carattere di centro commerciale a
cielo aperto e che ogni anno attirano 39,2 milioni di visitatori (dati Travel+Leisure
2010).
Tuttavia, i due centri commerciali americani non sono n i pi grandi, n i pi
frequentati al mondo, dato che si collocano rispettivamente solo al dodicesimo e
al ventesimo posto nella speciale classifica mondiale della categoria, che vede ormai primeggiare lAsia. I primi due centri commerciali, infatti, si trovano in Cina,
cos come negli ultimi anni si assistito a uno sviluppo notevolissimo anche in
paesi come la Malesia o le Filippine, dove sono stati edificati 9 dei primi 22 centri
commerciali mondiali come il SM Megamall di Mandaluyong, che ha una capacit massima di 4 milioni di persone e quotidianamente vede entrare circa 500.000
visitatori.

Times Square, anni Trenta

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La societ moderna si caratterizza sempre pi attraverso il consumo. Si tratta


di un processo generalizzato per quanto non sempre lineare. Il consumismo sembra richiedere un certo grado di adattamento, quanto meno in alcune regioni del
mondo non ancora perfettamente integrate nel sistema dei consumi. Il pi grande
centro commerciale al mondo, infatti, il New South China Mall, con una superficie commerciale di oltre 650.000 m e altrettanto smisurate aspettative di business.
A sette anni dalla sua apertura, avvenuta nel 2005, le semideserte gallerie dove
erano previsti 2.350 esercizi commerciali ospitano solo 47 negozi. Sparuti gruppi di
visitatori si aggirano malinconicamente tra le riproduzioni della soleggiata e vivace costa meridionale della California e di San Francisco, dellordinata e affascinante
Amsterdam, degli eleganti e romantici Champs-lyses di Parigi, della misteriosa e
appassionata Venezia, della sensazionale, incantevole costiera caraibica e dellavventurosa foresta tropicale (dal sito ufficiale del New South China Mall).
Le immagini della cerimonia dellalzabandiera che ogni mattina i suoi dipendenti mettono mestamente in scena sono state immortalate nel video Utopia, Part
3: The Worlds Largest Shopping Mall del documentarista statunitense Sam Green,
premiato al Sundance Film Festival del 2009.

Magic Kingdom Park at Walt Disney World, Orlando, Florida

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Analogamente, a New Delhi hanno aperto nel primo quarto del 2011 ben sei
nuovi centri, ma la loro percentuale di locazione commerciale non supera il 10%,
nei casi migliori, cos come circa la met degli spazi dei centri commerciali aperti nellanno precedente risultano ancora vuoti. Si pu quindi supporre che quantomeno il consumismo non si affermi ovunque in maniera identica, ma richieda
tempi e modi diversi per adattarsi a realt differenti e spesso mutevoli. Analizzare
il consumismo, le sue origini, i modi del suo sviluppo e i fatti sociali che ruotano
attorno ad esso, significa non solo cercare di dare un contributo alla comprensione
di alcuni degli aspetti pi significativi della vita contemporanea, ma anche considerare quali siano i fatti sociali che esercitano una pi profonda influenza sulla
cultura e la mentalit contemporanee.
Non basta, infatti, rilevare il ruolo centrale assunto dal consumismo nel corso
del XX secolo e il conseguente notevolissimo sviluppo delle nuove cattedrali del
consumo, come sono stati definiti i centri commerciali moderni e quellinsieme
di nuovi strumenti del consumo che ruotano attorno a essi (Ritzer 1999). Si tratta
anche e soprattutto di individuare, oltre alla principali caratteristiche del moderno
universo del consumo, anche quei presupposti che hanno consentito un tale sviluppo, vale a dire, quindi, anche il perch luomo moderno si sia dimostrato cos
permeabile al nuovo mondo del consumo. Abbiamo cercato di chiarire le tappe
principali dellaffermazione della societ dei consumi, in modo da definire i caratteri essenziali per i quali il consumismo divenuto un elemento fondamentale
per lordine sociale attuale e, in buona parte, inevitabile. Il consumismo un argomento ampiamente dibattuto in ambito sociologico, cos come lidea che con
la secolarizzazione della societ si siano affermate vere e proprie religioni civili,
ultima delle quali la religione del mercato (Loy 1997). Con la superficialit che
talvolta contraddistingue la moderna ricerca scientifica nei confronti della religione, mancava ancora una trattazione che entrasse nei dettagli della nuova e particolare religione del consumo, senza limitarsi ad evidenziare un generico nesso tra
consumismo e ritualismo (Douglas, Isherwood 1979 e Rook 1984).
La moderna religione dei consumi viene ad assumere un posto di rilievo allinterno di quella invenzione della tradizione che ha avuto un ruolo importante
nellaffermazione dei nazionalismi.
Per tradizione inventata si intende un insieme di pratiche, in genere regolate da norme apertamente o tacitamente accettate, e dotate di una natura
rituale o simbolica, che si propongono di inculcare determinati valori o norme di comportamento ripetitive nelle quali automaticamente implicita la
continuit col passato (Hobsbawm e Ranger 1983, 3).

