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UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA - ROMA

IUSVE - ISTITUTO UNIVERSITARIO SALESIANO VENEZIA

Aggregato alla Facoltà di Scienze dell’Educazione

Venezia – Mestre

Tesi di Baccalaureato in Psicologia dell’Educazione

Le competenze possibili
nei processi di integrazione aziendale
Inps- Inpdap: un caso di storytelling

Relatore: Prof. Franco Civelli

Candidata: d.ssa Monica Ferri


Matricola 02400

Anno accademico 2012-2013


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Ringraziamenti

Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza la collaborazione e la


disponibilità data da alcune persone. Innanzitutto da quanti con le loro interviste
hanno dato vita alle voci composite dell’Istituto.

Ringrazio pertanto (in ordine alfabetico) il dott. Vincenzo Caridi, direttore


centrale Inps della Formazione e Sviluppo, che per primo ha aderito al progetto, la
d.ssa Cristina Deidda, direttore centrale Inps dell’Organizzazione, per la precisione
e la puntualità di risposta, il dott. Rocco Lauria, dirigente regionale Inps del Friuli
Venezia Giulia per avermi fatto conoscere l’alto valore sociale dell’Istituto, la sua
storia e i suoi valori e la d.ssa Mara Nobile, direttore regionale Friuli Venezia Giulia
dell’ex Inpdap per aver contribuito ad arricchire, con la consueta lucidità di analisi,
il quadro degli elementi raccolti nel presente elaborato.

Ringrazio infine, last but not least, il prof. Franco Civelli, presidente e
fondatore della Emme Delta Group, relatore della presente tesi di Baccalaureato,
guida preziosa ed esperta, senza la quale non sarebbe stato possibile addentrarsi
e riflettere su tali argomenti, presenza paziente durante i mesi di gestazione ed
elaborazione del presente lavoro.

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INDICE

Premessa …………………………………………………………………………… 6
Introduzione………………………………………………………………………… 8

CAPITOLO 1 - Organizzazione e persone: quale rapporto


1.1 Le persone in azienda: quali aspetti considerare………………………… 10
1.2 C’era una volta …. anzi c’è ancora………………………………………… 14
1.3 L’integrazione, un fenomeno stressante…………………………………... 15
1.4 L’organizzazione irrazionale……………………………………………….. 20

CAPITOLO 2 - Inps e Inpdap: uno sguardo da vicino


2.1 La sfida nei processi di integrazione aziendale…………………………… 23
2.2 Inps/Inpdap: prime differenze……………………………………………….. 26
2.3 Inps/Inpdap: primi 18 mesi…………………………………………………… 29

CAPITOLO 2 – L’integrazione e le sue storie


3.1 Il capitale umano, le storie e le competenze……………………………… 33
3.2 Quando l’immagine si fa sostanza…………………………………………. 35
3.3 Integrazione: quale significato e quali competenze……………………….. 37

CONCLUSIONI…………………………………………………………………... 39

APPENDICE: Le interviste, una storia a quattro voci………………………… 45


Elenco completo delle attività formative effettuate 51

LEGENDA…………………………………………………………………………… 52

BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………... 55

SITOGRAFIA…..…………………………………………………………………… 57
Quando soffiano i venti del cambiamento,
qualcuno costruisce muri,
altri mulini a vento (proverbio cinese)

Concordia parvae crescunt, discordia maximae dilabuntur


Sallustio, Bellum Iugurthinum, (10,6)

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Premessa

La complessità crescente del contesto contemporaneo sta ponendo nuove sfide nel campo
dell’andragogia, anche all’interno delle organizzazioni più stabili, così come vengono
solitamente considerate le pubbliche amministrazioni. Chi si occupa di formazione e di
apprendimento degli adulti nei posti di lavoro è testimone di nuovi bisogni e di nuove
tematiche a cui dover far fronte ricorrendo alla leva formativa
Tra gli aspetti critici possiamo ritrovare cambiamenti di paradigmi organizzativi,
introduzione di strumenti mutuati dal privato - disancorati a volte dalla cultura organizzativa
se non calati dall’alto da società di consulenza esterne, ad alcune delle quali sfuggono le
dinamiche più sottili del mondo pubblico - o le conseguenze poste da operazioni di fusioni e
acquisizioni (merger and acquisition). Come dimostra il recente caso della soppressione di
Inpdap, terzo ente previdenziale italiano, e del trasferimento delle sue competenze e risorse
a Inps, a fronte di un riassetto degli apparati pubblici. Esso rappresenta un esempio
significativo di riorganizzazione amministrativa e di integrazione, che si configura già come
un buon esempio (best practice), pur a fronte di alcuni aspetti problematici connaturati al
processo di fusione, anche per le differenti dimensioni degli enti coinvolti e per le storie di
ciascuno dei due protagonisti.
Si cercherà pertanto di inquadrare il fenomeno rappresentato dalla conseguente
integrazione del personale, quale punto di arrivo di un percorso di elaborazione di un
cambiamento dell’organizzazione, alla luce di alcune riflessioni poste dalle teorie
dell’organizzazione e della psicologia sociale, secondo un approccio relazionale-sistemico,
che considera l’organizzazione come un essere vivente, con le sue peculiari complessità.
Nel corso del presente lavoro si sono evidenziati alcuni dei punti di criticità, alla luce
dell’importanza e del ruolo che il capitale umano riveste nell’interpretare e far proprio il
processo di cambiamento.
Infine si sono rilevate, sommariamente, prime macro differenze emerse tra i due
soggetti dell’operazione di acquisizione e le prime iniziative intraprese per promuovere
l’integrazione nei primi 18 mesi di vita.
Da ultimo si sono raccolte, ispirandosi al modello dello storytelling, le interviste di
alcuni rilevanti ruoli organizzativi (Organizzazione, Formazione, Direzioni regionali dei due
enti previdenziali). Ci si è concentrati sulla regione Friuli Venezia Giulia in quanto prima
realtà in Italia in cui si è raggiunto un accorpamento logistico su quasi tutto il territorio e una
sperimentazione del nuovo modello organizzativo in tutti gli uffici. L’intento che si è portato
avanti nel presente elaborato è stato quello di individuare se e quali indicazioni emergano
dall’esperienza in corso, indicazioni che siano utili ad una progettazione di azioni
formative/educative (nel senso etimologico di “condurre da una parte ad un’altra”) anche

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innovative. Esse potranno affiancarsi ad altri strumenti, per la gestione delle risorse umane,
quali le indagini sul clima organizzativo o le comunità di pratiche o altri ancora connessi al
management, e ai suoi strumenti di progettazione, e alla comunicazione interna. Nello
specifico poi si è cercato di interrogarsi in ordine a quali significati e quali competenze
enucleare dall’esperienza in corso, dal vissuto delle persone, vissuto emerso nelle loro
storie, per farli diventare elementi costitutivi di un nuovo ente in una visione psico-sociale
della formazione. Si ritiene, infatti, che la leva della formazione sia necessaria per
promuovere un coinvolgimento e un’identificazione comune, premessa per ogni operazione
di internal branding e di employer branding.
Il presente elaborato vuol essere infine la mia storia, secondo il metodo
dell’osservazione partecipante, con tutti i suoi limiti e le interpretazioni che una narrazione
comporta.

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Introduzione

Parafrasando un celebre titolo di un libro cult nel campo della psicologia


(Polster E.,1987) si potrebbe dire che ogni organizzazione merita un romanzo. Lo
testimonia il crescente interesse nel mondo del lavoro e delle aziende per il racconto,
la narrazione della propria impresa (nel senso di res gestae) quale modalità per
veicolare i valori specifici aziendali, sia all’interno sia all’esterno di essa, per
comunicare con i clienti, per creare appartenenza e significato, configurandosi da
ultimo addirittura quale nuovo strumento di management (Fona, 2011). E’ il caso di
grossi nomi del campo industriale come Barilla, Sammontana o Apple o Dove, che
hanno fatto ricorso al potenziale attrattivo dello storytelling1 cosi come ormai aziende
di più piccole dimensioni e di più modesti fatturati. Storie, miti o leggende rientrano
tra i meccanismi individuati (Schein, 1990) per radicare la cultura di
un’organizzazione. In Italia se ne è occupato invece Pasquale Gagliardi, già a partire
dagli Anni ’80 (Gagliardi, 1986).
Storie e miti possiedono di per sé un potenziale trasformativo, generativo e
curativo, particolarmente utile in precisi passaggi ritenuti critici per le persone.
A partire dalla sola presa di coscienza della propria storia, e della storia della
propria azienda, delle percezioni, atteggiamenti, comportamenti, si può pensare di
dare nuovo significato ai moderni contesti organizzativi e si può tracciare un
continuum dentro la mutevolezza contemporanea, permettendo di rimanere se stessi
pur essendo sempre diversi.
Le storie legano poi, in un insieme dotato di senso, l’organizzazione e le
persone. E’ patrimonio comune ormai che ogni organizzazione è costituita da un
capitale umano (oltre che di processi, prodotti, e strategie) capace di generare valore
solo se ben motivato e organizzato nel suo insieme.
Veicolare valori comunitari, scoprire il potenziale generativo-trasformativo e
costruire nuovi legami sono tre buone ragioni per scoprire un caso tutto italiano.
Non c’è storia più avvincente di quella che, nella fattispecie, narra di un
matrimonio forzato - di quelli come si usava una volta, per procura - dove moglie e
marito non solo non si conoscono ma probabilmente neanche ci pensavano a

1 la tecnica dello storytelling (narrazione di storie) si è da tempo affermato perentoriamente in diversi campi dell’agire umano,
dall’educazione al marketing, dalla politica allo sviluppo aziendale. Si tratta dell’antica tecnica narrativa, e dunque emotiva,
capace di dare senso a più eventi. Attraverso le storie le persone, clienti o dipendenti possono riconoscersi nel capitale
trasformativo di un’azienda.
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sposarsi, pur ogni tanto cullando l’idea. Altri, con il consenso di tutti i parenti, hanno
combinato l’unione2 per salvare il patrimonio di famiglia.
E’ il caso verificatosi in Italia a due noti e fondamentali enti previdenziali, Inps3
e Inpdap 4 , di cui il secondo, circa 8000 dipendenti, è stato soppresso con un
provvedimento legislativo nel dicembre 2011 e il primo, con 27000 unità, e con
cent’anni di storia alle spalle, ne ha ereditato le competenze e ne ha assorbito il
personale. Numeri enormi se comparati con la maggior parte delle organizzazioni
presenti sul territorio italiano, anche in rapporto alle specifiche finalità di servizio degli
enti stessi, che fanno di questa operazione un interessante caso di studio.
Le famiglie, inevitabilmente, sono diverse per cultura e per tradizione. L’unione
avviene a tavolino per mano di “certi parenti”, pare una questione di stato.
Funzionerà? Un’unione improvvisa e repentina darà luogo a frutti solidi nel tempo?
Sono queste le prime domande spontanee che il personale si è posto…. Alle
quali la funzione formativa e quelle organizzativa sono chiamate prepotentemente a
dare una risposta di senso.
Non c’è storia più avvincente di quella il cui finale non è prevedibile, anzi
contempla una buona dose di rischio e personaggi coraggiosi sì ma con i piedi ben
piantati per terra.
Partire dal racconto e dallo studio di un caso concreto poi consente di
affiancare ai principi teorici aspetti e limiti dell’agire reale che rischiano di porre in
discussione quegli stessi principi e di vederne la loro interazione. E ora iniziamo.

2
E’ stato il Governo Monti, con decreto legge del 6/12/2011, convertito in legge n. 214 del 22/12/2011 recante disposizioni
urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, a sopprimere l’INDAP, insieme a Enpals, e ad allargare le
competenze previdenziali dell’INPS attribuendo a quest’ultimo nuove e importanti funzioni di natura sociale. In tal modo all’Inps
è stata affidata l’intera copertura previdenziale nazionale.
3
Inps oggi è il principale ente previdenziale italiano che eroga servizi ai lavoratori, datori di lavoro, pensionati e percettori di
prestazioni assistenziali che rappresentano oltre due terzi della popolazione residente in Italia. Il suo compito istituzionale si
identifica nella necessità di rispondere in modo rapido ed efficace ai bisogni e alle richieste dei cittadini di prodotti previdenziali
ed assistenziali secondo le norme di riferimento. Eroga più di 500 prodotti previdenziali e assistenziali, operando un continuo
aggiornamento ed una ottimizzazione dei propri processi istituzionali, frutto di una revisione dell’assetto organizzativo
complessivo, per rispondere tempestivamente alla continua evoluzione normativa e di contesto.
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Inpdap fino al 31 dicembre 2011 ha costituito il polo previdenziale per i pubblici dipendenti. Ha un numero inferiore di
prodotti, tra quelli pensionistici, di trattamento di fine servizio, creditizio- sociale e di welfare. Come per Inps la rapida e
continua evoluzione normativa lo ha portato ad adeguare i propri sistemi di governance, capace di assicurare efficienza ed
efficacia dei processi in un’ ottica di revisione continua.
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CAPITOLO 1. Organizzazione e persone: quale rapporto

1.1 Le persone in azienda: quali aspetti considerare?

Anche se il riconoscimento dell’importanza del fattore umano risale alla fine


dell’800, e ha prodotto molte teorie e molti modelli di gestione, in numerosi contesti
lavorativi contemporanei si assiste ancora oggi al rischio del dominio dei valori legati
ad una oggettività spersonalizzante. L’organizzazione rivela in questi casi il proprio
lato oscuro, “the dark side of organizations” (Griffin - O’Leary., 2004).
Reingegnerizzazione dei processi, semplificazione delle attività,
programmazione degli obiettivi, monitoraggio dei risultati, input, output,
massimizzazione delle risorse e degli interventi, sono solo le parole, più
frequentemente utilizzate dal management anche quello della pubblica
amministrazione. Odierno patrimonio lessicale che unisce oggi pubblico e privato.
In effetti da quando ci si è posti il problema di ricercare l’esistenza di un
modello ottimale di organizzazione si sono percorse varie strade per rendere
coerente la struttura organizzativa, far funzionare al meglio la macchina, strutturare
le attività al fine di pervenire ad una razionalizzazione, ottimizzazione,
5
standardizzazione, misurazione dei processi di lavoro.
Molti studi si sono concentrati sul versante umano (da Elton Mayo negli anni
Trenta dello scorso secolo con la Scuola delle Relazioni Umane agli esperimenti di
Hawthorne sull’effetto motivazionale dell’essere osservato) oltre che sugli elementi
motivanti il personale sui posti di lavoro (Maslow, Herzberg, McGregor, McClelland
per citarne alcuni), fino ad arrivare alla scuola dello Human Resources Management
(HRM), per la quale in particolare la motivazione, ovvero quell’aspetto che “inizia,
dirige e sostiene l’azione umana verso una prestazione costituisce uno dei due
elementi distintivi e costitutivi della gestione delle risorse umane, assieme alle
competenze”.
Negli ultimi decenni poi si è fatta strada anche la consapevolezza che solo
quando le persone sono messe realmente al centro dell’universo aziendale,
diventando dunque protagoniste e interpreti autentici di questa cultura, l’azienda

5 Taylor, Ansoff e Brandeburg, Mintzberg, solo per citare alcuni caposaldi della letteratura, ma molti altri se ne potrebbero
ancora citare.
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riesce a raggiungere un reale vantaggio competitivo. Il ciclo del valore del Modello di
Costa - Giannecchini (2005), ad esempio, mette in evidenza come le Persone, le
Relazioni, le Prestazioni e i Valori, siano elementi non scollegabili tra loro. Il che fa
comprendere il valore strategico che un personale sapientemente motivato possiede
per l’azienda per cui lavora.
Si è visto poi nel tempo che non esiste un modello teorico astratto per la
gestione del personale (un’unica best way), quasi una sorta di ricetta
preconfezionata, valida per tutte le situazioni, ma che esso deve necessariamente
esser declinato nel contingente secondo un modello situazionale. La mappa della
realtà organizzativa, infatti, non sempre coincide con la realtà organizzativa.
Si è visto anche che tutto questo da solo non basta, tanto che ci si è posti al
fine la domanda: ma le persone in tutto ciò, quale spazio trovano? Cosa le motiva
per davvero? Cosa determina il loro senso di appartenenza, di coerenza all’azienda
in cui sono inseriti? Bastano, secondo le teorie del “goal setting”, solo i risultati attesi
(Latham, 2006)? O forse si deve considerare qualcosa d’altro? E se sì, cosa?
Le domande, funzionali alla presente ricerca, sorgono dal considerare come
nell’ambito della pubblica amministrazione, e anche negli enti previdenziali (Bodega-
Scaratti, 2013, pag. 63) pur in presenza di direttive e di ricerche volte a introdurre
nuovi sistemi gestionali e nuove sensibilità per il benessere organizzativo 6, pare
ancora essere preponderante invece il concetto di burocrazia meccanica di
Mintzberg. Con tale definizione si vuole indicare il concetto per il quale la
strutturazione della macchina organizzativa, predefinita e specializzata, è sì alla
ricerca dell’efficacia e dell’efficienza, dispone di un mercato ampio (determinato dal
monopolio esistente nell’erogazione di quel servizio) e di una clientela soddisfatta da
prodotti a ciclo lunghi e di qualità standard, e utilizza strategie di
competizione/riduzione sui costi e standardizzazione dell’output. Ma la cosa
sorprendente è che, anche quando si cerchi di introdurre tali meccanismi virtuosi per
la produzione di valore per la collettività, può persistere una configurazione
organizzativa nella quale il meccanismo prevalente di coordinamento è focalizzato
sulla standardizzazione dei processi lavorativi dimenticando così tutto il resto e
sviluppando quei noti comportamenti, nel rapporto con i propri stakeholders, definibili
come “personalità burocratica” e “stato di agente” (Bodega-Scaratti,2013, pag. 63) .

