Sei sulla pagina 1di 38

Governare l’inatteso

Weik – Sutcliffe

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA

Alla fine degli anni novanta del secolo scorso sono stati pubblicati in Italia due volumi dal titolo molto simile,
la società del rischio di Beck e la società dell’incertezza di Bauman. Per quanto molto diversi
nell’interpretazione che davano del fenomeno, i due libri mostravano un orientamento comune
nell’individuare la presenza pervasiva del rischio dell’incertezza nella nostra vita come cifra distintiva del
nuovo secolo. Ciò che hanno evidenziato è che siamo passati da una situazione di relativa stabilità, in cui il
rischio/incertezza rimanevano sullo sfondo, ad una condizione in cui l’insicurezza domina incessantemente
la scena, delineando un passaggio in cui gli elementi costanti sono pochi. Questo spiazzamento risulta
particolarmente evidente quando l’inatteso fa irruzione nella nostra vita o nella vita dell'organizzazione. I
suoi effetti possono essere al tempo stesso paralizzanti e catastrofici.

Oltre la gestione del rischio

Proprio in risposta alla crescente rilevanza che la gestione dell’incertezza ha assunto nelle organizzazioni
contemporanee, si è assistito in questi ultimi anni ad una forte espansione di due settori di studi, il risk
management e il crisis management, indirizzati rispettivamente alla prevenzione e alla risoluzione di
situazioni critiche che possono arrivare a minacciare l’esistenza stessa dell’organizzazione. Le ricerche in tal
senso hanno prodotto una serie di strategie e strumenti operativi utili rispetto alla possibilità di contenere i
rischi e mantenere la situazione sotto controllo. Tuttavia si ha la sensazione che tali studi non riescano a
capire fino in fondo le caratteristiche della complessità raggiungendone una comprensione di tipo strategico.
La debolezza di questo punto si è rivelata in tutta la sua portata in occasione della crisi che ha recentemente
coinvolto le strutture economiche organizzative e politica a livello mondiale. L'obiettivo della sfida al centro
del presente volume si sviluppa su tre diversi piani:

- Il piano dell’analisi: vengono evidenziate le debolezze e i punti di forza attraverso cui le diverse
organizzazione fanno fronte all’inatteso
- Il piano della teorizzazione: gli autori individuano e sviluppano i principi che permettono una gestione
efficace dell’inatteso
- Il piano dell'intervento: comprende proposte operative che consentano di articolare una valutazione
specifica del contesto organizzativo e una sua trasformazione positiva

I disastri sono evitabili?

La riflessione degli autori prende le mosse da una tradizione di ricerca indirizzata l’analisi degli incidenti
organizzativi, sia mediante la raccolta di materiali e documenti, sia attraverso la realizzazione di osservazioni,
interviste e simulazioni. Tali studi hanno contribuito a mettere in luce come gli incidenti non siano
semplicemente imputabili a un difetto della tecnologia o a un errore umano, ma siano piuttosto il frutto di
un sistema organizzativo in cui i due aspetti, quello tecnico e quello umano, risultano strettamente
interrelati. Proprio questo carattere di sistema fa sì che le crisi siano anche in una certa misura prevedibili in
quanto, come evidenziato da Turner, si verifica sempre un periodo di incubazione organizzativa del problema
prima che questo si palesi in tutta la sua drammaticità. Un importante risultato di queste analisi è che la
ricerca di un capro espiatorio che spesso ha luogo dopo un incidente o una crisi, non solo è inutile ma anche
dannosa. Gli incidenti non sono quindi attribuibili a una sola causa o a un singolo attore ma sono normali
perché in qualche modo inscritti nella complessità stessa del sistema. Se da un lato questa prospettiva
permette dunque di ridimensionare il ruolo negativo del fattore umano come possibile fonte di errore,
dall'altro sembra produrre però anche l'effetto indesiderato di limitarne l'impatto positivo, ossia la possibilità
di intervenire per rafforzare la sicurezza e la capacità di risposta dei sistemi stessi alle pressioni critiche.

Mostrare l’invisibile

L’originalità della proposta degli autori riguardo la valorizzazione delle potenzialità delle organizzazioni
nell'anticipare e contenere l'imprevisto si fonda, dal punto di vista concettuale, su un duplice passaggio:

- In primo luogo Weik e Sutcliffe sono esplicitamente interessati a studiare le organizzazioni ad alta
affidabilità o high reliability organization, HRO, che riescono a operare in modo ottimale anche in
condizioni di grande complessità e con un tasso di errore ridotto al minimo. In particolare, l’interesse
è concentrato su ciò che funziona e sul perché funziona. La difficoltà del compito è evidente in quanto
il buon funzionamento tende a essere meno immediatamente leggibile e categorizzabile di quanto
lo sia quello cattivo. L'analisi dei due autori è finalizzata dunque a mostrare l'invisibile.
- Vi è poi nel libro un secondo passaggio importante e innovativo che riguarda la possibilità di trasferire
il know-how che le HRO hanno maturato a partire dal confronto con situazioni proibitive anche a
organizzazioni che operano in condizioni meno estreme, ma non per questo risultano meno esposta
ai fallimenti che derivano da una gestione superficiale dell’inatteso.

Mindfulness

la nozione di mindfulness o piena consapevolezza rappresenta il tema portante di questo volume. Si tratta
dell'idea di individuare un nucleo concettuale in grado di generare nuove letture della realtà organizzativa.
Si tratta di un concetto che affonda le sue radici nella cultura orientale, in particolare nel buddismo e nello
yoga, e che è orientato all’acquisizione della consapevolezza di sè nel momento presente attraverso delle
pratiche (tra le quali la meditazione ha un ruolo privilegiato) che intervengono sul normale flusso di coscienza
e favoriscono la presa di contatto con l’esperienza diretta. Il concetto di mindfulness a cui il testo fa
riferimento riguarda la capacità di sviluppare, a livello organizzativo, una ricca consapevolezza del dettaglio
discriminante. Questa ricca consapevolezza investe in primo luogo la qualità dell'attenzione, sia l'importanza
di non lasciarsi fuorviare dalle proprie aspettative o dalla routine, e di riuscire a focalizzarsi su elementi che
a prima vista appaiono poco significativi o ininfluenti, ma che possono rappresentare in realtà le prime
avvisaglie di una crisi di sistema in grado di assumere vaste proporzioni. Chi opera nelle organizzazioni
altamente affidabili impara dunque a potenziare la propria mindfulness sviluppando come habitus questo
genere di attenzione verso gli eventi in corso. Non si tratta peraltro di un'acquisizione permanente
conseguibile una volta per tutte dall'organizzazione, ma al contrario di un impegno durevole verso il
raggiungimento di una condizione di eccellenza.

Le insidie della pianificazione

La mindfulness rappresenta un principio euristico in grado di scardinare facili automatismi dell’attenzione e


della percezione che sono alla base del verificarsi dei malfunzionamenti e dei disastri organizzativi. In tal
senso il suo ruolo è di fungere da correttivo alla “fallacia della predeterminazione”, che rappresenta un
elemento costitutivo dei processi di pianificazione largamente diffusi all’interno delle organizzazioni
contemporanee. Sensibilità al contesto e capacità di autocorrezione rappresentano due requisiti
fondamentali delle organizzazioni altamente affidabili studiate da Weick e Sutcliffe , in particolare per quanto
riguarda la necessità di contrastare l'impatto negativo che le aspettative prodotte dalla pianificazione
finiscono con l'avere sul funzionamento organizzativo. Il compito delle HRO è dunque promuovere un
atteggiamento che consenta di continuare ad abitare le pratiche organizzative evitando però che le routine
diventino superficiali, le aspettative prendono il sopravvento e si vengono così a creare quei punti ciechi che
si trasformano in un’incapacità di vedere potenzialmente disastrosa per l'organizzazione.
Anticipare l’inatteso

Realizzare un ambiente in grado di confrontarsi in modo efficace e flessibile con le aspettative e gli imprevisti
significa, secondo gli autori, muoversi lungo due linee fondamentali di azione. Da un lato è necessario
lavorare per individuare e anticipare attivamente gli eventi critici nel momento , dall'altro occorre agire per
contenere gli effetti di tali eventi in quelle inevitabili situazioni in cui l'attività di prevenzione non ha avuto
successo:

Anticipare gli eventi critici significa in primo luogo imparare a riconoscerli, e in tal senso gli autori identificano
tre principi chiave in grado di guidare l’intervento in tale direzione.

-come prima cosa, è importante che l’organizzazione impari a preoccuparsi delle criticità, ossia a
cogliere l’importanza di eventi apparentemente secondari che in realtà rappresentano un segnale
debole di problemi di più ampia portata in corso di incubazione.
- un secondo criterio chiave che caratterizza le strutture ad alta affidabilità è la resistenza verso le
semplificazioni ovvero verso la riduzione forzata della complessità entro schemi prestabiliti e
rassicuranti.
- il terzo principio riguarda la sensibilità alle attività che vengono svolte in prima linea
dall’organizzazione. È facile che chi sta nelle retrovie o ai piani alti dell’organizzazione sia tentato di
sottovalutare il pericolo che chi è sul fronte riesce invece a vedere in tutta la sua portata.

Contenere un inatteso: il ruolo della resilienza

Per quanti sforzi vengano messi in atto per identificare in tempo gli indicatori di possibili criticità emergenti,
all’interno del sistema accade sovente che le organizzazioni non siano in grado di prevenire gli eventi negativi
che si sviluppano nel corso delle loro attività. Le linee guida fondamentali per il contenimento delle situazioni,
in cui l'inatteso sia già concretamente materializzato e rischia di trasformarsi in una seria emergenza
organizzativa, è l’investimento necessario da parte dell’organizzazione ad adottare un comportamento
organizzativo caratterizzato dalla resilienza. Resilienza, in fisica, e la capacità di un materiale di resistere a
urti improvvisi senza spezzarsi. Un’organizzazione resiliente è in grado in tal senso di affrontare le prove cui
viene sottoposta dagli eventi inattesi uscendone non solo intatta ma addirittura rafforzata nelle sue capacità
di risposta.

Contenere l’inatteso: competenza e decisioni migranti

Un secondo importante principio che consente alle organizzazioni ad alta affidabilità di contenere con
successo l'impatto di eventi inattesi è il rispetto di cui gode la competenza e il modo in cui tale considerazione
per la competenza si riflette sulle decisioni e sulla leadership interna al sistema. Non si tratta del semplice far
riferimento alle persone con più esperienza presenti nell’organizzazione. Le organizzazioni più efficaci
mettono in atto piuttosto un rapido processo di delega e ristrutturazione del sistema stesso che consente a
coloro che sono in prima linea di affrontare con successo l’emergenza. Generalmente chi si trova a diretto
contatto con le situazioni in cui è più probabile che emergano delle criticità, per esempio, al servizio
segnalazione guasti o all’assistenza clienti, è in grado prima degli altri di accorgersi dell’esistenza di un
problema che può divenire serio, ma ha un potere limitato di intervento rispetto alla prevenzione o riduzione
del danno. Nelle HRO Il sistema è configurato in modo che non è l’esperto ad avere un’automatica
precedenza gerarchica sulla presa di decisione, ma sono le decisioni stesse che vanno in cerca dell’esperto.
In altri termini, le decisioni migrano attraverso l’organizzazione in direzione della persona che ha una
conoscenza specifica del problema e quindi è in grado di risolverlo a prescindere dal suo ruolo all’interno
della gerarchia.
Alta affidabilità e cultura della segnalazione

A fronte della pluralità di questioni sollevate dalla gestione dell'inatteso, in termini di conoscenze,
competenze, capacità decisionali, coordinamento tra ruoli e funzioni, è lecito chiedersi se il processo di
miglioramento dell’organizzazione in direzione dell’alta affidabilità implichi non solo un adattamento e un
miglioramento di alcune componenti del sistema ma anche un cambiamento sostanziale della cultura
organizzativa nel suo complesso. La risposta degli autori in tal senso è affermativa. Il compito di affrontare
l’inatteso non può essere demandato a un settore o a un reparto specializzato; per essere efficace deve
coinvolgere l’insieme dell’organizzazione potenziando le capacità di ogni operatore nell’anticipare e
contenere gli eventi imprevisti. Perché ciò sia possibile è fondamentale che la trasformazione della cultura
organizzativa sia in grado di far leva sui simboli e sui valori che costituiscono i punti di riferimento essenziali
rispetto alla costruzione della propria identità. Questo non significa che la cultura possa essere considerata
una componente omogenea e monolitica della vita organizzativa, in quanto occorre sempre considerare
l’influenza che le differenti subculture e i punti di vista dei diversi individui esercitano riguardo alla definizione
di tale identità. Tuttavia, anche all'interno di un simile scenario differenziato è possibile tracciare un percorso
evolutivo in grado di porre i presupposti per la realizzazione di quella che Reason definisce cultura informata,
ossia una cultura in cui lo scambio di informazioni e la cautela nelle decisioni rappresentano aspetti valorizzati
e ampiamente diffusi. Un esempio particolarmente importante in tal senso è la capacità dell'organizzazione
di consolidare un approccio no blame all’errore, cioè una cultura della segnalazione in cui l’errore non sia
considerato in termini esclusivamente sanzionatori ma venga piuttosto interpretato come una opportunità
positiva di apprendimento. Promuovere una cultura della segnalazione non significa assumere una posizione
di generalizzato lassismo o di amnistia a priori nei confronti di qualunque comportamento. Certamente
tracciare una linea tra quello che va ritenuto un comportamento inaccettabile e uno sbaglio accidentale non
è facile e in questo senso è importante distinguere tra violazione ed errore. Mentre quest’ultimo è
generalmente non intenzionale, la violazione costituisce una trasgressione premeditata nei confronti delle
procedure operative accreditate. Tenendo presente tale distinzione ciò che caratterizza le organizzazioni ad
alta affidabilità è la creazione di un ambiente organizzativo che protegge la segnalazione di errori o di
incidenti mancati. Tutto ciò è realizzabile solo a patto che l’organizzazione abbia saputo costruire nel tempo
un clima di fiducia ed equità nella gestione delle relazioni tra i diversi soggetti.

Conoscenza trasformativa e responsabilità condivisa nelle HRO

La credibilità e la fiducia rappresentano delle proprietà essenziali della vita organizzativa ma sono anche
esposte a un certo grado di deperibilità. Occorre alimentarle e rinnovarle in modo continuo se si vuole che
sopravvivano. Al tempo stesso in un’organizzazione che vuole incrementare i propri livelli di sicurezza e
reazione di fronte all’imprevisto, è necessario che la fiducia non sia cieca è illimitata, ma trovi invece gli
opportuni correttivi nella forma di un certo scetticismo e di una sana cautela, In modo da calibrare il livello
opportuno di fiducia in rapporto alle situazioni e agli obiettivi dell’attività da svolgere. Questo particolare
blend di cautele e fiducia rappresenta una delle caratteristiche essenziali delle organizzazioni ad alta
affidabilità in quanto strutture in grado di reinventare continuamente se stesse e di improvvisare in modo
flessibile all’interno di sistemi complessi e vincolanti che consentono una fallibilità assai limitata. I modi
attraverso cui un sistema complesso può fallire sono sempre molti di più delle strategie che possono essere
progettate per farlo funzionare. E’ per questo motivo che le HRO tendono a fare affidamento su una
conoscenza di tipo trasformativo. La conoscenza trasformativa rappresenta una revisione e una sfida
potenziale delle assunzioni di base del sistema. Per riuscire ad affrontare l’inatteso in modo rapido ed
efficace, le organizzazioni ad alta affidabilità devono sviluppare dei processi di apprendimento collettivo
che consentano la continua trasformazione delle conoscenze e al tempo stesso rendano fluida la diffusione
di tali conoscenze attraverso un’effettiva condivisione delle pratiche lavorative. In questo senso le HRO
tendono a configurarsi come sistemi a responsabilità transattiva, ossia come strutture dove le responsabilità
relative ai processi e ai risultati sono condivise dai membri del gruppo. Viene così a realizzarsi una struttura
organizzativa i cui confini sono insieme definiti e permeabili, poiché la necessità di suddividere il lavoro in
base alle singole competenze viene bilanciata dalla condivisione da parte di ciascuno delle responsabilità
rispetto all'attività nel suo complesso.

Ci interessa governare l'inatteso?

L'evoluzione di questi ultimi anni mostra che l'approccio delle organizzazioni ad alta affidabilità è andato
estendendosi progressivamente a molti altri tipi di organizzazione e in tal senso vi sono esempi interessanti
che riguardano ormai molteplici settori di attività quali:

- Compagnie di trasporto aereo


- Controllo delle reti elettriche
- Gestione degli scambi monetari
- Industria petrolifera
- Istruzione e ricerca
- Strutture sanitarie

È chiaro che in un mondo che sta diventando sempre più complesso e imprevedibile, poter fare a meno delle
competenze necessarie a governare l’inatteso sarà un lusso che poche organizzazioni potranno permettersi
in futuro.

PREFAZIONE DELL’EDIZIONE ITALIANA

È convinzione comune che la competenza manageriale riguardi il controllo, la stabilità, l'uniformità e


l'efficienza. Ci siamo diligentemente adoperati per strutturare le organizzazioni secondo il punto di vista
meccanicistico convinti che con il semplice aumento di regole, procedure operative, standard, tecnologia,
specializzazione e gerarchia sia possibile progettare le organizzazioni in modo da raggiungere esattamente i
risultati che desideriamo. Ciò nonostante, di rado, otteniamo i risultati che ci attendiamo e spesso otteniamo
l'inatteso. In questo volume proponiamo la mindfulness come antidoto all’essere colti di sorpresa. Quando
le organizzazioni si orientano verso un approccio mindfull, è meno probabile che vengano prese alla
sprovvista da eventi che non hanno visto arrivare e che vengano messe a soqquadro da eventi di cui erano
del tutto ignare.

PREFAZIONE

Questo volume si basa sullo studio delle modalità attraverso cui le persone e le organizzazioni sono in grado
di dar vita a performance elevate in contesti in cui il potenziale di errore e disastro è enorme. Il dato comune
a queste diverse organizzazioni è che non hanno altra scelta se non funzionare in modo affidabile. Abbiamo
raggruppato queste attività sotto la denominazione di organizzazioni ad alta affidabilità, HRO. Come molte
altre attività, le HRO sperimentano continuamente problemi inattesi. Questo deterioramento raramente
emerge all’improvviso, al contrario, abbiamo un accumulo nel tempo di piccoli segnali che indicano il
verificarsi di fatti inattesi e destinati a durare. Se proponiamo di prendere tali organizzazioni come punto di
riferimento, non è perché esse possiedono la soluzione ma perché lottano continuamente per trovarla.