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Le tradizioni inventate sono pi cristallizzate e immutabili delle consuetudini, pi formalizzate e ritualistiche delle convenzioni. Annoverano al loro interno
la maggior parte delle cerimonie pubbliche dincoronazione, di esposizione delle
bandiere, di assunzione del potere, cos come le processioni, gli inni e i festival
canori, gli scambi di delegazioni pubbliche e le offerte sugli altari dei santuari religiosi o secolari. In pratica, tutto quanto costituisce il corollario indispensabile
dei culti nazionalistici. Come rilevato anche dallo storico inglese Eric Hobsbawm
(1917-2012), per, le nuove tradizioni nazionalistiche sono riuscite a riempire solo
una piccola parte del vuoto lasciato dal declino secolare della tradizione antica,
come della consuetudine (ibid., 14). Gran parte della vita quotidiana, a partire
dai piccoli rituali personali e familiari, fino alla pi ampia formazione e coesione dei gruppi sociali, oggi appannaggio del moderno ritualismo consumistico.
Linvenzione della tradizione va quindi ripensata in un quadro epistemologico che
abbracci linsieme dei moderni ritualismi, non solo quelli definiti dalle prassi nazionalistiche. Si tratta di uno studio che richiede necessariamente un approccio
interdisciplinare, storico e sociologico, ed quello che abbiamo cercato di fare con
il presente lavoro.
Le radici di questa prospettiva si trovano evidentemente gi nell Etica protestante di Weber, anche se a nostro avviso la societ consumistica moderna si struttura concretamente solo a partire dalla Grande Depressione del 1929, perch solo
in questepoca letica del capitalismo si trasforma in una grande pseudo-religione
di massa. Se il bisogno di ritualit e di ritmi e norme di vita costitutivo delluomo
e la loro assenza produce scompensi, sociologicamente definiti anomici, il consumismo riuscito ad alleviare questa malattia delluomo contemporaneo, sebbene
operando solo a carattere sintomatico, senza rimuovere completamente le cause
del male. Vedremo che anche le sostanze psicoattive sono entrate nel meccanismo
del consumo per favorire il superamento delle difficolt psichiche contemporanee,
come testimonia luso di anfetamine, droghe ed alcool, spesso a cavallo della frontiera tra il lecito e lillecito.
I diversi stili di vita e di consumo, in pratica, tracciano i contorni allinterno dei
quali si muove o cerca di reagire la cultura contemporanea e non potrebbe essere
diversamente in un mondo in cui i centri commerciali sono diventati i luoghi pi
frequentati del pianeta. Nel corso del XX secolo larte, la letteratura, la fotografia,
il cinema, hanno convissuto con la societ dei consumi, formandosi e trasformandosi in relazione ad essa. Piuttosto che affrontare il problema cultura in termini generici, si sono rilevate le principali linee di sviluppo di alcuni dei principali ambiti
culturali. Il sistema dellarte, in particolare, si trovato ad affrontare diffusamente
del problema del disincanto e del reincanto culturali, assistendo a una serie di stra-

14

tegie per far riacquistare allopera darte laura di distinzione e di considerazione


perduta nellera del consumo. La letteratura nordamericana, infine, con le sue utopie e distopie, ha sottolineato alcune delle linee di sviluppo intraprese dalla cultura
dei consumi negli anni successivi. Il suo carattere visionario impregna ancora oggi
limmaginario delle societ avanzate. A partire dagli anni Settanta e soprattutto dagli anni Novanta in poi, queste ultime sono entrate in una nuova fase dei consumi,
segnata dal passaggio dalla produzione materiale a quella immateriale e digitale,
e dal configurarsi della societ informazionale. La nostra indagine, a grandi linee, conferma la prospettiva del XX secolo come di un secolo breve, stretto tra
sopravvivenze ottocentesche e precoce sviluppo della societ in rete (Hobsbawm
1994, Castells 1997). A parte qualche accenno, entrare nei dettagli delle pi recenti
configurazioni dei consumi avrebbe appesantito la struttura del presente volume.

Cortile interno del Museo del Louvre, Parigi

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