6Si veda ad esempio la direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica del 24/3/2004 e il programma Cantieri, da esso
coordinato, con il quale dal 2002 si è voluto rappresentare un nuovo modo di gestire il cambiamento e il miglioramento della
Pubblica Amministrazione. Al progetto collaborano molti soggetti tra i quali Anci, UPI, SSPA, Formez, SSPAL.
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Nel mondo accademico e consulenziale ormai è ampiamente condiviso come
non sia più possibile ricondurre le organizzazioni al mero concetto di “sistemi che
perseguono un fine mediante ordine e gerarchia” (Morgan, 2005) né a quello
solamente di “insieme coordinato di processi finalizzati ad uno scopo”.
Se è pur vero, infatti, che ogni organizzazione è l’insieme di strutture, di
cognizioni e procedure che servono per conoscere e agire, e dunque produrre
output, se è vero che esse sono unità complesse e strutturate in sottosistemi
funzionali, è altrettanto vero - come la sociologia ci ha indicato - che al tempo
stesso ogni azienda è anche un’ agenzia di socializzazione secondaria in cui il
soggetto lavoratore investe gran parte della sua individualità. L’organizzazione è
dunque anche agente di processi di apprendimento che porta gli attori primari,
inseriti in quel determinato contesto sociale e culturale, ad assimilarne le norme, a
condividerne il linguaggio, i valori, i codici di comportamento. E’ luogo, ancora, di
azione di dinamiche di gruppi e sottogruppi, che danno vita a pensieri di gruppo e a
vissuti di gruppo, come la psicologia sociale ha individuato nel tempo. Luoghi dove il
sociale (valori, ideologie, culture) e il personale interagiscono quotidianamente
(Lewin, 1951, Quaglino,1992) e dove si svolge una vita organizzativa che può
supportare o contrastare, facilitare o rallentare, se non addirittura affossare, ogni
altro intervento organizzativo (Quaglino, 2004). Considerando dunque la valenza, e il
peso nell’interpretazione e compimento della prassi lavorativa che dunque ha la
componente umana, pare interessante quanto afferma Baum (1987) circa la struttura
psicologica della burocrazia, dove le persone per reagire a delusioni e sofferenze
patite in un posto di lavoro così organizzato, operano una compensazione
aumentando la conflittualità interna o trovando vie di fuga (che vanno dal mero
disimpegno, alla piena deresponsabilizzazione o, ancora, all’esasperazione di quella
competenza tecnica che porta alla paralisi decisionale (Quaglino,2004, pgg. 79-92).
Tali aspetti sotterranei possono però diventare visibili. Anche di recente
l’applicazione della metodologia delle costellazioni sistemiche in ambito lavorativo
(Ruppert, 2006) ha rivelato ampiamente l’incidenza e il condizionamento della prassi
lavorativa, in una lettura sistemico-relazionale, ancora poco esplorata in Italia in
campo aziendale. Egli, attraverso l’analisi di casi concreti, pone l’attenzione
sull’effetto dei principi dei legami sistemici a livello organizzativo e di clima, sulla
soddisfazione professionale e individuale, rendendo possibile una migliore
comprensione delle situazioni problematiche.

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Secondo più modelli di intervento, allora, è chiaro che non si possono
separare in un‘organizzazione i processi dalle persone, la dimensione logico –
razionale da quella emotivo-affettiva, né che si possa scegliere, dicotomicamente a
priori, quale aspetto considerare prioritario. Esse inevitabilmente agiscono intrecciate
insieme e diventando manifeste entro le relazioni che si svolgono sui luoghi di lavoro,
dando così luogo a veri e propri sistemi viventi complessi, secondo la ben nota teoria
del campo (Lewin, 1936) ma anche secondo i più recenti studi dei sistemi e della
complessità (De Toni - Comello, 2005).Tutta la vita di un’azienda, come quella di una
persona, vede la compresenza e la relazione di entrambi i fattori, affettivo e razionale
insieme, uniti tra l’altro da un divenire continuo che attraversa situazioni sempre
uniche e diverse (Argentero, Cortese, Piccardo, 2008).
Ma cosa può contribuire a rafforzare questo legame e a renderlo visibile,
questi elementi che pur sono diversi? E le persone, quale spazio trovano nelle
organizzazioni? Cosa le motiva davvero? Cosa determina il loro senso di
appartenenza, di coerenza all’azienda in cui sono inseriti? Cosa può dunque aiutare
a legare (affiliare) le persone alle organizzazioni, a gettare nuovi ponti tra le acque
dell’instabilità contingente?
La domanda si fa tanto più impellente quando le organizzazioni attraversano
grandi e significativi cambiamenti, come nel caso oggetto della presente riflessione e
anche quando l’ente si pone in Italia quale modello per tutta la pubblica
amministrazione.
Si andrà a verificare, attraverso le interviste, se il collante che dà significato, e
dunque direzione e motivazione, è costituito da una parte dalla costruzione di una
storia, intesa come processo narrativo condiviso, come mitologia contemporanea,
che nasce dai significati attribuiti da chi ci lavora agli eventi vissuti, capace, dunque,
di dare significazione agli eventi medesimi. Dall’altra parte, dalle competenze
possedute dalle persone, laddove le attitudini e i comportamenti nelle organizzazioni,
che le rendono esplicite, sono il prodotto dell’interazione, del tutto soggettiva e non
meccanicistica, di tratti della persona e di fattori organizzativi.
In entrambi i casi, come si vedrà, storie e competenze, vanno anche ricercate
nelle parole delle persone, nelle loro storie ed emozioni.
Alle organizzazioni spetta dunque la capacità di enucleare la main history, quella
cioè che dia significazione al tutto (Bodega, Scaratti, 2013, pag.9) e la gestione
responsabile delle competenze secondo un modello, come si vedrà, fortemente
contestualizzato e che valorizzi il capitale umano.

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1.2 C’era una volta…. anzi c’è ancora

Gli eventi che modificano gli apparati organizzativi non modificano tout court
tutta l’organizzazione.
In psicologia delle organizzazioni è noto, infatti, che ogni organizzazione presuppone
oltre a un contesto e forme di attività specifiche, anche una peculiare cultura
organizzativa che si sedimenta nel tempo. Di fatto si può parlare di sistema azienda
solo se si è in presenza di un sistema di relazioni simboliche e di significati condivisi
costruito attraverso processi di interazione umana (Grambassi, 2000, pag. 158). Tali
significati accettati pubblicamente e collettivamente, che operano per un certo
gruppo e per un certo momento, possono essere definiti “la cultura organizzativa”
(Pettigrew, 1979) “un sistema di termini/parole, forme, categorie e immagini
condivise, valori e credenze, e aspettative che aiuta le persone a interpretare le
situazioni in cui si trovano ad essere”. E’ la cultura organizzativa a svolgere funzione
di reale collante, attraverso la condivisione di schemi di significato comuni (Siehl e
Martin, 1984) che contribuiscono a dettare le regole del gioco (Robbins, 1987)7.
La cultura organizzativa è, così, al tempo struttura e sistema, agente ed agito,
dove “ciò che c’era” continua ad esserci nel tempo, nelle pieghe dell’organizzazione.
Da un lato vi è dunque la cultura organizzativa, simbolica, che continua ad esserci
per la sua natura persistente e non modificabile, dall’altra vi sono gli apparati
organizzativi che si evolvono a secondo delle contingenze. La questione della
legittimità della gestione simbolica e dei limiti di applicazione dei tradizionali modelli
direttivi basati solo su razionalità e sulla consapevolezza è stata già posta da
Gagliardi (1986). Egli individua un processo incrementale per la gestione del
cambiamento culturale che include la “sperimentazione di nuove competenze” e la
“produzione di miti di riconciliazione” tra gli elementi costitutivi di ogni cambiamento.
Anche a livello di vita dei gruppi si può constare la creazione, e persistenza
degli aspetti simbolici nelle organizzazioni. In tal senso illuminante è l’analisi di
Quaglino (1992) per il quale il gruppo è attore psicosociale dell’organizzazione,
capace di dar vita a dinamiche interne. La nota più interessante per i fini del presente
elaborato è rappresentata dal fatto che il gruppo non è descrivibile solo attraverso le
dimensioni più visibili, quella Reale (ciò che in un gruppo è osservabile direttamente)

7 Robbins studiò le funzioni della cultura organizzativa identificando la regola dell’adattamento individuale delle persone
all’organizzazione, la trasmissione di un sentimento di identità organizzativa e senso di appartenenza, la definizione di significati
e regole di interazione, l’influenzamento delle dinamiche organizzative e istituzionali, il mantenimento della stabilità
dell’organizzazione e l’integrazione tra individui.
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e quella Sociale (che esprime le appartenenze e la storia delle appartenenze ai
gruppi, i legami e gli ancoraggi al substrato culturale). Quaglino individua altre due
dimensioni: quella Rappresentata, che offre, attraverso le immagini cognitive ed
affettive elaborate, una restituzione al senso di identità collettiva (e qui si intuisce
l’interesse crescente delle organizzazioni verso nuove metodiche quali l’internal
branding e lo storytelling) quale momento di sviluppo dell’affiliazione ai valori
aziendali, e quella Interna, quella più strutturata profondamente. Quest’ultima
appare la dimensione più significativa per la presente riflessione. A questo livello si
collocano infatti le fantasie, consapevoli o meno, che possono anche avere una
connotazione regressiva, dell’attività dei gruppi che compongono un’organizzazione.
Le attività del gruppo pertanto, da questo livello, possono essere ostacolate o
favorite, dalle fantasie che si fondano sulle emozioni intense e sui sentimenti
funzionali o disfunzionali, nel caso specifico, alle dinamiche d’integrazione.
E’ dunque nell’interazione, e nel reciproco influenzamento tra tutte e quattro le
dimensioni sopraelencate che prendono vita le dinamiche agite dalle organizzazioni
e dai sottogruppi che la compongono. E’ qui che si compone il teatro di svolgimento
degli eventi di cui le dimensioni rappresentano le chiavi di lettura possibile,
attribuendo significati diversi e differenziando i gruppi dai gruppi di lavoro. Sono solo
quest’ultimi, nella prospettiva offerta da Quaglino, gli unici a generare valore per
l’intera azienda in quanto portatori di valori di cooperazione e interdipendenza.

1.3 L’integrazione, un fenomeno stressante

Se a livello generale appare sempre più evidente come le imprese pubbliche


si trovino oggi a dover fronteggiare situazioni di continuo mutamento - con elevato
sforzo di costruzione della propria identità attorno ad un nucleo centrale di valori e di
credenze che cambiano, con il cambiare dei bisogni sociali, ma che sostengono al
contempo l’identità stessa e la cultura aziendale (Schein, 1990) 8 - non sempre
appaiono da subito evidenti gli effetti che ogni cambiamento genera all’interno delle
organizzazioni a tutti i livelli sopra considerati: a livello di cultura e di clima
organizzativo, a livello di interazione tra gruppi e di relazioni tra persone.
O meglio. Esistono molti modelli del cambiamento organizzativo (finalizzati
alla comprensione del cosa cambiare, come e perché), che si occupano di change
management dal punto di vista razionale, di gestione dell’organizzazione. Meno

8
I casi di Google e Apple, lo attestano in tutto il pianeta. Ma anche fenomeni altrettanto internazionali quali Ikea,
testimoniano il legame imprescindibile tra identità, valori, e valorizzazione del capitale umano.
15
frequentemente utilizzati appaiono invece i modelli relativi all’individuo. Il più noto è
quello di Lewin (1946), rivisitato da Schein (1990), che teorizzò un modello a tre stadi
(Scongelamento dei vecchi schemi mentali, Cambiamento e Ricongelamento dei
nuovi schemi mentali).
A volerlo applicare nel caso specifico, si può ritenere che a 18 mesi di
distanza ci si trovi ancora nello stadio dello Scongelamento iniziale: quello in cui il
personale, a fronte di un dato di fatto, deve trovare ancora una sua motivazione e
una sua disponibilità “interna” a cambiare e dove ancora metabolizzare la rinuncia a
qualcosa a cui era legato. La perdita minaccia la persona e determina uno stato di
incertezza e d’instabilità mentre al contempo si cerca di imparare un nuovo modo di
stare. Schein sottolinea, anche, come sia necessario per la riuscita del cambiamento
consentire alle persone di aderire ai nuovi punti di vista con i tempi necessari (tempo
= variabile strategica) prevedendo casomai delle burning platform per facilitare lo
scongelamento e predisporre le persone all’ascolto.
Ancor meno frequente nel change management in ambito pubblico, è il ricorso
a modelli di intervento finalizzati alla elaborazione del vissuto del cambiamento. E’
noto infatti che ogni cambiamento genera negli individui e nei gruppi resistenze
consapevoli o inconsapevoli, per difendersi dal cambiamento. Il cambiamento apre la
strada allora ad una fase di crisi, dove il nuovo non c’è ancora compiutamente e il
vecchio non c’è già più. Sono stati studiati in tal senso anche i fattori che, all’interno
delle organizzazioni, possono comportare ed incrementare la formazione di
sottoculture tra i quali, è stato riscontrato, vi è l’importazione di nuovo personale 9
come fattore destabilizzante. Tanto più nel caso in cui, come quello preso in esame
dal presente elaborato, il cambiamento si è determinato a seguito di un’operazione
improvvisa di merger and acquisition10. La realtà vissuta dagli interessati in questi
casi porta inevitabilmente a considerare, a considerarsi ,“vinti o vincitori” , in virtù del
fatto che “non c’è più nulla da conquistare”.
Ogni evento che generi un cambiamento improvviso ed imprevisto, come una
soppressione ex lege, che sposta persone e competenze ha, dunque, le
caratteristiche di una “brutta storia” (Quaglino, 2001). Ciò che si pone fuori dalla
propria storia, che non è integrabile nella propria identità, ha il sapore dell’evento

9 Di cui alcuni aspetti possono essere ortogonali, essere diversi ma non conflittuali, ma altri possono configurarsi come vere e
proprie controculture.
10
Termine che sta ad indicare operazioni di fusione e incorporazione aziendale e che rientra tra le modalità con cui un’azienda
può crescere orizzontalmente per via esterna. Diverse sono le strategie che danno luogo ad operazioni di questo tipo: strategia
di leadership, in cui si punta al raggiungimento e al consolidamento della posizione di mercato; strategia di crescita in cui si
punta ad accedere a nuovi mercati per implementare la logica di diversificazione settoriale del business; strategia di
razionalizzazione, come nel caso considerato, in cui l’obiettivo è quello di incrementare i livelli di efficienza dell’azienda,
attuando operazioni di concentrazione del core business o di integrazione a monte e a valle dei processi produttivi.
16
traumatico (Stanghellini-Rossi Monti, 2009). Si possono allora attivare sistemi di
resistenze trasversali, con un rischio possibile, nel medio periodo, di mettere in crisi
nell’organizzazione il servizio finale o ,nella migliore delle ipotesi, di abbassarne la
qualità, poiché ne incrina il significato condiviso. Non sempre infatti, percorsi di
crescita aziendali decisi a tavolino hanno garanzia di successo se l’azienda parte da
una situazione già ottimale (Davidsson, Steffens e Fitzsimmons, 2009).
Addirittura vi può essere il rischio concreto di perdere la posizione strategica
su cui si basa il vantaggio competitivo se il percorso si rivela incoerente (Porter,
1996, pag. 75) rispetto a scelte precedentemente effettuate. Alcune associazioni di
internal auditors, per far fronte al rischio, hanno previsto programmi formativi ad hoc
per identificare e porre limiti alle incompatibilità culturali che possono causare
problemi alle prestazioni. Nel caso di studio il rischio è stato ammesso dal Presidente
dell’Inps nella presentazione del Bilancio sociale dell’Istituto 2013 ma, come
vedremo, esso è percepito anche dal management intervistato.
Da questa serie di brevi considerazioni si può intravedere come alla nuova
realtà organizzativa del più importante Ente previdenziale, e non solo, italiano si
pone davvero il problema di trovare modalità, strumenti e leve per fronteggiare il
determinato rischio organizzativo. Dal punto di vista qui preso in esame, si tratta
della sfida ad includere nuovi soggetti, nuovi lavor-attori all’interno della propria
identità e lunga tradizione ma secondo un processo inclusivo rispettoso dell’alterità e
della tempistica necessaria. Si tratta quindi di dar vita ad una cultura che sia davvero
condivisa e non frutto di dinamiche assimilative, se non addirittura colonizzatrici, che
possono generare nel tempo forme di marginalizzazione o segregazione, con i
relativi risvolti sulla produttività personale, sull’efficienza ed efficacia dell’azione
amministrativa.
Il rischio altrimenti è quello che si operi un disallineamento a livello delle
quattro Dimensioni che costituiscono un sistema di relazioni organizzative, con
particolare riguardo alla dimensione Interna e a quella Rappresentata. Un
disallineamento potrebbe comportare la formazione di contenuti cognitivi e affettivi
non consapevolizzati, sulla base delle relazioni che spontaneamente si sono
sviluppate tra le diverse comunità culturali, e della conseguente messa in crisi
dell’internal branding aziendale.
Giova ricordare infine, come a livello individuale in ogni cambiamento si dà
avvio necessariamente ad alcune fasi predeterminate, anche se non preordinate,
secondo il modello reattivo a 5 fasi di Kubler Ross (1976). In base a questo modello