Un punto di riferimento rispetto agli esperti

Nel contesto dinamico e incerto che caratterizza oggi le imprese è importante avere degli esperti come punto
di riferimento nel gestire l’inatteso. Gli esperti sono in grado di aggiornare le loro idee riguardo alla situazione
in atto e di non restare prigionieri di vecchie categorie o interpretazioni. Parte del loro successo risiede nella
loro non comune capacità di trovare soluzioni che consentono di rimanere pienamente consapevoli rispetto
a ciò che accade.
CAPITOLO 1. GESTIRE L’INATTESO.
Cosa possono imparare le imprese dalle organizzazioni ad alta affidabilità.

Gli eventi inattesi spesso mettono alla prova la nostra resilienza, ossia la misura in cui riusciamo a piegarsi
senza spezzarci e la nostra capacità di riprenderci. Esiste una famiglia di organizzazioni che operano
continuamente in condizioni difficili, e tuttavia riescono a mantenere molto basso il numero di incidenti gravi.
Le organizzazioni ad alta affidabilità mettono in pratica forme organizzative che consentono di ridurre la
difficoltà delle prove che sostengono e rendono più veloce il processo di ripresa.

Il messaggio fondamentale del libro

Le aspettative possono produrre notevoli problemi se non viene creata un’infrastruttura pienamente
consapevole, che sia continuamente in grado di:

- Individuare i piccoli eventi critici


- Opporre resistenza all’eccessiva semplificazione
- Mantenere le capacità di resilienza
- Rimanere sensibile all’attività in corso
- Trarre vantaggio da una attribuzione mobile della competenza

Se non si riesce a diventare questo tipo di infrastruttura pienamente consapevole il danno prodotto da eventi
inattesi si amplifica e compromette l’affidabilità della performance. Il primo capitolo offre uno sguardo di
insieme su ciò che occorre per dar vita a organizzazioni a elevata affidabilità. Questa panoramica ha come
principale riferimento un incidente devastante, l’incidente della riserva di Cerro Grande nel New Mexico, che
nel maggio 2000 ha causato danni per un miliardo di dollari nella zona di Los Alamos e nei laboratori nazionali
adiacenti.

L’incendio di Cerro Grande: una violenta resa dei conti

Come ha brillantemente evidenziato Pat Lagadec: “l’abilità nell’affrontare una situazione di crisi dipende
largamente dalle strutture che sono state sviluppate prima dell’arrivo del caos. L’evento può essere
considerato in una certa misura un improvvisa e violenta resa dei conti: tutto ciò che non è stata
adeguatamente preparato diventa immediatamente un problema complesso, e ogni elemento di debolezza
finisce col rovesciarsi sul ponte principale”. Strutture sviluppate prima dell’arrivo del caos si riferisce sia ad
attività di routine, sia a risorse speciali in funzione della crisi, tutto ciò che è d’aiuto nell’affrontare lo
sconvolgimento, salvo che le crisi che sono previste assomigliano raramente a quello che ha poi
effettivamente luogo. Tale discrepanza fa sì che il confronto con un evento particolarmente difficile mette a
nudo la vulnerabilità, sotto forma di imprevisti e collassi nel funzionamento. Un violento confronto svela
inoltre debolezze impreviste nella resilienza, ossia nella capacità di recupero. Le strutture di resilienza
rispecchiano le lezioni che le HRO hanno dovuto imparare nel modo più duro. Le migliori HRO sanno che non
hanno sperimentato tutti i modi in cui il loro sistema può fallire. Questa considerazione assume le forme di
una continua mindfulness incorporata nelle pratiche che favoriscono la prontezza, ampliano l'attenzione,
riducono le distrazioni e prevengono semplificazioni fuorvianti.

I fatti di Cerro grande

I successi, così come i fallimenti, delle squadre antincendio della protezione civile possono insegnarci molto
rispetto alla gestione dell’inatteso. Normalmente l’intervento antincendio nelle aree naturali è reattivo:
l’azione reattiva avviene quando i pompieri intervengono su un incendio che sta già divampando. Tuttavia i
pompieri della protezione civile sono diventati col tempo più proattivi e sensibili alla prevenzione. Quando
gli incendi divampano in foreste si diffondono con un calore ad una velocità maggiore, sono più difficili da
controllare, per prevenire tali disastri, attualmente le squadre provocano piccoli incendi programmati che si
cerca di contenere entro aree prestabilite cercando, così, di ridurre i detriti e i resti potenzialmente
infiammabili. La combustione prevista a Cerro grande era proprio questo genere di fuoco preventivo
programmato. Alle 7:20 di sera di giovedì 4 maggio 2000 una squadra formata da 20 pompieri, accompagnata
da un osservatore, ha effettuato un test su una porzione di terreno per vedere se l’erba era sufficientemente
secca per dare il via al fuoco programmato. Il test diede esito positivo e, alle 8:00, la squadra iniziò ad
appiccare il fuoco nell’area prevista. Il primo intervento della squadra fu creare una linea tagliafuoco tutto
intorno al margine esterno dell’area da incendiare. La linea tagliafuoco previene l’estendersi dell’incendio al
di là della zona effettivamente programmata. Intorno a mezzanotte un gruppo di pompieri cominciò a
diventare sempre più lento a lavorare. Il caposquadra, Powell, temendo che in queste condizioni gli uomini
potessero finire col mettersi in pericolo, li rispedì indietro facendoli riscendere a Valle. In tal modo rimasero
solo 6 persone a contenere un fuoco sorprendentemente attivo. Paul Gleason aveva osservato le operazioni
nel corso della serata precedente perché, in una data successiva, avrebbe dovuto essere il responsabile delle
operazioni di incendio nella stessa area. Quando alle 6 del mattino fece ritorno all’incendio, Gleason si
allarmò per due regioni: il fuoco avanzava più velocemente di quanto ci si aspettasse, e non erano stati
disposti nuovi rinforzi. Dopo animate discussioni con il centralino delle emergenze, Gleason ricevette la
promessa anche una squadra di 20 persone sarebbe arrivata per le 9, e che un elicottero sarebbe arrivato di
lì a poco per rovesciare acqua sulle fiamme. La squadra promessa per le 9 arrivò alle 11 e l’elicottero arrivò
alle 10:30, ma privo della benna per l’acqua. Il fuoco prese il sopravvento e traboccò oltre la linea tagliafuoco
sul lato est. Alle 13 del pomeriggio di venerdì l'incendio si estese oltre l'area del fuoco programmato e venne
quindi dichiarato incendio di area protetta che ora era necessario estinguere. La strategia adottata per lo
spegnimento fu di organizzare un attacco indiretto, ossia sarebbero stati accesi dei contro-fuochi a una certa
distanza dalle fiamme in azione. Lo scopo dei contro fuochi era di eliminare il combustibile che avrebbe
accelerato il divampare dell’incendio. Questo piano funzionò bene da venerdì fino alle 11:50 di domenica
quando venti inattesi iniziano a soffiare da ovest a 80 km orari spingendo l’incendio che divampò verso la
città e i laboratori di Los Alamos. Entro martedì 235 case finirono completamente bruciate, mentre gli edifici
di 39 laboratori venivano distrutti dalle fiamme.

Comprendere i fatti di Cerro grande

Gestire l’inatteso significa che le persone devono dare risposte decise a segnali deboli, un comportamento
controintuitivo. In genere diamo risposte deboli a segnali deboli e risposte forti a segnali forti. Come abbiamo
anticipato, i sistemi che gestiscono male l’inatteso tendono ad ignorare le piccole criticità, accettano diagnosi
semplicistiche, danno per scontate le attività che si svolgono in prima linea, trascurando le capacità di
resilienza e fanno riferimento all’autorità più che gli esperti. Alcuni frammenti di questo schema sono visibili
a Cerro grande. Il fatto stesso che il successo del progetto fosse legato a una serie di aspettative (ad esempio
l'idea che il piano di combustione programmata fosse affidabile, che la complessità del fuoco sarebbe stata
meglio bassa, ecc..) evidenzia l’importanza di una piena e continua consapevolezza nel verificare se le
aspettative vengono mantenute e nel cogliere le prime indicazioni se ciò non avviene. Un modo per
aumentare la propria mindfulness nei confronti delle conseguenze involontarie emergenti è applicare le
regole delle organizzazioni ad alta affidabilità. Per continuare la nostra analisi è importante richiamare le 5
linee chiave che caratterizzano un’infrastruttura pienamente consapevole, analizzando ognuna in quanto
principio sottostante la performance delle organizzazioni ad alta affidabilità. I primi tre principi implicano
soprattutto la capacità di una HRO di anticipare i problemi inattesi, mentre il quarto e il quinto hanno più
a che fare con la capacità di contenerli.

1. principio HRO: preoccupazione rispetto agli eventi critici → la peculiarità delle HRO è che si preoccupano
degli eventi critici. Esse trattano ogni errore come un sintomo di possibile malfunzionamento del sistema,
qualcosa che potrebbe avere gravi conseguenze se un insieme definito di piccoli errori venisse
accidentalmente a coincidere. Le HRO promuovono descrizioni accurate degli errori, elaborano esperienze
per imparare dai mancati incidenti e sono attente ai potenziali svantaggi che derivano dall’ottenere buoni
risultati, inclusi l’autocompiacimento, la tentazione di ridurre i margini di sicurezza e di lasciarsi andare al
l’automatismo dei processi. Nell’incendio di Cerro Grande vi furono diversi piccoli eventi critici che
preannunciavano problemi più gravi. Nelle due settimane precedente altri quattro fuochi del genere nelle
vicinanze avevano oltrepassato i limiti stabiliti. Inoltre durante la combustione di giovedì sera
l’allontanamento di una parte del personale a mezzanotte ridusse la capacità della squadra rimasta sul posto
di affrontare ulteriori eventi inattesi. Questi fattori, combinati con il rifiuto dell’operatore telefonico di inviare
una nuova squadra di 20 persone, fecero sì che piccoli eventi critici iniziassero ad accumularsi.

2. Secondo principio HRO: riluttanza a semplificare→ un altro modo in cui le HRO definiscono l’inatteso è la
riluttanza nell’accettare le semplificazioni. È certamente vero che la riuscita di ogni attività coordinata
richiede un certo grado di semplificazione ma le HRO prendono misure deliberate per creare un quadro più
complesso e sfumato di ciò che affrontano, e di se stesse mentre lo affrontano. Le HRO Si posizionano in
modo da poter avere il miglior punto di osservazione possibile, guardando con favore la diversità delle
esperienze, lo scetticismo rispetto alle opinioni prevalenti. Quando riconoscono un evento come qualcosa
che hanno già incontrato e compreso in precedenza questo riconoscimento diviene fonte di grosse
preoccupazioni. La semplificazione ha giocato un ruolo inevitabile ma al contempo dirompente a Cerro
Grande; il piano di combustione era stato costruito sulla base di valutazioni riguardanti il grado di complessità
che l'incendio avrebbe potuto assumere (secondo le predizioni medio-basso). Ma la complessità
dell'operazione a Cerro grande fu sottovalutata a causa dell’errato sistema utilizzato per prevedere quanto
complicato potesse essere un incendio. Nel valutare la complessità dell’incendio, il caposquadra, Powell,
attribuì un punteggio alle evidenze specifiche usando una scala da 1 a 3, invece di utilizzare la scala del Parco
Nazionale che si basa su una gamma da 1 a 5. La scala sbagliata stimava che il fuoco sarebbe stato di
complessità medio-bassa. Se fosse stata usata la scala giusta la somma dei medesimi punteggi avrebbe
indicato che il fuoco era di complessità medio-alta. Questo ha inciso, ad esempio, sul numero degli uomini
presenti. Ci furono poi altri semplificazioni. Ogni valutazione era sbagliata nel senso di sottostimare la
difficoltà. Tutti i calcoli furono eseguiti alcune settimane prima, il giorno dell'operazione non venne neanche
fatto un aggiornamento. Certamente quando si organizza si semplifica. Ma si deve essere più cauti nelle
proprie scelte rispetto a cosa si può semplificare. Essere più cauti significa essere più metodici nel distinguere
gli errori che si desidera evitare.

3. Terzo principio HRO: sensibilità alle attività in corso→ Le HRO sono sensibili alle attività in corso. Più che
in altre organizzazioni il quadro complessivo nelle HRO è meno strategico è più legato alla situazione, al lavoro
reale. In questo modo possono effettuare aggiustamenti continui per prevenire gli errori. E le anomalie
vengono rilevate quando sono ancora recuperabili e possono essere isolate. Tutto ciò è possibile perché le
HRO sono consapevoli dello stretto legame esistente tra sensibilità alle operazioni e sensibilità alle relazioni.
Le persone che si rifiutano di parlare dei propri timori indeboliscono il sistema che è meno informato di
quanto sarebbe necessario per operare efficacemente. Quando la centrale di Santa Fe rispose al telefono alle
7:30 di venerdì mattina si verificò una situazione di stallo in cui il caposquadra chiedeva soccorso non
dichiarando la situazione di emergenza mentre l'operatore telefonico dichiarò che se quella non era
un’emergenza non poteva inviare subito i rinforzi. Il conflitto sull’interpretazione delle regole mise installo la
situazione.

4.quarto principio HRO: impegno alla resilienza→ nessun sistema è perfetto e le HRO lo sanno meglio di
chiunque. Questo è il motivo per cui integrano le loro attività di prevenzione (= apprendere dalle criticità,
approfondire le percezioni e rimanere sensibili alle attività in corso) con un impegno alla resilienza. il
carattere distintivo di una HRO non è essere esente da errori, ma gli errori non la mettono fuori
combattimento. La resilienza è una combinazione di metodi basata da un lato sul contenimento degli errori,
dall'altro su un approccio che utilizza l'improvvisazione per consentire al sistema di continuare a funzionare.
Questi metodi per produrre resilienza richiedono entrambi una profonda conoscenza della tecnologia, del
sistema, dei propri colleghi, e soprattutto di se stessi. Le HRO Danno grande importanza alla formazione, alla
presenza di personale con un’esperienza vasta e variegata, all’abilità nel trovare nuove combinazioni e nel
sapersi trarre d’impaccio rispetto qualsiasi evento accada. Nell’incendio di Cerro Grande risultano evidenti
alcuni problemi di resilienza. Il sistema viene continuamente sollecitato ma non riesce mai a recuperare una
condizione come quella di partenza o comunque in grado di sostenere la situazione. La squadra rimasta era
all’opera da quasi 30 ore quando i rinforzi arrivarono nella tarda mattinata di venerdì. Il normale ciclo
lavorativo è di 16 ore di servizio e 8 di riposo. La capacità di recupero, contenimento, lucidità e creatività nel
trovare soluzione rispetto a problemi inattesi risultano quindi drasticamente ridotte. Cercando di fare il
possibile la squadra sovraccarica semplicemente non riuscì a reggere le difficoltà, così come avrebbe potuto
fare invece una squadra riposata.

5. Quinto principio HRO: rispetto per la competenza→ l’ultima caratteristica chiave delle HRO è il loro
rispetto per la competenza. Le HRO coltivano la diversità non solo perché consente loro di avere una
maggiore capacità di attenzione in ambienti complessi ma anche perché permette di intervenire meglio
rispetto alle complessità che individuano. Le HRO decentrano il processo decisionale. Le decisioni vengono
prese in prima linea e l' autorità viene trasferita alle persone con più competenza senza badare a che posto
ricoprono nella gerarchia organizzativa. Non si tratta semplicemente di rimettersi a persone con più
esperienza. A Cerro Grande certamente vi era rispetto per la persona che aveva la maggior competenza, Paul
Gleason. Egli ottenne il rispetto che gli era dovuto ma c’erano due problemi: prima di tutto molte delle
decisioni che prese, per quanto buone, non furono messe in pratica. Inoltre avrebbe potuto essere tenuto
molto più in considerazione. In più, ciò che Gleason non vedeva, non succedeva. Gleason era ben consapevole
dei suoi limiti e la propria fallibilità, ma gli altri potrebbero non esserlo stati allo stesso modo. La loro
venerazione li portava inavvertitamente a dare scarso peso alle proprie impressioni.

Cerro Grande e il concetto di gestione pienamente consapevole

Cosa significa dunque gestire bene un evento inatteso? Una buona gestione degli inattesi è una gestione
pienamente consapevole. Le migliori HRO falliscono di rado, anche quando si imbattono in numerosi eventi
inattesi. Esse affrontano un “eccesso” di eventi inattesi perché le loro tecnologie sono complesse, i
componenti diversi, e le persone che fanno funzionare il sistema hanno una comprensione incompleta del
sistema stesso e di ciò che stanno affrontando. Il successo delle HRO nel gestire l'inatteso va attribuito al loro
sforzo determinato in direzione di un'azione pienamente consapevole. Nel momento in cui hanno difficoltà a
impedire l’inatteso si concentrano sul suo contenimento. Per pienamente consapevole si intende anche lo
sforzo di mantenere uno stile di ragionamento di fondo basato sul continuo aggiornamento e
approfondimento dell’interpretazione rispetto al contesto, i problemi che lo definiscono e alle soluzioni che
esso contiene. La mindfulness preserva la capacità di percepire l’importanza dei segnali deboli e di rispondere
in modo vigoroso.

Cosa possiamo imparare da chi affronta una catastrofe?

Nelle HRO ciò che conta sono le pratiche che producono un funzionamento affidabile, pienamente
consapevole e flessibile in quanto trasformano la preoccupazione nei confronti delle criticità, delle
semplificazioni, delle attività in corso, della resilienza e della competenza in procedure che riducono e
attenuano le indicazioni, le stime e le interpretazioni sbagliate. Queste organizzazioni lottano per mantenere
una condizione di allerta continua verso l’inatteso e rispetto della pressione esercitata dalle scorciatoie
cognitive. Le scorciatoie sono frutto di successi precedenti, di semplificazioni. molte organizzazioni sono
esposte a rischi tanto quanto le HRO e hanno bisogno di altrettanta mindfulness. Tutte le organizzazioni
accumulano eventi che passano inosservati e sono in contrasto con le convinzioni diffuse riguardo al pericolo.
È questo tipo di somiglianza che giustifica il trasferimento delle lezioni imparate dalle HRO ad altre
organizzazioni.
CAPITOLO 2. ASPETTATIVE E MINDFULNESS

se vogliamo gestire l'inatteso dobbiamo comprendere prima di tutto come funzionano le aspettative e, In
secondo luogo come è possibile utilizzarle in modo pienamente consapevole. L'assunto principale è che le
aspettative si costruiscono all'interno dei ruoli, delle routine e delle strategie organizzative creando quel
genere di ordine e di prevedibilità su cui l'organizzazione fa affidamento per la propria attività. Le aspettative
presentano però non solo benefici ma anche svantaggi, in quanto creano punti ciechi. Per contrastare questi
punti ciechi, le organizzazioni cercano di sviluppare una maggiore consapevolezza rispetto ai dettagli
rivelatori che abbiamo chiamato mindfulness. La stretta relazione esistente tra atteso, inatteso e capacità
dell’organizzazione di agire in modo pienamente consapevole è chiaramente osservabile nel funzionamento
resiliente che caratterizza le operazioni di volo condotte sul ponte di una portaerei. Le portaerei hanno
rappresentato praticamente sin dalla loro nascita un prototipo di sistema ad alta affidabilità e perciò nel
corso del capitolo le useremo come esempio. Il sistema costruito intorno alle operazioni di volo di una
portaerei è teso a produrre un’organizzazione pienamente consapevole che permetta di aumentare la
vigilanza e ridurre lo scompiglio causato da eventi inattesi. Le aspettative possono mettere a rischio la
vigilanza, mentre la mindfulness mette in guardia le persone rispetto alle problematicità potenziali.