17
ciascun individuo non può che reagire personalmente, al cambiamento (e in ciò
andrebbe supportato mediante azioni ad hoc), la sua capacità propositiva di
adattamento passa per la comprensione cognitiva dell’evento e la sua parallela
metabolizzazione affettiva. Davanti ad un evento improvviso si offre solo la possibilità
di una costruzione di senso (Frankl,1946), la necessità di attribuire senso e
significato a quanto sta accadendo (Weick,1997).
In caso di fusione e conseguenti azioni, la significazione per essere
funzionale al fine dell’integrazione, non può veicolare un’idea di cambiamento come
strumento di dominio per imporre la propria visione agli “altri”. Più che un mero
mantenimento di valori tradizionali si deve puntare alla realizzazione di una identità
in cui i diversi soggetti, gruppi, comunità che hanno provenienze diverse, possano
rispecchiarsi. O per lo meno deve realizzarsi nella costruzione di un senso condiviso
per la nuova comunità organizzativa che si è venuta a creare. “Solo la narrazione si
nutre di alterità, e vede in essa una possibilità di un quid novi verso cui protendere la
propria capacità di assimilazione, di crescita e di elaborazione” (Stanghellini -Rossi
Monti, 2009).
Solo l’effettiva presenza organizzativa dei soggetti coinvolti, il coinvolgimento
del processo di cambiamento avviato, può sostenere il cammino in atto (Argentero,
Cortese, Piccardo, 2008). Soprattutto in tempi di forti accelerazioni e di scenari
mutevoli, si possono placare i sentimenti di incertezza, paura e rabbia che si agitano
sotto l’apparente superficie apollinea e rassicurante dello svolgimento della
prestazione lavorativa nelle organizzazioni.
All’interno di questo quadro, dunque, in particolare i processi di integrazione
paiono costituirsi inizialmente come una brutta storia, nel senso che rappresentano
tutti quegli indicatori che rivelano la presenza di tale equazione: razionalizzazioni
degli uffici, semplificazione delle funzioni con relativa cessazione di posizioni apicali,
spostamento di personale, stravolgimento delle reti di relazioni informali che formano
il tessuto connettivo delle organizzazioni, tessuto vivo e dinamico, ma sempre alla
ricerca del suo equilibrio.
A tutto ciò si aggiunge, inoltre, il fatto che è mutato anche il tradizionale
contesto storico caratterizzato da una nuova cultura organizzativa per la pubblica
amministrazione, sviluppatasi in Italia a partire dagli Anni Novanta. Sono state
stravolte le regole di ingaggio, richiedendo il raggiungimento di prestazioni sempre
più efficienti, e sono cambiate le richieste facendo entrare in gioco, pena il mancato
raggiungimento della qualità della prestazione richiesta, i processi di motivazione

18
personale e il senso di autoefficacia. Ciò è il caso soprattutto degli enti previdenziali
oggetto del presente lavoro, i primi, assieme alle Agenzie, a introdurre i cambiamenti
richiesti dal legislatore. Già prima della Riforma Brunetta (L.150/2009) viene valutata
la performance lavorativa del personale al fine di migliorare la qualità e
l’efficientamento della struttura. Al riguardo è assai attuale il dibattito di quanto e in
che misura un sistema di performance management influisca direttamente sulla
performance più complessiva di un’organizzazione (Valotti, 2009). La dinamicità degli
scenari economici ha, dunque, presupposto un incremento della dinamicità delle
organizzazioni, il che impone la presenza di “capitale umano” motivato e dotato
anche di capacità di resilienza per far fonte al processo di cambiamento continuo
dell’ultimo ventennio. Molta della letteratura sullo sviluppo organizzativo ha
sottolineato come nei quadri di incertezza emerge che i fattori di successo dipendono
quasi del tutto dagli uomini che vi prendono parte. E in tale contesto l’integrazione
può divenire effettivamente un fattore stressogeno.
Da più parti, e a più voci, è sostenuto che sono le persone, il vero valore
aggiunto, le risorse su cui investire, anche perché depositari delle competenze
necessarie a superare le sfide poste dal contesto presente. Ormai è noto anche che
il valore del capitale sociale (inteso come patrimonio di fiducia, di relazioni
interpersonali consolidate e funzionali agli obiettivi (Weick,1997) è in relazione al
capitale umano11. Ogni organizzazione deve, pertanto, identificare una situazione di
equilibrio tra bisogni individuali dei membri presi singolarmente, quelli dei gruppi
(formali o informali) ai quali danno vita e il bisogno di equilibrio stesso (Johnson S.,
1998). E sono, ancora, le persone che nell’organizzazione formano una rete di
comunicazione in cui passano informazioni e scambiano messaggi (Barnard, 1968)
dando così luogo a un complesso di relazioni entro cui è preminente lo scambio di
significati. Il considerare l’organizzazione anche da questo punto di vista ribalta
completamente la prospettiva, il punto di vista statico che pone in seconda istanza la
comunicazione relegandola a mero strumento di connessione di uffici, di ruoli, di
procedure.
Raramente si osserva che il cambiamento offre, e viene gestito e vissuto,
come un’opportunità di innovazione dirompente “disruptive innovation”; (Dyer,
Gregersen, Christensen, 2012) per l’organizzazione nel suo complesso e nel suo
divenire. Capita frequentemente, di fronte ad ogni cambiamento organizzativo, che le

11In Inps tale percezione si trova confermata nel lavoro di Giuseppe Balucani, dirigente Area Risorse e Attività di Staff della
Direzione regionale della Lombardia nel suo Knowledge Time, Appunti di viaggio nell’Organizzazione dell’INPS, Milano, 9
febbraio 2012
19
persone, diano una lettura di ciò che sta accadendo più in termini di “ciò che si
perde” piuttosto che di ciò che si guadagnerà (Spencer,1998).
Come spesso avviene, la sfida, o meglio questa serie infinita di sfide, può
dunque esser vissuta come una minaccia o come un’opportunità.

1.4 L’organizzazione irrazionale

ll modo in cui le emozioni si legano alle circostanze della vita, anche quelle
lavorative, è spesso sotterraneo e plasmato da esperienze filogeneticamente e
ontogeneticamente antiche (De Vries, 2001). Ha a che fare con il mondo personale
dei lavoratori. Esse agiscono a livello personale e interpersonale o nei livelli di
maggior complessità sociale, quali gruppi e organizzazioni.
Non conta che sia la componente affettiva ad influire sul pensiero, indirizzando
l’attenzione sull’obiettivo attuale o spostandola su un altro, o che siano i processi
cognitivi, guidando l’attenzione a rilevare stimoli particolari, ad evocare l’emozione
associata a quel genere di stimoli. Il rischio non cambia per l’organizzazione. In
entrambi i casi sul posto di lavoro si possono instaurare forme di collusione
emozionale (De Vries, 2001, Quaglino, 2004) che si fonda, organizzando la
costruzione delle relazioni sociali, sulla presenza di emozioni condivise ma non prese
in carico dall’organizzazione stessa12.Quando la collusione è agita senza essere
consapevolizzata, si traduce direttamente in comportamenti disfunzionali agli obiettivi
e al conseguimento della performance aziendale (Vaughan, 2004).
Anche a livello sistemico - come hanno rilevato nell’ambito della psicologia
sociale le scoperte sul funzionamento dei gruppi e sulla categorizzazione sociale
(Bion, 1961) - più crescono gli elementi di incertezza di un ambiente e più aumenta la
possibilità di cadere in stereotipie e pregiudizi per compensare gli elementi
ansiogeni. E più frequentemente si verifica di conseguenza la possibilità che si
instaurino fenomeni collusivi e di dinamiche conflittuali, solo apparentemente
inspiegabili. Sono noti i vantaggi collegati a tali fenomeni. Essi risiedono nel poter
trarre inferenze, ed eliminare le informazioni irrilevanti per il gruppo, risparmiando
così lo sforzo di considerare tutti gli aspetti peculiari di ogni situazione che si presenti
a livello di interazione e in termini di economia nei processi di decision making. Tale

12La questione non si pone però in termini meramente meccanicistici di causa-effetto, poiché anche se le organizzazioni
possono vincolare, programmare, obbligare i comportamenti dei propri dipendenti in senso stretto non possono né ordinarli né
determinarli.
20
meccanismo comporta, però, un costo. L’esagerazione delle differenze tra i gruppi e
l’aumento degli elementi di similarità ingroup alimenta il nascere degli stereotipi di
gruppo (Smith, Mackie). Negli stereotipi si riflettono le emozioni che i componenti di
gruppo sollecitano negli altri, producendo effetti importanti sulle interazioni faccia a
faccia con gli individui, appartenenti ai gruppi stereotipizzati. E poiché gli stereotipi
non descrivono mai i gruppi per quel che sono effettivamente, ma per i ruoli sociali
assegnati in un particolare gruppo e che ne influenzano il comportamento dei suoi
membri, si aggiunge il rischio di sovrastimare l’uniformità ingroup. Ciò comporta il
fenomeno del serrare le fila, e la rigidità delle aspettative che possono portare alla
discriminazione 13 e a far correre il rischio che particolari individui possono in tal
modo avere un effetto sproporzionato sulla formazione degli stereotipi di gruppo14.
Da questa prospettiva suggerita dalla psicologia sociale, un evento come quello
di una fusione aziendale non può non avere ripercussioni sulla rete di relazioni
interne, se il valore di un’azienda risiede nella distintiva e unica miscela di risorse che
la caratterizzano, più che nelle risorse materiali e tangibili, e nella fiducia delle sue
relazioni interne. Può incidere sull’acuirsi delle dinamiche ingroup/outgroup, con il
rischio di aumentare la conflittualità tra gruppi o, nella minore delle ipotesi, di
limitarne la collaborazione, prima, impedendo lo svilupparsi dell’interdipendenza e
l’integrazione effettiva poi (caratteristiche esclusive dei gruppi di lavoro). E possono
verificarsi anche gli effetti della correlazione illusoria, tra caratteristiche insolite dei
gruppi, sia gli errori di corrispondenza innescati da precisi ruoli.
Ora poiché l’organizzazione non è mai data a priori ma costruita dalle scelte, dalle
decisioni e dai gesti di coloro che in essa operano, tali misunderstanding tra gruppi si
riversano inevitabilmente nell’organizzazione stessa.
Il suggerimento che qui si può cogliere è che la collusione e la stereotipizzazione,
sono, dunque, criteri di ordinamento del processo in atto e che vanno posti
preliminarmente ad ogni azione di intervento rivolto alla gestione dei processi di
integrazione.
Ogni “intelaiatura istituzionale” non può, infatti, che avere un carattere
contingente, che preveda fasi di negoziazione di senso tra comunità differenti,
sviluppo personale e partecipazione al cambiamento. Altrimenti il rischio è quello di
alimentare un ciclo perpetuo di situazioni stressogene con conseguenti reazioni di
tipo affettivo-emotivo e comportamentali che si manifestano poi con mutamenti nelle
prestazioni richieste, nell’aumento di periodi di assenza per malattia e disturbi

13
Elior R. Smith, Diane M Mackie, Psicologia sociale, Zanichelli, pag. 140.
14
Si veda l’esperimento al riguardo condotto assieme ad altri colleghi di Myron Rothbart, 1978.
21
fisiologici (mal di testa, emicrania, disturbi della digestione (Gabassi, 2000, pag 232),
finendo con l’impattare sulla performance organizzativa. Le recenti novità legislative
introdotte in tema di sicurezza dal Decreto Lgs.vo 81/2008, ovvero la parte dedicata
15
gli aspetti di stress da lavoro correlato, ne sono indicatori preziosi.
Tali considerazioni suscitano allora altre domande. Quali significati e quali
emozioni passano in situazioni di fusione aziendale. Cosa fortifica, e cosa
indebolisce, da questo punto di vista un’organizzazione? Cosa la fa funzionare
meglio e cosa no? Sono queste alcune delle domande su cui si cercherà di proporre
una riflessione, attraverso la conduzione di quattro interviste ad altrettante funzioni
strategiche del top management del neo-Inps, come si vedrà più avanti, consapevoli
di porre solo alcune prime timide riflessioni che richiederanno più tempo per gli
opportuni approfondimenti.

15
Altri indicatori che potrebbero esser considerati in tal senso sono il clima organizzativo, l’identità aziendale e identificazione
dei propri collaboratori, la soddisfazione dei clienti, utenti e destinatari, le misure connesse alla stakeholdership, etc.

22
CAPITOLO 2. L’integrazione Inps-Inpdap: uno sguardo da vicino

2.1 La sfida nei processi di integrazione aziendale

Tirando le somme delle precedenti considerazioni, nel caso preso in esame la


sfida in atto pare configurarsi nel tentativo di riuscire ad attivare simultaneamente
iniziative di vario tipo, comunicative, formative, gestionali, al fine di promuovere le
leve strategiche per facilitare l’integrazione. Varie possono essere allora le azioni
possibili: l’implementazione della leadership trasversale, l’incremento delle azioni di
negoziazione, tra le diverse culture compresenti, il team building e il networking.
Anche l’individuare il valore dell’identità può contribuire in tal senso. Utile poi il
ricorso ad azioni di employer branding16 (Sullivan, 2004), con l’obiettivo di suscitare
e rendere visibile l’orgoglio aziendale, di supportare i dipendenti ad acquisire i valori
dell’impresa in cui sono inseriti (Frook, 2001) e di identificare le opportunità di
innovazione e il valore del progetto complessivo. L’obiettivo è quello di individuare e
rendere patrimonio comune a tutti i livelli, funzioni e ruoli dell’organizzazione anche
gli eventuali vantaggi, oltre ai costi – come abbiamo visto percepibili immediatamente
- dell’operazione di acquisizione. Ovvia e necessaria premessa per la realizzazione
di tali passaggi è la sinergia, a qualsiasi livello, tra le funzioni nel cui ambito ricadono
le diverse iniziative considerate. Giova allora passare dal concetto, tradizionale nelle
aziende, di nodo tipico delle organizzazioni reticolari (considerato quale punto di
congiunzione tra le parti ma che trascina con sé anche l’immagine di tensione tra
vettori contrastanti) a quello di snodo, punto di raccordo distensivo che, rendendo
articolabili gli elementi rigidi, contribuisce a rendere flessibili le strutture (Civelli,
Manara, 2002).
Tale passaggio preclude a una svolta copernicana nelle organizzazioni,
soprattutto quelle di matrice culturale pubblica, sotto il profilo dei rapporti sociali
interni, e determina un’opportunità, anche per il singolo, poiché gli dà la possibilità di
porsi come l’essere-in-relazione, l’essere collegato agli altri, (unica dimensione
possibile che dà dignità alle persone e che permette al singolo di divenire
ambasciatore della propria attività (Gatti, 1992).
Ogni organizzazione di servizio pubblico, anche la più grande, per rimanere
competitiva oggi sullo scenario in continuo divenire, necessita che ciascun

16 Tradizionalmente il concetto di brand è legato al prodotto o alla marca di una azienda, e dunque al marketing, ma di recente
ha trovato ampio consenso anche nell’ambito dell’ approccio all’organizzazione dell’ Human Resource Management (HRM).
L’employer branding, pertanto necessita di unire e rendere sinergici diverse funzioni aziendali. Essa permette di attrarre,
trattenere e gestire il capitale umano e inserirlo al meglio nella cultura organizzativa specifica.
23
componente abbia chiaro l’importanza di esser al servizio degli altri snodi, degli altri
interlocutori, degli altri portatori di interessi. Ciò comporta anche a presupporre
l’acquisizione della competenza della responsabilizzazione (accountability), ovvero la
consapevolezza, posseduta dalla persona, di rispondere nei confronti degli altri
(Gardner, 2006)17.
L’importazione e il diffondersi di tal concetto dentro le aziende ha comportato lo
sviluppo della stewardship 18 (Block 2012). Si tratta della strategia di gestione
responsabile che introduce un principio etico nella valorizzazione delle risorse,
favorendo il convergere di interessi diversi nei processi decisionali, e la
consapevolezza di rispondere nei confronti di ciascun altro interlocutore interno ed
esterno non solo di quelli posti negli snodi più alti. Finalmente, si potrebbe dire, una
strada è stata segnata per conciliare le differenze tra un approccio di tipo aziendale
neo-meccanicistico con uno di tipo etico, psicologico, sociologico e motivazionale.
Aldilà del fatto che la stewardship si configura anche come insieme di pratiche e
di procedure per orientare in modo etico le decisioni e i comportamenti nelle
organizzazioni, qui preme rilevare come, tra le diverse forme di innovazione richieste
nei processi di cambiamento, con essa trova il proprio spazio anche la possibilità,
con le opportune leve, di attivare precisi comportamenti in tal senso nelle singole
persone.
Tale competenza è il risultato di un insieme di altri fattori veicolati attraverso la
cultura organizzativa a partire proprio dal significato che il brand riveste per i
dipendenti. Esso può così diventare un fattore relazionale capace di unire i
comportamenti individuali entro un significato collettivo. E’ il brand che contiene
quanto l’impresa vuole comunicare, ciò che essa è stata, è attualmente e sarà,
ponendo l’equazione marca = esperienza che il cliente fa di quel servizio o prodotto.
Ed è l’internal branding, la nuova pratica multidisciplinare a supporto per la
gestione delle risorse umane, che aiuta a responsabilizzare i dipendenti,
influenzandone in particolare il comportamento verso i valori e le strategie di
business, rendendoli capaci di trasferirli al pubblico con il quale essi entrano in
contatto 19 . L’immagine aziendale, ovvero quell’insieme di percezioni, razionali e
consapevoli, ed emotive, consapevoli e inconsapevoli, che i lavoratori, a qualsiasi
livello hanno della propria realtà lavorativa, diventa importante nel momento in cui

17 Illuminante al riguardo le cinque chiavi proposte da Gardner per far fronte al futuro: saper padroneggiare maggiori teorie,
saper integrare idee e conoscenze, saper affrontare problemi nuovi, consapevolezza delle differenze tra culture diverse,
l’accettazione delle proprie responsabilità personali.
18
Parola quasi intraducibile di origine anglosassone (steward letteralmente: chi è al servizio) il cui significato italiano
corrisponde a “gestione etica delle risorse e delle relazioni".
19 Interessanti al riguardo le ricerche effettuate dalla Canadian Marketing Association negli ultimi anni (vd. Sitografia).