Le aspettative e la ricerca di conferme

Avere un’aspettativa è immaginare, in genere per un buon motivo, che qualcosa è ragionevolmente certo
che si realizzerà. Ogni azione deliberata che intraprendiamo si basa su delle assunzioni rispetto a come la
realtà reagirà in funzione di ciò che stiamo facendo. Le aspettative guidano le scelte di comportamento e
sono una sorta di routine che suggerisce il probabile corso degli eventi dirigendo la nostra attenzione verso
determinati contenuti degli eventi, ossia influendo su ciò che notiamo, esaminiamo e ricordiamo. Molte
delle nostre aspettative sono ragionevolmente accurate e tendono a essere confermata in parte perché sono
basate sulla nostra esperienza e in parte perché correggiamo quelle che hanno conseguenze negative.
L’aspetto problematico è che generalmente cerchiamo sempre le prove che confermano le nostre
aspettative ed evitiamo quelle che le smentiscono. Purtroppo questa ricerca basata sulla parzialità genera
almeno 2 problemi: da un lato si sottovalutano gli indizi che si accumulano e che mostrano che gli eventi non
stanno andando nella direzione che ci si aspettava, dall'altro, si tende a sopravvalutare la validità delle
proprie aspettative. Quando la pressione aumenta siamo più inclini a cercare informazioni che danno
conferme e a ignorare quelle che non collimano con le nostre aspettative.

Routine e programmi→ le persone cercano conferme anche sotto altre forme di aspettative, come le routine
e i programmi. Anche le routine sono delle aspettative e in quanto tali sono esposte a delle trappole come
ogni altra aspettativa. Una volta che una routine è stata attivata si assume che la realtà attuale sia molto
simile a quella esistente nel momento in cui la routine è stata appresa per la prima volta e si tende inoltre a
cercare conferme che le routine esistenti siano corrette. I programmi guidano le persone verso la ricerca di
ciò che è strettamente necessario per confermare che i programmi stessi sono corretti. Escludendo gli indizi
contrari, i programmi inducono a sottovalutare il processo di accumulazione dell'inatteso. Una volta compresi
i problemi creati dalle aspettative si può iniziare a capire perché l’assillo dei programmi e del programmare
rende difficile l’agire con piena consapevolezza.

Sapendo che le aspettative sono incomplete è possibile arrivare a un maggior livello di comprensione nel
momento in cui si dubita di quelle aspettative che sembrano essere confermate più spesso. Per esempio gli
ufficiali incaricati delle segnalazioni di atterraggio che sul ponte della portaerei danno indicazioni ai piloti
durante gli ultimi secondi del volo presumono che i piloti non siano inclini al panico ma sanno che un pilota
esperto talvolta può perdere il proprio sangue freddo. Benché gli ufficiali in atterraggio si aspettano che un
pilota rimanga tranquillo tuttavia compiono uno sforzo intenzionale per cogliere l’emergere di eventuali segni
di panico (ad es. nel tono della voce..), in altre parole lottano contro le loro stesse aspettative.
La natura degli eventi inattesi

Gli eventi inattesi possono assumere tre forme differenti:

1. La prima è quella in cui un evento che ci si aspettava avesse luogo non accade. Sulle portaerei
l’aspettativa è che delle squadre stanche operino meno bene di quelle fresche. In questi casi ciò che
è sorprendente è che il deterioramento della performance che ci si attende spesso non si verifica
affatto.
2. La seconda forma di inatteso ha luogo quando si verifica un evento che non era atteso. Per esempio,
ci si aspetta che, quando i piloti provano ad atterrare sul ponte della portaerei in qualche caso non
riescano ad agganciare i cavi di arresto (detto anche “sgroppare”). Quello che però è del tutto
inatteso è che più piloti sgroppino lo stesso giorno.
3. La terza forma di inatteso si verifica quando ha luogo un evento che era semplicemente
impensabile. Il personale delle portaerei non avrebbe mai lontanamente immaginato un evento
come il reclutamento di piloti donne.

In ognuno di questi tre casi la sorpresa inizia da un’aspettativa. La ricerca continua di prove a conferma ci
porta a rimandare il riconoscimento che il nostro modello ha dei limiti. Quando diviene finalmente chiaro che
le nostre aspettative sono sbagliate probabilmente sono rimaste poche possibilità di risolvere il problema.
Un obiettivo importante per le HRO è aumentare la propria comprensione della terza forma dell’inatteso ed
espandere la conoscenza di ciò che si può definire l’immaginato che si ritiene possibile. I principi delle HRO ci
conducono verso pratiche mindfull e incoraggiano l’immaginazione. Talvolta l’importanza
dell’immaginazione viene inavvertitamente sminuita. Chi lavora nelle HRO si preoccupa molto della
tentazione di trattare gli eventi inattesi come se in realtà non fossero particolarmente importanti. Le
percezioni dell’inatteso sono fluttuanti. Nel momento in cui si verifica una complicazione, gli individui
tendono a essere sinceri rispetto a quanto è avvenuto nel breve periodo ma successivamente modificano le
loro storie in modo da giustificare le loro azioni e proteggere la loro reputazione. E una volta che le storie
ufficiali sono state rivedute, l’apprendimento si ferma. In genere sappiamo quando accade qualcosa di
inatteso perché ci sentiamo sorpresi, disorientati o ansiosi. Bisogna fidarsi di queste sensazioni perché sono
un solido indizio che il proprio modello sia in realtà un errore. Inoltre è importante approfondire queste
sensazioni e resistere alla tentazione di sorvolare su quanto è appena successo e considerarlo normale. Il
breve intervallo di tempo che trascorre tra la sorpresa e la piena normalizzazione rappresenta una delle
poche possibilità che abbiamo di scoprire ciò che non conosciamo.

L'idea di mindfulness

Chi opera nelle HRO cerca di allentare la presa esercitata dalla mano invisibile delle aspettative così da riuscire
a osservare di più, dare più senso a quello che si osserva e rimanere in sintonia con quanto sta accadendo.
Questo viene fatto seguendo essenzialmente i 5 principi descritti nel primo capitolo in quanto possono
influenzare la progettazione dei processi e spingere il sistema verso quello che abbiamo chiamato stato di
mindfulness. Da un punto di vista formale, la mindfulness può essere definita come una ricca
consapevolezza del dettaglio discriminante. Con ciò intendiamo dire che quando si agisce si è consapevoli
del contesto, dei modi in cui i dettagli differiscono, e delle deviazioni rispetto alle aspettative. Talvolta ciò
viene chiamato consapevolezza situazionale. La mindfulness è diversa dalla consapevolezza situazionale in
quanto implica il combinarsi di un’osservazione continua delle aspettative esistenti, un incessante
perfezionamento è una differenziazione delle aspettative sulla base di esperienze più recenti, la volontà e la
capacità di ideare nuove aspettative che diano senso a eventi senza precedenti. La piena consapevolezza
riguarda la qualità dell'attenzione. Le HRO diventano più vulnerabili all’errore quando la loro attenzione è
distratta, instabile, dominata dall’ astrazione. La distrazione spesso prende la forma del pensiero associativo
(= “questo mi ricorda quando…”) che fuorvia l’attenzione dalla situazione presente e dalla consapevolezza
del cambiamento. L’organizzazione mindful dedica più tempo delle altre ad analizzare le criticità
considerandole come delle finestre aperte sulla salute del sistema, resistendo agli impulsi a semplificare le
assunzioni rispetto alla realtà, osservando le attività in corso e i loro effetti, sviluppando la resilienza nel
gestire eventi inattesi, identificando gli esperti locali e creando un clima di rispetto nei loro confronti. La
mindfulness è importante perché indebolisce la tendenza a ridurre gli avvenimenti all'interno del quadro
degli eventi familiari e rafforza la tendenza a ridefinire gli eventi entro qualcosa di meno familiare. La pratica
meno mindful normalizza quella più mindful anomalizza. Queste anomalie visibili lasciano presagire
potenziali problemi e opportunità e riducono la tendenza a incubare gli eventi fino al momento in cui
diventano ingestibili. La mindfulness possiede la caratteristica di non vacillare, di non staccarsi dall’oggetto.
La sua funzione è l’assenza di confusione ovvero l’assenza di disattenzione. Per chi possiede una competenza
molto sviluppata verso la mindfulness le distrazioni quotidiane non costituiscono un grosso problema. Per
tutti gli altri, le distrazioni, possono produrre un vuoto inavvertito che si intensifica fino a raggiungere le
dimensioni simili a un incendio fuori controllo. La mindfulness riguarda l’abilità di un sistema nel
concentrarsi su ciò che sta accadendo qui e ora. Le esperienze passate e le intenzioni future sono influenti
solo in quanto si materializzano e vengono espresse nel momento presente.

La mindfulness nelle operazioni sulle portaerei

Le nozioni di aspettativa, inatteso, di piena consapevolezza vengono tra loro connesse dai 5 principi della
mindfulness. Questi principi svolgono un’azione di contrasto rispetto ai punti ciechi creati dalle aspettative.
Possiamo osservare tale schema in azione se diamo un’occhiata più da vicino all’organizzazione resiliente che
caratterizza le operazioni su una portaerei. E’ importante tener conto che i problemi di una portaerei
risultano simili a quelle che ci troviamo ad affrontare in un'organizzazione. A livello base, il compito delle
persone su una portaerei e far sì che gli aerei escano in direzione della parte più stretta della nave e rientrino
da quella più larga. E, allo stesso livello, il compito di un'azienda è movimentare prodotti e servizi verso
l'uscita principale mentre si ricevono le materie prime dall'ingresso posteriore. Il personale della portaerei
aggiunge valore e ottiene vittorie. L'azienda aggiunge valore e ottiene porzioni di mercato. Una portaerei,
come un'azienda deve fare i conti con il budget. (Ecc…) la realtà nell’azienda e quella della portaerei possono
sembrare molto diverse ma entrambe cercano di determinare lo stato di salute del proprio sistema ed
entrambe cercano di scoprire criteri chiari rispetto alle performance mentre tentano di rimanere vigili, di
evitare l’autocompiacimento, di imparare dai fallimenti e di affrontare qualunque cosa stia per accadere
contro di esse. Poiché le questioni che si possono affrontare in comune possono essere gestite adottando gli
stessi principi HRO, il capitolo si conclude mostrando come il personale delle portaerei traduce i principi del
funzionamento affidabile in pratiche che producono perspicacia, concentrazione e consapevolezza.

I principi all’opera:

1. Prima di tutto sulle portaerei ci si preoccupa degli eventi critici. A ogni atterraggio viene attribuito un
voto e i voti vengono utilizzati per migliorare le performance. Ogni atterraggio è anche trasmesso
come video a tutta la nave così che tutti possano vedere le performance degli altri. Le piccole criticità
vengono considerate come segnali che potrebbero indicare problemi potenzialmente più rilevanti
2. Secondariamente sulle portaerei si è riluttanti a semplificare. Niente è dato per scontato. Non si
assume che un aereo sia pronto al decollo finché non viene eseguita tutta una serie di test e ispezioni.
Uniformi colorate, segnalazioni manuali e segnali vocali sono utilizzati per fornire informazioni
riguardo a chi è responsabile e di cosa.
3. In terzo luogo l’equipaggio delle portaerei mantiene una continua sensibilità alle attività in corso.
Durante le operazioni di volo gli ufficiali, dal capitano in giù, sono in comunicazione continua,
scambiandosi informazioni sul procedere delle attività. Il capitano, che è il responsabile della
portaerei, e il comandante della airwing, il responsabile per i velivoli, sono fisicamente posizionati in
modo da osservare tutti i passaggi che conducono alla realizzazione delle operazioni
4. In quarto luogo, il personale sulle portaerei mostra un impegno alla resilienza. Le squadre conoscono
l’importanza delle routine e del mantenimento di comportamenti che siano prevedibili così come al
tempo stesso sanno che nessuno comprende completamente la tecnologia, la situazione o le persone
pertanto le sorprese sono inevitabili. Di fronte alla sorpresa sorge la necessità di improvvisare, di
pensare su due piedi, di contenere gli eventi inattesi e riprendersi da loro impatto.
5. Infine il personale della portaerei mostra un forte rispetto per la competenza. Per esempio quando
un membro della squadriglia aerea segnala una perdita nell’impianto idraulico mentre tenta di
atterrare, il capo della squadriglia può momentaneamente avere il sopravvento sugli ordini degli
ufficiali superiori in comando nella torre.

Mindfulness e sicurezza delle attività in corso

In generale in ogni organizzazione il disorientamento rappresenta certamente un fattore comune. Ciò


significa che è impossibile gestire un’organizzazione solo attraverso sistemi di controllo abitudinari che
dipendono da regole, programmi e routine. Nessuno ne sa abbastanza per progettare un sistema in grado di
affrontare un ambiente dinamico, è necessario adottare uno stile di funzionamento mentale che permette
un apprendimento permanente insieme a un continuo affinamento delle aspettative. Le modalità con cui si
opera sulle portaerei sono molto simili a quelle utilizzate in ambito sanitario, questa somiglianza rafforza
ulteriormente l’idea che sia possibile stendere al contesto aziendale le pratiche in uso sulle portaerei. La
mindfulness è cruciale per le portaerei, gli ospedali, le banche di investimento e le squadre di vigili del fuoco
perché le operazioni affidabili e sicure hanno questo tipo di configurazione insolita.

CAPITOLO 3. I TRE PRINCIPI DELL’ANTICIPAZIONE

In questo capitolo e nel seguente daremo un’occhiata più da vicino ai cinque principi. In questo capitolo
analizzeremo i primi tre principi che hanno tutti a che fare con l’anticipazione. Nei sistemi altamente affidabili
i 5 principi servono da base per il ragionamento e come guida per il comportamento. Al tempo stesso
forniscono anche un quadro di riferimento per le altre organizzazioni. In questo capitalo e nel seguente
introdurremo un altro genere di HRO, gli impianti di produzione di energia nucleare. Tutti sanno che la
produzione di energia nucleare è una tecnologia complessa e rischiosa. La sfida è parzialmente legata alla
complessità dell'ambiente: molti compiti non ripetitivi sono concentrati in un ambiente reso pericoloso da
temperatura, pressione, fluidi, energia meccanica, elettricità. Tuttavia per quanto complessi siano tali sistemi
non lo sono in modo diverso da quelli che ci troviamo ad affrontare quotidianamente. L’antropologa Costance
Perin ha definito la complessità organizzativa come un’infrastruttura di rompicapi. Gestire un sistema
complesso significa continuare a sciogliere i nodi dentro cui ci si può ritrovare in pigliati. Il problema principale
di un sistema complesso è che i progettisti e gli operatori conoscono molto del funzionamento interno della
tecnologia e del suo ambiente operativo, ma al tempo stesso sanno che non hanno immaginato, dedotto
sperimentato tutti i modi in cui si possono generare eventi inattesi. Nell’analizzare l’affidabilità sul piano
organizzativo della produzione di energia nucleare occorre tenere presenti 2 cose. Prima di tutto il
coordinamento e l’informazione sono cruciali. In secondo luogo, il prodotto principale della generazione di
energia nucleare non è quello che si pensa. Gli errori che i gestori temono di più riguardano la fiducia, non
l’interruzione dell’elettricità. La produzione remunerativa di elettricità è secondaria rispetto allo stabilire e
mantenere la fiducia dei consumatori, perché senza fiducia non c'è produzione. L'attuazione dei Principi
associati con un'anticipazione e un contenimento affidabili è il mezzo con cui tale fiducia viene preservata.

Uno sguardo d’insieme sulla anticipazione

Prepararsi all'inatteso richiede qualcosa di più del semplice aspettare. Quel qualcosa di più forma le basi dei
primi tre principi HRO. Più precisamente, anticipazione significa un’attenzione pienamente consapevole
verso tre cose: criticità, semplificazioni e attività in corso. Anticipare è prevedere o immaginare un esito
finale incontrollato, fondato su piccole differenze. Anticipazione è un esercizio che riguarda non solo
l’intuizione ma anche l’arresto dello sviluppo degli eventi indesiderabili fermati da azioni di contenimento. I
membri delle HRO non individuano le discrepanze in modo necessariamente più veloce ma quando le colgono
ne comprendono meglio il significato e possono affrontarle con maggiore chiarezza. Tale abilità nel divenire
consapevoli di eventi imprevisti risulta accresciuta da pratiche che rendono operativi i primi tre principi delle
HRO: preoccupazione rispetto agli eventi critici, risultanza a semplificare e sensibilità alle attività in corso.

Primo principio: preoccupazione rispetto agli eventi critici

Accettare il fallimento significa due cose per le HRO. Innanzitutto devono fare molta attenzione ai segnali
deboli riguardanti le criticità che possono essere sintomo di problemi più grandi all’interno del sistema. In
secondo luogo, le strategie adottate dalle HRO spesso chiariscono con grande dettaglio gli errori che temono
di più. Le organizzazioni che ricercano incessantemente i sintomi di malfunzionamento sono maggiormente
in grado di creare pratiche che impediscano tali errori.

Segnali deboli di criticità ed energia nucleare

Analizziamo un po’ più da vicino il principio della criticità, a partire dall’esempio di una centrale di energia
nucleare, l’impianto Davis- Besse situato vicino a Toledo, in Ohio. Nel 2002 all’interno della centrale, in un
cilindro di metallo spesso 160 cm venne rinvenuta un’area di corrosione lunga circa 25 centimetri. Ciò
significava che nel giro di due mesi la struttura di contenimento si sarebbe erosa completamente. Prima della
scoperta il personale della manutenzione aveva trovato con regolarità particelle di ruggine che “intasavano
misteriosamente” i filtri dell'aria condizionata e dell'acqua. L'Intasamento era tale che i manutentori erano
stati costretti a cambiare i filtri dell’aria ogni due giorni per due anni, quando le norme industriali invece
prevedono che il cambio dei filtri venga fatto solo una volta al mese. L'accumulo di ruggine era un segnale
debole dei problemi complessivi di quel tipo di centrale che avrebbero potuto essere individuati prima se le
informazioni rispetto alle esperienze, che altre centrali avevano avuto con quel genere di impianto, fossero
state diffuse più ampiamente, se il personale della centrale avesse messo a confronto la sua esperienza con
il normale ricambio dei filtri che veniva effettuato in altre parti della struttura, se il reparto acquisti avesse
sollevato obiezioni rispetto alla richiesta continua di filtri di ricambio. Dietro al principio della preoccupazione
rispetto alle criticità vi è l’idea base che anche con ampi margini di sicurezza e procedure operative
dettagliate, passi falsi, risorse che vengono meno, comunicazione sbagliate o errori devono essere individuati
e corretti prima che si trasformino in un tragico punto debole. Nelle HRO la questione fondamentale è quanto
a lungo un problema perduri. Quanto più a lungo persiste la condizione problematica, tantomeno prevedibili
e controllabili divengono le interazioni sul sistema. Quanto prima si coglie una discrepanza quante più opzioni
abbiamo per affrontarla. Ma quanto prima si cerca di individuare un errore, tanto più difficile diventa
identificarlo.