24
riesce a creare un sistema di riferimento e di controllo capace di garantire l’efficacia
dell’organizzazione nel tempo.
L’esperienza dell’integrazione, a seguito di fusione e acquisizione di aziende
diverse, non può non creare effetti anche a questo livello. Alcuni case history
aziendali, anche italiani 20 , dimostrano come l’efficace comunicazione dei valori
aziendali al proprio interno, ovvero la diffusione dell’internal branding 21 , possa
contribuire a migliorare persino il contratto psicologico in essere tra datore di lavoro e
lavoratore - che va ad affiancarsi al più tradizionale e riconosciuto contratto giuridico
- che determina anche l’insieme delle aspettative riguardo a doveri e obblighi
reciproci. Ma solo il primo va a influenzare il comportamento della risorsa umana
perché crea i suoi effetti anche a livello di benessere organizzativo, mettendo in
risalto lo spirito di collaborazione personale, il senso di onestà e di correttezza del
lavoratore sia verso i vari elementi dell’organizzazione sia verso l’utenza esterna.
La capacità di saper costruire sane relazioni con i colleghi diventa, anche per
questi aspetti, una competenza cruciale nei processi d’integrazione. Essa impatta sul
ciclo del valore, considerata l’importanza rivestita dal concetto di relazione visto in
precedenza. Solo essa apre la porta alla collaborazione, alla cooperazione alla
realizzazione di effettivi gruppi di lavoro capaci di generare il valore ricercato
dall’azienda. Sempre dentro tale ciclo infine diventa fattore incentivante e motivante
anche la possibilità di un ottenere, attraverso l’esperienza della gratificazione
relazionale, un riscontro psicologico, oltre che economico, per la prestazione
erogata.
Nelle aziende non ci si può limitare dunque al solo aspetto del conseguimento
dell’efficienza produttiva come le teorie e i modelli della Total Quality Management
(TQM) e della Customer Relationship Management (CRM) poi, hanno indicato. La
qualità non può che essere considerata la risultante di un tessuto organizzativo sano
e vitale capace di intrecciare certamente relazioni esterne, con gli stakeholder, ma
anche - e soprattutto in primis - capace di curare quelle interne e non solo dal punto
di vista funzionale. Ciascuna delle due richiede intensità e diversità di linguaggio suoi
propri.
Ci si trova infatti a dover affrontare situazioni nuove che sollecitano l’attivazione di
nuove competenze quali la flessibilità, la capacità di adattamento, la costruzione di

20E’il caso ad esempio della società Elica azienda italiana che produce cappe da cucina, divenuta leader mondiale del settore,
che ha fatto un grande investimento sui suoi dipendenti e sul loro benessere, come ha confermato il direttore delle HR M.
Scippa, in un’intervista su italiaOggi 14/12/2009.
21 Nuova strategia anch’essa centrata sul brand, che utilizza le logiche e le strategie del marketing per comunicare il valore e il
significato del marchio ma si rivolge al pubblico interno all’azienda.
25
nuovi network, la cultura della diversità, la diversity management, che si pone quale
uno dei nuovi obiettivi del change management. Le persone possono esser diverse
in molti modi, anche semplicemente sotto il profilo delle esperienze maturate.
Puntare sulle reciproche diversità vuol dire allora valorizzare il potenziale di
ciascun lavoratore, favorendo l’aumento della motivazione dei singoli, contribuendo
in tal modo a generare effetti positivi sul clima con le conseguenti ricadute sotto il
profilo prestazionale, e di determinare positivi impatti economici sull’organizzazione
(Giuffredi, 2004)22.
Tutto ciò significa anche saper padroneggiare la complessità delle conoscenze,
la molteplicità dei modelli possibili, la capacità di saper stare nell’incertezza.
Una trasformazione culturale in tal senso permetterebbe, infine, di contrastare
quel fenomeno di dispersione di parte del sistema di conoscenze e di quello delle
esperienze - rischio insito in ogni processo di cambiamento e di integrazione – e di
limitare la rincorsa a piegare le persone dentro la rigidità di una struttura predefinita,
mediante la riconversione forzata del capitale umano a disposizione invece che la
sua effettiva valorizzazione.

2.2 Inps-Inpdap: alcune differenze

L’Istituto nazionale della Previdenza Sociale (INPS) è il principale ente italiano


di sicurezza sociale e con l’integrazione di Inpdap è divenuto uno dei maggiori enti
previdenziali europei. Tanto per capire 23il volume gli utenti Inps sono il 72,09% del
totale dei residenti in Italia, mentre sono l’83,7% sul totale dei residenti in età da
lavoro e anziani. La spesa del portafoglio completo delle prestazioni, pensionistiche,
assistenziali, creditizie e di welfare, su PIL ammonta al 18,9%, mentre gli assicurati
sono il 98;1% del totale degli occupati e l’87,7% della forza lavoro per un numero di
pensioni erogate pari al 90,2% del totale delle pensioni. La spesa pensionistica
gestita dall’ente previdenziale è pari al 15,9% del PIL e al 34,8% della spesa
pubblica complessiva del paese. I numeri sono decisamente significativi
dell’importanza del nuovo ente, ponendosi come principale attore nell’attuazione
delle politiche previdenziali e sociali del paese. Al suo interno si riscontrano a
distanza di quasi due anni dalla Legge 214/2011, che ne ha sancito il comune

22 Interessanti sono in tal senso le esperienze condotte da British Telecom, BBC e Citygroup.
23 I dati sono tratti dalla Relazione Annuale del Presidente per l’anno 2013.

26
destino, ancora le tracce di due Enti pubblici non economici con due sistemi e
culture organizzative diverse.
Nella tabella seguente si riportano solo alcune delle principali differenze che
contraddistinguono le due Gestioni ora unite sotto il brand INPS:

INPS INPS
Gestione privata Gestione pubblica
(Ex INPDAP)
n. personale 27.000 dipendenti 8.000 dipendenti
n. posizioni lavorative 19,9 milioni 3,5 milioni
Modello organizzativo Per flussi e in tempo reale Per processi
Snellimento dei processi Snellimento delle procedure di Presenza ancora di figure di
controllo burocratico controllo per la revisione delle
pratiche amministrative;
livello di responsabilità diversa quadri intermedi allo stesso
attribuita ai quadri intermedi; livello;
potere di firma per i responsabili no potere di firma ai
di posizione organizzativa responsabili di Posizione
organizzativa
Contabilità con partita doppia Contabilità semplice

Rapporto con l’utenza On line Tramite Enti datori di lavoro

Tasso di copertura digitale 99,8% Dal 1 agosto completata la


dei processi e servizi telematizzazione delle domande
on line
Telematizzazione Forte spinta a partire dagli anni Forte spinta a partire dagli Anni
‘70 2000

In base allo scenario esterno di riferimento (aziende private in un caso, altre


pubbliche amministrazioni statali o locali dall’altro) si sono dunque configurati negli
anni una diversa reingegnerizzazione dei processi di lavoro e un diverso modello di
citizen care. Ciascuno dei due enti si è strutturato in base alle esigenze
rappresentate dal numero e dalla tipologia dei propri interlocutori e stakeholder e
dalle loro richieste stratificatesi nel tempo. Si è così pervenuti a due modelli diversi
di funzionamento in relazione alle attese degli interlocutori. Inps ha puntato di
recente sull’organizzazione per flussi, andando a equilibrare l’area di controllo dei
flussi contributivi e informativi con quella di servizi di agenzia. Dall’altra Inpdap,
organizzazione di minori dimensioni e con meno tradizione alle spalle, è approdata
al modello per processi. E con ciò modelli di cultura, stili direzionali, climi

27
organizzativi completamente diversi, anche se, in entrambe, si può riscontrare il
driver fondamentale dell’orientamento all’utenza (come si evince dalla lettura delle
Linee di indirizzo del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza e dai documenti di
programmazione dell’Ente). Entrambe poi sono il frutto di ulteriori precedenti
incorporazioni. L’Inps, il cui nucleo originario viene fondato nel 1898, ha un secolo di
vita alle spalle, ha subito nel corso del tempo numerose trasformazioni e
incorporazioni. L’Inpdap di più recente costituzione, ha assorbito parte del personale
degli Istituti di Previdenza prima e del Ministero del Tesoro, finendo poi con l’Enam,
in occasione del trasferimento di competenze gestite da quegli enti.
Cogliendo, dunque, l’invito (Soro-Acquaro Maran, 2008) a considerare
l’organizzazione come un processo costituito da numerosi processi parziali, è in base
alla specificità di quei medesimi sottoprocessi che si definisce la particolarità del
processo/organizzazione (Argentero, Cortese, Piccardo, 2008).
Diverso è anche il modello di comunicazione con i propri stakeholder:
maggiormente telematizzato quello dell’Inps, che ha completato oramai il suo
modello di tecnologia relazionale con servizi on line a 360 gradi, maggiormente
relazionale quello dell’ Inpdap che ha mantenuto con più elasticità il tradizionale
modello face to face, integrando soprattutto nelle relazioni funzionali anche altri
soggetti, come nel caso delle altre Pubbliche Amministrazioni, centrali o territoriali,
quali enti datori di lavoro.
Da questo primo sguardo, che vuol essere meramente introduttivo e
funzionale al presente elaborato, senza la pretesa di essere esaustivo, appare
comunque chiara la conferma di come esistano nei due enti regole, campi di azione,
competenze e saperi diversi, con anche differente disegno organizzativo, divisione
del lavoro e routine, memoria storica, valori e modelli culturali differenti,
comportamenti organizzativi e manageriali differenti.
Dall’analisi dei primi 18 mesi di vita della nuova realtà previdenziale si possono
leggere tra le righe della quotidianità alcuni indicatori del sorgere di fenomeni di
interazione tra sottogruppi. Una chiave di lettura in tal senso è offerta dalla psicologia
sociale. Pregiudizi di gruppo e di pensiero stereotipato nei confronti
dell’appartenenza avversa si possono cogliere nei corridoi, nel chiuso delle stanze,
davanti alla macchinetta del caffè, ma anche nell’arena virtuale di Agorà24. Esiste un
Noi e un Loro, che non si cancella con un colpo di spugna, come spontaneamente
qualcuno vorrebbe. Si sa che le prime impressioni - che siano relative a gruppi o a

24 Social network per la comunicazione interna che promuove scambi funzionali ma anche informali tra i dipendenti.
28
individui non cambia - tendono ad essere potenti, a condizionarne gli sviluppi di
interazione e dunque ad essere condizionanti e duraturi. Altrettanto noto è che
spesso gli stereotipi influenzano pensieri e comportamenti delle persone in modo
tale da essere persistenti. “Noi siamo telematizzati, voi no……Voi siete talmente
settorializzati da perdere la visione di insieme…. Voi siete burocrati….. noi no…. Noi
siamo seri, voi superficiali… “. Sono solo alcune delle frasi sentite più o meno a
bassa voce. In ogni caso appaiono come indizi del verificarsi delle più tradizionali
dinamiche della psicologia dei gruppi sociali25.
Servirebbe dunque alla luce di quanto esposto immergere in un universo comune
narrativo una comunità di persone appartenenti a gruppi e prassi storicamente
diversi, gioverebbe valorizzare la storia e l’anima delle due componenti anche
necessariamente dando voce alle distanze e alle differenze per operare su nuovi
obiettivi e nuovi orizzonti posti.

2.3 Inps/Inpdap: primi 18 mesi

A fronte degli inevitabili processi sopradescritti, e al fine di collocare le


interviste nel contesto aziendale e nelle azioni intraprese, pare interessante vedere
quanto si sta facendo in Inps al riguardo nei primi 18 mesi di percorso finalizzato
all’effettiva integrazione, decisa per effetto dell’acuirsi della crisi economica, che nel
corso del 2011 ha determinato da parte del Governo l’adozione di diversi interventi
legislativi finalizzati alla stabilizzazione finanziaria e alla riduzione del debito
pubblico, comportando anche scelte di economia di scala e che hanno avuto naturali
ricadute anche sull’attività istituzionale dell’Inps. 26
In sintesi si riassumono di seguito alcuni dei passaggi principali finora realizzati:
1) Definizione di un’apposita strategia aziendale, adottata con determinazione
presidenziale n. 5804/2012, volta al mantenimento dell’efficienza
organizzativa e gestionale tipica dei due enti previdenziali, che annunciava la
valorizzazione del capitale umano e delle specializzazioni possedute dal
personale dei due istituti, nonché l’utilizzo della leva tecnologica e dello
sviluppo della multicanalità e della accessibilità;

25
Gruppo sociale è quel gruppo formato da tre o più persone che condividono una qualche caratteristica socialmente
significativa per loro o per gli altri (Shaw, 1976, Tajfel e Turner, 1979).
26
L. 183 del 12.11.2011 (Legge di stabilità 2012) recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato ha disposto, tra le altre previsioni, misure di razionalizzazione degli enti previdenziali con conseguenti risparmi di spesa in
termini di un importo complessivo per INPS e Inpdap non inferiore a 48 milioni di euro (saldo netto) per il 2012, 10 milioni per il
2013 e 16,5 milioni annui per il 2014. Il decreto legge 201 del 6 dicembre 2011, convertito con legge 214/2011 (disposizioni
urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici) all’art. 21 ha comportato la soppressione dell’Inpdap dal
1/1/2012 al fine di garantire la convergenza e l’armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l’applicazione del metodo
contributivo e migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa.
29
2) In merito alla dimensione organizzativa, revisione della struttura organizzativa
di INPS, con la creazione di nuovi modelli integrati per le strutture territoriali e
creazione della Direzione centrale della formazione e sviluppo competenze in
grado di governare il delicato processo in corso. Parallelamente si sta dando
corso ad una “intensa attività per integrare i processi di lavoro, ottimizzando
spazi e eliminando ridondanze di funzioni e altro degli Enti che convergono
nell’Istituto… dove tutti dovranno sentirsi appartenenti ad un unico ente,
contribuendo con le esperienze, i valori, la cultura degli istituti di provenienza”.
(Messaggio Hermes, n. 011505 del 17/7/2013, Segreteria del Direttore
Generale).
3) Ricorso alla leva formativa, considerata il motore del processo di integrazione
Fin dal 2012 sono state messe in atto alcune iniziative per un percorso
formativo27:
 A livello centrale per management è stato tenuto un apposito seminario
28
al fine di fornire gli strumenti di lavoro utili a governare il processo di
integrazione tra INPS, INPDAP ed ENPALS e le conoscenze
specialistiche, funzionali al ruolo di direzione delle strutture
territoriali.
 A livello regionale sono state previste alcune giornate di incontro per i
responsabili di processo al fine di promuovere una prima conoscenza
su modelli organizzativi, sui servizi offerti e sulle modalità e canali di
interazione con l’utenza.
 Elaborazione di un piano straordinario della formazione al fine di
promuovere la conoscenza tra comunità di pratiche.
 Predisposizione per l’autunno 2013 di un progetto nazionale
denominato “Vasi comunicanti “ per facilitare la conoscenza reciproca
delle due comunità esistenti;
 Previsione di interventi per “l’allocazione ottimale, sviluppo e
valorizzazione delle persone, legati strategicamente al miglioramento
del funzionamento organizzativo e dei servizi, orientati a migliorare e a
potenziare le competenze tecniche e relazionali delle persone,
declinando la cultura del servizio e dell’integrazione in interventi molto