Scoprire le criticità

Scoprire le criticità non è così facile come sembra. Inizialmente vi può essere solo una vaga sensazione,
oppure la scoperta può prendere le mosse da un elenco che indica quali sono le situazioni e le aspettative
che possono risultare particolarmente inattendibili. James Reason, uno psicologo, suggerisce che la comparsa
di criticità è più probabile laddove i sistemi e individui si interfacciano e afferma che per valutare tale aspetto
i manager dovrebbero porsi queste tre domande:

1. Coinvolgimento diretto: quali attività comportano il maggior contatto umano diretto con il sistema,
e quindi lasciano più spazio e decisioni o azioni umane che possono avere un effetto immediato,
diretto e negativo sul sistema?
2. criticità: quali attività se è svolta in modo meno che adeguato comportano i maggiori rischi per il
benessere del sistema?
3. Frequenza: quanto spesso vengono svolte tali attività durante il funzionamento quotidiano
dell'intero sistema?
Il personale addetto alla manutenzione sembra essere in una posizione particolarmente favorevole per
individuare problemi inattesi e migliorare l’apprendimento organizzativo. E allora sorge spontaneo
domandarsi perché i manutentori di Davis- Basse non hanno fatto niente? Tra i motivi vi è il fatto che
l’accumulo di ruggine non era una criticità a cui si attribuiva particolare significato. E neppure si vedeva quel
tipo di accumulo come un errore da evitare. Inoltre gli scambi verbali e la condivisione delle informazioni non
venivano incoraggiati e la centrale mancava di una cultura della sicurezza. Le HRO individuano in modo
esplicito chi, nell’organizzazione, può fornire in tal senso le osservazioni che sono l’equivalente delle
osservazioni dei manutentori. La scoperta di criticità può prendere le mosse anche da un elenco di
aspettative. Prima che un evento abbia luogo nella vostra organizzazione mettete per iscritto ciò che pensate
che accadrà. Siate vigili nel momento in cui una delle vostre aspettative non è stata confermata. In ultimo è
possibile scoprire le criticità se si è capaci di ammettere con franchezza le criticità che ci riguardano. La
franchezza rispetto alle aspettative disattese incoraggia gli altri a essere ugualmente schietti, migliora la
qualità dei dati disponibili per l’apprendimento. L’abilità nello scoprire criticità nello stadio iniziale del loro
sviluppo può essere minata da diverse caratteristiche dell’attività organizzativa.

Segnalate le criticità

Scoprire una criticità è una cosa, segnalarla è un’altra. Le ricerche mostrano che gli individui hanno bisogno
di sentirsi sicuri quando segnalano un incidente, altrimenti preferiranno ignorarlo o occultarlo. Le migliori
HRO aumentano la loro conoscenza di base incoraggiando e ricompensando le segnalazioni degli errori e
arrivando addirittura a premiare chi ha commesso errori. Amy Edmondson della Harvard business school ha
messo in luce che le unità migliori commettono più errori, ma che un clima di apertura rende le persone più
desiderose di segnalare e discutere gli errori, di lavorare per correggerli e di imparare di più dal sistema
sottostante al processo.

Le criticità sono così brutte come sembrano?

il dizionario definisce l'affidabilità come: ciò su cui si può far conto che non verrà meno nel fare ciò che da
esso ci aspettiamo. Sorgono tre questioni:

- Su cosa facciamo affidamento?


- Cosa ci aspettiamo dalle cose su cui facciamo affidamento?
- In che modo possono venir meno le cose su cui facciamo affidamento?

Le risposte a queste tre domande forniscono indicazioni su cos’è che può andare storto e cosa non vogliamo
vada storto. Il termine chiave di tutte e tre le domande è “su cosa possiamo fare affidamento”, non su chi.
Una preoccupazione rispetto agli eventi critici è una preoccupazione nel mantenere una performance
affidabile. E una performance affidabile è una questione di sistema, un cosa, non una questione individuale,
un chi. Le preoccupazioni rispetto alle criticità sono funzionali semplicemente perché vi sono dei limiti nelle
previsioni. È per questo che chi lavora nelle HRO viene descritto come scettico, cauto, sospettoso nei
confronti dei periodi di calma. Questa cautela protratta risulta particolarmente mindful quando riguarda
organizzazioni che in passato hanno sperimentato il successo. Nella loro analisi del disastro del Challenger,
in cui persero la vita 7 astronauti, Milliken e Starbuck, della New York University Business School affermano
che il successo limita la percezione, modifica gli atteggiamenti, rinforza un unico modo di condurre le attività,
genera un’eccessiva sicurezza nella adeguatezza delle pratiche correnti e riduce l’accettazione di punti di
vista divergenti. Il problema è che quando si assume che il successo sia la dimostrazione della competenza si
è più inclini a cadere nell'autocompiacimento, nella disattenzione e nelle routine e prevedibili. Il miglior
antidoto a questa trappola è indugiare sulle criticità tanto quanto sui successi avendo sempre la
preoccupazione necessaria. Riassumendo, le HRO si preoccupano delle criticità in due modi: lavorano per
scoprire piccole criticità emergenti e cercano di anticipare e precisare gli errori significativi che non vogliono
commettere.
Secondo principio: riluttanza a semplificare

La mindfulness, con la sua resistenza alle categorie e alle aspettative è un modo di contrastare le
semplificazioni. Le HRO si preoccupano non solo di complicare le loro semplificazioni ma anche di esplorare
le loro criticità. Ma così come è difficile soffermarsi sui propri punti deboli anziché sui successi, altrettanto lo
è complicare le proprie categorie invece di ridurle a banalizzazioni pronte all’uso. Nonostante le difficoltà le
HRO conducono un attacco incessante alle semplificazioni.

I rischi delle etichette

Le parole che si usano quando si segnala un problema ne determinano un significato, le azioni e le


conseguenze. Ciò è evidente nella distinzione che viene fatta negli impianti di produzione di energia nucleare,
quando si distingue tra lavori “importanti” e “secondari”. In queste usanze linguistiche di gruppo vi sono
alcune piccole differenze tra come si definiscono le categorie e il modo in cui ci si convive. Si convive con
l’etichetta lavoro secondario quando lo si rimanda fino all’ultimo giorno della settimana lavorativa in quanto
gli si attribuisce un significato e una rilevanza di minore entità. Mentre credere che il lavoro è secondario
porta a vedere proprio quegli aspetti che confermano questa aspettativa. Un classico esempio di questo è la
convivenza con la categoria del termine vuoto: l'idea che un bidone di benzina vuoto posso essere
maneggiato con maggiore noncuranza rispetto a uno pieno si rivela errata nel momento in cui si viene a
scoprire che di fatto i bidoni di benzina vuoti sono più pericolosi di quelli pieni perché sono saturi di vapori e
sono più esplosivi della benzina.

Il rischio delle etichette condivise

Se si vuole resistere alla semplificazione, non si può semplicemente evitare di far uso delle categorie, è
impossibile. É invece possibile capire cosa possiamo fare a questo proposito, attraverso due esempi che
riguardano gli impianti di energia nucleare. Un primo facile esempio è che le persone che lavorano in questi
impianti non si fidano delle semplificazioni che si trovano nei disegni nei progetti. Un secondo esempio è
fornito dal fatto che per resistere alla semplificazione le persone che lavorano in una centrale nucleare
utilizzano gli stessi metodi che abbiamo visto in azione nella gestione delle operazioni di volo sulle portaerei.
Il miglior esempio di questa somiglianza è il modo in cui viene fatto affidamento sull’interazione costante.
Non è solo un’interazione in quanto tale che riduce la semplificazione; è il fatto che l'interazione ha luogo tra
persone che hanno aspettative diverse. I gruppi in cui è presente un certo numero di individui in grado di
apportare competenze diverse, sono capaci di cogliere meglio le variazioni che avvengono nel loro ambiente
e di vedere quali sono i cambiamenti specifici necessari. La presenza di questa diversità permette di vedere
cose differenti nel momento in cui si guarda lo stesso evento. Tuttavia il semplice vedere cose diverse in uno
stesso evento lascia aperto un grosso problema che riguarda ciò che gli psicologi sociali Baron e Misovich
chiamano condivisibilità forzata. Questi due autori sostengono che, nel momento in cui, come individui,
cerchiamo di dare senso a qualcosa come un evento inatteso, lo facciamo mediante un’esplorazione attiva.
L'Esplorazione attiva non richiede l’immediata attribuzione di un nome ma prende le mosse piuttosto da una
conoscenza di tipo diretto. Se però subito passiamo a dare un nome a ciò che abbiamo visto, finiscono col
prendere il sopravvento i termini che utilizziamo, anziché le impressioni che abbiamo percepito. Quando i
termini hanno il sopravvento cominciamo a sviluppare conoscenza attraverso la descrizione invece che
mediante il contatto diretto. Nel momento in cui avviene tale spostamento oltrepassiamo le informazioni
da cui abbiamo preso le mosse e raggruppiamo le percezioni iniziali in tempi, categorie e stereotipi. Quando
la complessità sociale aumenta andiamo a passare da una modalità di comprensione fondata sulla
conoscenza diretta a un’altra basata su categorie linguistiche, operando uno slittamento che facilita il
coordinamento. Questo guadagno sul piano del coordinamento ci fa perdere però molti dei dettagli
caratteristici che avevamo raccolto in precedenza mediante la percezione diretta. Se perdiamo di vista quelle
qualità che abbiamo osservato e percepito, usando un termine generale, rischiamo di trascurare anche i primi
segnali d’allarme dell’inatteso. È necessario essere riluttanti a coordinare. Nelle relazioni sociali e
nell’interazione le categorie generiche distolgono la nostra attenzione dai dettagli, e quando perdiamo di
vista i dettagli ci lasciamo sfuggire anche i primi segnali di allarme.

Utilizzare le categorie in modo più lieve

Sebbene le categorie siano inevitabili possiamo provare a utilizzarlo in modo più lieve. Per utilizzare una
categoria in modo più lieve occorre al tempo stesso saper credere e dubitare di essa. I dettagli devono essere
sempre preservati perché le semplificazioni avvengano più lentamente.

Terzo principio: sensibilità alle attività in corso

Durante le sospensioni delle attività per la manutenzione a Diablo Canyon (altra centrale nucleare) per tutta
la giornata si tengono riunioni di informazione e aggiornamento. Queste riunioni interdisciplinari e
interdipartimentali sono importanti per due motivi. In primo luogo migliorano la credibilità e la fiducia
necessaria tra dipartimenti che devono coordinare attività complesse. In secondo luogo l’interazione
costante aumenta la comprensione da parte del personale dell’interdipendenza del lavoro all’interno di uno
stesso sistema complesso e questo aiuta ad affrontare in modo più efficiente le sorprese. Questa struttura
funziona bene soprattutto perché in questo modo ognuno continua a essere informato di ciò che accade e di
come procedono gli interventi.

Il significato della sensibilità alle attività in corso

Quando affermiamo che le HRO sono sensibili alle attività in corso, intendiamo dire che sono reattive rispetto
alla confusa realtà che esiste all’interno della maggior parte dei sistemi. Essere sensibili alle attività in corso
significa monitorare le interazioni che ci si attende abbiano luogo in un sistema complicato e spesso opaco,
e reagire prontamente a quelle inattese. Ciò potrebbe sembrare molto simile ai primi due principi ma non
lo è. La preoccupazione per le criticità si riferisce alla scoperta di piccole discrepanze da qualche parte nel
sistema. La riluttanza a semplificare riguarda i concetti che occorre utilizzare per riuscire a fare queste
scoperte e la sensibilità alle attività in corso concerne il lavoro stesso, la capacità di osservare ciò che stiamo
facendo effettivamente non limitandosi a quelle che si suppone siano le attività correnti sulla base delle
intenzioni, dei progetti o dei programmi. La caratteristica delle migliori HRO è che quando mettono in pratica
il principio della sensibilità alle attività in corso realizzano delle azioni che accettano l’ambiguità delle
intenzioni e si impegnano nel presentare un’attenzione assoluta alle piccole deviazioni e interruzioni nelle
attività.

Le minacce alla sensibilità rispetto alle attività:

1. La minaccia principale alle attività in una centrale nucleare è la cultura dell’ingegnerizzazione che
conferisce un valore più alto alla conoscenza quantitativa è uno stato più basso alla conoscenza più
esperienziale. Gli operatori che fanno interventi basandosi sulle esperienze e sulla conoscenza del contesto
sono visti come poco razionali, anche se sono proprio queste pratiche poco razionali che consentono alle
interazioni degli ingegneri di funzionare. Le HRO Si rifiutano di tracciare una linea netta tra la conoscenza
quantitativa e quella qualitativa, nessuna delle due ha un posto più elevato.

2. Una seconda minaccia rispetto al mantenimento di una elevata sensibilità è la tendenza delle routine a
diventare superficiali. Questi due termini non sono sinonimi, le azioni superficiali sono automatiche, quelle
di routine sono soltanto abituali. Quando gli operatori eseguono il loro lavoro con piena consapevolezza
tendono a rielaborare le routine per adattarle alle condizioni mutate, e ad aggiornarle quando c’è un nuovo
apprendimento.

3. Un’ultima minaccia alle attività in corsa è rappresentata dalla sopravvalutazione del loro stato di salute. La
maggior parte delle volte ciò avviene quando si apprendono lezioni sbagliate da un incidente sfiorato. Le HRO
più efficaci considerano gli incidenti sfiorati come un genere di criticità che rivela un pericolo potenziale
Agire con anticipazione: una sintesi

Le HRO sono basate su tre principi che riguardano le criticità, le semplificazioni e le attività in corso. Quando
questi principi trovano espressione in pratiche locali, i membri delle organizzazioni fanno questo genere di
cose:

- Persuadono tutti gli altri membri a preoccuparsi assiduamente dell'inatteso;


- lavorano per creare un clima in grado di favorire la varietà delle analisi rispetto alle tecnologie e ai
processi produttivi;
- Fanno molta attenzione alle attività in corso;
- Incoraggiano i membri dell’organizzazione a vedere gli incidenti potenziali come un genere di criticità
che rivela possibili rischi;
- Creano un clima in cui si è cauti riguardo al successo;
- lavorano per creare un clima in cui le persone possono mettere in questione con tranquillità le
ipotesi;
- Contrastano le tendenze a semplificare le ipotesi e le aspettative.

CAPITOLO 4. I PRINCIPI DEL CONTENIMENTO

Le HRO sono pienamente consapevoli delle limitazioni della previsione dell’anticipazione. A volte le
precauzioni falliscono e gli eventi inattesi iniziano ad aggravarsi trasformandosi in una crisi vera e propria.
Dunque? Tutti i tipi di HRO risultano guidati da almeno due principi, l’impegno a sviluppare la resilienza e il
rispetto per la competenza, che consentono loro di contenere i problemi e di riprendersi dal loro impatto in
maniera mindful. Il contenimento si differenzia dall’anticipazione in quanto mira a prevenire esiti indesiderati
dopo che un evento inatteso è comparso anziché prevenire l'evento inatteso in quanto tale.

Tre problemi sollevati dall’anticipazione ed dalla programmazione

Le organizzazioni creano programmi per prepararsi all'inevitabile, prevenire l'indesiderabile e controllare il


controllabile. Ma la pianificazione ha i suoi punti deboli: poiché i progettisti pianificano in contesti stabili e
prevedibili essi sono portati a cullarsi nel pensiero che la realtà si svilupperà secondo le modalità attese, un
errore che Mintzberg definisce “fallacia della predeterminazione”. I programmi possono fare solo il
contrario di ciò per cui erano stati pensati creando superficialità anziché un’anticipazione pienamente
consapevole dell’inatteso e lo fanno almeno in tre modi:

1. Innanzitutto poiché i piani vengono tracciati a partire da assunzioni e convinzioni riguardo alla realtà
incorporano delle aspettative. Forti aspettative influenzano quello che viene visto, dato per scontato
o che si sceglie di ignorare, e incidono sul periodo di tempo necessario a riconoscere i piccoli problemi
che stanno maturando. Attraverso la progettazione, i piani influenzano dunque la nostra percezione
e riducono il numero delle cose di cui ci accorgiamo. Ciò avviene perché codifichiamo la realtà in
larga misura attraverso le categorie attivate dal piano. Qualunque cosa sia ritenuta irrilevante per il
piano ottiene un’attenzione sommaria.
2. Il secondo problema è che i piani possono ridurre il funzionamento organizzativo in quanto
stabiliscono delle azioni contingenti che sono progettate per far fronte al futuro. Quando
pianifichiamo azioni contingenti tendiamo a non immaginare come potremmo ricomporre le azioni
del nostro attuale repertorio in maniera tale da affrontare l'inatteso. In altre parole la pianificazione
contingente impedisce l'improvvisazione.
3. Il terzo problema è che i piani postulano una produzione continua e costante di risultati di alto livello
a patto che vengano ripetuti gli schemi d’azione che hanno mostrato di funzionare in passato. Il
problema con questo tipo di logica è che le routine non possono gestire eventi del tutto nuovi. Le
HRO più efficaci hanno compreso che risultati affidabili richiedono la capacità di percepire l’inatteso
in una maniera stabile così come di far fronte all’inatteso in una maniera variabile.

Le HRO sono capaci di attivare queste complesse reazioni grazie alla loro stabile infrastruttura mindful. P.
Schulman ha osservato che gli operatori della centrale nucleare di Diablo Canyon modificavano
continuamente le loro azioni e interazioni per far fronte all’inatteso, ma non modificavano i loro processi
mindful riguardanti la comprensione, la raccolta di indirizzi, la scoperta, la valutazione e la revisione. Questi
processi pienamente consapevoli erano diventati le routine stabili che nelle centrali innescavano le attività
variabili in grado di gestire l’inatteso.

Quarto principio: impegno alla resilienza

Essere resilienti significa essere pienamente consapevoli degli errori che si sono già manifestati e correggerli
prima che peggiorino e causino danni più seri. Nel mondo reattivo dell’inatteso, l’abilità nel dare senso a
uno schema emergente è altrettanto importante di quella dell’anticipare del progettare. L’abilità di
affrontare l’inatteso richiede una disposizione diversa da quella necessaria per anticipare il suo arrivo.