27 Vd. a pag. 51 l’elenco completo delle attività formative effettuate verso l’integrazione.
28 dal titolo “La Direzione al servizio del territorio” – Seminario formativo per Dirigenti - percorso di integrazione funzionale.
Destinatari dell’intervento sono stati i dirigenti di seconda fascia di ruolo INPS e i dirigenti di seconda fascia di ruolo nelle
gestioni ex INPDAP ed ex ENPALS)
30
operativi, come action learning e simili” (Messaggio Hermes, n. 011505
del 17/7/2013, Segreteria del Direttore Generale).
 Creazione di un’accademia della formazione (corporate university) con
il compito di accompagnare lo sviluppo dei talenti e i profili di
eccellenza, al fine di realizzare una omogenea cultura di appartenenza.
4) Relativamente alla Comunicazione interna, si è provveduto invece alla
creazione sul sito intranet aziendale di una sezione dedicata all’integrazione
dal titolo “Verso l’integrazione”. Obiettivo è stato quello di dare una prima
risposta, concreta e veloce, rispetto all'esigenza di costante aggiornamento
sui passi in avanti nel percorso di integrazione avviato tra Inps, ex-Inpdap ed
ex-Enpals. Perciò in questa sezione dell’intranet aziendale, accessibile dal
menu Fatti&Notizie o dal banner collocato nel footer dell'homepage, sono stati
raccolti e organizzati, in un unico ambiente, documenti ufficiali, comunicazioni
di tipo organizzativo e altre notizie utili ad informare e coinvolgere tutto il
personale. Nella sezione centrale della pagina viene invece fornito un sintetico
resoconto dell'evoluzione del processo e dal link Notizie è possibile accedere
alla pagina nella quale sono raccolte tutte le novità inerenti. In tale sezione è
possibile, inoltre, consultare il cronoprogramma aggiornato rispetto allo stato
d'avanzamento delle azioni e accedere alla pagina dedicata alla Funzione di
integrazione e alle Commissioni di approfondimento dalle lista Agenda e
Referenti; dalla lista Documentazione invece si può raggiungere la normativa,
le direttive ministeriali, le audizioni e tutti gli atti ufficiali dell'Istituto; infine, la
lista Incontriamoci in rete contiene i link di accesso alla piattaforma di
collaborazione in rete Agorà e alla intranet Gestione ex Inpdap.
 Creazione di un apposito canale di Ascolto sulla pagina intranet da parte della
Direzione Centrale Formazione e Sviluppo competenze, denominato la
“Formazione Ascolta”, presentato come strumento strategico e trasversale alle
funzioni dell’Istituto. Tale iniziativa ha lo scopo di sostenere le persone nella
loro evoluzione professionale, valorizzandone i saperi, sviluppando
competenze e abilità. Accanto agli strumenti usuali per rilevare le esigenze
formative è stata così inaugurata una prassi innovativa per l’ascolto
valorizzante delle persone che agiscono e costituiscono l’organizzazione. Tale
sezione è dedicata alla pubblicazione dei contributi delle “persone dell’Istituto
che vorranno far sentire la propria voce”. Questo luogo d’ascolto, come è stato
definito dal direttore centrale della neodirezione generale, dott. Caridi, ha

31
l’obiettivo di “rispondere alle istanze formative dei colleghi e contribuire a
costruire insieme percorsi finalizzati a motivare le persone generando
condivisione con la missione di un istituto protagonista di scenari futuri”.

Già molte quindi le azioni messe in campo nel caso considerato. Emerge dal
quadro degli interventi la consapevolezza di come autonomia professionale,
apprendimento e benessere delle persone non sono solo il frutto di una “situazione
data” a priori, ma emergono da un farsi sostegno e parte attiva del top management.
In tale contesto le funzioni coinvolte (risorse umane, formazione e sviluppo,
organizzazione, comunicazione e pianificazione) devono convergere
necessariamente, insieme al territorio, in uno sforzo comune.
Altre ancora se ne potrebbero prevedere. A fianco delle azioni di coaching
previste, si potrebbero avviare tra quelle più immediate ad esempio azioni di
counseling aziendale (di gruppo e one-to-one), monitoraggio e analisi del clima
organizzativo, finalizzate a incrementare tra il personale livelli di motivazione e
incentivazione e dunque sostenere aspetti di resilienza, appartenenza, e produttività
individuale.

32
CAPITOLO 3 L’integrazione e le sue storie

3.1 Il Capitale umano, le storie e le competenze

In merito alle situazioni di merger and acquisition, e al suo impatto sui conflitti
organizzativi (Weber - Camerer, 2003), si potrebbe aprire ora un percorso di
attenzione alle competenze necessarie alla facilitazione del processo in atto.
Pochi studi e poche applicazioni esistono al riguardo. Ma esse rivestono una
notevole importanza in quanto sono costitutive del patrimonio dell’azienda al pari dei
processi di lavoro e delle risorse materiali, degli input e degli output. Aiutano, infatti, a
generare valore, quando sono quelle giuste, funzionali rispetto all’obiettivo.
A riassumere quanto si è detto nel precedente capitolo, nei processi di
integrazione, infatti, solitamente le persone vengono a trovarsi in mezzo tra la
gerarchia organizzativa, la logica del processo di lavoro e la reticolazione della
struttura, si trovano cioè al centro di una triangolazione con il rischio di perdere la
bussola e di smarrire le priorità. In tale situazione, le competenze, si è detto,
costituiscono il ponte che collega le persone, con le loro caratteristiche individuali, e
l’organizzazione, dove sono collocati i contenuti del ruolo organizzativo (Caretta,
Civelli, 2004). In tale triangolazione si possono rilevare dei nodi generatori di
tensione, determinanti situazioni conflittuali ad esempio, tra logiche di processo e
rigidità della tecnostruttura gerarchica. Ogni singola persona all’interno dell’azienda
costituisce pertanto, a tutti gli effetti, uno snodo organizzativo (Civelli - Manara,
2002). Finora tale ruolo era stato definito e disciplinato, al momento della firma del
contratto, solo a livello tecnico-giuridico. Ma in realtà nello stesso momento la
persona firma anche quel contratto psicologico con l’azienda che, come si è visto, si
fonda su una serie di atteggiamenti e azioni obbligatorie reciproche tra azienda e
lavoratore e si concretizza nella prestazione da fornire all’utente/cliente, destinatario
del servizio.
Ed è attraverso il contratto psicologico che l’azienda va a operare sulla sfera
emotiva della persona, ad esempio stimolando l’adesione a valori, vision e mission
dell’azienda da parte del lavoratore. Il coinvolgimento emotivo del personale
dipendente, inoltre, si rivela anche nelle relazioni, altro elemento, si ricorda, del ciclo
del valore. Tali relazioni si instaurano non solo con le altre persone ma anche con la

33
stessa azienda, aspetto dunque non secondario e nel quale entra in gioco il
commitment e l’identificazione con i valori e la mission istituzionale, con gli
stakeholers, con i sindacati.
La sfida diventa dunque quella di saper attivare per l’azienda iniziative di vario
tipo, comunicative, formative, gestionali, al fine di promuovere la leadership
trasversale, di sostenere le azioni di team building, il networking. Passare da nodo a
snodo dunque, effettuando una svolta copernicana, che preveda la possibilità per
ciascuna persona, in quanto essere-in-relazione, di diventare ambasciatore della
propria attività (Gatti, 2004).
Ciò tra l’altro permette anche di contrastare il rischio, insito in ogni processo di
integrazione, di disperdere parte del sistema di conoscenze e di quello delle
esperienze, nella folle pretesa di piegare le persone dentro la rigidità di una struttura
predefinita mediante la riconversione forzata del capitale umano a disposizione.
In cambio delle azioni che l’organizzazione mette in gioco29, ottemperando al
contratto psicologico, gli obblighi a cui il dipendente è chiamato a rispondere,
riguardano la costruzione di reti professionali, l’accettazione dei cambiamenti con
l’acquisizione di nuove competenze, l’affidabilità e la difesa dell’immagine aziendale.
L’esperienza dell’integrazione/fusione/acquisizione, si è visto, impatta per gli
aspetti sopra considerati sull’immagine interna, ovvero su quell’insieme di percezioni,
razionali e consapevoli ed emotive e inconsapevoli, che i lavoratori, a qualsiasi
livello di management e di employement, hanno della propria realtà lavorativa. Inoltre
anche in Italia case history aziendali30 dimostrano come l’efficace comunicazione dei
valori aziendali, la diffusione dell’internal branding, può contribuire a migliorare il
benessere organizzativo e dunque il contratto psicologico che solo va a influenzare il
comportamento della risorsa umana perché mette in risalto lo spirito di
collaborazione, il suo senso di onestà e di correttezza con i vari elementi
dell’organizzazione e verso l’utenza esterna. La capacità poi di saper costruire delle
sane relazioni con i colleghi diventa una competenza cruciale nei processi di
integrazione ed ovviamente impatta sul ciclo del valore considerata l’importanza
rivestita dal concetto di relazione visto in precedenza. Essa apre la porta alla
collaborazione, alla cooperazione alla realizzazione di effettivi gruppi di lavoro capaci
di generare valore per l’azienda. Infine anche la possibilità di un riscontro

29
Secondo D. Rosseau, sono sette le azioni obbligate che ogni azienda deve mettere in cantiere per la buona manutenzione
dei posti di lavoro: formazione, carriera, retribuzione adeguata ai risultati, i contenuti del lavoro, trattamento equo e sicurezza
del posto di lavoro ( New hire perceptions of their own and employer’s obligations: study of psychological contract, Journal of
Organization Behavoir, 11, 1990, pagg. 389-400).
30
E’ il caso di Elica, azienda italiana che grazie all’applicazione di valori, in particolare modo quello della centralità della
persona, posta a perno della stessa azienda ha ottenuto successi sul versante del benessere organizzativo.
34
psicologico, oltre che economico per la prestazione erogata, attraverso le
gratificazioni diventa fattore incentivante e motivante che si colloca all’interno del
ciclo del valore.
Giova dunque porsi alcune domande cruciali finalizzate al corretto processo di
integrazione di organizzazioni diverse. Nell’ambito in questione il termine “corretto”
ha ovviamente a che fare con la dimensione del benessere organizzativo, della
qualità delle relazioni interpersonali professionali. Non si limita dunque al solo
aspetto dell’efficienza produttiva, che seppur importante, è la risultante di un tessuto
organizzativo sano e vitale. Ogni attività comporta infatti relazioni esterne, con gli
stakeholder, ed interne che prevedono intensità e diversità di linguaggio. Ci si trova a
dover affrontare situazioni nuove il che sollecita l’acquisizione sistematica di
competenze quali flessibilità, capacità di adattamento, costruzione di nuovi network,
cultura della diversità, che consentiranno di padroneggiare la complessità delle
conoscenze e di “saper stare” nell’incertezza. Inoltre ogni organizzazione di servizio
pubblico per rimanere competitiva oggi sullo scenario in continuo divenire necessita
che ciascun componente abbia chiaro l’importanza di esser al servizio degli altri
snodi, degli altri interlocutori, degli altri interessi. Ciò implica la competenza della
responsabilizzazione, ovvero la consapevolezza che il lavoratore possiede di
rispondere nei confronti degli altri, non solo di quelli posti negli snodi più alti rispetto a
lui, ma a 360°, verso ciascun altro interlocutore interno ed esterno. Tra le diverse
forme di innovazione si possono far rientrare dunque i comportamenti dei singoli
Tale competenza, infine, si è visto come sia il risultato di un insieme di altri
fattori che vengono veicolati attraverso la cultura organizzativa a partire del
significato del brand. Esso diventa un fattore relazionale capace di unire i
comportamenti individuali entro un significato collettivo. E’ l’internal branding che
influenza in particolare il comportamento dei dipendenti capace poi di trasferirli al
pubblico con il quale essi entrano in contatto. E’ il brand che contiene quanto
l’impresa vuole comunicare, ciò che essa è stata, è attualmente e sarà. Giova qui
ricordare che l’importanza dell’immagine risiede nel creare un sistema di riferimento
e di controllo per garantire l’efficacia nel tempo e in proiezione futura.

3.2 Quando l’immagine si fa sostanza

Da alcuni case studies presentati al Forum italiano dello scorso aprile


Brandstorytelling di Milano, è emerso che l’azienda e i suoi valori espressi nei

35
racconti, valgono oggi ancor più dei suoi prodotti. Il fattore chiave che supporta le
organizzazioni, in un mondo competitivo come quello odierno, è costituito in primis
dalla fiducia, dalla reputazione che essa ha certamente fuori ma anche dentro
l’azienda. Lo storytelling è oggi uno degli elementi disponibili per enucleare e
valorizzare il livello di reputazione esistente.
Va da sé che, nel caso considerato nel presente lavoro, in un processo di
integrazione la componente di costruzione dell’immagine collettiva e di produzione
dei significati comuni è appena agli inizi, ma esso già influisce sulle azioni e sui
comportamenti dei gruppi. La presenza di pluri-appartenenze e le identità molteplici
vanno prese in considerazione, studiate e valorizzate. E’ preferibile, infatti, dare loro
un significato all’interno di quella rappresentazione sociale che la nuova
organizzazione ha di se stessa. Questi elementi condizionano la transizione in atto,
incidono sul processo di costruzione dell’immagine collettiva emergente (Quaglino,
1992) e della sua identità (l’insieme dei tratti definitori della personalità dell’azienda
e da essa trasmessi).
La percezione del gruppo come entità unica dipende, infatti, da tre fattori: dagli
obiettivi condivisi, delle norme interne al gruppo e dalla qualità delle relazioni
interpersonali (Gabassi, 1998).
Il brand diviene allora, come si è visto in precedenza, l’emblema simbolico
capace di aggregare, o meglio sincronizzare le persone che partecipano ai processi
produttivi e trasversali in un organismo unico, ed è considerato, pertanto, la forza
aggregante dell’internal branding.
Dunque come viene visto il brand dell’organizzazione acquirente? Com’è identificato
e codificato all’interno dell’organizzazione? Cosa c’è di nuovo per l’uno e per l’altro?
E per entrambi? E da tutto ciò quali indicazioni strategiche e operative emergono per
individuare una mappa delle competenze utili a facilitare il processo e dunque a
“manutenere” il benessere organizzativo?
Lo abbiamo sondato attraverso la realizzazione di alcune interviste a ruoli chiave
della nuova organizzazione frutto della fusione, raccogliendo personali punti di vista,
ponendo domande e raccogliendo risposte anche non banali, stimolando contenuti
emotivi personali.

36
3.3 Integrazione: quale significato e quali competenze?

Dalle interviste riportate 31 emergono vissuti comuni, emozioni condivise,


visioni similari, un unico scenario di riferimento. C’è un’impresa da compiere, un
viaggio da intraprendere, una sfida da raccogliere, un pericolo da superare in questa
precisa fase storica del paese. C’è un eroe, Ulisse o Davide che sia, e c’è un
protagonista con tanta esperienza (la nonna di Cappuccetto rosso) o con tanta
determinazione come il gambero di Rodari. Uniti tutti dall’essere sottoposti a prove
incredibili, che richiedono la capacità di osare e di credere. Ci sono poi i pericoli. C’è
Golia, il Filisteo, simbolo di meschinità, conformismo, grettezza, dominato
dall’interesse economico. C’è il lupo, la fiera feroce animale totemico per eccellenza.
Il lupo incarna la doppia veste di bestia selvaggia, portatrice di morte e distruzione
(da Freud a Jung, da Fromm a Bettelheim)32. Anche il tema del viaggio e dell’astuzia
(Ulisse e Davide contro Golia), dell’intelligenza che sa guardare alla realtà e
coglierne le possibilità superandone le difficoltà unisce, poi, gli interventi, e infine del
coraggio: “agire con il cuore”, organo che nella cultura biblica identifica in realtà la
sorgente del pensiero, la mente, nella sua unitarietà di processi cognitivi e affettivi
(Lanciarotta, 2013).
Si intravede anche dalle parole degli interlocutori (ndr: tre dei quali non
appartenenti storicamente a INPS) la consapevolezza, già acquisita, del valore del
brand INPS, e di un processo, affiliazione già in corso nel top management, tale per
cui vale la pena affrontare i rischi e i pericoli insiti nel presente momento storico: dal
punto di vista sociale, la crisi del paese e conseguentemente dell’immagine della
pubblica amministrazione; dal punto di vista delle risorse, l’esubero di 3500 unità del
personale e i 500 ml di euro di risparmio richiesti; dal punto di vista del core
business, lo spostamento dell’asset principale da pensioni a prestazioni a sostegno
del reddito.
Dalle interviste emergono anche precise indicazioni su quali competenze
siano utili mettere in campo, mediante il ricorso a un preciso progetto formativo
rivolto a tutto il personale. Emergono in primis flessibilità e senso di responsabilità.
Ancora. Dalle interviste appare la consapevolezza negli interlocutori che in
tempi di crisi e di sacrifici la chiave di volta, ancor più, quella che cioè può far la

31
Le interviste sono raccolte in versione integrale in Appendice al presente lavoro.
32Incarnazione di Marte il Guerriero distruttore nella cultura greca, ma anche del solare Apollo, perciò portatore di conoscenza,
bestia vorace e ingorda per la tradizione popolare medioevale, ma al tempo stesso iniziatore e portatore di conoscenza che
viene dalle tenebre, dal lato oscuro della vita. E’ la forza contenuta a stento, è associato all’idea di fecondità per le popolazioni
del Nord, di generatività nel mito latino di Romolo e Remo (Caputo A., 2006).
37
differenza, è rappresentata dal personale, e dunque dalle persone, che come si è
avuto modo già di sottolineare, in quanto tali sono caratterizzate dall’essere-in-
relazione, e non solo dal fare, dal tessere nuovi legami, propulsivi per la vitalità del
tessuto organizzativo, e non solo cristallizzazione di ruoli e poteri. Insomma quel
matrimonio, improvviso quanto forzato, comincia a dare i suoi frutti.
E parallelamente è giunto il momento di richiedere ai lavoratori di attivare
risorse proprie per fronteggiare, con successo, la sfida posta a Inps di essere
“baluardo” per garantire la solidarietà, mantenendo la qualità del servizio pur in
presenza della riduzione della spesa pubblica. Viene, infatti, sempre più richiesta
anche la partecipazione, piena ed emotiva, di ciascun lavoratore dipendente per far
fronte al blocco del turn over, che impedisce l’ingresso in azienda di nuove e fresche
energie, e la dispersione del know how, che impoverisce l’impresa di saperi e
competenze.
Si ritiene che per raggiungere il prezioso obiettivo, che pare delinearsi per la
gestione delle Risorse Umane, giovi adottare un approccio situazionale per lo
sviluppo delle competenze (Chatman, 1989). E’ ormai accertato che il
comportamento delle persone non si muove in una logica lineare e razionale, come
si è cercato di descrivere attraverso i vari aspetti presi in considerazione, ma
all’interno di una logica circolare, di scambio, di comunicazione, di riconoscimento e
di significazione personale. Da tali aspetti non si può prescindere pena il
manifestarsi di comportamenti disfunzionali al perseguimento degli obiettivi aziendali.
La strada segnata dai racconti raccolti pare, dunque, indirizzare verso la
necessità di andare a definire le nascenti corporate skill, (Civelli, Manara, 2002) e far
rientrare in questo un mix di fattori, connotanti l’organizzazione, oltre alle conoscenze
necessarie al raggiungimento della performance richiesta, anche comportamenti,
valori e stili funzionali alla sfida richiesta al giovane Davide, all’astuto Ulisse, alla
saggia Nonna della nostra storia o al Gambero coraggioso.

38
3.4 Conclusioni

Se il mutato scenario economico-sociale pone oggi le imprese, anche quelle


pubbliche, davanti a delle sfide, se è vero che il percorso di cambiamento, avviato da
oltre un ventennio in Italia, serve a migliorare la qualità dei servizi offerti, se gli
investimenti normativi prima, i processi di modernizzazione manageriale già attuati
poi e, da ultimo, anche l’informatizzazione della pubblica amministrazione, hanno
fatto molto per innovare il sistema pubblico nel complesso, si ritiene che sia
indispensabile ancora procedere e aggiungere un tassello per completare il processo
di cambiamento in atto. Tassello che riveste, poi, importanza strategica nei processi
di integrazione aziendale. Ed esso non può che riguardare l’avvio di uno specifico
progetto culturale, portato avanti con coraggio e fino in fondo, centrato sullo sviluppo
del capitale umano, delle sue competenze e dei suoi valori, e che dia spazio e
fiducia alla persona. Oltre alla reingegnerizzazione dei processi occorre, dunque,
pensare a una vera e propria reingegnerizzazione della gestione delle persone
(Bochicchio, 2011).
Diventa allora ancor più pressante in tale contesto, per fronteggiare le sfide
del mercato internazionale, attuare quel passaggio, così vagheggiato, da “risorsa
umana” a “capitale umano”. Dove nel primo caso l’accento è sull’impiego e
remunerazione per lo svolgimento del lavoro, mentre nel secondo caso l’attenzione è
posta sulle qualità, possedute o da sviluppare, e sulle quali investire, della persona
ovvero del portatore di competenze che, uniche, fungono da ponte tra persone e
organizzazione (Carretta – Civelli, 2004).

Dalle storie raccolte emerge attraverso le interviste il nuovo Inps, con le sue
diverse anime e i suoi diversi timori sottostanti. Ma appare anche evidente la
consapevolezza comune, che sia Ulisse o Davide, Cappuccetto rosso o il giovane
Gambero, di un viaggio avventuroso da compiere, di un’impresa eroica da portare
avanti, mitologica e fantastica che sia, una ricerca da portare a termine. E come tale
piena di insidie e pericoli tra cui, non a caso, quelli costituiti dal pregiudizio del
“gruppo” (contro cui combatte il giovane Gambero di Rodari). Tale impresa richiede
nuove competenze (psicologiche, relazionali, personali) e nuove qualità, nuove
attenzioni e nuove sensibilità. Tali sensibilità saranno inoltre utili anche a
metabolizzare il luogo perduto (l’ente che non c’è più) reale o simbolico che sia.

39
Sta al management naturalmente scegliere quale strada indicare tra il filisteo
Golia e il Lupo, entrambi pericolosi ma portatori di significati diversi. Sta a ciascuno
scegliere se davanti alle difficoltà cadere nelle meschinerie generatrici di conflitti, o
affrontare l’oscurità, in termini di instabilità esistenziale ed emotiva, che i processi di
integrazione comportano, con il fine ultimo di trarre nuova conoscenza. Puntare,
dunque, al lupo/Apollo, alla ricerca della saggezza, e non fermarsi al lupo/Dioniso,
l’irrazionalità - rispecchiata nella fase storica del paese - alla ricerca, di bocconi
ghiotti da mangiare per fame di profitto. Fermarsi a questo solo aspetto
comporterebbe, come emerge in alcuni racconti il rischio di implosione del sistema,
disperdendo il grande patrimonio - per tutto il Paese - maturato in quasi cent’anni di
esperienza.
Flessibilità, spirito e gestione del servizio, responsabilità per la collettività e per
il paese, capacità di esser nuovi, identità, sono le principali parole chiave pronunciate
dai protagonisti della nostra storia e che fanno riferimento a precise competenze e ad
una precisa idea di Eroe, il Guerriero, il cui fine è quello di “conciliare le diversità, non
di uccidere il nemico, di creare qualcosa di nuovo non di distruggere qualcosa “
perché il solo capace di superare la visione dualistica (Pearson, 1990, pag. 101-
115)33.
A queste competenze, da parte nostra, se ne aggiungono altre altrettanto
significative. Di lettura innanzitutto, come la capacità di leggere e comprendere la
propria organizzazione e il contesto in cui si è inseriti, o di autoregolazione
personale, come il fatto di perseguire un obiettivo nonostante la frustrazione e la
capacità di motivazione all’apprendimento continuo. O, ancora, competenze di
natura relazionale come quella relativa alla gestione del gruppo, alla gestione dei
conflitti e di negoziare soluzioni, di stabilire legami personali (Caretta, Civelli, 2004,
pag. 87). Personalmente poi, lavorando con le persone nelle aziende, aggiungerei
quella di gestire a livello individuale lo stress (resilienza).
L’identità di un’organizzazione – ci sembra – può iniziare da qui. Dal generare una
nuova cultura, frutto di processi inclusivi delle sue varie anime e dei valori messi in
campo con uno sguardo alle persone. Questa cultura, nuova, può anche illustrare il
senso dei cambiamenti richiesti, avvalendosi di un linguaggio diverso, ricco di
metafore, storie, racconti, che stimolino in ciascun ascoltatore la capacità di sentirsi
protagonista. E in ciò ciascuno può responsabilizzarsi sugli effetti del proprio operato

33Interessante al riguardo è che il mito del Guerriero porta con sé non solo l’attenzione verso il raggiungimento dell’obiettivo e
dell’attenzione agli aspetti concreti e reali, ma anche della proattività personale e del senso di responsabilità , della flessibilità e
umiltà, dell’interesse per gli altri e dell’amore per l’essere umano (Pearson C.P., 1990).
40
sulla collettività (Lizza, 2011) E’ nel coinvolgimento personale che si trova la qualità
del servizio finale. Sono questi elementi che contribuiscono attivamente ad
autoregolare quel fenomeno perverso ma così tipico negli enti pubblici - anche i
migliori e più efficienti - per il quale le componenti delle organizzazioni pubbliche
tendono a perseguire obiettivi diversi nell’erogazione del servizio da quelli per i quali
sono stati assunti. Non è un caso la pur recente polemica contro i fannulloni pubblici,
polemica sollevata quindi anni dopo l’uscita delle riforme Bassanini. Che sia
necessario mettere in campo nuovi strumenti gestionali alla luce di una “rinascita
dell’uomo” lo afferma anche Giovanni Valotti (2009). “La sostanziale assenza di una
people strategy è tra le cause da lui attribuite al fallimento delle riforme in tema di
gestione del personale nella Pubblica Amministrazione”. Serve davvero guardare
all’uomo, alla sua dignità che trova anche voce nella realizzazione di sé al lavoro.
Solo così, si crede, si potrà risvegliare l’orgoglio e la motivazione, quella
duratura, anche in chi lavora nella pubblica amministrazione e che ha a che fare con
il commitment, il coinvolgimento più autentico (Alvesson - Berg, 1993).
E la strada non può allora passare che per un efficace sviluppo delle
competenze senza il quale c’è solo estraneità, disaffezione, demotivazione del
capitale umano (Bodega-Scaratti, 2013). Solo che esse non devono essere intese
come mero esercizio di capacità tecnico-razionale, economico o tecnico, ma devono
trovar spazio anche competenze e abilità relazionali e comportamentali (Caretta -
Civelli,2004, pag. 87)
Le indicazioni raccolte suggeriscono, allora, la necessità del ricorso a nuove
logiche di gestione del personale, più sofisticate e innovative, che includano anche la
diffusione di saperi relativi alle scienze umane, in primis la psicologia. Ma serve,
anche, prevedere l’utilizzo di veri strumenti di ascolto, servizi di counseling e di
colloqui di orientamento professionale, capaci di mettere le persone al centro
dell’organizzazione e di dare loro voce e riconoscimento, da aggiungere agli
interventi di coaching, tradizionalmente più direttivi. Solo così si riuscirà a fare di più
con meno, frase che è divenuto uno slogan in tempi di oculata gestione delle risorse,
e dunque si potrà sviluppare, perseverare e “manutenere” le risorse umane, il
capitale dell’azienda, quel quid che, se opportunamente motivato e valorizzato, può
fare davvero la differenza e il cambiamento.
In questo filone di intervento, narrare la propria storia permette di scagliare la
propria freccia, per indicare una direzione, un ponte tra il qui e il futuro (Polster,
1987, pag. 17). E’ questo che si osserva mancare frequentemente a chi lavora nel

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pubblico impiego. La mancanza di una chiara direzione, di un progetto da realizzare
in cui si è inclusi, che sia percepito, sentito, vissuto come tale dal singolo, e che
faccia sognare, che scaldi il cuore e risvegli l’orgoglio (Valotti, 2009, pag. 77). Magari
tentare la strada di un’attività formativa che faccia ricorso allo storytelling potrebbe
rivelarsi in tal senso preziosa.
La vera integrazione, l’unica possibile, è quella in cui si viene a formare
un’unità che, mantenendo le differenze tra i suoi componenti, trae dalla loro
valorizzazione i suoi caratteri distintivi e la sua identità (Quaglino, Casagrande,
Castellano, 1992).

L’inefficienza della pubblica amministrazione è stata quasi sempre fatta


derivare da problemi di natura organizzativa e di cattivo impiego delle risorse umane.
Ciò è parzialmente vero. Si è cercato allora di far ricorso ad alcune leve motivazionali
quale l’incentivazione economica collegata al risultato conseguito. Ma ciò non
produce ancora gli effetti sperati in termini di affiliazione e appartenenza, soprattutto
in tempi di concentrazione di risorse e di mutevolezza degli scenari esterni, e
neanche in termini di durata degli effetti. Altri aspetti motivazionali, in primo luogo, la
qualità del livello emotivo e dello sviluppo delle competenze personali, giocano in tale
contesto un ruolo decisivo e, per certi versi, ancora segreto. L’efficacia personale
passa attraverso il significato sociale e personale dato da ciascun lavoratore agli
obiettivi fissati collettivamente, facendo sentire l’individuo parte attiva di una
comunità, apprezzato per le sue qualità e per il suo peculiare apporto e dunque
motivato.
Serve certamente continuare poi sulla strada della flessibilità e dello sviluppo
di competenze nel problem solving, ma anche queste trovano terreno fertile su cui
attecchire solamente se accompagnate ad altre competenze, come ci mostrano le
storie raccolte nelle interviste, quali la capacità di dare significato agli eventi - in
continuo divenire oramai “sorprendentemente” anche dentro contesti organizzativi
pubblici una volta considerati stabili - e quell’etica della responsabilizzazione tanto
invocata da più fronti.
Per raggiungere tale risultato, infine, occorre mettere in campo leve e
strumenti, capaci di incrinare quella scorza di individualismo spinto che chiude,
crepuscolarmente, ogni possibilità di aprirsi ad una vision sociale e collettiva.

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Serve allora, ancora una volta, ripensare la formazione in azienda, evitando il
rischio di seguire le mode contingenti, veri e propri specchietti per allodole, per
iniziare a sviluppare percorsi confezionati su misura soprattutto sulle necessità delle
persone e partendo dal fatto che la stessa motivazione ad apprendere che l’adulto
mette in campo quando è inserita in un processo formativo, risulta dall’incrocio di
diversi fattori tra cui sicuramente la presenza del fattore “piacere” (Wlodowski,
2009).
Da questa angolazione non si può allora non concordare anche con la nuova
prospettiva data alla parola competenze (Civelli-Manara, 2002). Non più variabile
tesa a significare solamente le attribuzioni di una data funzione/ruolo, di un
determinato ufficio ma allargata a considerare la storia personale e professionale
effettivamente espressa, capace di includere i comportamenti organizzativi che
differenziano conoscenze (sapere), capacità (saper fare) e qualità (saper essere e,
soprattutto in tempi di forti accelerazioni, saper divenire).
Tale prospettiva di gestione delle competenze implica anche il dover tener
conto del contesto in cui vengono attivate e, dunque, in questo caso anche di quelle
dinamiche conflittuali insite nei processi di integrazione, dei livelli di gestione, di
sviluppo e di cambiamento. La crescita ricercata e legata alla spinta esterna, nata
dal contesto più ampio del paese che cerca la sua sopravvivenza, sarà profittevole
soltanto grazie alla presenza di meccanismi di apprendimento che consentiranno di
sviluppare conoscenze e competenze distintive per quella specifica organizzazione e
soltanto se si sarà in grado di creare delle vere e proprie strutture di apprendimento
permanente che leghino la crescita dell’ente alla performance (Rossi, 2011).
In tale contesto poi i processi formativi tanto più non possono limitarsi ai
modelli tradizionali, basati sulla trasmissione unidirezionale di contenuti -sottolineano
ancora Civelli e Manara - ma devono essere pensati per favorire significazione di
quanto i lavoratori fanno quotidianamente nell’attività e nella realtà di tutti i giorni
(oltre che di quanto, a livello emotivo, comportano gli step del processo di
integrazione, con le conseguenti azioni di ottimizzazione delle risorse, di
razionalizzazione dei processi di lavoro). Tutti eventi che provocano un impatto sui
processi cognitivi ed affettivi delle persone-che-lavorano.
Allargando il discorso in una riflessione più ampia quali sono allora le
indicazioni utili emergenti?
Forse quella di riportare il sistema delle Aziende Pubbliche a un nuovo
Umanesimo, non fondato sul particulare, inteso come interesse particolaristico

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individuale del singolo, bensì sulla “personalizzazione” dei bisogni, necessità,
aspirazioni e aspettative dell’Uomo-che-lavora in relazione ad un sistema.
Gioverebbero in tal senso allora anche la realizzazione di azioni mirate alla scoperta
di un archetipo comune (Pearson, 1990) che sia riferimento a chi eroga servizi alla
collettività.
L’augurio e la direzione a cui guardare, in ogni caso, è che si possa facilitare
il processo di significazione del lavoro, e degli eventi dirompenti che succedono nelle
organizzazioni per indicare un viaggio e una meta comune e, soprattutto, condivisi.
Solo questa sembra la strada per far fronte alle sfide che il mercato comporta
oggi, con i suoi processi di merger and acquisition, di fusione e incorporazione. Solo
la ricerca di senso può rinnovare dal profondo il servizio pubblico, ottimizzando le
risorse e creando valore aggiunto per la collettività. I tempi sembrano maturi, come
rivelano le storie narrate.
Serve, insomma, ricreare un ponte tra le persone con le loro fragilità, e le
organizzazioni pubbliche, così orientate alla standardizzazione, massimizzazione,
razionalizzazione, reingegnerizzazione. Sul fronte esterno con un’oculata gestione
Citizen oriented e con capacità comunicative nuove, che si avvalgano anche di
strumenti tecnologici avanzati. Sul fronte interno mediante un approccio per
competenze e un’attività formativa generativa di significati condivisi e rinnovati, volti a
reinterpretare il valore del lavoro.
Pare questa la strada per sviluppare nuovamente un grande progetto di
amministrazione pubblica capace di appassionare le nuove generazioni, per
riscoprire il gusto del lavoro e allevare nuovi talenti, (Valotti, 2009) portando la
passione, unica nota motivatrice ed autorigenerante, all’interno del servizio pubblico.

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APPENDICE: le interviste – una storia a 4 voci

Si propongono di seguito le interviste realizzate ai quattro ruoli chiave, di livello


dirigenziale, del nuovo Inps nel mese di agosto 2013.