La natura della resilienza

A.Wildavsky definisce in questo modo la natura dell’impegno alla resilienza: “il modello della resilienza si
basa sul presupposto che un problema inatteso e onnipresente e imprevedibile. E che pertanto vi è scarsità
di accurate informazioni in anticipo riguardo al modo di uscirne. La questione primaria, se si vuole operare in
maniera resiliente, è imparare dall’errore, che è una cosa completamente diversa dall’evitarlo, e realizzare
tale apprendimento attraverso un rapido riscontro negativo che diminuisce l’instabilità del sistema”.
Formalmente la resilienza è la capacità di un sistema di conservare la propria struttura e le proprie funzioni
a fronte di cambiamenti interni ed esterni e di usurarsi in modo elegante quanto è necessario. La resilienza
si manifesta quando il sistema continua a operare nonostante il venir meno di alcune sue parti. I sistemi e le
organizzazioni resilienti sono in grado di continuare le attività in corso o di ritornare rapidamente a una
condizione di stabilità durante o dopo un incidente o in presenza di continui stress significativi. La resilienza
è una forma di controllo: un sistema ha il controllo se è capace di minimizzare o eliminare la variabilità
indesiderata rispetto alla propria performance, al proprio ambiente o entrambi. La caratteristica
fondamentale di un'organizzazione resiliente è che non perde il controllo di ciò che sta facendo ma è in
grado di andare avanti e riprendersi. Un esempio interessante di resilienza ci viene offerto dalla FedEx. Il
reparto controllo operazioni globali della FedEx gestisce quella che l’azienda definisce la sua “rete di
rastrellamento”. Ogni sera, da 20 a 25 voli sulle tratte nazionali decollano con destinazione Memphis, carichi
solo al 60%. Lo spazio restante viene lasciato vuoto, così da consentire agli aerei di essere dirottati lungo il
percorso per recuperare i “cargo a rischio”. Un cargo a rischio è un carico di merci inatteso. La FedEx non
tenta di recuperare un cargo a rischio se ciò significa mettere a repentaglio più clienti di quanti lo siano già.
La regola di base di un rastrellamento è calcolare il tempo necessario al volo per cambiare rotta e aggiungere
una mezz’ora per le operazioni a terra. Ciò che si può notare da questo esempio è che l’azienda anticipa il
fatto che ogni notte avranno luogo sorprese di ogni genere e prova a contenere queste sorprese utilizzando
pratiche che attivano la resilienza.

Le componenti della resilienza

La resilienza implica tre abilità:

1. L’abilità nell’assorbire lo sforzo per preservare il funzionamento nonostante la presenza di avversità


sia interne sia esterne
2. L’abilità nel ristabilirsi o riprendersi da eventi imprevisti poiché quando il sistema è più in grado di
assorbire una sorpresa e di espandersi, anziché crollare, la violenza che caratterizza la resa dei conti
diminuisce
3. L’abilità nell’apprendere ed evolvere a partire da precedenti episodi in cui sono state messe in pratica
azioni resilienti

Quando un sistema assorbe l'inatteso e si ristabilisce, cos'è che gli permette di ristabilirsi? Può tornare alla
sua posizione iniziale ma può anche ritornare a un’area ragionevolmente vicino alla posizione iniziale; oppure
può muoversi verso una direzione differente e iniziare a diventare un’entità diversa. La questione importante
per una performance affidabile e per gestire l’inatteso è che cosa accade alla capacità originale di flessibilità
e resilienza una volta che un sistema perturbato di viene di nuovo stabile. I sistemi spesso rispondono a una
perturbazione mediante nuove regole e proibizioni. Questa risposta riduce la flessibilità nell’affrontare
successivi cambiamenti imprevedibili. Le HRO invece tendono a rispondere alla perturbazione sia attraverso
nuovi apprendimenti, sia mediante il consolidamento di una più ampia base di esperienza, e questi elementi
permettono entrambi di preservare la flessibilità.

Schemi di resilienza

I manager delle HRO considerano il successo nel combattere il fuoco dell’inatteso come una prova della loro
resilienza e della capacità di arginare l’inatteso. I normali manager viceversa, in larga maggioranza
considerando il successo nel lottare contro il fuoco come una riprova del fatto che sono continuamente
distratti da seccature quotidiane che non permettono loro di svolgere il “vero lavoro” ossia l’attività che
riguarda le strategie, i progetti e l’anticipazione. A Diablo Canyon un impegno alla resilienza è evidente nella
cultura che incoraggia la convinzione, comune a tutti gli operatori della centrale nucleare, che le procedure
formali siano fallibili. Un impegno alla resilienza è evidente nel modo in cui l'addestramento viene progettato,
da un lato per sviluppare la competenza degli individui nel simulare mentalmente le attività in corso
nell'impianto e i modi in cui si può migliorare, dall'altro nello sviluppare la capacità di far fronte alle
interferenze e a imparare dalle proprie esperienze. Un impegno alla resilienza è difficile da sostenere in
quanto occorre continuare a imparare senza poter conoscere prima cosa si imparerà e come questo
insegnamento potrà essere utilizzato.

Quinto principio: rispetto per la competenza

Per essere mindful di fronte a inattese contingenze operative, le HRO hanno creato un insieme di dinamiche
operative che sono basate sul rispetto per la competenza. Nelle HRO esistono schemi gerarchici di autorità
così come nella maggior parte delle organizzazioni tradizionali. Quando un evento inatteso comincia a
materializzarsi qualcuno da qualche parte coglie i primi segnali di avvertimento. Ma il primo ad accorgersi
tende a essere in una posizione bassa della gerarchia. Roberts e colleghi hanno identificato quella che poi è
diventata forse la caratteristica più citata delle HRO: le decisioni migranti, sia verso l’alto sia verso il basso.
“le decisioni migrano all’interno di queste organizzazioni alla ricerca di una persona che possiede la
conoscenza specifica dell’evento”. La competenza non necessariamente coincide con la posizione gerarchica,
pertanto le organizzazioni che si basano interamente sulla gerarchia si trovano di rado nella posizione di
conoscere tutto il possibile riguardo a un problema.

Gli aspetti critici del rispetto: il disastro della Navicella Columbia

Le complicazioni che possono sorgere quando non si ha rispetto per la competenza sono ben illustrate dagli
eventi che fanno da cornice alla gestione da parte della NASA della missione fallita dello Space Shuttle
Columbia. Nella prima fase del volo, decollato il 16 gennaio 2003, tre diversi gruppi di operatori si allarmarono
a causa di uno sbuffo di fumo che era visibile a malapena in alcune foto confuse, scattate a 82 secondi dalla
partenza. Il manager della missione, Linda Ham, valutò le richieste e domandò chi aveva fatto richiesta di
avere delle immagini aggiuntive del Columbia, anziché quali fossero i motivi della richiesta. Il rinforzo
costante delle convinzioni preesistenti dei manager finì con l’aggiungere un altro mattone al muro che già si
ereggeva tra chi prendeva le decisioni e gli ingegneri con le loro preoccupazioni. La commissione di inchiesta
sull’ incidente del Columbia indicò la questione della mancanza di rispetto verso la competenza come un
elemento chiave nella concatenazione di eventi che condussero all’incidente. La fedeltà alla gerarchia e alle
procedure ha preso il posto del rispetto verso la competenza tecnica degli ingegneri della NASA. Una cultura
che è meno mindful è più deferente verso la gerarchia e anche meno permeata dalle esperienze che si
svolgono in prima linea; è più condizionata dalle informazioni che sono influenzate dalle dinamiche
gerarchiche come la dissimulazione delle incertezze e l’occultamento delle cattive notizie

L'importanza del rispetto verso il basso

Il problema è che la gerarchia nell’autorità non corrisponde esattamente alla gerarchia nella conoscenza.
Quando la gerarchia di status sopravanza la gerarchia di conoscenza in una centrale nucleare, la competenza
viene spesso trascurata perché nascosta. Le HRO compiono uno sforzo per vedere cosa sanno le persone in
prima linea. Diablo Canyon è in questo senso un buon esempio di rispetto verso il basso. Quando il suo
reattore numero due si spegne automaticamente “il direttore dell’impianto rimane fuori dalla sala di
controllo e si basa sull’analisi delle cause alla base del processo fatta dai membri esperti che, a loro volta,
fanno affidamento sui loro subordinati”.

Rispetto per la competenza più che per gli esperti

Preferiamo utilizzare il concetto di competenza piuttosto che quello di esperto in quanto ci interessa
salvaguardare il punto cruciale che la competenza è relazionale. La competenza è un insieme di conoscenze,
esperienze, apprendimenti e intuizioni che raramente si incarna in un singolo individuo. E anche se la
competenza sembra essere confinata in un unico individuo, quella competenza viene richiamata e diviene
significativa solo quando una seconda persona la richiede, la accetta, la modifica o la rifiuta. La competenza
risiede nell’ attenzione con cui le persone guardano il proprio intervento come a un contributo anziché come
a un’azione solitaria, si rappresentano il sistema al cui interno i loro contributi e quelli degli altri si intrecciano
per produrre risultati, e subordinano i loro contributi al benessere del sistema.

Competenza e credibilità

Quanto più approfondiamo la competenza tanto più comprendiamo che non si tratta semplicemente di una
questione di conoscenza dei contenuti. Ciò è evidente in modo molto chiaro in quelli che Schulman definisce
i tre valori chiave di Diablo Canyon: credibilità, fiducia e capacità di prestare attenzione. Dei tre, la credibilità
è il più saliente nel contesto della competenza. La credibilità è una combinazione di riconoscimento
reciproco, riguarda i livelli di abilità e legittimazione. Rispetto e credibilità possono derivare da un franco
riconoscimento dei limiti della propria conoscenza. Il rispetto della competenza è collettivo tanto quanto è
individuale. Ed è una questione di struttura tanto quanto di processo. Quando si analizza una sorpresa ci si
rivolge agli altri in uno sforzo volto a capire cosa significa tale sorpresa. Ciò rappresenta un sottile
indebolimento della gerarchia a favore della competenza. Questo indebolimento emerge da una convinzione
collettiva e culturale che le capacità necessarie risiedono da qualche parte nel sistema e che la migrazione
dei problemi le rintraccerà.

Agire per il contenimento: una sintesi

La nostra discussione sulle HRO più efficaci ha evidenziato i seguenti insegnamenti riguardo al contenimento:

- dare attenzione allo sviluppo di capacità nel far fronte agli errori che si sono verificati
- sviluppare la capacità di mindfulness, di apprendimento veloce, di realizzazione di strutture di ruolo
flessibili e valutazioni rapide
- adottare una disposizione organizzativa rivolta alla cura così come alla prevenzione
- incoraggiare le persone a rendere la conoscenza del sistema trasparente e nota a tutti
- Costruire sacche di resilienza attraverso risorse e svincolate come le reti informali
- creare un insieme di dinamiche cooperative che trasferiscono la leadership a coloro che al momento
appaiono possedere con più probabilità una risposta al problema che si sta affrontando
CAPITOLO 5. VALUTARE LE PROPRIE CAPACITA’ DI PRODURRE PERFORMANCE RESILIENTI

In questo capitolo presentiamo 9 strumenti di valutazione che permetteranno a voi e alla vostra
organizzazione di diventare più attenti alla dimensione della mindfulness o alla mancanza di mindfulness.
Questi strumenti rappresentano il primo passo verso la creazione di un maggior numero di situazioni mindful

Gli strumenti di valutazione e il loro utilizzo

Prima di procedere con i questionari occorre ricordare che le situazioni mindful sono più importanti se si
lavora in un contesto che è dinamico, poco strutturato e, ambiguo o imprevedibile. Sei il contesto è più
stabile, un’azione meno mindful e una maggiore routine sono più appropriate e spesso meno costose.
Tuttavia il problema è che agiamo in modo scarsamente mindful più spesso di quanto dovremmo ed è questo
il motivo per cui, così di frequente, l'inatteso tira fuori il meglio da noi stessi, finendo col passare inosservato
e più a lungo, fino al momento in cui diviene più temibile e dirompente.

Questionario 5.1→ su che cosa contate?

Si possono individuare delle organizzazioni specifiche che possiamo definire centrate sull’affidabilità e
orientate all’affidabilità, in quanto rimangono a prova di errore anche in condizioni che mettono in pericolo
la produzione e la sicurezza delle attività. Tali organizzazioni sono particolari proprio perché lavorano per
ridurre le possibilità che gli eventi inattesi esplodano sotto forma di crisi. Gli operatori delle HRO possiedono
una buona intuizione di ciò che è necessario perché le cose vadano nel modo giusto e una più chiara
comprensione dei fattori che potrebbero segnalare che qualcosa si stia mettendo male. Le HRO efficaci hanno
una comprensione più ampia e condivisa di cosa vogliono che vada per il verso giusto e di cosa potrebbe
andare invece in quello sbagliato. Chiedersi in che misura questi aspetti vengono compresi nella vostra
organizzazione è un buon punto di partenza per la valutazione della propria mindfulness. Per riuscire a
ottenere un sistema più mindful dovete ampliare la gamma di cose che tenete sotto controllo, vi aspettate e
temete. E’ importante notare che continuiamo ad adoperare il termine ampliare piuttosto che concentrare.
Concentrare esclude, ampliare include, chi opera nelle HRO tende a essere inclusivo rispetto agli indizi che si
utilizzano per monitorare la salute del sistema nel suo complesso.
Questionario 5.1: “un punto di partenza per valutare la mindfullness delle propria azienda” → questionario
di 9 domande a cui rispondere con il numero che meglio riflette le osservazioni fatte sulla propria azienda
→ 1= per niente; 2= in qualche misura; 3= molto→
Punteggio: dopo aver compilato la scheda è necessario sommare i numeri ottenuti:
- se il punteggio è più alto di 17 l’infrastruttura mindful della vostra azienda è esemplare.
- Se il punteggio compreso tra 11 e 17 l’azienda è sulla buona strada nella costruzione di
un’infrastruttura mindful.
- Un punteggio inferiore a 11 indica che sarebbe caldamente consigliato iniziare subito a migliorare le
capacità di mindfulness dell’azienda)
Le risposte alle domande di tale questionario consentono di comprendere se si è consci dei problemi
potenziali e quanto si sia disponibili alla loro scoperta. La piena consapevolezza aumenta quando si diviene
più consci dei modi in cui il sistema può essere messo in difficoltà, di ciò che può andare male e di chi viene
presumibilmente danneggiato dal malfunzionamento. E, quando la piena consapevolezza aumenta si è meno
portati a negare che le sorprese inattese possono accadere o a rimuovere, razionalizzandole, le conseguenze
potenziali.

Questionario 5.2→ valutare le tendenze alla noncuranza

La mindfulness esprime una disposizione mentale verso l’affinamento e la differenziazione continua delle
categorie, la propensione e la capacità di inventare nuove categorie che compongono gli eventi in sequenze
più significative, e una comprensione più sfumata del contesto e dei modi di affrontarlo. Viceversa una
tendenza verso la noncuranza è caratterizzata da uno stile di funzionamento mentale in cui si seguono ricette,
vengono imposte vecchie categorie per classificare ciò che si osserva, si agisce con una certa rigidità. Uno
stile mentale noncurante opera per nascondere i problemi che stanno peggiorando. Valutare la noncuranza
è un'esplorazione più profonda del modo in cui si viene a contatto con l'inatteso nel corso delle proprie
attività quotidiane, di quanto ci si aspetta che le cose vadano come si era pianificato e di quanto forti siano
le tendenze, sia a risolvere, sia a ignorare, i danni che gli eventi inattesi possono provocare. Episodi di
noncuranza hanno luogo quando ci si confronta con stimoli deboli, intense aspettative e un forte desiderio
di trovare proprio quello che ci si aspettava di trovare. Quando ci creiamo delle forti aspettative rispetto a
come si svolgeranno le cose è più facile che vi sia noncuranza soprattutto se ci troviamo di fronte a qualcosa
rispetto a cui pensiamo di non poter fare niente. Ron Westrum, sociologo dell’Industria, sostiene che le
organizzazioni che si dimostrano disponibili a intervenire sulle sorprese specifiche sono anche disponibili a
riconoscere e a riflettere su di esse. Ciò significa che, quando portiamo sotto il nostro controllo nuovi settori
dell'attività e apriamo la nostra abilità nell’intervenire su di essi, ampliamo al tempo stesso la gamma dei
problemi che possiamo individuare in modo mindful.
Le domande nel questionario 5.2 vi danno la possibilità di verificare la vostra vulnerabilità rispetto alla
noncuranza , in quanto mostrano quanto siano forti le tendenze a ignorare i guasti che gli eventi inattesi
possono causare.
Questionario 5.2→ valutare quanto la propria azienda è vulnerabile alla noncuranza→ questionario di 8
domande a cui rispondere con il numero che meglio riflette le osservazioni fatte sulla propria azienda→ 1=
per niente; 2= in qualche misura; 3= molto→
punteggio: dopo aver compilato la scheda è necessario sommare i numeri ottenuti:
- se ottieni un punteggio più alto di 16 il pontenziale attuale di noncuranza è elevato e sarebbe
caldamente consigliato iniziare subito a migliorare la capacità di mindfulness dell'azienda.
- Se il punteggio compreso tra 10 e 16 il potenziale è attuale di noncuranza è moderato.
- Un punteggio inferiore a 10 indica una minore vulnerabilità alla noncuranza.

Questionario 5.3: dove avete bisogno di essere più mindful

Occorre essere attenti alle situazioni in cui la mindfulness può fare una grossa differenza, ossia quelle in cui
possono fare la loro comparsa sorprese particolarmente “sgradevoli”. Il lavoro del sociologo Charles Petris
mostra che gli eventi inattesi accadono più facilmente in contesti che sono saldamente accoppiati e
interattivamente complessi. L’accoppiamento riguarda la misura in cui le azioni in una parte di sistema
influiscono in modo immediato e diretto su altre parti. I sistemi saldamente accoppiati si basano su processi
che sono strettamente legati alla tempistica, e pertanto gli elementi devono procedere in modo continuo
lungo il processo di produzione, e non è possibile che vi siano ritardi o che si possano immagazzinare prodotti
incompleti. La complessità interattiva riguarda il modo in cui componenti o parti diverse interagiscono. I
sistemi complessi possiedono un insieme più elaborato di interconnessioni e riferimenti circolari non lineari,
alcuni dei quali sono nascosti o impossibili da anticipare. Per esempio, la generazione di energia consiste nel
coordinamento di numerosi componenti meccanici da parte di molti operatori. Oggi, l’affermarsi di
tecnologie interconnesse, di richieste di risorse interconnesse e di crescenti esigenze di attenzione sta a
significare che la maggior parte dei sistemi organizzativi sta muovendosi, sia pure con velocità differente,
verso una condizione interattivamente complessa e saldamente accoppiata.
Questionario 5.3: valutare dove la mindfulness è più necessaria→ 9 domande → rispondere con “d’accordo”
o “disaccordo”→
punteggio:
- quanto maggiore risulta il numero di risposte non d’accordo tanto più il sistema risulta in
interattivamente complesso e saldamente accoppiato e quindi è tanto più importante essere
mindful)
Rispondere alle domande del questionario vi permetterà di cogliere quanto saldamente accoppiato e
imperativamente complesso sia il vostro sistema. Se siete in un sistema assolutamente accoppiato e
interattivamente complesso avete bisogno di lavorare sulla mindfulness.

Individuare i 5 principi nella propria organizzazione

Fino a questo momento avete analizzato le tendenze verso la mindfulness e le condizioni nelle quali potreste
averne bisogno. Il prossimo insieme di domande riguarda più specificatamente i cinque principi della
mindfulness e approfondisce quale sia la condizione attuale della vostra organizzazione riguardo a una
salutare preoccupazione rispetto alle criticità, alla riluttanza semplificare, alla sensibilità nei confronti delle
attività in corso, l'impegno alla resilienza e al rispetto della competenza.

Questionario 5.4: preoccupazione rispetto alle criticità

Un’organizzazione che è ignara delle criticità, della loro localizzazione, genesi e traiettoria è meno mindful di
quanto dovrebbe essere. Ma questa carenza non è necessariamente permanente. Potete aiutare il sistema
ad essere più vigile riguardo alle criticità e potete fare qualcosa rispetto al modo in cui il sistema gestisce le
criticità e a come vengono segnalate.
Il questionario 5.4: valutare la preoccupazione della propria azienda verso le criticità→ questionario di 10
domande a cui rispondere con il numero che meglio riflette le osservazioni fatte sulla propria azienda→ 1=
per niente; 2= in qualche misura; 3= molto→
punteggio: dopo aver compilato la scheda è necessario sommare i numeri ottenuti:
- se il punteggio più basso di 12 siete preoccupati essenzialmente del successo
- se è maggiore di 20 indica una salutare preoccupazione nei confronti delle criticità è una forte
capacità di mindfulness
Il questionario aiuta ad approfondire in che misura la vostra organizzazione si preoccupa in modo salutare
delle criticità. Compilando questo breve questionario potete valutare anche quanto le persone che lavorano
nelle organizzazioni siano consapevoli che la mindfulness rappresenta un esito desiderabile e come possa
essere tradotta in termini operativi.

Questionario 5.5: riluttanza a semplificare

Il contesto globale sta diventando ogni giorno più difficile da anticipare e le sorprese sono ormai un elemento
consueto, le organizzazioni di tutti i tipi stanno diventando via via sempre più profondamente consapevoli di
ciò che ignorano e più impazienti di imparare come possono modificare i loro processi di semplificazione.
Le domande sulla semplificazione come quelle presentate nel questionario 5.5: valutare la riluttanza della
propria azienda semplificare di fronte alle criticità→ questionario di 12 domande a cui rispondere con il
numero che meglio riflette le osservazioni fatte sulla propria azienda→ 1= per niente; 2= in qualche misura;
3= molto→
punteggio: dopo aver compilato la scheda è necessario sommare i numeri ottenuti:
- se il punteggio più alto di 24 vi è una forte potenzialità nell’evitare le semplificazioni.
- Un punteggio minore di 15 indica che sarebbe caldamente consigliato iniziare a migliorare
immediatamente la vostra capacità di prevenire le semplificazioni al fine di migliorare le capacità di
mindfulness della vostra azienda.
Queste domande consentono di valutare la capacità di guardare oltre i confini delle aspettative correnti e di
mettere in questione e limitare le tentazioni a semplificare, tutte capacità che possono essere coltivate
attraverso una necessaria varietà di riflessione e di azione umana. Questa varietà necessaria viene promossa
da verifiche e aggiustamenti che scaturiscono da valutazioni incrociate, da riunioni e gruppi di lavoro, da
frequenti rotazioni delle mansioni. Le divergenze di prospettive forniscono al gruppo un insieme più vasto di
ipotesi e una sensibilità verso una varietà più ampia di indicazioni, aspetti che sono entrambi antitetici
rispetto alla semplificazione.
Questionario 5.6: sensibilità alle attività in corso

Le HRO sono meno interessate alla strategia e più interessate invece al quadro generale del momento. Fare
una diagnosi della sensibilità della vostra azienda rispetto alle attività in corso, attraverso le domande poste
nel questionario 5.6: 9 domande → rispondere con “d’accordo” o “disaccordo”→ punteggio:
- quanto maggiore risulta il numero di risposte non d'accordo tanto meno il sistema risulta sensibile
alle attività in corso
Il questionario può aiutarvi a valutare quanto siete preparati a evitare l’accumularsi di piccoli eventi che
possono trasformarsi in grossi problemi. Essere sensibili alle attività è un modo impareggiabile di correggere
gli errori di previsione. La prontezza nell’effettuare un ampio numero di piccole modifiche evita l’accumularsi
degli errori e questo riduce la probabilità che un errore qualsiasi finisca con l'allinearsi con un altro e
interagisca con esso in modi che non erano previsti in anticipo. Potete aiutare il vostro sistema a diventare
più sensibile alle attività valutando in che misura i dirigenti e i manager si mantengono in contatto continuo
con il sistema operativo o la prima linea e quanto sono disponibili nel momento in cui si presentano situazioni
importanti.

Questionario 5.7: impegno alla resilienza

Le HRO accettano l’inevitabilità dell’errore e questa accettazione sposta l’attenzione dall’ideale della
prevenzione dell’errore all’obiettivo più realistico del suo contenimento. Anche la vostra organizzazione,
come le HRO, probabilmente cerca di prevenire o anticipare le sorprese. Ma parimenti importante è la
questione di quanto il vostro sistema sia adeguatamente preparato a gestire l’inatteso quando questo è in
azione. La resilienza è la capacità di riprendersi dagli errori. La capacità di resilienza anche se non esercitata
aiuta la diagnosi e la scoperta di semplificazioni ingiustificate e di tendenze ad accumulare errori in serie.
Viene acquisita attraverso l’utilizzo di reti di esperti, di un esteso repertorio d’azione e di abilità
nell’improvvisazione, tutte risorse che vengono analizzate nel questionario 5.7: valutare l'impegno alla
resilienza della vostra azienda→questionario di 10 domande a cui rispondere con il numero che meglio
riflette le osservazioni fatte sulla propria azienda→ 1= per niente; 2= in qualche misura; 3= molto→
punteggio:

- se il punteggio è più alto di 20 nella vostra azienda vi è una forte impegno la resilienza,
- un punteggio minore di 12 indica che sarebbe caldamente consigliato iniziare subito sviluppare la
resilienza

Analizzare l’impegno della vostra azienda significa analizzarne l’apprendimento, la conoscenza e la capacità
di sviluppo. Ampliare la conoscenza generale e le capacità tecniche delle persone migliora la loro capacità,
sia di vedere i problemi al momento in cui si producono, sia di affrontarli. L’impegno alla resilienza è evidente,
inoltre, nella capacità di utilizzare la conoscenza in modi inattesi. Tali capacità potrebbe palesarsi in reti
informali di persone che si auto organizzano per risolvere problemi

Questionario 5.8: rispetto per la competenza

C’è ormai un riconoscimento crescente del fatto che tutte le organizzazioni richiedono un potenziale di
risposta flessibile analogo a quelle delle HRO per riuscire ad affrontare circostanze competitive diverse in
rapido cambiamento. Una valutazione della misura in cui la vostra organizzazione rispetta la competenza è
qualcosa di più di una semplice stima delle capacità di delega, o di quanto la possibilità di decidere sia
attribuita anche a persone che risiedono nei livelli più bassi della gerarchia. Quando le cose si mettono male
le HRO efficaci mettono in azione una struttura più flessibile rispetto alla presa di decisione. È importante
ricordare inoltre che le decisioni migrano tanto verso il basso quanto verso l’alto. Quando i compiti sono
fortemente interdipendenti e il tempo scarseggia, le decisioni migrano in basso. Quando invece gli eventi
sono peculiari e possono avere potenziali conseguenze molto serie, oppure hanno ramificazioni in ambito
politico o di carriera e richiedono un tipo di familiarità o esperienza con l’organizzazione che si può facilmente
trovare nelle posizioni apicali, le decisioni migrano verso l’alto. Analizzare il rispetto per la competenza
all’interno della vostra azienda significa analizzare le responsabilità, le mansioni e in generale la
consapevolezza di dov’è possibile andare per chiedere aiuto. Questo è possibile farlo attraverso il
questionario 5.8: valutare il rispetto per la competenza nella vostra azienda→ questionario di 7 domande a
cui rispondere con il numero che meglio riflette le osservazioni fatte sulla propria azienda→ 1= per niente;
2= in qualche misura; 3= molto→ punteggio: il punteggio più alto di 14 nella vostra azienda abbia un forte
impegno al rispetto per la competenza, un punteggio minore di 8 indica che sarebbe caldamente consigliato
iniziare subito a sviluppare una pratica di mindfulness volta al rispetto per la competenza.

Questionario 5.9: la scala MOS (= mindfulness organizing scale)

Effettuare la serie di valutazioni sin qui illustrate vi consentirà di avere un senso più ampio e profondo delle
tendenze della vostra organizzazione verso la mindfulness. Ciò, però, richiede tempo che in alcuni casi
potreste non avere. Nel questionario 5.9: scala Mos→ questionario di 9 domande a cui rispondere con il
numero che meglio riflette le osservazioni fatte sulla propria azienda→ 1= per niente; 2= in qualche misura;
3= molto→ punteggio:
- se il punteggio è più alto di 17 le pratiche di organizzazione mindful della vostra azienda sono solide
- un punteggio inferiore a 11 indica che sarebbe caldamente consigliato iniziare a riflettere
attivamente sulle modalità di migliorare le pratiche organizzative mindful della vostra.
Le analisi contenute nella scala MOS individuano alcuni specifici comportamenti che abbiamo trovato nelle
organizzazioni che possiedono un grado maggiore di affidabilità. Il valore della scala risiede nel fatto che non
è solo sintetica ma anche utile. La scala è in grado di fornirvi uno strumento sintetico per comprendere se le
persone nella vostra azienda agiscono secondo modalità che corrispondono ai principi HRO.

Interpretare le valutazioni e utilizzare i risultati

Per loro stessa natura le valutazioni aiutano a creare una predisposizione. Ma predisposizione a cosa? Nel
nostro caso ci sono numerose risposte:
1. In primo luogo la valutazione dovrebbe aiutarvi a divenire sempre predisposti a immaginare l'inatteso
in quanto componente crescente della vostra vita quotidiana
2. la valutazione dovrebbe fornirvi un motivo per confrontare la vostra azienda con le organizzazioni ad
alta affidabilità che si basano fortemente sulla mindfulness per gestire l'inatteso e mantenere
performance relativamente esenti da errori
3. la valutazione offre un elenco delle vostre pratiche quotidiane e mostra in che misura tali pratiche
ricoprono i cinque principi della mindfulness
è utile seguire le seguenti domande per condurre la vostra analisi:
- Come ho risposto alle domande poste dal questionario?
- Come hanno risposto gli altri alle domande del questionario?
- in che misura una mia valutazione degli altri reparti corrisponde alla loro e viceversa?
- Che cosa tra quello che mi sarei aspettato di trovare, non ho trovato?
- Che cosa, tra quello che non mi sarei aspettato di trovare, ho trovato?
- Che cosa mi ha sorpreso?
Teniamo a mente l’importanza della sorpresa. Le sensazioni di sorpresa sono diagnostiche in quanto
rappresentano una solida indicazione che il proprio modello della realtà è imperfetto.

Quattro questioni da esaminare

Nel valutare le risposte alle valutazioni, prestate attenzioni alle questioni seguenti:

a. Quanto siete d'accordo? → in che misura le valutazioni delle persone combaciano all'interno
della vostra organizzazione? Nel caso migliore, una rassomiglianza nelle risposte distribuita
lungo diverse unità, livelli e funzioni gerarchiche vi restituirà un'immagine complessiva
integrata simile a quella che può essere trovata nelle migliori HRO. In quelle peggiori, il
quadro emergente sarà frammentato. Fate attenzione alle valutazioni là dove si evidenzia
una forte variazione nei punteggi perché ciò sta ad indicare che le persone non sono
d’accordo sulle caratteristiche del loro gruppo di lavoro, del loro reparto o
dell’organizzazione.
b. Cosa siete capaci di fare? →Siete considerevolmente migliori nell’anticipare o nel
contenere? Le organizzazioni razionali sono ossessionate dalla pianificazione e poiché
spesso, nella maggior parte delle organizzazioni, il valore dato allo sviluppo della resilienza e
della capacità di prendere decisioni in modo flessibile è sottovalutato, è naturale attendersi
che anche per voi questi due aspetti siano più scarsi.
c. Cosa vi stupisce? → chiedete ai vostri colleghi cosa li ha stupiti e allarmanti quando hanno
visto i risultati.
d. Dove potresti essere più mindful? → utilizzate i risultati delle valutazioni per diagnosticare
le aree che richiedono un’attenzione specifica e per formulare un piano d’azione.
Quando è opportuno che il vostro gruppo ripeta la valutazione? È possibile usare i questionari come elementi
di un processo continuo di monitoraggio, naturalmente aggiungendo delle voci nel momento in cui
l’esperienza e la comprensione del sistema crescono.

CAPITOLO 6. CULTURA ORGANIZZATIVA: ISTITUZIONALIZZARE LA MINDFULNESS

Il breve periodo successivo al momento in cui avete terminato le valutazioni della mindfulness si caratterizza
da un insieme di verità che costituiscono il momento di apprendimento. Ma non passa molto tempo prima
che la franchezza lasci posto alla normalizzazione che protegge le reputazioni, le decisioni e gli stili di
management. Appena le storie ufficiali vengono sistemate e ripetute, l’apprendimento finisce. Le HRO
riescono a prolungare questi momenti. l’intervento di questi ultimi due capitoli conclusivi è aiutarvi a
prolungare i vostri momenti di franchezza. Questo capitolo riguarda la cultura aziendale, ciò che tiene
insieme il vostro gruppo, conferisce il tono prevalente e può essere necessario cambiare se bisogna
perseguire la piena consapevolezza. Le culture prevalenti modellano le vostre azioni, così come il modo in cui
le azioni vengono interpretate. Se si comincia a praticare la mindfulness e le persone iniziano ad attendersi
una piena consapevolezza l'un l'altra, ad approvare coloro che la prendono sul serio e a disapprovare chi non
lo fa, vi saranno dei passi in avanti verso un insieme di norme che consolideranno la mindfulness. E ciò a sua
volta renderà molto più facile per ogni singolo individuo agire in modo mindful e resiliente.

Fare un bilancio e muoversi in avanti

A conclusione delle vostre valutazioni vi trovate con un elenco di comportamenti e di processi che devono
essere aggiunti, rimossi o riconfermati. Il prossimo passo da fare è modificare, attraverso un atteggiamento
mindful, ciò che ci si attende gli uni dagli altri. È necessario che gli individui assorbano le lezioni della
mindfulness a livello emotivo, in modo da esprimere la loro approvazione nel momento in cui gli altri
manifesteranno determinate convinzioni e agiranno in certi modi. Analogamente è necessario mostrare
disapprovazione verso le azioni che indeboliscono la mindfulness. Quando si opera questo tipo di
cambiamenti inizia ad emergere una nuova cultura. La cultura assume la forma di un nuovo insieme di
aspettative e standard, ossia di norme, e di una nuova urgenza rispetto al fatto che gli individui ne siano
all’altezza. Essere all’altezza riguarda prima di tutto l’aspettativa che all’interno dell’organizzazione ognuno
cercherà di lavorare in modo pienamente consapevole. Forze sociali potenti come l’inclusione, l’elogio, il
sostegno sociale, rappresentano i mezzi attraverso cui gli individui rendono le cose importanti gli uni per gli
altri. Le aspettative e le norme tirano fuori da noi comportamenti di cui siamo più o meno orgogliosi,
orientano l'attenzione a certi valori e la distolgono da altri, influenzano le nostre priorità. In sintesi la cultura
è un modo sia di vedere sia di non vedere.
La forma della cultura organizzativa

L'opera di Barry Turner, sviluppatasi dall’inizio degli anni ‘70 del Novecento, ha rappresentato una delle
prime discussioni della cultura organizzativa e resta tutt’oggi una delle più chiare descrizioni della cultura e
della sua importanza per l’attività organizzativa. La cultura è fonte di un’economica e potente omogeneità
di approccio. L’omogeneità deriva da valori, norme e percezioni condivise che rappresentano i materiali
grezzi della cultura. Quando questi materiali grezzi sono diventati un bagaglio comune, le conseguenti
aspettative condivise tendono a incoraggiare i membri del gruppo a introdurre determinate assunzioni
nell’attività di decision-making e a operare con modelli di razionalità analoghi. È questa condivisione di
aspettative, assunzioni e modelli di razionalità che costituisce una cultura integrata che può sia incoraggiare,
sia deprimere la piena consapevolezza. La cultura può incoraggiare i punti ciechi. Meyerson e Martin
ricercatrici dell’università di Stanford hanno efficacemente mostrato che la cultura non è monolitica e non è
definita da significati armoniosi e comuni. Quando si descrive la cultura come condivisa, si ignora il fatto che
vi sono anche subculture che sono in conflitto l'una con l'altra, come suggerisce la visione della cultura basata
sulla cosiddetta differenziazione, così come vi sono individui le cui interpretazioni risultano non conciliabili e
difficili da contenere entro i confini organizzativi, secondo la concezione della cultura basata sulla cosiddetta
frammentazione. Ogni forma di cultura presenta un approccio diverso nei confronti dell’ambiguità:
l’integrazione la nega, da differenziazione la chiarisce in modo selettivo, la frammentazione la accetta. In una
cultura pienamente consapevole sono presenti tutte e tre le forme di cultura. Vi sono costi e benefici nel
modo in cui ogni forma di cultura tratta l’ambiguità. Le culture che sono differenziate e frammentate tendono
ad accettarla, e ciò permette loro di conoscere una maggiore varietà. Le HRO tendono a seguire quest’ultimo
schema. Le HRO si basano in modo fondamentale sulle specifiche subculture al fine di scoprire una gamma
più ampia di segnali deboli. Abbiamo attribuito un’importanza maggiore alla frammentazione rispetto alla
differenziazione e a quest’ultima rispetto all’integrazione. I nostri suggerimenti possono essere sintetizzati in
questo consiglio: rendi il tuo sistema più complicato. Questo consiglio si basa sul su un principio base della
progettazione di sistemi, il cosiddetto principio della varietà necessaria. Il principio della varietà necessaria
indica essenzialmente che se si vuole affrontare con successo un’ampia varietà di fattori è necessaria
un’ampia varietà di risposte. Se la varietà è minore dei fattori il sistema potrebbe uscirne distrutto. Tutta
questa complessità può portare a pensare che l’idea di cultura sollevi più problemi che soluzioni. Gli analisti
hanno ancora opinioni divergenti riguardo alla questione se la cultura deve essere compresa nei termini di
qualcosa che un’organizzazione è (le convenzioni, gli atteggiamenti e i valori che la caratterizzano) o ha (le
pratiche e i controlli su cui si basa). Anche se in entrambi gli orientamenti vi è indubbiamente una parte di
verità, Reason e altri studiosi sostengono che è più difficile cambiare in modo diretto atteggiamenti e
convinzioni di quanto lo sia modificare le azioni ei comportamenti. Noi riteniamo che la cultura sia qualcosa
che un’organizzazione ha e che, alla fine, diviene qualcosa che organizzazione è.