1) Che cos’è l’INPS per Lei oggi?


Vincenzo Caridi, dirigente generale, direttore centrale della Formazione e Sviluppo competenze: E’ il
più grande ente previdenziale a livello europeo. L’immagine che viene in mente è quella di un
baluardo, di una roccaforte del welfare un presidio saldo a tutela dello stato sociale che garantisce
l’effettiva tutela dei diritti di cittadinanza del paese, ma rappresenta anche un osservatorio dal quale è
possibile scrutare l’orizzonte e scenari futuri.
Cristina Deidda, dirigente generale, direttore centrale dell’Organizzazione: Un'opportunità di
costruzione di un nuovo modello organizzativo, che riesca a conciliare, in periodi di ristrettezze
economiche e di esigenze di razionalizzazione della spesa, la valorizzazione del fattore umano, lo
sviluppo della telematizzazione dei servizi ed il rapporto consulenziale con gli utenti.
Rocco Lauria Dirigente regionale Inps del Friuli Venezia Giulia: l’Inps è il cuore dello Stato sociale
italiano, è il cemento della socialità, è l’ente che garantisce diritti indicati dal legislatore ma
attualmente è anche il cuore della solidarietà sociale. In questo periodo, oltre a tutto quello che
storicamente è stato fatto, abbiamo assunto nuove e importantissime funzioni. L’Istituto è segnato in
un certo senso anche dalle esperienze storiche, dalle contingenze e dalle crisi che il Paese attraversa
Mara Nobile, direttore regionale Friuli Venezia Giulia della Gestione ex Inpdap: L’Inps è un grande
ente ma è anche un punto di domanda perché non l’ho vissuta dal di dentro. E’ l’ente che entra in tutte
le case degli italiani fornendo un’amplissima gamma di servizi quali le pensioni, la pensione sociale,
etc.

2) Quali sono secondo Lei i valori storici di questo grande istituto, quali valori esprime la
storia di Inps?
Caridi: Sopra tutti gli altri l’Istituto incarna il valore del Servizio al cittadino, che può essere
ulteriormente declinato come prossimità all’utenza, solidarietà intergenerazionale, etica del lavoro e
produttività non fine a se stessa ma a servizio della collettività. La storia dell’Istituto rende tangibili
questi valori e li trasforma in prestazioni, servizi, effettivi diritti di cittadinanza.
Deidda: Innovazione dei processi di lavoro e capacità di analizzare i bisogni degli stakeholder. In
passato questi fattori hanno portato l’Ente a un continuo adattamento con il mondo esterno, dalla sua
costituzione nel lontano 1933, passando per gli anni ‘60 dello sviluppo economico, agli anni ‘90 delle
riforme pensionistiche e del mercato del lavoro, agli anni ultimi 2000 della crisi economica e finanziaria
del Paese.
Lauria: Solidarietà, non intesa a livello individuale ma a livello macro e soprattutto intergenerazionale,
perché quello che ci caratterizza come ente previdenziale è il lungo periodo. La solidarietà dunque
intesa non solo tra categorie sociali economiche ma addirittura tra le generazioni. L’Inps deve avere la
memoria lunga per definizione trattiamo nel medio, lungo, ma anche lunghissimo periodo. Spesso ci
si dimentica di questo aspetto, e ciò mette in difficoltà l’Inps, ma noi trattiamo e valutiamo le cose in

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una prospettiva che non è quella della politica che deve ragionare in termini più brevi. Noi dobbiamo
ragionare in termini di equilibrio tra generazioni. E questo è un punto di vista determinato proprio dal
fatto di essere un ente previdenziale.
Nobile: Dare un servizio a tutto il paese, il fatto di servire tutti è il primo dei valori, anche se non si
riesce a soddisfare tutti. Vi è un rischio, però, che il valore diventi un disvalore, ed è facile che
succeda. Basta ad esempio una comunicazione creata ad arte contro i dipendenti pubblici, una
soppressione ideologica e il gioco è fatto. La morale dunque sta nel fatto che ogni valore è calato
sempre in un preciso contesto sociale. C’è il rischio che anche per altri grandi istituti, e quindi anche
per Inps, in un preciso momento storico il valore venga presentato come un disvalore per la società.

3) Quali sono, secondo Lei i principali protagonisti?


Caridi: Sono senz’altro i cittadini (la cosiddetta utenza nelle sue varie forme: cittadini, imprese, rete
territoriale, stakeholder). Un ruolo di pari livello va però riservato al nostro personale, senza il quale
non sarebbe possibile realizzare alcuno degli obiettivi istituzionali.
Deidda: negli anni '80 il Presidente Gianni Billia che ha guidato l'evoluzione dell'ente con
l'informatizzazione dei servizi, pioniere all'epoca di un modello basato sulla tecnologia per il
miglioramento della qualità dei servizi. Poi, a fine anni '90, il sociologo Massimo Paci, che ha a sua
volta traghettato l'Istituto verso un nuovo rapporto con il cittadino e, infine, negli ultimi anni, il
Presidente Antonio Mastrapasqua, con i servizi online coniugati con la multi-canalità e i punti di
consulenza presso le sedi e la possibilità di appuntamenti ad personam per la risoluzione dei problemi
previdenziali.
Lauria: Ce ne sono stati molti ma sicuramente in questa fase storica, cittadini e il personale.
Nobile: E’ il personale, siamo tutti noi, il capitale umano, se questo Istituto è riuscito a essere un
valore per gli italiani è merito nostro e non è questione di ruoli. Se l’Inps in tanti momenti è riuscito a
rappresentare un valore è merito di chi ci lavora pur con le difficoltà del momento e riuscendo a dare
ugualmente un servizio.

4) Con quale mission oggi?


Caridi: E’ senz’altro quella di rispondere in maniera adeguata ai bisogni e alle aspettative di tutela del
paese, attivamente interessato e coinvolto nella qualità, efficacia e tempestività dei servizi resi
dell’Istituto.
Deidda: E’ quella di garantire ai cittadini servizi di qualità, il che vuol dire tempestività nell'erogazione,
informazione, trasparenza, capacità di gestione dei reclami, attraverso una razionale gestione delle
risorse.
Lauria: Il nostro perimetro è definito dal legislatore, dunque, la mission ci è affidata dal legislatore.
Pertanto per noi da un lato è rappresentata dal fare bene ciò che ci viene affidato dal Parlamento
(anche se abbiamo la possibilità di fare proposte tecniche al Parlamento). Dall’altro lato è gestire
bene le risorse che ci vengono affidate per realizzare obiettivi che sono sempre di socialità, di
inclusione, di garanzia dei diritti di aiuto al sistema delle imprese. Io credo pertanto che la nostra
mission sia abbastanza chiara nelle cose che dobbiamo fare.
Nobile: Considerata la dimensione dell’Istituto è ora garantire tutto il welfare al paese, perché tutto
passa attraverso l’Inps. È il welfare del paese.

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5) Quali le tappe maggiormente significative?
Caridi: una delle tappe è rappresentata sicuramente da quella che stiamo vivendo attualmente, che
rappresenta forse la più grande sfida organizzativa e funzionale attraversata dall’istituto: una
integrazione di funzioni e risorse (con l’accorpamento di Inpdap ed Enpals) solo per citare gli ultimi
enti soppressi) che fa dell’Inps il più grande ente di welfare europeo per servizi resi ai cittadini.
Deidda: Non parlerei di tappe ma di un cambiamento continuo, coniugando ogni volta in modo diverso
i fattori della produzione, per la ricerca di soluzioni ai bisogni dei cittadini, puntando sempre sia sulla
crescita dei livelli culturali e di studio del personale dell'Istituto sia sulle opportunità offerte dalle
tecnologia.
Lauria: L’Inps nei decenni si è trasformato da ente che gestisce previdenza ad una dilatazione di
funzioni che include anche competenze e servizi assistenziali. Così solo qualche decennio fa le
prestazioni a sostegno del reddito erano chiamate “minori”. Oggi la disoccupazione, la cassa
integrazione, degli ammortizzatori in deroga nessuno penserebbe di definirli tali, anzi, per certi versi,
sono quelle che stanno tenendo su molte famiglie e per certi versi anche l’economia del paese. Tutta
la parte di sostegno alle imprese e ai lavoratori in difficoltà è stato di molto rafforzata. E
contemporaneamente si è sviluppata anche la dimensione dell’assistenza, con l’invalidità civile e con
altre prestazioni erogate ma riconosciute da altri enti come i Comuni. Si sono anche rafforzate le
nostre competenze in tale ambito. L’Istituto si pone, pertanto, come apparato tecnico, che sa fare
certe cose, e che è al servizio di altri attori, capaci di gestire bene e a costo quasi zero per il Paese.
Ad esempio pochi anni fa abbiamo pagato una una tantum sulle pensioni, in favore di certe categorie
economicamente svantaggiate, per conto della Regione Friuli Venezia Giulia, e a seguito di una
specifica richiesta di convenzione con la Regione FVG. Per noi non è stato difficile.
Nobile: E’ quella che stiamo vivendo. La soppressione di un ente, del terzo ente previdenziale del
paese, con 8000 dipendenti e 3 milioni di pensionati. In questo momento difficile, che vede
l’integrazione in atto e che richiede una riduzione di 3000 dipendenti, la tappa fondamentale è
garantire ugualmente un servizio alla cittadinanza. Io spero che ne usciremo bene, grazie al capitale
dell’Istituto, anche se non rafforzati.

6) Quali i prodotti maggiormente significativi?


Caridi: non solo le pensioni ovviamente ma tutti i prodotti legati alle prestazioni a sostegno del reddito
e all’invalidità civile e con l’integrazione di funzioni dell’INPDAP anche prestazioni creditizie e sociali.
Deidda: Direi le Pensioni e non solo, con le tante prestazioni per l'assistenza ed il sostegno del
reddito, tra le quali l'assegno sociale, la Cassa Integrazione Guadagni ed i Prestiti ai dipendenti
pubblici.
Lauria: Pensiamo alla quantità di prestazioni erogate e a quello che noi facciamo: dalle tradizionali
prestazioni pensionistiche a quelle a sostegno del reddito alle nuove prestazioni sociali che negli ultimi
anni il legislatore ha assegnato. L’Inps ha visto incrementare le sue prestazioni o trasformarle. E’ il
caso dell’invalidità civile dove, nel giro di un decennio, siamo passati da ente pagatore a ente con
responsabilità amministrativa o alle altre funzioni di amministratore sociale in deroga.
Nobile: In questo momento, è rappresentato dalle prestazioni a sostegno del reddito in un paese che
si sta depauperando con la perdita di migliaia di posti di lavoro.

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7) Come ci leggono oggi al di fuori dell’Istituto?
Caridi: Credo che all’esterno si percepisca l’impegno e la professionalità con cui i dipendenti danno il
proprio contributo per la realizzazione dell’obiettivo comune.
Deidda: L'Inps di oggi è ben più di un Ente Previdenziale, è un’azienda pubblica per la gestione del
Welfare.
Lauria: In un momento di difficoltà generalizzata per il Paese, le aspettative sono tante, il carico di
bisogni è enorme. Da un lato, quindi, credo che il Pese ci riconosca questo ruolo importante, dall’altro
lato si vorrebbe qualcosa in più. Noi lo vediamo in momenti di difficoltà che magari c’è una maggior
lamentela da parte dei cittadini e vi è una certa conflittualità agli sportelli legata non tanto a nostre
incapacità, o al fatto che gestiamo male i nostri servizi, ma all’incremento delle aspettative che sono
crescenti. E’ il caso degli ammortizzatori sociali che sono finanziati con risorse assegnate all’Istituto a
tranche, e che causano rallentamenti nell’erogazione non dovuti a nostra inefficienza ma a carenza di
fondi disponibili. Ma il cittadino, la persona in difficoltà vuole il pagamento di ciò che reputa un
sacrosanto diritto.
Nobile: Penso che gli utenti, anche se influenzati da mass-media, continuano ad avere fiducia
nell’Inps, nei momenti difficili ci possono leggere come il male minore, ma sanno che nei momenti
difficili questo Istituto c’è sempre.

8) Quali sono le parole chiave allora del cambiamento in atto?


Caridi: Servizio. Etica, flessibilità, qualità, appartenenza.
Deidda: Le parole chiave sono presenti nelle risposte precedenti. Parliamo d’innovazione, di qualità
dei servizi e di sviluppo delle risorse umane. Ma parliamo anche di un'Amministrazione sempre più
vicina ai bisogni delle persone, del recupero del "volto umano" dell'Istituto.
Lauria: Da un lato garantire la solidarietà sociale, di coltivarla affinché non venga meno questo
concetto, che ha il suo fondamento giuridico, dall’altro garantire l’economicità dell’azione. Negli ultimi
anni l’Istituto ha fatto notevoli passi avanti anche su questo aspetto. Garantire e fare bene con
sempre meno risorse, come gli ultimi interventi sulla spending review hanno da ultimo richiesto (530
ml di euro in meno, pari al 40% di sole spese complessive di gestione senza considerare le spese per
il personale).
Nobile: Una sola parola chiave, flessibilità, la vera forza è rappresentata dalla malleabilità, come nei
metalli, non da ciò che è rigido che invece si spezza.

9) Con quali ricadute? E su chi in particolare?


Caridi: Le ricadute sono positive nonostante le oggettive, momentanee, difficoltà legate sia alla difficile
congiuntura economica e sociale sia alla fase di riorganizzazione istituzionale in atto. Nonostante
l’impegno cui l’Istituto è chiamato, i livelli di servizio e lo standard qualitativo rimangono elevati.
Deidda: Ogni situazione, ogni scelta gestionale comporta delle ricadute, a volte prevedibili a volte
impreviste. Ogni cambiamento strutturale porta nel breve periodo anche impatti negativi sia sul cliente
esterno che su quello interno, causati dal tempo di adattamento delle strutture organizzative alla
nuova modalità lavorativa. Dopo ogni riorganizzazione devono ridefinirsi le relazioni prima esistenti,
compreso il rapporto centro-territorio. L'aspetto importante è dato dalla necessità di mantenere in un

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ambito transitorio tale inevitabile situazione di criticità, creando gli anticorpi per la ricerca delle
anomalie e dei disservizi e le soluzioni per la loro progressiva eliminazione.
Lauria: Ci sono alcune aree dove è possibile ancora fare economie senza penalizzare nessuno,
senza creare scontenti, gestendo l’operazione non come un gioco a somma zero. In alcuni casi è
certamente possibile. Si veda il grosso lavoro sulla logistica che è stato fatto in Friuli Venezia Giulia,
che ha consentito di razionalizzare le spese. Al riguardo la cosa più visibile è l’integrazione logistica
tra Inps, Inpdap ed Enpals, con la chiusura delle sedi dei soppressi enti. Questo è il frutto di un grande
sforzo e un modo intelligente di individuare dei risparmi, senza impattare negativamente su nessuno
degli attori coinvolti né i cittadini né il personale dell’Istituto.
Nobile: Il momento è difficile, il rischio, sempre tenendo presente il capitale umano, è quello di
guardarsi solamente all’interno e dimenticare l’esterno, perché il paese non ha una visione di
speranza. Il che comporterebbe una perdita di ruolo nel paese. Il rischio allora è quello di implodere.

10) Cosa è possibile cogliere fin qui dal punto di vista delle azioni intraprese?
Caridi: le azioni intraprese hanno consentito all’Istituto di stare al passo delle sfide, sempre più difficili,
poste dall’evoluzione del sistema paese, nonostante le difficoltà in cui versa l’Italia.
Deidda: La storia dell'ente e i risultati raggiunti confermano che il metodo illustrato ha sempre
funzionato. Ciò non vuol dire che non esistano problemi interni e che talvolta non si assista a qualche
caduta nella gestione amministrativa e nella risposta al cittadino. L'importante però non è guardare al
passato, per quanto glorioso, ma alle prospettive future, senza dimenticare la quotidianità.
Lauria: Conclusa l’integrazione logistica, che ha permesso l’unificazione di quasi tutte le strutture, si
deve pensare all’integrazione dei processi di lavoro per arrivare a formare una sola squadra con
obiettivi unici, allineata e cooperativa. I tempi sono maturi in regione. Serve puntare ora sulla
formazione del personale e sullo scambio di esperienze. Anche Inpdap infatti aveva una sua storia,
anch’essa frutto di fusioni di vari enti. Ora i prossimi passi sono dunque l’integrazione dei processi di
lavoro e delle procedure, operando una grossa semplificazione, e integrazione degli strumenti
informatici. Passi che ci consentano di affrontare il futuro e le sue turbolenze. Le faccio un esempio. A
oggi il numero di unità presenti sul territorio regionale, dopo l’integrazione, è pari a circa 650,
compreso ex Inpdap, ovvero siamo allo stesso numero di 4 anni a fronte, invece, di nuovi compiti.
Nobile: L’Istituto si pone all’avanguardia nella tradizione delle Pubbliche Amministrazioni. Già l’Inpdap,
e ancor più Inps che sempre ha anticipato le svolte, credeva nella Pubblica Amministrazione e nei
tanti cambiamenti, sempre metabolizzati. Inps e Inpdap dunque con un percorso parallelo sono
sempre stati in sintonia. Anche nel rapporto con la propria utenza che è migliore rispetto a quanto
proposto dalle banche, o da altre aziende nazionali. Noi abbiamo avuto grandi trasformazioni e
miglioramenti dei rapporti con l’esterno.

11) Considerato che l’Inps si pone ormai al vertice della previdenza europea, per la
complessità dei prodotti che offre, come si possono avvalorare le competenze esistenti?
Caridi: La formazione, dal mio punto di vista, rappresenta lo strumento principale di questa
valorizzazione che i dipendenti ci chiedono e che è nostra intenzione assicurare al massimo grado, in
considerazione del fatto che il valore distintivo di INPS, oggi, è sicuramente il servizio al cittadino e il
mantenimento di elevati standard di qualità per l’utenza.

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Deidda: Non vorrei ripetermi, ma è proprio la capacità di rinnovamento che distingue l'Inps dagli altri
enti italiani ed esteri. Tuttavia, ormai la spinta del fattore tecnologico è entrata in una fase di maturità
e di rallentamento nell'efficientamento dei servizi. Sarà quindi proprio lo sviluppo della componente
umana, legata alla capacità di fornire un servizio di consulenza previdenziale al cittadino, il fattore di
eccellenza del domani.
Lauria: Noi dovremmo spiegare forse meglio ciò che facciamo e la natura diversa di ciò che facciamo.
Mi pare che i cittadini non abbiano chiaro la distinzione esistente tra previdenza e assistenza.
Nobile: L’INPS ha un valore in Italia, e anche a livello europeo, e continuerà sempre ad averlo fintanto
che non si cadrà nell’inganno della compressione del welfare. I valori sociali sono valori europei e non
americani, dimenticarlo sarebbe una sconfitta per il paese. Dobbiamo continuare a essere un esempio
di welfare pubblico ed evitare lo spezzettamento di un welfare privato che creerebbe cittadini di serie
A, B, C in base alla possibilità di contrarre assicurazione privata. I due aspetti invece, pubblico e
privato, devono essere compresenti e con una prevalenza di pubblico in cui l’Inps deve rappresentare
l’eccellenza.

12) Secondo lei stiamo trasmettendo un’immagine al paese e all’Europa in questo momento
storico? E se sì, di quale tipo?
Caridi: Penso che l’immagine trasmessa sia positiva e, comunque, legata alla capacità di innovare per
affrontare nuovi compiti e nuove sfide, pur restando ancorati ai valori identitari INPS.
Deidda: Siamo in un momento storico particolare, caratterizzato da un peggioramento del mercato del
lavoro, un bilancio pubblico in deficit e la necessità di creare le condizioni per un nuovo sviluppo
economico del Paese. L'INPS, in quanto gestore delle politiche previdenziali, può fornire un contributo
anche in termini propositivi per la riforma del settore pensionistico ed assistenziale. Quindi anche
l'immagine dell'ente dipende dalla sua capacità di incidere sul momento storico con l'esempio e con
l'offerta di soluzioni utili per la Nazione.
Lauria: L’Istituto sta operando un grosso sforzo in termini di potenziamento dei servizi interni e di
qualità, misurata in termini di precisione e di tempi di erogazione. Io credo nel ruolo di eccellenza
come macchina organizzativa che eroga servizi. Ma considerate le aspettative sociali non è detto che
tutto ciò sia percepito all’esterno.
Nobile: Per il paese e per i cittadini rappresentiamo una garanzia, anche se non possiamo soddisfare
le aspettative di tutti. Direi dunque che in questo momento la nostra immagine è conservativa per la
situazione politica nazionale e perché il paese ha chiesto grandi sacrifici a questo Istituto. Quindi non
possiamo fare altro che puntare alla conservazione della qualità che avevamo.

13) Sul percorso verso l’integrazione compiuta cosa c’è da fare?


Caridi: c’è molto ancora da fare, molto si è fatto e si sta facendo: le difficoltà operative e di
armonizzazione ci sono ma il percorso è iniziato e non possiamo che essere soddisfatti.
Personalmente sono convinto che l’integrazione, in qualunque contesto, non solo quello lavorativo,
parta dalle persone, dalla conoscenza e dall’ascolto reciproco.
Deidda: La fusione Inps-Inpdap-Enpals rappresenta un esempio di merger di dimensioni colossali,
anche in un ambito internazionale. Il modello d’integrazione è già avviato con una proficua
sperimentazione in molte strutture organizzative e inizia a dare i suoi frutti. Va considerato però che

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anche i piani industriali del settore privato per dimensioni analoghe, sono proiettati su un arco
temporale pluriennale. C'è quindi ancora molto da fare, puntando sulla specializzazione dei ruoli
organizzativi e sulla formazione continua del personale, ma anche su una valorizzazione dei valori
etici e culturali del servizio pubblico e sulla mutualità e flessibilità del lavoro.
Lauria: Direi che occorre adesso potenziare la parte interna, irrubustendo la parte d’integrazione sia
del personale sia dei processi di lavoro, attraverso l’integrazione, la semplificazione, ridefinendo chi fa
che cosa, è possibile liberare nuove energie per rendere la macchina ancora più produttiva. Abbiamo
la coscienza che non saranno assegnate nuove risorse, pertanto la sfida vera è quella di mantenere i
livelli di servizio esistenti con risorse calanti. E’ una sfida enorme in relazione alle aspettative sociali,
enormi, e al fatto che la Pubblica Amministrazione negli anni avrà sempre meno risorse.
Nobile: c’è tanto da fare, siamo ancora all’inizio del percorso, sicuramente bisogna mescolare il
capitale umano, ricapitalizzarlo.

14) Se ci fosse un racconto, una fiaba, un mito per questa esperienza, quale sarebbe?
Caridi: Sarebbe forse quella del viaggio di Ulisse, un viaggio dell’ingegno e soprattutto un viaggio di
formazione, dedicato alla conoscenza e all’amore per il sapere. Un inno alla capacità di essere
versatili davanti alle situazioni difficili. Alle nuove sfide, senza però farsi portare troppo fuori strada, e
senza dimenticare soprattutto l’obiettivo del viaggio!
Deidda: Difficile fare paragoni con la realtà virtuale. Le favole non diventano realtà. La realtà è molto
più tempestosa. Ed è bene che la realtà non sia mitizzata, perché si creerebbero delle figure retoriche
orientate al passato. Volendo però pensare a una metafora del momento, forse citerei "Il giovane
gambero", favola di Gianni Rodari, nella quale il protagonista ha un'idea innovativa, vuole camminare
in avanti come gli altri animali, e la persegue senza tener conto del giudizio dell'ambiente circostante.
Com’è andata al personaggio, non è noto e non importa. Quel che conta è che egli sta ancora
marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno.
Lauria: Mi viene in mente la storia di Davide e Golia, dove Davide è l’Inps mentre Golia è
rappresentato dalla sfida enorme da affrontare (confronta sopra, ndr), perché in realtà il compito
assegnato è enorme. Anche se siamo grandi, finanziariamente gestiamo una quantità enorme di
risorse, abbiamo una grande struttura sul territorio, ma la sfida è così enorme che ci si sente piccoli
davanti a essa. Ma come Davide ci stiamo ingegnando per combattere il mostro. Il mostro è anche la
ridondanza, l’inefficienza, la burocratizzazione, può essere anche non credere nelle cose. Dobbiamo
quindi sviluppare un approccio basato sulla fiducia e sulla consapevolezza che siamo importanti per il
paese e che ce la dobbiamo fare. Serve dunque avere fiducia e consapevolezza dell’impegno.
Nobile: per me sarebbe la storia di Cappuccetto rosso e il lupo, sia a livello interno che esterno. A
livello esterno Cappuccetto rosso è il cittadino, mentre la nonna è l’Inps, che ha una sommatoria di
tante esperienze. Il Cacciatore, che salverà la nonna e Cappuccetto, non è ancora identificato ma
salverà l’Inps dalla distruzione del sistema pubblico italiano di welfare, dove scendono in campo più
soggetti. A livello interno, ciascuno di noi dovrebbe stare attento ai lupi cattivi che si possono palesare
nel bosco dell’integrazione. Cappuccetto è il lavoratore che ci crede in quel che fa e ingenuamente
porta avanti il suo lavoro.

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Elenco dei corsi di formazione realizzati a sostegno dell’integrazione INPS-INPDAP-ENPALS

Titolo intervento formativo Messaggio Destinatari

n. 9722 del
Intervento formativo
14/06/2013 e
“La strategia dei vasi comunicanti”
Personale delle sedi territoriali
n. 11317 del
In fase di avvio
12/07/2013

Corso per la funzione di controllo di gestione delle


strutture centrali – Gestioni dipendenti pubblici e Dirigenti e i funzionari delle strutture centrali di pianificazione e
n. 9150 del
lavoratori spettacolo e sport professionistico controllo di gestione delle Gestioni dipendenti pubblici e
5/6/2013
lavoratori spettacolo e sport professionistico
24 al 27 giugno 2013

Corso di formazione d’ingresso “L’INPS Azienda di


n. 9178 del Funzionari della Gestione “lavoratori sport e spettacolo”,
servizi” per il personale ex Enpals assegnato alla
6/6/2013 assegnati in servizio alla Direzione Regionale Lazio
Direzione regionale Lazio

Dipendenti centrali delle gestioni dipendenti pubblici e lavoratori


n. 6147 del
“La procedura della Formazione in ambiente web” sport e spettacolo, coinvolti nella realizzazione di attività
12/04/2013
formative
16,17,18 aprile 2013

Incontro formativo per l’avvio della sperimentazione


del modello organizzativo integrato Direttori regionali e Dirigenti delle gestioni pubblica e privata
n. 4791 del delle sedi sperimentali
25 marzo 2013 19/03/2013

Seminario formativo di integrazione funzionale per


dirigenti "La Direzione al servizio del territorio" n. 1507 Dirigenti Inps e delle gestioni dipendenti pubblici e lavoratori
del 24/01/2013 sport e spettacolo
Febbraio – marzo 2013

Corso di formazione referenti SAP OM ex INPDAP ed


Ex Enpals n. 1278 del Aggiornamento del personale ex Inpdap e ex Enpals con funzioni
22/01/2013 di referenti per l’utilizzo della procedura SAP OM
24 gennaio – 5, 6 marzo 2013

Corso di formazione sul Piano operativo 2013


n. 859 del
Referenti regionali della programmazione ex Inpdap e ex Enpals
15/01/2013
(16,17,18 gennaio 2013)

Corso di formazione “Integrazione delle procedure di


gestione delle risorse umane” n. 19923 del Funzionari ex Inpdap ed ex Enpals addetti alla gestione del
4/12/2012 personale
Dicembre 2012 – marzo 2013

Integrazione attività di Vigilanza ispettiva Inps - ex


Enpals: attività formative n. 017972 del
Ispettori di vigilanza Inps ed ex Enpals
06/11/2012
Novembre 2012 - febbraio 2013

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LEGENDA

CLIMA ORGANIZZATIVO: insieme di percezioni, credenze e sentimenti che i lavoratori elaborano rispetto la loro
organizzazione e che ne rappresentano lo sfondo (Sarchielli G., 2003). E’ un fenomeno complesso costituito da
diverse variabili tra loro correlate ma in modo non lineare, che incide sulla motivazione e dunque sulla produttività
aziendale.

COMPETENZA: esistono vari modi di pensare alle competenze, qui si adotta l’approccio storico per il quale essa
è una caratteristica intrinseca, tacita od esplicita, di una persona, legata causalmente a una prestazione superiore
in un ruolo determinato ( McClelland, Boyatzis e Spencer).

CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT (CRM): strategia di business costruita attorno al concetto di


miglioramento del servizio al cliente. Coinvolge tutti gli aspetti della comunicazione e dei rapporti di
un’organizzazione con i suoi clienti al fine di aumentarne la soddisfazione.

CULTURA ORGANIZZATIVA: set di interpretazioni comuni per organizzare l’azione espressa attraverso linguaggi
e altri veicoli simbolici (Luis, 1983). Ha tra le sue funzioni quella di regolare l’adattamento degli individui,
trasmettere l’identità aziendale e il senso di appartenenza, stabilisce i significati e le regole di interazione,
influenza la dinamica organizzativa, incrementa la stabilità di organizzazione e l’integrazione tra individui
(Robbins, 1987)

DIVERSITY MANAGEMENT: pratica nata intorno agli anni ’90 negli Stati Uniti. E’ una strategia a supporto della
gestione del personale che si pone come obiettivo la valorizzazione delle risorse presenti in azienda puntando sul
riconoscimento delle differenze.

EMPLOYER BRANDING: l’insieme delle azioni di un’azienda per trasmettere al personale il fatto che
l’organizzazione è un datore di lavoro desiderabile (Lloyd, S., 2002, p65) . Tradizionalmente il concetto di brand è
legato al prodotto o alla marca di una azienda, e dunque al marketing, ma di recente ha trovato ampio consenso
anche nell’ambito dell’ approccio all’organizzazione dell’ Human Resource Management (HRM). L’employer
branding, pertanto richiede di unire e rendere sinergici diverse funzioni aziendali. Essa permette di attrarre,
trattenere e gestire il capitale umano e inserirlo al meglio nella cultura organizzativa specifica.

INTERNAL BRANDING: Nuova strategia anch’essa centrata sul brand, che utilizza le logiche e le strategie del
marketing per comunicare il valore e il significato del marchio ma si rivolge al pubblico interno all’azienda. Si
riferisce pertanto alle azioni di un’azienda per assicurare un coinvolgimento razionale ed emotivo dei propri
dipendenti in considerazione del fatto che sono essi quotidianamente a rappresentare all’esterno le caratteristiche
del brand (Flipo J.P., 1986, Mitchell, C.,2002, Beagrie S., 2003). Si può ricollegare alle teorie delle relazioni
umane di Mayo, il primo a cogliere il collegamento tra clima organizzativo e produttività.

GRUPPO: sottoinsieme dei membri di un’organizzazione che interagiscono con regolarità tra loro. Costituisce
sottogruppo culturale, che nell’interazione con gli altri gruppi può dar luogo a varie dinamiche conflittuali o
cooperative. E’ quel particolare sistema di relazioni storiche, dinamiche e spaziali fra le componenti che formano
un’unità globale, non elementare, composta da parti diverse in interrelazione (Quaglino, Casagrande, Castellano,
1992, pag.45).

MERGER AND ACQUISITION: (fusione e incorporazione), strumento di crescita aziendale molto diffuso nelle
organizzazioni private, ma il cui ricorso si sta verificando anche nel mondo della pubblica amministrazione.

MOTIVAZIONE: si intende quell’aspetto dell’individuo che inizia , dirige e sostiene l’azione umana verso una
prestazione lavorativa (Stees, et alii, 2004). E’ pertanto una variabile fondamentale del comportamento insieme a
abilità, conoscenze, e vincoli situazionali. E’ dunque un aspetto fondamentale della gestione delle risorse umane
e quindi anche della formazione.

ORGANIZZAZIONE: qui è intesa solamente in una delle due storiche accezioni, ovvero come complesso
organizzato, entità concreta, ma definibile solo a posteriori, nel cui ambito agiscono i gruppi di persone con
risorse di varia natura in modi collegati e finalizzati (Morganti, 1996). In tale prospettiva la realtà pertanto è
conosciuta solo nella fenomenologia dei casi concreti e dei vissuti.

STORYTELLING (narrazione di storie) si è da tempo affermato perentoriamente in diversi campi dell’agire


umano, dall’educazione al marketing, dalla politica allo sviluppo aziendale. Si tratta dell’antica tecnica narrativa, e
dunque emotiva, capace di dare senso a più eventi. Attraverso le storie, le persone, clienti o dipendenti possono
riconoscersi nel capitale trasformativo di un’azienda.

VALORI: sono credenze, assunti e idee alle quali gli attori organizzativi fanno riferimento in maniera automatica
(Schein, 1990). Indicano dunque ciò che è auspicabile e preferibile nella realtà e nella vita organizzativa. I valori
per essere tali devono essere l’idealizzazione di esperienze collettive di successo nell’esercizio di una
competenza e la trasfigurazione emotiva di precedenti credenze (Gagliardi P.)

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GESTIONE DELLA QUALITÀ TOTALE (TQM): è un modello organizzativo sviluppatosi in base a un approccio
nato in Giappone negli anni ’50 per il quale tutta l’impresa deve essere coinvolta nel raggiungimento del proprio
obiettivo (mission). Ciò comporta anche il coinvolgimento e la mobilitazione dei dipendenti e la riduzione degli
sprechi in un’ottica di ottimizzazione degli sforzi. Si basa su 8 principi di gestione: approccio customer oriented,
leadership, coinvolgimento del personale, approccio per processi, approccio sistemico alla gestione,
miglioramento continuo (kaizen), decisioni basate su dati di fatto, rapporti di reciproco beneficio con i fornitori.

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Determinazione Inps 5804 del 31 maggio 2012, Linee di indirizzo per la qualificazione delle
modalità attuative del percorso di integrazione di Inpdap e Enpals.

Circolare 31/2013, avvio del processo di sperimentazione del nuovo modello di sede provinciale.

Circolare 110/2013, avvio della sperimentazione del modello di direzione regionale.

sul modello organizzativo Inps:

Determinazione commissariale n. 140/2008, circolare 31/2013 e 110/2013.

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