Come si sviluppa la cultura

Tra le molte descrizioni che cercano di cogliere le proprietà essenziali delle culture, quella di Edgar Schein e
forse la più conosciuta. Secondo la prospettiva di Schein, la cultura è definita da sei proprietà formali:

1. Assunzioni di base condivise che sono


2. Inventate, scoperte e o sviluppate da un determinato gruppo mentre
3. Impara ad affrontare i suoi problemi di adattamento verso l’esterno e di integrazione interna
secondo
4. modalità che hanno funzionato abbastanza bene da essere ritenute valide e che quindi
5. Possono essere considerate dai nuovi membri di un gruppo come
6. Il modo giusto di percepire, pensare, sentire in relazione a tali problemi

Tutto questo è riassumibile nella frase “il modo in cui facciamo le cose da noi”. Quando parliamo di cultura
dunque parliamo di:
- assunzioni che fanno tesoro delle lezioni apprese dall'aver fatto i conti sia con l'interno sia con
l'esterno
- valori che derivano da tali assunzioni e che stabiliscono come l'organizzazione dovrebbe agire
- Pratiche o modalità di gestione degli affari
- Artefatti o marcatori visibili che incorporano e danno sostanza ai valori cui si aderisce

Gli artefatti sono i più facili da modificare, le assunzioni le più difficili. Le culture influenzano sia ciò che gli
individui si attendono reciprocamente all’interno, sia ciò che si aspettano dei loro rapporti con l’ambiente
esterno. In entrambi i casi le aspettative prendono la forma di accordi rispetto agli atteggiamenti e ai
comportamenti appropriati. La cultura influenza il modo in cui le deviazioni dalle aspettative vengono
scoperte, interpretate, gestite e utilizzate come occasioni per apprendere.

Come la cultura esercita il controllo

Oltre due decenni fa, nel loro bestseller “Alla ricerca dell'eccellenza”, Peters e Waterman Jr., hanno indicato
l’aspetto essenziale da tenere a mente riguardo a valori, cultura e aspettative. Se in un’organizzazione si
riesce a coinvolgere il personale rispetto a un massimo di 3 o 4 valori essenziali che vengono fatti propri e
condivisi, la dirigenza può dare ampio spazio decisionale alle persone così coinvolte in quanto si crea una
cornice di riferimento comune e prevalente riguardo a tali decisioni. Un’organizzazione può usufruire dunque
dei benefici sia della centralizzazione sia della decentralizzazione se i membri assumono come centrale un
piccolo insieme di valori chiave, avendo poi autonomia su tutto il resto. La disciplina, instillata da alcuni valori
condivisi, fornisce la cornice e rende le persone fiduciose e autonome. Una cultura con tre o quattro valori
chiave che sono stati tradotti in norme di comportamento appropriato sarà coordinata e resiliente. La cultura
è un elemento cruciale nello sforzo di gestione con piena consapevolezza dell’inatteso. La figura 6.1 mostra
come vi sia una pluralità di condizioni che devono concorrere perché sia possibile produrre norme chiare e
una cultura forte.

Una cultura della piena consapevolezza, costitutivamente basata su norme di comportamento appropriato,
può durare nel tempo solo se:

- Con i propri valori, convinzioni e azioni la dirigenza esprimere una preferenza per la mindfulness
- Tali affermazioni e azioni della dirigenza sono comunicate in modo credibile e coerente e rimangono
salienti per tutti
- i valori comunicati lasciano trasparire un senso di coerenza anziché di ipocrisia, e la maggior parte
delle persone ne è pienamente convinta
- gratifiche, aumenti, promozioni e lodi vengono assegnate a chi agisce in modo pienamente
consapevole e lesinati a chi non lo fa.

La cultura è qualcosa di più che “contenuto”, è una dimensione che concerne le pratiche collettive come
quelle che dipendono dalle strutture e dai sistemi organizzativi. Pertanto la cultura non si limita a essere
riflessa nelle prese di posizione rispetto a specifiche tematiche, ma riguarda anche il modo in cui tali posizioni
vengono sviluppate, rinforzate, intaccate o modificate dai vari bisogni e interessi su cui gli individui e le
organizzazioni si trovano a confrontarsi. La cultura consiste di modalità e caratteristiche di conoscere e
produrre significato. Il modo in cui sviluppiamo le aspettative qui da noi può essere gestito in maniera più o
meno mindful, nella misura in cui le attività rischiose vengono seguite a partire dai primi segnali di criticità,
trattate come un evento complesso, analizzate a fondo momento per momento, controllate nella loro
esecuzione ed eseguite da esperti.

Come si può cambiare la cultura

Cambiare la cultura è un processo difficile, lento e soggetto a frequenti ricadute. Edgar Schein ha pienamente
ragione quando consiglia di cercare di cambiare la cultura solo quando vi è uno specifico problema da
risolvere e solo se è possibile farlo a partire dai punti di forza esistenti sul piano culturale. La cultura è difficile
da cambiare perché differenti modi di intenderla implicano differenti strategie per il cambiamento: la
prospettiva dell'integrazione sollecita un cambiamento totale e rivoluzionario dell'organizzazione, la
prospettiva della differenziazione postula dei cambiamenti che abbiano un impatto sulle sottoculture locali,
la prospettiva della frammentazione sostiene che tutti gli individui sono in costante cambiamento e vengono
a loro volta cambiati dalle culture stesse in cui vivono. I cambiamenti frammentati tendono a focalizzarsi su
specifiche tematiche. A meno che non si affrontano insieme tutti e tre i tipi di cambiamento il mutamento
culturale risulta sempre in qualche misura incompleto. A causa di queste complicazioni il cambiamento della
cultura spesso ha inizio da piccole cose, da un cambiamento nei simboli o nel comportamento.

Cambiamento attraverso i simboli→ si può dare inizio al cambiamento culturale attraverso i simboli, gli
artefatti. Cambiare un simbolo significa lavorare all’ indietro: prima si cambia simbolo, poi valori più recenti
vengono articolati intorno al simbolo e associati ad esso, e infine si allineano le assunzioni con i nuovi simboli
e valori. Si parte fondamentalmente da cambiamenti più semplici per produrre quelli più ampi e profondi. G.
Bethune, il CEO molto creativo che ha gestito la conversione della Continental Airlines, è un maestro dei
simboli. Una delle sue prime innovazioni fu promettere a tutti i 4000 impiegati della compagnia una gratifica
di 65 dollari che avrebbero potuto riscuotere alla fine di ogni mese se la Continental fosse riuscita,
rispettando gli orari dei voli, a piazzarsi tra le 5 migliori linee aeree nazionali nella classifica stilata dal
ministero dei trasporti degli Stati Uniti. In un incontro nel New Jersey, mentre il figlio stava illustrando il
progetto delle gratifiche, un impiegato si alzò in piedi e disse che non riusciva a capire in che modo chi lavora
senza avere mai un contatto diretto con i voli sarebbe riuscito ad ottenere una “fetta della torta” (compenso
di 65$) . Bethune tiró su la manica della giacca, si tolse l’orologio da polso e lo mostrò, poi spiegò: ogni parte
dell’orologio è non solo necessario, ma anche importante come qualsiasi altra. L’artefatto dell’orologio
suggeriva il valore del cooperare e rende le persone più ricettive riguardo all’assunzione che sono le comunità
a far funzionare le cose.

Il cambiamento mediante l'azione sui valori→ un’altra piccola ma importante svolta verso il cambiamento
culturale è l’adozione del principio secondo cui gli individui possono agire a modo loro purché all’interno dei
nuovi valori. Se le persone compiono alcune azioni in maniera pubblica, irrevocabile volontaria, tendono a
vedersi, e gli altri tendono a vederli, come responsabili di tali azioni. E nel momento in cui si sentono
responsabili per un’azione, percepiscono una certa pressione a trovare delle motivazioni plausibili del perché
hanno scelto di realizzarla anche se al momento non sono consapevoli di tali motivazioni. E se i motivi
plausibili e salienti includono valori e assunzioni nuove, che riflettono una direzione preferenziale del
cambiamento culturale, è più probabile che tali valori vengano internalizzati. In breve, se le persone sentono
che l’azione è stata una loro scelta saranno sensibili alle spiegazioni riguardo al perché l’hanno compiuta.

Il contenuto della cultura

La cultura riguarda una somiglianza sufficiente, ma non eccessiva, di approcci e priorità. Facciamo riferimento
a questo aspetto in termini di condivisione debolmente accoppiata, volendo sottolineare in questo modo il
fatto che la cultura non è mai monolitica. Il contenuto della cultura riguarda quei particolari dettagli che
vengono condivisi in modo debole: approcci, priorità, assunzioni, aspettative, valori e pratiche specifiche che
legano le persone. Per poter dare un'occhiata più ravvicinata al contenuto utilizzeremo come esempio
l’autorevole nozione di cultura informata che fornisce una buona illustrazione di cosa sia una cultura
pienamente consapevole ed è anche una pietra miliare della cosiddetta cultura della sicurezza. Il filo
conduttore che accomuna le culture che si sforzano di essere pienamente consapevoli, informate e sicure è
che tutte quante si focalizzano sulla cautela. Esse cercano di anticipare il peggio e attrezzarsi per affrontarlo
a tutti i livelli dell’organizzazione. Per gli individui è difficile restare cronicamente preoccupati ed è proprio
per questo motivo che la cultura organizzativa acquista per loro un significato profondo. Gli individui possono
dimenticare di preoccuparsi ma la cultura di un organizzazione ad alta affidabilità fornisce loro sia i
promemoria che gli strumenti per aiutarli a ricordare. Una cultura informata è quella in cui coloro che
gestiscono e fanno funzionare il sistema hanno una conoscenza aggiornata dei fattori umani, tecnici
organizzativi e ambientali che determinano la sicurezza del sistema complessivo. La cultura informata che
diffonde informazioni in tutta l'organizzazione è la migliore per mantenere una cultura della sicurezza basata
sulla cautela data dalla diffusione di informazioni rispetto a incidenti mancati o a incidenti effettivamente
accaduti (Reason J.). Il problema è che una franca segnalazione di errori richiede fiducia e attendibilità.
Reason sostiene che ci vogliono 4 subculture per garantire una cultura informata. Assunzioni, valori e
artefatti devono allinearsi in modo coerente rispetto a:

- La cultura della segnalazione: cosa va segnalato quando si fanno errori o si verificano mancati
incidenti
- La cultura dell'imparzialità: in che modo viene attribuita la colpa nel momento in cui qualcosa va
storto
- La cultura della flessibilità: in che misura ci si adatta ad un incremento radicale e improvviso della
pressione, del ritmo e dell'intensità
- La cultura dell’apprendimento: come si possono tradurre adeguatamente le elezioni che si sono
apprese in nuove configurazioni relative ad assunzioni, cornici e azioni.

queste quattro subculture sono tutte necessarie per garantire l'informazione e la sicurezza delle attività.

Il caso del Royal infirmary di Bristol

Il caso in questione ha coinvolto dei bambini cardiopatici al di sotto dell’anno di vita. Gli eventi accaduti al
Bristol royal infirmary (BRI) sono degni di nota: per 5 anni il tasso di mortalità di cardiochirurgia su bambini
al di sotto di un anno risultò praticamente doppio rispetto a quello degli altri centri inglesi e per questo fu
costituita una commissione di inchiesta, la quale arrivò a concludere che era necessaria una disposizione
mentale diversa. Questa affermazione collega l’esperienza del BRI con la cultura che modella e sostiene ciò
che le persone sanno (la cultura informata) e come credono di saperlo (la piena consapevolezza).

Scenario→ il royal infirmary è una clinica universitaria collegata alla facoltà di medicina dell’università di
Bristol, sud-ovest della Gran Bretagna. Il servizio sanitario nazionale inglese designò il BRI centro per la
chirurgia a cuore aperto. L'idea di fondo era che, quanto maggiore fosse stata la pratica, tanto migliore
sarebbe divenuto il centro chirurgico. Per la direzione delle unità chirurgiche facevano affidamento sul CEO,
il dottor Royalance. Quest'ultimo a sua volta dette mandato in tal senso al dottor Wisheart , uno dei due
chirurghi pediatrici che operavano i neonati, medico che deteneva anche altre posizioni all'interno del BRI.
L'altro chirurgo pediatrico era il dottor Dhasmana. Il numero minimo di casi necessari ad un centro per
mantenere una competenza sufficiente è di circa 80 / 100 operazioni a cuore aperto all’anno. Al BRI il numero
di operazioni era molto più basso. Quando il programma di cardiochirurgia ebbe inizio le sue performance
vennero messe direttamente a confronto con quelli degli altri 11 programmi di servizio sanitario. Con il
passare del tempo le performance del BRI non fecero registrare miglioramenti. Nel 1995 la morte di numerosi
bambini portò gli eventi a un punto limite e le operazioni furono interrotte. I genitori chiesero che venisse
condotta un’inchiesta.

La cultura entra in gioco perché, nel rapporto finale, la commissione di inchiesta fa variamente riferimento a
una cultura orientata a chi fornisce il servizio, anziché al paziente, una cultura che evita di attribuire la
responsabilità, una cultura elitaria in cui la carriera non dipende dalle proprie performance ma
dall’appartenenza un circolo ristretto, una cultura della paura, una cultura orale, una cultura della
giustificazione, una cultura del paternalismo, una cultura dell’incertezza. Tradotta in termini utilizzati in
questo volume, l’istantanea fornita dalla commissione d’inchiesta, mostra delle pratiche basate sulla
noncuranza e su un interesse minimo rispetto alla possibilità di formulare domande, ottenere riscontri e
approfondire i fatti. Il risultato è che i difetti del sistema passano inosservati e siccome non vengono osservati
non vengono nemmeno anticipati, né contenuti.

Il Bristol royal infirmary e la cultura informata

Approfondiremo ora il ritratto delle diverse culture del Bristol royal infirmary fornendo alcune rapide
indicazioni che mostrano come questo reparto non fosse una cultura informata. Ci serviremo delle 4 su
culture identificate da James Reason: segnalazione, imparzialità, flessibilità e apprendimento.

1. cultura della segnalazione→ dal momento che una cultura della sicurezza è frutto della conoscenza
acquisita attraverso incidenti non comuni, errori mancati, incidenti e altri generi di lezioni gratuite, è
necessario che tale cultura sia strutturata in modo che le persone si sentano disponibili a discutere i propri
errori. Una cultura della segnalazione ha a che fare con la protezione accordata alle persone che fanno la
segnalazione e allo stesso tempo ha a che fare con tipi di segnalazione a cui si dà credito.

vi erano numerose caratteristiche all'interno della cultura della segnalazione alla BRI che limitavano la
disseminazione di segnalazioni riguardo a errori e a possibili correzioni. Per esempio erano quasi del tutto
assenti le comunicazioni scritte, spesso ci si basava solo su comunicazione orale e quindi le segnalazioni
arrivavano solo a poche persone. Tale limitazione era ulteriormente peggiorata dal fatto che vi era un piccolo
gruppo di persone molto chiuso che parlavano tra di loro e avevano un grande potere rispetto agli altri
colleghi. I chirurghi utilizzavano i loro personali registri delle operazioni come fonti primarie dei dati riguardo
al modo in cui avevano eseguito l’intervento; di conseguenza, lo schema che percepivano in questi registri
personali era che si trattava di casi complessi e, questo, faceva loro concludere che i risultati scadenti erano
dovuti al fatto di doversi occupare di un numero insolitamente alto di casi insolitamente difficili. Da questi e
altri esempi risulta in modo evidente che il BRI svolgeva la sua attività basandosi su informazioni di qualità
insoddisfacente e che le scarse informazioni che possedeva venivano disseminate in modo estremamente
limitato

2. La cultura dell’imparzialità→ la cultura informata del BRI era considerata anche propensa a punire. Una
cultura imparziale può essere definita come un’atmosfera di fiducia in cui le persone sono incoraggiate e, a
volte, premiate, quando forniscono informazioni essenziali per la sicurezza, ma in cui al tempo stesso c'è
chiarezza riguardo a dove passa la linea tra comportamento accettabile e inaccettabile.

Un punto debole nella cultura dell'imparzialità del BRI era la paura che verifica interne informali delle pratiche
e dei risultati clinici finissero nelle mani del management. L'ansia fece sì che il processo di valutazione medica
venisse separato dal management e posto sotto la direzione dei medici. La valutazione non era vista come
meccanismo di controllo ma più semplicemente come uno strumento per la formazione. Inoltre le indagini
condotte dal sistema sanitario regionale si basavano su una cultura dove prevaleva lo stigma e l'attribuzione
di colpa che tendeva a selezionare un individuo o un gruppo che si riteneva dovesse essere responsabile;
l’individuo veniva condannato e la questione risolta.

3. La cultura della flessibilità→ una cultura flessibile è quella capace di adattarsi a richieste che cambiano.
L’assunzione fondamentale su cui si basa la necessità di una cultura flessibile è che le informazioni tendono
a fluire più liberamente quando le gerarchie vengono appiattite e hanno rispetto della competenza tecnica.
Pertanto, flessibilità e rispetto procedono di pari passo.

I centri di chirurgia cardiaca che avevano un tasso di mortalità minore del BRI ottenevano risultati migliori
nell’intervenire rispetto alle complicazioni che sopravvivevano, cioè a parità di serietà delle complicazioni le
riconoscevano prima e le trattavano con maggiore efficacia. Tale dato sottolinea l’importanza del principio
HRO dell’impegno alla resilienza.

Il BRI rifletteva una cultura della rigidità piuttosto che della flessibilità. Un ulteriore elemento di inflessibilità
al BRI risiedeva nel modo in cui era organizzato il giro in corsia dei medici nell’unità di terapia intensiva per
cui il chirurgo e l’anestesista effettuavano dei giri separati e, di conseguenza, le infermiere si trovavano a
ricevere indicazioni che erano in conflitto.

4. La cultura dell'apprendimento→ se le informazioni, prodotte per tempo e in modo chiaro da persone ben
informate, vengono rese disponibili e disseminate, una cultura informata può iniziare a diventare una cultura
dell’apprendimento. Una cultura informata apprende attraverso discussioni continue rispetto alle
discrepanze che sono in costante mutamento.

Al BRI l’apprendimento non era diffuso. Le opportunità di apprendimento erano spesso trascurate. Quando
i pazienti esprimevano le loro preoccupazioni venivano intraprese delle azioni per neutralizzarle o difendersi
da esse.

La lezione del Bristol Royal Infirmary→ La cultura è costruita sulla base di pratiche che funzionano. Anche
se tali pratiche funzionano secondo modalità che gli estranei aborrono. il Bristol Royal Infirmary aveva
imparato ad affrontare i suoi problemi interni ed esterni attraverso una razionalizzazione che vedeva il
proprio lavoro come centrato su casi complessi e inusuali, una conclusione che del resto veniva sostenuta
dalla sua debole mindfulness, dalla limitatezza delle informazioni e dalla concentrazione del potere.

CAPITOLO 7. COME REALIZZARE UNA GESTIONE MINDFUL

In questo capitolo ci concentreremo su una serie di piccoli cambiamenti cumulativi che consentiranno di
raggiungere una maggiore mindfulness nelle attività che svolgerete. Occorre riuscire a sviluppare modalità
organizzative più mindful e insieme continuare a fare ciò che gli altri si aspettano da noi. Si chiama strategia
dei piccoli successi: una strategia di cambiamento che si basa sui piccoli mutamenti costanti e progressivi e
che produce risultati visibili. Un piccolo successo è fondamentalmente un concreto ed effettivo risultato di
moderata rilevanza. I piccoli successi producono il cambiamento senza che sia necessario affrontare il
sistema in un modo troppo diretto o aggressivo. Al tempo stesso consentono di valutare le teorie implicite,
promuovono l’apprendimento e spesso fanno diminuire le resistenze nei confronti di proposte successive.
Per avere successo utilizzando questo tipo di procedimento è necessario disporre di un contesto stabile, che
non è quello affrontato dalle HRO. Inoltre i piccoli successi spesso rivelano obiettivi che sono alla nostra
portata e che non era possibile immaginare prima che i successi iniziassero ad accumularsi. Un manager in
sintonia con i piccoli successi è una persona che presta attenzione ad alcuni elementi, per esempio le
domande che vengono poste di frequente o non vengono mai fatte, ciò che merita o non merita una riunione,
cosa va seguito con attenzione o cosa può essere invece tralasciato . Ognuno di questi elementi rappresenta
un luogo di possibile modifica delle modalità attraverso cui vengono gestite le criticità .
La mindfulness nella protezione civile antincendio

Nel corso dell'anno 2000 , quando il fuoco programmato a Cerro Grande sfuggì al controllo, la protezione
civile antincendio ordinò numerosi fuochi programmati per un totale di 10 chilometri quadrati ripuliti. Dal
momento che i fuochi programmati sono cresciuti sia di numero, sia di complessità, vi sono stati anche dei
piccoli cambiamenti in direzione di una gestione più mindful degli incendi. Oltre ad investimenti economici
in risorse, attrezzature e formazione di personale, nella protezione antincendio cominciarono ad apparire
tuttavia anche i primi segnali che un'attività organizzativa midfull iniziava a prendere piede e a diffondersi. Si
tratta di cambiamenti che esemplificano le attività e possono essere progettate per mettere in pratica i 5
principi delle HRO. Esempio: ai pompieri viene regolarmente ricordata l’importanza di seguire le 10 regole
standard degli incendi. Procedono passo passo dalla regola 1 alla 10 nel momento in cui si affronta l'incendio
e dalla 10 alla 1 quando invece si disimpegnano dall’incendio.

Si può rintracciare una diversa forma di attenzione alla piena consapevolezza nelle modifiche che riguardano
le interazioni relazionali, che consentono di accrescere la sensibilità nei confronti delle attività in corso e la
resilienza. Per esempio, successivamente all'incendio di Cerro Grande, alcuni responsabili della protezione
antincendio hanno lavorato attivamente alla costruzione di una rete di relazioni tra gli enti che si occupano
degli incendi. Questa rete di relazioni, presa nel suo insieme, permette di continuare ad avere il quadro
generale delle operazioni nel corso di incendi programmati di vaste proporzioni. Un altro stimolo ad
un’attività antincendio pienamente consapevole è derivato da un numero crescente di studi di caso,
sopralluoghi professionali, attività e ricerche che esemplificano cosa significhi agire in maniera più mindful.

Una diversa forma di esperienza indiretta, che può essere definita come un piccolo successo, è la
partecipazione ad un sopralluogo professionale. I sopralluoghi professionali costituiscono una parte
essenziale del programma di formazione per i responsabili della gestione degli incendi nelle aree naturali. Lo
scopo di un sopralluogo professionale è aiutare i partecipanti a mettersi nei panni di chi ha preso le decisioni
nel corso di un incidente avvenuto in passato, in modo da poter imparare per il futuro. In misura crescente,
i sopralluoghi professionali adottano i 5 principi HRO come una lente che permette di interpretare ciò che è
accaduto, per riflettere come sarebbe stato possibile gestire quell' evento in modo più mindful.

Vogliamo infine citare, come esempio conclusivo di piccoli successi che consentono di sviluppare un’attività
antincendio più mindful, l’uso crescente di procedure sistematiche di revisione degli incendi, al fine di
comprendere quali lezioni possono essere apprese attraverso di essi. La più nota di tali procedure è quella
che viene chiamata revisione post azione (After action review) e si basa su quattro domande:

- Cosa avevamo intenzione di fare?


- Cosa è successo effettivamente?
- Perché è successo?
- Cosa intendiamo a fare la prossima volta?

il personale del Wildland Fire Lessons Learned Center, un centro di risorse che fornisce supporto ai diversi
enti della protezione civile antincendio, si è impegnato nella disseminazione delle lezioni imparate da una
After action review e ha proposto una diversa organizzazione delle quattro due domande:

- Qual’è stato, nella gestione dell’incidente, il più importante risultato positivo che potrebbe essere di
insegnamento per gli altri?
- Quali sono state alcune delle sfide più difficili che avete dovuto affrontare e come le avete superate?
- Che cosa cambiereste, aggiungereste o eliminereste nel percorso di formazione dei pompieri della
protezione civile?
- Quali sono le questioni che ritenete non siano state trattate in modo soddisfacente e richiedono un
ulteriore approfondimento? In base a quello che avete imparato, quali sono le soluzioni che
indichereste a questo proposito?
Per quanto alcuni elementi di piena consapevolezza siano già stati evidenziati, la comunità dei pompieri non
possiede ancora una cultura che possa mettere assieme tali elementi, animarli, istituzionalizzarli e renderli
preminenti, sistematici e credibili a tutti i livelli gerarchici. Questa è ancora la situazione attuale, benché da
parte delle organizzazioni della protezione civile, l’obiettivo di creare una cultura in grado di apprendere da
essa e autocorreggersi, sia al centro dell’attenzione da quasi un decennio.

Piccoli successi per un’attività organizzativa mindful

La piena consapevolezza è allo stesso tempo una condizione mentale e uno stile di gestione. Se trasformate
una disposizione mentale mindful in uno stile di gestione pienamente consapevole, chi vi circonda potrà
vedere direttamente nelle vostre azioni che la mindfulness è reale, fattibile e fa la differenza. Questa lezione
incoraggerà gli altri a seguire il vostro esempio e ad adottare alcuni degli strumenti che utilizzate per stare al
passo con l’inatteso. Questo è il motivo per cui ci concentriamo sui piccoli successi che mettono in
movimento cambiamenti cumulativi

Piccoli successi per porre le basi della mindfulness

I piccoli successi possibili sono in grado di spingere l'organizzazione verso un funzionamento più mindful e
prendono le mosse da alcune indicazioni fondamentali:

- Ricordate che la piena consapevolezza richiede uno sforzo→ la piena consapevolezza è difficile da
creare perché richiede alle persone di agire in modo innaturale. Le persone preferiscono rivolgere la
loro attenzione al successo, alle ricette, alle strategie. Come passo intermedio sulla via del
raggiungimento di una maggiore mindfulness, si può provare ad aumentare il numero di momenti
mindful all'interno della propria struttura. Un momento mindful consiste in un breve intervallo di
tempo in cui ci si mette d'accordo per esaminare le criticità, non dare niente per scontato, analizzare
specificatamente il lavoro richiesto dal problema, fare del brainstorming
- Offrire sostegno alle persone che stanno facendo uno sforzo per divenire più mindful → essere
mindful significa essere disponibili a imparare a essere ansiosi. E le persone ansiose hanno bisogno
di ciò che Edgar Schein chiama sicurezza psicologica. Coloro che divengono ansiosi di fronte alla
prospettiva di imparare hanno bisogno di sostegno, di pratica sul campo, di modelli di ruolo positivi
e di una positiva visione di come saranno meglio grazie al cambiamento culturale in direzione della
mindfulness.
- Elaborare in modi nuovi la mindfulness→ la piena consapevolezza equivale a vedere le cose vecchie
in modo nuovo.
- Riducete il autocompiacimento→ gli eventi inattesi rappresentano delle rese dei conti che mettono
alla prova le strutture che sono state sviluppate prima dell'arrivo del caos, occorre fare i conti con il
passato. L'autocompiacimento è fonte di distruzione.
- Tenete leggere le vostre aspettative→ le aspettative rigide e a cui ci si aggrappa saldamente creano
punti ciechi. Nel momento in cui le aspettative sono più deboli, l’inatteso risulta meno dirompente.
Tuttavia occorre tenere presente che se si fa meno affidamento sulle aspettative esse saranno meno
in grado di indicare la direzione e ciò renderà necessaria una maggiore capacità di attenzione.
- Bilanciate centralizzazione e decentralizzazione→ nelle HRO centralizzazione e decentralizzazione
vengono mantenute in un equilibrio critico. Un'eccessiva centralizzazione può indebolire le capacità
locali di contenimento e variazione, così come un'eccessiva decentralizzazione può diminuire la
capacità di comprendere le minacce di proporzioni maggiori e di coordinare le risposte.
- Lasciate che sia la cultura a svolgere le funzioni di controllo→ una cultura forte, tenuta insieme da
valori coerenti e rafforzata dalla pressione sociale, rappresenta tutto il controllo di cui avete bisogno.
La maggior parte dei manager tende a esagerare con il controllo
I piccoli successi e lo sviluppo della preoccupazione rispetto agli eventi critici

La preoccupazione per gli eventi critici comporta 4 domande:

a. Che cosa deve funzionare?


b. Che cosa potrebbe andare storto?
c. In che modo le cose potrebbero non funzionare?
d. Quali sono le cose che non hanno funzionato?

Le risposte spesso risiedono in piccole criticità del passato che offrono suggerimenti sul modo in cui il sistema
potrebbe nuovamente sfilacciarsi. Il fatto che siete attenti alle piccole criticità, significa che siete attivamente
alla ricerca di segnali deboli per capire se il sistema sta agendo secondo modalità inattese. Tra i piccoli
successi che permettono di sviluppare la disposizione mentale alla mindfulness, vi sono i seguenti:

- Ridefinire i vostri obiettivi sotto forma di errori che non devono accadere→ ogni strategia ha le sue
zone d’ombra; e le pratiche pienamente consapevoli, che spingono le persone a stare all’erta rispetto
alle criticità, aiutano a scoprire sin dal loro apparire delle zone d’ombra, quando porvi rimedio è
maggiormente possibile.
- Create una consapevolezza rispetto alla vulnerabilità→ i manager devono sensibilizzare i
dipendenti rispetto alla possibilità di errori inattesi che potrebbero intensificarsi. Gli individui devono
preoccuparsi della vulnerabilità e sentirsi responsabili dell’affidabilità.
- Create una cultura amichevole nei confronti degli errori→ assicuratevi di creare un clima di apertura
in cui sia possibile impegnarsi in questo tipo di comportamento e imparare dagli errori.
- Definite i mancati incidenti→ interpretate un mancato incidente come segnale di pericolo sotto
l'apparenza della sicurezza, piuttosto che sotto l’apparenza del pericolo.
- Chiarite che cosa costituisce una buona notizia→ non avere notizie significa cattive notizie, mentre
tutte le notizie sono buone notizie perché significa che il sistema sta rispondendo.

I piccoli successi allo sviluppo della resistenza alla semplificazione

Occorrono sensori complicati per registrare eventi dinamici complicati. Alcuni piccoli successi che vanno
verso lo sviluppo di uno sguardo che coglie la complessità, sono i seguenti:

- Per raccogliere informazioni , raccogliete dubbi→ non rigettate niente, ma cercate di vedere ciò che
le vostre aspettative vi distolgono dal vedere. Ciò è più facile da realizzare quando lavorate con altre
persone e le avvisate che questo è precisamente ciò che state cercando di fare.
- Incoraggiate gli schemi di riferimento alternativi→ date un riconoscimento alle strutture che
riescono a preservare delle prospettive analitiche divergenti. La presenza di prospettive divergenti
dà vita a un insieme più ampio di ipotesi e di sensibilità rispetto a una varietà più ampia di fattori.
- Valorizzate le abilità interpersonali→ favorite la diffusione di norme che incoraggiano il rispetto
delle differenze. Strutturate modalità concordate a livello organizzativo riguardo a come esprimere
le divergenze in modo costruttivo.
- Rivedete le valutazioni nel momento in cui i dati di fatto si modificano→ gli individui nel momento
in cui si trovano coinvolti in eventi inattesi tendono ad aggrapparsi alla loro interpretazione della
situazione; un’interpretazione che in precedenza era corretta, nonostante sia evidente che la
situazione è cambiata o differisce rispetto alla loro valutazione iniziale.
- Trattate tutti gli eventi inattesi come informazioni→ utilizzate gli eventi inattesi come risorsa per
l'apprendimento
- Siate mindful in pubblico→ pensate ad alta voce. Mostrate apertamente il vostro pensiero mindful.
I piccoli successi e lo sviluppo della sensibilità alle attività in corso

Le HRO sono organizzazioni basate sull'esperienza pratica e sono in grado di pensare mentre operano grazie
al fatto che operano. Questo operare riflette la loro sensibilità alle attività in corso. Ecco alcuni piccoli successi
che incoraggiano, premiano e danno forma ad uno sguardo che da attenzione alle attività in corso:

- Premiate chi rimane in contatto con le prime linee→ la sensibilità alle attività in corso è uno
strumento potente per mantenere il passo con le situazioni in evoluzione
- Parlate apertamente→ il fatto che voi vi accorgiate di qualcosa non significa automaticamente che
anche gli altri se ne accorgano
- Sviluppate lo scetticismo→ quando un resoconto viene accolto con scetticismo e gli scettici in modo
indipendente fanno uno sforzo per confermare il resoconto, abbiamo due insiemi di osservazioni là
dove originariamente ve n’era solo 1. Il secondo insieme di osservazioni può sostenere o rigettare il
primo insieme
- Usate una forma ricca di comunicazione e incoraggiate l'ascolto da parte delle persone → il
contatto faccia a faccia è probabilmente la fonte più ricca di dettagli discriminanti. Nel momento in
cui tale ricchezza viene persa, lo sono anche le informazioni chiave. La ricchezza viene meno quando
le persone passano da un interazione faccia a faccia a un’interazione basata sul telefono, su messaggi,
ecc.. gli eventi inattesi sono spesso fonte di confusione e le persone devono essere in grado di usare
la forma di comunicazione più ricca possibile
- Dedicate del tempo alle attività che si svolgono in prima linea→ gli individui hanno bisogno di
sapere cosa stanno facendo e perché lo stanno facendo. In questo caso un piccolo successo può
essere ottenuto facendo maggiore attenzione al modo in cui informate i vostri collaboratori rispetto
ai compiti che andranno svolti. Un utile punto di partenza è rappresentato dal protocollo di istruzione
ideato da Gary Klein, che si sviluppa in 5 passaggi. Nel momento in cui date istruzioni alle persone,
chiarite nei dettagli questi 5 punti:
1. Situazione: questo è ciò che penso dovremo affrontare
2. Compito: questo è ciò che penso dovremmo fare
3. Intento: questo è il motivo per cui penso che lo dovremmo fare
4. Preoccupazione: questo è ciò di cui dobbiamo preoccuparci
5. Calibrazione: e ora ditemi se c’è qualcosa che non vi è chiaro

I piccoli successi e lo sviluppo di un impegno alla resilienza

Vivere nelle HRO significa sottoporsi continuamente a interruzioni e fasi di recupero. L’interruzione fa
riferimento alla capacità di espandersi senza collassare. Il recupero riguarda invece la capacità di riprendersi
da questa espansione per tornare a una condizione simile a quella iniziale. La resilienza è importante in
entrambe queste fasi. Vi sono alcuni piccoli successi che sono coerenti con queste finalità, e vengono riportati
di seguito:

- Ampliate le competenze e i repertori delle risposte→ la resilienza richiede una conoscenza profonda.
Una formazione un apprendimento generalizzati rivolti a migliorare repertori di risposte delle
persone, permettono loro di ampliare la gamma di elementi di cui si rendono conto e a cui possono
far fronte.
- Non esagerate con le “cure dimagranti”, mantenete un equilibrio→ essere snelli significa che
l’organizzazione nel breve periodo può avere risultati brillanti, ma può anche fallire ed essere messo
in serio pericolo dal primo colpo inatteso perché la snellezza riduce la flessibilità e la resilienza
dell’organizzazione
- Rendete più veloci i feedback→ una resilienza efficace richiede feedback rapidi e accurati. I sistemi
che hanno feedback lenti rinunciano ad ogni possibilità di resilienza
- Trattate in modo ambivalente la vostra esperienza passata→ quando l’inatteso si deteriora fino a
causare un problema serio, ciò produce un risultato che è in parte nuovo e in parte di routine.
Cominciate a contenere l’evento facendo ciò che l’esperienza vi suggerisce di fare, ma lasciate anche
qualche spazio per chiedervi se state facendo proprio la cosa giusta.

I piccoli successi e lo sviluppo del rispetto per la competenza

Avere rispetto per la competenza significa che si stanno facendo dei passi avanti per superare due assunzioni
comuni: primo, che l’autorità si identifica con l’esperienza, e secondo, che quanto più in alto ci si muove nella
gerarchia, tanto maggiore sarà la competenza. I piccoli successi che elenchiamo di seguito sono collegati al
rispetto per la competenza:

- Guardatevi dalla fallacia della centralità→ se si vuole far fronte agli eventi in modo mindful, sono
necessari degli esperti, ma occorre essere sicuri che gli esperti abbiano una visione realistica delle
proprie competenze. Ron Westrum negli anni 40 e 50 ha scoperto ciò che definisce la fallacia della
centralità che consiste in questo: se ritenete di essere in una posizione centrale presumete anche
che se accadrà qualcosa di serio ne verrete a conoscenza. E se non siete a conoscenza di nulla allora
non sta accadendo niente di sbagliato. Evitate di avere un’opinione eccessiva della vostra
competenza e diffidate di chi ha un’inclinazione di questo genere. Le persone che si attribuiscono
importanza conoscono meno di quanto pensano di sapere.
- Stimolate l’immaginazione come strumento per gestire l’inatteso→ un piccolo successo sarebbe
dedicare del tempo a riunioni in cui vengano simulati scenari alternativi di futuri possibili, a partire
dal risultato che si è immaginato per ritornare, poi, a identificare gli eventi che potrebbero arrivare
a causarlo.
- Create strutture che permettano decisioni flessibili→ non date per scontato che la competenza stia
in alto e svanisca mano a mano che si scende la scala gerarchica.

Potrebbero piacerti anche